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Direttore responsabile Luca Matteazzi n° 125 15 novembre 2008 euro 0,50 Fatti, personaggi e vita vicentina Giovani, la svolta a destra Estrema pag 9 Tribunale, il sospetto: favore ai privati? pag 3 Scioperi e amori, la tradizione dei canti popolari pag 19 CREMAZIONI SERVIZIO 24 ORE SU 24 GIORNO E NOTTE Servizio di recupero e spostamento salme dal luogo del decesso all’ospedale gratuito VICENZA borgo Scroffa, 45/47 - ARCUGNANO (VI) - piazza Rumor, 17 Abitazione e notturno: 0444 531404 - Cell.: 337487461 - 3476481548 www.servizifunebririzzato.com - e-mail: [email protected] Azienda convenzionata con il comune di Vicenza per trasporti e servizi funebri CONSULTATECI PER PREVENTIVI E CONSULENZE 0444 302 829 Ciàcole Demopoltronari S e la Dc è morta da un pezzo, i de- mocristiani si moltiplicano come conigli. Non si sa più come contener- li, questi inseminatori di partitini ar- tificiali. Generano versioni lillipuzia- ne della Balena Bianca a tutto spiano: c’è la Dc di Pizza, la Dc per le Autono- mie di Rotondi (riuscito a ritagliarsi un posticino di ministro), i Cattolici Liberali di Giovanardi, il Movimento Veneto per il Ppe di Carollo, perfino una Rifondazione Dc (di Publio Fiori e qualche amico suo). Senza dimen- ticare l’Udeur di Mastella e l’Udc di Casini, naturalmente. Dalle nostre parti, Mauro Fabris e Francesco Piccolo hanno fondato l’imprescindibile Movimento Popo- lare Veneto con ex mastelliani ed ex casiniani orfani della munifica pro- tezione di Silvio. Piccolo, consigliere regionale ex Udc, con ammirevole noncuranza per il proprio cognome ha spiegato che il nuovo movimento è nato a causa della “posizione infe- conda” scelta da Casini. Ebbene sì, fuori dall’alleanza con Berlusconi, Fini e Bossi non si tromba: si viene trombati. Fabris, ex braccio destro di Mastella conquistato dal Pdl così sexy, ha presentato così la sua crea- tura: «Alle elezioni comunali dell’an- no prossimo possiamo traghettare formazioni che non hanno in passa- to cercato l’ingresso in An o in For- za Italia, ma si sentono attratte dal Pdl». Quali siano queste misteriose formazioni, difficile capirlo. Fabris ha sottolineato che la missio- ne sarà quella di portare “un di più” di sensibilità cattolica nel partito unico berlusconiano. Quanti centi- metri di cattolicesimo mancano a quei poveretti di An e Forza Italia? Le europee sono vicine. I demopol- tronari, amanti esperti del cambio di posizione, sono pronti. Basta una poltrona. euro 0 50 Studenti assenti I ragazzi vicentini protestano poco contro il decreto Gelmini Indifferenza e scarsa coscienza politica? Sì. E conformismo

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Direttore responsabile Luca Matteazzi

n° 12515 novembre 2008

euro 0,50

Fatti, personaggi e vita vicentina

Giovani,la svolta a destraEstremapag9

Tribunale,il sospetto:favore ai privati?pag3

Scioperi e amori,la tradizionedei canti popolaripag19

CREMAZIONI

SERVIZIO 24 ORE SU 24 GIORNO E NOTTE

Servizio di recupero e spostamento salme dal luogo del decesso all’ospedale gratuitoVICENZA borgo Scroffa, 45/47 - ARCUGNANO (VI) - piazza Rumor, 17

Abitazione e notturno: 0444 531404 - Cell.: 337487461 - 3476481548www.servizifunebririzzato.com - e-mail: [email protected]

Azienda convenzionata con il comune di Vicenza per trasporti e servizi funebriCONSULTATECI PER PREVENTIVI E CONSULENZE

0444 302 829

CiàcoleDemopoltronariSe la Dc è morta da un pezzo, i de-

mocristiani si moltiplicano come conigli. Non si sa più come contener-li, questi inseminatori di partitini ar-tifi ciali. Generano versioni lillipuzia-ne della Balena Bianca a tutto spiano: c’è la Dc di Pizza, la Dc per le Autono-mie di Rotondi (riuscito a ritagliarsi un posticino di ministro), i Cattolici Liberali di Giovanardi, il Movimento Veneto per il Ppe di Carollo, perfi no una Rifondazione Dc (di Publio Fiori e qualche amico suo). Senza dimen-ticare l’Udeur di Mastella e l’Udc di Casini, naturalmente. Dalle nostre parti, Mauro Fabris e

Francesco Piccolo hanno fondato l’imprescindibile Movimento Popo-lare Veneto con ex mastelliani ed ex casiniani orfani della munifi ca pro-tezione di Silvio. Piccolo, consigliere regionale ex Udc, con ammirevole noncuranza per il proprio cognome ha spiegato che il nuovo movimento è nato a causa della “posizione infe-conda” scelta da Casini. Ebbene sì, fuori dall’alleanza con Berlusconi, Fini e Bossi non si tromba: si viene trombati. Fabris, ex braccio destro di Mastella conquistato dal Pdl così sexy, ha presentato così la sua crea-tura: «Alle elezioni comunali dell’an-

no prossimo possiamo traghettare formazioni che non hanno in passa-to cercato l’ingresso in An o in For-za Italia, ma si sentono attratte dal Pdl». Quali siano queste misteriose formazioni, diffi cile capirlo. Fabris ha sottolineato che la missio-ne sarà quella di portare “un di più” di sensibilità cattolica nel partito unico berlusconiano. Quanti centi-metri di cattolicesimo mancano a quei poveretti di An e Forza Italia? Le europee sono vicine. I demopol-tronari, amanti esperti del cambio di posizione, sono pronti. Basta una poltrona.

euro 0 50

Studenti assentiI ragazzi vicentini protestano poco contro il decreto GelminiIndifferenza e scarsa coscienza politica? Sì. E conformismo

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editoriali numero125 del15 novembre 2008 pag2

Prima la pentola a pressione imbottita di bombolette di

gas, adesso la lettera di minacce al sindaco Variati. Al di là del-la dovuta e scontata condanna di qualsiasi gesto violento e in-timidatorio, viene davvero da chiedersi costa sta succedendo a Vicenza. Non vedo in giro la tensione di cui parlano molti: mi sembra, anzi, che finora il confronto tra le diverse posizio-ni in campo si sia sempre svolto in modi sostanzialmente cor-retti. Adesso si stanno moltipli-cando avvertimenti inquietanti, inquietanti soprattutto perché non si capisce dove vadano a pa-rare. La “bomba” alla Popolare

è stata subito etichettata come attentato politico, escluden-do forse con troppa fretta che potesse essere l’opera di uno squilibrato. O di qualcuno che ce l’aveva semplicemente con le banche. Con la lettera a Variati ci si sta muovendo con più pru-denza. Speriamo che si riesca a chiarire presto la situazione. Più che altro per toglierci dalla testa il sospetto che ci sia qualcuno che, guarda caso proprio prima dell’inizio dei lavori, abbia l’in-teresse a far salire la tensione. Intanto, la società Aeroporti si avvia verso la liquidazione. Soluzione inevitabile, visto il pesante indebitamento e vista

la totale assenza di prospettive di sviluppo. Resta il rammarico per una occasione persa: non sono tra quelli che sostengono che a Vicenza un aeroporto non serve, anzi. Soprattutto per una città che per la sua stessa posi-zione geografica è confinata ai margini delle grandi vie di co-municazione, l’aeroporto poteva essere una carta importante da giocare. Più utile e a portata di mano, probabilmente, della tan-to discussa linea ferroviaria ad alta capacità; di sicuro meno co-stosa e meno impattante per la città. Centri come Treviso o For-lì hanno scali che funzionano e muovono centinaia di migliaia

di persone. Perché non Vicenza, che ad ogni occasione si vanta di essere una delle province più ric-che e produttive del paese? Pur-troppo i primi a non crederci sono stati proprio i vicentini, che han-no gestito l’aeroporto con scarsa lungimiranza (tanto per usare un eufemismo) ben prima che arri-vassero gli americani. E che non ci hanno messo gli investimenti e le risorse di cui aveva bisogno. Così il Dal Molin chiude, pro-babilmente per sempre: perché l’idea della rototraslazione della pista, e soprattutto l’idea di uno scalo civile funzionante a due pas-si dalla base americana, suonano un po’ troppo fantasiose.

Sempre in tema di infrastrut-ture, infine, sembra sbloccar-si la situazione di stallo che da decenni bloccava la realizzazio-ne della bretella tra Ponte Alto e Costabissara. La tangenziale ovest, se effettivamente andrà in porto, potrebbe finalmente sgravare una parte della città dal traffico pesante. Ci piace-rebbe che il Comune pensasse a qualche misura per evitare che attorno alla nuova strada fiori-scano, come sempre, nuove zone residenziali e produttive. Nuove strade possono servire; nuovi capannoni e nuove villette mol-to meno.

L. M.

LettereIl caso CreazzoI rischi delle censureScrivo al vostro magazine per se-

gnalare quanto segue. Il rapporto fra trasparenza e pubblica ammini-strazione è spesso confl ittuale: dico una banalità, lo so. Credo però che ultimamente la situazione stia ulte-riormente peggiorando e la cosa non fa sperare bene per il futuro. I segna-li si scorgono qua e là nel Paese, ma credo che in questi giorni Vicenza abbia segnato un record nazionale. Mi riferisco al nuovo regolamento del consiglio comunale di Creazzo in materia di partecipazione alle sedute da parte del pubblico (l’intero docu-mento è consultabile sul mio blog: www.lasberla.net). L’aula, su indica-zione della giunta, ha stabilito che i cittadini non potranno effettuare ri-prese durante le sedute a meno che non siano iscritti ad uno speciale albo tenuto dalla stessa amministrazione. Albo che schederà gli “addetti-auto-rizzati” alla ripresa nonché le moda-lità e le fi nalità (?!) di quest’ultima. Di più, il sindaco si arroga di tenere per sé copia del supporto dei fi lmati per tre giorni, durante i quali potrà operare tagli e cesure. Durante i tre giorni appena menzionati, inoltre, il sindaco sempre nella sua veste di presidente del consiglio municipale, potrà decidere di negare il permesso di mandare in onda il materiale re-gistrato. Il regolamento, fra le altre, concede una deroga speciale agli operatori della informazione, cosa che lede il principio dell’uguaglianza dei cit-tadini davanti alle istituzioni. Ma anche in questo caso c’è un ma; la dispensa è da applicarsi alle «sole trasmissioni esempio telegiornali che garantiscono il diritto all’infor-mazione». In pratica sembra di capi-re, perché l’uso della lingua italiana è scadente, che ad entrare in aula per le riprese saranno autorizzati solo gli operatori video di telegiornali e

simili che garantiscono il diritto al-l’informazione. Ma chi determina questo criterio? Poiché il regolamen-to parla di trasmissioni, il cronista di un quotidiano, di un settimanale o di altro periodico che vogliano fare ri-prese a supporto del loro lavoro, non potranno farlo. Ugualmente saranno esclusi i titolari di testate on-line. Di fatto oltre a sancire un diverso trat-tamento tra cittadini e operatori del-l’informazione (confi ne assai labile peraltro, perché come si può catalo-gare il lavoro di uno storico che si in-teressa a Creazzo?) si sancisce anche un trattamento impari tra giornalisti e giornalisti.È chiaro a questo punto l’intento del-la giunta di Creazzo di stendere un cordone sanitario attorno al proprio operato. Perché? In più il sindaco, oltre che presidente del consiglio, diviene anche regista addetto ad eventuali “taglia e cuci” sul mate-riale audiovisivo dei cittadini. Se a tutto questo si aggiunge il divieto di riprendere le assemblee che hanno per oggetto atti comunali che riguar-dano enti religiosi o terzi con prece-denti giudiziari il cerchio si chiude e la frittata è servita. Non entro poi nel merito del buro-cratese adoperato nella delibera vo-tata il 29 ottobre scorso. Spero che non si sottovaluti quanto accaduto in questo frangente. Creazzo e le sue miserie umane sono certo ai margi-ni dell’impero. Se però le autorità e cittadini non intervengono si creerà un pericolosissimo precedente. Il prossimo passo sarà la schedatura di chi entra in consiglio. Poi le au-torità selezioneranno il pubblico; poi selezioneranno i giornalisti. Poi delibereranno tutto ciò che voglio-no senza un minimo di controllo. È l’anticamera di un regime rozzo e autoritario.

Marco Milioni

Intimidazioni, aeroporti e tangenziali

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In questi giorni è scattato l’al-larme nuovo tribunale. Il pre-

sidente degli avvocati di Vicenza, Lucio Zarantonello, ha messo in guardia dal rischio di ritrovarsi con un palazzo di giustizia a fine 2009 ultimato ma impossibile da utilizzare. Mancano le vie d’ac-cesso, i parcheggi e i servizi che secondo la convenzione stipulata fra Comune e privati nel 2005 spetta a questi ultimi costruire (le cosiddette “opere di urbaniz-zazione” in cambio dell’appalto). Un grido di dolore prontamente recepito dall’amministrazione Variati, che in un recente vertice tecnico ha ascoltato la propoa-Sviluppo Cotorossi, costituita in gran parte dal gruppo Maltauro e dalla Codelfa di Tortona (gruppo Gavio). Obbiettivo: velocizzare i tempi.

Area privataIn sintesi, i privati suggeriscono una serie di modifiche alla via-bilità e alla distribuzione di par-cheggi del Piruea ex Cotorossi: una grande curva che collega il Menti alla Riviera Berica, spo-stando il parking al di là di via Stadio nella parte prevista per la zona residenziale sul Bacchi-glione; e una nuova area di sosta

vicina al ponte fra via Stadio e tribunale, posizionando a sud la rotatoria in progetto all’incrocio con via Zanecchin e cambiando collocazione allo sbocco di via Martiri delle Foibe. Mettendo da parte il generico rimando ai nuovi propositi del-l’architetto Goncalo Byrne per rivedere l’impatto sul paesaggio, desta un certo sospetto l’inten-zione di bypassare i tempi lunghi del nuovo piano regolatore (Pat). Così da ottenere una varian-te sulla superficie che i privati vogliono far fruttare tramite le destinazioni d’uso c o m m e r c i a l e - d i -rezionale-residen-ziale. Si tratta di un’area di quasi 48 mila metri quadrati ai due lati del Bac-chiglione suddivisa in 14 mila di com-merciale (negozi), 12 mila di direzio-nale (uffici), 2 mila di esercizi pubblici e 19 mila di resi-denziale (abitazioni). Di mettere mano alle destinazioni d’uso e alle volumetrie non se ne par-la: significherebbe dover rifare il piano finendo nell’imbuto del Pat. Per evitare ciò, Maltauro&Co pensano a ridisegnare la dislo-cazione degli edifici. Insomma, spostarne il puzzle in modo da far approvare con una semplice votazione in consiglio comunale la variante, e poi partire coi lavo-ri. Tutto liscio? Non proprio. Lo sconto

Adottando questa scorciatoia, infat-ti, viene qualche dubbio sulle opere di urbanizzazione che il privato deve (ripetiamo: deve) girare al pubblico. Una cosetta da 20 milioni di euro circa, secondo il rapporto stabilito nell’accordo del 2005. Un accordo che prevedeva che tali infrastruttu-re a carico dei privati venissero rea-lizzate prima del taglio del nastro della nuova cittadella giudiziaria di Borgo Berga. Invece adesso si vuole ripensarle. Ecco l’interrogativo: non è che Sviluppo Cotorossi, usando la leva del tempo che stringe, mira a strappare uno sconto su tali opere?

La giunta dovrebbe fare luce sul perché in questi tre anni i pri-vati non hanno mos-so una ruspa. Magari andandolo a chiedere ai suoi predecessori di centrodestra, in testa il silenzioso ex assessore Marco Zocca (che ri-sulta molto vicino alla

Maltauro). Il sindaco Variati e la respon-sabile del Territorio,

Francesca Lazzari, potrebbero be-nissimo far valere la convenzione, tuttora vigente e vincolante. Come mai, invece, concedono altro tempo ai costruttori, magari dovendo pure accondiscendere alla loro richie-sta di risparmiare sulle opere per il pubblico?

La domandaLa spada di Damocle dell’apertu-ra degli uffi ci giudiziari incombe come un capestro sulle scelte po-litiche, d’accordo. Così come si

comprende facilmente il motivo del plateale ritardo dei privati: non si vende più un metro cubo di mattone, in questo periodo di vac-che magre per il mercato immo-biliare. Tra l’altro, se non cambia la restrittiva legge regionale sugli spazi commerciali, non si capi-sce come possano essere riempiti quei 14 mila metri quadrati desti-nati ai negozi. Al massimo si può scambiare il 20% di una singola destinazione d’uso con un’altra: ad esempio si può travasare un pezzo di comparto commerciale su quello direzionale, dato che presu-

mibilmente gli avvocati vorranno trasferire i loro studi a fi anco del palazzo di giustizia. Il Comune ha interesse ad acce-lerare, per scongiurare il guaio di un tribunale fi nito ma inservibile. I privati hanno interesse a pren-der tempo. Nel possibile taglio alle opere pubbliche sta, forse, la soluzione. Quanto vantaggiosa per Vicenza, dipende dalla rispo-sta a questa domanda: quale sarà l’importo effettivo delle opere di urbanizzazione e con quali tempi verranno realizzate?

Direttore ResponsabileLUCA MATTEAZZI

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Collaborano:ANDREA ALBA

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via Tavagnacco, 61 – Udine

AutorizzazioneTribunale di Vicenza n. 1181

del 22 agosto 2008

www.vicenzapiu.com

il fatto numero125 del15 novembre 2008 pag3

di Alessio Mannino

| Il cantiere del nuovo tribunale

Negli anni passati i lavori sono andati a rilento:perché?

Tribunale, sconto in vista ai privati?L’apertura del nuovo palazzo di giustizia rischia di slittare: mancano le opere di servizio a carico dei costruttori Che per accelerare pensano di tagliarle

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Niente più eskimo o croci celtiche, siamo giovani d’oggi. I professori

sessantottini guardano i ragazzi che si riversano in strada contro la mini-stro Gelmini per contestare l’ennesi-ma riforma scolastica, e li colpisce la tristezza. Non parliamo poi di quelli vicentini a un reduce del ’68 come il prof. Piergiorgio Casara, insegnan-te del Pigafetta e uomo di sinistra da sempre: “Non hanno alcuna tensio-ne ideale né culturale, sono tornati a essere dei buoni studenti e basta”. In effetti, la città dei ribelli No Dal Molin non ha brillato per intensità nelle pro-teste: durante lo sciopero nazionale dello scorso 6 novembre la massa è ri-masta sotto le coperte a casa, lascian-do la piazza alla solita minoranza. “Però c’era uno striscione del nostro liceo, è stata la prima volta”, aggiunge a mo’ di consolazione Casara. Non che l’impegno politico o addi-rittura l’attivismo di partito latiti del tutto, fra gli alunni delle superiori di casa nostra. All’istituto tecnico Rossi va per la maggiore un gruppo capi-tanato da iscritti alla Lega Nord, per esempio. “Qui da noi”, spiega Casara, “va ad annate: tempo fa c’era un grup-petto piuttosto forte vicino al Pd. Poi c’è qualche ragazzotto di destra. Ma è da parecchio che non c’è più una vera tensione politica. E’ lo stesso motivo per cui la Lega avanza”. I giovani pa-dani rivendicano di lottare in nome di ideali. Il prof pigafettiano è scetti-co: “Ideali… Quest’anno nel nostro liceo alle elezioni per i rappresentanti d’istituto ha vinto un piccolo Obama, che parlava e si muoveva come lui. Una ragazza mi ha detto di averlo vo-tato perché ‘si è presentato bene’. In realtà i cosiddetti ideali di oggi sono slogan vuoti, come il federalismo, la Padania”. Una specie di autoinganno. “Sì. Il caso dei leghisti fa riferimento

al materialismo, la concretezza del risultato tipici della cultura veneta. Lei vede rivoluzionari, in giro?”. Per-sonalmente, neanche col binocolo. Le cause vanno ricercate nel fallimento dei genitori: “La politica è entrata in crisi. Questi ragazzi vedono i propri padri disillusi, soprattutto quelli di sinistra. Non ci sono più occasioni di coinvolgimento politico per i fi gli. Così si fi nisce semplicemente per se-guire l’onda delle contestazioni”. Eppure i moti studenteschi del 2008 hanno prodotto anche Piazza Navona, col risveglio degli antichi estremismi di destra e sinistra. Per fare a botte si-gnifi ca che una fede ideologica, giusta o sbagliata che sia, c’è. “Ma quei fat-ti sono dovuti al clima esasperato di Roma, è stato uno scontro da curva, una scazzottatura da stadio”, ribatte Casara. Che prova ad analizzare in profondità: “Lo scarto fra i valori e le idee apprese in classe, attraverso per esempio lo studio dello storia e della fi losofi a, e quelli che imparano in te-levisione e nella società è troppo forte. 40 anni fa c’era una società dai valori pieni a cui ci si poteva contrapporre con altri altrettanto pieni, adesso c’è il vuoto. Oggi chi protesta si mette la

maglietta di Che Guevara e ripete le formule contro la guerra e per il di-ritto allo studio, ma è roba vecchia, desueta”. Certo che anche i docenti non è che siano fulgidi esempi di critica sociale e politica… “Ah, fra di noi non si trova-no forme di protesta adatte ai tempi, fi nora abbiamo fatto solo un corteo”. Non ci sono più maestri di pensiero. “Noi, ai tempi del ’68, eravamo co-struiti su pensieri forti, sulle letture di un Marcuse o di un Adorno. Questi ragazzi non leggono, non sanno nien-te”. Evidentemente perché, abbozzia-mo, intellettuali di quella stazza non ci sono più, o quando ci sono vengono esclusi dalla grande comunicazione, che al contrario insegna il disimpegno e l’individualismo privato. Nessuna speranza, dunque? “Lo spirito di ri-bellione sta scomparendo, al massimo esiste lo spirito di lamentela. Tuttavia, la battaglia sul Dal Molin ha avuto seguito fra i giovani perché ha fornito un esempio di creatività e un momen-to di partecipazione organizzata. E’ stato un centro di aggregazione, e ai ragazzi serve questo: aggregarsi. Ciò nonostante, non riesco a decodifi care la situazione. Sono pessimista”.

di Alessio Mannino

primo piano numero125 del15 novembre 2008 pag4

“La protesta di questi giorni non ha niente a che vedere

con il ’68. Non ci siamo proprio: allora c’erano idee forti con cui confrontarsi, credibili o meno che fossero; adesso la situazione è completamente diversa. Basti pensare che allora si chiedeva il sei politico, oggi si chiede più me-ritocrazia”. Presupposti diversi, ma conclusioni identiche. Sotto molti punti di vista Camilla Tarta-ria è l’esatto contrario di Piergior-gio Casara: lui prof sessantottino da sempre schierato a sinistra, lei giovane studentessa (è iscritta al primo anno di giurisprudenza dopo aver fatto la maturità classi-ca) con il cuore che, politicamente parlando, batte a destra, dato che è responsabile cittadina di Azione studentesca, il braccio scolastico di Alleanza Nazionale. Ma l’ana-lisi che fanno dell’attuale protesta che sta attraversando le scuole è in gran parte simile. Protesta, o forse sarebbe meglio parlare di non protesta, vista la re-latività tranquillità che si registra qui in città. Anche per motivi mol-to banali, come giustamente sotto-linea Tartaria. “A Vicenza non c’è una tradizione universitaria forte come a Padova o a Verona, che può fare da traino alle superiori. E non ci sono nemmeno le tensioni che ci sono a Roma, dove gli scon-tri fuori dalle scuole sono all’ordi-ne del giorno. Vicenza è sempre stata una città calma, anche da un punto di vista storico qua è tutto più tranquillo. Inoltre, la riforma di cui si discute non tocca le su-periori, quindi non vedo davvero perché si dovrebbero fare occupa-zioni o altre manifestazioni”.

Ma tra i ragazzi delle superiori, c’è almeno interesse per questi argomenti? “Un po’ di interesse c’è – continua -, se non altro per cercare di capire di che cosa si sta parlando. E se è vero che c’è un senso generale di allontanamento dagli argomenti che riguardano la politica intesa in senso lato, non è corretto dire che siamo una ge-nerazione di svogliati e deboscia-ti che pensano solo a facebook o al cellulare ultimo modello. Anzi, spesso sono proprio questi stru-menti che diventano utili per veicolare qualcosa di diverso. Il punto è che non si può pretendere che i ragazzi sappiano le cose per scienza infusa, e oggi sono pochi quelli che hanno alle spalle una famiglia che li aiuta a formarsi un’opinione critica. Lo stesso vale per la scuola, dove di questi argo-menti si parla poco, e solo per ini-ziativa del singolo insegnante”. Molto dipende, dunque, da come vengono presentate certe questio-ni (“quando si propone qualcosa di interessante i ragazzi seguo-no”). E molto dipende anche da cosa si intende per partecipazio-ne. “Non è che solo chi si candida a fare il rappresentante di istituto è interessato. Molti seguono que-sti argomenti ma non vogliono metterci la faccia. E ci sono tante forme di partecipazione: anche leggere il giornale ogni giorno lo è”. Vero, ma i giovani delle supe-riori li leggono i giornali. “Non tanto – riconosce Tartaria -. Del resto noi siamo i fi gli della gene-razione del ’68. E, come dice il detto popolare, chi semina vento raccoglie tempesta”.

L. M.

“Ma la scuola non ci aiuta”Il movimento di destra Azione studentesca: “Dipende tutto dal singolo insegnante: spesso non arrivano proposte interessanti”

Altro che ’68, qui il pensiero è debole

A colloquio con un insegnante sessantottino. Che sugli studenti anti-Gelmini è pessimista: “Non hanno letture forti, seguono l’onda”

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Mentre in tutta Italia l’Onda del movimento studente-

sco invade piazze e scuole, Vi-cenza sembra accontentarsi di guardare la mareggiata dal sicu-ro della terraferma. Ma non tutto è fermo: gli studenti si informa-no, o almeno ci provano. Andrea, Zimba, Giulia, Liam e Bobo sono al secondo anno del liceo scien-tifico Lioy. Non sanno bene cosa sia il “tre più due”, ma già hanno le idee (più o meno) chiare sui “baroni” dell’università: «Sono i prof che tramandano il posto ai figli – dice Andrea -. Dicono che la riforma li penalizzerà, ma se tagli indiscriminatamente i fon-di penalizzi tutta l’università». Secondo Zimba i test sono d’in-gresso sono spesso ingiusti: «C’è chi aveva la media del nove e non

è stato ammesso all’università, mentre altri che hanno studiato solo per il test sono riusciti a en-trare». Idee un po’ più confuse invece su quelle parti del decreto Gelmini che toccano le scuole superiori: in classe se ne parla, ma solo per la buona volontà dei prof, mentre un’assemblea d’istituto a tema è in programma, ma non è ancora stata fatta. Per assurdo, alle re-centi elezioni dei rappresentanti d’istituto di Gelmini manco s’è parlato: tenevano banco argo-menti sempreverdi come la dop-pia ricreazione o il fumo durante l’intervallo. Taglio dei fondi, voto in condotta: questi i punti della riforma che tutti conoscono. Giu-lia preferisce non parlare: «L’ar-gomento lo conosco per sentito dire. Ma una prof ha detto che alla scuola servirebbe un po’ di normalità, invece di continue riforme, e io sono d’accordo». Comunque, alle manifestazioni hanno partecipato tutti, anche se di occupazione è meglio non

parlare: «Tanti sono d’accordo con la manifestazione ma poi vo-gliono seguire le lezioni, così si è deciso di non occupare» spiega Giulia. Controcorrente Zimba e Bobo: «Chi vuole entrare a scuo-la a tutti i costi dovrebbe fermar-si ed essere informato su una legge che riguarda anche loro. L’occupazione sarebbe un segna-le forte». Orientamenti politici? Tre su cin-que si dichiarano disinteressati, Liam invece è leghista convinto, ma la riforma: «non mi piace per niente» dice. Solo Bobo si dichiara di sinistra, ed è l’unico a sapere cosa è successo in piaz-za Navona lo scorso 29 ottobre: «Quelli di destra sono arrivati con cinghie e spranghe, mandati da Forza Nuova. E’ assurdo vede-re gli studenti picchiarsi, qui non c’entrano la destra e la sinistra». Arriva Alberto, è l’unico pro-Gel-mini: «Da qualche parte bisogna tagliare, per risollevare l’Italia – dice -. E poi, tanto, l’anno pros-simo faccio un anno di studio in

America, e tanti saluti». Gli chie-diamo del Sessantotto: «Cos’è successo in quell’anno? Qualcosa in Cina...».All’altro scientifico della città, il Quadri, gli studenti si sono mossi di più. Camilla - al quarto anno dell’indirizzo fisico-matematico – della riforma sa praticamen-te tutto: «Abbiamo discusso nelle as-semblee di classe, e ad ogni classe è stata consegnata una copia del decre-to – racconta -. La richiesta è venuta da noi studenti, ed è stata fatta pro-pria dal preside. Da giovedì a sabato prossimo, poi, fa-remo tre giorni di assemblea prolun-gata. Ma non chiamarla occupa-zione!». A lei non va giù il fatto che la riforma segni un ritorno all’indirizzo unico, tagliando i corsi sperimentali come il suo:

«Togliendo gli indirizzi, i profes-sori con competenze specifiche sparirebbero, finirebbero tutti al tradizionale, con un peggio-ramento della didattica. Persone abituate da vent’anni a insegnare solo fisica, e davanti a studen-ti molto ferrati nella materia, si ritroverebbero a dover insegnare

anche matematica. Un disastro». Idee chiare anche sui cor-si di recupero estivi: «Li hanno riammes-si, ma non ci sono i soldi per finanziar-li. Così saremo ob-bligati a pagarci le ripetizioni di tasca nostra». E il Sessan-

totto? «Mi pare dif-ficile che ritorni un periodo così, anche se sarebbe diverten-

te e bello. Oggi c’è meno coraggio di fare cose diverse, di testa pro-pria. Di chi fa gli scioperi, solo un terzo va alle manifestazioni, gli altri stanno a casa a dormire».

RIVOLGETEVI AL CAF UILPER LA COMPILAZIONE

730 INTEGRATIVO - UNICO - ICIISE - RED - PAGHE COLF BADANTI

VICENZA-CAFTel. 0444 564265

LUGO DI VICENZATel. 0445 325146

ARZIGNANOTel. 0444 671640

NOVENTA VICENTINARECOARO TERME

Tel. 0445 780905

BASSANOTel. 0424 227593

SCHIOTel. 0445 670900

ALTE CECCATOTel. 0444 490703

THIENETel. 0445 362259

DUEVILLETel. 0444 360211

VALDAGNOTel. 0445 401843

primo piano numero125 del15 novembre 2008 pag5

di Giulio Todescan

Una mattina fuori dalle scuole. Cosa ne pensano i ragazzi di tagli, proteste e manifestazioni

Riforma Gelmini? Sì, no, boh...La parola agli studenti

Politica?I più si dichiarano disinteressati

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Il peggio deve ancora venire. Si stima che il denaro investito

da privati ma anche da numerosi enti pubblici nei “derivati” am-monti tra i 120 e i 180 miliardi di euro. Tra regioni, comuni, con-sorzi, Ipab, case di riposo e altri soggetti, sarebbero 529, secondo Elio Lannutti, parlamentare di IdV, gli enti pubblici coinvolti. Ma secondo Report (RAI) sareb-bero oltre 900. I derivati sono strumenti finan-ziari non standardizzati né rego-lamentati, frutto della creatività di società tra le più disparate (e dalla diversa affidabilità), il cui commercio non è sottoposto ad alcun controllo ma si svolge a li-vello mondiale con un semplice accordo tra chi compra e chi ven-de, senza verifiche sui rischi di insolvenza, senza casse di com-pensazione. Essi rappresentano

l’ultima espressione di quella deregulation del denaro sostenu-ta con la massima decisione dal mondo della finanza. La possi-bilità di ottenere grandi profitti dalla compravendita di contratti derivati, può sorgere dalla capa-cità di prevedere con largo anti-cipo l’andamento dei mercati e quindi di avvicinarsi il più pos-sibile con le proprie analisi al li-vello che i prezzi delle merci, le quotazioni di titoli, i tassi di inte-resse e quelli di cambio raggiun-geranno a una data prefissata. Ma tutte le analisi e previsioni sono saltate. Chi ha investito in derivati sa già che alla scaden-za non guadagnerà nulla e avrà perso i suoi investimenti. Le sca-denze sono previste tra il 2011 e il 2012.Per quanto riguarda gli enti pub-blici accadrà quello che è succes-so con Alitalia: lo Stato, cioè noi, si farà carico dei debiti. Lo Stato, cioè noi, dovrà coprire l’enorme buco (dai 120 ai 180 miliardi di euro, come detto sopra) degli enti, perché –si può essere certi

– le banche, veri (ir)responsabili della incombente tragedia, la fa-ranno franca. Se gli hedge fund si sono dimostrati una truffa, i de-rivati non sono da meno. L’Italia è il paese con la maggiore espo-sizione di enti pubblici. Consob e Banca d’Italia non hanno vigi-lato. Quindi la domanda è non tanto come la crisi dei mercati finanziari di questi giorni incide-rà sull’economia italiana, ma con quali soldi verrà pagato l’enorme passivo degli enti pubblici. A ciò si aggiunga che il tanto osannato federalismo (la peggior disgrazia – a mio avviso – che una classe politica irresponsabile poteva in-fliggere agli italiani che vengono ripetutamente ingannati giacché vengono nascosti i costi e non si parla tanto dei vantaggi) ha co-sti elevati e non si sa proprio da dove prendere i soldi. Intanto, la differenza tra Paesi ricchi e forti e Paesi deboli e poveri si fa sempre più marcata. Prendiamo ad esempio la polemica tra Italia e altri Paesi per l’abbattimento delle emissioni: per sedersi al

tavolo di questo poker ecologico bisogna avere soldi, ma l’Italia non ne ha. Sia la Francia che la Germania si sono già fatti i loro interessi. Germania e Francia inquinano più di noi, ma spende-ranno di meno. La debolezza del

nostro Paese ci spinge sempre di più verso le nazioni povere. Ci vuole ben altro delle istrionesche rappresentazioni e barzellette che il nostro premier va spar-gendo per il mondo. Ci stiamo coprendo di ridicolo.

io non ci sto numero125 del15 novembre 2008 pag7

di Francesco Di Bartolo

DerivatiUna bomba a orologeriaLa crisi finanziaria non è passata: molti enti pubblici hanno investito in strumenti finanziari a rischio, e nel giro di un paio d’anni potrebbero avere perdite per decine di milioni di euro. Che dovremo pagare tutti

Con il termine derivato in fi nanza si indica ogni titolo il cui valore è basa-to sul valore di mercato di altri beni (azioni, indici, valute, tassi ecc.). Sono derivati, ad esempio, i futures, così come le opzioni, o gli swap di cui si è molto parlato l’anno scor-so. Esistono derivati strutturati per ogni esigenza e basati su qualsiasi variabile: azioni, obbligazioni, indi-ci, commodity tipo il petrolio, perfi -no la quantità di neve caduta in una determinata zona. Questi strumenti si possono utilizzare per ridurre i ri-schi collegati ad alcune operazioni fi nanziarie, oppure per fi ni specula-

tivi, dato che offrono una specie di effetto leva capace di moltiplicare i profi tti. Il problema è che, quando le cose vanno male, si moltiplicano anche le perdite. Oltre tutto i deriva-ti rappresentano, soprattutto nelle forme che hanno preso piede negli ultimi anni, uno strumento molto complesso e che nasconde spesso rischi diffi cilmente calcolabili anche da analisti esperti. È a causa dell’uso creativo dei derivati che la Enron è arrivata al fallimento. Per queste ra-gioni il ricorso ai derivati da parte di enti e istituzioni pubbliche ha susci-tato numerose perplessità.

Cosa sono i derivati

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C’è un’università che non ha problemi di fondi e di tagli.

E che può guardare con tranquil-lità anche ad un’eventuale riforma che dovesse condizionare i fi nan-ziamenti ai risultati della ricer-ca. Per trovarla non occorre fare molta strada: basta bussare nel triangolo compreso tra San Ni-cola, San Pietro e le Barche, dove ha sede il dipartimento di tecnica e gestione dei sistemi industriali dell’università di Padova (“Atten-zione, l’università è a Vicenza, ma di Padova”, sottolinea Carlo Ter-rin, direttore della Fondazione studi Universitari cittadina). E dare un’occhiata ai numeri: negli ultimi cinque anni il dipartimento - presso il quale lavorano 42 pro-fessori, 30 assegnisti di ricerca e un’altra trentina di persone con altre qualifi che - ha visto pubbli-cato su riviste scientifi che inter-nazionali circa duecento lavori, ha registrato due brevetti nazio-nali e cinque brevetti internazio-nali. Sempre nello stesso periodo di tempo, ha partecipato a cinque progetti di ricerca internazionali, a dieci progetti nazionali e ha at-tivato un numero sempre maggio-

re di convenzioni con aziende del settore privato. Nomi del calibro di Ducati Corse, Bosch, Bulgari, Generali Business Solution, Cec-cato, con cui sono in corso pro-getti che vanno dalla ricerca sulle leghe metalliche agli studi su lo-gistica e gestione dei magazzini. In tutto- e questo è il dato forse più sorprendente -le convenzioni portano nelle casse dell’ateneo qualcosa come due milioni di euro all’anno. “È tra i dipartimenti con il numero di convenzioni con aziende più alto di tutta l’univer-sità – aggiunge Terrin -. Uno dei dipartimenti migliori di Padova, il che vuol dire uno dei migliori d’Italia”. Una nicchia di eccellenza forse poco conosciuta, ma che testimo-nia come l’università stia lenta-mente prendendo piede in città. Il numero degli iscritti ai tre cor-si di laurea – oltre ad ingegneria gestionale c’è il corso in sicurezza alimentare, sempre dell’universi-tà di Padova, e quello in economia dell’università di Verona – è in leggero ma costante aumento. “E va bene così, perché se arrivasse-ro troppi iscritti ora come ora non

sapremmo dove metterli”, scherza Terrin. I tempi di attesa per tro-vare un’occupazione dopo la lau-rea oscillano tra i tre mesi e i tre mesi e mezzo. “Non sono dati ag-giornatissimi, ma rendono l’idea. E secondo me adesso i tempi sono anche più brevi”, aggiunge anco-ra il direttore. E i rapporti con le realtà del territorio sono sempre più solidi: “Quando siamo partiti con i diplomi di laurea nei primi anni ‘90 facevamo fatica a trovare aziende disponibili per gli stage. Adesso è il contrario: abbiamo più richieste che studenti. Vuol dire che l’attività che svolgiamo è in linea con le attese del territo-rio. Come conferma anche il fatto che ultimamente alcuni nuovi soci come la Banca Popolare di Vicen-za, la Regione e gli Industriali sia-no entrati nella Fondazione, af-fi ancando i soci fondatori, e cioè il Comune, la Provincia e la Camera di commercio”.A San Nicola, insomma, si lavo-ra bene e si studia molto. Anche adesso, che in tutta Italia il mon-do universitario è in subbuglio, tutto procede come sempre: le-zioni regolari, nessuna protesta,

tutto tranquillo. Pure troppo, verrebbe da dire: nel senso che la presenza dell’università e degli universitari è ancora poco visibile nella vita della città. “È normale – controbatte Terrin -. Non ab-biamo né i numeri né la storia di città come Padova. Io credo, però, che il contributo dell’università si senta, anche nelle cose più banali. Quando sono arrivato qui una de-cina di anni fa, era quasi impossi-bile trovare un posto dove bere un caffé dopo cena. Adesso in centro c’è più di qualche bar aperto an-che la sera. E secondo me il fatto di avere qualche migliaio di gio-vani in centro storico ha avuto un suo peso”. Tra una pausa caffé e un’ora di lezione, il cruccio principale degli universitari vicentini non riguar-da dunque né i tagli né la revisio-ne di carriere e concorsi. Al centro delle preoccupazioni qui c’è l’an-nosa questione degli spazi. Oggi

l’università è sparpagliata tra più sedi da una capo all’altro del cen-tro storico. Tra un anno dovrebbe essere pronto il nuovo edifi cio di viale Margherita, ma basterà solo per trasferire quello che oggi viene fatto a Santa Maria Nova e all’ex cinema Arlecchino. A San Nicola, a San Pietro, in Piarda, la situazio-ne rimarrà esattamente come ora, e cioè critica. “Il primo stralcio dei lavori per noi è solo un traslo-co- conclude Terrin -. Ma stiamo stretti, tremendamente stretti, e abbiamo bisogno di spazi per cre-scere. Avere cento docenti e tre-mila studenti, come abbiamo noi, signifi ca aver bisogno di uffi ci, di laboratori, di mense adeguate e di aule studio proporzionate. Tutto cose che oggi non sono suffi cienti, e che potrebbero arrivare con il secondo e terzo stralcio di lavori”. Che al momento, però, sono solo sulla carta.

L. M.

focus numero125 del15 novembre 2008 pag8

Brevetti e pubblicazioni: il dipartimento di ingegneria gestionale è una delle punte di eccellenza dell’università italiana. E grazie alle convenzioni con le aziende ha entrate a sei zeri

L’università da due milioni di euro

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Forza Nuova, Lotta Studentesca (il suo movimento giovanile)

e Veneto Fronte Skinheads: sono queste le tre sigle principali del-l’arcipelago dell’estrema destra a Vicenza e provincia. Dove, a quan-to dicono i protagonisti, iscritti e simpatizzanti sono in crescita, anche grazie a parole d’ordine (ad esempio contro l’immigrazione, l’omosessualità e la droga) che, piaccia o non piaccia, sempre più spesso “sfondano” nell’opinione pubblica.Parliamo comunque di numeri piuttosto bassi: nel 2008 gli iscrit-ti a FN in provincia sono 190 circa, a quanto afferma Daniele Beschin, coordinatore provinciale. «Per il settanta per cento si tratta di stu-denti, in particolare delle superio-ri – dice Beschin -. Per le iniziative studentesche però ci appoggiamo

a Lotta Studentesca di Verona, mentre altre attività più legate al territorio, come la campagna con-tro i nomadi, sono promosse dai ragazzi di Vicenza». Ma non è il capoluogo il punto forte della for-mazione post-fascista, la vera ca-pitale è piuttosto l’alto vicentino: «A Bassano abbiamo un nucleo di militanti molto attivo, come anche nell’ovest vicentino, fra Arzignano, Chiampo e Montecchio – continua Beschin -. Vicenza città è una zona diffi cile, troppo appiattita su posizioni moderate, esclusa la questione della base Usa, a cui siamo fermamente contrari, ma che è stata ca-valcata politicamente dalla sinistra. Abbiamo validi ele-menti anche a Torri di Quar-tesolo, alcuni universitari che studiano a Padova, soprattutto ex militanti ai Alleanza Nazionale scontenti».Si chiama Giovanni Boschieri uno dei coordinatori forzanuovisti del-l’area bassanese. Nella città del ponte degli Alpini c’è una sede dove due volte al mese si fanno anche letture: come “Il capo di Cuib” di Corneliu Codreanu, leader rumeno ultranaziona-

lista, o “Militia” di Leon Degrelle, belga arruolatosi nelle fi la delle SS tedesche. Ma, assicura Boschie-ri, Forza Nuova n o n è nostal-g i c a :

«Certo guardiamo con occhio par-ticolare il periodo fascista, ma per esaminarlo e inserirlo nel suo con-testo storico. Non siamo più nel ’45, siamo nel 2008».

Poi c’è lo stadio, anche se a Vi-cenza non esistono gruppi

di dichiarata ispirazione politica. «Teniamo ben separati politica e sport: allo stadio ci andiamo per divertirci, anche se molti ultimamen-te dalla curva si sono

avvicinati al movimento – dice Beschin -; tanti di noi poi allo stadio vanno diretta-

mente a Verona. Ma ci sono altri

luoghi dove so-cializziamo: la stra-

da, il bar, le cene dove ricordiamo i caduti o il 28 ottobre, anniver-sario della marcia su Roma. E poi ci sono

i concerti». Già, i concerti,

s p e s s o organiz-

zati dal Veneto Fronte Skinheads di Lonigo. Una realtà descritta dal documentario “Nazirock” di Clau-dio Lazzaro, cha ha scatenato un putiferio di polemiche nel mondo della destra. «Si è scatenata una campagna mediatica denigratoria nei confronti del nostro mondo: ora come ben voi sapete, in Italia è sempre stata un’isola abbastanza felice per la realizzazione di radu-ni e concerti, soprattutto in Vene-to, dove le forze dell’ordine non vengono nemmeno a controllare ciò che succede ai nostri concerti» si legge sul sito del VFS, in cui si invitano i partecipanti ai prossi-mi raduni a mantenere un “basso profi lo”.«Ho molti amici nel Veneto Fron-te Skinheads, ma abbiamo metodi diversi – dice il militante bassane-se di FN -. Io a musica e birra pre-ferisco un buon libro». Più conci-liante il coordinatore provinciale: «Massimo rispetto per loro, ai loro concerti suonano anche molti gruppi legati a Forza Nuova – dice Beschin -. E poi i militanti sono trasversali: ai raduni ci vanno an-che molti di An, non c’è niente di male. Ci andava anche il sindaco di Verona Tosi, da giovane».

focus numero125 del15 novembre 2008 pag9

Da Forza Nuova al Veneto Fronte Skinheads, ecco le sigle di un universo che sta guadagnando spazi e consensi, soprattutto tra i giovani. Grazie alle battaglie contro immigrazione e omosessualità. E agli stadi

di Giulio Todescan

La lunga marcia della destra estrema

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tutte le partite del vicenza calcio in diretta

tutto quello che succedea vicenza e provincia

13 notiziari locali e16 notiziari nazionali

al giorno

Se 6 Golosodi Musica e Notizie

100.300Vicenza, Bassano,

Rosà, Marostica.....105.600

Schio104.700

Vallata dell’Astico99.800

Altopiano di Asiago107.750

Vallata dell’Agno

CI PUOIASCOLTARE

focus numero125 del15 novembre 2008 pag10

Negli ultimi anni si è diffusa la tendenza nelle case vicentine

di ospitare non solo cani o gatti, ma roditori, volatili, sauri, rettili&Co.. Rigorosamente di piccola taglia, meglio ancora se di moda. Eh sì, perché l’acquisto di un animale è spesso dettato dal gusto e dalla moda del momento. “Non sempre la scelta di portarsi a casa un pic-colo animale è ponderata rispetto alla disponibilità di tempo e cura necessari da dedicare all’animale, qualunque sia” – spiega Anna Za-nella, presidente dell’Ente Nazio-nale Protezione Animali (Enpa) di Vicenza. Secondo una recente stima dell’associazione sarebbero circa 40 milioni gli animali nelle case degli italiani: oltre a 14 milioni di cani e gatti, ci sono pesci rossi, tartarughe, furetti, criceti, serpenti, uccelli, co-nigli e molti altri animali esotici, il cui numero reale però sfugge a cen-simenti esaurienti a causa dei com-merci illegali.Conigli e cavie, quindi, come ani-mali da compagnia, la cui diffusione non sempre è stata accompagnata da informazioni corrette o comple-te relative al loro benessere, dalla prevenzione attraverso le vaccina-zioni obbligatorie, all’alimentazio-ne, spesso causa di patologie gravi e diffuse, fi no al comportamento. Così come per tutti gli animali eso-

tici, per cui non bastano i consigli da parte di chi l’ha venduto o una conoscenza per sentito dire, ma è fondamentale rivolgersi a profes-sionisti e a veterinari specializzati per evitare di maltrattare involon-tariamente l’animale o procurarne addirittura la morte. Perché ogni bestiola ha caratteristiche molto particolari e individuali.

Criceti per bimbiE’ importante, prima di prendere un animale in casa, rifl ettere accura-tamente sul proprio stile di vita per capire se si potrà dedicarci tempo e attenzioni, se il luogo è adatto e suf-fi cientemente spazioso, se in casa ci sono bambini o persone anziane. “Il criceto o il coniglietto spesso rappre-sentano la prima esperienza di rap-porto dei bambini con gli animali, per cui chi li acquista lo fa generalmente per accontentare i fi gli ed abituarli ad una relazione di cura e rispetto degli animali. Inoltre – spiega Viviana del reparto animali del Garden Vicenza Verde di Saviabona – sono anima-letti simpatici, disponibili al contat-to, facili da gestire e poco dispendio-si. In media per un coniglietto con casetta e cibo si spende meno di 80 euro”. Diverso è il discorso dei volati-li che sono invece ideali per persone anziane per le quali, spesso, rappre-sentano l’unica fonte di compagnia. “Anche canarini e cocorite richie-dono cure semplici, occupano poco spazio e sono ancora più economici, tra i 50 e i 60 euro tutto compreso. Una minima spesa per una grande compagnia, che spesso contribuisce ad alleviare la malinconia di persone

sole. Per quanto riguarda le mode del momento, il Petauro dello zucchero è un piccolo marsupiale notturno originario dell’Australia e della Nuo-va Guinea, simile ad uno scoiattolo volante, che è già tendenza in Inghil-terra, che da noi, per il momento, attira molta curiosità ma con poche probabilità di acquisto”.

Do you like pitone?Anche in Italia ci sono appassio-nati di rettili e anfi bi, come ser-penti, gechi e iguane, ma si tratta di un gusto più straniero che loca-le. “Tranne in un caso, quest’anno abbiamo venduto circa una decina di pitoni e cinque boa a persone di nazionalità americana – spiega Do-nato di Zooplanet di Vicenza Est, vicino alla Caserma Ederle -. E’ un commercio in aumento, ma anco-ra limitato a certe fasce di utenti perché l’esotico richiede più tempo e più costi di gestione e manuten-zione dell’habitat, oltre ad una vera e propria passione”. E se capita di fare la scelta sbagliata o di non aver valutato attentamente le esigenze e lo sviluppo dell’animale, come spesso succede per le tartarughe d’acqua, il problema si risolve con il gesto vigliacco dell’abbandono senza scrupoli. “Non sono solo cani e gatti ad essere abbandonati – con-ferma la presidente dell’Enpa -, ma anche coniglietti, volatili, serpenti e altri rettili. Numerose sono, infat-ti, le segnalazioni dei cittadini che richiedono un nostro intervento e, nel caso, siamo costretti a dirottare gli animali verso i centri specializ-zati di recupero e tutela”.

Acquario sì, acquario no?Anche i pesci possono contribuire a diminuire stress e tensioni, svol-gendo attività di pet therapy, ossia di terapia con animali d’affezione, molto diffusa con cani e gatti. “Con-trariamente a quanto si pensa, i pe-sci riconoscono chi dà loro da man-giare: se capita di passare vicino al piccolo acquario nelle ore consuete dei pasti, anche il pesce rosso richia-merà l’attenzione con atteggiamen-ti particolari per farci capire che è l’ora della pappa – spiega Daniele del reparto acquariologia del Gar-den Vicenza Verde -. L’importante è però assicurare cura e attenzione e sfatare il luogo comune che basta una piccola ampolla (vietata per legge!) piena d’acqua e il pesce è sistemato. Niente di più sbagliato. Anche il comune pesce rosso ha le sue esigenze minime: una vasca ret-tangolare, anche piccola, e un fi ltro per l’acqua. L’impegno per questi semplici accorgimenti, che riescono a dare soddisfazione, può originare un totale disinteresse o sfociare in passione e allora si acquista un ac-quario”.

Per i tradizionalistiCani e gatti restano comunque i più amati dagli italiani. “Il rifugio comunale di Gogna, purtroppo, straripa di amici a quattro zam-pe desiderosi di una famiglia a cui donare tanto amore, in cambio di un po’ di cura e attenzioni – spiega Zanella -. Nonostante le campagne di sterilizzazione, quest’anno gli abbandoni sono aumentati e i cani ospitati sono circa 200, di cui 80 provenienti dal canile di Marola a totale mantenimento dell’Enpa, per non parlare delle circa 200 colonie feline dislocate in città e periferia. E’ importante richiamare l’attenzione delle famiglie vicentine affi nché la scelta di portarsi a casa un anima-le, qualunque esso sia, venga presa consapevolmente e non in maniera avventata, magari dettata dall’entu-siasmo iniziale. Il nostro compagno sarà al nostro fi anco per tanti anni, d’estate e d’inverno, e dovremo te-nere conto di lui quando si decide-ranno le vacanze o gli spostamenti, nel rispetto anche delle sue esigenze e delle sue necessità, di spazio, tem-po e coccole”.

di Federica Ceolato

Il numero e la varietà degli animali domestici è sempre maggiore Criceti per i più piccoli, canarini per gli anziani e serpenti per gli americani

Petauri e pitoni, moda a quattro zampe

| Una coppia di petauri dello zucchero

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focus numero125 del15 novembre 2008 pag11

La 101esima indagine con-giunturale predisposta da

Confindustria Vicenza e diffusa in questi giorni, relativa al con-suntivo del terzo trimestre 2008, conferma che anche l’economia vicentina è entrata in una fase di recessione.Infatti se da una parte si registra una certa tenuta di alcuni settori, quali l’alimentare, quello della carta e grafica, quello delle mate-rie plastiche e quello della mec-canica, si verificano invece con-sistenti variazioni negative per settori tradizionalmente impor-tanti nell’economia locale quali l’orafo, la concia nonché il tessile abbigliamento ed il mobile.In dettaglio: da una parte il set-tore alimentare cresce rispetto al precedente trimestre del 5,8% e quello della grafica e carta cresce del 5,1%; fanno registrare una più modesta crescita anche i settori della meccanica dell’1,3% e delle materie plastiche dell’1,1%. L’an-damento recessivo dell’economia è invece fortemente evidenziato da alcuni comparti che - pur se interessati da riaggiustamenti di natura strutturale ancora in cor-so - hanno in passato contribuito in maniera importante allo svi-luppo dell’economia della nostra provincia. È il caso della concia (meno 11 per cento), del settore orafo (meno 9 per cento), del tes-sile abbigliamento (meno 6,6 per cento) per finire con il settore del mobile (meno 3,9 per cento).

Produzione in caloNel complesso l’economia della provincia fa registrare un calo della produzione industriale dell’1,2 per cento, legato in gran parte ad una riduzione delle vendite sul mercato interno - pari a circa il 2 per cento - sono invece cresciute le esportazio-ni verso l’Europa del 3,7 per cento e verso i paesi extra unione europea dell’1,8 per cento.Questo scenario è peraltro in linea con il grave peggioramento del cli-ma di fi ducia delle imprese manifat-turiere che - secondo quanto recita l’indagine congiunturale - a ottobre ha raggiunto i minimi dal settem-bre del 1993; non appare neanche positivo l’andamento dei carnet or-dini delle imprese che nell’87% dei casi assicura lavoro per un periodo non superiore ai tre mesi.Sul fronte all’occupazione si regi-stra una sostanziale stabilità del numero degli addetti mentre su quello della liquidità aziendale, raggiunge il 49 per cento (con un aumento quindi di 11 punti per-centuali) il numero delle aziende che dichiarano ritardi negli incassi. Cresce anche dal 23 per cento al 29% la percentuale delle imprese che denunciano tensioni di liqui-dità.Sul fronte delle materie prime il 71 per cento delle imprese intervista-te segnala aumenti dei costi delle stesse, mentre i prezzi dei prodotti fi niti sono cresciuti nel 46 per cen-to dei casi, con un aumento medio del 7,4 per cento.Per quanto riguarda la situazione prevista, l’indagine ipotizza una ul-teriore contrazione della produzio-ne industriale nel quarto trimestre del 2008 di circa l’1,7 per cento. Sembrerebbe sostanzialmente fer-mo anche il fronte degli investi-menti: infatti circa il 40 per cento delle imprese intervistate dichiara di non avere in programma alcun investimento per i prossimi mesi.

Le cause: lo scenario internazionaleVogliamo fornire una chiave di lettura dei dati dell’indagine con-giunturale nell’ambito del com-plessivo scenario economico at-tuale.L’attuale andamento dell’econo-mia locale e l’evoluzione che si sta registrando nella fi nanza naziona-le ed internazionale ha, a nostro avviso, radici lontane e non è pos-sibile comprenderne la dinamica senza tener conto dell’andamento del contesto economico e fi nan-ziario internazionale. L’ingresso del nostro paese nell’euro - insie-me agli innegabili vantaggi che ha comportato - ha spostato la com-petitività dell’economia vicentina, come peraltro quella dell’intero paese, dai termini valutari ai ter-mini reali dell’economia. È quindi venuta meno la possibilità delle cosiddette “svalutazioni competiti-ve”, e le nostre imprese sono state costrette a reinventarsi in termini di effi cienza produttiva, dovendo competere con paesi con più bas-so costo dei fattori reali dell’eco-nomia, tra i quali in primo luogo il costo del lavoro. Il rafforzamento dell’euro nei confronti del dollaro ha poi acuito il problema.Questo processo è in molti casi an-cora in corso ed ha profondamen-te inciso in settori quali il tessile abbigliamento, la concia, l’orafo. In questi comparti soltanto quelle imprese che hanno saputo valoriz-zare la qualità della propria pro-duzione come griffe del “Made in Italy” sono riuscite a mantenere, anzi ad accrescere, la loro presen-za nei mercati potendo sostene-re con elevati prezzi di vendita i maggiori costi di produzione. Altri comparti hanno saputo recupe-rare effi cienza grazie all’avvio di processi di innovazione tecnologi-ca che stanno già iniziando a dare i primi risultati.

Tutto fermoSe negli anni immediatamente successivi all’ingresso dell’Italia nell’euro il sistema fi nanziario ha sostenuto i consumi mediante il fi nanziamento ai settori delle im-prese e delle famiglie, la riduzione delle disponibilità fi nanziarie stret-tamente legate all’effi cienza delle produzioni industriali e la soprag-giunta crisi fi nanziaria internazio-nale hanno adesso sensibilmente complicato lo scenario.Già nei mesi scorsi si erano rilevate riduzioni della domanda di consu-mo interno che gradualmente han-no colpito - per la minore disponibi-lità del sistema bancario a fi nanzia-re le famiglie nell’acquisto di abita-zioni - anche il settore immobiliare, sul quale si è peraltro focalizzata negli ultimi anni anche l’attenzio-ne del sistema fi scale. Il combinato effetto di queste due azioni ha pra-ticamente fermato il comparto, che ha sempre costituito un importante ammortizzatore delle passate cri-si economiche. Anche nella nostra provincia si sta registrando, per la prima volta dopo decenni, un calo dei prezzi delle abitazioni.

I problemi del creditoSul fronte delle imprese stanno or-mai emergendo i limiti del sistema di regole di Basilea 2.Ci riferiamo all’utilizzo dei rating delle banche e delle agenzie specia-lizzate: in particolare questi ultimi si sono rivelati tragicamente inaffi -dabili.Basilea 2 si sta inoltre rivelando estremamente “prociclico”, cioè funge da acceleratore dell’euforia nelle fasi positive e del pessimismo in quelle negative. L’effetto che così ne risulta è quindi una grande di-sponibilità del sistema bancario a fi nanziare le imprese migliori - intendendo come tali quelle così defi nite sulla base dei sistemi di rating interni applicati - e di contro

le imprese che iniziano a mostrare segnali di crisi vedono queste loro diffi coltà accentuarsi per effetto della stretta creditizia attuata pro-gressivamente nei loro confronti dalla quasi totalità delle banche con cui operano. E’ prevedibile che la crisi dello scorso settembre ed otto-bre porterà inevitabilmente ad una revisione dell’architettura comples-siva di Basilea 2.Già peraltro più di una voce si è le-vata, da parte di autorevoli studiosi, in favore di un ritorno ad un siste-ma di relazioni più tradizionali tra banche ed imprese. A nostro avviso questo avrebbe il vantaggio di me-glio valorizzare quegli elementi di tipo qualitativo insiti nelle imprese - quali l’innovazione di prodotto, le prospettive di sviluppo legate alla creatività dell’impresa, la serietà e correttezza della proprietà e del ma-nagement e altri fattori - che oggi costituiscono solo marginalmente la base di valutazione che concorre, nel complesso, a formulare i giudi-zi di affi dabilità delle banche e che vengono sostanzialmente sintetiz-zati dai sistemi di rating interni.

Il futuroUn cenno a parte meriterebbe ov-viamente il sistema delle banche popolari e di credito cooperativo che, mantenendo un forte legame con l’imprenditoria del territorio di appartenenza, può compensare con un approccio creditizio più tra-dizionale gli effetti collaterali inde-siderati rivenienti dall’applicazione delle regole di Basilea 2.La futura evoluzione dello scenario economico della nostra provincia dovrà anch’essa fare i conti con quanto sta accadendo ed accadrà a livello internazionale e, in una situazione così complessa, è au-spicabile un intervento normativo rapido ed effi cace, coordinato tra i principali attori internazionali, che eviti l’avvitamento della crisi.

di Antonino Pellegrino

Analisi dell’indagine trimestrale di Confindustria Che segnala una produzione in calo dell’1,2 per cento

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“Stiamo impastando il sito. Manda un’e-mail e ti avvise-

remo appena sarà infornato. Grazie per la pazienza!”. Se via capita di vi-sitare un sito internet in costruzione come questo non vi spaventate. Con queste parole vi accorgerete già, an-che se il sito non contiene ancora le informazioni che cercate, che intor-no a questo posto aleggia un’atmo-sfera particolare. Come chiamarlo? Negozio, laboratorio, pasticceria, associazione ricreativa culinaria? Provate a mischiare gli ingredienti e ad amalgamarli per bene e forse avrete la risposta. Che camminiate svogliatamente o di fretta, passando per Contrà Santi Apostoli è impossi-bile passare davanti alla vetrina del-la Bottega di Nonna Papera senza fermarsi a sbirciare. E molto proba-

bilmente dopo aver sbirciato senti-rete la tentazione di mettere la testa dentro. Sarà per i vecchi e solenni infi ssi in legno scuro che vi accolgo-no all’ingresso, ereditati dal negozio di antiquariato che in precedenza occupava il locale; o forse per i co-lori caldi dell’arredamento e della carta da parati in stile Francia del Nord; forse per il bel colpo d’occhio della grande cucina a vista al centro della stanza, dove spierete la cuoca intenta ad impastare e infornare; ma molto più probabilmente sarà per l’abbondanza di torte di tutti i tipi che campeggia sul bancone al-l’interno. Ora manca solo l’insegna in ferro battuto arrugginito, che qui garantiscono arriverà presto, e poi tutto sarà a posto. Perché la Bottega è aperta solo da un mese, ma il lavo-ro ha già preso ritmi serrati. Tutto è nato dalla passione per i dol-ci fatti in casa di due amiche, Clau-dia Ertani e Roberta Mariano. Che facevano e fanno tutt’ora dell’altro nella loro vita, ma un giorno han-no deciso di mettere a frutto tutto

il patrimonio di ricette trasmesso da nonne, mamme ed amiche e di fare di questa passione un lavoro. Ora sfornano anche una ventina di torte al giorno per fare fronte alle ordinazioni che arrivano dai clienti. Crostate di amarene, torte di carote, ciambelloni, meringate allo zabaio-ne, cassate siciliane, rotoli con pan-na montata e marron glacé, torte al cioccolato e pere, torte di riso e uvetta, biscotti ricoperti al ciocco-lato e chi più ne ha più ne metta. Se chiedete la specialità della casa forse vi risponderanno la “Caprese”, un dolce della tradizione napoleta-na con cioccolato fondente e man-dorle: infatti si trova solo di mattina perché sparisce in un attimo. “Qui facciamo cose semplici, non pretendiamo di essere pasticceri” ci confi da Claudia, che si divide tra il suo studio di commercialista e le tor-te di mele. “Vogliamo restituire alla gente i sapori di una volta, i sapori delle cose fatte in casa, utilizzando prodotti genuini e della tradizione”. Claudia quando entra qui dentro si

rilassa: è quella che lei chiama “coo-king-therapy”. Eppure, a guardare il numero di persone che nel giro di poche ore entra nel negozio per fare acquisti o ordinazioni, c’è da dubi-tare del fatto che riesca davvero a rilassarsi. “In questo primo mese di apertura le cose ci stanno andando davvero bene” ci racconta soddisfat-ta. “Le persone qui vengono volen-tieri perché si sentono in un posto dal clima familiare ma anche un po’ magico. Il primo giorno abbiamo avuto più di 100 clienti senza fare alcuna pubblicità”. Un posto un po’ magico: sicuramen-te piace ai bambini, visto il nome che evoca torte di mele e magie di-sneyane. Ma piace molto anche alle mamme. Qui infatti, oltre a vendere torte e biscotti già preparati si tro-vano tutti gli attrezzi del pasticce-re, dalle forme agli stampini, dalle decorazioni ai liquori aromatizzati tipo Maraschino, Cherry e Alcher-mes. Per le casalinghe che vogliono misurarsi con la pasticceria semi-professionale. Al piano superiore

tutto quello che serve per le feste dei bambini, palloncini gonfi ati ad elio, festoni, oggetti di carta. E poi a dicembre partiranno i corsi di cuci-na: in vista del Natale si parlerà di come decorare pandori e panettoni e del classico tronchetto. Tante at-tività diverse, ma senza mai dimen-ticare la parola d’ordine: scegliere i migliori ingredienti. “Sono la cosa più importante” conferma Claudia. “La farina, per esempio. La nostra è biologica, ci viene dall’Antico Moli-no Rosso di Verona, che nella ma-cinazione conserva una parte del germe del grano. Vendiamo anche diversi tipi di farine sfuse per tutte le esigenze”. Che siano nocciole del-le Langhe o cioccolato di Modica gli ingredienti sono tutti selezionati at-tentamente. Metterli insieme e farne uscire degli ottimi dolci, ci dicono, non è diffi cile. Sarà per questo che ora magari, per spezzare l’abitudine al classico cappuccino e brioche, la mattina qualcuno passerà di qui a gustare una buona fetta di torta ap-pena sfornata.

quartieri numero125 del15 novembre 2008 pag13

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Da poco più di un mese ha aperto un nuovo negozio nel cuore del centro: cucina a vista, ingredienti di prima qualità e torte fatte in casa per chi vuole riscoprire i sapori di una volta. E corsi per chi vuole mettersi in gioco

Centro storicoLe torte di Nonna Papera

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“Quando esci dalla clinica stai peggio di prima”. “Qua è

come essere in famiglia, ci aiutia-mo l’uno con l’altro”. “Non ci sono né medici né pazienti, siamo tutti sullo stesso livello”. Voci che esco-no dalla sede di Davide e Golia, il gruppo di mutuo aiuto per la salu-te mentale che da oltre un anno ha trovato casa a Campedello, in al-cune stanze messe a disposizione dalla parrocchia. E che nelle setti-mane scorse ha festeggiato i dieci anni di attività. Nato nel 1998 per iniziativa della Caritas diocesana il gruppo, che oggi conta circa 120 iscritti, è partito con l’obiettivo di offrire uno spazio di incontro per le persone che soffrono di disagio psichico, soprattutto nei fi ne setti-mana, quando il day hospital e le strutture di assistenza tradizionali sono quasi sempre chiuse. “Ci si trovava in centro, per una passeg-giata, per mangiare un gelato e per scambiare quattro chiacchiere” ri-corda Betti, uno degli animatori laureati in psicologia che seguono Davide e Golia. “Il nostro princi-pio base però – precisa -, è che qui non ci sono né camici, né dottori. E in teoria nemmeno malati. Poi è chiaro che la fi gura del tecnico, del medico, dello psicologo servo-no; ma la cosa fondamentale è la relazione”. L’idea di fondo è la stessa dei gruppi degli alcolisti anonimi, ap-plicata però a chi soffre di disagio mentale, in tutte le sue forme, dal-l’ansia agli attacchi di panico, dal-la depressione ai disturbi compul-sivi, per arrivare alla schizofrenia e ai disturbi alimentari. Al posto dei farmaci, il gruppo usa le rela-zioni, il fatto di passare insieme del tempo, per cercare di superare le diffi coltà e recuperare margini di autonomia sempre maggiori. In

pratica, gli ospiti si ritrovano per chiacchierare, scambiarsi opinio-ni e consigli, e soprattutto per fare qualcosa assieme: dalla biodanza ai corsi di cucina, dalle escursioni a cavallo alle partite a calcetto, dai laboratori di pittura alla redazio-ne di un foglio mensile. In questo modo, un passo alla volta, in tan-ti sono riusciti a recuperare una vitalità e una gioia di vivere che sembravano ormai compromessi.

Le diffi coltà, ovviamente, non mancano, e nemmeno le ricadute. “Una delle cose più diffi cili da ac-cettare è la questione dei tempi – spiegano gli operatori -. Noi siamo abituati ai tempi della medicina, in cui gli effetti dei farmaci sono evidenti fi n da subito. Qui, invece, i tempi sono imprevedibili e mol-to lunghi. Per notare un cambia-mento o un progresso a volte devi aspettare mesi”. Ma non mancano nemmeno i successi, come dimo-strano le storie di molte delle per-sone che si ritrovano ogni giorno a Campedello. Franco, ad esempio, è uscito dall’ospedale che era un ve-getale, spento e privo di qualsiasi iniziativa. Adesso è il responsabile della segreteria del gruppo, non-ché uno dei pilastri della vita nella casa di Davide e Golia. “Se mi vedi adesso non crederesti a come ero ridotto quando andavo al day ho-spital – racconta -. Qui facciamo molte cose: andiamo allo stadio con i tifosi del Vicenza, giochiamo a carte e ogni tanto organizziamo delle partite di calcetto. Perdiamo sempre, ma non importa. Qua sia-mo tutti amici, ed è un po’ come essere in famiglia: se uno ha biso-gno, c’è sempre qualcuno che lo aiuta. E sentirsi dare un consiglio da chi è passato attraverso le tue stesse esperienze è molto più utile

che sentirselo dire da un dottore”.

Stessa storia per Armando. “Dopo quarant’anni di lavoro sono anda-to in pensione e mi sono trovato con la depressione: uscivo per strada a testa bassa, perché i de-pressi sono sempre a testa bassa. Ho girato un sacco di cliniche, sono stato anche a Teolo quando c’era Pantani, ma quando esci da un clinica e ti ritrovi solo stai peg-gio di prima. Qua è tutta un’altra cosa: c’è qualcuno con cui parlare, con cui confrontarsi, condividere delle esperienze, scambiare dei consigli”.

Tra un pomeriggio passato a si-stemare il giardino e una grigliata in compagnia, il gruppo Davide e Golia ha iniziato anche ad aprirsi alla vita e all’attività del quartiere, facendosi conoscere poco alla vol-ta dai residenti, dai commercianti e dagli altri gruppi della zona. Non solo: è diventato anche un pun-to di riferimento per altre realtà della provincia. “Far incontrare i disabili mentali con la popolazio-ne, creare occasioni di relazione è stata un’operazione culturale che ha avuto da subito un grande impatto – commenta lo psichia-tra Livio Dalla Verde, che segue il gruppo per conto dell’Ulss e della Caritas -. Inoltre il Davide & Golia si è fatto fi n da subito promotore della propria fi losofi a con altre realtà, cercando di essere uno sti-molo per altre associazioni, altri gruppi di auto-mutuo aiuto e per i familiari. Oggi nella provincia di Vicenza sono centinaia le persone coinvolte in questa esperienza di accoglienza e di abbattimento del pregiudizio e la loro esperienza è riconosciuta anche dalle Ulss”.

L.M.

quartieri numero125 del15 novembre 2008 pag14

CampedelloLa casa dove Davide sconfigge GoliaNella vecchia canonica ha trovato spazio il primo centro di mutuo aiuto per persone con disagio psichici. Ecco come biodanza, giardinaggio e amicizia sconfiggono depressione e schizofrenia

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speciale numero125 del15 novembre 2008 pag16

È una città che non esiste più quella raccontata dalle targhe

che, agli angoli delle vie e delle contrade del centro storico, indica-no i nomi delle strade. Una Vicen-za d’altri tempi, racchiusa all’inter-no di solidi bastioni, in cui è tutto un pullulare di mercati, botteghe e piccoli laboratori artigiani, con i mulini affacciati sul Bacchiglione, il via vai del porto fl uviale, le rane che cantano nei fossati, i panni stesi ad asciugare nelle corti e una miriade di osterie dai nomi pittore-schi. Una Vicenza oggi dimentica-ta, non fosse per quei nomi un po’ insoliti che svelano, all’osservatore più attento, i segreti di un passato ormai lontano.

Una città di mercati, botteghe....Come molte città venete, anche Vi-cenza ha la sua piazza delle Erbe e la sua piazza delle Biade, e non è diffi cile intuire che lì, un tempo, si vendevano, frutta, verdura, foraggi e altri prodotti della campagna. Ma le vie dedicate al commercio sono ben più numerose: sempre in piaz-za Erbe c’è l’arco degli Zavatte-ri, cioè dei venditori di ciabatte, poco più in là si trova contrà Pe-scaria, antica sede del commercio del pesce che arrivava da Venezia per via fl uviale, mentre un merca-to ittico ancora più antico si svol-geva in contrà delle Pescherie vecchie, qualche decina di metri più a nord. Nella stessa zona delle Pescherie Vecchie c’è contrà Mu-schieria, che prende il nome dalle botteghe di guantai e profumieri (i

muschieri erano i venditori di spe-zie, profumi e guanti, che venivano profumati con muschio e altre so-stanze odorose), e subito dopo, in quella che oggi è piazza delle Poste si trovavano le botteghe dei ma-cellai (la zona era detta della Cop-parie, dove cioè si “copavano” gli animali). Sempre dalle macellerie prende il nome anche stradella delle Beccariette, una laterale di corso Fogazzaro dove esistevano delle piccole macellerie (le becca-riette, appunto), indicate col dimi-nutivo per distinguerle dalle Bec-carie grandi di Ponte San Paolo.

... fi lature e mulini ad acquaIn un’epoca in cui il fi ume era il motore dell’economia cittadina, la maggior parte delle attività produt-tive si concentrava lungo le anse del Bacchiglione. Poco distante da Ponte degli Angeli, nel quartiere di San Pietro o di Trastevere, ancora oggi c’è una Corte dei Molini, e altre macine dovevano essere in funzione nei dintorni di ponte Pu-sterla se a due passi da Pedemuro San Biagio c’è stradella dei Mu-nari. Sempre vicino al ponte di Pusterla, si stendevano ad asciu-gare i panni di lana prodotti nelle fi lature della zona utilizzando degli strumenti simili a rastrelli, chiama-ti chioare (da cui contrà Chioa-re). E si ricollegano a questo bruli-care industrioso anche nomi come contrà Burci, detta così perché in quella zona arrivavano le tipi-che imbarcazioni fl uviali veneziane (i burci o burchielli), e il quartiere delle Barche, in cui era situato il

porto della città.

Vicentini gran bevitoriTrovare un angolino dove passare qualche ora in allegria non doveva essere un problema nella Vicenza dei nostri nonni, almeno a giudi-care dal numero di strade legate alla presenza di antiche osterie. Secondo le ipotesi più accreditate Contrà della Fascina, contrà del Guanto, stradella del Ga-rofolino sono tutte strade che devono il loro nome alle insegne di luoghi in cui i vicentini si riuni-vano per bere un bicchiere in com-pagnia. Discorso solo leggermente diverso per contrà Frasche del Gambero, dove probabilmente le osterie erano due, una con una tettoia coperta di frasche e una con l’effi ge del gambero, per contrà delle Morette (o della Mal-vasia), dove c’era l’osteria della Malvasia ma anche una famiglia di nome Moretto, e per contra Do Rode: l’osteria c’era anche qui, ma c’era anche la corporazione dei notai, che aveva come simbolo pro-prio una ruota, e il nome potrebbe riferirsi ad entrambe le cose. Tra una bevuta e l’altra, comunque, meglio non esagerare, anche per-ché le prigioni non erano troppo distanti: il carcere cittadino è stato a lungo ospitato nella Torre del Tormento di piazza Erbe, come ricordano ancora oggi i toponimi Contra Gazzolle (da “gabbiole”, cioè celle, prigioni) e contrà Ca-tena: quest’ultima fa riferimento ad una catena che chiudeva l’ac-cesso alla strada, ma non si può

Ogni strada, una storiaNei nomi delle vie sopravvive la Città di una volta Quando sotto la Basilica si vendevano gli zoccoli, sul Bacchiglione navigavano i burchielli e a Ponte degli Angeli giravano le ruote dei mulini

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speciale numero125 del15 novembre 2008 pag17

| Nella foto grande la zona tra contrà Muscheria (a sinistra) e contrà Pescherie Vecchie (a destra)

escludere che alluda anche ai ceppi dei carcerati.

Balie, ospizi, tennisti e ranoc-chiIn quanti se lo saranno chiesto, passando dalle parti dei giardini Salvi: che cosa sarà mai questo Ponte delle Bele a cui è dedicata la stradina che si dirige verso San Lorenzo? Per capirlo bisogna ri-cordare che lì, un tempo, scorreva la Seriola, e che sotto uno dei pon-ticelli che l’attraversavano erano solite trovarsi a lavare i panni le balie (in dialetto “bele”) che accu-divano gli orfani del vicino ospizio di San Marcello. Del resto in zona non erano una rarità né i corsi d’acqua (poco distante c’era una zona paludosa infestata dalla rane, ancora oggi chiamata contrà Cantarane) né gli istituti di bene-fi cenza: basta spostarsi di qualche centinaio di metri per trovare con-trà Soccorso Soccorsetto, che prende il nome dalla Casa del Soc-corso, un istituto aperto nel 1590 per accogliere le prostitute che vo-levano cambiare vita, e dalla casa del Soccorsetto, che invece acco-glieva giovani ragazze in diffi coltà. Di tutt’altro tenore, invece, i nomi di alcune strade che si trovano tra piazza Castello e Ponte Furo. Lì doveva esserci l’antica area sporti-va della città: contrà Mure Pal-lamaio, infatti, prende il nome dal gioco della pallamaglio, un an-tenato del cricket e del golf, e non a caso lì accanto c’è anche contrà della Racchetta.

L. M.

“Per Cà del Diavolo? Dal-l’Isola prenda corso Prin-

cipe Umberto, passi contrà dei Giudei, poi all’altezza del Pozzo Rosso prenda a sinistra, attra-versi contrà della Calonega ed è quasi arrivato”. Oggi questi nomi sono tutti scomparsi dalle mappe della città, ma un secolo fa una conversazione di questo tipo poteva ancora essere ascol-tata, dalle parti di piazza Mat-teotti, per secoli chiamata dai vicentini piazza dell’Isola (o anche solo come l’Isola), per-ché proprio lì il Retrone con-fluiva nel Bacchiglione dando a tutta la zona l’aspetto di una penisola. Quello che è oggi Cor-so Palladio, invece, venne per secoli indicato prima solamen-te come Strà Grande o come contrà del Corso, nome do-vuto al fatto che in quel viale si svolgevano le corse dei cavalli durante particolari manifesta-zioni. Nel 1866 divenne corso Principe Umberto, nell’epoca

della Repubblica di Salò il nome cambio in corso Ettore Muti, per poi essere intitolato ad An-drea Palladio subito dopo la fine della seconda guerra mondiale. Contrà dei Giudei era l’antico nome di contrà Cavour, in epo-ca medievale abitata dalle fami-glie ebree della città, mentre il Pozzo Rosso era l’incrocio tra corso Palladio e corso Fogazza-ro, dove c’era davvero un pozzo di marmo rosso vicino al quale venivano letti i bandi comuna-li. Chiuso nel 1807, il pozzo fu sostituito da una colonna, che però durò solo pochi anni: an-che questa venne spostata nel 1815. Contrà Calonega, cioè contrà della canonica, infine, era il nome dell’attuale contrà Lampertico, nei pressi del duo-mo. E contrà Cà del Diavolo? Si chiamava così un tratto di contrà Mure Pallamaio, a quan-to pare perché da quelli parti esisteva una della “case chiuse” più note della città.

Giudei e diavoli:i nomi scomparsi

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È STATA INAUGURATA IL 25 OTTOBRE LA NUOVA PARETE INDOOR DI ARRAMPICATA SPORTIVA DI ZAMBERLAN MOUNTAINSPORT

LA NUOVA STRUTTURA, CHE HA RISCOSSO GRANDE SUCCESSO, È A PIEVEBELVICINO, ADIACENTE AL PUNTO VENDITA DI VIA VENEZIA 1/3

Arrampicata Sportiva, che passione!È stata inaugurata ufficialmente il 25 ottobre, riscuotendo notevole successo, la nuova parete indoordi arrampicata sportiva realizzata da Zamberlan Mountainsport a Pievebelvicino (VI), adiacente al Punto Vendita di Via Venezia 1/3. La parete è utilizzabile esclusivamente dai soci A.Z.A. (Associazione Zamberlan Arrampicata).Una tessera viene fornita a tutti gli aventi diritto, per la prova delle calzature e degli altri materialiper arrampicata, come corde, imbraghi, ecc., venduti da Zamberlan Mountainsport, che propone cosìai propri clienti l’opportunità di sperimentare direttamente l’efficacia delle diverse attrezzature.Un’iniziativa davvero esclusiva e una grande comodità per tutti gli sportivi, quindi, che fin dai primi giornidi apertura hanno potuto utilizzare con entusiasmo la nuova struttura indoor di arrampicata.La parete offre diverse vie caratterizzate da differenti livelli di difficoltà, proponendosi così come idealepunto di riferimento sia per chi si avvicina per la prima volta al mondo dell’arrampicata, sia per gli scalatori più esperti.Per tutti, del resto, il nome Zamberlan rappresenta un punto di riferimento: il calzaturificio Zamberlanproduce infatti fin dal 1929 scarpe da montagna di qualità, che in misura di circa il 90% vengono esportate in 44 paesi del mondo.Il Punto Vendita Zamberlan Mountainsport è il luogo adatto dove trovare non solo calzature, ma tutto l’equipaggiamento necessario per affrontare in sicurezza i più diversi percorsi della montagna.Chi desidera verificare l’efficacia delle nuove attrezzature e perfezionare la propria tecnica nella nuova parete indoor di arrampicata sportiva può contattare direttamente il Punto Vendita Zamberlan Mountainsport in Via Venezia 1/3 Pievebelvicino VI · Francesco, Beppe, Erminia: tel. 0445/660476e.mail: [email protected].

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Quando si parla di canzoni po-polari, il pensiero corre subito

alle melodie di Me compare Gia-cometo o di Quel mazzolin di fi o-ri. Ma il patrimonio della canzone popolare vicentina è ben più am-pio, profondo e variegato, e spazia dalle ninne nanne per i più picco-li ai canti “onti” che i più grandi intonavano per farsi quattro risate in allegria. Un repertorio enorme quanto destinato all’oblio, se non ci fosse qualcuno che con pazienza e costanza si batte per recuperar-lo, scovarlo, tramandarlo. Come il Canzoniere Vicentino, il gruppo nato nel 1975 per iniziativa di Gian-maria Sberze e del prete operaio Gastone Pettenon, e poi rifondato su nuove basi, con una formazione quasi interamente rinnovata e con un approccio meno ideologico nel 1979. “Ormai abbiamo 33 anni, co-minciamo a sentire il peso dell’età, ma ci divertiamo ancora tantissimo - scherza Luciano Zanonato, uno dei responsabili del Canzoniere di oggi -. Nei suoi primissimi anni il canzoniere aveva addosso una eti-chetta molto politicizzata. Niente di cui vergognarsi, ma cercammo di portare l’accento più sulla ri-scoperta della tradizione, con uno sguardo più critico e meno legato all’ideologia”. E di cose da riscoprire ce n’era-no parecchie. “Ci sono canzoni

che parlano di tutto – continua Zanonato -. Il fatto è che la gen-te ha sempre sentito il bisogno di esprimere sentimenti, emozioni e situazioni con il canto. È la vita che entra nelle canzoni, c’è poco da fare. Così, ci sono ballate come Cecilia, che raccontano una grande storia che non ha nulla da invidia-re alla Tosca, e ci sono quelle che raccontano di ragazzi che tentano di allungare le mani sulle ragazze”. In un’epoca in cui radio e televisio-ne non esistevano, e in cui cantare era anche un modo per non pensa-re al freddo o ai morsi della fame, c’era una canzone per ogni cosa. Le ninne nanne e le fi lastrocche per i bambini (basate spesso sulla ripe-tizione di un’idea semplice, come quella del corvo che prima perde il becco, poi perde “i oci”, poi la “coa” e infi ne anche il “culo”); le serena-te per il corteggiamento; le canzoni per la visita di leva (“era un rito di passaggio fondamentale – raccon-ta Zanonato -: i coscritti andavano tutti assieme, e dopo festeggiava-no con comportamenti tipici degli adulti, come bere, fumare, cor-teggiare le ragazze. E cantare”); le melodie legate allo scorrere delle stagioni – i canti dell’autunno come San Martin, o quelli per la primavera -, e alle feste che scan-divano l’anno: il Natale e la stella, l’Epifania, il Carnevale. E poi c’erano i canti dedicati al la-voro, come quelli delle mondine o delle donne delle fi lande, a cui il Canzoniere ha dedicato un’atten-zione particolare. Un mosaico di voci che racconta una storia tutta vista dal basso, ma ricchissima di

particolare e personaggi. Una sto-ria che spesso rivela dettagli ine-diti e per molti versi sorprendenti. “In una provincia cattolica come era il vicentino, la provincia bian-ca per eccellenza, dove tutti erano ossequiosi del prete, scopri che agli inizi del Novecento le donne scendevano in piazza per sciopera-re per avere la giornata lavorativa di otto ore – aggiunge Zanonato -. Ti ritrovi le donne di Arzignano in piazza con i soldati inglesi che le appoggiano, oppure i manifestanti caricati a cavallo”. A molti di questi argomenti il Can-zoniere ha dedicato degli spettacoli a tema. Sulla Grande Guerra, sul-l’emigrazione, sulle feste tradizio-nali. Uno dei più riusciti e diver-tenti è quello dedicato alle canzoni “onte”: canzoni apparentemente innocue, in realtà infarcite di dop-pi sensi. “Era un modo per parlare senza farsi capire da chi non dove-va capire, e senza offendere nes-suno – spiega Zanonato -. Erano canzoni che si potevano cantare anche in presenza dei bambini, che non avrebbero capito nulla, men-tre gli adulti se la ridevano sotto i baffi ”. Canzoni come La strada nel bosco, in cui si parla di una strada che “l’è lunga, l’è larga, l’è stretta, l’è fatta a barchetta, l’è fatta per fare l’amor”: “Ma quando mai si è vista una strada che è lunga, larga e stretta allo stesso tempo e che è fatta a barchetta, l’allusione è chia-ra”, osserva il musicista. Oppure la celebre Cena della sposa, in cui le allusioni sessuali si mescolano ad un’esaltazione dell’abbondanza che voleva essere di buon augurio

per la nuova coppia. Alla base del repertorio del Canzo-niere c’è un lungo e impegnativo lavoro di ricerca. Fatto di giornate in biblioteca, viaggi nelle contrade delle vallate della provincia e visi-te nelle case di riposo, alla ricerca di anziani che abbiano conservato il ricordo di qualche strofa, di una melodia, magari anche di qual-che passo di danza. Una specie di corsa contro il tempo per salvare frammenti di un mondo che non c’è più. “Il problema è che non c’è più quel tipo di vita, non ci sono più le occasioni: cantare era un modo per stare assieme, per fare comunità, per non pensare al cibo che mancava. Oggi tutto questo non è sparito. E di conseguenza sono sparite anche le canzoni”. Un po’, a dire il vero, anche per colpa delle istituzioni che, salvo qualche piccola eccezione, non hanno mai dato troppa importanza al recupe-ro della nostra tradizione orale. “In altre zone i canti popolari sono sta-ti raccolti, da noi no, si lascia tutto nelle mani del volontariato. Tanto per fare un esempio, nel vicentino abbiamo la più grande raccolta di canzoni sulla Grande Guerra, ma non c’è nessuno che ne fi nanzi la pubblicazione”. Il bello è che, in alcuni campi, le canzoni dei nostri nonni risulta-no ancora di grande attualità. Ad esempio nel favorire il confronto con gli immigrati, per quanto pos-sa sembrare paradossale. “I temi dei canti popolari sono sempre gli stessi, perché le basi della vita era-no comuni – spiega Zanonato -. I canti per l’infanzia, per i riti di pas-

saggio, per le feste di Natale o per il solstizio d’inverno ci sono da noi come in Romania o nei paesi del-l’est. E sapere che cosa avevamo noi ci aiuta a metterci in comuni-cazione con gli altri”. Oppure nel lavoro con i bambini. “Qui i canti tradizionali funzionano ancora be-nissimo – conclude il musicista -. perché c’è il gioco della ripetizione, c’è l’accumulo tipo Fiera dell’est, c’è la possibilità di usare il gesto. Questo parte del repertorio funzio-na ancora, il resto sparirà Anche per colpa nostra, che non ci siamo resi conto di cosa avevamo in casa. E per colpa di chi ci ha fatto crede-re che solo le cose che venivano da lontano avevano valore”.

cultura numero125 del15 novembre 2008 pag19

ViPiùcultura

Da oltre trent’anni il gruppo Canzoniere Vicentino ricerca e raccoglie i canti della tradizione orale. Ne esce fuori un affresco vivacissimo di storie e personaggi sulla provincia di ieri, che parla anche ai vicentini di oggi

di Luca Matteazzi

| Il Canzoniere Vicentino con l’attore Pino Costalunga che li affianca in molti spettacoli

Filande, filastrocche e canti ontiUn Canzoniere pieno di sorprese

Cossa gala magnà la sposanella prima sera?Mezo pitonsìn, mezo pitonsìn.Dò quajéte,tre colombi, quattro galli monta-tori,cinque ossi ben pelosi,el so sardelìn, el so sardelìn.Sete eti de farina, la ga cagà per la cusinaOto eti de confeti, la ga cagà par tuti i letiNove eti de fasói, la ga cagà par i nissióiDiese eti de violapa, la ga cagà come ‘na vaca.

Testo tratto da I mangiatori di civette (I magnasoéte) di Virgilio Scapin

La cena della sposa

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Quando le diede vita, nel 1858, Fedele Lampertico non im-

maginava di certo che 150 anni più tardi i suoi soci si sarebbero riuniti assieme per discutere del-l’ultimo fi lm di Wim Wenders o per imparare il cinese. Invece è andata proprio così, ma non c’è da stupirsi più di tanto del per-corso fatto, in un secolo e mez-zo di vita, dalla Società generale di mutuo soccorso. Nata a metà dell’Ottocento, la Società ave-va, come molte altre sue sorelle sparse in giro per l’Italia, so-prattutto un obiettivo sociale, di mutua assistenza: era un modo per garantire sostegno a chi si ammalava, agli anziani, a chi si feriva sul lavoro, in un momen-to in cui lo stato sociale doveva ancora essere inventato. “È nata da persone che si raggruppava-no per mettere via un soldo per i momenti di necessità”, confer-ma la presidente Angelina San-tucci, che tra qualche settimana

lascerà l’incarico dopo trent’anni di impegno. Oggi, quello spirito mutualistico non è scomparso, ma è diventato solo una parte minoritaria dell’attività. “Rima-ne ancora qualcosa – continua la Santucci -. Soprattutto per i soci più anziani, che sono molto legati a queste cose”.

Per tutti gli altri, la Sgms è so-prattutto un punto di riferimento per la vita culturale della città. Attorno ala sua struttura ruotano infatti il cinema Odeon (che ha festeggiato l’anno scorso i cen-to anni di attività ininterrotta, un caso unico in Italia), la Casa di cultura popolare, con tutte le iniziative e gli incontri, i corsi di lingue, l’Associazione studenti, e altro ancora. “Nel campo del-la cultura, che era comunque negli scopi dell’associazione fi n dall’inizio, ne facciamo di tutti i colori, e non saprei scegliere un settore piuttosto di un altro” aggiunge la presidente. E in ef-fetti, tra tante proposte, c’è solo l’imbarazzo della scelta. I corsi di lingue, tanto per pescare un esempio tra le attività più col-laudate, spaziano dall’inglese all’arabo, dal tedesco al cinese, per arrivare all’italiano per stra-

nieri, che soprattutto negli ultimi anni è uno dei più gettonati. Poi ci sono i corsi di informatica, la ginnastica per anziani, i viaggi (si va dai soggiorni di due settimane – l’ultimo è stato fatto in Sicilia - alle visite di una giornata per eventi particolari) e tutte le atti-vità organizzate dalla casa di cul-tura popolare: le rassegna in cui si mettono a confronto fi losofi a e cinema, gli appuntamenti con la letteratura e con la storia o, per restare alle iniziative partite in queste settimane, la matematica (è in corso un ciclo di incontri intitolato “la matematica per il cittadino” che offre una carrella-ta sulle principali tappe dell’evo-luzione di questa disciplina) e la scrittura creativa. “Questo è un corso che facciamo già da qual-che anno e che funziona bene – osserva Angelina Santucci -. Anche in questi giorni c’è stato un via vai continuo di persone che chiedevano informazioni. Ma è così un po’ per tutto: abbiamo oltre tremila iscritti”.

Se i numeri non sono suffi cienti a rendere l’idea di quanto la Sgms sia radicata nel panorama della città, basta dare un’occhiata ai nomi. Nel consiglio direttivo ci

sono, o ci sono stati, personaggi come Fernando Bandini e l’at-tuale assessore alla cultura Fran-cesca Lazzari; nel comitato scien-tifi co l’elenco comprende Flavio Albanese, Ilvo Diamanti, Giusep-pe Pupillo, Giorgio Sala, Paolo Vidali, Mauro Passarin e molti altri. “Qui siamo al di fuori e al di sopra di partiti e religioni, e con-tinueremo ad esserlo – riprende la presidente -. Qualche volta forse potrà esserci qualcosa che tira più a sinistra, qualche altra volta qualcosa che guarda più a destra, ma la cultura è al di sopra di queste schematizzazioni. I no-stri comitati possono organizzare quello che vogliono, a patto che le attività rientrano nei costi”.Già il problema dei fi nanziamen-

ti, eterno cruccio per gli opera-tori della cultura, si fa sentire anche qui. E sì che la Sgms parte da una posizione tutto sommato privilegiata, forte del gran nu-mero di tesserati, di un piccolo patrimonio ereditato nel corso degli anni (tutto l’immobile che si affaccia su corso Palladio è di sua proprietà) e soprattutto di una tradizione e un prestigio che le aprono molte porte. La Banca Popolare di Vicenza, così come quella di Verona, danno ogni anno dei contributi. E lo stesso fanno altre istituzioni. “Ma la cosa fondamentale è che qui tut-to si basa sul volontariato e nes-suno prende una lira – precisa la Santucci -. Senza questo non ce la faremmo”.

cultura numero125 del15 novembre 2008 pag20

La Società generale di mutuo soccorso ha festeggiato quest’anno il 150° compleanno. Fondata da Fedele Lampertico, oggi conta oltre tremila soci, e attività che spaziano dai corsi di lingue alla ginnastica per anziani

di Luca Matteazzi

Sgms, la cultura è di Casa

| L’ingresso della Società generale di mutuo soccorso di fianco al cinema Oeon

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Il nuovo spettacolo dei Momix, un classico come “Coppelia” in

prima nazionale e un altro sem-preverde del balletto come il “Don Quichotte” in esclusiva nazionale. E poi il fl amenco di “Fuenteoveju-na” in esclusiva regionale, il trit-tico del Phoenix Dance Theatre, e due spettacoli per le scuole. La nuova stagione di danza del Tea-tro Comunale (che rappresenta la tredicesima edizione della rasse-gna Vicenza Danza) si presenta con un programma ricco di sug-gestione e con tutte le carte in regola per confermarsi come un appuntamento da non perdere per gli amanti di scarpine da pun-ta e pirouette. Non a caso i 750 abbonamenti disponibili sono già esauriti, e anche i biglietti sono ormai agli sgoccioli. Ad aprire le danze, è il caso di dirlo, sarà “Coppelia” nell’origi-nale versione rivisitata, proposta dal Ballet Víctor Ullate Co-munidad De Madrid, in cartel-lone venerdì 28 novembre alle ore 21.00 in prima nazionale in esclu-siva per l’Italia, con la coreografi a di Eduardo Lao. Si replica sabato 29 novembre alle ore 21.00, con lo stesso spettacolo fuori abbona-mento.Come di consuetudine, tutti gli spettacoli saranno preceduti da-gli Incontri con la Danza (alle ore 20.00 per gli spettacoli serali, alle 15.00 per lo spettacolo del pome-riggio), incontri con esperti e cri-tici di danza per approfondimenti

e presentazioni accurate degli spettacoli, degli autori, dei coreo-grafi e delle compagnie. In questo caso l’Incontro sarà condotto, nelle due serate, da Silvia Poletti, critica e giornalista fi orentina.Doppia data anche per il nuovo attesissimo spettacolo dei Mo-mix “Bothanica” - coreografi e di Moses Pendleton - in program-ma martedì 3 e mercoledì 4 feb-braio alle ore 21.00: un viaggio in chiave ecologista all’interno di una natura meravigliosa. Gli Incontri con la Danza saranno martedì 3 febbraio con Valeria Crippa, critica e giornalista de “Il Corriere della Sera”, e mercoledì 4 febbraio alle con Franco Bolletta, esperto e consulente artistico per la danza del Teatro La Fenice.Domenica 8 febbraio alle ore 21.00 ritorna il fl amenco essen-ziale d’ispirazione contempora-nea della Compañia Antonio Gades con “Fuenteovejuna”. L’Incontro con la Danza sarà con Ermanna Carmen Mandelli, criti-ca e saggista esperta di fl amenco.Un balletto del grande reperto-rio classico è invece al centro del quarto spettacolo in programma, il “Don Quichotte” del Ballet du Théâtre du Capitole de Toulouse - in esclusiva nazio-nale a Vicenza - sabato 7 marzo alle ore 21.00 e domenica 8 mar-zo alle ore 16.00, su coreografi a di Marius Petipa riadattata da Nanette Glushak, storica danza-trice del New York City Ballet e

dell’American Ballet Theatre. Lo spettacolo sarà introdotto dal-l’Incontro con la Danza a cura di Remo Schiavo.A chiudere la stagione domenica 19 aprile alle 21.00, il Phoenix Dance Theatre, compagnia rivelazione della Biennale Dan-za 2007, che proporrà a Vicenza “Los Picadores”, “Paseillo” e “Nopalitos” un trittico di gran-de impatto emozionale su coreo-grafi e del direttore artistico della compagnia, l’anticonformista ve-nezuelano Javier de Frutos. L’ul-timo spettacolo della rassegna sarà preceduto dall’Incontro con la Danza a cura di Stefano To-massini docente all’Università Ca’ Foscari di Venezia.Completano la rassegna i due ap-puntamenti mattutini di Danzare per Educare, realizzati in colla-borazione con l’assessorato al-l’istruzione del Comune: giovedì 19 marzo alle ore 10.00 lo spet-tacolo per le scuole dell’infanzia e primarie “Fino a mezzanotte”, nuova produzione della Compa-gnia Leggere Strutture, ispirata alla fi aba di Cenerentola;i giovedì 2 aprile alle ore 10.00 “Le cro-nache di Narnia” della Compa-gnia Aulos, dedicato agli studenti delle scuole primarie e secondarie di 1° grado.I costi dei biglietti oscillano, per gli interi, tra i 30 euro e i43 euro. Il diritto di prevendita è compre-so nel prezzo dei biglietti. Gli ab-bonamenti sono esauriti.

cultura numero125 del15 novembre 2008 pag21

Momix e flamenco la danza incanta il Comunale

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• Hip Hop

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Stretching

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VENT’ANNI DI ESPERIENZA

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Presentata la nuova rassegna di Vicenza DanzaIn cartellone ci sono anche Coppelia, il Don Quichotte e il Phoenix Dance Theatre

| In alto Yevgen Eri (foto di Jesus Vallinas). Sotto il flamenco di Fuenteovejuna

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Cover band sì, cover band no. Da sempre gli appassionati di mu-

sica dal vivo si dividono sull’anno-sa questione. Da un lato i “puristi” dell’inedito, che tacciano le cover band di inespressività e mancanza di creatività, accusandole di ridur-si a meri strumentisti per amore del soldo. Dall’altro i “nostalgici” dei classici, che riconoscono loro il merito di mantenere viva la tra-dizione live e diffondere una certa cultura musicale, oltre a dimostra-re indubbia capacità tecnica per misurarsi coi mostri sacri del rock. Per capirne di più abbiamo incon-trato una cover band nostrana, i Blake. Sodalizio artistico nato nel 2005, i Blake – Denis To-descato (voce), Mi-chele Borgo (chitar-ra solista), Matteo Tovo (chitarra), Luca Apolloni (basso) e Riccardo Rech (bat-teria) – sono in real-tà una tribute band, che si distingue dal-la tipologia “cover” perché ripropone la musica di un unico artista, rifi utando il fi lone delle scalette “tutti gusti” che tanto piacciono al pubblico ge-neralista. Per passione condivisa la formazione vicentina suona solo brani targati Pearl Jam, gruppo che, dalla fertile scena di Seattle

assieme a Nirvana, Soundgarden ed Alice in Chains, ha infl uenza-to con la ruvidezza grunge i gusti musicali di chi è nato tra gli anni ’70 e ’80. I Blake hanno in media una data assicurata a settimana ed ai loro concerti registrano il tutto esaurito, per la gioia dei locali che li ospitano in giro per la provincia. «Abbiamo un seguito di “fedelissi-mi”, cui si sommano i molti appas-sionati dei Pearl Jam – ci raccon-ta Denis – ma ci è anche capitato

d’incontrare spettato-ri delusi di non poter canticchiare Vasco o Ligabue…» Al di là dei discutibili gusti di chi ascolta, è comun-que pacifi co che un repertorio già noto ai più sia un lascia-passare non da poco, in un mondo, quello

della musica live, dove in maniera lampante emerge la

tendenza a riconoscere piuttosto che conoscere. Ed i Blake sembrano consapevoli di essere altro rispetto a chi mette in gioco la propria arte e capacità compositiva sul palco, anche se

il loro obiettivo non è riprodurre copie perfette dell’originale, ma riarrangiare, fare propri e a volte improvvisare i brani dei loro ido-li. Senza nascondere ciò che li ha spinti a proporre un repertorio di cover: «Il progetto Pearl Jam è nato ben sapendo che avremmo avuto più occasioni di suonare. E per un musicista esprimersi da-vanti ad un pubblico è impagabile» ammette Denis. Va anche detto che i Blake sono una delle poche tribu-te band regolarmente reclutate dai locali cittadini solititamente dedi-ti alla ricerca musicale di qualità, come il Borsa o il Sartea. E questo perché sono bravi, tecnicamente ed espressivamente. Sono musi-cisti fatti e fi niti che con sensibi-lità vibrante rendono omaggio ad un’idea di musica, coinvolgendo chi li ascolta. E che si compiaccio-no della ritrovata capacità di alcuni gruppi vicentini che fanno musica propria di emergere, dopo il vuoto decennale seguito all’”espatrio” di Misto Nocivo, Sinergia e altri. For-se, nella diatriba cover sì-cover no, una realtà non esclude l’altra, lad-dove si parla di buona musica. Se solo ci fosse spazio per entrambe in egual misura.

movida numero125 del15 novembre 2008 pag22

ViPiùmovida

sabato 15FANTOMATICINuovo Bar Astra contrà Barche 14, ore 19Concerto surf rock alternativoFree entry

sabato 15BLAKEBar Sartea -corso Ss. Felice e Fortunato 362, ore 21Concerto acustico tributo Pearl JamFree entry

sabato 15LIVE@BARCHESSA 2008Oratorio parrocchiale di Dueville piazza Monza (Dueville), ore 21.30Rassegna musicale – concerti di Red Rock (hard rock), Elisa & Tremones (punk rock), Eroma (ambient), Chatelet (folk elettronico) e I Quattro Gatti (blues)Free entry

sabato 15MIURA + LUBJANShindy Club - via S. Giorgio 140 (Bassano del Grappa), ore 23.30Concerto rock con gli storici ex dei TimoriaRiservato soci Shindy

domenica 16POLGA-VALENTE TRIOBar Sartea -corso Ss. Felice e Fortunato 362, ore 21Concerto jazzFree entry

domenica 16GO GO MONELLAS TRIOSabotage Bar – viale dell’Industria 12, ore 22Concerto rockabilly da VeronaFree entry

mercoledì 19SO FUCKING WHATBar Sartea -corso Ss. Felice e Fortunato 362, ore 21Concerto trash country rock dalla GermaniaFree entry

giovedì 20RICCI PASTICCIBirrifi cio Birracrua - strada vicinale Montecrocetta 6, ore 21Concert orock blues acustico Free entry

venerdì 21IL TEATRO DEGLI ORRORI + SCHIELENuovo Capannone Sociale – via dell’Edilizia 128, ore 22Concerto indie a sostegno del Presidio No Dal MolinRiservato soci Arci

venerdì 21CHANO E GLI ARTRISTICIEquobar Strada Marosticana 350, ore 21Concerto di musica folk e ritmi latiniFree entry

venerdì 21LUCIBEL CRATERCSC Centro Stabile di Cultura – via Val Leogra (San Vito di Leguzzano), ore 22.30Concerto trip hop elettronico dagli Usa nel segno di Portishead, Massive Attack e altriRiservato soci CSC

Gli appuntamenti

Oltre ai fan dei Pearl Jam, abbiamo un seguito di fedelissimi

Cover story

di Francesca Danda

Nonostante le critiche, i gruppi che ripropongono musica di band famose riempiono i locali. Il caso dei Blake (cover Pearl Jam)

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Fra tradizione e innovazione (impagabile la citazione da

Goldfi nger), ecco la seconda pun-tata del nuovo Bond interpretato da Daniel Craig, che ha raggiunto, e forse superato, il modello ‘inimi-tabile’ di Sean Connery. Se infatti l’attore scozzese aveva fatto di 007 un raffi nato ed ironico gentleman e tombeur de femmes, Craig lo ha trasformato in un ‘eroe del nostro tempo’, cupo e scontento, avve-lenato nel cuore e nella mente da un malessere che è umano e forse anche esistenziale, prima di es-sere legato ai nemici e al dovere. Co-autore di questo cambiamento è lo sceneggiatore, il geniale Paul Haggis, regista, nel 2005, di quel Crash che è uno dei fi lm più belli e sensibili di questo decennio, e

che mai avremmo pensato di ve-der ‘sprecato’ in un’avventura di Bond. In questo sequel, forse non allo stesso livello dell’ottimo Casino Royale (2007), 007 deve pareggia-re i troppi conti lasciati in sospeso a Venezia e sul lago di Como dopo la morte di Vesper. Inseguendone gli assassini, Bond si imbatte nel capo di un’organizzazione interna-zionale che fa e disfa cinicamente governi con l’unico obiettivo di impadronirsi della risorsa più preziosa esistente oggi sul piane-ta, che no, non è il petrolio. Per sconfi ggerla e saziare la sua sete di vendetta, 007 si lancia in un inse-guimento frenetico (a volte forse troppo), che gli costerà la perdita del vecchio amico Mathis (bravis-

simo Giancarlo Giannini) e che lo porta alla resa dei conti, sotto la neve di Mosca. Lì ritroverà anche la stima di M, la donna (Judi Den-ch, vera attrice e non macchietta) che oggi è il suo capo (o madre spi-rituale?). Bond è ancora e sempre ‘al servizio di Sua Maestà’, e noi lo seguiamo con lo stesso affetto in-genuo di quando l’abbiamo cono-sciuto, ormai quasi cinquant’anni fa. Lunga vita a James Bond. Po-scritto per chi ci si sta rompendo la testa da mesi: Quantum of solace è il titolo di un racconto breve di Jan Fleming, il creatore di 007, e signifi ca ‘un pizzico di consolazio-ne’: almeno così ha dichiarato il produttore del fi lm.

Quantum of solace, Marc Forster, USA/GB, 2008

movida numero125 del15 novembre 2008 pag23

Questa antologia, inserita nel-la prestigiosa collana “I Me-

ridiani” dell’editore Mondadori, presenta in ordine cronologico, dal ‘500 a oggi, i testi più impor-tanti degli scrittori italiani che nel corso della loro carriera sono stati autori o traduttori di fi abe dal contenuto fantastico. Si va da Giambattista Basile, autore fra il 1634 e il 1636 del “Cunto de li cunti”, cinquanta fi abe in dialetto napoletano a cui si ispirarono, in seguito, anche i fratelli Grimm e Charles Perrault; all’autore vene-ziano Carlo Gozzi che, nel ‘700, in competizione con Carlo Goldoni, scrisse dieci fi abe teatrali che ri-

prendevano gli schemi della commedia del-l’arte. Poi, dopo Collo-di e Capuana nell’800 e dopo D’Annunzio, Deledda e Gozzano nei primi anni del ‘900, si passa a Tommaso Landolfi e alle celebri “Fiabe italiane” di Ita-lo Calvino, per prose-guire lungo il corso del XX° secolo con Mora-via, Sciascia, Consolo, Malerba, La Capria, Rodari, Zan-zotto e Benni. Si chiude con “La Gatta Cenerentola” di Roberto De Simone.Il volume, curato da Mario Lava-getto, è indubbiamente pondero-so. Si tratta di un’opera signifi ca-tiva per almeno due ragioni. La prima, e forse più importante, è il fatto di evidenziare con decisio-ne la costante presenza dell’ele-

mento fantastico nella letteratura italiana di ogni secolo (presenza a lungo trascurata, se non del tutto ignora-ta dagli studiosi). La seconda ragione è la possibilità che viene fornita al lettore, gra-zie anche a una pre-cisa analisi dei testi, di osservare come i diversi elementi che compongono le fi abe

(personaggi e situazioni) siano scomposti e ricombinati ogni vol-ta in modo affascinante, con esiti spesso assai felici e in ogni caso sempre originali.

Racconti di orchi, di fate e di streghe. La fi aba lettera-

ria in Italia, a cura di Mario Lavagetto, Mondadori, pp. LXXIV – 1766, € 55

di Giuliano Corà

di Giovanni Magalotti

Sul comodinoDal Cunto de li cunti a Benni Quattro secoli di fantasticoOrchi, fate, streghe e animali parlanti: i Meridiani raccolgono le migliori fiabe scritte in Italia dal Seicento ad oggi. Con nomi come Goldoni, Deledda, Moravia e Zanzotto

ViPiùbollicine

PopcornQuesto James Bond è proprio un sollievo

| Una scena di Quantum of solace

L’attore Daniel Craig e il geniale sceneggiatore Paul Haggis hanno trasformato 007 in un eroe cupo e tormentato. Ma i film sono godibili come quelli di Sean Connery

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tutti i ritrovidel popolodella notte

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Un settore dello stadio solo per le famiglie. È il sogno (proi-

bito?) di Sergio Campana, presi-dente dell’Associazione Italiana Calciatori. Alla cerimonia per i quarant’anni della sua “creatura” l’avvocato è un libro aperto. E mo-stra una parte di sé ancora scono-sciuta ai più: pronto alla battuta, parla con il sorriso sulle labbra. Sembra un altro. La proposta del-le famiglie allo stadio è di qualche anno fa. “Quando ancora in serie A c’erano le diciotto squadre – pre-cisa il presidente -. Sapete quante hanno risposto alla mia provoca-zione? In tre. Non posso fare nomi; due società mi hanno detto che no, è troppo complicato e pericoloso”. E l’al-tra? L’avvocato glissa la domanda e passa oltre. Qualcuno lo incalza: “E’ solo uto-pia”. Lui, tranquillo, replica: “Io ci proverò con tutti i mezzi fi no a che sarò chiamato a guidare l’Aic”. Campana è così. Schietto, semplice. Apre il libro dei ri-cordi con un pizzico di nostalgia: “Nel 1968, durante un ritiro della Nazionale a Cover-ciano mi telefonano Rivera, Bulga-

relli, Mazzola e De Sisti. Mi dicono che hanno una grande idea per difendere i diritti dei calciatori. Ci troviamo insieme dopo una setti-mana in un’osteria di periferia e mi propongono di costituire un’as-sociazione che avrei dovuto coor-

dinare; secondo loro ero la persona adatta perché avevo studia-to Legge. Ci penso un attimo e il 3 luglio fi rmiamo lo statuto. L’associazione dei calciatori è nata così, dietro a un buon bic-chiere di vino”. Come tutte le grandi società

d’altronde. Fa pensare che la sede sia sempre sta-ta a Vicenza. Cam-

pana spiega così questa scelta: “Ho accettato di buon grado di fare il presidente. A una condizione

però: che potessi lavorare vicino a casa. Chiedere un uffi cio a Bassa-no, la mia città natale, sarebbe sta-to troppo; in fi n dei conti Vicenza poteva andare comunque bene. E soprattutto era lontana dai palazzi che contano di Roma e Milano; da parte mia mi sono sempre tenuto a debita distanza dai potenti del cal-cio. Meglio una sede più tranquil-la e indipendente. Sorrido ancora quando ripenso alle riunioni con le associazioni dei calciatori dei diversi Paesi europei; di solito si organizzavano a Londra, Amster-dam e Madrid. In Italia il luogo era, naturalmente, Vicenza. Quan-do mi chiedevano dove si trovasse io rispondevo sempre che non era distante da Venezia: allora sì che mi capivano”. Campana è uno dei pochi giocatori di serie A che è riuscito a conciliare il calcio con lo studio. “Mi prepa-ravo agli esami durante le trasferte

– sottolinea l’avvocato -; una volta si andava via in treno, mica come adesso che ci sono le corriere o gli aerei privati. I miei compagni di squadra giocavano a carte per passare il tempo. Io ne approfi tta-vo per preparare i miei esami; una volta, di ritorno da una trasferta, mi sono infortunato. Il mio allenatore si avvicina a me e mi fa: capi-to perché ti sei fatto male? Hai sempre in mente i libri. Guarda come si divertono in-vece i tuoi compagni con una briscola”. Un calcio davvero di altri tempi. Una vol-ta poteva succedere che un Presidente della Repubblica giocasse a car-te con un tecnico della Nazionale (Sandro Pertini e Enzo Bearzot in

aereo dopo la vittoria al Mundial del 1982: memorabile). Tempi che non torneranno mia più? “Diffi cile – continua Campana -; ma atten-zione: non è che il calcio di una volta stesse meglio di adesso. In quarant’anni di lavoro abbiamo

vinto molte battaglie a favore dei calcia-tori. Non tutti sono delle primedonne, non tutti sono stra-ricchi. Ce ne sono alcuni che, tutt’og-gi, fanno fatica ad arrivare a fi ne mese perché le società non li pagano: è bene

che i tifosi sappia-no anche questo”. Progetti per il futu-ro? “Gliel’ho detto

– conclude l’avvocato – gli stadi pieni di famiglie. Prima o poi cen-treremo l’obiettivo”.

sport numero125 del15 novembre 2008 pag25

ViPiùsport

di Francesco Cavallaro

Famiglie allo stadio? Solo tre squadre hanno risposto al nostro invito

Un sogno possibile

I calciatori non sono tutti delle primedonneAlcuni faticano ad arrivare a fine mese

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L’Associazione Italiana Calciatori compie quarant’anni Il presidente Sergio Campana ha un desiderio da realizzare: gli stadi pieni di famiglie. “Io ci proverò con tutti i mezzi”

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Da più di un decennio i tifosi biancorossi leggono on line

le notizie sulla squadra vicentina di serie A1. Da oggi però le in-formazioni sulla Minetti Vicenza arriveranno sugli schermi dei pc degli appassionati di pallavolo non solo in formato testuale, ma con video e audio: è stato lanciato sul sito www.joyvolleyvicenza.it il nuovo canale tematico dedicato alla squadra vicentina di serie A1 e a tutto il settore giovanile del gruppo Joy Volley, che trasmet-terà 24 ore su 24 le interviste, le immagini delle partite e gli appro-fondimenti sui personaggi della pallavolo biancorossa. La Web Tv si avvale della piattaforma Mogulus e avrà due modalità di

trasmissione: live e on-demand, raggiungendo potenzialmente ogni angolo del pianeta dotato di una connessione a Internet.

C’è anche la Provincia. L’ini-ziativa è stata lanciata la scorsa settimana in conferenza stampa nella sala consiliare di Palazzo Nievo, dato che anche la Provin-cia e Radio Vicenza si sono dota-te della stessa tecnologia. La web tv permetterà una sinergia tra le tre differenti realtà del mondo berico. Spiega l’Assessore Pro-vinciale all’Innovazione Andrea Pellizzari: “Sul nostro canale i cittadini avranno la possibilità di assistere alle sedute pubbliche che scandiscono l’attività isti-tuzionale, ma il palinsesto sarà allargato e arricchito grazie alla partnership con la Minetti e con Radio Vicenza. Il progetto è a costo zero e consente a tutti con facilità di accedere ai nostri contenuti tramite un filo diretto

e senza mediazioni. Siamo par-titi con la pallavolo, uno sport che piace e che a Vicenza è una realtà di vertice, ma in futuro abbiamo già pensato di aprire la collaborazione ad altre società sportive”. Presto sarà firmato un protocollo d’intesa, nel frattem-po l’Assessore è tornato al Pala-Rewatt per tifare Paccagnella e compagne nel match di campio-nato con Chieri.

All Star Game a Pavia. E’ stata decisa la sede dell’All Star Game 2008/2009: sarà Pavia ad ospita-re lunedì 8 dicembre la kermesse organizzata dalla Lega Pallavolo Serie A Femminile, al quale par-teciperanno la nazionale italiana di Barbolini e una selezione delle migliori giocatrici straniere del massimo campionato. Secondo il Corriere dello Sport la data pre-scelta non sarebbe però gradita alla federazione e questo met-terebbe addirittura in dubbio la

partecipazione delle azzurre al-l’evento.

Biancorosse e Panathlon. Minetti Vicenza e Panathlon Club insieme per una sera. E’ accadu-to mercoledì scorso al ristorante Trattoria Nogarazza di Sant’Agostino, dove alcune ragaz-ze della pallavolo di serie A1 (erano pre-senti Ivana Curcic, Stefania Dall’Igna, Moky De Gennaro, Francesca Devetag e la capitana Ste-fania Paccagnella) sono state ospiti a cena dei soci del-l’associazione che raccoglie numerosi ex atleti e sportivi vicentini di lunga data. Dopo l’introduzione a cura del presidente dr. France-sco Binda, il patron biancorosso Coviello, il tecnico Fangareggi e

le giocatrici si sono presentate raccontando qualche partico-lare sulla storia del club e sulla propria carriera. Le biancorosse hanno risposto alle curiosità dei presenti, che spaziavano dal cli-ma interno alla squadra e dagli

ingredienti necessari per vincere ai rap-porti con il pubblico e con le istituzioni locali. Le ragazze hanno ringraziato il Panathlon omag-giando il club berico con la foto scattata a Palazzo Chiericati incorniciata con gli

autografi dell’inte-ra squadra e hanno ricambiato l’invito dando appunta-

mento ai panatleti per la prossi-ma partita casalinga: l’importan-te scontro diretto in programma domenica 23 novembre contro la Riso Scotti Pavia.

sport numero125 del15 novembre 2008 pag26

La web tv si avvale della piattaforma Mogulus

di Paolo Mutterle

| La Minetti Vicenza con il presidente di Panathlon Francesco Binda

VolleyMinetti on line anche con la Web TvLanciato il canale tematico della pallavolo biancorossa Nel match con Pavia del 23 ospiti al PalaRewatt i panatleti vicentini

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sport numero125 del15 novembre 2008 pag27

È fi nale. La Caoduro Diavoli Vi-cenza raggiunge Asiago Vipers

nella fi nale di Coppa Italia, la prima della sua storia. Grande soddisfa-zione per l’allenatore Roffo, per la società e per tutta la squadra che sia all’andata che al ritorno ha fornito delle ottime prestazioni, giocando con grande carattere e determina-zione e meritando di staccare il bi-glietto per la fi nale.La gara di ritorno è iniziata con tut-t’altra intensità rispetto all’andata, con l’Edera molto più agguerrita e i Diavoli presi subito in contro-piede dal gol triestino di Kos dopo nemmeno un minuto. Buona però la reazione dei vicentini che hanno

cercato subito il pareggio, hanno su-bito due penalità, ma hanno saputo tenere e pareggiare al 5,49 grazie ad una bella azione di Roffo. Partita ric-ca di emozioni con il nuovo gol del-l’Edera in power play nuovamente con Kos, che riesce a trafi ggere per la seconda volta il portiere slove-no Kroselj. I Diavoli non mollano e con capitan Stevanoni all’11,52 si riportano sul pari: 2-2. Continuano le emozioni e i cambi di fronte con occasioni da entrambe le parti fi no a quando “Momo” Rigoni porta in vantaggio i Diavoli con la sua prima rete stagionale. L’Edera chiede il time out, non molla, ci prova ad ac-corciare anche in inferiorità nume-rica fi no al fi schio della sirena per la fi ne del primo tempo, che si chiude con i Diavoli leggermente in diffi col-tà dopo un ottimo primo tempo.Seconda frazione di gioco che ri-prende con l’Edera in lotta per il pari e i Diavoli pressati che riescono

comunque a passare indenni due penalità, grazie agli interventi di Kroselj, sempre pronto quando vie-ne chiamato in causa, e alla grinta e alla determinazione di tutta la squa-dra. La gara si fa sempre più una lot-ta con entrambe le squadre che non riescono a passare nei power play, ma che ci provano chiamando in causa i due portieri Kroselj e Riva, autori di grandi prestazioni.I Diavoli sono più squadra, hanno più determinazione, carattere e riescono ad allungare al 33,15 con tiro da fuori di Roffo che porta la squadra sul 4-2. L’Edera prova una timida reazione, con le idee un po’ confuse e senza riuscire a passare la retroguardia dei Dia-voli. Alla fi ne, quando i triestini provano il tutto per tutto facen-do uscire il portiere Riva, arriva il quinto gol dei vicentini ancora per opera del goleador Roffo, au-tore di una tripletta. “Abbiamo

giocato una partita storica – ha dichiarato a fi ne gara Andrea Bel-linaso, secondo allenatore dei vi-centini – E’ stata un’ottima par-tita, contro un avversario forte sulla carta, ma poi in pista siamo stati molto più squadra di loro e molto più organizzati. Il grande lavoro durante la settimana ha ri-pagato gli sforzi di tutti, compresi quelli della società. Adesso non vogliamo sederci sugli allori, ma lavorare bene pensando alla fi na-le dove troveremo un avversario molto più temibile”.Per Caoduro Diavoli Vicenza i pros-simi appuntamenti con la Coppa Italia sono il materdì 18 novembre gara uno e gara due martedì 9 di-cembre per la fi nale contro Asiago Vipers, vittorioso sull’Arezzo per 9-0 nel ritorno (7-2 all’andata), consapevoli di aver raggiunto un risultato storico e con la voglia di continuare a sognare.

Hockey in lineDerby indiavolatoBasket Natasha Humphrey in arancione

Dopo una settimana dalla fi rma sul contratto, e risolto l’iter bu-

rocratico legato ai visti, è fi nalmente arrivata Natasha Humphrey, pivot classe 1985 acquistato dal Famila per sostituire Kara Braxton. L’atleta ha già sostenuto i primi allenamenti con il resto del gruppo, e lo staff tec-nico conta dunque di poterla utilizza-re già nelle prossime sfi de, a partire nella delicata partita contro le turche del Fenerbahce. Humphrey giunge a Schio dopo aver vissuto l’anno scorso la sua prima stagione a livello Wnba: scelta in estate dalle Detroit Shock, ha terminato la stagione nelle Washin-gton Mystics dove ha collezionato otto presenze con una media di 26 minuti, 11 punti e 6 rimbalzi a parti-ta. Oltre a numerosi riconoscimenti a livello universitario, Humphrey ha ottenuto con Team USA la medaglia d’oro ai giochi Panamericani di Rio de Janeiro del 2007.

T.Q.

di Sabrina Nicoli

| L’esultanza dei biancorossi dopo un gol

I vicentini raggiungono la prima finale della loro storia eliminando l’Edera Trieste

In finale affronteranno gli Asiago Vipers

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Una canna, ami, esche e tanta, tanta pazienza. Che la pesca

sia diventata uno sport è roba re-cente. I nostri avi pescavano per procurarsi il cibo, mica per dilet-to. Oggi i tempi sono cambiati, e non è solo un luogo comune. A Vi-cenza e provincia sono 20mila gli iscritti alla Federazione; altret-tanti sono coloro che praticano la disciplina nei laghetti privati: pagano un tot e fanno la giorna-ta. Uno solo è invece un pescatore di professione nel vicentino. “Gli altri si trovano tutti dalle parti di Chioggia – precisa Antonio Dalla Valle, presidente dell’associazio-ne “Pesca sportiva e attività su-

bacquee” di Vicenza -; dalle no-stre parti, ad esempio sul lago di Fimon, tanti appassionati pesca-no, fanno la foto (che poi vanno a fi nire sui giornali) e rilasciano il pesce in acqua. Intanto però pas-sano un fi ne settimana diverso, magari in tenda, all’avventura”. Poi ci sono le vere e proprie gare di pesca o i raduni, come sottoli-nea Dalla Valle: “Le competizioni sono organizzate dalla nostra Fe-derazione; funziona che il sabato pomeriggio gli addetti rilasciano un certo quantitativo di pesce, normalmente un chilo. Di trote per ogni iscritto, nel raggio di un chilometro. Alla domenica i pe-scatori si appostano in riva al fi u-me: vince chi raccoglie più pesce in termini di numero o di peso. Lo stesso pesce viene poi donato in benefi cenza a istituti religiosi o per anziani. Un piccolo segno di solidarietà che il più delle volte

viene tenuto nascosto. Per quan-to riguarda i raduni il metodo è lo stesso; solo che questi vengono organizzati dai club privati”. E se uno decide di pescare per conto suo? “Con la licenza può farlo nelle acque pubbliche – spiega il presidente -; poi ci sono delle riserve di pesca dove serve il co-siddetto blocchetto per uscire. In provincia le riserve sono previste lungo alcuni tratti dei corsi dell’Astico, Agno e Chiampo, Brenta e Bacchiglione”. Pochi lo sanno, ma la pesca sportiva è uno sport molto pericoloso. “Forse più di qualsiasi altra disciplina - com-menta Dalla Valle -; purtroppo accade spesso che un pescatore vada a cozzare con la sua canna

in fi bra di carbonio contro i fi li della luce; questione di attimi: ed è un’azione che gli può costare la vita. Il carbonio è un buon con-duttore di elettricità, il pescatore

poco accorto ri-schia di morire ful-minato. Solo nello scorso anno sono scomparsi nove pescatori in tutta Italia a causa della loro imperizia. La nostra Federazio-ne sta correndo ai ripari e ha già or-ganizzato convegni

ad hoc con l’Enel. Ora stiamo por-tando avanti pro-

getti di formazione specifi ca per i nostri tesserati. Non intendia-mo abbandonarli a loro stessi”. A questo proposito il prossimo appuntamento è per sabato 22

novembre alle 9.30 a Villa Cor-dellina di Montecchio Maggiore; alla tavola rotonda parteciperan-no Maria Luisa Coppola, assesso-re regionale alla Caccia e Pesca, e Maurizio Scalabrin, sindaco di Montecchio Maggiore. “Abbiamo un sacco di iniziative interessanti – conclude il presidente -; il pro-blema è che facciamo circolare le informazioni solo all’interno della nostra cerchia. Dovremo migliorare in questo senso, ma-gari sensibilizzando l’opinione pubblica. Penso ad esempio alla scuola di pesca per bambini che teniamo già da qualche anno; o ai corsi di pesca per disabili e la pulizia degli argini lungo il lago di Fimon o il fi ume Bacchiglione. E’ un gusto pescare; ed è importan-te condividere questa realtà con coloro che non hanno mai preso in mano una canna”. Provare per credere.

sport numero125 del15 novembre 2008 pag28

di Francesco Cavallaro

Abbiamo un sacco di iniziativeIl problema è farle uscire dalla nostra cerchia

Sport alternativi Pesca che passione20mila i “sanpei vicentini” iscritti alla Federazione, altrettanti quelli che praticano la disciplina nei laghetti privati

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Possibile che vi siano in circo-lazione vicentini intelligenti,

informati, che sanno come va il mondo, che s’illudono che Obama rinnegherà la ricongiunzione della 173a brigata di parà americani a Vicenza sol perché, avendo la pelle nera ed essendo un Demo-cratico, anche lui non può che es-sere un No Dal Molin? Purtroppo è possibile. Niente è più potente di un’aspettativa frustrata che s’ingigantisce col tempo e viene premiata dall’avvento di un mes-sia opportunamente santifi cato dai media. Dopo anni di Bush, era forte l’attesa di un Cavaliere Bi-anco. E’ andata meglio: è arrivato l’Uomo Nero.Barack e CondoleezaPerché, diciamocelo, la portata davvero storica dell’elezione di Barack Obama alla quarantaquat-tresima presidenza degli Stati Uni-ti d’America sta nell’essere il primo inquilino nero della Casa Bianca. In un Paese fondato sulla promes-sa della libertà, dell’uguaglianza e della felicità ma fi no a qualche de-cennio fa ossequioso di una rigida segregazione razziale, che il fi glio di un immigrato africano diventi addirittura Mr President segna un trionfo sul razzismo ancora diffuso negli States. Giustamente i neri e le minoranze etniche che l’hanno votato in massa festeggiano e guar-

dano al futuro con più ottimismo. Ma noi europei, noi italiani, noi vi-centini, perché dovremmo gioire?Sarebbe bene ricordare che Obama, prima di essere un Democratico, è Presidente degli Usa. E gli Usa sono una potenza in lotta sullo scacchiere mondiale per difendere ed espandere la propria egemonia, minacciata oggi dalla Russia, dalla Cina e dai paesi ribelli alle sue mire imperiali (Iran, Venezuela, etc). Per chi ha la memoria corta: Con-doleeza Rice, Segretario di Stato di Bush, era nera e per giunta donna, eppure è stata una spietata guer-rafondaia. Calcolo d’interesseVicenza rappresenta una pedina centrale nella mappa degli inse-diamenti strategici del Pentagono, come ha recentemente illustrato un esperto non sospettabile di fi lo-americanismo, il generale Fabio Mini. I marines che stazionano alla Ederle servono come truppe di pronto intervento in teatri di guer-riglia come l’Irak e l’Afghanistan. Ora, Obama ha promesso il dis-impegno graduale ma deciso dal primo, mentre intende rafforzare la presenza degli americani e dei loro alleati (fra cui l’Italia) nel sec-ondo. A parte l’amarezza che cogli-erà i suoi cantori nostrani quando l’Uomo Nero ci chiederà più uomi-ni e mezzi contro i Talebani, come si spiegheranno, gli obamiani vi-centini, un’inalterata politica delle servitù militari da parte del loro idolo?Perché se anche Obama dovesse far cambiare direzione alla complessa macchina economico-burocratica messasi in moto per il Dal Molin,

non lo farebbe di certo per amore del Palladio, della città Unesco, della democrazia, delle falde ac-quifere o di qualunque delle altre motivazioni addotte dai Variati, dalle Bottene, dagli Albera e da-gli Asproso. Farebbe marcia in-dietro soltanto perché ne farebbe un’altra in avanti da qualche altra parte (ad esempio, costruendo basi in Bulgaria). Oppure perché, dovendo rendere conto a lobby diverse da quelle che sostenevano Bush (come la Halliburton del vice Cheney e il fondo Carlyle di George W. senior) potrebbe preferire spostare gli investimenti dal com-parto militare a quello del ripiana-mento dei debiti causati dalla crisi fi nanziaria e dalle spese di guerra del predecessore. Lobby e precedentiL’unico discrimine nella scelta sarà l’importanza assegnata dalla polit-ica di potenza by Obama alla zona strategica in cui si trova la Ederle. Perché, spiace per i suoi adoratori specialmente di sinistra, non c’è nessun dubbio che Barack il Dem-ocratico perseguirà gli interessi del suo Paese. Che mal si distinguono da quelli dei suoi fi nanziatori, i qua-li naturalmente baderanno esclusi-vamente ai propri (banche d’affari come la Goldman Sachs, Citigroup e Morgan Stanley, gli speculatori degli hedge funds, le grandi case farmaceutiche, industrie produt-trici di tecnologie per lo spionaggio e le intercettazioni, e infi ne colossi General Electric, Google, Ibm). E soprattutto non farà sconti quando si tratterà di imporre, anche con la violenza, la supremazia Usa. O qualcuno si è dimenticato che

a cominciare l’inutile strage del Vietnam fu il Democratico Ken-nedy, e che sempre a lui va addebi-tato il mancato scoppio di un terzo confl itto mondiale per il pasticcio della Baia dei Porci? E c’è qual-cuno che non ricorda che fu un al-tro Democratico, Carter, a fi rmare l’arrogante blitz a Teheran dopo la vittoria di Khomeini, e che proprio mentre la Cina sponsorizzava il genocida cambogiano Pol Pot de-cise il famoso “spostamento” verso Pechino? E stendiamo un velo pi-etoso sul Democraticissimo Clin-ton, che fece bombardare la Serbia e il Sudan e non versò una lacrima per i 35 mila bambini irakeni morti a causa delle sanzioni Onu volute dagli Usa (anzi, la sua compagna di partito Madeleine Albright li liq-uidò come un male necessario). Per non dire di quell’abile affabulatore pseudo-ambientalista del suo ex vice, Gore, massimo responsabile della privatizzazione della Difesa a tutto vantaggio di quegli aguzzini a contratto (contractors) che adesso ci ritroviamo a Baghdad e Kabul. E per fi nire in bellezza, fra i con-sulenti di affari esteri di Obama c’è un certo Anthony Lake, il quale, anticipando i neocon del clan Bush, così descriveva l’idea Democratica di dominio americano ai tempi in cui era Consigliere per la Sicurez-za Nazionale con Clinton: “In un

mondo in cui gli Usa non devono più quotidianamente preoccuparsi della minaccia atomica sovietica, la questione del dove e quando interverremo in Paesi esteri è sem-pre più una nostra scelta”. ImperialismoL’Uomo Nero ha già chiarito che il nucleare iraniano è “inaccettabile”, continuando nella specialità amer-icana di arrogarsi il diritto di dis-porre della sovranità politica, eco-nomica e persino energetica altrui. E in cima a ogni pensiero, com’è ovvio che sia, sta il benessere del suo popolo, che per poterne godere ancora dovrà assicurarsi il control-lo delle fonti di energia e dei mer-cati di recente conquista (come quello afghano, dove si vuole occi-dentalizzare gente che stava benis-simo senza la nostra televisione e i nostri prodotti). Dovrà venire a patti col regime cinese, massacra-tore del Tibet caro ai democratici di tutto il mondo - quelli veri - ma titolare del 40% dei buoni del Tes-oro statunitensi. Dovrò spartirsi le sfere di infl uenza con i Russi, che mal sopportano la fungaia di in-stallazioni militari Usa intorno ai propri confi ni. E perciò dovrà ra-gionare, il “buono” Obama, secon-do la logica imperiale di un Paese imperiale, come sono e come res-teranno gli Stati Uniti. Con buona pace dei suoi fan di casa nostra.

dalla parte del torto numero125 del15 novembre 2008 pag30

di Alessio Mannino

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E’ arrivato l’Uomo Nero

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botta&risposta numero125 del15 novembre 2008 pag31

nome e cognome

Thierry Parmentier

età

56

luogo di nascita

Bruxelles

titolo di studio

Maturità Superiore

professione

Artista dello spettacolo. Il prossimo 30 novembre, presso

il ridotto del teatro Comunale, presenterà lo spettacolo

“Identikit”, a cura della casa Marcoaldi. Un’iniziativa a

favore dell’Ospizio San Josè in Guatemala, che ospita

bambini malati di Aids

segni particolari:

Mancino

Il tratto principale del mio carattere Pazienza.

La qualità che preferisco in un uomo Dolcezza.

La qualità che preferisco in una donna Semplicità.

Quel che apprezzo di più nei miei amici Disponibilità.

Il mio principale difetto Fidarmi troppo delle persone.

La mia occupazione preferita Creare costumi.

Il mio sogno di felicità Lo sto vivendo.

Quale sarebbe, per me, la più grande disgrazia Non essere nato.

Quel che vorrei essere Sempre più me stesso.

Il paese dove vorrei vivere Un paese caldo.

Il piatto a cui non so rinunciare Non sono un mangione.

I miei libri della vita “I miei santi” di Hilda Charlton e tutti i libri di Daskalos.

I miei poeti preferiti Garcia Lorca, Neruda, Jacques Brel.

I musicisti che mi piacciono di più Piazzolla, Rachmaninoff… e molti altri.

I miei pittori preferiti Gli Impressionisti.

I miei fi lm preferiti Quelli di una volta, quelli di Fellini, Almodovar, Spielberg.

Quel che detesto più di tutto Essere in ritardo.

Il personaggio storico più ammirato San Francesco.

e quello più disprezzato Hitler.

Il dono di natura che vorrei avere Ne ho già tanti.

Come vorrei morire In pace.

Stato attuale del mio animo Tranquillo.

Il mio prossimo impegno nella vita Farmi una casetta di legno.

Il mio credo politico o ideale Per me è utopia.

Cosa mi piace e cosa non mi piace di Vicenza Mi piace l’architettura e non mi piace il traffi co che c’è.

Cosa mi piace e cosa non mi piace dei vicentini Gli amici sono per sempre, non mi piace la chiusura mentale (bigottismo).

Le colpe che mi ispirano maggiore indulgenza Non sono io a giudicare.

Il mio motto Sempre avanti.

ParmentierThierry

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Natalizie, il Corso riprenderà Sabato 10 Gennaio 2009.

Tutti gli interessati alla Professione, che desiderano partecipare alla selezione motivazionale, dove verrà mostrato il programma dettagliato del Corso con l’elenco docenti, possono rivolgersi:

all’CENTRO STUDI ECOLOGIA ED AMBIENTE (Istituto Tecnico Professionale ) tel. 0523-941406 (PC) dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 19, compreso sabato mattina dalle 9,30 alle 12,30. Requisito minimo di accesso: Diploma di Scuola Media Superiore. Il corso viene effettuato in esclusiva in Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Trentino-Alto Adige e Veneto.

PROVINCIA DI

VICENZA

JRC CRESA Comunità EuropeaEnergie Alternative

CORSO DI FORMAZIONE PER

“CONSULENTE AMBIENTALE”

• INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO : Normativa e aspetti tecnici.

• SUOLO : Bonifiche siti inquinati. Amianto. • Impianti Termici, Energia e

Stoccaggio Oli Minerali. Industrie a rischio di incidente rilevante.

• VIA : Valutazione di impatto ambientale – legislazione di riferimento e

applicazioni tecniche.

• CERTIFICAZIONI AMBIENTALI : ISO 14001, regolamento EMAS,

ECOLABEL ecc.

• SICUREZZA : Inquadramento sul rischio negli ambienti di lavoro e nei

cantieri esterni.

degli Enti locali

Page 32: Direttore responsabile Luca Matteazzi Studenti assenti · euro 0,50 Fatti, personaggi e vita vicentina ... eventuali “taglia e cuci” sul mate-riale audiovisivo dei cittadini.

hanno detto

Genitori, salvate i vostri fi gli da Paolo Scaroni! L’amministratore delegato dell’Eni vuole per i virgulti “una sag-gia e intelligente programmazione della propria vita e della propria car-riera. L’inizio della scuola a cinque anni, l’apprendimento delle lingue sin da bambini, un liceo serio, la ma-turità a 17-18 anni, un ottimo corso universitario, un voto di laurea alto, diversi soggiorni estivi all’estero, un master, una gestione fi nalizzata del tempo libero”. (…) Anche a un simile campione capiterà di ammalarsi e, avendo contribuito a edifi care una società piuttosto di merda e trovan-dosi senza veri amici (vedi “gestione fi nalizzata del tempo libero”), fi nirà nelle mani di un’infermiera… . Costei dovrà “giudicare il nascere e il mori-re secondo la propria sensibilità”: e cosa c’è di meglio di una punturina risolutiva, per la sensibilità di mas-sa che lei crederà essere la propria? Poi una bella cremazione ed è risolto pure il problema dello smaltimento rifi uti. Genitori, salvate i vostri fi gli da Paolo Scaroni!

Camillo LangoneIl Foglio

11 novembre 2008

Mai conosciuto una persona più inaf-fi dabile e bugiarda di Berlusconi.

Teodoro BuontempoCorriere della Sera

9 novembre 2008

in questo numeroNuovo tribunale, corsa contro il tempo per il rebus delle opere pubbliche [pag3] L’università che non ha paura dei tagli: il caso di Ingegneria gestionale [pag8] Giovani e politica, la galassia dell’estrema destra [pag9] Produzione in calo, i perché della recessione [pag11] Scioperi e Grande Guerra, la storia raccontata dalle canzoni popolari [pag19]

Barack Obama si è sforzato di rassi-curare l’America che lui era il can-didato degli interessi della persona media, della famiglia media, ma anche dei poveri, degli svantaggia-ti. Ok, senza perdere altro tempo ecco le cifre. Gli infl uenti lobbisti americani e gli studi legali (che ne-gli USA hanno un potere enorme) hanno dato al giovane candidato vittorioso il triplo di quanto hanno dato a McCain: 37.122.161 dollari per il primo e solo 10.765.423 per il secondo. Questi non sono idealisti con lo sguardo perso nelle nuvole, sono personaggi, anzi, rapaci che ci vedono benissimo… Perché hanno premiato Obama?

Paolo Barnardwww.paolobarnard.info

8 novembre 2008