Luca Testoni - Talent Almanack, 7 marzo 2013 · Slide presentata al convegno Lundquist, Torino,...
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Milano 7 marzo 2013
Un vero giornalista spiega benissimo quello che non sa
Leo Longanesi
La parola Csr nell’ultimo anno è apparsa 5 volte sul corriere.it e 19 volte
su repubblica.it.
colpisce ci sia solo per news «laterali» o molto specifiche
colpisce non ci sia anche per news «core» (caso Ilva; Mps)
La finanza è assai più avanti dei giornali
Le aziende sono assai più avanti della finanza, dei giornali e, in generale,
di ciò che riescono a comunicare ai media, in una sorta di paradossale
inversione della situazione di inizio millennio
LE RAGIONI?
LE SOLUZIONI?
TRASPARENZA, EDUCAZIONE, GOVERNANCE?
Can CSR make news? Journalism,
responsible business & the ethics of communication
Slide presentata al convegno Lundquist, Torino, novembre 2012
Milano 7 marzo 2013
È imbarazzante ciò che è emerso dal Rapporto sulla professione giornalistica in
Italia del Lsdi: appena 1 su 5 ha un contratto di lavoro dipendente, ma
guadagna però 5 volte più di un freelance e 6,4 volte più di un Co.co.co.
Alcuni dati sono emblematici del corporativismo: in Italia ci sono 112mila
giornalisti, il triplo che in Francia e il doppio che nel Regno Unito. Ma,
attenzione, solo il 45% di questo esercito, dice il rapporto Lsdi, è “attivo
ufficialmente”. Il che significa, che ha una posizione presso l’istituto di
previdenza della categoria (Inpgi). E gli altri, che fanno gli altri?
I rapporti di lavoro dipendente sono calati del 5,1% dal 2008. E, dal 2007 al
2011, solo nei tre maggiori gruppi, Rcs, Espresso e Mondadori, sono stati tagliati
quasi 3.300 posti, il 21% circa del totale. Ma questa pulizia non basta, visto che,
solo nel 2011, ci sono stati 55 stati di crisi. E che i praticanti sono scesi dai
1.306 del 2009 agli 868 attuali: cioè, blocco del turnover, niente giovani e
innalzamento progressivo dell’età di chi sta dentro.
Da cosa partiamo?
Milano 7 marzo 2013
Una ricerca sulla copertura mediatica di tredici società quotate medio-grandi
da parte di sei quotidiani, durante il biennio 2006-2007, mostra la presenza di
un legame positivo, statisticamente ed economicamente significativo, tra
l’ammontare di pubblicità acquistata mensilmente su un dato quotidiano da una
data società e il numero di articoli che menzionano quella società su quel
quotidiano. Nella fattispecie, le società considerate sono Campari, Edison, Enel,
Eni, Fiat, Finmeccanica, Geox, Indesit, Luxottica, Mediolanum, Telecom Italia,
Tiscali e Tod’s, mentre i quotidiani sono Il Corriere della Sera, La Repubblica, La
Stampa, Il Resto del Carlino, Il Mattino di Padova e Il Tirreno.
Dal punto di vista quantitativo un aumento di 50mila euro nella pubblicità
mensile acquistata da una data impresa su un quotidiano si associa in media
con tredici articoli aggiuntivi al mese che menzionano quell’impresa. [Ricerca
di Marco Gambaro e Riccardo Puglisi]
La pubblicità compra notizie
Milano 7 marzo 2013
Lo scorso febbraio, a Londra, la camera dei Lords presentò un dossier sul
giornalismo investigativo che conteneva una proposta, la quale non ha ricevuto
l’attenzione che meritava. Perché, chiedevano i Lords, non far sì che il
giornalismo d’inchiesta – proprio per sostenerlo e liberarlo dai vincoli politico-
pubblicitari – non viene trasformato in charity?
Esistono casi di finanziamento diffuso (in Italia, vedere lavoce.info; in qualche
modo anche la trasmissione “Servizio pubblico”), un po’ meno casi di siti web
capaci di farsi pagare i contenuti.
Oggi si comincia a parlare di crowdfunding
E il vero giornalismo, chi lo paga?
Milano 7 marzo 2013
Un tempo gli azionisti di riferimento dei giornali erano i lettori
Il modello indubbiamente in voga presso i gruppi editoriali nazionali è quello
della maggioranza “ampia”, ossia del numero più alto possibile di lettori. I
principali quotidiani italiani parlano di qualcosa come 4-5 milioni di fruitori
giornalieri dei propri contenuti. Non lettori, va precisato, ma “fruitori”. Non
notizie, ma “contenuti”.
Un tale modello ha come unico obiettivo quello di moltiplicare se stesso. Ovvero,
i numeri. Questo perché, alla sua base economica, c’è l’introito pubblicitario, il
quale, appunto, misura il proprio valore sulla visibilità. E non sulla qualità.
I lettori non si contano, ma si pesano
Milano 7 marzo 2013
Marco Cesario per Linkiesta, ha analizzato un pamphlet che sta spopolando in
Francia, sotto l’egida di una frase di Jacques Ellul: «Ciò da cui siamo minacciati
non è l’eccesso d’informazione, ma l’eccesso d’insignificanza». Argomento
del Manifesto XXI – così è nominato il pamphlet – il giornalismo senza
pubblicità. Vengono citati e raccontati i casi francesi Mediapart e Courrier
International, e quello spagnolo di InfoLibre.
Ma anche l’Italia comincia a muoversi. Per esempio, con Internazionale, il cui
modello prevede “anche” la pubblicità, ma non solo. Ed è di questi giorni
l’annuncio della nascita di Inpiù, testata diretta da Giancarlo Santalmassi,
Al New York Times, nel quarto trimestre 2012, per la prima volta i ricavi dalla
circolazione e dagli abbonamenti hanno superato quelli da pubblicità.
Milano 7 marzo 2013
Google ha dovuto firmare in Francia l’accordo che prevede il pagamento delle
notizie. E’ solo l’inizio di un quadro completamente nuovo dell’informazione, in
cui la quantità conta sempre meno. La qualità sempre di più.
«La gente ha dimenticato che prima di Google il mercato dei motori di ricerca
era dominato da Altavista»
«Il web permette la formazione di un serbatoio di proto-Google che aspettano
dietro le quinte. Inoltre, favorisce il Google-inverso, ossia consente a persone
con una specializzazione tecnica di trovare un pubblico piccolo e stabile».
La coda lunga implica che i piccoli, nel loro complesso, dovrebbero controllare
un vasto segmento della cultura e delle attività commerciali, grazie alle nicchie e
alle sottospecializzazioni che ora possono sopravvivere per merito di Internet».
[Nassim Nicholas Taleb, Il Cigno nero]
La coda lunga del Cigno Nero
Milano 7 marzo 2013
Rompiamo il modello corporativo: qualità libera e condivisa
Rompiamo il modello clientelare: nessuna firma, nessun appoggio, niente motto
di Giuliano Ferrara
Rompiamo il modello di business: basta pubblicità
Rompiamo i canoni dell’informazione: c’è un mondo social che fa notizia perché
fa ricchezza, che fa ricchezza perché fa notizia (wiki)
Rompiamo i canoni della finanza: possibile una nuova via?
Rompiamo i canoni della società: etica come sostenibilità e condivisione
Cosa stiamo facendo con ETicaNews
Milano 7 marzo 2013
ETicaNews è un progetto di comunicazione online elaborato da un gruppo di
giornalisti che ha debuttato nel novembre 2011
La spinta iniziale al progetto deriva da una profonda conoscenza della realtà
giornalistica attuale. Dopo una decina d’anni di entusiasmo bruciato sull’altare di
un’informazione di sistema, comprata, vincolata, ricattata dagli schemi di
funzionamento del modello clientelare, il team di ETicaNews ha deciso di
mettersi in gioco in prima persona. Consapevole dell’opportunità di combattere
una battaglia etica e sociale. Opportunità che è adesso.
Ha risvegliato l’interesse, e così chiamato a sé, una rete trasversale di
professionisti e accademici: nel febbraio 2013 è stato costituito il Comitato
scientifico.
Milano 7 marzo 2013
La mission di ETicaNews è quella di colmare un vuoto e mettere le fondamenta per
costruire un nuovo modello etico nella società, nel business e nella finanza. Il
progetto ha tre caratteristiche distintive.
Creare NETWORK – Coinvolge la crescente fascia di persone consapevoli della
non sostenibilità dell’attuale modello socio-economico; l’insieme sempre più
vasto delle imprese-illuminate pronte a scommettere sul business etico.
Creare Informazione INDIPENDENTE – ETicaNews è un quotidiano/portale di
informazione etica e sull’etica, senza pubblicità, la cui indipendenza è garantita
dalla struttura. Oggi la testata, registrata presso il Tribunale di Milano, è di
proprietà di una Srl di giornalisti; per studiare un modello di governance
innovativo è stato creato il Comitato scientifico. La sostenibilità si basa sulla
vendita di contenuti.
Creare BENCHMARK – Non esistono punti di riferimento nazionali capaci di
intervenire quotidianamente sull’etica in finanza, economia o politica.
ETicaNews è già un benchmark su alcune tematiche specifiche (Csr, finanza Sri
e social business).