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Direttore responsabile Luca Matteazzi Spedizione in A.P. - 45% art. 2 comma 20/b legge 662/96 Filiale di Verona n° 115 13 settembre 2008 euro 0,50 Fatti, personaggi e vita vicentina Alimentari, prezzi alti. Anche all’ingrosso pag 3 Rimpasto giunta, una mina per la Lazzari pag 10 Il libro: Vicenza anni ‘50, l’ipocrisia non cambia pag 15 Pulizie Professionali industriali e private ECOLUX srl tel 0444 362898 – fax 0444 591840 www.ecoluxsrl.it – email: [email protected] Pulizia di qualsiasi locale: appartamenti, uffici, aree commerciali e industriali, ambulatori... Preventivi gratuiti e senza impegno • Linea di prodotti eco-compatibili Il grande abbaglio della lotta alla prostituzione. Chi sono e dove lavorano le quattrocento “professioniste” presenti in città. E perché la battaglia contro di loro è persa in partenza Ciàcole Signori e signorine C i avevano provato in tanti: chi con qualche proposta seria e articola- ta, chi solo per guadagnarsi un quarto d’ora di celebrità parlando di quartieri del sesso e cittadelle a luci rosse. Alla ne, dopo cinquant’anni, pare che ce l’abbiamo fatta. Il ritorno delle case chiuse è ormai un dato di fatto e la famosa legge Merlin può avviarsi ver- so una serena pensione. Ovviamente tutto viene fatto all’italiana, e l’ipotesi di una legge che, senza ipocrisie, re- golamenti il mestiere più antico del mondo, magari imponendo un mini- mo di standard sanitari e di controlli scali, non viene minimamente presa in considerazione. Molto meglio cavalcare l’onda lunga della battaglia per la sicurezza e del- la lotta al degrado. Lo fanno i sindaci che sfornano ordinanze per colpire chi si ferma a contrattare prestazioni sessuali lungo le strade. Lo fa Mara Carfagna, ministro per meriti speciali, che tira fuori dal cilindro un disegno di legge per rendere la prostituzione in strada un reato. Perché le fa orrore che una donna venda il proprio corpo, ha spiegato; e per contrastare lo sfrut- tamento, ha aggiunto. Peccato che la realtà ci dica il contrario. E cioè che spingendo la prostituzione nel sommerso degli appartamenti, lo sfruttamento diventerà ancora più in- visibile e difficile da contrastare. Per- ché è proprio questo che succederà: per evitare un verbale da cinquecento euro, o qualche giorno in gattabuia, le lucciole si sposteranno di qualche metro, lasceranno i marciapiedi per qualche sottoscala, e continueranno a fare quello che hanno sempre fatto. Ma questo sembra non interessare a nessuno. Quello che conta è allon- tanare le prostitute dagli sguardi dei cittadini che prima protestano e poi votano. E pazienza se questo modo di fare assomiglia tanto a chi fa pulizie mettendo la polvere sotto il tappeto. Siamo ancora all’ipocrisia di Signori e signore. Anzi, signorine. per lanterne Lucciole euro 0 50

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Direttore responsabile Luca Matteazzi Spedizione in A.P. - 45% art. 2 comma 20/b legge 662/96 Filiale di Verona

n° 11513 settembre 2008

euro 0,50

Fatti, personaggi e vita vicentina

Alimentari,prezzi alti.Anche all’ingrossopag3

Rimpasto giunta,una minaper la Lazzaripag10

Il libro:Vicenza anni ‘50,l’ipocrisia non cambiapag15

Pulizie Professionaliindustriali e private

ECOLUX srltel 0444 362898 – fax 0444 591840

www.ecoluxsrl.it – email: [email protected]

• Pulizia di qualsiasi locale: appartamenti, uffici, aree commerciali e industriali, ambulatori...• Preventivi gratuiti e senza impegno• Linea di prodotti eco-compatibili

Il grande abbaglio della lottaalla prostituzione. Chi sono e dove lavoranole quattrocento “professioniste”presenti in città. E perché la battagliacontro di loro è persa in partenza

CiàcoleSignori e signorineCi avevano provato in tanti: chi con

qualche proposta seria e articola-ta, chi solo per guadagnarsi un quarto d’ora di celebrità parlando di quartieri del sesso e cittadelle a luci rosse. Alla fi ne, dopo cinquant’anni, pare che ce l’abbiamo fatta. Il ritorno delle case chiuse è ormai un dato di fatto e la famosa legge Merlin può avviarsi ver-so una serena pensione. Ovviamente tutto viene fatto all’italiana, e l’ipotesi di una legge che, senza ipocrisie, re-golamenti il mestiere più antico del mondo, magari imponendo un mini-mo di standard sanitari e di controlli fi scali, non viene minimamente presa in considerazione.

Molto meglio cavalcare l’onda lunga della battaglia per la sicurezza e del-la lotta al degrado. Lo fanno i sindaci che sfornano ordinanze per colpire chi si ferma a contrattare prestazioni sessuali lungo le strade. Lo fa Mara Carfagna, ministro per meriti speciali, che tira fuori dal cilindro un disegno di legge per rendere la prostituzione in strada un reato. Perché le fa orrore che una donna venda il proprio corpo, ha spiegato; e per contrastare lo sfrut-tamento, ha aggiunto. Peccato che la realtà ci dica il contrario. E cioè che spingendo la prostituzione nel sommerso degli appartamenti, lo sfruttamento diventerà ancora più in-

visibile e diffi cile da contrastare. Per-ché è proprio questo che succederà: per evitare un verbale da cinquecento euro, o qualche giorno in gattabuia, le lucciole si sposteranno di qualche metro, lasceranno i marciapiedi per qualche sottoscala, e continueranno a fare quello che hanno sempre fatto. Ma questo sembra non interessare a nessuno. Quello che conta è allon-tanare le prostitute dagli sguardi dei cittadini che prima protestano e poi votano. E pazienza se questo modo di fare assomiglia tanto a chi fa pulizie mettendo la polvere sotto il tappeto. Siamo ancora all’ipocrisia di Signori e signore. Anzi, signorine.

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editoriali numero116 del13 settembre 2008 pag2

Immigrati dimenticatiÈ durato meno del più classico ac-

quazzone estivo il nuovo dibat-tito sul voto agli immigrati. Giusto il tempo di una provocazione di Vel-troni, un’apertura di Fini, e dell’in-tervento di Bossi e Berlusconi che ha stoppato tutto. Più o meno lo stesso di quanto accaduto a Vicenza qual-che anno fa: qualche botta e risposta ferragostano sul voto agli stranieri nelle amministrative, una proposta per istituire la fi gura del consigliere aggiunto (un consigliere che ha di-ritto di parola ma non di voto), e poi più nulla. Tutto è fi nito a languire in fondo a qualche cassetto.

Normale, forse, con la precedente amministrazione di centrodestra, che per questi argomenti non ha mai dimostrato una simpatia particola-re. Ma con il cambio della guardia a palazzo Trissino era lecito aspet-tarsi un atteggiamento diverso. E se

si può capire che la giunta Variati, appena insediata, abbia avuto fac-cende più urgenti da sbrigare - tanto per dirne una, Aim aspetta ormai da cinque mesi di conoscere il proprio destino – lascia un po’ perplessi il silenzio in cui rimane avvolta la questione del coinvolgimento dei migranti nella vita della città. Come se Vicenza non fosse una città con oltre il 10 per cento degli abitanti che non ha la cittadinanza italiana, una crescita demografi ca dovuta quasi esclusivamente alle famiglie immigrate, e asili in cui un bambino su quattro, quando non uno su tre, è straniero. Per non parlare dell’assi-stenza agli anziani.

Eppure, niente. Di stranieri si continua a parlare solo quando ci sono problemi di ordine pubblico e sicurezza: il resto, è affi dato alle parrocchie, al volontariato, alle

associazioni come la Caritas, alla professionalità e all’impegno degli insegnanti che ogni giorni se li tro-vano davanti a scuola. C’è un vuo-to preoccupante della politica, un vuoto da colmare per non trovarsi impreparati di fronte a quella che è forse la più grande trasformazione del tessuto sociale della nostra cit-tà. La logica utilitaristica, per cui gli immigrati vanno bene quando sgobbano in fabbrica o quando stanno per 24 ore al giorno insie-me ad anziani a cui nessuno ha il tempo e la volontà di badare, ma disturbano non appena chiedono cose banali come un posto per pre-gare, o uno spazio per poter dire la loro sulle questioni che li riguar-dano, non può reggere nel lungo periodo.

Non so se il voto amministrativo sia la soluzione, ma una qualche

forma di rappresentanza e parte-cipazione va studiata e discussa. In tempi brevi. Se non per convin-zione, almeno per convenienza, visto che potrebbe essere un prov-vedimento relativamente facile da adottare, a costo zero o quasi, e

che potrebbe assicurare un buon ritorno di immagine: per mostra-re che la campagna sulla legalità e rispetto delle regole non è fatta solo a suon di ordinanze e controlli di polizia.

Luca Matteazzi

“La spesa serena dal contadino”Fare la spesa è diventato un

sacrificio. Sono una don-na con un marito e due figli, sono casalinga, e fino a qualche mese fa andavo al supermer-cato, come tutti. Stavo attenta ai prezzi, cercavo di non esa-gerare, ma negli ultimi anni è aumentato tutto, anche al di-scount. E quando vedo persone che sperperano i loro soldi gio-cando col Gratta e Vinci spen-dendo banconote da cinquanta euro (ho visto persino mandare i bambini a comprarli!) la cosa che mi viene da pensare è che costoro non mangiano, o si nu-trono di biglietti da grattare. Così un giorno mi sono ricorda-ta di quando, da ragazza, racco-glievo i pomodori, le melanza-ne e altri frutti dell’orto della casa dei miei genitori. E così ho detto: “perché non andare a chiederli dove ancora lo si può fare?”.

E tramite un’amica ho saputo che un contadino li vendeva, bastava andare da lui e com-prare. Sono andata in questa fattoria a Camisano e ho fatto la spesa senza ansia, primo per-

ché sono stata lì a chiacchierare con lui, e poi perché ho messo a confronto i prezzi. Sono più bassi, ma non molto più bassi. Le patate che al supermercato compro a 1,25 euro al chilo le prendo a 1 euro, i pomodori da 1,79 sono a 1,10, le mele da 1,39 a 1 euro. L’insalata e i pepero-ni sono molto convenienti: 1,20 euro al posto di 2,60 e 1 euro al posto di 1,60.

Fatti i conti, il risparmio c’è. Ma è il fatto di non dover più fare il giro col carrello dovendo guardare all’etto che mi ha fatto piacere. E’ come se avessi riac-quistato serenità. Anche perché a volte me li raccoglie sotto gli occhi, e so quello che mangio. Possono dire tutto quello che vogliono, i commercianti e chi rappresenta le catene di ali-mentari. Sembra che mai nes-suno abbia la responsabilità se tutto è più caro. Ma se io vado direttamente da chi produce, so come stanno le cose. Perciò invito tutti a trovare un po’ di tempo per fare come me, invece di fare la fila alla cassa.

Alessandra Talin

la lettera

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Si fa presto a dire che bisogna puntare sui prodotti di stagione

per cercare di abbassare lo scontri-no della spesa. È vero, anzi, verissi-mo; ma se poi succede che uno dei passaggi fondamentali della fi liera agroalimentare, e cioè quello dei mercati generali presso i quali si riforniscono quasi tutti i venditori della provincia, ha prezzi media-mente più alti rispetto alle altre città, per il “povero” consumatore i margini di manovra si riducono notevolmente. È quello che succe-de a Vicenza, dove il listino prezzi del mercato ortofrutticolo di Santa Bertilla, il punto di riferimento per fruttivendoli e commercianti di tutto il vicentino, si rivela più caro rispetto a quelli delle città vicine, come Verona, Padova o Venezia. E con il conto più salato già sui bancali di via del Mercato Nuovo, è inevitabile che le conseguenze si facciano sentire a cascata, dal supermercato al negozietto sotto casa, anche se non si cercano le ci-liegie in pieno inverno.

I listini Ogni mercato ortofrutticolo ha un proprio bollettino dei prezzi. C’è chi lo aggiorna una volta alla settima-na, come Vicenza, dove in collabora-zione con la came-ra di commercio il listino è pubblicato ogni giovedì; c’è chi lo rivede di giorno in giorno, come ac-cade a Verona; e c’è chi lo fa due o tre volte le settimana, come Padova e Ve-nezia. In ogni caso il risultato è un lungo elenco di prodotti agri-coli ordinati secondo la varietà, la categoria, il luogo di prove-nienza (locale, nazionale, este-ra), il confezionamento (in casse, in sacchi, in vassoi, in vaschette) e ovviamente il prezzo: su ogni li-stino sono riportate le quotazio-ni minime, massime e prevalenti (cioè quelle più frequenti), di un determinato prodotto, al netto dell’Iva. Sono prezzi indicativi, ma offrono comunque uno spac-cato della situazione, anche se di-stricarsi tra centinaia di numeri e provare a fare qualche raffronto non è semplice: in un mercato trovi il radicchio di Chioggia, nell’altro solo quello di Verona, in uno l’aglio è di provenienza nazionale nell’altro arriva dalla Spagna, da una parte le mele fuji sono vendute in casse, dall’altra

in contenitore ad uno strato. Ed è così praticamente per ogni pro-dotto.

I rincariBasta un po’ di pazienza, però, per rendersi conto che il mercato di Vicenza ha molto spesso prezzi più elevati rispetto ai propri cu-gini veneziani e veronesi (i due mercati che abbiamo preso come

riferimento; quello di Padova ha quo-tazioni molto simili a Verona). Ci sono alcuni prodotti che fanno eccezione, ad esempio l’aglio, il ra-dicchio rosso, le pere william, le zucchine, dove Vicenza riesce a presentare condi-

zioni anche più con-venienti; e altri con quotazioni in linea

a quelle delle città vicine (il ra-dicchio, ad esempio, ma anche i pomodori datterini o le pesche a pasta bianca). Ma in generale frutta e verdura costano di più. A volte la differenza è ridotta: le carote e le cipolle bianche, ad esempio, sono vendute a 0,70 euro al chilo contro lo 0,60 di Venezia (a Verona però costa-no rispettivamente 0,42 e o,52). Molto più spesso, lo scarto è maggiore. Qualche esempio? Le cipolle rosse di Tropea a Vicenza si pagano 1,70 al chilo, mentre a Venezia sono a 0,90 e a Verona oscillano tra 0,70 e 0,80. L’insa-lata gentile costa 2 euro al chilo, contro l’1,50 di Venezia e l’1,10 di Verona. I pomodori San Marza-no sono quotati prevalentemente a 1,00 al chilo, contro lo 0,90 di Verona e lo 0,47 di Venezia. Le fragole costano 10 euro al chilo,

contro i 4 di Venezia e Verona. Le pesche a pasta gialla sono a 1,30, con l’euro secco di Venezia e i 70 centesimi di Verona. L’uva da tavola Italia costa 1,80 al chilo, quando a Venezia la si trova a 1,35 e a Verona a 1,10. I limoni, infi ne, che a Vicenza costano 2,60 euro al chilo, a Venezia si pagano 0,80. E si potrebbe continuare.

Le causeQueste differenze rischiano poi di essere ulteriormente aumentate dal passaggio finale della catena di vendita: se un negoziante ap-plica un ricarico del 30 per cento su una base di un euro è un con-to, se lo stesso 30 per cento lo si applica ad 1,50 il risultato finale è un altro: nel primo caso un chilo di mele si paga 1,30, nel secondo quasi 2 euro. Così, 10 centesimi per le carote, 20 per le melanza-ne, 30 per le pesche, il vicentino che va a comprare frutta e verdu-ra alla fine ha buone probabilità di trovarsi di fronte ad un conto decisamente più pesante che non se avesse acquistato le stesse cose all’ombra dell’Arena. E non può farci praticamente nulla. A quanto pare, infatti, le differenze di prezzi tra Vicenza e le altre cit-tà dipendono in gran parte dalle differenti dimensioni di rispetti-vi mercati. Verona, Padova, e in misura minore Venezia, sono di colossi nel panorama italiano, in grado di strappare prezzi vantag-giosi e produttori e importatori di prodotti agricoli. Vicenza no, e capita che per alcuni generi ali-mentari i grossisti di via del Mer-cato Nuovo debbano a loro volta fare rifornimento a Verona o Pa-dova. E alla fine si ritrova tutto nello scontrino.

Luca Matteazzi

I prezzi dei mercati ortofrutticoli

Direttore ResponsabileLUCA MATTEAZZI

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Collaborano:ANDREA ALBA

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AutorizzazioneTribunale di Vicenza n. 1181

del 22 agosto 2008

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Verona è un colosso in grado di strappare prezzi bassi. Noi no

il fatto numero116 del13 settembre 2008 pag3

Frutta e verduraconto salato anche all’ingrosso

Il mercato ortofrutticolo di Vicenza è più caro rispetto a quelli delle città vicine, in alcuni casi anche del 50 per cento. Un problema di dimensioni, che pesa sulle tasche di tutti noi

Prodotti Vicenza Venezia Verona

Aglio 2,50 2,75 2,60

Carote 0,70 0,60 0,42

Cavoli cappucci 0,80 0,70 0,42-0,55

Radicchio rosso Ver. 2,00 2,30 -

Cipolle bianche 0,70 0,60 0,52

Cipolle Tropea 1,70 0,90 0,80

Fagiolini Boby 2,20 2,20 1,10

Funghi porcini esteri 18,00 12,00 13,50

Lattuga gentile 2,00 1,50 0,95- 1,10

Melanzane lunghe 1,00 0,85 0,65

Patate Binthje 0,50 0,35 -

Peperoni gialli 1,20 0,80 0,70 – 0,85

Pomodori san marzano 1,00 0,47 0,90

Pomodori ciliegini 1,60 1,40 1,50

Pomodori datterini 3,50 3,50 -

Zucchine 0,90 1,00 0,45 – 0,60

Albicocche 2,50 1,90 -

Banane 1,10 1,00 0,90

Fragole 10,00 4,00 4,00

Mele golden 1,50 1,20 -

Pere william rosso 1,20 1,40 1,25

Pesche gialle 1,30 1,00 0,70

Pesche bianche 1,40 1,40 1,40

Nettarine gialle 1,30 1,10 1,05

Nettarine bianche 1,40 0,80 1,35

Uva Italia 1,80 1,35 1,10

Uva Vittoria 1,40 0,95 0,90

Uva fragola nera 1,50 2,25 1,50

Arance 1,40 0,65 0,95

Limoni 2,60 0,80

| Tabella realizzata su rilevazioni effettuate giovedì 4 e venerdì 5 settembre 2008. I prezzi si intendono al Kg, Iva esclusa e si riferiscono alle quotazioni prevalenti

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Le conoscono praticamente una per una, le centinaia di persone

che offrono sesso a pagamento lun-go la statale 11 tra Vicenza e Alte. Ci parlano quasi tutte le sere, ne rac-colgono paure, impressioni, a volte anche progetti per il futuro. Sono gli operatori dell’associazione Mimosa, una ong padovana che dalla metà degli anni ’90 è attiva al fi anco di chi si trova in situazioni di grave disagio o è vittima di sfruttamento, in par-ticolare nel mondo prostituzione. Prima a Padova, e dal 2005 anche sulle strade del vicentino, il perso-nale di Mimosa gira con un camper attrezzato per fornire alle lucciole informazioni e materiale medico sanitario; ma questo è spesso solo un modo per superare diffi denze e resistenze, e riuscire così a stabilire un contatto umano che possa in se-guito essere utile per chi avesse bi-sogno di assistenza o per chi volesse uscire dal giro. In altre parole, pochi hanno un quadro completo come il loro su cosa succede, di notte, lungo le strade della nostra regione.

Lucciole e trans“Il Veneto è uno dei centri dei grandi traffi ci di persone – racconta Bara-bra Maculan, una delle responsabili dell’associazione -. Per dare un’idea

dei numeri, nel 2007 sulle strade della regione abbiamo contattato oltre duemila persone diverse. A Pa-dova oscilliamo tra le 450 e le 500 persone; a Vicenza, e quando dico Vicenza intendo anche Altavilla, Creazzo e Montecchio, il dato fi nale è stato di 372 persone diverse. E nei primi 7 mesi del 2008 siamo già a 213. Sono numeri importanti”. Il dato rilevante, è che di questi 213 contatti, ben 76 sono persone nuo-ve, mai viste prima. “Vicenza si con-ferma con una città con un elevato turnover, soprattutto tra le ragazze più giovani, che rimangono solo per un paio di settimane e poi vengono spostate – conferma la Maculan -. Un’altra caratteristica di Vicenza è la forte presenza di persone transgene-re, transessuali o travestiti: sempre secondo i dati del 2007, ne abbiamo contattati 51, cioè il 17 per cento del totale; tanto per fare un raffronto, a Padova, che è una città più grande e con un numero maggiore di perso-ne che offrono prestazioni sessuali, sono stati 23. Per il resto c’è ancora una forte presenza di popolazione africana, che costituisce circa il 40 per cento di chi si trova sulle strade, anche se le ragazze in arrivo dai pae-si dell’Europa dell’est sono in conti-nuo aumento”.

Le vie dello sfruttamentoNon sempre, comunque, dietro ad

una ragazza che si offre sulla strada c’è una situazione di sfruttamento. “Fino al 2000 era così nel 90 per cento dei casi – aggiunge la respon-sabile di Mimosa -, e spesso c’erano situazioni anche molto pesanti, in cui si poteva parlare di vera e pro-pria riduzione in schiavitù. Ades-so le cose sono molto cambiate, in particolare dopo l’allargamento del-l’Unione Europea a fi ne 2006; la si-tuazione è più complessa”. Non che lo sfruttamento non ci sia più, sia chiaro; ma è, per così dire, meno pe-sante, meno coercitivo. Quasi tutte le ragazze arrivano in Italia sapen-do cosa le aspetta, e lo affrontano come un momento di passaggio per arrivare in futuro ad una condizione migliore. Il racket si adegua, e con-cede qualche libertà in più: le ragaz-ze possono vedersi tra di loro (pri-ma il loro mondo erano solo clienti e sfruttatori), intrecciare relazioni sociali, tenere una fetta sempre più consistente degli incassi (anche il 50 per cento).

La stagione delle ordinanzeQuesta la situazione su cui molti sin-daci tentano di intervenire con ordi-nanze e divieti, per riportare un po’ di ordine nelle zone calde delle loro città e tutelare quei cittadini esaspe-rati dal continuo via vai di lucciole e clienti sottocasa. Ma la linea dura funziona? Dipende dai punti di vi-

sta. A Padova, dove le ordinanze an-tiprostituzione sono in vigore già da tempo, il primo effetto è stato quello di ridistribuire la presenza delle luc-ciole tra le varie zone della città: il vialone centrale del quartiere Arcel-la, dove prima erano concentrate, è tornato ad essere vivibile, ma il fe-nomeno si è trasferito in altre strade e in altri quartieri. “Nelle zone dove sono stati fatti i controlli la prosti-tuzione è scomparsa – continua Barbara Maculan -, ma il numero di persone che noi abbiamo contattato è rimasto esattamente lo stesso”.

Dalla strada alla casa. ApertaAdesso sono arrivate le nuove multe da 500 euro, una vera batosta per molti clienti. “Molte ragazze ci di-cono che effettivamente il lavoro in strada sta calando, e che per questo si trasferiranno all’interno delle abi-tazioni, contattando i clienti tramite gli annunci o i siti web”. Anche in questo caso, dunque, più che spa-rire la prostituzione si sposta: dalle strade agli appartamenti, andando ad aumentare ulteriormente un fe-

nomeno già molto diffuso (l’anno scorso la polizia padovana ha sco-perto in un colpo solo 77 prostitute in zona fi era: in due palazzine c’era-no più lucciole di quelle che si pos-sono contare in una sera sulle strade di tutta la città). I residenti di quelle che oggi sono conosciute come le strade del sesso a pagamento po-trebbero essere contenti, ma non è detto che la situazione sia effettiva-mente migliore. “Dal nostro punto di vista la realtà diventa più com-plessa – conclude la responsabile di Mimosa -. Finché una persona è in strada e contattabile, o da noi o dalle forze dell’ordine. E questo vuol dire riuscire a parlarci, ad individuare i casi di sfruttamento, ad aiutare chi ne vuole uscire. Una volta che è al chiuso quella persona la perdi, non è più possibile raggiungerla. Per noi, ma anche per la polizia, che dovreb-be allestire operazioni in borghese molto più complesse e costose. Può sembrare paradossale, ma il rischio è che alla fi ne si trovino avvantag-giate proprio quelle organizzazioni che sfruttano le ragazze”.

primo piano numero116 del13 settembre 2008 pag4

In un anno lungo la statale 11l’associazione Mimosa ha contattato 372 personeche offrono sesso a pagamento.Fotografia di un fenomeno in continua trasformazioneE dei rischi della nuova ondata di ordinanze

di Luca Matteazzi

400 lucciole sulle strade della città

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Nel mirino dell’amministra-zione di centrosinistra che

governa Vicenza c’è anche la prostituzione “che non si vede, nei tanti bordelli in città”, cioè negli appartamenti (Achille Va-riati). Perché, di fatto, le case chiuse sono riaperte da un pezzo. C’è di tutto: dalla clandestine sfruttate da pappo-ni spesso immigrati anche loro (dell’Est europeo soprattut-to) alle studentesse e casalinghe che lo fanno per arroton-dare fino alle libe-re professioniste vere e proprie che esercitano per scelta, anche mostrandosi su siti internet (le cosiddette escort). Il capoluogo berico ne è pieno. Ed è facile prevedere che proprio l’or-dinanza contro chi batte lungo i viali e chi compra prestazioni su strada (vedi altro articolo) darà una spinta ad acquisti e locazioni degli appartamenti del sesso. La prostituzione, essendo inestirpa-bile, non può far altro che spo-starsi. O in zone meno controlla-te, o dentro le case. Tutt’altro che chiuse, dunque.Ma il Comune non ha alcuno strumento contro chi si vende fra le pareti domestiche. Il reato di

prostituzione non esiste: chiun-que è libero di fare ciò che vuole del proprio corpo (e ci manche-rebbe altro). I vigili non possono entrare nelle abitazioni private. Chi per caso li abbia mai chiama-ti contro, poniamo, dei rumori molesti provenienti da un vici-no maleducato, lo sa bene: non è di loro competenza, lo è solo di polizia e carabinieri. Al mas-simo il sindaco o l’assessore alla sicurezza può inviare un esposto in procura, il che equivale a dire

poco e niente. Ci sono invece i reati di sfruttamento e fa-voreggiamento, che in teoria possono colpire i proprietari o gli affittuari. Ma, appunto, solo in teo-ria. Immaginiamo il caso di un signore ti-tolare di un apparta-

mento che lo affitta a una donna che si prostituisce, o a un

uomo che in realtà è lo sfruttato-re.Provare che questo signore sap-pia del “lavoro” svolto in casa sua è molto difficile per non dire impossibile. Quando avvengono le “retate” di fanciulle in palazzi chiacchierati, in realtà si tratta di blitz messi a segno contro clan-destine o irregolari, e neppure in questo caso il proprietario ha grandi rischi di andarci di mez-zo. La promessa di stanare le geishe nei loro covi tanto apprezzati dai maschietti berici resta perciò, legge alla mano, soltanto una promessa.

L’Italia è il Paese dei cavilli e dei legulei, e questo non ci fa

onore. Però chi fa le leggi, fi no al gradino più basso di un’ordinanza comunale, è tenuto a rispettarle anche nei dettagli. Altrimenti non si è credibili quando si annuncia-no la crociate contro il “degrado”, e come risultato pratico si ottiene solo di ingolfare la macchina del-la giustizia, che è già paralitica di suo. Ed è questo lo scenario che prospettano le “misure fi naliz-zate ad una maggiore sicurezza stradale nonché a un decoroso utilizzo del demanio comunale”, eufemismo burocratese che sta per ordinanza anti-prostitute, os-sia la multa da 25 a 500 euro de-cisa dalla giunta Variati contro le meretrici di strada e i loro clienti al volante. Il provvedimento varato agli inizi di agosto è perfettamente legit-timo, sia chiaro. La motivazio-ne principale, regolamentare la circolazione stradale disturbata dal viavai di maschi che sostano in auto per contrattare la “pre-stazione”, è ineccepibile. Ma è l’applicazione che difetta. E di un difetto grave, se visto sotto la lente dei possibili ricorsi. L’arti-colo 5 comma 3 del Codice della strada prescrive infatti che di-sposizioni di questo tipo vanno “rese note al pubblico mediante i prescritti segnali”. Devono essere installati, cioè, appositi cartel-li, ben visibili, con il richiamo al divieto in questione, compresi gli estremi normativi. E andrebbero posizionati non solo nelle zone calde come Ponte Alto, ma nelle strade di ingresso di tutta la città, dato che l’ordinanza vale in tutto il territorio comunale. Se è vero che l’ignoranza della legge non assolve chi la vìola, è anche vero, tuttavia, che non tutti gli automo-bilisti, men che meno quelli non vicentini, sono tenuti a conoscere le ordinanze locali. Starà al giudi-ce di pace interpretare l’assenza di segnaletica come decisiva per annullare la multa, ma Comune e vigili non possono trincerarsi die-tro l’impossibilità di fi ssare avvisi ovunque (per i bivacchi nei par-chi, per le cacche dei cani, etc). Un altro argomento che l’avvoca-to di un cliente ostinato potrebbe usare per invalidare la sanzione è quello, per la verità più debo-

le, della richiesta d’informazioni. Che ne sa il vigile se il guidatore non si sia fermato a chiedere qual-cosa che non sia il classico “quan-to vuoi?”. Il testo sembra voler anticipare l’obiezione quando parla di “richiedere informazio-ni ovvero concordare prestazioni sessuali”. Ma se io chiedo sem-plicemente un’in-dicazione stradale? D’accordo, siamo nel novero delle ipotesi comiche. Ma perché al limite dell’assurdo è il contenuto di tale editto. Ma veniamo alla parte che riguarda le donne da marciapie-de. Ai “soggetti che esercitano l’attivi-tà di meretricio su strada o che per l’atteggiamento ovvero per l’abbigliamento ovve-ro per le modalità comportamen-tali manifestano comunque l’in-tenzione di esercitare l’attività” di vendere il proprio corpo, è vietato “mostrarsi in pubblico in abiti che offendano il comune senso del pudore”. Motivo: “esigenze di tutela del decoro e della decenza”, in modo da ridurre la “domanda” di incontri sessuali. A parte la ba-nale considerazione – e anche qui ci scappa da ridere, scusate – che se dovessimo metterci a giudicare dal modo di acconciarsi e atteg-giarsi certe ragazze e ragazzine che si esibiscono nelle vasche in

centro, la categoria di “meretri-ce su strada” assumerebbe pro-porzioni enormi, è il richiamo al concetto di “comune senso del pudore” che apre dubbi pesanti sul realismo di eventuali san-zioni. Cos’è il senso del pudore? Quanto è comune? Se si tratta di non mostrare tette e culi, allora

andrebbero multate tutte le ballerine e soubrettes della te-levisione, per non parlare delle dive da calendario (quale è stata la ministra Mara Carfagna, giu-sto per fare un esem-pio non casuale). E giù giù fino alle loro

giovani imitatrici, le stesse che trovia-mo in Corso Palla-

dio il sabato pomeriggio. Stiamo fantasticando su casi di scuola, d’accordo. Solo un clien-te maniaco dei diritti civili o una prostituta suffragetta, entram-bi cocciuti nello spendere più in avvocati che nella conciliazione del verbale, potrebbero ricorre-re in tribunale. Ma precisamente questa è la piccola ingiustizia di un’ordinanza effi cace sotto il pro-fi lo politico ma discutibile nei suoi effetti giuridici: subire tacendo, rendendo ridicolo e sconveniente l’appellarsi contro. Che non sia il solito, prosaico modo che un Co-mune ha per fare cassa?

A.M.

Molto difficile provare il favoreggia-mento o lo sfruttamento

primo piano numero116 del13 settembre 2008 pag5

Le donne che si vendono lo fanno sempre più negli appartamentiMa contro questo fenomenoil Comune non può fare nulla

La guerra impossibile Ordinanza

anti-sesso, manca la segnaletica

contro le case chiuse

La logica è far pagare senza potersi appellare

Il divieto di fermata per contrattarerischia l’annullamento perchénon ci sono i cartelli di avvisoE il senso del pudore è una categoria troppo incerta

di Alesssio Mannino

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E’ una partita dalle mosse lar-gamente prevedibili, quella

del Dal Molin. Come dire che ogni giocatore sta giostrando i pezzi sulla scacchiera secondo manuale: il ca-vallo bianco dei posti di lavoro, la re-gina bianca del Tar, l’alfi ere nero del commissario governativo, il re bian-co della democrazia diretta, la Torre nera dell’imperialismo di Zio Sam, il pedone bianco del sindaco e quello nero dei posti di lavoro, l’arrocco, lo scacco e chi più ne ha più ne metta. Schermaglie che sembrano non di-vertire più nessuno e rischiano anzi di interessare soltanto agli addetti ai lavori. Pericolo questo che i promo-tori della consultazione referendaria non possono permettersi. I 35.000 votanti indicati da Variati come so-glia di validità della votazione sono già un bel problema, se chiamati ad esprimersi su una questione “calda”. Se poi il piatto dovesse ulteriormente raffreddarsi, le azioni del fronte No Base potrebbero andare pericolosa-mente in picchiata. Ma fermiamoci un poco proprio sul terreno dei Dalmolini, i quali pale-

sano sempre più intensamente le loro due anime: quella originale dei Comitati, che ha in Cinzia Bottene la celebre pasionaria e quella “mo-vimentista” di Pavin e Jackson. Sal-damente alleati sul fronte del rifi uto al progetto, i due gruppi hanno in realtà obiettivi strategici e modalità operative molto diverse. Ai primi, in sostanza, una rinuncia ad impianta-re a Vicenza la nuova struttura mili-tare basterebbe ed avanzerebbe. Ai secondi, invece, ai quali la saldatura politica attorno al Presidio Perma-nente ha consentito di rinverdire i vecchi allori di Autonomia Operaia, non è tanto la Base che interessa, quanto il processo di lotta popolare, lo scardinamento degli equilibri po-litici consolidati, il profumo rivolu-zionario delle azioni spontaneistiche e da mucchio selvaggio. Le botte vo-late nei giorni scorsi attorno alla co-struzione della fantomatica torretta di avvistamento fanno dunque gioco proprio agli oltranzisti, anche quelli che (sull’altra sponda) vedono la ra-dicalizzazione dello scontro come il cacio sui maccheroni. L’unica questione che tocca l’opinio-ne pubblica, perché è come il derby col Verona al Menti o la tappa con Coppi e Bartali sullo Stelvio, resta il risultato fi nale del referendum. E al Bar Sport ci si chiede: al di là del quorum, i vicentini sono nel loro animo favorevoli o contrari all’inse-diamento degli yankees nei pressi di Livelon Beach? In tempi abbastan-

za lontani ho già detto e scritto che la domanda va posta su due livelli differenti. Se essa volesse determi-nare il livello di gradimento della Ederle2 in città, credo proprio che la risposta a Bush & C. (anzi ad Oba-ma/McCain, ormai) sarebbe un bel No grazie, con buona pace di Catta-neo e dei supporters berici a stelle-strisce. Ma se si passasse a valutare l’opinione dei cittadini sul variegato melting pot dei pignattari e piantu-matori di alberelli, beh, credo che il risultato risulterebbe esattamente l’opposto. Quale aspetto psicologico prevarrà dunque? Il centrodestra non vuol certo rischiare il bis del fl op targa-to Lia Sartori e non si fi da per nulla della vocazione al voto semiesti-vo del Popolo della Libertà e della

lealtà dei leghisti nella penombra del seggio. Le truppe del Cavaliere sono state pertanto chiamate ad un astensionismo, che forse avrebbero praticato anche senza la cartolina precetto. Il Presidio chiama invece a raccolta tutta la soldataglia dispersa dal naufragio elettorale delle Poli-tiche 2008: cattolici progressisti, marxisti leninisti, girotondini, pa-cifi sti, ecologisti, no global, centri sociali, Pd e Acli, sindacalisti e intel-lettuali, padre Zanotelli e Dario Fo, ciclonaturisti, vegetariani e punkab-bestie.Restano a questo punto solo da scoprire le carte dell’estensore di queste righe. Ma sì... Forse perché io sono di una generazione che non ha perso il gusto di schierarsi o for-se perché detesto i giornalisti super

partes. Personalmente, allora, riten-go che gli americani farebbero bene a tornarsene a casa loro a fare il bar-becue ballando le canzoni di Dolly Parton e che Vicenza starebbe me-glio non solo senza la Ederle2, ma anche senza la Ederle1. Il che non mi impedisce di riconoscere la tota-le inutilità del ludo cartaceo al quale mestamente ci apprestiamo. Dopo i pronunciamenti di tre successi-vi governi e gli atti formali di tutta una serie di organi territorialmente maggiori del Comune e ben supe-riori nella gerarchia delle fonti co-stituzionali, che cosa aggiungerebbe un diniego dei vicentini, magari di un vicentino su tre, come potrebbe succedere vista l’aria che tira? Credo che se lo stia chiedendo in cuor suo anche Achille Variati. O mi sbaglio?

l’innominabile numero116 del13 settembre 2008 pag7

di Alberto Belloni

Il movimento No Dal Molin è diviso in dueCosì come, probabilmente, la cittàAnalisi di una consultazione popolareappassionante come un derbyMa del tutto inutile

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referendumLa partita a scacchi del

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focus numero116 del13 settembre 2008 pag8

“Pensiamo agli inutilissimi uffi ci di Rappresentanza romani, dove con au-tista e auto blu e con il titolo nobiliare di Dirigente della Direzione fi gura il mio amico, ma non per questo non criticabile, Paolo Bellieni, anch’esso vicentino. Bellieni merita senz’altro l’incarico, perché è davvero un bravo ragazzo, sempre ben pettinato. Tut-tavia mi chiedo se questi costi siano giustifi cati». Così, con perfi da ironia, si esprimeva l’anno scorso Michele Bortoluzzi, esponente nazionale dei Radicali, sulla costosa sede della Re-gione Veneto a Roma. Il cui titolare è un vecchio amico del governatore Giancarlo Galan, nonché vecchia co-noscenza di bislacche cronache giu-diziarie da cui è sempre uscito pulito ma con una fama non esattamente brillante: il referente di Forza Italia a Lonigo, Paolo Bellieni.

L’amica di BosettoSuo malgrado, il suo nome è recen-temente rimbalzato sulle pagine di giudiziaria per colpa della moglie, Valeria Gentileschi. La bella signora quarantaduenne è fi nita invischiata nientemeno che nel caso più bollente dell’anno, l’affaire Marghera che vede indagati l’ex vertice Aim assieme al costrut-tore Carlo Valle. A fi ne maggio di quest’anno la moglie di Bellieni ha ammesso di aver fi rma-to davanti all’uffi ciale di Stato civile di Lonigo una falsa dichiarazio-ne per garantire che il fasullo acquirente di Marghera Tiziano Bosetto aveva ono-rato assegni da 500 mila euro emessi in titoli a favore di Valle per un’operazione immobiliare in Sardegna. Assegni appoggiati sul-lo stesso conto del Banco di Brescia usato da Bosetto per la proposta di acquisto della piattaforma di Marghe-ra. Il legame fra la Gentileschi e Bo-setto? Amici fi n dai banchi di scuola superiore. Insomma, la donna, fi glia del generale dell’aeronautica Sergio Gentileschi scomparso pochi anni fa e proprietaria del cinema Eliseo a Loni-go, ha dato una mano.

Guai a go goChissà come l’ha presa il marito. Pro-babilmente non s’è strappato i capel-li, visto che lui stesso non è nuovo a business maldestri. Dagli anni ’90 ad oggi è stato coinvolto nella bancarotta dell’Hellas Verona, in un giro d’usu-ra incentrato sull’Istituto fi nanziario vicentino, ha avuto rapporti d’affari col chiacchieratissimo broker Gaeta-no Carottini, ha perso soldi (e anche un po’ la faccia) avventurandosi a importare il totocalcio in Russia in società con l’ex calciatore Paolo Rossi ma senza riuscirvi, ha venduto la sua quota del mensile “Basso Vicentino” alla moglie dell’industriale forzista Giovanni Bettanin, Gigliola Tesei, caso poi fi nito in tribunale, rumors lo hanno dato in combutta con l’ex pa-

tron del Foggia Pasqua-le Casillo (già imprendi-tore del grano, in odore di camorra) per impa-dronirsi dell’Hellas e dello stadio Bentegodi. In tutti gli episodi la sua posizione si è conclu-sa con l’archiviazione o l’assoluzione. Però ecco, diciamo che pare

proprio che Bellieni abbia una certa incli-nazione a fi ccarsi nei

guai. Come quando, pochi mesi fa, è venuto fuori che nel 1996 stava per ri-manere vittima di una truffa ad opera di un gruppo di faccendieri che vole-vano girargli certifi cati di deposito del valore di 800 mila euro per comprare una sua villa nella natìa Lonigo dopo averli rubati dalla cassaforte di una ricca signora aretina.

Ambasciata sprecoEppure lo ritroviamo assiso sulla poltrona di ambasciatore del Ve-

neto nella Capitale, con un budget operativo di 100 mila euro annui (dato aprile 2008), circondato dal-lo sfarzo di una sede costata alcuni milioni, con nove dipendenti (ad-detti ai rapporti istituzionali, se-greteria, esperto legale, autista) e la possibilità di fi rmare contratti di consulenza (come quello di 15 mila euro del 2006 di cui ha benefi ciato l’ex plurionorevole Alberto Lembo per “l’approfondimento delle pro-blematiche afferenti alla istituzione di una Autorità nazionale per la si-curezza alimentare”). A cosa serva un’ambasciata di tali proporzioni ce lo rivela la delibera regionale 699 dell’8 aprile 2008: “realizzazione di convegni, conferenze, seminari, incontri di lavoro e promozionali… spese di rappresentanza, ospitalità e relazioni pubbliche… spese di tra-sporto”. Con in più l’autorizzazione a emettere “buoni di prelevamento” di importo massimo 2500 euro per il pagamento in contanti di “minute spese”. Il fuoco di fi la dell’opposi-zione in Regione ha girato il coltello nella piaga: “La sede a Roma non serve a niente”, attaccò nel 2006 Franco Frigo del Pd, “trent’anni fa, senza fax e mail, poteva servire, ma ora da Roma si va e viene in giorna-ta”. Risposta di Bellieni: “La Lom-bardia ne ha una da mille metri ed altre ne hanno con 30-50 addetti. Non credo che il problema sia dieci persone a Roma, con un organico di 3500 dipendenti. Tutte le Regioni poi hanno una sede in centro sto-rico: un motivo ci sarà”. Il motivo è presto detto: l’incoercibile tenden-za degli enti locali a scialacquare denaro pubblico, al pari dello Stato. Lo fanno tutti? Ma se tutti sprecano, questa non è una ragione valida per accodarsi alla “sprechite” generale.

Liberale e borbonicoEppure esisterà un perché se Bellieni s’è meritato il faticoso onere di respon-sabile di convegni&cerimonie in quel di Roma ladrona. Diamo un’occhiata al suo curriculum. Nato a Lonigo nel 1951, fi glio di Zaccheo industriale di reti me-talliche, il Nostro scrive di essere in pos-sesso della “maturità artistica” e di es-sere laureato in scienze politiche presso la Kensington University in California nel 1985. Nel cda dell’azienda paterna fi n da giovane (oggi ne è presidente), è stato vicepresidente dei giovani di Assindustria Vicenza dal 1978 al 1981. E’ stato consulente per varie aziende, e per due anni (’84-’86) dipendente del gruppo Fininvest di Silvio Berlusconi. In politica è arrivato poco prima di Tan-gentopoli, nel Partito Liberale dove co-nobbe l’attuale presidente della Regione Galan. E’ stato segretario particolare di Alfredo Biondi, storico liberale poi pas-sato sotto le insegne di Forza Italia. Dal 2004 è nel cda della Serenissima SGR, la spa di investimenti immobiliari colle-gata all’omonimo gruppo autostradale (percependo anche qui soldi pubblici). Ha fatto il consigliere comunale a Loni-go e il consigliere regionale a Venezia. Ma forse è sotto la categoria “onorifi cen-ze” (sic) che va scovata l’irresistibile uni-cità di un uomo dedito al bel mondo e a suo agio fra smoking e labari. “Sir” Pao-lo Bellieni è infatti Cavaliere dell’Ordine Equestre di Santo Sepolcro (dal 1982: praticamente, e non stiamo scherzan-do, è un crociato), Commendatore di Jus Patronato dello SMOC (ordine cavalleresco borbonico, dal 2002) sen-za dimenticare il Cavalierato di Grazia Magistrale del Sovrano Ordine di Malta e il titolo di Delegato del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio della Real Casa di Borbone delle Due Sicilie (così si legge sul sito uffi ciale dei principi eredi di Franceschiello). Mica

pizza e fi chi. Anzi, si trova in compagnia di generali, imprenditori, fi nanzieri, no-bili, giornalisti, avvocati (nella lista degli altri delegati dei Borbone fi gura anche Augusto Ruffo di Calabria, dal 1995 “presidente del Corviglia Ski Club di St. Moritz, considerato il club più esclusivo del mondo che annovera fra i soci capi di stato, capi religiosi, personalità del mondo dell’imprenditoria, dell’arte e della moda”). Non sarà un caso se lo svagato Emanuele Filiberto di Savoia, quando due anni fa visitò il Vicentino, venne accolto a Lonigo proprio da Bel-lieni, allora presentato come “esponen-te di spicco del mondo monarchico”. Mondo nel quale, come insegnano le vicende di Vittorio Emanuele, si intrec-ciano molteplici relazioni (di potere e d’affari).

Posto sicuroSpesso in prima fi la a inaugurazio-ni, premiazioni e passerelle varie, tuttavia il consenso di Bellieni nella sua Lonigo conosce alterne fortune. Nel 2004, ad esempio, per l’incari-co di coordinatore cittadino venne più che doppiato dal rivale di partito Silvano Marchetto, con 74 preferen-ze a 32. Sempre con Marchetto due anni dopo combattè la battaglia per la poltrona di sindaco, lui che voleva un suo uomo a capo della giunta leo-nicena. Marchetto oggi è sindaco, ma si è riconciliato con l’ex avversario. Tirando le somme, diciamo questo: Bellieni è soprattutto e innanzitutto amico di Galan. Il quale, piazzando-lo a Roma fra feste, riti e conviti, gli ha regalato il posto ideale per la sua smania di traffi care e tessere rappor-ti (spesso incappando in tafazziani autogol). Forse ha voluto metterlo al riparo da sé stesso. Ma non, come abbiamo visto, dai pasticci della mo-glie.

di Alessio Mannino

Ambasciator non porta pena. Ma costa

Il vicentino Paolo Bellieni, Forza Italia,amico di Galan, costa alla Regione

100 mila euro all’anno. Motivo: dirige la sededi rappresentanza a Roma

Ritratto di un uomo dai tanti affari

La moglieè rimasta coinvoltanelle indagini su Aim

| Paolo Bellieni durante un ricevimento

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Antiche piantesoffocate dal cemento

focus numero116 del13 settembre 2008 pag9

La nostra missione è la conser-vazione e moltiplicazione delle

specie vegetali locali”. Una frase che riassume tutta l’attività del Centro vivaistico regionale di Mon-tecchio Precalcino: produrre specie vegetali caratteristiche della pianu-ra veneta e reintrodurle nel terri-torio, per riqualifi care aree degra-date. Una struttura unica nel suo genere, che lavora soprattutto con enti locali: l’attività fl orovivaistica raccoglie sementi nei boschi del Veneto attraverso la collaborazione con il Corpo Forestale, moltiplica le piantine all’interno della struttura montecchiana (6 ettari e mezzo) e le rivende a prezzo “politico” a Comuni e Province che intendono riqualifi care aree o effettuare inter-venti naturalistici. I tecnici del Cen-tro - che è attivo dal 1996 e lavora con numeri di piantine vendute che vanno dalle 300mila al milione di alberelli, di anno in anno – lancia-no però un allarme: la provincia di Vicenza e in particolare l’Alto Vi-centino sono sempre più esposte al degrado, e la cementifi cazione del territorio è tale ormai da impedire la ricarica della falda acquifera.

Piccole piante cresconoDiretto dal dottor Roberto Fiorentin, il Centro Vivaistico produce, coltiva e vende circa 150 specie di alberi ed arbusti autoctoni del Veneto: «L’at-tività si svolge in due sedi – spiega la dottoressa Cristina Dalla Valle, tecnico del Centro – :a Montecchio Precalcino ci occupiamo delle specie di pianura e collina, mentre a Pian dei Spini, nel Cansiglio (Belluno) delle specie di montagna. La mis-sione è la conservazione e moltipli-cazione delle specie locali». «Cerchiamo di produrre tutte le specie della fl ora – continua – con più fi nalità: sia naturalistiche e di riqualifi cazione ambientale, come ad esempio per la realizzazione di boschi di pianura o per interventi d recupero in cave dismesse, che per impianti di produzione energetica, ad esempio impianti a biomassa. Ogni intervento richiede specie specifi che: quando reintroduciamo una specie del territorio cerchiamo di reimpiegare piante le cui sementi siano state raccolte proprio in quella zona». Le piante vengono vendute a un’età media di uno o due anni, a un prezzo che va da 1,3 a 2 euro. Si tratta pertanto di un’attività non distorsiva del mercato e soprattutto ben distinta da quella del “pronto effetto”, cioè dalle piante già di no-tevoli dimensioni cui si dedicano in prevalenza i produttori privati. Il prezzo di vendita copre circa il 50% dei costi. Il resto corrisponde alla “quota istituzionale di tutela della biodiversità” svolta dal Centro ed è pertanto coperto da contributo regionale. Le sementi vengono rac-

colte in gran parte dal Corpo Fore-stale dello Stato nei boschi di tutta la regione. «Il sistema di vendita è certifi cato Iso 9001 – osserva Dal-la Valle – la metà dei nostri clienti sono enti pubblici»

Specie di nicchia e “intrusi”«Partecipiamo attivamente ad inter-venti per la salvaguardia e reitrodu-zione di specie di nicchia – spiega il tecnico di Montecchio - ad esempio, con la provincia di Vicenza abbiamo un progetto di produzione e reintro-duzione del “Pero Corvino dei Colli Berici”, mentre a livello regionale per due anni abbiamo portato avan-ti un progetto Life per la riqualifi ca-zione delle dune costiere sabbiose del Veneto, con prelevamento di specie, loro moltiplicazione in vivaio e reintroduzione nell’habitat». E se nella sfera “animale” da decenni sono noti i danni e le criticità causa-te negli habitat italiani da specie non autoctone, introdotte per sbaglio o incoscientemente – si pensi alla nu-tria, o ai pesci siluro di cui la stampa locale lamenta con cadenza regolare la presenza nel laghetto vicentino di Fimon – situazioni critiche ci sono o si stanno diffondendo anche in cam-po vegetale. «E’ vero, ci sono delle specie che danneggiano gli habitat autoctoni – ammette Dalla Valle – anche se non si può parlare di vera e propria emergenza. In particolare da noi la più pericolosa è la robinia, arbusto molto aggressivo e invasi-vo che soffoca le specie autoctone. Dobbiamo prestare attenzione a questa specie ad esempio nei casi di rimboschimenti in cave dismesse: la

robinia tende a moltiplicarsi prima delle altre piante, e a soffocarne le radici portandole alla morte. A livel-lo veneto, si guarda con attenzione alla diffusione dell’ambrosia: una specie erbacea nordamericana, che provoca forti allergie e scalza le spe-cie locali, che si è diffusa in primis nelle campagne intorno all’aeropor-to di Malpensa (probabilmente da sementi portate dagli aerei) e da lì in tutta la Lombardia».

Territorio e falde soffocatidal cementoA tecnici che si occupano della rein-troduzione di specie autoctone e del-la riqualifi cazione di aree degradate è impensabile non fare almeno una domanda sullo “stato di salute” della terra veneta, e vicentina in particola-re. E c’è poco da stare allegri. «Assi-stiamo a un degrado esponenziale e continuo del territorio. Le ammini-strazioni locali e la popolazione non si rendono conto dei danni che sono stati prodotti negli anni, e che conti-nuano ad essere prodotti – afferma Dalla Valle – L’Alto Vicentino, l’area a nord delle risorgive, è la più degra-data del Veneto. Stanno cementifi -cando dappertutto, ormai è a rischio la stessa ricarica delle falde. Le stesse risorgive sono un’area a forte rischio, si sa: per prima cosa bisognerebbe

farne una mappatura, che ad oggi non esiste. Ma anche a Vicenza, no-nostante una giunta che ora dovreb-be prestare maggiore attenzione pro-prio a problematiche come queste, assistiamo a incongruenze preoccu-panti. Si pensi all’area dove è in co-struzione il nuovo Tribunale, all’ini-zio della Riviera Berica: non è chiaro quanto si voglia costruire, a guardare pare vogliano arrivare addirittura alla confl uenza fra Retrone e Bacchi-glione. La cosa preoccupante – oltre all’impatto di un edifi cio così alto - è che pare non ci sia alcun piano di compensazione. Nel senso che se si costruisce così tanto, da un punto di vista di ecosostenibilità è giusto che ci sia una compensazione in termi-ni di area verde: in questo caso, e in moltissimi altri, non sembra esserci alcun piano». Il problema, conclude il tecnico, è proprio in termini economici. «L’al-bero compete in termini di spazio utile con tutto ciò che è produttivo. Se la pianura padana secoli fa era co-perta da foreste, oggi di boschi di pia-nura nel vicentino non ne esistono più e piccolissimi lembi dell’antica foresta sono presenti ormai solo nel Veneto Orientale. Il territorio veneto è tutto a rischio: andrebbe riquali-fi cato tutto. Compresa la mentalità della gente»...

“Intrusi” che occupano gli habitat delle specie autoctone, cemento ovunque, falde a rischioLa dura lotta del Centro vivaistico regionale di Montecchio Precalcinoper salvaguardare le specie vegetali del nostro territorio

di Andrea Alba

| Il nuovo tribunale di Vicenza

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focus numero116 del13 settembre 2008 pag10

Rimpasto è un brutto termine che sa di Prima Repubblica per indicare una ride-fi nizione degli incarichi in un governo. E’ precisamente ciò cui abbiamo assisti-to nella compagine del sindaco Achille Variati esattamente una settimana dopo la caduta dell’ex assessore Matteo Que-ro su un alcol-test rifi utato (e ingigantito oltre misura). Il triplice referato di Quero – cultura, giovani e turismo – è stato spacchettato fra tre assessori. La cultura è stata girata a colei che l’aveva gesti-ta durante la precedente amministrazione di cen-trosinistra capitanata da Marino Quaresimin, e cioè l’attuale titolare del territorio, l’indipenden-te (di forma e di fatto) Francesca Lazzari. Un ritorno “naturale”, po-trebbe pensare qualcuno. In realtà la Lazzari ave-va a suo tempo espres-so la propria preferenza per gli affari sociali (andati a John Giu-liari, Vicenza Capoluogo). Caricare la Lazzari, già oberata dalla montagna di

pratiche, pasticci e pressioni che grava sul comparto urbanistico, con l’altret-tanto gravosa responsabilità della cultu-ra, dà da pensare. Per esempio, che la si voglia ammazzare di lavoro: questuanti e progettisti pressano sia nell’uno che nell’altro settore, i due più “pesanti” (anche politicamente) della giunta. Do-vrà fare la spola fra due palazzi e go-

vernare due mondi im-portantissimi e caotici. Magari per poi dividerli nuovamente e magari consegnare uno dei due a qualche personalità che, alla prima nuova tem-pesta, potrebbe tornar comoda all’equilibrio interno alla maggioranza e anche a quello esterno,

verso i poteri forti citta-dini (che nell’urbanisti-ca trovano il loro punto

d’incontro). Le politiche giovanili sono state date alla vicesindaco e titolare dell’istru-

zione, Alessandra Moretti, così da rag-gruppare scuole e feste rock. Mentre il turismo è stato accorpato allo sviluppo economico. E’ un peccato. Unire vita culturale, attrattività turistica e offerte ai giovani era fi nalmente un modo effi cace per vivacizzare ambiti che nel decennio hullweckiano erano stati colpevolmente mortifi cati. E Quero sembrava promet-tere bene. Questa è la vera eredità nega-tiva della madornale gaffe che abbiamo ribattezzato Querogate. Ma tant’è. Fra Gianni Giglioli e Tom-maso Ruggeri c’è stato uno scambio di deleghe, con Ruggeri al personale e alle partecipate (Aim e Amcps) e Giglioli allo sviluppo e turismo. E perché ap-profi ttare del caso Quero per cambiare di posto proprio a questi due assessori? Perché, almeno da quanto emerge dai corridoi di Palazzo Trissino, Giglioli non pareva adatto al delicato ruolo di fi ltro e di cerniera con chi lavora nelle partecipate (i sindacati) e con chi ci vor-rebbe lavorare (gli interessi di industria-li privati). Giglioli è uomo di progetto

e di visione, ma difetterebbe nell’arte della duttilità e nella gestione dell’or-dinario. E conserva sempre l’ombra di essere stato advisor durante il discusso regno di Beppe Rossi in Aim. Toglierlo da lì, obiettivamente, è scrollarsi di dos-so l’ennesima patata bollente. Ruggeri, un passato in Apindustria e in Carive-rona, esponente della Compagnia delle Opere, è certamente più consono per la supervi-sione delle future, diffi -cili decisioni sui tesori pubblici di Vicenza, Aim e Amcps. Pierangelo Cangini, cattolico di ferro del Partito Democratico, va a colmare la carenza di caselle Pd nella giunta. Variati spazza via così un altro motivo di mu-gugni e risentimenti. L’esordio di Cangini all’edilizia priva-ta fa ben sperare: “Basta a super con-domini accanto a villette e via libera al

recupero degli immobili di pregio di Vicenza. Ci sono anche dei casi aperti, molto delicati, che vanno risolti: come l’area ex Q8 e gli abusi edilizi della zona industriale” (Corriere del Veneto, 10 settembre). Tuttavia, non vorremmo che erodere una parte delle competen-ze alla Lazzari sia una conferma del dubbio sul possibile fi accamento della

responsabile dell’urba-nistica. Caratterialmente e come impostazione politica, Cangini è agli antipodi della Lazzari: tanto l’uno è moderato quanto l’altra è senza mezze misure. Ma con le migliaia di richieste del Bando Interessi Diffusi e coi palazzinari alle cal-

cagna ci sarebbe stato bisogno di una voce unica, forte e decisa.

Questo sdoppiamento indebolisce la Lazzari. Speriamo che il nuovo piano regolatore, il Pat, ci dia torto.

Il rimpasto di giunta toglie Gigliolidalla supervisione di Aim e mette fine all’unità di cultura e turismoche con Quero prometteva bene.Ma a uscirne indebolita è l’assessore al territorio

| L’assessore al territorio Francesca Lazzari

di Alessio Mannino

Seguire urbanistica e politiche culturali sarà una vera impresa

Il moderato Cangini è partito bene: “Risolvere gli abusi in zona industriale”

Lazzari-Cangini

la strana coppia

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speciale numero116 del13 settembre 2008 pag11

Professori e bidelli sono già al lavoro da almeno un paio di

settimane. Così come i bambini più piccoli, che sono rientrati ai primi di settembre, e quelli più grandicelli che avevano sul groppone qualche materia da recuperare. Ma è da lunedì che si ricomincia davvero. In tutte le scuole del vicentino, e sono cen-tinaia, il 15 settembre squillerà la prima campanella del nuo-vo anno scolastico, campanella che dalle materne alle superio-ri chiamerà a raccolta oltre 110 mila ragazzi. Vicenza è infatti la

provincia con il maggior numero di studenti di tutto il Veneto: ol-tre 112 mila, secondo i dati del-l’Ufficio scolastico regionale (le statistiche sono relative all’anno 2007-2008; quelle di quest’an-no sono in fase di elaborazione proprio in questi giorni), contro i 101 mila di Verona, i 103 mila di Padova e i 104 mila di Trevi-so. Quasi un quinto del totale re-gionale, a conferma di un trend di crescita costante degli ultimi anni, che ha visto il numero di alunni salire senza distinzioni in tutti i tipi di scuole.

Nelle scuole primarie (le ex ma-terne), in particolare, si è passa-ti dai 7mila iscritti del 1998-99 ai quasi 9 mila di oggi; alle ele-mentari da circa 38 mila (sem-pre del 98-99) a oltre 42 mila; nelle medie il balzo è stato da 21 mila a quasi 25 mila; e nel-le superiori i numeri sono saliti dai 31 mila scarsi di dieci anni fa ai circa 37 mila di oggi. Il tutto per un totale di oltre 5300 clas-si o sezioni, con una media di 21 alunni per classe (per l’esattezza 20,95). Se a questi si aggiungo-no gli oltre 10 mila insegnanti

(anche questo un record a livello regionale), e i 3.500 lavoratori impiegati come personale tecni-co, amministrativo o come col-laboratori scolastici, si ha l’idea di quanto sia alta la percentuale di persone che ruota attorno al mondo della scuola.

Sempre più consistente, infine, il numero di alunni stranieri, che costituiscono ormai una presenza fissa in tutte le classi. Complessivamente, sono circa 13 mila, distribuiti tra materne (circa 1.500), elementari (oltre

5.500), medie (oltre 3.000) e superiori, dove si è arrivati ad oltre 2500 iscritti non italiani, concentrati soprattutto negli istituti professionali (quelli per l’industria e per il commercio in primis), e negli istituti tecnici (in particolare quelli commercia-li). Anche nei licei, comunque, dove i numeri sono più piccoli, la presenza di ragazzi stranie-ri è decuplicata, balzando dalla cinquantina di dieci anni fa agli oltre 400 di oggi. A loro, come a tutti gli altri, non resta che au-gurare buon lavoro.

Vicenza è la provincia con più studenti(e insegnanti) di tutto il VenetoEcco tutte le cifre di un mondoche proprio in questi giornisi sta rimettendo in moto

La carica dei

112milaTutti i numeri della scuola

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speciale numero116 del13 settembre 2008 pag12

Ritorno dell’educazione civi-ca, dei vecchi voti in numeri

al posto dei giudizi e del voto in condotta che può costare l’anno ai ragazzi più indisciplinati. E poi ancora maestro unico nelle scuole elementari e nuovi criteri per l’am-missione agli esami e il recupero dei crediti formativi. come spesso accade, il cambio della guardia al ministero dell’istruzione ha portato una raffi ca di novità nel mondo del-la scuola: alcune partiranno subito, altre tra un anno. Cerchiamo allora di fare un po’ di chiarezza.

Educazione civica. Anche se in forma sperimentale, l’insegna-mento dell’educazione civica a scuola partirà già quest’anno, sotto la denominazione “Citta-dinanza e costituzione”. In tutte le scuole, un’ora alla settimana sarà de-dicata ad approfondi-re la conoscenza della costituzione italiana e non solo: ci sarà spa-zio anche per nozioni di educazione stradale (per tentare di ridurre il numero di incidenti), di educa-zione ambientale (per favorire il ri-spetto dell’ambiente e la cultura del

riciclo) e di educazione alla salute (in particolare per quanto riguarda la corretta alimentazione). Il tutto non comporterà però un aumento dell’orario (l’ora di educazione ci-vica verrà “rubata” alle altre delle discipline storico sociali o storico geografi che), né l’assunzione di nuovi docenti. In più potrebbe es-serci, invece, un nuovo voto alla fi ne della pagella.

Voti in decimi. Addio ai “suffi -ciente”, ai “buono”, ai “distinti” e agli “ottimi” a cui erano ormai abi-tuati i ragazzi delle scuole primarie. Al loro posto, anche alle elementa-ri e alle medie tornano i voti dall’1

al 10, esattamente come avviene alle superiori. Alle ele-mentari, il voto sarà accompagnato da un giudizio analiti-co sulle conoscenze e sul grado di ap-prendimento del-l’alunno; alle medie il voto sarà invece

secco. Adottata con l’obiettivo di dare “maggiore

chiarezza informativa, soprattutto alle famiglie”, la novità dovreb-be entrare subito in vigore, anche

se nelle scuole c’è ancora un po’ di confusione ed è probabile che, almeno per i primi mesi, in molti adotteranno un regime misto.

Voto in condotta. Seguendo una linea di maggior severità nelle san-zioni verso gli studenti indiscipli-nati già avviata dal governo prece-dente, il ministro Gelmini ha rein-trodotto il voto in condotta: alle medie e alle superiori il giudizio sul comportamento dello studente farà media con quello di tutte le altre materie, e in caso di insuffi cienza (5 in pagella) la bocciatura sarà au-tomatica. Le scuole dovranno inol-tre varare un “patto di correspon-sabilità” in cui si defi nisce cosa si intende per mancanza disciplinare,

quali sono le relative sanzioni e a chi spetta il compito di giudicare e punire. Il patto dovrà essere sotto-scritto anche dalla fa-miglie, che in caso di fatti particolarmente gravi potrebbero esse-re chiamate a risarcire i danni provocati dal fi glio.

Maestro unico. È una delle riforme più discusse, anche se entrerà in vigo-re a pieno regime solo l’anno prossimo (quest’anno si parte con una spe-rimentazione nelle classi prime). Dal 2009, infatti, i bambini della

primaria non avranno più tre inse-gnanti come avveniva ormai da un bel po’ di anni, ma uno solo, affi an-

cato da un docente di lingua straniera. Per il ministro è un ritor-no al passato detta-to prima di tutto da esigenze didattiche (dare ai bambini un punto di riferimento fi sso), per i suoi op-positori, sindacati in testa, è una manovra

che mira soprattutto a tagliare posti di la-voro, e che rischia di

minare gli ottimi risultati raggiunti ultimamente dall’istruzione prima-ria italiana. Il dibattito è aperto.

Tutti in classe con un pieno

di novità

Un’ora alla settimana sarà dedicata allo studio della costituzione

Con il 5in condottascattala bocciatura

Educazione civica, voto in condotta,e del maestro unico

alle elementari. Ecco una guidaalle novità dell’anno scolastico che sta per partire

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È uno dei temi più discussi all’av-vio di ogni anno scolastico: au-

mentano i libri, aumentano i prezzi di zaini e astucci, spesso aumenta-no anche gli abbonamenti di auto-bus e treni. E così, tra libri di testo, grembiuli, pennarelli e compassi, mandare i fi gli a scuola rischia di diventare davvero un piccolo salas-so per le famiglie, come denuncia-no periodicamente le associazioni dei consumatori. Ma qualcosa pare che stia cambiando: genitori e do-centi stanno diventando più ac-corti, le stesse case editrici stanno studiando iniziative per ridurre i prezzi di manuali e sussidiari e per contenere il pro-liferare di nuove edi-zioni con variazioni solo superfi ciali. Così risparmiare qualcosa diventa sempre più a portata di mano. Con un po’ di accortezza e, a volte, di fantasia. Prendiamo il caso dei libri di testo, da sempre considerati una delle voci di spesa più pesanti. Da qualche anno il ministero ha fi ssato dei tet-

ti di spesa per ogni tipo di scuola: soglie elevate, magari (si aggirano in genere attorno ai 300 euro), ma che comunque dovrebbe frenare almeno un po’ il famigerato caro-libri. In effetti, anche se non sem-pre questi tetti vengono rispettati, il provvedimento è servito quanto-meno a ridurre gli elenchi di testi smisurati e spesso redatti senza nessuna attenzione al prezzo com-plessivo. I risultati nelle scuole me-die si sono visti, e adesso lo stesso provvedimento è stato adottato anche nelle scuole superiori. E il

governo sta valutan-do anche la possibili-tà bloccare per cinque anni le liste dei libri.Ma questo è solo il primo passo. Dal-l’anno prossimo, ad esempio, i libri di testo dovranno esse-re disponibili anche in versione digitale

e scaricabile da in-ternet: l’idea solle-va qualche dubbio

(stampare un libro a casa propria alla fi ne costa di più che acquistar-lo fatto, la qualità non è la stessa,

e internet a banda larga è ancora a disposizione solo di una piccola fetta di studenti), ma se usata con intelligenza potrebbe davvero aiu-tare a ridurre i costi. E anche, cosa non trascurabile, il peso degli zai-ni: pensate solo alla comodità di avere un manuale di matematica, o un dizionario di latino, racchiuso in una chiavetta usb. Sempre più diffusa, inoltre, la for-mula del comodato d’uso, con le scuole che acquistano i libri e poi li affi ttano ad un prezzo molto ri-dotto, o a costo zero, agli studenti, che si impegnano a restituirli in buone condizioni l’anno successi-vo. Non si studierà su pagine im-macolate e fresche di stampa, ma il portafoglio sarà sicuramente più contento. Infi ne, c’è la cara, vec-chia soluzione del libro usato. Ol-tre ai mercatini organizzati dagli studenti (proprio in questi giorni è partito il tradizionale “baratto” organizzato dalla Sgms), negli ul-timi anni spopola internet: basta una veloce ricerca su un qualsiasi motore di ricerca, per scoprire un buon numero di siti che offrono te-sti usati a prezzi scontati. E a quel punto non resta che studiare.

SCUOLA D’ARTEE MESTIERIDI VICENZA

formazione dal 1858

Via Rossini, 60 VicenzaTel 0444/960500Fax 0444/[email protected]

La Scuola d’Arte e Mestieri di Vicen-za propone un corso di studi triennale, “Operatore dei processi orafi” per il settore moda, totalmente gratuito, (compresi i testi scolastici), rivolto ad al-lievi, in uscita dalla terza media, maggior-mente propensi a percorsi formativi brevi e professionalizzanti. Il percorso formativo offre una prepara-zione pratica completata da lezioni teo-riche, garantendo quindi l’assolvimento dell’obbligo formativo.Dal secondo anno gli allievi hanno la pos-sibilità di fare esperienza di stage azien-dale per conoscere da vicino il mondo del lavoro e soprattutto il settore orafo. Una grande occasione per tutti i giovani che,

in una situazione protetta, possono avvi-cinarsi gradualmente ad un mestiere av-vincente e ricco di opportunità per il loro futuro.La Scuola dispone di ulteriori servizi: il centro “Internos” con personale qualifica-to per aiutare gli allievi in difficoltà con l’apprendimento didattico o problema-tiche relazionali, il “Centro Sviluppo pe-dagogico e del lavoro” per seguire indivi-dualmente gli studenti nella fase di stage e di contatto con le aziende, consultazione gratuita della biblioteca rifornita di nume-rosi e prestigiosi volumi, aula di informati-ca con postazioni individuali per le lezioni al computer, aula creatività per seminari inerenti all’arte.

Le lezioni pratiche si svolgeranno in locali ampiamente attrezzati quali: il laboratorio di gemmologia, i laboratori di oreficeria, incisio-ne, incastonatura, modellazione in cera, smal-ti, per apprendere al meglio e nelle condizioni più idonee le principali tecniche orafe.Gli allievi più meritevoli avranno nel corso del-l’anno scolastico il vantaggio di partecipare a concorsi riservati a scuole artistiche e prender parte a mostre itineranti in tutta Europa insie-me ad altri studenti di scuole orafe apparte-nenti al Parlement Lyceen Europeen. Nella programmazione formativa sono pre-viste: visite didattiche, seminari di approfon-dimento e uscite in occasione delle Fiere di Oreficeria, promosse dall’Ente Fiera di Vicen-za durante l’anno.

Se hai meno di 18 annila Scuola d’Arte e Mestieri di Vicenza prepara il tuo futuro

La Scuola è disponibile per visite alla struttura e informazioni tutti i giorni da lunedì a giovedì (mattino e pomeriggio)e nella mattinata di venerdì, oppure potete collegarvi al nostro sito www.scuolartemestieri.org, costantemente aggiornato.

Le iscrizioni sono ancora aperte fino ad esaurimento posti.

speciale numero116 del13 settembre 2008 pag13

Dai libri on line alle scuole cheoffrono il comodato d’uso fino agli intramontabilimercatini dell’usatoEcco come alleggerire il conto dei primi giorni di lezione

Cara scuola, quanto mi costi.

le spesePiccoli trucchi per ridurre

Sono in arrivoi libri digitaliMa non tutti sono d’accordo

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Perbenista, attenta agli schei e al-l’apparenza, sempre pronta a chi-nare il capo di fronte agli ordini di chi conta. È uno sguardo agrodol-ce, e spesso controcorrente, quello con cui lo scrittore e giornalista Mario Pavan racconta la Vicenza degli anni 50 nel suo ultimo lavoro “Ma che belle cose!”. Un titolo iro-nico, in linea con lo spirito di un libro che nasce, come racconta lo stesso Pavan, per “sfi da contro un certo modo di pensare e di celebrare il mon-do di ieri: il mio è un tentativo di fermare alcune esperienze di anni esaltati troppo spesso solo dalla nostalgia e dall’affetto”.

Pantaloncini e betonegheGli anni di cui si parla sono quelli della prima infanzia dell’autore, passata in una Vicenza fatta di contrade che erano piccoli pae-si e ragazzini in calzoni corti, di betoneghe sempre pronte a im-mischiarsi negli affari degli altri per poi spifferarli al prete e di semplicità contadina. “Ero pic-colo in quegli anni – continua Pavan -, e ho cercato di rivivere l’atmosfera di quegli anni togliendo un po’ di incrostazioni, con uno sguardo un po’ umoristico, ma di quell’umorismo che alla fi ne ti lascia anche qualche dub-bio”. Prende così forma, attraverso una serie di aneddoti e veloci rifl es-sioni, una Vicenza in gran parte scomparsa. Ci sono i ragazzini che la mattina vanno a scuola a piedi, il pomeriggio si prendono a sassa-te con i “nemici” dei quartieri vi-cini e la domenica fanno da cane da guardia all’appuntamento tra la sorella e il fi danzato, guadagnan-

dosi qualche gelato per distogliere lo sguardo e non stare troppo ap-piccicati; si ricordano i comunisti che girano per le case a vendere L’Unità, e le vecchiette che por-tano nelle famiglie le riviste della “buona stampa”; si parla dei bal-li e dei divertimenti, ovviamente proibiti (“E le feste, i balli, i diver-

timenti dei ragazzi e delle ragazze? Solo e sempre peccato, pec-cato e ancora pecca-to. L’equazione era ferrea e implacabile, senza alcun appello”), e delle prime riunioni sindacali.

Giustiziae solidarietàMa soprattutto prende forma l’im-magine di una Vi-

cenza che, forse, non era poi cosi brava, bella e buona come la dipin-ge spesso che ci ha vissuto. “Mia mamma dice che a quell’epoca ci si aiutava – spiega Pavan -. È vero, ma lo si faceva perché si aveva bisogno. Tutti si era più o meno sulla stessa barca. Era normale darsi una mano reciprocamente; poi si avrebbe avuto più coraggio

per avanzare le stesse richieste alle stesse persone. Si dice anche che si era felici con nulla: è vero, ma perché molti di noi non avevano un bel niente. così come è vero che c’era molta condivisione, ma per-ché c’era molta povertà”. In real-tà, le differenze erano ancora più evidenti di oggi. Le mamme dei bambini ricchi, chissà perché, era-no sempre belle, eleganti, giovani e fresche, l’orzata era un lusso per pochi, così come i giocattoli veri. E nella scuola le differenti situazio-ni di partenza pesavano eccome. “Chi era fi glio di genitori entrambi lavoratori o esercenti di negozi o, per sfortuna, era orfano del papà o della mamma o, peggio ancora, aveva i genitori che magari alzava-no un po’ il gomito, era spacciato. Altro che guardare alla situazione di partenza dell’alunno, alle sue reali capacità”, scrive Pavan.

Le parole d’ordineEra un mondo in cui la parola d’ordine era “fare soldi”, magari costruendo villette da affi ttare agli americani, e in cui “fare del bene” voleva dire, spesso, mettere il naso negli affari degli altri, oppure fare qualcosa per mettersi la coscienza a posto (“Tutto era fatto alla luce

del sole, perché si vedesse, per-ché si sapesse). Un mondo in cui contava molto l’apparenza, il cosa avrebbero detto gli altri. “Sempre per restare sul tema giustizia, c’era un metro unico per giudicare gli altri: l’apparenza”, scrive ancora Pavan. Che qualche pagina più in là aggiunge “Salvata la faccia, sal-vata la morale. Ma mi dico: erava-mo più liberi di adesso o semplice-mente eravamo costretti. Si dove-va essere bravi e buoni per forza: il segreto stava tutto racchiuso nelle due sillabe b della parola ub-bidiente, la più gettonata in casa, a scuola, nelle varie associazioni.

Si era buoni per forza, e anche noi bambini lo eravamo”. Un mondo che, alla fi n fi ne, non è poi così lontano da quello della Vicenza attuale, dove uno degli ar-gomenti più forti a favore del rad-doppio della Ederle è ancora quel-lo dei soldi. E dove i vecchi difetti sono sempre gli stessi. “Il vicenti-no che piega la schiena è rimasto – conclude Pavan -. Sarò cattivo, ma è così. Ed è rimasta anche l’at-tenzione all’apparire, alla facciata. Ma di questo ne parlerò di più nel prossimo libro che sto scrivendo”. Su cosa? Ovviamente sulla Vicen-za anni ’60.

| Un giovane Pavan

Apparenza e ubbidienza,

cultura numero116 del13 settembre 2008 pag15

Si doveva esserebravi e buoni per forza. E anche ubbidienti

ViPiùcultura

Un libro di Mario Pavanracconta la città negli anni ’50Smontando molti luoghi comunie mettendo a nudo difettie ipocrisie ancora molto attuali

Vicenzama che bella

Comincia con un concerto di gran-de interesse la nuova stagione di incontri della società Dante Ali-ghieri. L’appuntamento è per Gio-vedì 18 settembre, alle 17 all’audi-torium Canneti, dove la cantante Patrizia Laquidara proporrà, insie-me al pianista Alfonso Santimone una rassegna di musiche popolari italiane dagli anni ‘30 agli anni

‘60. Un’occasione da non perde-re per ascoltare una delle voci più apprezzate dalla critica, che si è distinta proprio per il lavoro di ri-scoperta della tradizione popolare, e veneta in particolare. Da giovedì 25 settembre, poi, il programma della Dante riprenderà con il con-sueto alternarsi di convegni, dibat-titi e usciti culturali.

di Luca Matteazzi

Patrizia Laquidara apre la stagione della Dante

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Colui che chiamiamo Buddha è un personaggio storicamente fondato, e non è un Dio. Mi guarderò bene dall’affrontare qui il tema se il Bud-dhismo sia o meno una religione, problema che ognuno considererà in base alla propria sensibilità e prepara-zione. Solo alcune informazioni preli-minari, appunto di carattere storico, per inquadrare l’argomento. Il Prin-cipe Siddharta Gautama nacque nel territorio dell’attuale Nepal nel 566 a.C.. Secondo la leggenda, visse l’in-fanzia ed l’adolescenza in uno splen-dido palazzo, completamente ignaro della vita reale. Ma, uscito un giorno dalle mura, incontrò un vecchio, un malato e un funerale, che gli fecero prender coscienza dell’impermanen-za della vita. Un successivo incontro con un samana, specie di mendicante asceta, lo indusse a mutare comple-tamente esistenza. A ventinove anni abbandonò moglie, fi gli e ricchezze, e per sei anni si dedicò a severe pratiche ascetiche. Ma, come non aveva avuto soddisfazione dalla lussuosa esistenza precedente, così Siddharta comprese che anche la via dell’ascetismo assolu-to non dava risposte. Scelse dunque la ‘via di mezzo’: un’esistenza moderata, in cui gli appetiti non vengano né re-pressi né soddisfatti smodatamente. In seguito a questo suo nuovo stile di vita, Siddharta, dopo una notte trascorsa a meditare sotto un albero, raggiunse l’Illuminazione, e divenne il Buddha, ‘il Risvegliato’.

La diffusione del Buddhismo Il Buddhismo si diffuse velocemente in Asia, India, Cina, Giappone e, nel-l’VIII secolo, in Tibet, sotto la guida di una ‘dinastia’ di Re-Sacerdoti, i Dalai Lama [Dalai è un termine mongolo che signifi ca Oceano (di saggezza)], reincarnatisi l’uno nell’altro. Tenzin Gyatso è l’attuale XIV Dalai Lama. La

pace in cui per secoli gli studi buddhi-sti fi orirono fu infranta nel 1949 dalla ‘liberazione’ rappresentata dall’inva-sione della Cina comunista. Nei suc-cessivi dieci anni, si comprese quale fosse il suo vero volto. Più di un mi-lione e duecentomila tibetani venne-ro massacrati subito, altre centinaia di migliaia imboccarono la strada di un’agonia che dura ancor oggi. Dei diecimila monasteri che vi si trova-vano, ne sopravvivono malamente quarantacinque, e a decine di migliaia vennero rasi al suolo gli stupa (mo-numenti-reliquiari). Nel ’59, lo stesso Dalai Lama dovette fuggire, perché la sua vita era in pericolo, rifugiandosi in India, a Darhamsala, dove risiede e dove ha sede anche il Governo Tibe-tano in esilio. Lo seguirono decine di migliaia di tibetani – uomini del po-polo, studiosi, religiosi – che in parte si stabilirono lì e in parte si sparsero per il mondo.

La diasporaNella tragedia, questa diaspora ebbe degli effetti benefi ci per la diffusione del Buddhismo. Penetrato in ambien-ti in cui prima era quasi completa-mente sconosciuto, esso si diffuse ve-locemente, tanto che oggi si contano circa cinque milioni di buddhisti in America e più di un milione in Euro-pa, di cui più di cinquantamila in Ita-lia. Fu in quest’ambito che, nel 1976, il Maestro tibetano Lama Thubten Yesce fondò l’Istituto Lama Tzong Khapa(www.iltk.it), a Pomaia, ad una ventina di chilometri da Livorno, in

un vecchio castello del Cinquecento amorevolmente restaurato. Divenuto in breve uno dei più importanti centri buddhisti dell’Occidente, l’ILTK met-te in atto tutta una serie di interventi educativi attraverso insegnamenti ed attività integrate, che sono fi nalizzate ad aiutare la mente ed il cuore del-le persone e a sviluppare il loro più elevato potenziale di compassione e di saggezza per divenire testimoni di pace e di armonia.

Il centro di PomaiaNell’Istituto risiede stabilmente il Maestro Ghesce Tenzin Tenphel, ‘laureato’ in un’importante Università Monastica, assieme ad altri Lama e vari monaci e monache. Sotto la sua guida, l’ILTK promuove lo studio e la pratica del Buddhismo tibetano. Vengono organizzati corsi di fi losofi a e psicologia buddhista e ritiri di me-ditazione per praticanti avanzati e per principianti. In questi vent’anni, mi-gliaia di persone, e non solo italiani, sono passate per gli spazi sereni del-l’Istituto. Tutte hanno riportato a casa con sé la coscienza di un’esperienza assolutamente unica, molte hanno proseguito nel cammino di studio e liberazione offerto dal Buddhismo, alcune hanno scelto di dedicare al Dharma la loro esistenza, indossando l’abito monacale. Oltre che in dormi-tori nel corpo centrale dell’Istituto, gli ospiti vengono alloggiati in una serie di piccoli chalets di legno disposti a terrazze sulla collina, e prendono i pa-sti in comune.

Non è una ‘vacanza’, un soggiorno a Pomaia – o forse anche lo è: dipen-de dal punto di vista – né l’Istituto è un villaggio-vacanze. Intendiamoci: a livello umano, penso sia diffi cile trovare un luogo in cui i rapporti per-sonali siano permeati di una serenità maggiore di quella che troverete qui. Tutti – ospiti, monaci, Lama, volon-tari – sono profondamente gentili e disponibili con voi, e voi stessi in brevissimo tempo vi troverete a corri-spondere questo atteggiamento. Tut-tavia vi sono dei ‘Precetti’, a Pomaia, espressamente indicati dall’Istituto: non uccidere, per esempio, il che si-gnifi ca non togliere la vita ad alcun essere, per quanto insignifi cante o fa-stidioso possa apparire, per esempio una zanzara; non mentire (!); non far uso di sostanze inebrianti come alcool o droghe che alterino lo stato mentale. E delle ‘Norme’: non fumare; adottare un abbigliamento decoroso; non par-lare ad alta voce e ridurre i rumori al minimo (nel chiudere porte e fi nestre o nel salire le scale); rispettare il più ri-goroso silenzio dopo le 23.00. Nessu-no è incaricato di far rispettare queste regole: non vi sono vigilanti o sanzio-ni. Ma è perfi no commovente vedere come questi comportamenti vengano immediatamente e ‘naturalmente’ introiettati da tutti. Nessuno si sogna di accendere radio o altri strumenti musicali, ed è incredibile accorgersi che, appena scoccano le 23.00, an-che il lieve brusio delle conversazioni nei giardini cessa immediatamente; un silenzio ‘sacro’ scende sull’ampia

area dell’Istituto, e se vi svegliate pre-sto, nelle primissime ore dell’alba, vi faranno compagnia solo il vento che soffi a dal mare, e lo schioccare delle bandiere.

A vostro rischio e pericoloNon è nemmeno un parco a tema, l’ILTK. Le ruote di preghiera, le edico-le con statue di Buddha e di Venerabi-li Lama, gli stupa disseminati sotto gli alberi, non sono arredi folkloristici, i cui addetti vestono curiosi abiti gialli e rossi, ma testimonianze vive di una cultura antica, manifestazioni di una spiritualità profonda che si apre a noi. E’ la cosa più semplice del mondo, adattarsi a quelle regole. Del resto, illuminanti sono, a questo proposito, le parole di Lama Thubten Yesce: “Ci sono momenti in cui andiamo in va-canza e ci divertiamo, altri in cui è giu-sto che ci sia una disciplina. Nessuno obbliga le persone che non vogliono una disciplina a venire in questo cen-tro. Qui dobbiamo essere seri e con-sapevoli di quello che stiamo facendo. Siamo un Centro buddhista, e se non mantenessimo serietà e disciplina ciò sarebbe come ingannare chi viene qui. Il punto è che, impostando le cose in maniera troppo lassista, si distrug-ge l’energia della motivazione per cui si è qui. Se non vi è alcuna disciplina, tutta la situazione diventa motivo di distrazione, e se non si riesce a con-centrarsi, se non vi è integrazione, se non vi è comprensione, allora non si avrà nemmeno un risultato da quello che si fa”. Così scorrono i giorni, a Pomaia: insegnamenti, meditazioni, ancora insegnamenti, ancora meditazioni, i pasti, il sonno, il silenzio. E’ un tem-po sacro, è un tempo che rigenera, è un tempo che libera. Scegliete libera-mente cosa fare della vostra vita, ma sappiatelo: non si va ‘impunemente’ a Pomaia. . “Voi siete gli artefi ci della vostra condizione, passata, presente e futura. La felicità e la sofferenza dipendono dalla mente, dalla vostra interpretazione, non dipendono da-gli altri, da cause esteriori o da esseri superiori. Ogni problema e ogni sod-disfazione sono creati da voi, dalla vostra stessa mente”, Buddha Sak-yamuni.

cultura numero116 del13 settembre 2008 pag16

Una settimanacon Buddha

Cronaca di una settimana di non vacanza: un castello del Cinquecento, il silenzio

della natura, e gli insegnamentidi una religione che non è una religione

di Giuliano Corà

| Qui di fianco e sopra: alcuni momenti e luoghi nell’istituto buddhista vicino a Livorno

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movida numero116 del13 settembre 2008 pag18

ViPiùmovida

Aprite le orecchie, c’è l’Odb

E’ nata un’agenzia musicale(in gergo: booking) che propone gruppi

internazionali e non. Riservato agli amantidel rock meno commerciale

L’autunno è alle porte, ed è tempo di ritorni. Alcuni

sono graditi e confortanti, come le rassegne teatrali o cinema-tografi che che ricominciano a scandire il tempo libero di molti vicentini. Ma c’è una categoria di appassionati che, a fi ne esta-te, vede sfumare gran parte delle sue occasioni di intrattenimento: gli ascoltatori di buona musica. A Vicenza i locali che propongono concerti live sono pochi, e senza troppa fantasia nella programma-zione. Ma non bisogna arrender-si: a ben guardare anche da noi si scovano segnali di un’insperata vitalità. È il caso della Occasional Disaster Booking, neonata agen-zia musicale che, unica in città, ingaggia gruppi internazionali per offrirli, gratuitamen-te o quasi, all’ascolto dei vicentini più esi-genti. I due giovani che la gestiscono, Alberto Colpo e En-rico Belloni, sono infatti grandi fan, collezionisti e quindi intenditori di generi decisamente di nic-chia come l’hardco-re melodico, l’indie pop o il rock che va dallo speed all’alternative al punk. Il loro obiettivo, in parte già centrato, è quello di “funzionare come una vera booking agency, che contatta la band straniera e le organizza in via esclusiva un cer-

to numero di concerti in tutta Ita-lia” ci dice Alberto. Al momento, però, i due si dedicano per pas-sione all’organizzazione di serate live nei locali della zona, con l’in-tento dichiarato di far luce anche a Vicenza su proposte musicali

estranee agli abituali canali commerciali e favorire, così, lo svi-luppo di una cultura all’ascolto più aperta e variegata.

Grazie ad una rete di contatti con agenzie internazionali, la Odb è sempre informata

sulle date disponi-bili dei gruppi mu-sicali di suo inte-

resse, siano essi tedeschi, svedesi o statunitensi. E siccome conosce il bacino d’utenza vicentino, cerca di ritagliare su misura dell’evento – generalmente di dimensioni ri-dotte – la serata ideale in termini

di costi, pubblico, location e pro-mozione. I locali più ricettivi verso questo tipo di proposta si sono di-mostrati sin dall’inizio il Sartea, il Totem e lo Yourban (Thiene), oltre ad una serie di collaborazioni epi-sodiche con spazi come i Cantieri di Montecchio. Assieme a questi pionieri vicentini della sperimen-tazione musicale, l’Odb ha orga-nizzato più di venti serate tra mar-zo e luglio, e ne riserva altrettante per la stagione autunnale. Una su tutte, quella del 12 novembre al Sartea dedicata a Evilmrsod, can-tautore spagnolo di adozione ber-linese, che propone un rock-blues provocatorio, in polemica con lo stereotipo del rocker. Per chi se n’intende, quindi, e per chi è cu-rioso di scoprire nuove frontiere musicali, non è più indispensabile emigrare. Basta consultare il sito www.odbooking.it. Un’intelligente occasione per togliere un po’ di ra-gnatele dalle nostre orecchie…

Francesca Danda

| Gli Argetti, band proposta da Odb

sabato 13RICCI PASTICCIPiazza dei Signori, ore 21Rassegna “Ritorno a Vicenza” – concerto rock acusticoFree entry

sabato 13LE OFFICINE DEL SUONOEquobar – strada marosticana 350, ore 21Concerto spettacolo “I tempi stan cambiando: il ‘68”Free entry

sabato 13LE DOPPIE PUNTE + THE WANTED + VERTICALParrocchia Araceli – borgo Scroffa, ore 21Ararock Festival - concerto rock alternativo + concerto rock + concerto funkFree entry

sabato 13NATALINO BALASSO E MASSIMO CIRRI + CISCOVia Madre Teresa di Calcutta (Rettorgole), ore 21.30Festival No Dal Molin – happening comico/teatrale + concerto folk rockFree entry

domenica 14 KANIBar Da Lello -via Magellano 2 - ore 17Concerto fast&loud rock’n’rollFree entry

domenica 14TONINO CAROTONE + ARPIONIVia Madre Teresa di Calcutta (Rettorgole), ore 22.30Festival No Dal Molin – concerto folk-rock + concerto skaFree entry

mercoledì 17AUXES + THE RITUALSBar Sartea -corso Ss. Felice e Fortunato 362, ore 21Concerto indie rock dagli Usa + concerto punk rock da VeronaFree entry

venerdì 19MALEDUKPiazza dei Signori, ore 21Rassegna “Ritorno a Vicenza” – concerto folk celticoFree entry

venerdì 19THEE STP + BROKEN DOLLSSabotage Bar – viale dell’Industria 12, ore 21Concerto punk’n’hard’n’rollFree entry

venerdì 19BOMBSHELLS + DANGERFrenetica Rock Cafe - via Dante 91 (S.Valentino di Brendola), ore 22Rassegna “Rock No Limits” – concerto glam rock + concerto hard rockFree entry

Gli appuntamenti

Il nostro obiettivo? Diventare una vera agency che organizza tour

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Ci sono almeno due modi per rac-contare un genocidio, e la scelta

dell’uno o dell’altro dipende, credia-mo, dalla sua vicinanza storica al no-stro tempo. Il primo è quello scelto, per esempio, da Michael Mann per narrare del genocidio degli amerindi nordamericani, nel suo capolavoro L’ultimo dei Mohicani (USA, 1992). L’ormai lunga distanza nel tempo, se non ha diminuito di un grammo l’orrore di quell’episodio, ha permes-so però di far decantare il dolore, e consente al narratore di guardare con distacco al momento contin-gente, trasferendolo sul piano della storia da un lato, ma – che è quel che più conta, e che a noi soprattutto importa, a livello artistico – su quello del mito. L’Indiano di Mann è l’Eroe “bello di fama e di sventura”. Come per l’Ulisse foscoliano, non solo ci identifi chiamo in lui come Umanità, ma, conseguentemente, egli diventa punto di riferimento ideale e cultu-rale, e potente impulso interiore a modifi care il mondo. E sappiamo tutti benissimo come anche, se non soprattutto, le lotte di liberazione ab-biano bisogno di simboli.

Ma quando il genocidio è non solo vicino a noi, ma nostro contem-poraneo; quando la bistecca che abbiamo nel piatto è partita pochi giorni prima dalle terre in cui esso viene consumato; quando, mentre la mangiamo, ci basta accendere la TV per vederlo agire, allora ci rendiamo conto che non c’è spazio per tendere il braccio e pondera-re su quest’oggetto che abbiamo in mano. Lo spazio si annulla, di colpo, come lo schiocco di un elastico rilasciato. Tutto diven-ta vicino, sotto i nostri occhi, im-mediatamente vicino, l’elabo-razione nel mito diventa per sua stessa natura impossibile, rimane la realtà, di cui prendere atto. Perciò dunque, a questo si deve lo stile adottato da Bechis in questo suo interessantissimo fi lm, che sarebbe misero e riduttivo defi ni-re documentaristico, ma che non erroneamente potrebbe essere chiamato cronachistico. Il tempo è oggi, il luogo è qui, perché ‘il bel-lo della globalizzazione’ è proprio questo; quello di portarci i suoi orrori sotto gli occhi, così da ane-stetizzarci poco a poco le coscien-ze. Siamo nel Mato Grosso do Sul, uno Stato del Brasile. La foresta senza fi ne ha lasciato posto ad im-mense fazendas in cui si pratica la monocultura o l’allevamento di bestiame. Ridotta di dimensioni e quasi completamente spopolata della sua selvaggina stanziale, essa non offre più un habitat ideale

agli Indios Guarani-Kaiowà, che la abitavano da millenni. Quan-do gli Europei arrivarono in Sud America, i Guarani, che contavano circa un milione e mezzo di indi-vidui, furono uno dei primi popoli con cui entrarono in contatto, ini-ziandone subito lo sterminio. Nel 1600 i Gesuiti organizzarono delle missioni per rinchiu-dervi i superstiti, ma moltissimi rifi utaro-no di rinunciare alla loro cultura ance-strale. Oggi i Guarani sono poche decine di migliaia, distribuiti tra Paraguay, Brasi-le, Bolivia e Argenti-na. Molti di loro sono stati costretti nelle riserve, a vivere di elemosine statali, manodopera gior-naliera a bassissimo prezzo per i latifondisti e riserva di caccia per il mercato della prostituzione. Pa-radossalmente, sono proprio i gio-vani a non sopportare più questa vita, e numerosissimi sono quelli che si suicidano, o con un alcoli-smo sfrenato e impiccandosi agli alberi della foresta. E’ dopo l’enne-simo di questi suicidi che un capo-famiglia prende una decisione ‘fol-le’: tornare alla terra, alla foresta. Nella sua mente, secoli di storia si azzerano: non esistono più sco-perta dell’America, Colonialismo, Neocolonialismo, capitalismo,

proprietà. Lui e i suoi tornano alla loro ‘patria’ d’origine: abbandona-no le luride baracche di muratura in cui vivono, ammucchiano su un carretto un po’ di provviste e di attrezzi, e vanno ad accamparsi in mezzo ai campi, vicino al limite della foresta e al grande fi ume, da cui sono stati scacciati in passato

e dove abitano ancora i loro Dei. Oltrepassa-no le recinzioni, che improvvisamente ap-paiono prive di senso ai loro occhi, cacciano le vacche degli alleva-menti, che sono loro “nemiche”, come in-segna lo sciamano, ma che sono l’unica

selvaggina rimasta. Stanno lì e attendo-no, non si sa cosa. Forse che il mondo

miracolosamente ritorni a ruotare attorno al suo asse naturale, forse che qualcuno riscopra ancora il signifi cato della parola ‘giustizia’. Ma l’asse del mondo si è spostato, forse inesorabilmente, e la giusti-zia non ha mai abitato la terra. Il loro gesto è una bestemmia non comprensibile, da parte dei lati-fondisti, che dopo aver cercato di scacciarli in vari modi organizzano l’assassinio del loro leader. Scon-volto dal dolore, suo fi glio – for-se il futuro sciamano del gruppo – fugge nella foresta e s’infi la il cappio al collo per morire. Ma im-

provvisamente se lo toglie, in una scelta che è non solo di vita ma anche di lotta per i propri diritti. “Io ho vinto e tu hai perso” grida il ragazzo all’uomo bianco: vo-gliamo davvero sperare che abbia ragione. Scritto in collaborazione con Survival (www.survival.it) l’importantissima organizzazione internazionale che dal 1969 si bat-te per la difesa dei diritti e della cultura dei popoli tribali, il fi lm di Bechis è una chiara ed antiretorica denuncia delle lacrime e sangue su cui Modernità e Progresso hanno costruito i loro folli trionfi . Forse è anche un monito, nella misura in cui la nostra coscienza è ancora in grado di accoglierne. Ma c’è da du-bitarne. Si sono appena spente le luci sulle Olimpiadi di Pechino, e con esse quel minimo di attenzio-ne che l’Occidente si è degnato di concedere all’etnocidio e genoci-dio del popolo tibetano, che avvie-ne per altre mani ma nello stesso tempo e per gli stessi interessi di quello degli Indios sudamericani, a dimostrazione che, almeno nei suoi crimini, la globalizzazione è autenticamente ‘democratica’. Comunque, grazie a questo fi lm, a chi l’ha scritto e girato, a chi lo ha fi nanziato, e agli Indios Guarani-Kaiowà che vi hanno lavorato. A loro va il nostro rispetto, e l’augu-rio di una Terra felice.

La terra degli uomini rossiMarco Bechis, Italia, 2008

movida numero116 del13 settembre 2008 pag19

di Giuliano Corà

Un capofamiglia decide di lasciarela riserva in cui è costretto a vivere e tornare

nella foresta. Scatenando la vendetta dei latifondisti. Con un film su uno dei drammi dimenticati del mondo globalizzato, Marco

Bechis ha sfiorato la vittoria a Venezia

Almeno nei suoi crimini la globalizzazioneè davvero democratica

Jason King ha ventisei anni, è alto un metro e cinquantasette, e vive

a Cowdenbeath, un piccolo centro del Fife, popolosa regione della Sco-zia centro-orientale non lontana da Edimburgo. Dopo una brevissima esperienza come fantino, sopravvi-ve da disoccupato sognando da una parte un futuro da stella del sub-buteo e dall’altra le forme di Jenni Cahill. Costei è la fi glia di un ricco imprenditore della zona, pratica sal-tuariamente l’equitazione, ascolta

parecchio Marylin Manson e non dà grande peso alle attenzioni di Jason. Fino a quando un tragico incidente in moto e una testa mozzata chiusa in un armadio cambiano imprevedi-bilmente le carte in tavola…L’ultimo romanzo di Irvine Welsh, il popolare autore di “Trainspotting”, alterna momenti grotteschi ad altri sfacciatamente comici, e cerca a ogni pagina, o quasi, la provocazione al lettore benpensante. Ma l’amoralità dei personaggi è spesso di maniera e

il rilievo sociologico del ritratto non si discosta dagli stereotipi degli abi-tanti dei bassifondi. L’interesse del romanzo sta piuttosto nella struttu-ra narrativa (la vicenda è raccontata in prima persona, a voci alterne, da Jason e Jenni), e nella capacità dello scrittore di connotare in modo preci-so la voce di ciascuno. Così, se Jenni, al di là di qualche intemperanza ver-bale, appare una ragazza “normale”, Jason, con il suo scoppiettante turpi-loquio, si stacca dalla pagina, e forse

dalla realtà, per abitare uno “spazio letterario” a sé stante. A questo pro-posito, nei capitoli in cui è Jason a parlare, va pienamente considerato, assieme a Welsh, come co-autore del libro, il traduttore italiano Massimo Bocchiola che si è inventato per il personaggio un gergo quasi musicale

di notevole ingegno (che a tratti può ricordare il primissimo Tondelli) e che nel rendere il turpiloquio ha di-mostrato un’insospettabile fantasia.

Irvine Welsh,Una testa mozzata,

Guanda, 252 pp., € 15

Sul comodinoJason contro Jenni. L’ultimoWelsh provoca ma non convince

PopcornCon gli Indios Guaranì controogni genocidio

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sport numero116 del13 settembre 2008 pag20

“Mancano solo quattro anni alle Olimpiadi

di Londra. Ora quello è il mio obiettivo”. Nemmeno il tempo di metabolizzare quanto successo a Pechino (ottava nella specialità k4 500) che Alessandra Galiot-to - canoista nata ad Arzignano, 25 anni il prossimo 28 settembre – rilancia la sfida. Per certi versi non le è andato giù il piazzamen-to ottenuto in finale con le com-pagne Stefania Cicali, Fabiana Sgroi e Alice Fagioli. “Potevamo fare meglio – spiega Alessandra -; avevamo le qualità giuste per

arrivare almeno quinte. Se guar-diamo alla semifinale va bene an-che così; nell’occasione ci siamo classificate terze, ma abbiamo disputato una delle nostre peg-giori gare dal punto di vista tec-nico. Siamo andate in finale solo grazie alla forza di volontà. Poi abbiamo pagato anche un pizzico di inesperienza; con un po’ di fortuna e facendo la gara della vita potevamo anche salire sul podio. Ma va benissimo così. Quattro anni fa ero davanti alla televi-sione che guardavo i miei compagni ga-reggiare ad Atene. Quest’anno ero io la protagonista: e scusate se è poco”. Ad Alessandra Pechino le reste-rà nel cuore: “L’organizzazione era perfetta, la gente squisita. Un esempio? Quando ce ne sia-mo andate tutti i vari addetti alla logistica si sono messi a piange-

re. Davvero, ci hanno fatto tan-ta tenerezza. Gli impianti erano stratosferici; sarei curiosa di vedere se fra qualche tempo sa-ranno ancora in funzione. Anche il pubblico, locale e straniero, ha risposto alla grande. Che io sappia nessuna disciplina è ri-masta senza tifosi sugli spalti.

Non abbiamo girato la Cina, eravamo lì solo per allenarci e gareggiare. Tuttavia, l’impressione gene-rale è stata buona: è stata un’Olimpia-de perfetta”. Con qualche rimpianto però per la nostra Alessandra. Vero?

“Prima di atterrare a Villafranca di Ve-rona ero un po’ giù

– ammette la canoista -; pensavo e ripensavo alla nostra prestazio-ne in finale. Poi, quando ho visto mezzo Bardolino, il paese dove vivo, che mi aspettava all’aero-porto mi sono sentita molto me-

glio. Ho chiesto ai miei amici e parenti cosa ci facessero tutti lì; in fondo avevo conquistato solo l’ottava posizione. Ebbene, mi hanno risposto che aver parte-cipato all’Olimpiade era già una vittoria. In fondo hanno ragione loro. Adesso quando esco di casa devo tenere sempre in conto al-meno due ore prima di rientrare: tutti mi fermano, mi chiedo-no com’è andata. Fa parte del gioco, sono contentissima. Su skype si è fatta ad-dirittura risentire la mia migliore amica di quindici anni fa, quando ero ancora ragazzina ed abi-tavo ad Arzignano: mi ha fatto un pia-cere immenso”. Ad inizio settembre, tanto per non perdere l’abitudine, Ales-sandra ha conquistato due ori e due argenti ai campionati italiani di canoa velocità all’Idroscalo di

Milano. “Proprio una bella sod-disfazione”, sottolinea. E ora? “Stacco la spina fino a fine mese – risponde Alessandra -; ad otto-bre riprenderò la preparazione in vista dei Giochi del Mediter-raneo che si terranno a Pescara dal 26 giugno al 5 luglio 2009. Si tratta di un altro appuntamento

importante, voglio farmi trovare pron-ta. Poi, nel 2010 e 2011 punto ai cam-pionati Europei e ai Mondiali. E nel 2012 spero di prendere parte alle Olimpiadi di Londra. Avrò 29 anni e intanto mi sarò fatta la giusta

esperienza per por-tare a casa qualco-sa di importante”.

Cara Alessandra, per il momento goditi il meritato riposo che fra quindici giorni inizia il cammino verso l’Inghilterra. Quattro anni passano in un baleno. L’hai detto te, no?

La canoista di ArzignanoAlessandra Galiotto, dopo l’ottavo posto a Pechino nel k4500, rilancia

la sfidaper le prossime Olimpiadi

ViPiùsport

di Francesco Cavallaro

| Da sinistra Fabiana Sgroi, Alice Fagioli, la vicentina Alessandra Galiotto e Stefania Cicali

Siamo andate in finalesolo graziealla forzadi volontàe all’impegno

Rotta su

Londra

Ora staccola spinafino a fine mesePoi ad ottobreriprenderòla preparazione

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sport numero116 del13 settembre 2008 pag21

Dopo la prima amichevole con Milano giocata venerdì

la Minetti si prepara ad ospitare la Gold Cup, il prestigioso tor-neo giunto alla nona edizione e che come da tradizione porterà a Vicenza alcune delle più forti squadre al mondo, tra cui Dina-mo Mosca e Bergamo. Dal 19 al 21 settembre la crème de la crè-me del volley europeo si riunisce nella città dell’oro e del Palladio per una manifestazione che si preannuncia dal livello tecnico

elevatissimo. Una Champions League in formato ridotto. L’an-no è quello giusto anche per far parlare all’estero delle bellezze offerte dal territorio vicentino nel cinquecentenario della nasci-ta del grande architetto, cosa che pallavolo biancorossa è ormai abituata a fare: è dei giorni scorsi la visita dell’emittente giappone-se Fuji, accorsa per intervistare l’assistente di coach Fangareggi Kumi Nakada.Con la Vicenza Gold Cup lo spet-tacolo della pallavolo non arrive-rà però solo al PalaRewatt (dove del resto non c’è che da aspettare il 12 ottobre il fischio d’inizio del campionato più bello del piane-ta), ma anche in alcuni impianti di provincia. Venerdì 19 Pacca-gnella e compagne giocheranno infatti a Povolaro, grazie alla col-laborazione con l’Acs del presi-dente Veller, sabato 20 a Cavaz-zale. Domenica 21 si torna invece in via Goldoni per le finali. L’in-gresso è gratuito per gli abbonati Minetti di tutti i settori.

Campagna Abbonamentiverso quota 600Procede a gonfi e vele la Campagna Abbonamenti 2008/2009. Dopo l’ac-cordo con la Fipav provinciale il nu-mero delle tessere ha superato quota 520 e continua la processione al Pala-Rewatt di chi vuole approfi ttare dello speciale sconto del 33% sul prezzo in-tero, valido ancora per pochi giorni. Il precedente record di 277 unità è stato polverizzato in fretta, si veleggia verso quota 600 abbonamenti quando al campionato manca ancora più di un mese.C.a.m.a. Edil nuovo sponsor Intanto un’altra azienda berica è en-trata nel mondo Joy Volley: Cama Edil sarà co-sponsor di denominazio-ne della squadra biancorossa di B2, la Novello Cama Edil Vicenza. L’accordo siglato nei giorni scorsi prevede anche che il marchio della società di costru-zioni della famiglia Cascella compari-rà sulle maglie di serie A1. La struttu-ra societaria è stata inoltre rinforzata con l’ingresso dell’imprenditore Luca Piras (Ecolux), che ha sottoscritto quote dell’aumento di capitale.

VolleyVicenza attende la Gold CupIn arrivo le grandi d’Europa

| La Minetti Vicenza

Sport Palladio,15 annie non sentirli

Cade sabato 13 settembre il 15° compleanno del Centro

Sport Palladio, il rinomato cen-tro sportivo polifunzionale di Vicenza. Per ringraziare i propri affezionati clienti e far conoscere la struttura a quelli nuovi è stata organizzata una grande festa: dal-le 14.30 lo staff del Centro sarà a disposizione per far provare gra-tuitamente attività sportive quali fi tness, nuoto libero, acquagym, corpo libero e spinning o segui-re brevi dimostrazioni di attività quali danza, ballo caraibico e arti marziali. Ad allietare gli ospiti per tutto il pomeriggio è prevista musica dal vivo, il buffet del nuo-vo ristorante con degustazione di vini e per i più piccoli saranno a disposizione giochi gonfi abili, un fantastico giocoliere e animazio-ne in acqua. In estetica è previsto uno sconto del 50% sui solarium e sarà possibile assistere a di-mostrazioni gratuite di trucco, massaggio e gel unghie. La festa terminerà alle 18.30 con il ritua-le taglio di una grande torta alla presenza dello staff del Centro ed ospiti a sorpresa.

Una Champions League in formato ridotto. Dal 19 al 21 settembre

al PalaRewatt e in alcuni campi della provincia si affrontano alcune delle

squadre più forti del continente come Dinamo Mosca e Bergamo

di Paolo Mutterle

CalcioTutti in riga, per piacereNegli ultimi anni Sky ci ha abi-

tuati a campagne pubblicita-rie gradevoli e divertenti. Lo spot più effi cace però è la “biglietteria” (?) dello stadio Romeo Menti, un baracchino dove acquistare il ta-gliando è un’esperienza ai limiti dell’umano. Una situazione dovuta alle conseguenze del decreto Pisanu ma anche all’insuffi ciente organiz-zazione, che pare studiata ad arte per convincere i tifosi a seguire le partite in salotto anziché dal vivo. I fatti. Lunedì 8 settembre, esordio in casa dei biancorossi. Il posticipo serale di Serie B propone la partita tra Vicenza ed Empoli. Chi non si è abbonato e non ha acquistato il biglietto in prevendita deve passa-re obbligatoriamente dall’ormai fa-moso container di via Bassano, nel parcheggio adiacente al ristorante “La Conchiglia d’oro”. Alle ore 20, tre quarti d’ora prima del fi schio d’inizio, la fi la raggiunge la strada. La gente continua ad arrivare e in molti pensano bene di aggirare la colonna formatasi e di avvicinarsi al varco nei pressi della bigliette-ria. Nessuno controlla la fi la, ep-pure basterebbero due transenne o delle corsie come all’aeroporto. Dopo pochi minuti il container è praticamente accerchiato e sull’an-gusto accesso si crea una pressione che un povero steward di mezza età non riesce a regolare. Una mamma col passeggino cerca di fare marcia indietro, in molti si defi lano in cer-ca di un bar per guardarsi la partita. Altri ci rinunciano defi nitivamente. “Papà, perché non ci fanno entra-re?” sillaba un bimbo singhioz-zando, sommerso dalla folla. Chi resiste deve sopportare un tripudio di ascelle pezzate e di bestemmie. Arriva uno spallone delle Pantere e gli animi dei più esagitati si pla-cano. Per i più scaltri nell’assedio al botteghino la fi la si ripeterà poi al pre-fi ltraggio e ai tornelli; gli al-tri entreranno comunque a match ampiamente iniziato.Alcune considerazioni. Le società di calcio sono le prime a subire le conseguenze dei vari decreti (a vol-te demenziali come il divieto di stri-scioni e tamburi) fi rmati sull’onda emotiva delle violenze di piazze ben più turbolente rispetto alla

| Lo stadio Menti

tranquilla Vicenza. Anche gli spet-tatori occasionali meritano però rispetto; i problemi con la bigliette-ria mobile di via Bassano erano già emersi nella passata stagione e per ora, anche se siamo solo alla prima giornata, nessuno ha fatto niente per risolverli.

P.M.

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dalla parte del torto numero116 del13 settembre 2008 pag22

I tafferugli di sabato 6 settembre avvenuti davanti ai cancelli del-

l’aeroporto Dal Molin, con le forze dell’ordine a caricare i No Base che opponevano resistenza passiva, sono solo un assaggio dell’escala-tion cui potremmo assistere nel prossimo futuro. Non ce lo augu-riamo, naturalmente, ma tutto pre-dispone perché il confronto politi-co assuma il triste linguaggio della violenza di piazza.

Strategia romanaI fatti sono lì a dimostrarlo. Alla vigilia del festival No Dal Molin il ministro degli interni, il leghi-sta Bobo Maroni, ha voluto puntualizzare che la vigilanza della polizia sarebbe stata rigorosa. E puntual-mente il questore Gio-vanni Sarlo ha obbe-dito, usando la mano pesante per un abuso edilizio (la torretta “a guardia” del cantiere che i manifestanti volevano rende-re fi ssa) per cui bastava una sem-plice identifi cazione. Quello stesso giorno, poi, esce la notizia di una lettera al primo cittadino Variati in cui il premier Berlusconi scon-siglia vivamente la consultazione del 5 ottobre, dato che il governo non ha nessuna intenzione di ven-dere l’area demaniale. Un chiaro messaggio al fronte contrario alla Ederle bis capitanato dal sindaco Pd: se userà lo pseudo-referendum come grimaldello per ostacolare la costruzione della base americana, sappia che non avrà alcuno spazio. Se non quello, appunto, delle bar-ricate. Il disegno dei palazzi romani punta a far passare la questione Dal Mo-lin dal piano della politica a quello dell’ordine pubblico. Riducendo via via i margini di manovra del-l’amministrazione berica e dei suoi alleati del Presidio addossando loro la responsabilità di un crescente cli-ma di tensione e di contrapposizio-ne fi sica. Altrimenti che bisogno ci sarebbe stato di usare i manganelli per sanare sul posto un abuso di evidente stampo politico? Il prezzo da pagare per protestare dovevano

essere per forza trenta feriti? Suv-via, qui nessuno è nato ieri. Si capi-sce benissimo che a Roma si inten-de criminalizzare i No Dal Molin come fossero teppisti attentatori alla famigerata sicurezza. A questo punto ci aspettiamo che Maroni or-

dini anche il ricorso ai soldati, onde evitare di farli annoiare inse-guendo spacciatori e borseggiatori.

L’ultimo ridottoOra, immaginiamo che dalla consulta-zione variatiana esca un rifi uto della base.

Rebus sul numero dei votanti a parte, il Presidio farà del

voto un muro dietro il quale trince-rarsi come irriducibili giapponesi al grido di no pasaràn. L’entrata dell’aeroporto si trasformerà in una specie di ultimo ridotto della

resistenza. Voleranno altri pugni, calci e manganellate. A dar man-forte ai presidianti arriveranno a Vicenza i disobbedienti, i pacifi sti e i No-a-qualcosa di mezza Italia. Il centrodestra al governo avrà buon gioco a etichettare la protesta come una disperata lotta dei soliti facino-rosi comunisti, riattizzando il pre-giudizio contro l’antiamericanismo di estrema sinistra. L’opposizione parlamentare, cioè il Pd, darà un buffetto sulla guancia a Berlusconi condannando la condotta disin-volta della polizia, ma prenderà le distanze dai resistenti. Variati inizialmente sarà messo all’ango-lo, ricoperto di attacchi per essere diventato il padrino politico dei “sovversivi”. Ma lui stesso si guar-derà bene dal sostenerli, ferman-dosi sul Rubicone del referendum. Di fatto, abbandonando il campo di battaglia. Ecco che allora il questo-re Sarlo, uno che non ama l’appea-sement come il predecessore Dario

Rotondi, potrà gestire l’accerchia-mento degli ultimi ribelli solo ed esclusivamente come un problema di legalità. E Palazzo Chigi avrà po-liticamente vinto.

Invasione meritataChi crede di poter as-sistere a un altro fi lm è un illuso. Perché la trincea del No po-trà mantenersi salda fi no a quando verrà alimentata da forze esterne, non vicentine (i “compagni” venuti da fuori): un supporto che non sarà eterno. E fi no al momento in cui i media si stu-feranno di registrare l’ormai stantìa contrarietà di pochi reduci che non vorranno arrendersi all’inizio del lavori. Lo scenario No Tav - una marea di uomini, donne, anziani, ragazzi, bambini, pratica-

mente l’intera valle con alla testa sindaci senza remore a sfi dare la repressione dall’alto – non è fattibi-le a Vicenza. Perché dietro i No Dal Molin non c’è l’intera città. E perché i vicentini non sono i valsusini, mon-tanari dalla pelle dura coi cromoso-

mi partigiani. Spiace ammetterlo, ma noi abbiamo perso la ra-gionevole speranza di non vedere riempito di cemento e truppe statunitensi un pezzo di Vicenza (e d’Italia) che a tutto avremmo voluto sacrifi care tran-ne che alle guerre Usa.

Noi non siamo pacifi -sti né ce l’abbiamo col popolo americano.

Abbiamo a cuore solo che i vicentini possano decidere del loro futuro sen-za rendere conto ai diktat piovuti da Washington e dai servitor cortesi che governano a Roma. Ma la realtà va giudicata per quello che è, e la real-tà dice che i nostri concittadini sono fatti di una pasta poco sensibile al richiamo della dignità, della sovrani-tà e dell’amor proprio. Preferiscono stare attaccati alle comode illusio-ni su indotti inesistenti, americani salvatori e no-global perdigiorno. E dunque, ebbene sì, l’oltraggio di un’occupazione militare straniera con tanto di beneplacito governativo se la meritano.

Mourir pour….?Smidollame vicentino a parte, quel che fa male è che all’orizzonte si profi la una radicalizzazione dello scontro che toglierà voce alle opi-nioni e agli argomenti per darla in toto agli insulti e alle botte. Morire per Danzica?, si chiedevano i fran-cesi prima che Hitler invadesse la Polonia nel 1939. Morire per il Dal Molin?, ci chiediamo noi. Dubitia-mo fortemente che la stragrande maggioranza dei vicentini risponda con un sì.

| A destra, il ministro Maroni; sotto, proteste contro la Base Usa

Gli ordini di Maroni sono chiari:essere “rigorosi”

A questo punto,i vicentini la base se la meritano

di Alessio Mannino

Morire per il Dal Molin?

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I recenti scontri davanti all’aeroporto prefigurano un futuro macchiato

di sangue. Il piano del governo Berlusconi sembra essere quello

di radicalizzare il climaper isolare i No Base.

Ma la resistenza non durerà a oltranza

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botta&risposta numero116 del13 settembre 2008 pag23

Il tratto principaledel mio caratterePartiamo dal mio nome, Carlo, e cioè “Uomo Libero”. Non ho molto altro da aggiungere...

La qualità che preferiscoin un uomoIntelligenza.

La qualità che preferiscoin una donnaIntelligenza.

Quel che apprezzo di piùnei miei amiciLa loro incredibile capacità di sop-portarmi...

Il mio principale difettoLa scarsa diplomazia e durezza nel-l’affermare ciò che penso anteponen-do il mio ego alla sensibilità del mio interlocutore.

La mia occupazione preferitaTutto ciò che faccio altrimenti non lo farei.

Il mio sogno di felicità Essere libero nel cercare la libertà.

Quale sarebbe, per me,la più grande disgrazia Essere ricattabile.

Quel che vorrei essereNé più nemmeno né meno quello che sono... forse a volte vorrei esse-re la cassa di un pianoforte suonato da Pollini ed amplifi care un qualsiasi Notturno di Chopin. Che vibrazioni.

Il paese dove vorrei vivereIl fato mi ha assegnato all’Italia e quindi sono fi ero di essere qui con voi.

Il piatto a cuinon so rinunciareQualsiasi tipo di insalata.

I miei libri della vitaQualsiasi scritto di meccanica quan-tistica ed il Candido di Voltaire.

I miei poeti preferitiQualsiasi decadente... come me.

I musicisti che mi piaccionodi piùIl Ludovico (VAN) ed il Federico (CHOPIN). Non vado oltre per non tediare nessuno.

I miei pittori preferitiLa perfezione di Gustav Klimt, il colore (anche se sono daltonico) di qualsiasi impressionista, lo spettrale essere di Egon Schiele, la genialità di Henri Matisse ed il concetto di Wasi-lij Kandinskij

I miei fi lm preferitiArancia meccanica, Continuavano a chiamarlo Trinità, American Har-

dcore. Non vado oltre per non tedia-re nessuno.

Quel che detesto più di tuttoQualsiasi fi lm impegnato che vorreb-be impegnarti ma che in verità è solo una bastonata nelle palle... che ne so, vediamo di fare un esempio... ok ci sono The Hours... oppure Va dove ti porta il cuore... e via rompendo...

Il personaggio storicopiù ammiratoFrançois-Marie Arouet, più noto con lo pseudonimo di Voltaire.

Il dono di naturache vorrei avereEntrare nella mente delle persone e volare!

Come vorrei morireCome Voltaire... a voi scoprirlo!

Stato attuale del mio animoIn perenne tempesta.

Il mio prossimo impegnonella vitaNe ho talmente tanti ma uno preme su tutti, la prossima estate farmi NY - San Francisco in Harley (nonostante io sia un convinto vespista).

Il mio credo politico o idealeVivi e lascia vivere altrimenti... sò cazzi tuoi!

Cosa mi piace e cosa non mi piace di VicenzaMi piace la sua dimensione, ma non so ancora per quanto, vedi ad esem-pio lo scempio Dal Molin ed il pe-renne disordine urbanistico. Non mi piace il suo falso perbenismo.

Cosa mi piace e cosa non mi piace dei vicentini La loro incontrollabile pazzia. È diffi -cile che accada, ma se si incazzano... sò cazzi! Il loro falso perbenismo ed il voler essere quello che non sono rin-negando la loro radici contadine.

Le colpe che mi ispiranomaggiore indulgenzaOgni colpa ha la sua storia ed il suo perché, non è facile indulgere su un qualcosa a scatola chiusa; di certo i “disonesti” escono a prescindere dal-l’indulgenza.

Il mio mottoSono nel complesso 3...1° “Tutto quello che ho imparato da-gli altri mi ha dato noia. Posso dun-que dire che nessuno mi ha insegna-to niente. È vero so così poco. Ma io preferisco questo poco che è mio...” (Paul Gauguin)

2° “Io seguo il gregge... ma sono il lupo”.

3° I don’t worry about it o se meglio preferite I don’t care! Fuck off!!!

BuffaDj nome e cognome

Carlo Emiliano Buffarinietà

10/05/1969luogo di nascita

concepito a Roma ma nato a Vicenzatitolo di studio

Laurea in Chimica Industrialeprofessione

consulente nel settore impiantisticocon specializzazione in atmosfere

esplosive e in igiene industrialesegni particolari

ingestibile

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hanno detto

Mediobanca… è un monumento vivente al confl itto d’interessi e non solo per la presenza nel suo azionariato di Unicre-dit. Oltre a esercitare il credito, l’istituto di piazzetta Cuccia è anche una holding che detiene partecipazioni rilevanti in molte primarie imprese: Generali, Rizzoli-Corriere della Sera, Telecom e così via. (…) Ai tempi di Enrico Cuccia, questo imbrogliato viluppo di affari era defi nito con enfatica condiscendenza come il “salotto buono” della fi nanza italiana, nel senso più prosaico di stanza di compensazione degli scontri interni e riservati del capitalismo domestico. Co-sicchè il confi ne fra la nozione di salotto buono e quella di cupola di potere era e rimane assai sottile.

Massimo RivaL’Espresso

5 settembre 2008

Ecco… la surreale idea di introdurre in Veneto la religione cattolica come materia obbligatoria. Ipotesi sugge-stiva, peccato che non rientri tra le competenze di una Regione decidere le materie d’insegnamento scolasti-co. (…) L’assessore Donazzan ha re-centemente ricordato “che quando fu nominata assessore all’Istruzione non dormì per due mesi perché lei sapeva soprattutto di caccia e di agricoltura”. I casi sono due: o si sveglia o, forse, è meglio torni ad occuparsi di grano e patate.

Roberto PapettiIl Gazzettino

6 settembre 2008

Il governo è in confusione, con un mi-nistro della Giustizia che vuole mettere i criminali in libertà, e un altro ministro che invece vuole mettere in galera pro-stitute e clienti.

Pia Covre(Comitato diritti prostitute)

Quotidiani Epolis10 settembre 2008

in questo numeroCaro-alimentari, scontrini salati anche all’ingrosso [pag3] Referendum Dal Molin, derby appassionante. Ma inutile [pag7] Bellieni, il “costoso” ambasciatore del Veneto [pag8] Piante in estinzione, la battaglia contro il cemento [pag9] Vicenza ieri ed oggi, un libro racconta gli ipocriti anni ‘50 [pag15] Code infinite al Menti, l’odissea dei tifosi biancorossi [pag21]