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Direttore responsabile Luca Matteazzi n° 149 16 maggio 2009 euro 0,50 Fatti, personaggi e vita vicentina Più Democrazia: “Referendum dimenticati” pag 10 Viabilità malata, le strade “impossibili” pag 3 Rotatorie, arrivano i guerriglieri del verde pag 11 MONDO TAPPETO VICENZA Via Quadri, Parco Città n.17 Importazione diretta dalla Persia Tel. 0444 317212 Per appuntamenti fuori orario chiama: 320 4140629 Prova a domicilio senza nessun impegno VENDITA – RESTAURO – LAVAGGIO Ciàcole Le mele marce I l presunto giro di mazzette nel grasso settore delle cave ha fat- to allargare i sospetti degli inqui- renti a sette indagati in tutto: l’ex dirigente della Provincia Angelo Canalia e quello ancora in carica Andrea Turetta, il loro omologo regionale Erardo Garro, l’ex sin- daco di Tezze e attuale consigliere provinciale di Forza Italia Lucia- no Lago e i Seganfreddo, padre e due gli, tutti cavatori. La puzza di marcio è salita no in Regione perchè è Venezia che dà le conces- sioni (mentre le Province eserci- tano, o dovrebbero esercitare, i controlli). La legge è un colabro- do: «La disciplina di estrazione dalle cave è basata su una legi- slazione che definisco “liquida”, cioè che offre un’ampia discre- zionalità ai funzionari, perché non definisce in maniera chiara la condotta da tenere e i confini da rispettare al fine di una buo- na amministrazione secondo le direttive, anche a tutela dell’am- biente», ha chiarito il procurato- re capo di Vicenza, Ivano Nelson Salvarani. I comitati che da anni si battono per salvaguardare quel poco di paesaggio libero che an- cora rimane nel Vicentino punta- no il dito contro un “sistema” di favori e corruttela, che a loro dire sarebbe ben collaudato benchè sommerso. Di sicuro il famelico business delle estrazioni ha fatto danni irreparabili al territorio. Ed è altrettanto certo che non sarà il licenziamento della “mela marcia” Canalia nè la presunzio- ne d’innocenza dei personaggi coinvolti a concedere a Palazzo Nievo il diritto di sottrarsi ad un inderogabile ripensamento dell’allegro spolpamento cavato- rio. La corruzione, le complicità, gli insabbiamenti, l’omertà: sono qui, anche qui. Mica solo fra i terroni. euro 0 50 foto gsv.altavista.org La voragine Le recenti inchieste della Procura di Vicenza squarciano il velo sul business delle cave che deturpano il territorio e su un presunto giro di malaffare La denuncia dei comitati: “La corruzione è un sistema”

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Direttore responsabile Luca Matteazzi

n° 14916 maggio 2009

euro 0,50

Fatti, personaggi e vita vicentina

Più Democrazia:“Referendum dimenticati”

pag10

Viabilità malata,le strade

“impossibili”pag3

Rotatorie, arrivanoi guerriglieri

del verdepag11

MONDO TAPPETOVICENZA Via Quadri, Parco Città n.17Importazione diretta dalla Persia Tel. 0444 317212Per appuntamenti fuori orario chiama: 320 4140629

Prova a domicilio senza nessun impegnoVENDITA – RESTAURO – LAVAGGIO

CiàcoleLe mele marceIl presunto giro di mazzette nel

grasso settore delle cave ha fat-to allargare i sospetti degli inqui-renti a sette indagati in tutto: l’ex dirigente della Provincia Angelo Canalia e quello ancora in carica Andrea Turetta, il loro omologo regionale Erardo Garro, l’ex sin-daco di Tezze e attuale consigliere provinciale di Forza Italia Lucia-no Lago e i Seganfreddo, padre e due fi gli, tutti cavatori. La puzza di marcio è salita fi no in Regione perchè è Venezia che dà le conces-sioni (mentre le Province eserci-tano, o dovrebbero esercitare, i controlli). La legge è un colabro-

do: «La disciplina di estrazione dalle cave è basata su una legi-slazione che definisco “liquida”, cioè che offre un’ampia discre-zionalità ai funzionari, perché non definisce in maniera chiara la condotta da tenere e i confini da rispettare al fine di una buo-na amministrazione secondo le direttive, anche a tutela dell’am-biente», ha chiarito il procurato-re capo di Vicenza, Ivano Nelson Salvarani. I comitati che da anni si battono per salvaguardare quel poco di paesaggio libero che an-cora rimane nel Vicentino punta-no il dito contro un “sistema” di

favori e corruttela, che a loro dire sarebbe ben collaudato benchè sommerso. Di sicuro il famelico business delle estrazioni ha fatto danni irreparabili al territorio. Ed è altrettanto certo che non sarà il licenziamento della “mela marcia” Canalia nè la presunzio-ne d’innocenza dei personaggi coinvolti a concedere a Palazzo Nievo il diritto di sottrarsi ad un inderogabile ripensamento dell’allegro spolpamento cavato-rio. La corruzione, le complicità, gli insabbiamenti, l’omertà: sono qui, anche qui. Mica solo fra i terroni.

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La voragineLe recenti inchieste della Procura di Vicenza squarciano il velo sul business delle cave che deturpano il territorio e su un presunto giro di malaffareLa denuncia dei comitati: “La corruzione è un sistema”

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Fulvio Rebesani. Ho fatto un passaggio con lui in consiglio

comunale al tempo dell’ammini-strazione Quaresimin. Già allora i nostri modi di intendere l’am-ministrazione erano alquanto divergenti e, come tutti sanno, la cosa finì con la chiusura an-ticipata della giunta Quaresimin (il mio voto contrario, e quello di Fulvio a favore).Ma questo conta relativamente. L’uomo è sicuramente intelligen-te ma è, al contempo, la dimo-strazione che questo dono non è mai a 360 gradi. Lo influenzano, il carattere in modo primario, a volte le circostanze e, spesso le situazioni. Ma non voglio qui fare un’esegesi dell’intelletto di Fulvio , non mi compete. Desi-dero solo far capire alcune cose a coloro che leggeranno queste

note. Fulvio Rebesani apre il suo intervento su Vicenza Più dicen-dosi d’accordo su buona parte delle cose scritte da Alessio Man-nino nel suo pezzo del 2 maggio u.s. intitolato “ Riformismo, par-tito unico del pappa e ciccia”. A parte la balordaggine del titolo non ho potuto non meravigliar-mi del contenuto dello stesso che rivelava, aldilà del merito delle argomentazioni, una malevolen-za insistente. Il giornalista di cui sopra mi aveva cortesemen-te interpellato per conoscere le mie opinioni su alcune vicende politico amministrative e debbo dire che le cose da me dette sono state riportate correttamente nello stesso numero del 2 mag-gio. Ecco la mia perplessità nel constatare che il pezzo su Ali-fuoco era stato, invece, costruito

estrapolando alcune sue frasi, riportate in differenti periodi dal Giornale di Vicenza, senza avere sentito direttamente colui che le aveva espresse e con un malani-mo degno di migliori cause; due pesi e due misure. Confesso che la cosa mi ha turbato e le con-siderazioni che ne sono seguite hanno ulteriormente accresciu-to il mio disagio. Ma torniamo a Fulvio Rebesani. Le mie note non sono a difesa di Ubaldo Ali-fuoco - a questo, se vorrà, ci pen-serà lui - ma dell’Associazione Vicenza Riformista della quale faccio parte sin dalla fondazione e alla cui linea politico culturale partecipo attivamente. A Fulvio dico: ma come si fa a dichiarare che Alifuoco è stato estromesso “nell’ambito di un timido rinno-vamento e ringiovanimento del

Pd” quando la realtà, dimostra-bile, è che non solo alle comunali è stato pregato di presentarsi, ma che una gran quantità di persone gli ha fatto il pressing affinché partecipasse alle primarie per la carica di sindaco. Affermo, con cognizione di causa, che i voti sarebbero stati abbondanti e che, comunque, qualche poltrona ne sarebbe uscita. E lui non ne ha voluto sapere. Allora, Fulvio, da dove vengono queste bêtises? Forse, sarebbe più giusto dire menzogne. A me non interes-sa affatto il gruppo Alfa, le sue analogie con Vicenza Riformista e la centralità di Alifuoco. La no-stra associazione è nata anni fa dall’insoddisfazione di un buon numero di persone per quello che passava il convento di allora e che volevano una politica più lungimi-rante, riformatrice e meno d’apparato. Scegliemmo, come nostro nocchiero, Giuseppe Pupillo, persona di grande esperienza politica ma aperto al nuovo e curioso di nuovi scenari. Purtrop-po, dopo non molto tempo, l’Istrevi ce lo tolse; facemmo un passaggio con altra perso-na del direttivo e, anche questa, dovette lasciare per impegni di lavoro. Dopo molte insistenze eleggem mo Alifuoco che non avrebbe proprio voluto la carica e che lo fece, come si usa dire, per spirito di servizio. Quindi Vicenza Riformista non è veico-lo per nessuno e nemmeno faci-litazione per poltrone. Noi, caro Fulvio, tentiamo di dare una certa trasversalità alla nostra associazione non perché destra e sinistra siano la stessa cosa, suvvia, queste sono sciocchezze, ma perché certi progetti richiedo no un’ampia adesione di cittadi-ni indipendentemente dalla loro ideologia. All’interno di Vicenza Riformista, noi abbiamo un ap-proccio tecnico culturale su tutti i problemi della città e su tali pro-blemi abbiamo prodotto e pro-durremo documenti che saranno resi pubblici per un’eventuale utilizzo. Siamo altresì sicuri che il nostro punto di vista non sarà assolutamente richiesto dalla presente Amministrazione, alla faccia delle teste di ponte che noi avremmo all’interno della stessa. Una parola, Fulvio, sul mercato. In suo nome ne sono state com-binate delle belle, ma erano in realtà solo brutte. Tuttavia i mi-gliori cervelli mondiali dicono, e si parva licet... anche moltissime persone di buon senso e di sano realismo, che il mercato in sé è cosa buona per l’economia; si tratta solo di regolarlo nel modo giusto. E difficile? Certo, ma credo che dopo lo spavento di

questo ultimo anno le regole sa ranno aggiornate ed anche fatte rispettare in modo intransigente. Stendiamo un velo pietoso sulle varie insinuazioni verso Ubaldo. Lui non zompò sulla giunta Qua-resimin come non credo zomperà in altre poltrone. Se accadesse, non sarà certo attraverso Vicenza Riformista ma solo perché qual-cuno lo riterrà adatto ad un certo incarico. Io non ho titoli per far-lo ma mi divertirebbe molto che Ubaldo, un giorno, si stancasse di leggere le scemenze che circo-lano sui suoi appetiti di potere e dicesse realmente come stanno le cose in relazione a questo ar-gomento.Ringrazio per l’ospitalità,

Adriano VerlatoDirettivo di Vicenza Riformista

Il mio articolo ave-va un taglio di ana-lisi e criticava - col gusto della polemi-ca, genere giornali-stico di tutto rispet-to, non con “malevo-lenza” - l’impianto culturale, se così si può chiamare, di

u n ’ a s s o c i a z i o n e che si autodefini-sce “riformista”. Non c’era alcun

bisogno di sentire l’interessato Alifuoco, o forse che le sue di-chiarazioni scritte abbisognano di un’esegesi filologica? Sul me-rito, Verlato, chissà perchè, non entra, limitandosi a ribattere - per altro non a me, forse non degno di una replica diretta, ma a Rebesani - che affermare che destra e sinistra sono uguali è una “sciocchezza”, per poi ab-bassarsi alla banalità secondo cui il mercato è cosa giusta “in sè” perchè lo dicono i “migliori cervelli”. Gli stessi cervelli che magnificavano le sorti progres-sive che ci hanno portato nel baratro di questa crisi. Gli stessi che a furia di parlare di riforme (leggi: togli ai poveri per dare ai ricchi) hanno distrutto la digni-tà della politica e dell’ottocente-sca divisione fra destra e sini-stra. Che delusione, il Verlato.

Alessio Mannino

Errata corrigeNello scorso numero (148, 9 maggio 2009) nell’articolo a pagina 18 intitolato “Refe-rendum, riforma liberticida”, la frase «Chi fra i due colossi prende più voti conquista di diritto il 51%» contiene una svista. Secondo la proposta dei sostenitori del referendum del 21 giugno prossimo, il partito che si aggiudicherà il numero più alto di preferenze acquiste-rà automaticamente il 55% dei seggi.

A Rebesani dico che non siamo veicolo di nessuno

interventi numero149 del16 maggio 2009 pag2

RIVOLGETEVI AL

CAF UILPER LA COMPILAZIONE

730 INTEGRATIVOUNICO - ICIISE - RED

PAGHE COLF BADANTI

VICENZA-CAFTel. 0444 564265ARZIGNANO

Tel. 0444 671640BASSANO

Tel. 0424 227593

ALTE CECCATOTel. 0444 490703

DUEVILLETel. 0444 360211

LUGO DI VICENZATel. 0445 325146

NOVENTA VICENTINARECOARO TERME

Tel. 0445 780905SCHIO

Tel. 0445 670900

THIENETel. 0445 362259VALDAGNO

Tel. 0445 401843

la letteraVerlato: “Giù le mani da Vicenza Riformista”

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Strade a pezzettini: le vie di comunica-zione che ogni giorno permettono ai vi-centini di recarsi al lavoro, raggiungere gli amici e la famiglia, in poche parole di attraversare la provincia, “setacciate” alla ricerca dei punti di maggiore critici-tà, per traffi co, frane o buche nel manto stradale. L’esame è stato fatto assieme alla società Vi.Abilità, competente della manutenzione delle strade provinciali per conto dell’ente Provincia.

“Malate” di traffi co intensoLe strade provinciali “da evitare”, dove lo sfortunato automobilista arriva a viaggiare di frequente anche a 15 chi-lometri all’ora, sono (manco a dirlo) per lo più quelle che dall’immediato hinterland vicentino vanno al capoluo-go. Con un traffi co di punta che ormai è “continuato”, dalle 7 del mattino alle 19 della sera. «L’esem-pio classico è la sp 46 “Pasubio” nel tratto fra Motta di Costabissa-ra e Vicenza – spiega il presidente di Vi.Abilità Carlo Fongaro – è una buona strada che non presenta problemi di consistenza, deforma-zioni come buche o avvallamenti, ma ha il noto problema dell’Al-bera. Verrà risolto con la costruzione della bretella Costabis-sara-Vicenza. Anche fra Malo e Isola comunque si ha traffi co intenso». La provinciale ha anche un altro punto critico fra Schio e Valli del Pasubio, nel-la strettoia del centro storico di Torre-belvicino dove da sempre un semaforo regola sostanzialmente un senso unico alternato. «Il problema verrà superato con l’apertura, dopo l’estate, del secon-do stralcio della variante che stiamo realizzando sulle rive del Leogra. Pur-

troppo ci sono stati dei ritardi a causa di una maxi-discarica abusiva sco-perta nell’alveo del torrente». Si parla di 200mila metri cubi di “scoasse” di cui nessun abitante, apparentemente, si era mai accorto. Un traffi co ormai insopportabile si registra quotidiana-mente anche a sud del capoluogo, nella sp 247 “Riviera Berica” e nella sp 16 “Villaganzerla”. «Si viaggia me-diamente fra i 30 e i 40 all’ora, ma i tracciati sono buoni, è il carico di veicoli che ormai è troppo intenso. E’ intasata da Vicenza a Noventa – conferma Fon-garo -: per fare trenta chilometri non ci si mette meno di 50 minuti o un’ora. Si avrà un miglioramento quando ci sarà la Valdastico Sud». A est, come sanno i pendolari bassanesi, risulta critico l’ul-timo tratto verso Vicenza della sp 248 “Marosticana”: «C’è un problema di traffi co fra il casello A31 di Dueville e il ponte sul torrente Astico, nei pres-si di Vicenza. La velocità media è 30 all’ora». Soluzioni? Fongaro allarga le braccia: «Anche lì, la speranza è che un domani, con l’autostrada Pedemonta-na, il traffi co che gravita su Vicenza si riduca notevolmente: dovrebbe infatti scomparire la quota di veicoli che si

dirigono ai caselli di Vi-cenza Est o Dueville». La sp 246 “Recoaro”, che risalendo la valle dell’Agno da Montec-chio Maggiore porta a Valli, presenta un punto di grave intasamento fra Trissino e Castelgom-berto. Si viaggia media-mente con velocità fra

i 20 e i 30 km all’ora, nell’orario di punta: i tecnici vedono una so-

luzione nella futura Pedemontana.

Danneggiate dalle franeSuccede con cadenza annuale, ogni volta che il maltempo dura per più di 4 o 5 giorni le strade vicentine iniziano a franare. L’elenco è lungo, e le pro-vinciali più “fragili” sono ovviamente quelle che attraversano i monti. La prima da citare è però una strada che non ha particolari problemi causati dal maltempo, bensì si abbassa ogni anno

a causa di un problema strutturale: è la sp 100 “Recoaro Mille” che at-traversa un punto in cui la montagna stessa sta precipitando a valle, la fa-mosa (ed enorme) Frana Fantoni. Lo smottamento è originato da infi ltrazio-ni d’acqua sotto la base della montagna ma, secondo alcune ipotesi, anche da escavazioni completamente sbagliate fatte sullo “zoccolo” del monte molti anni fa. «Ora lì sta lavorando il setto-re “Difesa del Suolo” della Provincia – spiega Fongaro – per porre rimedio una volta per tutte con un interven-to strutturale che costerà 2 milioni di euro. Del resto, noi lo chiedevamo da anni: la frana Fantoni a Vi.Abilità costa mediamente 40mila, 50mila euro l’an-no. Un costo fi sso conseguente alle ma-nutenzioni, piccole ricariche, varianti che ogni anno dobbiamo apportare, per il continuo scivolare in basso del suolo. Possiamo tranquillamente sti-mare che negli ultimi 15 anni per man-tenere quest’ultimo tratto si siano spesi almeno un paio di milioni di euro». La sp 44 “Campanella” è invece una graziosa strada collinare tra Valdagno e Chiampo, che presenta gravi e diffusi problemi di cedimenti dovuti a frane e maltempo. «Gli smottamenti sono continui, è colpa della natura del suo-lo. Nella parte valdagnese del tracciato stiamo facendo dei lavori di amplia-mento, per 700mila euro, ma la ditta che doveva svolgerli è fallita e si prevede di riprenderli entro l’estate. Nel versan-te di Chiampo invece siamo alle prese con una frana conseguente al maltem-po del 2008, per un costo di 70mila euro». A poca distanza sono frequenti frane e alberi che crollano sulla strada anche nel tratto della sp 246 che da Recoaro attraversa Staro e va a Valli del Pasubio. «A passo Xon ora vige un senso unico alternato, conseguente al cedimento della parte sottostante cau-sa il maltempo e l’infi ltrazione d’acqua delle scorse settimane. L’intervento du-rerà alcuni mesi, si stima una spesa di 190mila euro, speriamo di ripristinare la viabilità entro l’autunno». Nell’elen-co delle provinciali “a rischio crollo” non può mancare la sp 31 “Valdichiam-po”: il tratto più critico va da Chiampo a Crespadoro, a causa della natura del terreno e di una scorretta gestione delle acque piovane di scolo. La recente on-data di maltempo ha causato un grave smottamento anche all’inizio dell’abi-tato di Durlo: «Inizialmente sembrava una sciocchezzuola – commentano da Vi.Abilità – in realtà dovremo spen-derci almeno 150mila euro». Infi ne c’è la sp 84 “San Pietro”: da quando è crollato il muro soprastante la strada di accesso all’abitato del borgo principale di Valdastico, con il maltempo dell’an-no scorso, in paese ci si arriva solo da sud dal ponte sull’Astico “ponte del Piovan”, attraversando l’abitato di Pe-descala. L’intervento di ripristino della sp 84 costerà 370mila euro, si prevede che sia nuovamente agibile entro l’esta-te.

Slavine di nevee buchi sull’asfaltoLa provinciale che più soffre di cedi-menti del manto stradale è, secondo Vi.Abilità, la sp 17 “Almisanese”. «È la variante all’abitato di Lonigo fatta dall’Anas tre anni fa – ossrrva Fongaro – la pavimentazione presen-ta deformazioni rilevanti». Che, tra-dotto, vuol dire un bel chilometro gravemente dissestato, con avvalla-menti anche pericolosi. «Essendo una strada di recente costruzione, l’ente provinciale sta svolgendo accertamenti per capire i motivi dei cedimenti: potrebbe esserci stata una non corretta esecuzione dei lavori, ma potrebbe essere anche a causa di infi ltrazioni d’acqua sottostanti. In ogni caso, è in corso un dialogo fra Pro-vincia e Anas per mettervi mano». Le slavine di neve, e le strade bloccate per motivi di sicurezza, sono invece un’al-tra costante della viabilità vicentina. Le più colpite, con cadenza annuale, sono la sp 148 “Cadorna”, sul massiccio del Grappa, la sp 64 “Fiorentini”nel tratto “Chiosco alpino - chiesetta Restele”, la sp 92 “Francolini” fra il passo Valbona e il rifugio Melegnon,

ai confi ni con Trento. Ogni anno ven-gono sistematicamente chiuse per il pericolo di slavine. Un caso a parte è la sp 350 “Valdastico” nel tratto dopo Lastebasse, e fi no alla provincia di Trento: ogni anno ci sono alberi che crollano sulla strada a causa del peso della neve (strada chiusa per due giorni anche a gennaio 2009), inol-

tre si verifi cano spesso smottamenti dovuti ai pendii molto ripidi che la sovrastano. La strada (una delle vie di collega-mento principali con la Provincia Autonoma) viene comunque tenuta il più possibile aperta.

Lavori in corso «Abbiamo più di 50 cantieri in corso» com-menta il presidente di

Vi.Abilità. Che cita i principali: il can-tiere per la variante sp 46 “Pasubio”a Torrebelvicino (costo dell’opera 19 milioni di euro, sarà completamente utilizzabile a primavera 2010); la va-riante sud della sp 21 “Grimana”, una bretella attorno all’abitato di Gri-signano che collegherà la provinciale all’autostrada A4 (costo 4 milioni); la rotatoria di Montebello fra la sp 31 “Valdichiampo” e la regionale 11 (co-sto 2,4 milioni).

il fatto numero147 del16 maggio 2009 pag3

di Andrea Alba

Pasubio, Marosticana, Riviera Berica:attorno alla città si viaggia a 30 all’ora

In montagna i problemi principali sono neve e frane,che ogni anno costano milioni

Viabilità, la mappa dei punti criticiRadiografia delle strade provinciali: ecco dove si viaggia a passo d’uomoE dove maltempo e frane costringono a continui interventi di manutenzione

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Giornale chiuso in redazione alle ore 12,00 di giovedì 14 maggio 2009.

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| La frana Fantoni, verso Recoaro Mille

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Provate ad immaginare che vicino a casa vostra corra una statale sul-la quale, da mattina a sera, oltre a tutto il traffi co di routine, ogni tre minuti passa un camion con venti metri cubi di sassi nel cassone. Che ogni tanto si sentano in lontananza, ma neanche troppo, gli scoppi delle mine. Che capiti di vedere nuvole di pulviscolo avvolgere il paese anche nelle giornate più serene. Che ba-stino poche gocce d’acqua per far sì che il fi ume che scorre in mezzo alla valle, e che avete sempre visto cri-stallino, si tinga di un color marrone fango. E che tutto questo continui per 250 giorni all’anno, per decine di anni. Il quadro è desolante, ma non sarebbe troppo distante dal fotogra-fare la situazione in cui si trovano gli abitanti dei sei comuni della Val-brenta. Lì le cave sono delle vicine di casa abituali – alcune delle principa-li sono in coltivazione da ormai un secolo – e da più di qualcuno sono considerate una delle poche fonti di lavoro per gli abitanti e di red-dito per le pubbliche amministrazioni.

Sei comuni,un comitatoTra chi non la pensa così c’è il Gruppo Sal-vaguardia Valbrenta, un comitato di cittadi-ni creatosi un paio di anni fa. “Con l’obiettivo di fare e informazione su cosa succede in vallata”, spiega il presidente Roberto Sessi. Cioè sul-le cave, ma anche sull’acqua (“Se vo-lessero, con le normative in vigore, potrebbero prosciugare il Brenta”) sulla viabilità e su tutto quello che ri-guarda il territorio. “Il territorio è la

nostra vera risorsa – prosegue Ses-si -. Potrebbe essere alla base di un modello di economia in cui nessuno magari fa i soldi, ma tutti riescono a vivere: abbiamo la ciclopista, la ca-noa, il rafting, la storia con i sentieri della Grande Guerra, le montagne. Purtroppo, invece, lo stanno sven-dendo per fi ni speculativi. E in modo irreversibile”. E in questo l’attività estrattiva gioca un ruolo di primo piano.

Le cave mascherateSe si va a consultare i dati uffi ciali della Regione, nei circa trenta chi-

lometri di valle che separano Bassano da Primolano le cave non sono poi moltissime. Anzi, se non si conta-no le cave di calcare da taglio in Altopiano (relativamente pic-cole) sono solo una manciata (una di cal-care per granulati, tre di detrito, in base all’ultimo censimento del 2003). In realtà, però, il conteggio è

monco. Perché all’appello mancano i progetti di messa in sicurezza, cioè gli interventi che vengono presentati per evitare la caduta dei sassi dalle montagne vicine, e che per il comi-tato sono a tutti gli effetti delle cave mascherate, oltre che inutili. “Noi

non rientriamo nel piano cave, per-ché quello riguarda solo sabbia e ghiaia – è sempre Sessi a parlare -. Però abbiamo la legge Sarno, che è la legge sul rischio idrogeologico, e tut-ta la vallata è considerata ad alto ri-schio. Solo che i comuni non hanno i fondi per fi nanziare gli interventi, e allora sono i cavatori stessi a pre-sentare dei progetti di messa in sicu-rezza, che poi sono delle cave sotto mentite spoglie”. La tecnica per la messa in sicurezza prevede, di solito, l’asportazione dei cosiddetti “piedi” dei conoidi, cioè di quei depositi di detriti che si sono accumulati nei secoli alla base delle pareti rocciose delle montagne. “I sassi in montagna sono sempre ca-duti, ma qui si amplifi ca il rischio per poter intervenire – riprende il presidente -. C’è un progetto, nel co-mune di Cismon, che riguarda una zona in cui non ci sono mai stati in-cidenti: abbiamo fatto delle ricerche anche negli archivi della parrocchia, risalendo fi no al Cinquecento, ma non è emerso niente. Hanno comin-ciato i lavori, e ci sono state tre cadu-te di sassi. Il fatto è che, a nostro av-viso, questi interventi non servono a nulla: togliendo il conoide ottengo solo di far cadere i sassi da un’altez-za più elevata, e quindi con maggior violenza, per di più eliminando una fetta di terreno che potrebbe attuti-re l’impatto. Senza contare i danni a fl ora e fauna, perché vado a togliere

bosco, e all’equilibrio idrogeologico, perché tolgo terreno che fi ltra le piogge e rallenta le piene del fi ume. Se vogliamo fare la messa in sicurez-za facciamola, ma senza speculazio-ni: qua invece girano i milioni”.

Disagi e vantaggiSotto i conoidi, infatti, oltre a detri-ti buoni per usi industriali, ci sono spesso montagne di ghiaia lasciate lì in epoche preistoriche dei vecchi al-vei del Brenta. E così le richieste per progetti di messa in sicurezza fi occa-no, e l’attività estrattiva cresce. Alle cave vere e proprie, come l’enorme squarcio di Carpané e la cava Val Grande a Cismon, bisogna infatti aggiungere le messe in sicurezza già avviate o in attesa di autorizzazione, a Cismon come a Valstagna. “Si può arrivare ad un volume autorizzato di un milione di metri cubi all’anno – osserva il presidente del Gruppo Sal-

vaguardia Valbrenta -. Vuol dire 50 mila camion all’anno, concentrati su un’unica strada, e a cui va aggiunto il traffi co normale e tutto quello che, per evitare un pezzo di autostrada del Brennero, usa la Valsugana come alternativa: i disagi sono per tutta la valle, i vantaggi sono per pochi, mentre per i residenti non c’è nessu-na ricchezza, nessun benefi cio”.Sul piatto della bilancia, in realtà, gli imprenditori del settore estrattivo mettono le maggiori entrate per i co-muni (ad ogni metro cubo di mate-riale estratto corrisponde un’entrata per l’ente locale) e i posti di lavoro creati in una zona in cui ci sono po-che alternative.

Opposizione fi accaQuesto spiega, almeno in parte, perché le amministrazioni locali siano meno ferme che in altre zone del vicentino nel chiedere uno stop

primo piano numero149 del16 maggio 2009 pag4

di Luca Matteazzi

Sono centinaia di camional giorno, cinque giorni a settimana, per decenni

Dall’Alto al Basso, ambiente sotto scaccoDalla Valbrenta ai Colli Berici, le richieste di nuovi scavi sono numerose. La voce dei comitati che si oppongonoallo sfruttamento indiscriminato del territorio. E che denunciano: “Il sistema è ben oliato”

Questione cave - 3

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all’attività di cava. “Le dico un po’ come battuta, ma secondo me hanno scelto la Valbrenta in modo quasi scientifi -co – riprende Sessi -. Qui il territorio si sta spopolando: ci sono tantissimi anziani, che hanno meno propen-sione ad impegnarsi, e tantissimi immigrati, che sono meno radi-cati. In più i Comuni hanno i bilanci in crisi, e le entrate che assicu-rano i cavatori fanno comodo. Che opposi-zione possono trovare? Promettono un po’ di posti di lavoro ed è fatta”. Se questo non bastasse, poi, c’è sem-pre il sospetto che le pressioni venga-no esercitate anche in modo illecito, come sembrano confermare gli ulti-mi casi di corruzione scoperti dalla Guardia di Finanza. “Non è mica la prima volta che capita – dichiara il presidente del comitato -. Secondo me il sistema è ben oliato: adesso le ridotte disponibilità dei cavatori do-vute alla crisi, e magari un eccesso di avidità da parte di qualche controllo-re, hanno fatto saltare il banco. Ma il meccanismo funzionava bene”.

La moratoriaChe fare, dunque? “Noi non chie-diamo di bloccare tutto. Ma che ci sia una programmazione seria, che stabilisca quanto la Valle può sop-portare e che sia basata sulle reali necessità, non sulle richieste dei cavatori stessi. E chiediamo che ci siano trasparenza e controlli: ades-

so rimbalziamo contro un muro di gomma”. In questi giorni, il comitato ha programmato un incontro pubbli-co con tutte le liste civiche candidate alle prossime elezioni amministra-tive. Per verifi carne l’impegno su alcuni punti concreti: a cominciare proprio da una moratoria sulle atti-vità estrattive. “Non si tratta di avere delle pregiudiziali, ma devono essere limitate e controllate. Noi crediamo che ci sono dei beni che non sono monetizzabili, mentre qui ci stiamo vendendo la valle: e per cosa? Stiamo mangiando la sedia sulla quale sia-mo seduti, ci stiamo giocando il futu-ro, e in modo irreversibile. Faccio un

esempio: c’è un proget-to dell’Unione Europea per la salvaguardia dei paesaggi terrazzati del-le Alpi: nel Nord Italia, sotto la guida dell’Isti-tuto di urbanistica di Venezia, il sito scelto come test per il proget-to è la Valbrenta. Ecco, noi abbiamo da un lato il mondo che ci guarda per capire come salvare il paesaggio, e dall’altra le ruspe”.

Colli crivellatiSpostandosi dall’altra parte della provincia, nel Basso Vicentino, la situazione non cambia granché. Un arco di 20 -30 chilometri, e cave fre-quenti: a Sarego (dove uffi cialmen-te c’è una miniera), ad Orgiano, ad Alonte, a San Germano dei Berici, a Sossano, a Barbarano, ad Albettone. E anche qui un gruppo di comitati combattivo e agguerrito: “La situa-zione è preoccupante, perché il ter-ritorio è già crivellato – spiega Fran-cois Bruzzo, presidente del comitato di Orgiano e anche del coordinamen-to dei comitati dell’Area Berica, che ha raccolto i gruppi di 23 comuni della zona -. Alcuni siti magari non si vedono, ma basta guardare una foto aerea per rendersi conto. E sono tut-te cave con richieste di ampliamento: invece che ad una regolamentazione, assistiamo al tentativo di creare dei varchi”. E di continuare a sfruttare un territorio che, come nella Val-

brenta, ha già dato molto. Tanto per fare qualche esempio, a Sossano c’è una cava di calcare per calce da un milione e mezzo di metri cubi; ad Alonte ed Orgiano è autorizzata l’estrazione di calcare per cemento rispettivamente per 7,4 milioni di metri cubi e 17 milioni di metri cubi; ad Albettone due cave di calcare per l’industria hanno un volume auto-rizzato complessivo di 6,5 milioni di metri cubi, a San Germano di 1,1 e a Barbarano di 2,3 milioni. E in molti casi il potenziale è stato sfruttato solo in parte.

Aree protette?“Da un lato c’è un impatto visivo molto forte, sia in termini di godibi-lità del paesaggio che di rapporto tra la gente del luogo e l’ambiente che li ha sempre circondati. Poi c’ l’impatto sulla fl ora e sulla fauna: i Berici sono riconosciuti come zona da tutelare (fanno parte della Rete Natura 2000 come area Sic, cioè come sito di in-teresse comunitario, ndr) per la pre-senza di ambienti particolari e per il livello di biodiversità: ora è chiaro che se apro una cava, in quel pun-to distruggo la biodiversità; e non ha senso dire che tanto certe specie sono abbondanti, che ragionamento è? Se sono diffuse è proprio perché sono protette”. E poi ci sono, natural-mente, le conseguenze sulla viabilità e sulla vivibilità. “Tanto per fare un esempio, la cava di Alonte, che non si vede perché è nascosta, è attiva per 20 ore al giorno, dalle 4 alle 24. Vuol dire che cominciano prima dell’al-ba con il via vai di camion e con lo sminuzzatore. Ci sono state famiglie che hanno venduto la casa quando hanno saputo che la cava si allargava ancora”.

La Regione silente...A differenza che nella Valbrenta, qui i sindaci sono ormai quasi tut-ti schierati dalla parte dei cittadi-ni, cioè contro nuovi ampliamenti dell’attività estrattiva. Ma la palla, per quanto riguarda legislazione e autorizzazioni, è in mano alla Regio-ne, e lì il discorso è diverso. “Basta dire che le norme del prac, del piano cave, prevalgono sui piani urbanistici

dei comuni – continua Bruzzo -. La Regione dimostra di essere sorda, e i sindaci lo sentono. È un po’ come ci fossero sempre i lupi in agguato, pronti ad approfi ttare della prima distrazione”. Per rendersene con-to, secondo i comitati, basta poco: è suffi ciente, ad esempio, guardare la facilità con cui vengono approvati gli studi di impatto ambientale o la tem-pistica di certe decisioni. “Faccio il caso di Meledo, dove c’è in ballo an-che un ricorso al Consiglio di Stato. Lì ci sono grossi problemi di viabili-tà, come abbiano messo in eviden-za con le nostre osservazioni: il via (valutazione di impatto ambientale, ndr) le riconosce, ma non dice nulla su come migliorare la situazio-ne. C’è una sorgente: il via dice che basta intu-barla e spostarla più in basso. C’è un sentiero escursionistico, e an-che quello basta spo-starlo. E tutto è stato fatto ai primi di agosto, così i termini per le osservazioni scorreva-no quando la maggior parte delle persone era in ferie. Oppure pensiamo a Sossano, dove il piano è stato approvato con 23 prescrizioni: ma come si fa? Se ci sono 23 punti che non vanno bene, si boccia e si chiede di farne un altro. Invece non si boccia mai”.

... e accomodanteQuesto nei casi concreti. Ma lo stes-so atteggiamento permissivo si riscontra anche nelle proposte di legge, come quella presentata dal-la giunta regionale quattro anni fa. “Secondo noi è peggio della legge attuale, è piena di insidie – conti-nua Bruzzo -. Si parla di recupero ambientale, invece che di ripristino, e questo permette di fare qualsiasi cosa, anche costruire: se avevo un monte e questo è stato spianato, posso fare case. Scompaiono i punti in cui si parlava di cercare soluzioni alternative, di riciclo, di riuso. Non si parla di sostenibilità, e non si fa riferimento alle zone di particola-re rilievo ambientale. Infi ne, viene

escluso dal piano cave tutto ciò che non è sabbia e ghiaia, con il rischio di una totale deregulation”. I lupi in agguato, per tornare alla metafora di prima. “Quello che vediamo è che le istituzioni e i piani che dovrebbe-ro tutelare e dare un indirizzo ven-gono disattesi - conferma Bruzzo -. Cosa proponiamo? Sarebbe già tanto se ci fosse un piano cave effi -cace, basato sul fabbisogno reale, un atteggiamento serio per dire di no a piani inutili, e la ricerca di strade alternative” . Il problema è che le ri-chieste dei cittadini si scontrano con quelle degli addetti ai lavori, e il ri-sultato pende spesso dalla parte dei

secondi. “La lobby dei cavatori è molto forte – aggiunge ancora il presidente -. Sarebbe bene che ci fosse più trasparenza, anche sui fi nanziamenti ai partiti. Perché ci può essere il singolo fun-zionario corruttibile, ma poi ci sono i fi nan-ziamenti ai partiti, che dovrebbero esse-re noti, come avviene negli Stati Uniti”. Da

noi le cose funzionano diversamen-te, e in Regione i provvedimenti sulle cave sono sospesi in un limbo indefi nito che, di fatto, permette di continuare a scavare.

Quale futuro?“Tutto questo quando molti comuni stanno facendo uno sforzo enor-me per proporsi anche come mete turistiche – conclude Bruzzo -, e stanno cercando di uscire dalla classico stereotipo che dipinge il Basso Vicentino come area de-pressa. Le cave sono nate come fonte di reddito, e va bene, ma adesso non possiamo continuare a consumare territorio in questo modo. Quello che diciamo noi, e su cui ormai anche tutte le ammi-nistrazioni locali sono d’accordo, è che la tutela e la valorizzazione del territorio devono essere i no-stri investimenti per il futuro. Le cave, invece, sono un modello le-gato al passato”.

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Spesso le cave vengono “mascherate”: da miniere, o da messe in sicurezza

I comitati chiedono che si scavi in base ai reali bisogniE con controlli efficaci

| Nella foto grande la cava di Carpanè. Qui sopra i progetti di messa in sicurezza attorno a Cismon e la polveri prodotte dai lavori (le foto sono del Gruppo Salvaguardia Valbrenta)

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Quanti di voi conoscono i canali di ingresso degli immigratati

clandestini, alzino la mano! Credo che siamo in pochi a conoscere da dove vengono i clan-destini: i più pensa-no a gente che sfi da il mare in barconi o canotti. Ed è proprio sulla mancata cono-scenza dei canali di immigrazione clan-destina che la dema-gogia leghista e ber-lusconiana può fare affi damento. L’in-formazione servile propone quotidia-namente le immagini degli sbarchi delle carrette del mare provenienti dall’Africa a cui seguono le imma-gini rassicuranti dei rappresentati del governo e della maggioranza. E così tutti, o quasi tutti, fi nisco-

no con il credere che il problema principale sia la difesa del territo-rio e della sicurezza dai nuovi in-vasori.

Le rotte dell’immigrazioneEppure le cose non stanno così. Tra il 2004 e il primo semestre del 2008 le autorità italiane han-no registrato in totale l’arrivo di 89.366 persone sulle rotte marine, con una media di quasi 20.000 persone all’anno. Come rileva il ministero dell’Interno italiano,

l’ingresso via mare “costituisce un cana-le di ingresso margi-nale, sotto il profi lo delle dimensioni, e contribuisce in ma-niera modesta, e de-crescente, allo stock di immigrati irrego-lari presenti in Italia” (Ministero dell’In-

terno, Rapporto sulla Criminalità in Italia. Analisi, Pre-

venzione, Contrasto, Roma, 18 giugno 2007). Secondo gli ultimi dati gli ingressi via mare rappre-sentano infatti circa il 13 per cento degli stranieri irregolari presenti nel nostro paese. Attenzione però:

irregolari non vuol dire che sono clandestini. Ospitati dapprima nei Centri di accoglienza, alcuni otten-gono la possibilità di rimanere nel nostro Paese, ma la gran parte vie-ne riaccompagnata alla frontiera o imbarcata in aereo. Alla fi ne i clandestini arrivati via mare rappresentano nel nostro Paese una quota davvero insigni-fi cante. La quota maggiore, infatti, oltre il 90 per cento, è costituita da coloro che hanno fatto ingres-so regolarmente in Italia, con il permesso turistico, e poi sono rimasti in condizione irregolare oltre il termine concesso dal visto (i cosiddetti overstayers). Si tratta anche di persone che hanno su-perato con la frode i controlli alle frontiere. Si tratta di persone che hanno perso il lavoro e non pos-sono ottenere il rinnovo del per-messo di soggiorno, ma restano in Italia nella speranza che salti fuori un qualche lavoretto.

Polizia squattrinata...Il problema vero, dunque, è il controllo del territorio e la gestio-ne dei clandestini già presenti, badanti comprese. Ma l’ammini-strazione è impotente: se un po-liziotto verifi ca che un immigra-

to non è in possesso di regolare permesso di soggiorno, scattano le procedure che porteranno il clandestino all’accompagnamen-to alla frontiera. Ma per attivare questo procedimento occorrono soldi e la Polizia di Stato non ha neppure gli spiccioli per fare fun-zionare le autopattuglie. Allora è meglio non verifi care se uno pos-siede o meno il permesso di sog-giorno. E’ meglio sopportare.

... e stato impotenteEcco che allora ven-gono proposte le ronde, vero miraco-loso toccasana del problema della si-curezza. E le forze dell’ordine esistono in Italia? Se vengo-no proposte le ronde vuol dire che lo Stato non è in grado con i suoi mezzi di con-trollare il territorio. L’Italia è il paese con il maggior numero di addet-ti alla sicurezza per cittadino, se confrontato con qualsiasi altro membro dell’UE. Le forze di Po-lizia ci sono ed hanno alta capa-cità e professionalità, ed è ora che

qualcuno si renda conto che l’uni-co modo per assicurare il vivere sereno ai cittadini italiani è di po-tenziarle nel maggior modo pos-sibile. Le ronde rappresentano la sconfi tta defi nitiva dello Stato. Se il cittadino comune per difen-dersi da un (eventuale) pericolo deve rivolgersi a degli pseudo-eserciti composti principalmente da invasati ultras signifi ca che lo Stato non riesce più a svolgere in maniera autonoma una delle sue funzioni principali, la difesa del

cittadino. Ma agli italiani piace vedere questi politici ener-gici e durissimi con-tro inermi disperati su gommoni e bar-coni.Così il problema del-la sicurezza del citta-dino diventa la prio-rità e serve per ma-

scherare l’incapa-cità del governo di affrontare gli altri

problemi gravi e urgenti di que-sto Paese: la crisi economica, la disoccupazione, le pensioni basse per gli anziani, l’amministrazione pubblica allo sfascio e così via. Pare che, ai più, vada bene così.

io non ci sto numero149 del16 maggio 2009 pag7

Le ronde rappresentano la sconfitta definitiva dello Stato

Il grosso dei clandestini entra con un visto turistico e poi resta qui

di Francesco di Bartolo

Gi sbarchi via mare rappresentanouna quota minima dell’immigrazione clandestina, eppure sono sempre al centro dell’attenzione:uno specchietto per distogliere dai veri problemiCome il controllo del territorio,per il quale nessuno fa nulla

| Uno sbarco a Lampedusa

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Clandestini, un bastimento carico di bugie

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Più trasversale di così si muore. E’ la “soluzione” riesumata dal

sindaco Achille Variati per ridurre il danno della Ederle 2, ossia uti-lizzare l’area agricola in via Aldo Moro, proprio davanti alla Eder-le 1: «Se il committente della nuova base mi chiedesse un cam-bio di destinazione urbanistica per i terreni di via Aldo Moro po-trei valutare la proposta perché, fatto salvo che una base milita-re produce comunque un danno alla città, sarebbe decisamente un danno minore» (Giornale di Vicenza, 12 maggio 2009). Tra-sversale, bipartisan, unanime: da Forza Italia alla (fu) Marghe-rita passando per la Lega nonché per un testimonial a cavallo tra destra e sinistra, l’ex mastelliano Mauro Fabris, la nuova base Usa a Vicenza Est ha tanti padri. E forse qualche padrino. Ricordia-moli un po’.

Mauro e MarinoIl no di Achille al Dal Molin americano non ha mai avuto a che fare con motivazioni pacifi-ste o rivendicazioni di sovranità nazionale ma soltanto con pre-occupazioni riguardo l’impatto urbanistico. E adesso tira fuori dal cappello l’ipotesi Aldo Moro («Sono indignato e arrabbiato perché chi amministrava Vicen-za prima di me non portò avanti con decisione e serietà la scelta più ovvia, cioè quella di via Aldo Moro»); ma non è una novità. Il primo in assoluto a escogitare l’idea, nell’ormai lontano 2006, fu Fabris, allora capogruppo Udeur alla Camera e soste-nitore del governo Prodi (oggi è pas-sato, con le pive nel sacco, dalla parte di Berlusconi): «Penso agli spazi di Vicenza Est, che sarebbero vicini alla “Ederle” e al Villaggio del-la Pace, oltre che all’autostrada per gli spostamenti di truppe che i comandi statunitensi hanno detto di voler fare su gomma» (Giornale di Vicenza, 8 settem-bre 2006). Il giorno dopo corre a dirsi d’accordo l’ex sindaco, al-lora consigliere comunale della Margherita, Marino Quaresimin (ora presidente Amcps in quota Pd), che suggerisce di punta-re sulle proprietà immobiliari dell’ente per anziani Ipab: «A

Vicenza Est ci sono 500 mila metri quadrati di terreni delle Ipab. Le Ipab hanno bisogno di fondi per i loro investimenti per l’assistenza agli anziani. Perché non pensarci, anche nell’ottica di garantire così i posti di lavoro dei dipendenti vicentini dell’am-ministrazione militare ameri-cana?» (Giornale di Vicenza, 9 settembre 2006). Possibilista Luca Milani, quell’anno capo-gruppo di Alleanza Nazionale in Sala Bernarda: «Vicenza Est? Se Fabris ha elementi concreti, li esponga e discutiamone subito, senza preclusioni». (En passant, da notare come argomentava la sua opposizione il diessino Gigi Poletto, che adesso è presidente del consiglio comunale: «Un’ubi-cazione a Vicenza Est lascerebbe irrisolte le questioni della si-curezza: in tempi di terrorismo globale Vicenza diventerebbe comunque un obiettivo più sen-sibile». Come mai, se il pericolo derivante dalla base americana è così foriero di lutti e tragedia, ora se ne sta zitto e mosca?).

Enrico s’arrabbiaMa ecco, venti giorno dopo, il primo cittadino Enrico Hullweck reclamare stizzito la paternità dell’“alternativa”: «Per la verità, il primo ad avanzare la proposta ufficiale di un sito alternativo al Dal Molin per costruire la nuova caserma americana sono stato io, quando il 12 settembre ho messo nero su bianco, in una lettera indirizzata al ministro della Di-fesa Arturo Parisi, la richiesta di esaminare anche altre soluzioni» (Giornale di Vicenza, 1 novem-bre 2006). Hullweck spiegava che nelle famose cinque “garan-zie” – che non hanno garantito quasi nulla – con cui il Comune di Vicenza si espresse a stretta

maggioranza per il sì all’insediamento nell’aeroporto, era prevista l’eventua-lità di «considerare ipotesi alternative». E sul perché non avesse imposto la condizione di privi-legiare l’area a est invece che la pista di

via Sant’Antonino, il sindaco di cen-trodestra rispon-

deva così: «Perché sarebbe stato come vendere la pelle dell’orso. Quei terreni non sono pubblici, appartengono a vari privati. Ba-sta l’opposizione di uno di questi per complicare le cose. E questo ci avrebbe esposto a una figurac-cia: come potevamo dire al go-verno di scegliere via Moro senza contare sulla proprietà dell’area? La storia del Cis è un esempio perfettamente calzante».

Manuela e l’advisorD’accordo, seppur senza entusia-smi, si dichiarava il portavoce dei dipendenti italiani della Ederle (altrimenti noti come Comitato del Sì), l’odierno consigliere provin-ciale di Forza Italia Roberto Cat-taneo. «Via Aldo Moro? Va bene. Basta mettersi d’accordo», disse reduce da un incontro proprio con Fabris (29 dicembre 2006). Ma nel frattempo c’era stata una doppiet-ta, anzi tripletta, che sostanziava i contorni vaghi della proposta Fabris e riprendeva l’idea di Qua-resimin sull’Ipab con un progetto preciso: il lodo Borra-Meridio-Dal Lago. «Di fronte a una contrarietà così forte da parte della popola-zione che vive nella zona del “Dal Molin”, perché non pensare ad al-tre ipotesi per la nuova base Usa, come i terreni dell’Ipab a Vicenza est?», si chiedeva il 20 settembre 2006 l’avvocato Maurizio Bor-ra, a quei tempi presidente della commissione urbanistica di Forza Italia, noto come uno dei tre ad-visor Aim dell’ultimo periodo tar-gato Beppe Rossi (e sponsor del “piano gas” con cui una cordata di industrie energivore locali ca-pitanate da Valbruna e Mastrotto volevano accaparrarsi il più ricco asset di San Biagio). Un business concordato con l’eterno presidente dell’Ipab, e attuale consigliere for-zista, Gerardo Meridio. Nello stes-

so articolo del Giornale di Vicenza si leggeva: “Come spiegano Borra e Meridio, in questo modo verrebbe superata la forte opposizione dei residenti di S. Bortolo e di Laghet-to, salvando contemporaneamente il progetto e i posti di lavoro della Ederle. I terreni sarebbero vicino all’autostrada, ma anche alla hou-sing area e alla caserma Ederle. Infi ne, l’Ipab cederebbe i terreni direttamente al demanio militare, ottenendo in cambio importanti risorse da destinare a strut-ture per l’assistenza alla terza età”. Il 9 ottobre 2006 al duo azzurro si affi anca la Provincia retta dalla leghista Manuela Dal Lago, che intende-va “farsi capofi la di un’operazione im-mobiliare condot-ta con i proprietari terrieri confi nanti”. Il lato oscuro dell’operazione era ed è ancor oggi uno solo: chi sono i privati proprie-tari dei terreni? Il quotidiano di via Fermi ne ricapitolava gli interessi senza nominarli: “L’utilizzo dei campi esterni alla circonvallazione per nuove strutture Usa era stato approfondito già un paio di anni fa, quando la Ederle andava in cer-ca di terreni per un raddoppio del “villaggio americano” attraverso

un grande leasing immobiliare-fi nanziario con un interlocutore vicentino. Si era formato allora un consorzio tra proprietari che potrebbe diventare la base per la nuova iniziativa studiata a Palazzo Nievo. L’affare economico è prati-camente lo stesso, ben sostanzio-so, e la superiore utilità pubblica di una ri-destinazione per usi militari potrebbe addirittura accelerare la trasformazione urbanistica delle

aree. La Provincia, che possiede una quindicina di cam-pi vicentini verso il complesso della “No-stra Famiglia”, parte-ciperebbe per il 10-15 per cento al mosaico di terreni agricoli da destinare all’uso mi-litare” (Giornale di

Vicenza, 9 ottobre 2006). Variati sa chi sono i privati in-

teressati? Diffi cile pensare il con-trario. Ma da politico consumato quale egli è, avendo ben presente che i lavori sono cominciati e gli Americani hanno già investito più di 50 milioni di euro, perché ha rispolverato il lodo Vicenza Est? Per dare un segnale politico della sua ferma contrarietà al Dal Molin (ripetiamo: Dal Molin) ai suoi fans, o per lanciare un messaggio a lati-fondisti e immobiliaristi?

focus numero149 del16 maggio 2009 pag8

| A sinistra, in rosso, la zona occupata attualmente dalla Ederle a destra della foto si possono vedere i campi della zona est di via Aldo MoroA destra, uno degli edifici all’interno del campo di viale della Pace

di Alessio Mannino

Il sindaco riprende la trasversalissima idea del 2006 di costruire la Ederle bis in via Aldo Moro.Ma quali interessi ci sono dietro?

Il primo a lanciare l’ipotesi fu l’ex sottosegretario Mauro Fabris

Ma a renderla concreta furono Ipab, Provincia e l’ex advisor

Achille e il lodo Borra-Meridio-Dal Lago

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Sono distanti solo qualche centi-naio di metri e probabilmente,

se e quando saranno ultimati, dalle fi nestre dell’uno si vedranno tran-quillamente quelle dell’altro. I piani urbanistici riguardanti le aree Lodi e Marotti, nella zona di Cà Balbi, nelle ultime settimane sono fi niti spesso al centro del dibattito, con polemiche anche accese. Anzi, per essere precisi, è il piano Lodi, che deve ancora esse-re approvato dal consiglio comunale e che prevede la costruzione di sei nuovi condomini in un’area dismessa tra via Fina e via Remondini, ad es-sere fi nito nell’occhio del ciclone, tra le proteste dei residenti contrari alla nuova lottizzazione e i malumori di un’amministrazione che sul caso non ha ancora trovato una linea condivi-sa. Il piano Marotti, però, è stato più volte tirato in ballo come termine di paragone, come esempio di lottizza-zione che, nella stessa zona e con ca-ratteristiche anche più invasive, non ha incontrato le stesse resistenze. Ecco, allora, i due piani a confronto.

Le cifreIl piano Lodi riguarda un’area di poco meno di 20 mila metri quadrati, occupata fi no a non molto tempo fa dai depositi di carbu-rante della ditta della famiglia Lodi. Si tratta, quindi, di un’ex area produttiva in cui si prevede adesso di co-struire sei nuovi edifi ci residenziali. In totale si arriverebbe a circa 11 mila metri quadrati di nuove abitazioni (circa 120 appartamenti), in cui potrebbero trovare posto qualcosa come 250 – 300 nuovi abi-tanti. A questi si aggiungono poi ol-tre 8mila metri quadrati di standard (oltre il 40 per cento del totale), divisi tra 2300 metri di strade e marciapie-di, 1500 di parcheggi e 4800 di ver-de pubblico. In più, il piano obbliga i proprietari a sistemare i marciapiedi di via Cà Balbi e la piastra scoperta delle vicina scuola elementare Borto-lan, per un costo stimato in altri 260 mila euro. L’altezza degli edifi ci è di

15 metri, cioè cinque piani: più delle abitazioni delle lottizzazioni vicine, fatte di villette o piccoli condomini che arrivano massimo a tre piani, ma in linea con altri edifi ci della zona, come alcuni caseggiati del peep di Bertesinella. Il piano Marotti riguarda un’area rimasta agricola fi no ad oggi (anche se il piano regolatore prevede già da

tempo la possibilità di costruire) di poco meno di 100 mila me-tri quadrati, cinque volte l’area Lodi. In questo spazio verran-no realizzati edifi ci residenziali per poco meno di 50 mila metri quadrati: si tratta di tre gruppi di case a schiera

e di quasi una ventina di condomini di varie dimensioni, capaci di ospitare 1200-1300

nuovi abitanti. Gli standard previsti sono appena sotto i 30mila metri quadrati (il 30 per cento del totale), e prevedono la realizzazione di aree verdi, strade (tra cui una bretellina di collegamento con via Aldo Moro), parcheggi, percorsi ciclabili e pedo-nali, una piazza; e soprattutto la co-struzione di un asilo integrato (nido più materna) pensato per andare incontro alle esigenze di una zona

in cui la popolazione dovrebbe au-mentare (nelle vicinanze è stato ap-provato anche il piano Barcaro) e di una palestra, anche questa destinata a colmare le lacune di un quartiere in cui gli spazi per le associazioni spor-tive sono sempre troppo pochi (oggi vengono usate le palestre delle scuole Bortolan e Lioy, e alcune sale parroc-chiali). Gli edifi ci più alti potranno arrivare fi no ad un’altezza di 14 metri. Ricapitolando, quindi, da una parte c’è un’area dismessa in cui si vogliono realizzare sei nuovi condomini, dan-do al pubblico un pezzetto di strada, dei parcheggi e un giardino pubblico. Dall’altra 100mila metri quadrati di campi destinati a diventare un nuo-vo quartiere (cinque volte più gran-de e con il quintuplo degli abitanti dell’area Lodi), cedendo però al pub-blico una palestra, una scuola, strade e spazi verdi.

Destini incrociatiIl fatto è che mentre il piano Marotti è stato approvato, dopo una serie di re-visioni ma senza troppe diffi coltà dal-la giunta Hullweck, il piano Lodi no. Bruciato dalle dimissioni anticipate dell’ex sindaco, è diventato uno dei temi caldi della campagna elettorale a Vicenza est (con il centrosinistra tutto schierato per il no), è stato fortemen-te contestato dai residenti, preoccu-pati per le ripercussioni sulla viabilità

e sulla tranquillità di un quartiere fatto di piccole abitazioni, ed è ancora in sospeso in attesa di una risposta da parte dell’amministrazione comuna-le. Niente di troppo strano: nel frat-tempo è cambiata l’amministrazione, e se il centrodestra era di manica larga con le richieste dei costruttori, non sta scritto da nessuna parte che Variati debba fare altrettanto. Però la questione non è così semplice, e per capire il perché bisogna fare un passo indietro. L’area Lodi, come si diceva, non è terreno vergine. Lì c’era un’at-tività artigianale, e la variante generale al prg dei primi anni 80 aveva trasformato la zona dandole una de-stinazione d’uso com-merciale- artigianale-direzionale, con un indice di edifi cabilità pari a 1: cioè per ogni metro quadro di superfi cie utile si poteva costruire un metro quadro di edifi cio. In altre parole, se i proprietari avessero voluto, fi no alla metà degli anni ’90 avrebbero potuto costruire un capannone di 20 mila metri quadrati di superfi cie, alto 15 metri, da destinare a negozi, uffi ci o laboratori. Il tutto con il rilascio della sola concessione edilizia. Nel 1992 la

proprietà ha invece chiesto il cambio di destinazione, da annonaria a resi-denziale, ed è cominciato l’iter della variante urbanistica che è alla base dell’attuale piano. Variante appro-vata defi nitivamente nel 2003 senza che ci fossero particolari proteste od osservazioni. Il problema dell’amministrazione Variati è proprio questo: si trova a

mettere ordine nella stalla quando i buoi sono già scappati. Fuor di metafora, deve conciliare le richieste di un privato che ha un terreno edifi cabi-le da decenni con le promesse di una linea politica tesa a porre un freno a nuove costru-

zioni e speculazioni. Il problema è che per fare marcia indietro servono giustifi cazio-

ni solide, e dal punto di vista tecnico il piano non ne offre molte, essendo in linea con gli indici e gli standard previsti. Si aggiunga poi che, non troppo distante da via Fina e con una situazione simile, la giunta ha recen-temente dato il via libera al piano Strobbe. La questione, quindi, è tutta politica, ed è su quel piano che il re-bus dovrà essere risolto.

Luca Matteazzi

focus numero149 del16 maggio 2009 pag9

| A sinistra l’ingresso dell’area Lodi. A destra via Fina

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La percentuale di standard del piano Lodi è superiore a quella del Marotti

L’area Lodi è edificabile dai primi anni ‘80,e con volumi superiori agli attuali

Lodi vs Marotti: piani “gemelli”, destini diversi

Page 10: Direttore responsabile Luca Matteazzi La voragine fileDirettore responsabile Luca Matteazzi n° 149 16 maggio 2009 euro 0,50 Fatti, personaggi e vita vicentina Più Democrazia: “Referendum

Sono passati due anni abbon-danti da quando, il 10 set-

tembre 2006, diecimila vicen-tini dissero in stragrande mag-gioranza sì a una consultazione che chiedeva di modificare lo statuto comunale introducendo i referendum abrogativi e pro-positivi con valore vincolante per l’amministrazione. Da allo-ra, il comitato promotore, Più Democrazia, attende invano che il responso diventi una delibera da presentare in Sala Bernarda. Uno dei tre capigruppo di mag-gioranza, Federico Formisano, ne fa parte, e aveva promesso di risuscitare il tema in consiglio. «Prima il bilancio, poi il Pat… ci sono sempre altre priorità», constata amareggiato Eugenio Berti, dipendente comunale, uno delle anime di Più De-mocrazia assieme a Valentina Dovigo (Legambiente, ex con-sigliere Ds) e Fulvio Rebesani (sindacato inqui-lini Sunia, espo-nente storico della sinistra berica). «Intendiamoci: ob-biettivamente que-ste priorità ci sono, però di lì a dimen-ticarsi del tutto ce ne passa…».

Moschea e baseI democratici diret-ti in salsa vicentina hanno inviato un promemo-ria al sindaco Variati circa un mese fa, e come hanno risposta hanno avuto proprio un “spia-centi, ci sono cose più urgenti, ma sarà mia preoccupazione incontrarci etc etc”. «In pra-tica ha rimandato di nuovo», chiosa Berti. Dalla minoranza di centrodestra c’è il disinte-resse più assoluto. E dire che «se avesse un po’ più di acume politico, potrebbe utilizzare lo strumento referendario a suo vantaggio». Purtroppo, scher-za, «ognuno ha la minoranza che si merita». E la Lega Nord che propone, guarda un po’, il referendum contro la moschea? «Se la moschea diventasse la leva affinchè i leghisti si schie-rino a favore dei referendum, ben venga. Anzi, al posto della base americana, proponiamo che al Dal Molin si faccia una moschea…». Ogni riferimento

al fatto che Lega e centrodestra abbiano sempre osteggiato il voto popolare sulla Ederle 2 è puramente voluto.

La CastaBerti, poi, passa in rassegna i «perso-naggi» ostili alla ri-voluzione referenda-ria del regolamento municipale. «Polet-to, che più o meno è sempre stato sulle posizioni di Alifuo-co, era arrivato a dire cose tipo “mi fa paura che siano i cittadini a decidere”.

Ora è presidente del consiglio comunale, figurarsi. Ma gli chie-derei: siamo tutti dei minus ha-bens, per lui?». Anche l’oggi as-sessore Antonio Dalla Pozza era «freddo». L’ex assessore Claudio Cicero, ricorda Berti, sosteneva «la strana teoria secondo cui la democrazia è come l’alcol, non bisogna abusarne». E giù tutta una serie di pregiudizi (“si para-lizza la città”, “costa troppo”, “si voterebbe troppo”, “quorum alto altrimenti si è antidemocratici”) che, riassume Berti, «denotano un fatto: la casta locale non vuo-le elementi di democrazia che la infastidirebbero». Gli unici a salvarsi a metà sono quelli di Vi-cenza Capoluogo (Giuliari, So-prana), supporter convinti «per-ché d’accordo sui princìpi». O anche per convenienza, dato che così una lista civica potrebbe as-sumere più peso politico minac-ciando l’arma del voto diretto?

«Certo, è una conseguenza ov-via», risponde Berti. Ma anche ViCap è spaccata fra chi spinge a favore e chi rema contro.

Territorio partecipatoUn recente sondaggio pubbli-cato dal Gazzettino individua nei giovani i più entusiasti ver-so forme di democrazia diretta. Una speranza? «I giovani sento-no l’esigenza di farla finita con la politica ridotta a buffonata. L’Italia non è più una democra-zia da un pezzo, perché i mec-canismi rappresentativi si sono rotti. Con questo, però, non vo-glio dire che democrazia rappre-sentativa e diretta si annullino, anzi la seconda aiuta la prima». Berti fa l’esempio della Svizzera. «Lì solo una minima parte del-le decisioni politiche è affidata allo strumento referendario. E questo perché i politici locali cercano di evitare il referendum coinvolgendo la popolazione in un percorso di condivisione, che va da un’informazione capillare alle assemblee di quartiere». Sul caso Lodi, sul caso Wisco, sul nuovo piano regolatore (Pat), i cittadini di Vicenza dovrebbe-ro essere preventivamente fatti partecipare alle scelte, e solo alla fine, eventualmente, sentiti col voto. «Prendiamo il Pat» - s’infervora Berti - «dove finora questa amministrazione ha con-cesso solo l’ascolto. L’urbanisti-ca partecipata secondo il mo-dello svizzero prevede una serie di passaggi: prima di tutto que-stionari on line per raccogliere pareri e richieste, con aggior-

namento continuo tramite new-sletter; poi le assemblee, zona per zona, per le quali potrebbero essere utilizzare le sedi delle ex circoscrizioni; poi la costituzio-ne, secondo rigidi criteri statistici, di un’assemblea rap-presentativa della cittadinanza, che ri-unendosi periodica-mente elaborerebbe un progetto con-clusivo diverso da quello del governo locale in carica; tale progetto andrebbe poi vagliato nuova-mente nei consigli di quartiere, per arrivare infine al referendum cittadino». Do-manda: e il consiglio comunale eletto, che ci starebbe a fare? «Diciamolo chiaro: mentre i po-litici possono essere influenzati dagli interessi dei poteri forti, questo problema è più difficile coi semplici cittadini». Come dire: estraendo statisticamente, un po’ all’ateniese, una “dieta popolare”, gli schemi e le com-plicità del sottobosco politico salterebbero. Ma la società civi-le è davvero “buona”, e la poli-tica “cattiva”? «L’efficacia della democrazia diretta è dimostrata là dove viene usata: California, Svizzera, Baviera, tutti paesi ric-chi e ben amministrati», ribatte Berti.

Variati timorosoLa palla ora è al consiglio co-munale. «Il regolamento an-drebbe cambiato per intero»,

puntualizza Berti, «a comincia-re dalla norma-capestro intro-dotta dalla passata maggioran-za di centrodestra secondo cui il consiglio può dibattere l’og-

getto di un referen-dum dopo che siano state raccolte le fir-me. Praticamente invalidando tutto». Quel 18 gennaio 2006 su 37 consi-glieri presenti, 30 votarono a favore (fra cui la Marghe-rita e metà Ds), una si astenne (Equizi), e solo sei si oppo-sero (Ciro Aspro-

so, Valentina Dovigo, Emilio Franzina, Giovanni Giuliari, Stefano Soprana, Carla Zuin). Questo giusto per dire quan-to sia trasversale ancor oggi la resistenza della partitocrazia vicentina. Una «resistenza» che è anche di Variati. Conclude Berti: «Non c’è dubbio che ri-spetto a Hullweck le differenze siano enormi, basti pensare al referendum sul Dal Molin. Però il fatto che, con la maggioran-za solida che si ritrova e il fatto che è meno condizionabile del suo predecessore, non osi, ecco, questo dimostra che c’è ancora resistenza da parte sua. Io in-vece penso che non solo fareb-be del bene alla città, ma anche a sé stesso, perché i consensi aumenterebbero a dismisura». Sempre ammesso, e non con-cesso, che i vicentini desiderino diventare svizzeri. Il che qual-che dubbio lo fa venire.

di Alessio Mannino

focus numero149 del16 maggio 2009 pag10

Nella maggioranza c’è molta resistenza, anche il sindaco prende tempo

Chi spinge di più è ViCap, ma anche loro sono spaccati

| Maggior potere dei cittadini nei meccanismi di potere locali: una discussione che si trascina da anni

Pat e Wisco, la soluzione sta nei referendumIl comitato Più Democrazia attacca: “Centrosinistra smemorato e centrodestra stupido, affossano il voto del 10 settembre 2006”Quello che potrebbe cambiare il regolamento comunale. Con la democrazia diretta

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Page 11: Direttore responsabile Luca Matteazzi La voragine fileDirettore responsabile Luca Matteazzi n° 149 16 maggio 2009 euro 0,50 Fatti, personaggi e vita vicentina Più Democrazia: “Referendum

«Giardinaggio rigoglioso e ribelle, rapido e duratu-

ro. Quando zappare è fi go, avere una vanga è uno status symbol e il concime e la torba sono terri-bilmente sexy». Si presenta con queste spiazzanti parole la Santa Alleanza dei Guerriglieri Verdi, sigla altisonante sotto cui si cela la «cellula» vicentina di un mo-vimento globale in costante cre-scita: il «guerrilla gardening», una forma di giardinaggio ribelle e spontaneo, praticata da piccoli gruppi affi atati che, di solito con l’aiuto del buio, si improvvisano giardinieri e piantano fi ori e arbu-sti negli spazi pubblici abbando-nati e negli interstizi fra il cemen-to delle città. Una forma di riven-dicazione creativa di spazi verdi, che non chiede al potere di conce-dere qualcosa, ma lo crea dove le condizioni già lo permettono.

La storiaGli albori del movimento sono a New York: nei pri-mi anni settanta si forma il primo grup-po che si defi nisce consapevolmente «guerrilla garde-ning», e nasce nel Lower East Side, all’epoca uno dei quartieri più degra-dati della metropoli, con una forte valen-za di rivendicazione sociale. Piantare fi ori e ortaggi nelle terre di qualcun al-tro è una pratica che, si può dire, esiste da secoli, ed è molto diffusa nei paesi poveri del sud del mon-do. Ma a diffondere il verbo dei giardinieri nonviolenti nei paesi occidentali è stato il britannico

Richard Reynolds, autore del li-bro «On guerrilla gardening» (Bloomsbury Publishing PLC, 2008) e curatore del sito guerril-lagardening.org, un forum dove centinaia di attivisti si scambiano informazioni, organizzano azio-ni e creano gruppi locali. La vera esplosione numerica dei gruppi è avvenuta in Inghilterra, mentre in Italia si sono formati nuclei di giardinieri politici a Milano, Bo-logna, Torino, Roma, Napoli, e da qualche mese anche a Vicenza.

Guerriglieri per casoA lanciare l’idea quasi per caso, anzi per studio, è stata Viola (il nome è di fantasia), ventunenne studentessa di sociologia a Pado-va: «Sto facendo una tesi di laurea sul guerrilla gardening – racconta – e il mio relatore mi aveva chie-sto di trovare un gruppo di Pado-va, per studiarlo da vicino. Ma a Padova gruppi non ne esistevano, invece parlandone con amici e co-noscenti vicentini in molti hanno trovato l’idea molto interessante. Così abbiamo detto: facciamolo!»Attualmente nel gruppo ci sono sei persone che partecipano alle azioni vere e proprie, e un po’ di più a scrivere sul forum on line (vi si accede dal sito http://ggvi.tum-

blr.com/). La formu-la è questa: si discute su possibili luoghi da «attaccare» in città, si cercano o compra-no le piante, si sceglie una data e un punto di ritrovo, e ci si trova al punto prestabilito con piantine, vanga, zappa e un paio di guanti. «Usiamo il forum come mezzo per prendere decisio-

ni e comunicare, è uno strumento più democratico che vedersi fac-cia a faccia» continua Viola, che spiega la linea seguita dal gruppo vicentino. «Il guerrilla gardening adatta i suoi obiettivi al contesto in cui agisce. Vicenza è una città

abbastanza verde, ci sono molte aiuole, perciò l’importante per noi è valorizzare ciò che c’è già. Dove ci sono aiuole con terreno di scarto o erbe infestanti, noi met-tiamo dei fi ori o piante utili come piante aromatiche, ad esempio il rosmarino. L’orientamento per il futuro è di piantare piante peren-ni, senza dover tornare ogni anno a ripiantarle».

L’appelloLe zone attaccate fi no ad oggi sono state San Giuseppe (due azioni, le cui foto si possono vedere sul sito) e il quartiere intorno all’istituto Boscardin. «Cerchiamo sempre di andare a colpire zone densamente popo-late, dove tante persone possono apprezzare il nostro lavoro» dice Viola. Rosmarino, salvia, zinnie, tagete, dalie nane, settembrini, due oleandri, girasoli, sono que-ste le piante che hanno trovato

dimora nelle aiuole rese giardi-ni dalla Santa Alleanza. «Per il momento niente alberi, anche se siamo alla ricerca di persone che ci donino degli arbusti – è l’ap-pello accorato della fondatrice del grup-po –. Sul nostro sito c’è un bottone per le donazioni, è tutto autofi nanziato. Sup-plichiamo la gente di regalarci gli scarti del giardino».Per avere successo un’azione dovrebbe portare al coinvolgi-mento degli abitanti stessi del quartiere, che dovrebbero essere i primi a prendersi cura degli spazi verdi, creando anche nuove relazioni sociali. «Qualche passante, spe-cialmente anziani, ci chiede per-ché lo facciamo. Qualche giorno fa, quando sono andata a innaf-

fiare un’aiuola piantata da poco, una signora ha apprezzato la cosa, e mi ha detto che in futuro lo farà anche lei. Speriamo che la gente si coinvolga, lo spazio è

pubblico e, anche se in teoria la manu-tenzione dovrebbe farla il comune, non vediamo perché non possa darsi da fare anche un normale cittadino».Proprio in questi giorni è in pro-gramma un salto di qualità: «Vogliamo attaccare una rota-toria, sistemarla e

piantarci dei pomodori – rivela Viola -. Non sarà facile, sono luoghi a rischio, bisogna essere molto veloci». In tempi di crisi, chissà, potrebbe diventare un ca-vallo di battaglia del consigliere Cicero.

di Giulio Todescan

focus numero149 del16 maggio 2009 pag11

Il movimento è nato a New York, e da lì si è diffuso nel mondo

Vicenza è abbastanza verde, noi valorizziamo quel che già c’è

| A sinistra, un “attacco verde” negli Usa, madrepatria del movimento. A destra, uno spartitraffico vicentino prima e dopo il giardinaggio ribelle

Guerriglieri verdi all’arrembaggioLe loro armi sono vanghe, zappe e piante di pomodoro; i loro obiettivi le aiole dimenticate e gli spazi pubblici trascuratiEcco come il primo gruppo veneto di “guerrilla gardening” cerca di rilanciare gli spazi verdi della città

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Page 12: Direttore responsabile Luca Matteazzi La voragine fileDirettore responsabile Luca Matteazzi n° 149 16 maggio 2009 euro 0,50 Fatti, personaggi e vita vicentina Più Democrazia: “Referendum

«Variati sta vaneggiando, non c’è posto per un simile luogo a Vicen-za. Se proprio vuole, Variati la fac-cia sotto o dentro casa sua. Sono sicura che la maggioranza dei Vi-centini è contraria ad una simile proposta. E non si può governare e prendere una decisione così im-portante ed impattante contro la volontà popolare. Se mai fosse, una scelta del genere dovrà essere sot-toposta ad un referendum popola-re: e non vi è dubbio che i vicentini la boccerebbero. Essere buonisti ed indulgenti con il mondo islamico è una politica rischiosa e che non paga: le moschee, più che luoghi di culto, sono spazi dove l’estremismo religioso e le prediche fi lo terrori-stiche la fanno spesso da padrone»: Mara Bizzotto, consigliere regiona-le Lega Nord, Giornale di Vicenza13 maggio 2009. «Noi ci opporre-mo in tutti i modi e con qualsiasi mezzo a questo genere di apertura. Pro porremo un referendum sul te-ma ai vicentini, vediamo cosa ri-sponderanno al sindaco»: Alessio Sandoli, segretario cittadino Lega Nord, Corriere del Veneto13 maggio 2009. Ora, chi scrive, non aven-do potuto per ragioni d’età, non è riuscito ad applaudire il Car-roccio degli anni ’90 quando alla marcia partitocrazia roma-na contrapponeva la sana democrazia dei gazebo. Era una Lega, quella del Bossi d’antan, fi eramen-te referendaria. Al sottoscritto, i tri-nariciuti di sinistra avrebbero dato senz’altro del leghista. Oggi, però, i trinariciuti sono loro, i padani. Ma come: per una moschea, per chi professa la religione islamica e in quanto tale è tutelato dalla Costitu-

zione (articolo 3 “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali

e sociali” e articolo 8 “Tutte le confessioni religiose sono egual-mente libere davanti alla legge”) le cami-cie verde-sbiadito propongono la con-sultazione popola-re, dopo che in tutti questi anni si sono opposti a quella sul-la nuova base Usa? A parte il grossolano pregiudizio secondo

cui “le moschee” - così, tout court - siano covi di estremisti e terro-risti, la signora Bizzotto avrebbe la cortesia di spiegarci per quale motivo un raddoppio così pesante della presenza di un esercito alle-ato sì, ma pur sempre straniero (e un tantinello protervo, ce lo con-

sentirà), non sarebbe abbastanza “impattante contro la volontà po-polare”? Tre anni di marce, con-vegni, fi accolate, gazebi (do you remember?) non sono suffi cienti, come prova che il popolo sovrano di Vicenza, per lo meno in una sua buona parte, considera l’invasio-ne a stelle e strisce una minaccia alla propria dignità e vivibilità? D’accordo che il No Dal Molin è stato strumentalizzato, sputtana-to e spremuto come un limone da certa estrema sinistra e da certo Pd con doppia e tripla morale. E sia pure che il Variati, smanioso di un titolo al giorno sulla stam-pa, metta il cappello su un’idea, edifi care una moschea, che mai è stata neppure paventata dal-la stessa comunità musulmana. Ma la faccia tosta della Lega che sotto elezioni (europee) recupera dal cilindro i referendum buttati nell’immondizia fi no a ieri, pur di dare addosso ai “mostri” islamici, è davvero insuperabile. Teatrino, solo teatrino.

Per il trasporto pubblico citta-dino sono in arrivo 9 autobus

ecologici, e per altri 3 si chiede il contributo del ministero dell’am-biente. La giunta comunale ha ap-provato due delibere per l’acquisto di nuovi mezzi a basso impatto ambientale. La prima riguarda il programma regionale trienna-le per investimenti nel trasporto pubblico locale: la Regione trasfe-risce al Comune di Vicenza 1 mi-lione e 170 mila euro per acquista-re 6 nuovi autobus a gpl del valore di circa 320 mila euro l’uno; la ci-fra mancante viene messa da Aim che in questo modo va a sostituire autobus vecchi di oltre 20 anni. A questo investimento, pari com-plessivamente a 1 milione e 920 mila euro, va aggiunto un altro milione e 80 mila euro, di cui 534 mila euro provenienti da fondi re-

gionali e gli altri messi da Aim, per acquistare 3 autobus “pollicino” ad alimentazione ibrida, sempre in sostituzione di mezzi vecchi.Accanto a queste operazioni la giunta ha deliberato anche la par-tecipazione a un bando del mini-stero dell’ambiente per interventi di miglioramento della qualità dell’aria delle città e per il poten-ziamento del trasporto pubblico locale: “Assieme ad Aim - spiega l’assessore Ennio Tosetto - chie-diamo un cofi nanziamento mi-nisteriale per l’acquisto di altri 3 autobus ecologici per sostituire vecchi mezzi a gasolio. Il costo sarà di 1 milione e 80 mila euro; Aim è disponibile a contribuire con 512 mila euro. La lotta all’in-quinamento atmosferico passa anche dal rinnovo del parco auto-bus di Aim”.

Da anni la Caritas diocesana vi-centina propone in rete con altri partner sostegni a distanza di per-sone con disabilità in situazioni di povertà nel mondo. Il progetto è stato presentato venerdì 15 presso la sede dei missionari saveriani di viale Trento, per portare una ri-fl essione su come un gesto di soli-darietà possa dare spunto e forma ad un ripensamento del proprio stile di vita, impregnandolo di comportamenti più attenti non solo alla solidarietà, ma anche alle relazioni e alla giustizia sociale. Le persone con disabilità e i rela-tivi progetti che è possibile soste-nere a distanza sono in India, Re-pubblica Democratica del Congo, Thailandia, Togo e Benin, presso realtà che aiutano giovani e adulti per i quali alle già tante diffi coltà dovute alla povertà si assommano quelle derivanti dall’handicap. Il sostegno a distanza diventa così un gesto per offrire loro la possi-bilità di migliorare la propria vita nell’ambiente sociale e culturale in cui vivono. “Il sostegno a distanza viene utiliz-zato per il soddisfacimento di bi-sogni primari e per la crescita edu-

cativa” spiega il coordinatore, don Giovanni Cecchetto, che ricorda come questa forma di aiuto “ven-ga inserita in progetti più ampi di autosviluppo locale, offrendo servizi e non direttamente dena-ro alle persone disabili sostenute, evitando così di creare situazioni di discriminante privilegio”.“Attualmente – aggiunge don Giovanni Cecchetto - sono 68 i so-stegni attivati, in nove casi ad im-pegnarsi sono gruppi di persone. Si tratta di esperienze molto bel-le, come quella dell’associazione ‘Proviamo insieme’ di Camisano, che gestisce un centro diurno per persone disabili e che ogni anno versa una considerevole cifra, gra-zie alla raccolta, lavorazione e ven-dita di tappi di plastica; o come i lavoratori di una ditta di Dueville, che da parecchi anni rinunciano al pacco di Natale offerto dalla ditta e con quanto risparmiato e con altre loro offerte libere ogni anno rac-colgono più di mille euro che uti-lizzano per i sostegni a distanza”. Per informazioni: Caritas Dioce-sana Vicentina tel. 0444.304986 e-mail [email protected]

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L’opinione

numero149 del16 maggio 2009 pag12

Referendum:perchésugli islamicisì e sul Dal Molin no?

| La moschea di Roma

La moschea, la Lega e il teatrinoIn arrivo nuovi autobus ecologici

In breve

Caritas e sostegno a distanza

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La terra appena smossa dall’aratro moderno ha un aspetto lucido,

squadrato: le zolle sembrano mattoni, di un marrone scuro, quasi nero. Poco a che vedere con la striscia di terra lun-go la valle dell’Adige che un ortolano riga con la zappa manuale: il terriccio è chiaro, friabile e poroso, sembra fatto apposta per contenere una ricchezza invisibile di tane, insetti e piccoli or-ganismi. Da una parte l’agroindustria ormai dominante in tutto l’occidente e pronta a sbarcare in Asia e in Africa, dall’altra le oasi di «resistenza contadi-na» come quella, estrema, dell’«uomo di Neolo», un contadino morto pochi anni fa che ha vissuto per cinquant’an-ni nel suo casolare di Roncade man-giando solo quanto il suo fazzoletto di terra gli donava, e costruendosi da solo vestiti, scarpe e sedie, con il legno dei suoi alberi.Nell’ultimo fi lm di Ermanno Olmi, Terra Madre, vediamo la sua casa con-tadina, poverissima eppure «dove non mancava niente». Una breve immagine sfocata di quest’uomo, Ernesto, questo «pazzo» intento a tagliare del legno da-vanti a un bicchiere di vino ci suona come un monito a de-industrializzare il cibo. Alcuni studiosi dell’Univer-sità di Padova hanno studia-to il terreno intorno a quella casa, scoprendovi un vero tesoro di biodiversità, un la-scito della fertile campagna veneta preindustriale.Terra Madre – presentato in anteprima al festival Slow Food on Film a Bologna il 6 maggio – è per metà un documentario informativo commissionato da Slow Food per ce-lebrare proprio Terra Madre, una rete mondiale di contadini che dal 2004 si ritrovano a Torino per una grande fi e-ra del cibo prodotto secondo i metodi tradizionali. Nella prima metà del fi lm parla Vandana Shiva, attivista agricola indiana che lotta contro la privatizza-

zione delle sementi, e ha creato una «banca dei semi» gratuita e libera in India, per diffondere le colture tradi-zionali attraverso lo scambio, senza copyright. Una «banca» ben diversa da quella inaugurata qualche mese fa dal presidente dell’Ue Barroso in un gelido bunker nelle isole della Norvegia, pre-sentata come la promessa di un impro-babile Eden futuro.La seconda parte del fi lm è pura poesia bucolica di Olmi (anche se le riprese sono di Francesco Piavoli): il racconto di una giornata di un ortolano, fra le viti, i pomodori, la semina dell’aglio, in un silenzio magico lacerato solamente dal passaggio di qualche aereo. Un si-lenzio «ricco di voci, i mille suoni della natura, non il silenzio pneumatico delle nostre case in città, dove dobbiamo di-fenderci dagli invadenti rumori ester-ni» dice Olmi.Utopia contadina, sogno di chi in fon-do «se lo può permettere»: le critiche all’impostazione del film e più in gene-rale dell’associazione Slow Food pos-sono essere tante. Eppure, come dice il fondatore Carlo Petrini, «se un ragazzo di una scuola californiana ha aperto un orto scolastico e l’esperimento si è diffu-so in altre scuole fino al Senegal, e pochi mesi dopo Michelle Obama ha aperto un orto alla Casa Bianca, vuol dire che qualcosa sta veramente cambiando».Soprattutto se completiamo il quadro

con altri due fi lm presentati a Bologna: Food Inc. e Food design. Il primo, diretto da Robert Kenner, ricostruisce per immagini la catena ali-mentare dell’industria statu-nitense, dove la monocoltura del mais (monopolizzata dalla Monsanto che ha bre-vettato i semi transgenici imponendoli anche ai piccoli

contadini) ha alterato le leggi di na-tura, trasformando le mucche da erbi-vore a mangiatrici di «corn», costrette a vivere in spazi strettissimi e sporchi. Sconvolgenti le immagini dei polli rim-pinzati a forza, le cui gambe non riesco-no a sostenere il peso dei loro «petti di pollo» ipertrofi ci. Qualche numero da il senso dell’involuzione alimentare: quattro aziende producono l’80 per cento della carne venduta negli Sta-ti Uniti, solo tredici immensi macelli

(dove lavorano migliaia di messicani clandestini) lavorano la carne che arri-va nelle tavole americane.Food design, del tedesco Martin Hable-sreiter, ricostruisce i «dietro le quinte» più sottili e inquietanti, svelando le tec-niche di costruzione dei cibi utilizzate nelle multinazionali del cibo. Il gusto è un’equazione: il colore, la consistenza e il suono dei cibi costituiscono il settanta per cento del godimento che proviamo, spiegano i food e sound designer. Che la vaniglia, in natura nera, venga colorata di bianco per risultare più piacevole, sem-bra un peccatuccio veniale in confronto alla scientifica costruzione del suono di una patatina, alla ricerca del «crunch» perfetto, che garantisce un senso ata-vico di freschezza all’orecchio umano. Poco importa se l’effetto è ottenuto con temperature di cottura altissime e con iniezioni di zuccheri aggiuntivi. Intanto i cioccolatini vengono disegnati e colorati su Photoshop e spediti in formato virtua-le via e-mail al consumatore-campione, il quale, non è un mistero, preferisce spesso il rosso, colore che si associa al dolce gusto dei frutti dell’estate.

La morale di Ermanno Olmi, per chi è disposto a rinunciare a qualche dose di cinismo e a lasciarsi stupire dalla forza delle nostre radici con-tadine, è riassunta in una sua frase, ricalcata sul Virgilio delle Georgiche, dove si parla del vecchio di Còrico, «che aveva pochi iugeri di un terreno abbandonato da altri, eppure pareg-

giava le ricchezze dei re in cuor suo e rincasando a tarda notte ingombrava la sua mensa di cibi non comprati». «Ogni tanto, vivendo ad Asiago nella mia piccola casa, e riuscendo a rosic-chiare ancora poco dalla vita – dice Olmi – dico a mia moglie: portami la mia corona, che qui mi sento come un re».

cultura numero149 del16 maggio 2009 pag13

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Ritorno alla

Terra MadreDa un lato la storia di un contadino che produce da solo tutto quello di cui ha bisogno, dall’altro gli orroridella moderna agroindustria alimentare. Nel nuovo film di Olmi e Slow food una riflessione sulle distorsioni della nostra società

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Metti una sera a spasso per musei. Tra un capolavoro

di Bellini, una pala d’altare di Tiepolo, un mosaico dell’antica Vicetia e un bastone a cui si ap-poggiò il Garibaldi ferito della famosa canzone. Anche Vi-cenza partecipa alla “Notte dei musei”, l’iniziativa ideata nel 2005 dal Mini-stero della cultura francese e da lì dif-fusasi in tutta Euro-pa, arrivando a coin-volgere oltre 2000 tra musei d’arte, etnografici, storici e naturalistici in oltre quaranta nazioni. A Vicenza aderiscono i musei civici (la pinacoteca di pa-

lazzo Chiericati, il museo storico naturalistico di Santa Corona, il museo del Risorgimento di villa Guiccioli) con l’apertura gratui-ta dalle 21 fino all’1, e il museo

diocesano, dove gli ingressi sono con-sentiti fino alle 24. Il tutto arricchito da spettacoli, musiche ed esposizioni: al museo del Risorgi-mento è in program-ma un raffinato con-certo d’arpa, a pa-lazzo Chiericati una

mostra di Milton Glaser, a santa Co-rona saranno diffu-

si i suoni segreti dei pipistrelli, mentre al Diocesano verrà inau-gurato il nuovo allestimento del-

la sala dei Manoscritti, con una sezione dedicata a Galileo Galilei e agli studiosi di astronomia, con testi provenienti dagli archivi della biblioteca diocesana. Per tanti vicentini, però, la serata po-trebbe essere l’oc-casione per scopri-re (o riscoprire) un patrimonio spesso considerato mino-re. Ingiustamente, perché i musei della città raccolgono ope-re di assoluto valore. Come i quadri della scuola vicentina a cavallo tra Quat-tro e Cinquecento, le tele di Da Ponte, i dipinti di Giulio Carpio-ni e di Francesco Maffei esposti

a palazzo Chiericati; i resti della Vicenza Paleoveneta (le lamine votive ritrovate in stradella San Giacomo) e della città romana al museo archeologico; i docu-

menti e le testimo-nianze (divise, armi, dipinti) dei moti risorgimentali del 1848 conservati a villa Guiccioli. Op-pure come i dipin-ti di Santa Corona (Bellini, Veronese, Montagna, Pittoni), esposti in questi

mesi in un nuovo e scenografico alle-stimento al museo

diocesano. Un motivo in più per partecipare alla lunga notte dei musei.

I volti della BibbiaA fi ne mese, tra il 29 maggio e

il 2 giugno, il Festival Bibli-co torna a coinvolgere la città, e non solo. Il tema scelto per que-sta quinta edizione, “I volti del-le scritture”, sarà sviluppato in 120 appuntamenti, tra concerti, conferenze, incontri e momenti di preghiera, seguendo la collaudata formula che affi anca conferenze erudite a feste di piazza e me-scola con disinvoltura linguaggi diversi. Sempre, comunque, con l’obiettivo di far diffondere la co-noscenza della Bibbia, facendola uscire dagli spazi angusti in cui tante volte lo si confi na. Un Festival articolato in cinque grandi fi loni. I volti della fede, forse il percorso più impegnativo, fatto di incontri e seminari incen-trati sull’approfondimento delle scritture (ad esempio con nomi come Enzo Bianchi e Lidia Mag-gi); i volti della società, con eventi dai contenuti molto diversi, ma accomunati dal fatto di applica-re le chiavi di lettura della Bibbia alle realtà più quotidiane, come il lavoro, lo sport, l’informazione, la condizione femminile; i volti dei bambini, un festival nel festival dedicato ai più piccoli e alle loro famiglie, con momenti come il di-segno della Bibbia più lunga del mondo, il concerto del Piccolo coro dell’Antoniano e la mostra di illustrazioni “La Bibbia con Ste-pan”; i volti dello spettacolo, con un calendario frizzante e vario che spazia dalla Notte Biblica al concerto di chiusura in cui la Pfm renderà omaggio a De Andrè; in-fi ne i volti in mostra, che riunisce le varie esposizioni in programma in questo periodo, le visite guida-te e gli approfondimenti sull’ico-nografi a religiosa. Impossibile ricordare tutti gli ap-puntamenti e i protagonisti. Oltre a quelli già nominati si potrebbe-ro ricordare Silvano Petrosino, il patriarca di Venezia Angelo Scola, Marco Trabucchi, Umberto Curi, i giornalisti Luigi Accattoli, Bruno Pizzul e Aldo Maria Valli, il comi-co Gianpiero Perone. Ma l’elenco sarebbe sicuramente incompleto. Le informazioni complete si pos-sono però trovare sul sito www.festivalbiblico.it.

All’iniziativa aderiscono duemila musei di oltre quaranta nazioni

La serata sarà animata da concerti, spettacoli, eventi

La notte dei lunghi museiLa sera di sabato 16 apertura straordinaria e gratuita delle sedi museali della città:da palazzo Chiericati al museo Diocesano, visite possibili dalle 21 all’1

| Il suggestivo allestimento dei quadri provenienti da Santa Corona nel salone del museo Diocesano

cultura numero149 del16 maggio 2009 pag14

Page 15: Direttore responsabile Luca Matteazzi La voragine fileDirettore responsabile Luca Matteazzi n° 149 16 maggio 2009 euro 0,50 Fatti, personaggi e vita vicentina Più Democrazia: “Referendum

Vi era mai capitato di trovare Vicen-za sulla homepage di Wikipedia,

uno dei portali più cliccati del paese? Beh, in questi giorni è capitato più vol-te, e il merito è tutto del primo Festival delle libertà digitali in programma dal 20 al 24 maggio. Un’iniziativa origina-le – è la prima del genere in Italia – e innovativa, che non dovrebbe man-care l’obiettivo di chiamare a raccolta wikipedisti, blogger, appassionati di linux, estimatori dell’open source e, più in generale, le tante persone che seguono con attenzione l’evolversi del-le tecnologie digitali e le nuove possibi-lità che queste offrono nello scambio di conoscenze, informazioni e program-mi. Una “rivoluzione culturale”, come la defi niscono gli organizzatori del fe-stival (le associazioni Wikimedia Italia e il Linux user group di Vicenza, con il patrocinio dei comuni di Vicenza e Schio) resa possibile grazie ad internet e che viaggia “sulla spinta etica e dei principi di libertà che sono alla base del software libero”. Le parole d’ordine sono infatti condivisione e scambio di esperienze, il tutto, vale la pena sottoli-nearlo, all’interno di principi di assolu-ta legalità. “Abbiamo deciso di aderire al festival – ha spiegato l’assessore alla cultura Francesca Lazzari – perché il portare all’attenzione di un ampio pub-blico i modi innovativi di condividere liberamente le informazioni è di par-ticolare interesse per veicolare temi culturali, facendoli conoscere più facilmente ai giovani. Inoltre questa nuova modalità di utilizzo del web si caratterizza per un forte contenuto di democraticità e plu-ralismo che la nostra amministrazione sot-toscrive e promuove”.

Il programmaIl primo appuntamento del festival è per mercoledì 20 maggio alle 18.30 alla chiesa dei SS. Filippo e Giaco-mo, con un incontro tenuto da Pao-lo Vidali sul tema “Dalle biblioteche pubbliche a Internet: come cambia la conoscenza con le nuove tecnologie”. La manifestazione entra poi nel vivo

venerdì 22 maggio, con tre eventi di spessore. Alle 11 all’Informagiovani, di contrà Barche, è in programma “Vicenza libera i dati”, un momento in cui il Comune di Vicenza metterà a disposizione di tutti i dati geografi ci in proprio possesso (stradario, car-tografi a, toponomastica); saranno inoltre accessibili informazioni sui siti luoghi di pubblico interesse come parchi, ospedali, farmacie e monu-menti. Per la diffusione dei dati è previsto il coinvolgimento dell’as-sociazione GFOSS.it che si impegna

a inserirli nel progetto mondiale OpenStreet-Map (www.openstre-etmap.org), nato con l’obiettivo di costruire una mappa libera del mondo mediante la col-laborazione di tutti. Nel pomeriggio di ve-nerdì 22 maggio, dalle 15 alle 19, nella Sala

concerti del Conser-vatorio di Vicenza è organizzato il conve-

gno: “La riforma del diritto d’autore nell’era dei nuovi media”, che avrà come relatrice Giusella Finocchia-ro, docente di diritto di internet dell’Università di Bologna. Seguirà una tavola rotonda alla quale par-teciperanno, oltre alla moderatrice Flavia Marzano (UnaRete), Simone

Aliprandi (Copyleft Italia), Marco Calvo (Liber Liber), Andrea Sirotti Gaudenzi (avvocato esperto di dirit-to d’autore), Paolo Pullega (Orione Editore), Elena Rossi (artista), Luca Sileni (Wikipedia Italia), Alessan-dro Simonetto (OnClassical), Paolo Troncon (Conservatorio di Vicenza). Alla sera all’Auditorium Canneti alle 20.45 verrà presentato il documen-tario teatrale di Christian Biasco: “L’origine del male”, (http://biasco.ch/originedelmale), un esempio di opera rilasciata sotto licenze libere.Sabato 23 maggio è invece in pro-gramma una lunga giornata di mani-festazioni in piazza dei Signori. Dalle 10 alle 20 ci saranno l’evento collettivo del Wiki-music Day, sotto la Loggia del Capitaniato di piazza dei Signori, e il Wikiraduno. Sarà allestita un’area “demo”, con dimostrazioni su come si condividono legalmente i fi le musicali, le foto, i testi attraverso le licenze libe-re, e un’area “interattiva” nella quale gli utenti potranno scambiarsi le proprie esperienze sui progetti Wikimedia (tra i quali Wikipedia è solo il più famoso, ma ci sono anche Wikisource, Wiki-quote, Wikibooks e molti altri). Alle 18, nella Loggia del Capitaniato, saranno inoltre assegnati i riconoscimenti del Premio Wikimedia, iniziativa lanciata per valorizzare chi utilizza la condivi-sione digitale e in particolare lo stru-mento degli “open content”.

Torna l’appuntamento con la festa dei bambini, organizzata

per il quarto anno dalla Picciona-ia – I Carrara, presso l’arena esti-va del teatro Astra, a conclusione delle rassegne “Teatro Scuola” e “Famiglie a Teatro” 2008/09. . L’appuntamento è per domeni-ca 17 maggio, a partire dalle ore 16: come al solito la festa sarà arricchita dai giochi, storie, gio-coleria e divertimento grazie al gruppo di animazione Arciragazzi che coinvolgerà interattivamente

i presenti in attività e sperimen-tazioni. Molteplici laboratori a tema, ispirati agli spettacoli del-la stagione passata, prenderanno vita all’interno del giardino del Teatro, esaltando la fantasia dei bambini e dando loro l’impressio-ne di vivere in una vera e propria fi aba. All’interno della stessa area sarà inoltre allestito un angolo nido permettendo, così, anche ai più piccini di immergersi in un’atmosfera ludica davvero uni-ca e particolare.

cultura numero149 del16 maggio 2009 pag15

Sabato ci saranno il Wiki-music day e il Wikiraduno

Il Palladio digitale. E condivisoParte il primo Festival delle libertà digitali. Tra incontri sul diritto d’autore, dibattiti sulle licenze libere e sui programmi open source,laboratori sulla condivisione di materiale, concerti e molto altro

Bambini in festaal teatro Astra

| Condivisione e scambio della conoscenza sono alla base della nuova cultura digitale

| Storie e giochi per i più piccoli per celebrare il teatro

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Rivolta e spiritualità, cultura un-derground e religione, graffi ti

e Bibbia: giustapposizione sterile e irrealizzabile? Pare di no, visto che proprio Vicenza “sacrestia d’Italia” farà da pioniere ad un incontro ine-dito tra i due mondi, apparentemen-te inconciliabili. Un matrimonio tra profano e divino che verrà celebrato nella cattedrale della quinta edizione del Festival Biblico, dal 29 maggio al 2 giugno, per unire nel sacro vincolo 50 writers italiani e stranieri e il tema biblico scelto quest’anno, “I volti delle Scritture”. Ad offi ciare, la Fon-dazione Vignato per l’Arte, ormai consolidata promotrice cittadina dei linguaggi contemporanei, che si farà accompagnare per l’occasione dai chierichetti Nolac (al secolo Alberto Cerato) – graffi taro della crew Over-spin che coordineerà tutti gli ospiti –, Global Beat – agenzia di booking che curerà la parte musicale – e Andrea Moret, videomaker. Con la benedizione dell’amministra-zione comunale, per la prima volta disposta a sacrifi care alcuni muri adiacenti al centro storico alla fan-tasia ed alle bombolette dei giovani artisti. Nello specifi co, due pareti della ex fi era in contra’ Porta Nuo-va, il muro interno del parcheggio Carmini e quello dell’ex Ya Basta in via Btg. Framarin. Che il 30 ed il 31 maggio, da mattina a sera, diverran-no atelier a cielo aperto di importanti esponenti del writing italiano come Wany, Etnik, Sera, Macs, Enko, Moe, Mr.Poison, Pe-eta, Made e Sparki, al fi anco di nomi di fama mondiale quali i parigini Lazoo, Juan e Kongo, il londinese Zomby, gli olandesi Does e Nash e il te-desco Sat one. Tutti noti rigorosamente solo attraverso le loro “fi rme”, come si usa nell’ambiente. Un happening degno di una grande città metropolitana, che sarà curioso vivere nell’imbalsamato e spesso bigotto centro cittadino. Ma non rischiamo di ritrovarci, a mani-

festazione fi nita, con i muri detur-pati da scritte indecifrabili e imma-gini di dubbio gusto? «Non faremo nulla di blasfemo – rassicura Nolac – e i criteri di realizzazione saranno colore e fi guratività». Senza contare

che, così come sono, i muri in questione sono proprio brut-tini. Ma l’occasione sarà ghiotta non solo per ammirare writers professionisti all’ope-ra: i laboratori diurni si condenseranno in vere e proprie perfor-mance tribali di street art le sere del 31 mag-gio e 1 giugno, quando in piazza San Lorenzo

i “Volti di Rabbia” – questo il nome degli “appuntamenti graffi tari” – dipinti su appositi pannelli si me-scoleranno a videoproiezioni per

incorniciare i concerti elettronici di Lone e Global Beat.Una bella intuizione quella di Giu-seppe e Costantino Vignato, titolari dell’omonimo studio dentistico e no-velli mecenati dei talenti nostrani, che si sono accollati l’organizzazione di un evento così insolito e provocatorio. Formando un’improbabile squadra con lo staff del Festival Biblico, il Co-mune e gli artisti sulla condivisione di una proposta decisamente ardita. «Troviamo affascinante uscire dagli schemi qui a Vicenza – commenta Costantino – con un evento unico nel suo genere (il famoso Infart bassa-nese si muove ad esempio in un pe-rimetro controllato e non libero per le strade, ndr), che dialoga con la fede e s’incentra sulla forza giovane dell’ar-te. Un’espressione coraggiosa che si consuma fi nché si produce».Il programma completo su www.my-space.com/streetplaygroundsjam.

movida numero149 del16 maggio 2009 pag16

ViPiùmovida

sabato 16CREATIVE FEST 2009Campo Marzio – Vicenza, dalle 15 alle 23Festa musicale studentesca con con-certi di Moroshot(indie rock), Metal Masters(metal), Neversun(punk rock melodico), Holly’s Lips(rock), Bad Black Sheep(rock), Plastercast Rose(punk), 4 Sotto Zero(tribute Ligabue) e special guest i GEM BOY – a seguire djsetFree entry

sabato 162 PIGEONSNuovo Bar Astra – contrà Barche 14, ore 19Aperitivo electro- jazz con Kole Laca alle tastiere e Chiara Castello alla voceFree entry

sabato 16BUBE SAPRAVIEIl Borsa Caffè – piazza dei Signori 26, ore 20Jazz in Borsa – concerto con Luca Nardon, Nereo Fiori e Riccardo MarognaFree entry

domenica 17MORGAN + DENTE + GIORGIO CANALITeatro Astra – contra Barche 53, dalle 17 alle 23Shindy festival – concerto dei tre cantautori italiani: Canali alle 18, Dente alle 19 e Morgan alle 21Ticket (euro 25,00)

domenica 17RYTHMES GITANS TRIOIl Borsa Caffè – piazza dei Signori 26, ore 20Jazz in Borsa – concerto con Anto-nio Lallai, Paolo Mason e Mauro BonaldoFree entry

domenica 17TOM MESS + HAT MANBar Sartea – corso Ss. Felice e For-tunato 362, ore 21Concerto folk rock acustico dalla Germania + concerto power folkFree entry

domenica 17RIP TAPES + AULASEISabotage Bar – viale dell’Industria 12, ore 21.30Rassegna Vicenz@NetMusic - con-certo garage + concerto rock waveFree entry

martedì 19 DYNAMIC DUORistorante Dai Nodari – c.tra’ Do Rode 20, ore 21Concerto jazz con Jason Liani al piano e Mauro Baldassarre al saxFree entry

mercoledì 20ROULOTTEHIFI + REESESabotage Bar – viale dell’Industria 12, ore 21.30Rassegna Vicenz@NetMusic - con-certo folk’n’roll + concerto rockFree entry

giovedì 21POLAR FOR THE MASSESIl Borsa Caffè – piazza dei Signori 26, ore 21Concerto rock dalle tonalità oscureFree entry

giovedì 21LAZY ACOUSTIC BANDBirrifi cio Birracrua – strada vicinale Montecrocetta 6, ore 21.30Concerto acustico tra cover di Led Zeppelin, Jimy Hendrix, The Doors, Beatles e altriFree entry

venerdì 22FRIDAY ROCKJack Hole Music Club – via Zamen-hof 411, ore 22Serata di musica rock con il concer-to del power trio Misty Monkeys + guestRiservato soci Aics

Gli appuntamenti

Niente di blasfemo, ci concentreremo su colore e figuratività

di Francesca Danda

The Bible wall

SOCIETA’ GENERALEDI MUTUO SOCCORSO

Vdal 1982 a icenza

Dal 30 maggio al 1 giugno, cinquanta writers internazionali si confronterannoin una gara all’ultimo graffito con i temi del festival biblicoUn inedito matrimonio tra spiritualità e cultura underground

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movida numero149 del16 maggio 2009 pag17

La genesi del volume risale allo scorso anno, quando nel trenten-

nale del rapimento e dell’uccisione di Aldo Moro, Enrico Deaglio, ex diret-tore di “Diario” (una delle migliori riviste di contro-informazione, che di questi tempi equivale forse al vero giornalismo), si trovò a rifl ettere sul-la scarsa chiarezza delle commemo-razioni in corso: “Erano molti anni che quelle cerimonie risultavano total-mente vuote, perché nessuno sapeva che cosa commemorare. Se una vittoria, una sconfi tta, o sempli-cemente uno svanito fatto storico”. È una precisazione impor-tante, anche perché mette il dito in una delle piaghe più evi-

denti del nostro Paese: la quasi as-soluta mancanza di memoria storica, sia sul breve sia sul lungo periodo.Così Deaglio, con l’aiuto di Andrea Gentile, si è messo in moto. Ha scartabella-to fra vecchi appunti e ha ripreso in mano articoli di giornale recuperati attra-verso le biblioteche o anche grazie a Google, e ha infi ne composto un puzzle affasci-nante e onesto, che colma molti vuoti (di memoria) e lascia aperte diverse questioni (perché non pretende di fornire necessariamente le risposte defi nitive).

Il fascino nasce da una piccola ma decisiva scelta di stile: raccon-tare gli anni che vanno dal 1978 al 2008 utiliz-zando i verbi al presen-te, come se ci si trovasse di fronte a una “cronaca a scoppio ritardato, un sopralluogo sulla sce-na della nostra storia”. Si tratta di un accorgi-mento che ottiene l’ef-

fetto di avvicinare il lettore agli eventi e lo rende molto più partecipe.

L’onestà si desume invece dalla sostanziale assenza di commenti esterni. L’auto-re preferisce lasciare spazio alle dichiarazioni uffi ciali, alle parole dei testimoni, alla nuda cronaca, accontentan-dosi di qualche sottolineatu-ra qua e là. Al lettore spetta il compito di trarre una con-clusione, senza che gli ven-

ga suggerita un’unica interpretazione. “Patria 1978 – 2008” è un volume piuttosto ponderoso nelle dimensioni (più di 900 pagine), che si legge con sorprendente godimento. Non ha un piglio romanzesco, ma un’agile strut-tura a puzzle che permette al lettore di saltare da un anno all’altro, avanti e indietro, senza perdersi proprio nulla. In questa facilità di fruizione si trova realizzato l’auspicio dell’autore: “Non so se sia un libro di storia. È però un libro di intrattenimento,adatto per giovani e anziani, si può parlarne a tavola e tenerlo nello scaffale”.

Enrico Deaglio,Patria 1978 – 2008,

Il Saggiatore, 942 pp., € 22

Poppy vive in un piccolo ap-partamento alla periferia di

Londra assieme ad un’amica, come lei maestra elementare, ma potremmo dire che la vera ‘professione’ di Poppy è essere felice, e rendere felici gli altri. Non è, la sua, una felicità ottusa e sciocca, di chi si lascia vivere e non fa domande, ma quella inve-ce di chi ama il mondo, e sogna, e spera di coinvolgere anche gli altri nei propri sogni. Possono sembrare programmi ambiziosi, o parole un po’ troppo grosse, ma così lei si vede e si percepi-sce e così vive la sua quotidianità, in ogni sua sfaccettatura. Non è semplice ‘accettare’ la felicità di Poppy. Non lo è per la sorella incin-ta, che vuol far credere a tutti di possederla lei la chiave della perfezio-ne, e invece cerca dispe-ratamente di tenere in ordine una realtà che le sfugge di mano. Soprattutto non riesce ad accettarla Scott, il suo istrut-tore di scuola guida, prigioniero

di mille fantasmi e di mille re-gole, che, agli antipodi di Poppy, vede negli altri dei nemici e dei cospiratori a suo danno, ma che tuttavia percepisce in lei una di-versa possibilità di esistere. Così

Poppy trascorre lieve tra la gente, sfiorando deli-catamente le esistenze altrui, intuendone il do-lore nascosto e operando affinché esso si riveli e si risolva, ascoltando an-che la follia, se occorre, con rispetto e benevo-lenza. A che universo appartie-

ne Poppy? Verrebbe facile dirla sorella del suo celebre conterra-neo, Peter Pan, ma lei non soffre affatto della sindrome che porta

il suo nome, non è assolutamen-te una bambina mai cresciuta. Spiritualmente, potremmo dire che Poppy è una ‘buddhista na-turale’, per la sua apertura in-condizionata a qualsiasi essere senziente (e sofferente) essa incontri sul suo cammino. Di conseguenza, più che amica di Amélie Poulain – del cui mondo certo alcuni aspetti essa condi-vide – potremmo certo dirla so-dale e compagna di Elwood P. Dowd, che con l’amico coniglio Harvey (H. Koster, USA, 1950) propone agli uomini, contro la loro infelicità, la sua un po’ folle felicità.

La felicità porta fortuna – Happy go lucky,

Mike Leigh, GB, 2008

di Giuliano Corà

di Giovanni Magalotti

Sul comodinoDeaglio, la storia per tuttiIl giornalista ripercorre, con uno stile asciutto e un’agile struttura a puzzle,gli ultimi 30 anni di storia italiana. Risultato: un libro divertente e facile da consultare

PopcornIl segreto della felicitàA metà strada tra Amelie e Peter Pan, Poppy lavora come maestra elementare,ma la sua vera professione è un’altra: essere felice e rendere felici gli altri

| Sally Hawkins interpreta Poppy, la protagonista del film

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Cinque ottomila scalati e il Broad Peak (8047 metri)

come prossima meta. 18.000 chilometri a remi in solitaria nel Pacifico. Sono solo alcune delle imprese di Giampaolo Casarot-to, alpinista vicentino di Creaz-zo, e di Alex Bellini, montanaro dell’Aprica diventato celebre per le traversate oceaniche in solita-ria. Due storie diverse, ma con alcuni punti in comune, che i di-retti protagonisti hanno raccon-tato la scorsa settimana nell’aula magna dell’Istituto Rossi a una numerosa e curiosa platea, com-posta dalle classi della scuola media Muttoni di Vicenza. L’in-contro era inserito nel progetto “I valori dello sport”, che ha mes-so di fronte i ragazzi dell’istituto di via Massaria a temi importan-ti come sport e disabilità (con il duo di danceability di Cristiano Sarracco e Chiara Corradin e i Delfini Onlus di basket in carroz-zina), l’alterazione del risultato e il doping in tutte le sue forme, con le testimonianze dei giocato-ri del Vicenza Calcio e delle pal-lavoliste della Minetti, ospiti dei primi due appuntamenti.Casarotto e Bellini hanno esalta-to con i video e i rac-conti delle rispettive avventure alcuni dei valori assoluti dello sport. Davanti a immagini di una bellezza rara lo sca-latore ha narrato la lunga ascesa sulla vetta himalaiana del Makalu, senza sher-pa né ossigeno, nel-la spedizione di cui faceva parte anche Cristina Castagna, “El grio” (il grillo) di Valdagno. Un vero e proprio viaggio nel-la cultura oltre che nei paesaggi nepalesi, partendo dai volti delle strade di Kathmandu, per allon-tanarsi lentamente dal mondo abitato. Giorni e notti trascorsi in attesa, in una tendina sotto un seracco per aspettare il mo-mento propizio all’ascesa finale. L’emozionante arrivo sulla quin-ta cima più alta del mondo in una

splendida mattina di sole, poi la discesa e il velocissimo ritorno alla civiltà per evitare i rischi del congelamento.Toccante anche l’esperienza di Alex Bellini, ex maratoneta, poi ultramaratoneta nel deserto e

in Alaska, infine re-matore in solitaria. Nel febbraio 2008 parte da Lima, in Perù, e il 13 dicem-bre arriva a una manciata di miglia dalle coste austra-liane. Tanti i mo-menti di sconforto, superati anche gra-zie ai collegamenti telefonici giorna-lieri con la mo-glie Francesca, la

squadra di supporto e gli studi della trasmissione di Radiodue Caterpillar. Dopo 294 giorni di navigazione, quando la terra-ferma è ormai a poche remate, le correnti marine lo respingo-no e le condizioni meteorologi-che particolarmente sfavorevo-li che mettono a rischio la sua incolumità convincono Bellini a concludere l’impresa. Sarà “l’insuccesso più bello della mia

vita”. Al momento sono esclusi altri tentativi e per ora l’unico oceano completamente domato da Alex resta l’Atlantico, con la traversata da Genova a Fortale-za, Brasile, raccontata nel libro “Mi chiamavano montanaro”.Fatiche non sempre vittoriose (“Ho raggiunto cinque ottomila su nove tentativi: posso ritener-mi soddisfatto” ha detto Casa-rotto, che nonostante le imprese continua a definirsi “un domeni-cale”), ma che proprio per questo hanno segnato e insegnato tanto a questi atleti “estremi”, grandi sognatori e affascinanti narra-tori. Nel dibattito sono emersi messaggi preziosi come il valo-re della rinuncia, il sacrificio, la paura, il rispetto per se stessi e per gli elementi naturali, fattori imprescindibili delle sfide soli-tarie sugli oceani e sulle monta-gne dell’Himalaia (dove, anche nelle spedizioni collettive, ogni alpinista è chiamato a decisioni individuali a volte fondamentali per salvare la propria vita). Inte-ressante anche il caso di due uo-mini, Casarotto e Bellini, capaci di cambiare il loro destino; il primo cresciuto nelle campagne vicentine e portato dalla passio-

ne sulle maggiori vette di tutti i continenti. Il secondo nato con gli sci ai piedi e chiamato a se-guire un istinto irrazionale che lo ha portato a cercare sul mare un proprio senso.Bruna Redolfi De Zan, presidente del comitato genitori scolastico che ha ideato il ciclo di incontri, mette il sigillo all’iniziativa: “Le tematiche sviluppate sono state un valido approfondimento di diverse discipline scolastiche e

abbiamo trovato grande appog-gio del corpo insegnante nello sviluppo del progetto. Proposte di qualità come questa sono un modo per entrare a scuola in modo diverso, per far ragiona-re i nostri ragazzi su argomenti importanti e di loro grande in-teresse. Per questo puntiamo a proseguire questa particolare forma di collaborazione scuola-famiglie anche negli anni a ve-nire”.

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sport numero149 del16 maggio 2009 pag19

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di Paolo Mutterle

Proposte come questa sono un modo per entrare a scuola in modo diverso e far ragionare i ragazzi

| Da sinistra, Giampaolo Casarotto e Alex Bellini

Sport estremi La lezionedi Casarotto e Bellini

L’alpinista vicentino e il rematore in solitaria hanno incontrato i ragazzi della scuola media MuttoniPer seminare i valori assoluti dello sport

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Gli ultimi titoli provinciali della sta-gione, quelli under 13, sono stati

assegnati domenica scorsa nelle pa-lestre di Cavazzale e Povolaro. Queste sono state le primi fi nali senza Vicenza e Schio, che in ambito femminile e ma-schile si erano accaparrati tutti gli altri titoli di categoria.La vittoria del torneo femminile è an-data al Grifone Volley protagonista di partita ricca di agonismo contro il Comem Altavilla, che le giovanissi-me allenate da Pietro Esposito hanno vinto in tre set (25-17, 25-11, 25-17). Il loro gioco è stato più incisivo e regola-re rispetto a quello delle avversarie ed hanno dimostrando unità di squadra ed una buona maturità, sapendo coin-volgere i numerosi tifosi al seguito, trasmettendo a tutti una grande emo-zione che diffi cilmente potrà essere dimenticata. Una grandissima soddi-sfazione per la società vicentina, che si aggiunge a quella di esser riusciti a conquistare la salvezza in serie D dopo un girone d’andata disastroso.L’importanza della gara, il tifo assor-dante del Palazzetto hanno invece inti-morito le ragazze dell’Altavilla che non sono riuscite ad esprimere tutto il loro potenziale, ma la società è comunque soddisfatta. Il secondo posto in pro-vincia, infatti, è un ottimo risultato che premia il lavoro di Enzo Dalla Vecchia e Giuliana Rosa e di tutte le atlete del gruppo.Il terzo gradino del podio è andato all’Union Volley Creazzo, che con lo stesso risultato, ma con parziali un po’ più tirati, ha avuto la meglio sul Bassa-no ed ha così ottenuto l’ultimo pass per la fase regionale.Il titolo maschile, invece, è stato asse-gnato al termine di un triangolare che ha messo di fronte le prime tre della classifi ca dell’unico girone del cam-pionato. Si sono confermati i migliori i giovani del Volley Ardens che hanno dominato entrambe le partite e chiu-dono così la loro avventura provincia-

le avendo perso solamente 5 set in 18 gare.Grande delusione, invece, per il Corne-do, che dopo aver chiuso il campiona-to al secondo posto con ben 13 punti di vantaggio sul Bassano, ha perso contro i giallorossi proprio la sfi da decisiva che oltre al secondo posto provinciale met-teva in palio anche l’accesso alla fase regionale. Dopo un buonissimo inizio il Cornedo, forse tradito dall’emozione, ha ceduto le armi consegnando così la vittoria ai motivatissimi bassanesi.L’avventura regionale per le cinque formazioni vicentine inizierà il 24 maggio.

Serie CL’ultimo campionato regionale ad ar-rivare alla conclusione è stato quello di serie C maschile, con l’ultima giornata che si è disputata sabato scorso, anche se per quanto riguarda le formazioni vicentine l’ultimo verdetto era arriva-to con una settimana di anticipo ed è quello che riguarda lo Schio Sport, che ha centrato i play-off. I ragazzi di Grotto hanno così raggiunto il loro obbiettivo, maturato però solamente nel corso della stagione, visto che ini-zialmente la meta era una semplice salvezza. Il traguardo raggiunto è frut-to di tanti sacrifi ci fatti dal Presidente Annunziata e dal lavoro svolto dal tec-nico scledense e dai suoi ragazzi, che li ha portati a perdere solamente quattro partite. All’interno di questa squadra, con un’età media abbastanza bassa, ci sono molti dei ragazzi che con lo stesso tecnico avevano vinto nel 2004 il pri-mo scudetto giovanile nella provincia di Vicenza nella categoria under 14. Ora l’allenatore scledense cercherà in-sieme a questo gruppo di raggiungere la B2.Nei play-off, che inizieranno sabato 16 maggio lo Schio se la dovrà vedere con il Mestrino: si gioca al meglio delle tre gare, con i vicentini che, in caso si dovesse andare alla bella, hanno dalla

loro il fattore campo: il pubblico di Cà Trenta è stato molto caloroso durante tutto il campionato e gli scledensi tra le mura amiche hanno perso solamente una partita al tie-break.

Per quanto riguarda le altre formazio-ni vicentine, la stagione del Povolaro è stata abbastanza travagliata a causa degli infortuni, ma la salvezza è stata raggiunta con un buon anticipo ed alla

fi ne i ragazzi di Scalzotto hanno chiuso all’ottavo posto. Ultima piazza, e quin-di retrocessione, invece, sia per la gio-vane formazione dell’Artifer Zanè sia per quella molto esperta dell’Avon 3.

sport numero149 del16 maggio 2009 pag20

di Alida Pretto

| Schio Sport (Serie C)

Conclusi i campionati provinciali under 13. Vittorie del Grifone Volley (femminile)e del Volley Ardens (maschile). E in serie C i ragazzi terribili dello Schio Sport raggiungono i playoff

VolleyL’avanzata delle giovani promesse

Quando una squadra vince 47 delle 50 partite giocate, la con-

siderazione sorge spontanea: non poteva non vincere tutto. Ed infat-ti la stagione italiana del volley si chiude nel segno e nel dominio della Scavolini Pesaro, capace di trionfare in Supercoppa, Coppa Italia e Cam-pionato. Troppo netto il divario da colma-re per Novara nella serie scudetto. Senza Podolec, con Feng a mezzo servizio e Barcellini emozionata per la prima fi nale tricolore, le ragaz-

ze di Luciano Pedullà (eccezionale come tecnico e come persona…) non potevano fare di più. Complimenti al Presidente Caserta ed al Direttore Generale De Stefano per aver allesti-to una squadra competitiva e riem-pito a tempo di record lo Sporting Palace con numeri da record per quanto riguarda gli spettatori.Pesaro ha infi lato 8 vittorie con-secutive nei play off 2009, così come aveva fatto nel 2008. Per-corso netto, quasi senza ostacoli. Quando hai Costagrande, Mari e Sheilla o Costagrande, Jacqueline e Skowronska, Ferretti ha avuto solo l’imbarazzo della scelta per l’attacco in posto 2 e posto 4. Se poi vuoi giocare con le centrali (primo tempo davanti o dietro fa poca dif-ferenza con Guiggi e Furst) per la

ricezione quasi sempre perfetta di Wijnhoven, non puoi far altro che salire sul gradino più alto del podio. Ciò non signifi ca sminuire il valore dello scudetto, ma dare pieno merito a società (Sardella e Babbi), staff tecnico (Zé Roberto, anch’egli eccezionale come alle-natore e persona…) e giocatrici di aver sempre reso al massimo.Tranne in quei giorni in cui è arri-vata la sconfi tta in Champions Le-ague (meritata) contro Bergamo. Che poi ha vinto (giustamente) il titolo europeo. Una macchia (pic-cola o grande, dipende da dove la si guardi…) che sporca il vestito bello ma che deve anche funzionare da stimolo per la stagione 2009-2010. Quando questa squadra potrà vin-cere veramente tutto.

Prini...e ultimi a cura di Roberto Prini telecronista Sky Sport

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Dopo due anni e mezzo l’era-Gre-gucci è prossima alla conclusio-

ne. Il botta e risposta tra il vice pre-sidente Gian Luigi Polato e il tecnico nel dopo Vicenza - Rimini (lo scorso primo maggio) ha squarciato un velo su quello che in molti in realtà già pensavano; ovvero che il divorzio tra l’allenatore e il Lanerossi è ormai im-minente, come ha confermato anche il saluto tra Gregucci e la curva dopo la vittoria di Treviso. Per ora nessuna delle due parti si è esposta - giusta-mente - con dichiarazioni di intenti, ma da parte della società biancorossa non risultano essere arrivate propo-ste di rinnovo al contratto in scaden-za a giugno. Intanto impazzano però i nomi sui possibili sostituti, mentre alcune voci vorrebbero Gregucci sulla panchina della Lazio nella prossima stagione. Sarebbe un ritorno più che gradito ai tifosi biancocelesti, che ri-cordano il roccioso difensore Ange-lo Adamo tra gli eroi della salvezza 1986/87, quando in serie B la squa-dra di Fascetti partì con nove punti di penalizzazione per lo scandalo calcio-scommesse.

I PAPABILI. Come spesso accade i primi candidati sono stati “bruciati” piuttosto in fretta, e così salvo clamo-rose sorprese non arriveranno Pillon, Ventura e nemmeno il tecnico del Treviso Luca Gotti. Ragioni economi-che rendono improbabile l’arrivo di un tecnico del massimo campionato, mentre tra quelli attualmente in serie B l’unico nome verosimile è quello dell’allenatore del Cittadella, Claudio Foscarini. Molto più probabilmente il club di via Schio si affi derà a uno dei cosiddetti “emergenti”, ovvero a un mister giovane con buoni risultati in Prima Divisione (la ex C1) nel curri-culum.

PLAY OFF DECISIVI. I nomi più gettonati sono allora quelli di Franco Lerda, attuale tecnico della Pro Pa-tria, di Alessandro Pane, ex centro-campista dell’Empoli oggi sulla pan-china della Reggiana e di Pierpaolo Bisoli, timoniere del Cesena capolista del Girone A a una giornata dal ter-mine della regular season. Menzio-

nati in rigoroso ordine di probabilità, nel senso che in pole position parte Lerda davanti a Pane, mentre per Bisoli potrebbe addirittura prospet-tarsi un doppio salto se a chiamarlo fosse il Cagliari (la squadra di cui è stato una bandiera negli anni ‘90). L’impressione però è che, oltre alle sirene delle Serie A, il possibile ap-prodo all’ombra di Monte Berico per uno dei tre citati possa dipendere dai risultati del prossimo mese. Ovvero: una promozione in serie B conqui-stata sul campo (a oggi possibile per tutti e tre i tecnici) renderebbe pro-babile una riconferma e meno appe-tibile anche l’eventuale chiamata del Vicenza. Anche qui salgono le quo-tazioni di Lerda, dato che ad aprile la Pro Patria è stata dichiarata fallita dal tribunale e affi data a un curatore; e poco conta la volontà della piazza di Busto Arsizio, che lo confermerebbe senza se e senza ma.

L’IDENTIKIT. Ma chi è Franco Lerda? Piemontese di Fossano, cre-sciuto nel Torino, ruolo attaccante, una lunga carriera soprattutto in se-rie B. Come allenatore parte dalla D con il Saluzzo (dal 2003 al 2006) e poi con il Casale, passa ai professio-nisti con il Pescara in C1 (2007/08) e in estate giunge alla Pro Patria, dove accade l’imponderabile. Nonostan-te i problemi societari e gli stipendi bloccati, una squadra ripescata in C1 a luglio e allestita in fretta con tanti giovani e giocatori in prestito, il tec-nico diventa l’artefi ce di un autentico

miracolo. Riesce a tenere il gruppo compatto e i tigrotti volano oltre ogni previsione, guidando la classifi ca per buona parte della stagione. Meticolo-so su ogni particolare, Lerda predica un calcio propositivo ma cura molto anche la fase difensiva. Il suo modulo preferito è un 4-2-3-1 votato all’at-tacco, con due esterni molto avanzati (Do Prado e Toledo) e due uomini di fatica in mezzo al campo, Dalla Bona e Zappacosta, quest’ultimo giovane in prestito dalla Fiorentina e autore di un ottimo campionato, così come il difensore di scuola Juventus An-drea Pisani.LE PAROLE DI LERDA. Viene considerato un allenatore-psicologo e un offensivista, a Busto Arsizio piace alla stampa e anche al pubbli-co. E a quello vicentino? “Mi hanno riferito le voci apparse sui giorna-li, ma per il momento non c’è stato nessun contatto” chiarisce il diretto interessato. “Vicenza comunque è un’ipotesi che prenderei in consi-derazione, così come tutte le altre. Sono un allenatore ambizioso, ma non arrivista”. Rifi uta l’etichetta di spregiudicato: “Mi piace attaccare e proporre, ma fi no a qualche gior-nata fa avevamo la miglior difesa. Prediligo la difesa a 4 in linea e due giocatori esterni offensivi, penso sia il miglior modulo per attaccare”. E su Zappacosta: “Lo avevo già al Pe-scara, quest’anno è cresciuto molto. E’ un ragazzo umile e serio, pronto a fare il salto in serie B”.

Paolo Mutterle

Niente rivoluzioni alla gui-da tecnica della Minetti: la società ha deciso di confer-

mare Maurizio Baraldo, il primo vi-centino a dirigere la squadra bianco-rossa in serie A1, che era subentrato lo scorso novembre a Fangareggi. La delusione per il risultato dello scor-so campionato non ha intaccato la fi ducia della dirigenza nei confronti del 47enne ex giocatore dell’Altair, che collabora con il Joy Volley dal 2006 dopo una precedente espe-rienza da tecnico del settore giova-nile nel 2001/02. Lasciata sbollire l’amarezza post-retrocessione è ar-rivato l’annuncio non scontato ma neppure sorprendente, dato che per dieci giornate Icio aveva contribuito a risollevare la classifi ca delle bian-corosse, pur lavorando con uno staff in emergenza e attorniato da una struttura societaria più debole ri-spetto a quella attuale. 8 punti in 11 partite avevano fatto sperare i tifosi nella salvezza, ma dopo la sconfi tta a Chieri il tracollo fi nale ha impedito a Paccagnella e compagne di mante-nere la categoria.

COSA CAMBIA. Per Baraldo resta il rammarico di una retrocessione diffi cile da digerire, ma anche una grande voglia di riscatto rinforzata da una maggiore esperienza e da un immutato entusiasmo, dato che il prossimo anno sarà tutta un’altra storia: intanto cambia la ca-tegoria, ma soprattut-to non c’è un cambio in corsa e l’head co-ach biancorosso potrà operare su un plan-ning annuale, impo-stare un suo metodo di lavoro, provare un impianto di squadra fi n dal precampionato oltre che di “suggerire” un programma estivo alle giocatrici già sotto contratto (per il momento le palleggiatrici Muri e Gorini e la centrale Strobbe, probabile anche la schiacciatrice Ikic, mentre i pros-simi colpi potrebbero riguardare le opposte Menchova e Diago Silva).

CHI ARRIVERA’. All’allenatore di S. Pio X spetterà poi il delicato compito della scelta dello staff tec-nico, ancora da decidere, mentre per quanto riguarda la costruzione della squadra potrà dare qualche indicazione al general manager biancorosso Coviello. Sulle gio-catrici da individuare i due per il momento hanno idee convergen-ti: serve gente “affamata” e ambi-ziosa, anche a discapito delle doti tecniche; indispensabile una buo-na dose di grinta necessaria per affrontare il campionato di A2 e che troppo spesso è mancata alla Minetti nella stagione appena con-clusa

A M I C H E V O L E . Minetti Vicenza e Altavolley scendono in campo per la so-lidarietà. Sabato 16 maggio alle 20.30 al palazzetto dello sport di Valmarana le due squadre si affronte-ranno in un amiche-vole benefi ca nella se-rata intitolata “Tutti insieme per Patrick”. Il ricavato andrà a

sostenere la famiglia di Patrick Black, un ragazzo vicentino trasfe-ritosi negli Stati Uniti, dove è stato vittima di un gravissimo incidente, ora costretto in un letto d’ospedale con un respiratore meccanico con necessità di cure lunghe e costose.

sport numero149 del16 maggio 2009 pag21

Panchine biancorosse, chi resta e chi (forse) arriva

| Il vicentino Icio Baraldo | Franco Lerda ai tempi del Pescara Calcio

Pallavolo: Baraldo confermato alla Minetti. Gregucci in partenza dal Vicenza CalcioAl suo posto il tecnico della Pro Patria Franco Lerda?

Sabato 16 Minetti e Altavolley si sfideranno in un’amichevole benefica

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Prendiamola alla lontana. Secondo chi scrive, il problema dei proble-mi dell’uomo occidentale, cioè no-stro, è il venir meno del contatto con la natura. Trecento anni dopo l’Illuminismo, interiorizzata la di-mensione economica (tutto ha un prezzo in denaro) fi glia dell’Indu-strializzazione, noi non abbiamo bisogno di più cultura, di più codi-ci, di più modernità. Abbiamo una disperata necessità, seppur ingab-biata nell’inconscio collettivo, di più istinti, più vitalità, più natura. Basta guardare a cosa è diventato l’immaginario di cui ci nutriamo: una melassa di buoni sentimenti televisivi dall’immancabile hap-py end, condito da tonnellate di “consigli per gli acquisti”, che nel promettere la felicità per ciascuno condanna tutti all’infelicità forzata. Un mondo “perfetto” che vorreb-be nascondere i mali del nostro tempo, dall’abuso di massa di psicofarma-ci alle vite strozzate dalla precarietà, dalla ricerca ossessiva di un reddito decente alla desertifi cazio-ne di ideali e radici. L’ambiente è stato e continua ad essere la vittima sacrifi cale di un modello di svilup-po che si affanna a far crescere il Pil senza sapere più perché lo fa. Devastazione dell’ecosistema, speculare alla nostra devastazione esistenziale.

Scala alimentareNon c’è più il rispetto sacro per le forme viventi. Per gli animali, ad esempio. Non sentendoci più par-te del mondo naturale, cioè non percependo più noi stessi come

animali – quali noi siamo – è lo-gico che facciamo terra bruciata mettendo a rischio la sopravviven-za stessa di intere specie. Ma re-cuperare il lato istintuale signifi ca riappropriarsi dei nostri impulsi più profondi, fra i quali c’è il ci-barsi della natura stessa. Che non è solo un atto fi sico. Alimentare il proprio corpo seguendo la scala gerarchica del più forte che man-gia il più debole – l’origine della caccia – possiede una valenza spi-rituale equivalente a immettersi nel ciclo imperscrutabile dell’equi-librio biologico. L’uomo moderno, il cui nucleo interno è sempre più macchina e sempre meno uomo, ha stravolto tale equilibrio proprio misconoscendone i ritmi e le regole millenarie.

FanaticiLa conferma più bislacca di questa involuzione ce la danno i sedicenti difensori degli animali. E’ notizia di questi giorni la cancellazione della sanzione amministrativa da parte del giudice di pace inferta dal Comune di Vicenza al ristorante “La Conchiglia d’Oro” per “mal-

trattamento” degli astici immersi vivi nel ghiaccio. «Abbiamo dimostra to che il no-stro ristorante non ha mai maltrattato gli astici», ha dichiarato trionfante il titolare, Giuseppe Scalesia (politicamente vicino alla passata ammini-strazione Hullweck, in particolare ad Al-leanza Nazionale). Per la verità il reato

è andato prescritto, e infatti Ren-zo Rizzi, a nome degli animalisti dell’Enpa e della Lav, si è affretta-to a precisare che «il tribunale ha dimostrato che abbiamo operato correttamente, il reato era pre-sente. Il ristoratore ha per so e si è rivolto alla Cassazio ne perché non poteva far altro, nel frattem po il reato è caduto in prescri zione».

Chi legge starà pensando: tanto rumore per dei crostacei che fi ni-ranno in pentola? Per Rizzi è una questione capitale, tanto che arriva a promettere «controlli più intensi nei risto ranti del capoluogo e della provincia» e a prendere di mira il piatto “tradizionale” della vicen-tinità, il gatto in tecia: «Abbiamo ri cevuto moltissime segnalazio ni, prevalentemente dall’Alto Vicen-tino, tuttavia ad oggi, a dispetto di nu merosi controlli in incognito, non siamo riusciti a cogliere nessu-no sul fatto» (Corriere del Veneto, 10 maggio 2009).

Lotta per la vitaOra, già il buon senso contadi-no prescriverebbe agli animalisti una buona dose di bromuro: con tutte le disgrazie economiche e le calamità sociali che ci perseguita-no, loro ci affl iggono con l’imma-ne tragedia dell’astice assiderato. Ma, come dicevamo all’inizio, non è solo una questione di senso del-la misura. Al fondo del fanatismo

di queste anime pie che si curano dei dolori di gamberi e aragoste, non c’è affatto amore degli anima-li, tutto il contrario. Considerare la vita in sé di qualsiasi essere vivente una cosa da preservare da qualsi-voglia sofferenza è, per l’appunto, ridurla a cosa, a oggetto inerte, inanimato, già morto prima di mo-rire. Quell’astice, nel momento in cui è pescato dagli uomini, è vivo, dunque soffre, per essere mangia-to. Sta tutto nel rifi uto di questo “dunque” la falsa “animalità” degli animalisti: essere al mondo, anche per un animale, signifi ca lottare per restarci, e perciò vuol dire soffrire. Nella lotta per l’autoconservazione, la specie uomo ha la meglio, com’è evidente, sulla specie astice, e lo tratta, lo cucina e se lo pappa come più gli aggrada. La differenza con il più sano mondo pre-moderno è che allora non si spolpavano i mari fi no ad estinguerne la fauna, men-tre oggi l’avidità dei consumi non conosce limiti (nel Mediterraneo, secondo uno studio recente, stanno

scomparendo decine di tipi marini commestibili). Gli animalisti non si avvedono che con la loro maniacale difesa daldolore negano alla fonte il princi-pio base della natura: l’istinto di sopravvivenza. Se l’astice fosse più grosso di noi sapiens e potesse cac-ciarci e mangiarci, ci farebbe a pezzi senza tante patemi d’animo. Ma noi umani abbiamo una coscienza, si ribatterà. Il guaio è che ce ne attri-buiamo troppa, e con la scusa della buona coscienza abbiamo perdu-to la soddisfazione e la pienezza di trattare il nostro cibo soltanto come cibo. Chiudendo sistematicamen-te gli occhi, invece, sul nostro stile di vita automatizzato, dipendente dall’elettronica in tutto (chi avrebbe il coraggio di tornare alla ghiacciaia abbandonando il frigorifero?), reso esangue e infl accidito dalla sedenta-rietà per eccesso di comodità. Per-ciò, cari cuochi, preparate i vostri piatti liberi da paranoie moraliste. E voi, animalisti, pensate alla salute (del pianeta, non degli astici).

dalla parte del torto numero149 del16 maggio 2009 pag22

di Alessio Mannino

L’astice e i falsi animalisti

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| Astici al mercato

Il ristorante vicentino “assolto” sul caso dei crostacei “maltrattati”Un esempio di come i sedicenti difensori della natura non sappiano difenderla dai suoi veri nemici

Questi oltranzisti pensino alla salute del pianeta, non degli Astici

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botta&risposta

nome e cognome Margherita Ferrarichi èscrittrice e bloggeretà21luogo di nascitaZevio (VR)titolo di studiodiploma scientificoprofessione studentessa universitariasegni particolari: pendolare

numero149 del16 maggio 2009 pag23

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Il tratto principale del mio carattere Sono una persona rifl essiva

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Quel che apprezzo di più nei miei amici Buon senso, esuberanza mentale, tendenza ad informarsi

Il mio principale difettoPropensione all’asocialità

La mia occupazione preferita Attualmente è il giardinaggio

Il mio sogno di felicità Fare un lavoro che abbia a che fare con ciò che sto studiando e studierò

Quale sarebbe, per me, la più grande disgrazia Non saprei. Probabilmente il realizzare che l’idiozia diffusa ha superato il tetto della tollerabilità

Quel che vorrei essere Una sociologa dedita alla progettazione e alla gestione dello spazio urbano

Il paese dove vorrei vivere Olanda

Il piatto a cui non so rinunciarePiù o meno tutte le cibarie in vendita da AltroMercato

I miei libri della vitaQuelli di Roald Dahl, sia per adulti sia per bambini

I miei poeti preferiti Sul fronte poesia sono totalmente ignorante, dunque preferirei evitare di sbilanciarmi

I musicisti che mi piacciono di piùSvariate centinaia. In questo periodo sto ascoltando molto Sebadoh, Wavves e The Pains of Being Pure at Heart

I miei pittori preferiti Klee, Chagall, Magritte

I miei fi lm preferiti quelli di Kubrick

Quel che detesto più di tutto Attualmente odio moltissimo il fatto che in questo paese sia impossibile essere vegetariani senza doversi angosciare ad ogni pasto

Il personaggio storico più ammirato.. Voltaire

...e quello più disprezzato Attendo il giorno in cui Berlusconi diventerà un personaggio storico così potrò disprezzarlo in questi termini

Il dono di natura che vorrei avere Vorrei essere più spavalda

Come vorrei morireVorrei morire sapendo di aver fatto qualcosa di buono

Stato attuale del mio animoSe non fosse per Trenitalia la mia vita sarebbe splendida

Il mio prossimo impegno nella vita La mia problematica tesi di laurea sul guerrilla gardening

Il mio credo politico o idealeIn questo momento sono troppo affranta per avere un credo politico defi nito. Mi limito a perseguire la via del buon senso e dell’azione diretta

Cosa mi piace e cosa non mi piace di VicenzaVicenza nel complesso mi piace, ma vorrei che fosse più fattibile girarla in bici. Asfaltature sfasciate, mancanza di ciclabili e SUV demoniaci sono un bel problema per il ciclista indifeso

Cosa mi piace e cosa non mi piace dei vicentini Uno degli aspetti più interessanti dei vicentini è che non ballano mai ai concerti umiliando inconsapevolmente le band. Questa è una cosa che non mi piace. Mi piace invece il fatto che in una città che credevo granitica come Vicenza sia emerso un movimento sociale pregevole come il No Dal Molin

Le colpe che mi ispirano maggiore indulgenzaQuelle dei ciclisti. I ciclisti sono moralmente superiori agli automobilisti. Sono certa che anche Rosmini sarebbe d’accordo con me

Il mio mottoNon ho un motto, però mi ripeto sempre che devo leggere almeno 52 libri all’anno

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hanno detto

Ma cosa signifi ca Fiat? Fabbrica Italiana Au-tomobili Tedesche.

Graz (Alberto Graziani)Avvenire

13 maggio 2009

Secondo il gen. Rosario Castellano – co-mandante del contingente italiano in Af-ghanistan – tutte le procedure e le regole d’ingaggio sono state rispettate. Ed è mor-ta una bambina afgana. Ascoltiamolo…: “I militari italiani coinvolti hanno attuato correttamente tutte le procedure previste e solo quando la vettura era arrivata a meno di dieci metri dal convoglio, i militari hanno fatto fuoco sul vano motore”. Sono queste le procedure?(…) Ecco, allora, che nelle edizioni del po-meriggio il generale si corregge: “Giunta a meno di dieci metri dal blindato italiano, il mitragliere ha fatto fuoco prima sul terreno poi contro la vettura.” Ah, adesso iniziamo a capire: passava una Toyota con a bordo una famiglia che andava ad un matrimonio e pioveva a dirotto. (…) “La pattuglia italiana ha adottato le procedure previste: avverti-mento con la mano, con un grido, lampeg-giando con gli abbaglianti, infi ne sparando colpi in aria.” Più che delle procedure – se il generale ci consente – ci sembrano un con-densato di buone intenzioni: “avvertire con un gesto della mano?!?”, “con un grido?!?”, “con i lampeggianti”? Ma, dove credeva mai che si trovasse quel blindato – l’alto uffi ciale – sulla tangenziale di Bologna?

Carlo Bertani carlobertani.blogspot.com

3 maggio 2009

in questo numeroViabilità provinciale, la mappa dei punti critici [pag3] Dalla Valbrenta ai Berici, la voce dei comitati contro le cave [pag4] Dal Molin in via Aldo Moro: cronistoria di un’idea vecchia [pag8] L’attacco di Più Democrazia: “Partiti, non affossate il referendum” [pag10] Casarotto, Bellini e lo sport estremo: la difficile arte della rinuncia [pag19]

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La crisi non c’è più e se c’era non è stata vera crisi. Solo una crisetta. Tutto grazie al nostro governo, alle banche italiane, al Noemi boy e al ministro Tremorti. I disoccupati, i cas-sintegrati, gli imprenditori che hanno chiuso i battenti, i creditori che non incassano più le fatture neppure a 240 giorni, sono italiani che sbagliano. Che non si impegnano abba-stanza. E’ gente, forse gentaglia, che fa parte delle decine di migliaia di precari del settore privato lasciati a casa. O dei 60.000 precari della pubblica amministrazione che saran-no licenziati dal primo luglio 2009, fi no a 120mila nel 2010, oltre 200mila nel 2011. O delle centinaia di migliaia di cassintegra-ti pagati, ma ancora per pochi mesi, da una cassa integrazione cresciuta dell’864% in un anno. O dei milioni di disoccupati in crescita nel 2009, ma anche nel 2010 come ripor-tato dalla Commissione Europea. Perchè la barca Italia non affonda ancora? La rispo-sta è semplice: cresce il debito pubblico. Ci stanno indebitando. Siamo arrivati a quota 1700 miliardi di euro. Lo Stato paga circa 80 miliardi di interessi all’anno. (…)

Beppe Grillowww.beppegrillo.it

10 maggio 2009