Lorenzo Pinna, La breve parabola del nucleare nostrano

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    IL CLIMA DELLENERGIA

    Come si creato, e poi rapidamente disperso, il patrimoniotecnologico e industriale che puntava sulle centrali atomiche

    per ridurre la nostra dipendenza dal petrolio. Il caso Ippolitoe le sue conseguenze. Cernobyl e il referendum del 1987.

    LA BREVE PARABOLADEL NUCLEARE NOSTRANO di LorenzoPINNA

    1. COSA RIMASTO OGGI DEL NUCLEAREin Italia a venti anni esatti dalla sua abrogazione con il referendum popolare delnovembre 1987? Non molto. Le maggiori competenze in materia, ereditate dallE-nel, sono concentrate nella Sogin, la societ del ministero dellEconomia che si oc-cupa della messa in sicurezza e del successivo smantellamento delle quattro vec-chie centrali atomiche italiane (Garigliano, Latina, Trino e Caorso), delle scorie ra-dioattive e dei centri di ricerca nucleare o per il riprocessamento del combustibileesaurito (Trisaia, Bosco Marengo, Casaccia, Saluggia).

    Il know hownucleare ha permesso alla Sogin di offrire le sue consulenze an-che in campo internazionale, soprattutto nei paesi dellex Unione Sovietica. Diver-se vecchie centrali con tecnologia sovietica (con reattori Vver o addirittura Rbmk,cio del tipo di Cernobyl) in Russia, Armenia, Kazakistan e Ucraina sono in corsodi ammodernamento, su progetto della Sogin, con sistemi e strutture per portare lasicurezza verso standard internazionali.

    Pi conosciuti al grande pubblico gli interessi nucleari dellEnel. Allestero na-turalmente. Si tratta, per il momento, soprattutto di partecipazioni finanziare, chenon escludono per la presenza di tecnici e ingegneri italiani nella gestione, nelcontrollo e nella manutenzione di queste centrali. In Slovacchia, dove lEnel con-trolla il 66% dellEnte elettrico nazionale (Slovnske Elektrrne), sono quattro i reat-tori attualmente in funzione, mentre di altri due prevista linstallazione nelle cen-trali di Mochovce e Bohunice. Potenza nucleare disponibile: 2.200 megawatt circa.

    Unintesa preliminare con la Francia prevede la partecipazione al 12,5% dellE-nel nella costruzione e successiva gestione di sei nuovi reattori Epr (EuropeanPressurised Reactor). Per adesso i lavori sono cominciati solo in un sito: Flamanvil-le, dove la potenza da installare di 1.630 megawatt. In base a questo accordo lE-

    nel potr importare elettricit prodotta dai nuovi impianti nucleari francesi.

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    In Spagna, se lOpa su Endesa andr in porto, lEnel si trover ad avere lapartecipazione di maggioranza in tre reattori (Asco 1 e 2 e Vandellos 2) e di mino-ranza in altri due (Almaras 1 e 2), per una potenza totale di oltre 5 mila megawatt

    nucleari.Infine c anche un accordo preliminare con Rosatom (lAgenzia federale per

    il nucleare della Russia) per la gestione di centrali nucleari esistenti e per la realiz-zazione di nuovi impianti sia nella Federazione Russa che in Europa orientale.

    Un piccolo settore dellindustria nucleare italiana riuscito a sopravvivere gra-zie alle commesse estere. LAnsaldo Nucleare ha costruito vari componenti perammodernare e rendere pi sicure le centrali romene (con la tecnologia canadeseCandu), mentre di recente ha ricevuto dallamericana Westinghouse la commessaper costruire varie parti di quattro reattori Ap 1000, che limpresa statunitense havenduto alla Cina. Il gruppo Camozzi ha invece realizzato, per la centrale nucleare

    di Palo Verde in Arizona, Usa, generatori di vapore con numerose innovazioni tec-nologiche.

    E la ricerca? Pur essendo ridotta al lumicino qualche collaborazione e qualcheprogetto stanno andando faticosamente avanti. Ad esempio il Politecnico di Mila-no, quello di Torino e lUniversit di Pisa partecipano agli studi su un reattore dinuova concezione denominato Iris e proposto dallamericana Westinghouse. Ilreattore di taglia ridotta, ma vero, non simulato al computer, dovrebbe (il condizio-nale dobbligo) essere costruito e collaudato dalla Siet (societ partecipata daEnel ed Enea) nei suoi laboratori di Piacenza. Ovviamente senza uranio. Le barredi combustibile verranno scaldate con lenergia elettrica, invece che dalla fissionedellatomo. Ma per provare tutti i sistemi del reattore (pompe, valvole, conduttureeccetera) questo dettaglio non poi cos importante.

    AllUniversit di Roma (insieme allEnea e allAnsaldo) stato messo a puntoil progetto di un piccolo reattore modulare: Mars. Un progetto che potrebbe inte-ressare ad una grande iniziativa internazionale nota come Gnep (Global NuclearEnergy Partnership) promossa dagli Stati Uniti per costruire, entro una decina dan-ni, un reattore in grado di ridurre al minimo i rischi di proliferazione (cio la pro-duzione di plutonio) e quindi da proporre a Stati di cui ci si fida, ma solo fino acerto punto. Anche sui futuri reattori di quarta generazione lItalia, pur non parteci-pando ufficialmente al consorzio internazionale che promuove questi progetti(Gen IV International Forum), svolge una piccola attivit di ricerca. In particolareEnea, Ansaldo e Cesi Ricerca stanno studiando uno dei reattori considerati fra i seipi promettenti: quello raffreddato al piombo liquido.

    2. Nonostante le batoste, il nucleare non quindi completamente scomparsodallorizzonte scientifico e industriale dellItalia. Tuttavia non ci si pu nascondereche, in questo campo, lindustria e la ricerca italiane non sono assolutamente piin grado di competere con quelle estere. A questo si aggiunge limmagine di unpaese che ha rifiutato il nucleare. Come fidarsi della tecnologia nucleare di un pae-

    se che per primo non ne ha fiducia?

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    In realt il grande nucleare, la fonte che doveva fornire unenergia meno caradel gas e del petrolio e meno vulnerabile alle crisi geopolitiche, una storia con-clusa da almeno ventanni. Dall8 e 9 novembre 1987. in questi due giorni che

    cala, definitivamente, il sipario su una delle pi grandi e sofferte imprese tecnolo-giche dellItalia nel dopoguerra. Il referendum popolare, convocato ad un anno emezzo dal disastro di Cernobyl, ha un esito scontato. Lincidente alla centrale so-vietica dellaprile 1986 ha spaventato mezzo pianeta e il comportamento delle au-torit di Mosca, oscillante fra silenzi e confusione, ha peggiorato la situazione. An-che in Italia, nonostante i comunicati rassicuranti dellente addetto alle misure diradioprotezione, lEnea, dilaga la paura. La radioattivit arrivata nel nostro paese una frazione minima e non desta preoccupazioni, ma le contraddittorie raccoman-dazioni di una miriade di esperti sono riprese e amplificate da stampa e televisio-ni. Sul banco degli imputati finiscono soprattutto il latte e le verdure a foglia lar-

    ga, come vennero allora definite. Il sospetto che questi alimenti, cos familiari equotidiani, si fossero trasformati in micidiali pericoli per la salute scatena una psi-cosi collettiva. Tutto il nucleare finisce sotto accusa. Si dimentica che la centrale diCernobyl di un tipo che non esiste in Occidente. Non solo: quel reattore non eraprotetto da misure di sicurezza, come il cupolone di contenimento, che avrebberolimitato i danni. Misure che nei paesi occidentali sono obbligatorie da anni.

    Tutti i partiti, ad esclusione di quello repubblicano e liberale, piccoli e pocoinfluenti, sono contro il nucleare. Il fronte contrario a questa fonte energetica rap-presenta, in breve, il 95% degli elettori. Dalla Democrazia cristiana al Partito comu-nista ai socialisti di Bettino Craxi.

    Le elezioni anticipate previste per lanno successivo consigliano agli strateghidella politica italiana di non prendere posizioni impopolari al referendum. I risulta-ti non deludono le aspettative. Un piccolo neo in questo trionfo. Laffluenza non eccezionale. Solo il 65% degli elettori si reca a votare. Pi che sufficienti per arendere valida la consultazione. I s allabrogazione delle tre leggi che riguardano ilnucleare sono l80%, i no il 20%.

    Le tre centrali nucleari italiane in funzione verranno chiuse negli anni succes-sivi (quella del Garigliano era stata chiusa nel 1982). Unico paese al mondo, lItaliaha rinunciato a una fonte che ancora oggi produce, in media, il 30% dellenergiaelettrica nel resto dellEuropa (ma in Francia la quota sale al 78%). Poteva permet-terselo? E perch lItalia, pur senza molta convinzione, aveva mosso alcuni passi suquesta strada?

    La storia che si conclude l8 e il 9 novembre 1987 era cominciata pi di 40 an-ni prima. Subito dopo la fine della seconda guerra mondiale. Ed anche la storiadi come lItalia, un paese povero di risorse energetiche abbia tentato di sfuggire auna dipendenza dallestero che si annunciava sempre pi pesante e rischiosa. Main quegli anni, subito dopo la fine della seconda guerra, tutti questi problemi era-no per il momento lontani, in un futuro non ben definito. LItalia, uscita in condi-zioni disastrose dalla sconfitta, era ancora un paese prevalentemente agricolo. Ol-

    tre il 40% degli occupati lavorava nei campi. E solo il 7% delle abitazioni possede-

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    va quelle comodit che oggi ci sembrano cos scontate e banali: il gabinetto e lac-qua corrente in casa, lelettricit e il riscaldamento. Nel 1939, un anno prima del-lentrata in guerra, la Fiat aveva prodotto 50 mila auto, cifra che, ovviamente, nel-

    limmediato dopoguerra, con le fabbriche seriamente danneggiate, non era pipossibile raggiungere. A piedi, in bicicletta o con i pochi e sgangherati mezzi pub-blici: cos ci si spostava nellItalia dellepoca. In altre parole, il nostro paese nonconsumava, allora, molta energia. Lidroelettrico, quel poco di geotermia e di car-bone nazionale (peraltro molto inquinante perch ad alto tenore di zolfo) riusciva-no a coprire il 50% delle necessit energetiche. Il resto, cio laltra met, veniva co-munque importato.

    Dopo la catastrofe della guerra chi non sperava in unItalia rinata, ricostruita,democratica, capace di porsi sulla strada di uno sviluppo che lavrebbe resa pi ric-ca e pi giusta? Fra i tanti giovani che credevano in una futura Italia, migliore di

    quella passata, ce ne furono alcuni che si posero una domanda. Con quale energiasi sarebbe costruito questo futuro? Al Politecnico di Milano, gi nel 1945, subito do-po la fine della guerra, il professor Giuseppe Bolla aveva riunito un gruppo di allie-vi per cominciare a studiare le possibilit di un uso pacifico dellenergia atomica.

    Nel 1945 latomo aveva un solo significato. La terrificante potenza distruttivadelle bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki e capaci di annientare intere citte i loro abitanti in una frazione di secondo. Ma alcuni studi americani, come il rap-porto Smith, sulla possibilit di utilizzare luranio a scopi civili, cominciavano a cir-colare anche in Italia. Fu proprio questo primo gruppo di giovani, raccoltisi intor-no al professor Bolla, a credere che questa fosse una possibilit che lItalia non po-teva lasciarsi sfuggire. Anzi come ha raccontato, in una delle sue ultime interviste,il professor Carlo Salvetti, uno dei giovani di quellepoca pionieristica, furono pro-prio loro ad evitare che nel trattato di pace venisse proibito allItalia luso dellener-gia atomica a scopi pacifici. Ovviamente, come paese sconfitto luso militare nonera concepibile. Insomma una specie di diplomaziafree lance(la richiesta venneavanzata dalla delegazione belga su suggerimento dei fisici italiani), come la defi-niremmo oggi, al di fuori dei canali ufficiali riusc a lasciar aperta, per lItalia, lapossibilit di sviluppare questa fonte energetica.

    I primi a credere e a finanziare questo gruppo di giovani scienziati, fra i qualiCarlo Salvetti, Giorgio Salvini, Mario Silvestri, sono le industrie private. Come laEdison (in particolare lingegner Vittorio De Biase), del settore elettrico che allora,in Italia, era in mano ai privati. Ma anche la Montecatini, la Fiat e la Pirelli. con iloro fondi che, verso la fine del 1946, viene costituito il Cise, Centro informazionistudi e esperienze. I locali si trovavano in via Procaccini a Milano. Oggi di quelvecchio edificio non rimasto in piedi un solo mattone. Le prime ricerche riguar-dano la metallurgia, lacqua pesante, i contatori di radioattivit. Tutte tecnologienecessarie per sviluppare reattori capaci di sfruttare luranio e produrre energia.

    Contemporaneamente a questi giovani scienziati, alle prese con ricerche da-vanguardia per dare al paese almeno una chance per la sua indipendenza energe-

    tica, sta iniziando la sua spettacolare carriera una persona destinata a diventare un

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    grande protagonista nel mondo dellenergia e non solo di quella nazionale. Ha 39anni e nella guerra appena terminata ha comandato alcune formazioni di partigia-ni cattolici. Enrico Mattei. Il suo esordio avviene come commissario liquidatore

    dellAgip, la compagnia petrolifera italiana fondata durante il fascismo. Non por-ter a termine il compito assegnatogli. Anzi ben presto si rende conto che lAgippu giocare un ruolo importantissimo nella rinascita del paese, per garantire a fa-miglie ed imprese unenergia a un prezzo pi basso di quello offerto dalle societstraniere. Nelle intenzioni di chi lo aveva messo a liquidare lAgip, Mattei dovevaprivatizzare il settore energetico, lasciandolo sostanzialmente in mano alle potenticompagnie americane e inglesi e ai loro alleati italiani. Nei fatti Mattei non solonon liquida lAgip, ma raddoppia la perforazione dei pozzi, sfrutta al meglio la ri-cerca mineraria nella Valle Padana, comincia a costruire gasdotti e sceglie, spregiu-dicatamente, le alleanze necessarie nel governo e nei partiti per realizzare quanto

    aveva in mente. Ci riesce con listituzione dellEni nel 1953, dopo una lunga e tra-vagliata battaglia iniziata nel 1947 tra chi sosteneva ad oltranza liniziativa privata(legata a potenti interessi stranieri) e quanti erano fautori di una forte presenza del-lo Stato nelleconomia.

    Di questo periodo rimangono leggendari i metodi che lAgip, diretta da Mattei,usava per stendere i gasdotti pi in fretta che poteva e mettere i politici davanti alfatto compiuto. Con la scusa di scavare qualche piccola traccia per verificare se iterreni erano idonei, i tecnici dellAgip stendevano, di notte preferibilmente, chilo-metri e chilometri di tubi e la mattina i sindaci venivano svegliati di soprassalto conla notizia del passaggio abusivo del gasdotto. Allora interveniva Mattei che con ri-sarcimenti, promesse di assunzioni o sponsorizzando restauri di monumenti e altreopere darte locali riusciva alla fine a strappare il consenso delle amministrazioniinteressate dai lavori abusivi dellAgip.

    Mattei molto abile anche su un altro fronte: il rapporto con lopinione pubbli-ca. Le scoperte di gas e petrolio vengono presentate alla stampa come trionfi italia-ni, come inizi di nuove epoche. Da manuale il caso dei piccoli giacimenti scoperti aCortemaggiore nel 1949. Il petrolio era poco, non avrebbe cambiato il quadro ener-getico nazionale e per di pi era di cattiva qualit. Mattei per riesce a tener bancoper settimane e settimane sulle prime pagine dei giornali e anche a coniare uno slo-gan molto famoso in quegli anni SuperCortemaggiore, la potente benzina italiana.Persino lorgoglio nazionale, uscito a pezzi dallavventura bellica, poteva trovarenelle parole e nelle idee di Mattei motivi per risollevarsi. Per quanto spregiudicato ea volte capace di metodi discutibili, si deve riconoscere che Mattei non aveva inte-ressi personali, ma lambizione e il senso di una grande missione civile. Rendere lI-talia indipendente in campo energetico e assicurare un rifornimento di energia abasso prezzo, cio il carburante per il futuro sviluppo economico.

    3. Per il nucleare italiano il 1952 un anno molto importante. Fino a quellan-no le ricerche sono condotte dal Cise, il gruppo di scienziati e ingegneri legati al-

    luniversit e allindustria privata. Ma ormai in tutto il mondo ci si comincia a inte-

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    ressare dellatomo per scopi civili. Anche Enrico Fermi prevede un grande avveni-re per questa fonte energetica.

    Nel 1952 lo Stato italiano si accorge dellenergia nucleare. Nasce il Cnrn, il Co-

    mitato nazionale per le ricerche nucleari. Lo dirige un chimico, Francesco Giorda-no, e fra i suoi membri si trova anche un geologo, Felice Ippolito, destinato a se-gnare la storia del nucleare italiano. Il gruppo milanese del Cise, diretto dal profes-sor Bolla, diventa il braccio operativo del nuovo comitato. Ma lunione di due filo-sofie cos diverse, quella del Comitato nazionale, pi burocratica e statalista, equella del Cise pi orientato verso lindustria privata, dar luogo a molti conflitti,spesso anche a livello personale.

    In breve le posizioni possono cos riassumersi. Il Cise vorrebbe sviluppare unreattore tutto italiano, seguendo una strada forse pi faticosa e difficile, ma sicura-mente pi originale e in grado di permettere a scienziati e ingegneri di padroneg-

    giare completamente una tecnologia estremamente complessa. Il Comitato nazio-nale preferisce invece acquisire allestero prodotti pi avanzati, evitando cos lelunghe fasi di ricerca necessarie. Una strategia a base di scorciatoie e di salti inavanti che non convince il Cise. In pratica le due linee convivono. Si continua cosa finanziare lo sviluppo del reattore italiano, chiamato Cirene, progettato da MarioSilvestri, ma anche a importare altri tipi di reattori come il Cp5 dellamericana We-stinghouse che finir nel nuovissimo centro di ricerche nucleari di Ispra, vicino aVarese. Ed anzi sar proprio questo reattore di importazione a diventare il primo araggiungere la reazione a catena controllata nel nostro paese.

    la crisi di Suez del 1956 ad imprimere una brusca accelerazione ai program-mi nucleari italiani, che segna la fine del colonialismo europeo. E suggerisce unariflessione: il petrolio abbondante, ma le vie di trasporto possono rivelarsi pocosicure. I due terzi del petrolio del Golfo Persico diretti in Europa transitano, alle-poca, in quello stretto passaggio. Nello stesso anno della crisi di Suez vengono or-dinate le prime tre centrali nucleari italiane. La Sme, una societ del gruppo Iri, fir-ma un contratto con lamericana General Electric per un reattore ad acqua bollenteche verr installato nella centrale del Garigliano. LEni di Mattei non vuol restarfuori da questa promettente fonte energetica e firma un analogo impegno con gliinglesi, per un reattore moderato a grafite e raffreddato a gas per la centrale di Bor-go Sabotino, vicino a Latina. Mentre la Edison, una delle pi importanti industrieelettriche private, sceglie un reattore della statunitense Westinghouse, ad acqua inpressione ed uranio arricchito, destinato alla centrale di Trino nel Vercellese.

    Il quadro che emerge da queste prime importanti decisioni in campo nuclea-re la mancanza quasi completa di coordinamento. Su tre centrali, ci sono tre tipidifferenti di reattore, il Comitato nazionale ne sta studiando altri ancora e il Cisevorrebbe seguire una via tutta italiana. Mentre Ippolito succede a Giordano comesegretario generale del Cnrn, le tensioni fra le varie anime del nucleare italianoraggiungono livelli sempre pi preoccupanti. Il reattore di Ispra non ha nemme-no fatto in tempo ad entrare in funzione che tutto il Centro, cio quello che dove-

    va essere il laboratorio dove si sarebbero formati ingegneri e tecnici dellItalia nu-

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    cleare, viene ceduto dal Cnrn guidato da Ippolito allEuratom, lagenzia europeache si occupa di energia atomica. E la cessione non si rivela nemmeno un buonaffare. La vicenda solleva un coro di critiche, soprattutto fra gli ingegneri e i fisici

    del vecchio Cise.Tutte queste storie abbastanza aggrovigliate non interessano gli italiani che in

    questo scorcio finale degli anni Cinquanta vivono il boom economico. lItalia delmiracolo che cresce al ritmo del 5-6% ogni anno. Da pochi anni la televisione hafatto il suo trionfale ingresso nella nostra storia e nella nostra vita. Il boom significaanche larrivo degli elettrodomestici, della lavatrice, del frigorifero e dellautomobi-le privata. Nel 1951 lItalia produceva 18 mila frigoriferi ogni anno, dieci anni dopopi di un milione e mezzo. Nel 1950 la Candy fabbricava una lavatrice al giorno,nel 1960 una ogni quindici secondi. LItalia diventa cos il terzo paese esportatoredi elettrodomestici dopo Stati Uniti e Giappone. E anche la Fiat passa dalle poche

    decine di migliaia di auto alla fine degli anni Quaranta a superare il mezzo milionenel 1960. La grande trasformazione, la fuga dalle campagne, lemigrazione dal Me-ridione verso il Nord industriale, lespansione disordinata delle citt cambiano ilprofilo dellItalia. Il vecchio paese agricolo e tradizionalista lascia il posto ad unarealt indecifrabile in progresso rapidissimo, a contraddizioni e conflitti, ma anchead una crescita complessiva del benessere.

    Tutto ci ha un costo in termini di energia. Fra la fine degli anni Cinquanta equella degli anni Sessanta i consumi energetici si moltiplicheranno per due volte emezzo. il momento delle grandi scelte. E di alcuni bilanci. Mentre nei primi anniSessanta le tre centrali nucleari italiane cominciano a produrre energia per unItaliache ne sempre pi affamata, il primo governo di centro-sinistra presieduto nel1962 da Amintore Fanfani prende una decisione che era nellaria da tempo: la na-zionalizzazione dellindustria elettrica. Sar una delle poche riforme, insieme aquella della scuola, realizzate in una stagione politica iniziata tra grandi speranze.

    La produzione di elettricit era rimasta fino al 1962 in mano a varie societelettriche che agivano come monopoli nei territori di loro competenza. Cos la Edi-son riforniva Lombardia, Emilia-Romagna e Liguria, la Sip il Piemonte, la CentraleToscana, Lazio e Sardegna e cos via. Le ragioni per nazionalizzare questa industriaerano molteplici. Da quelle ideologiche e politiche a quelle pi tecniche ed econo-miche. La nazionalizzazione fu una risposta adeguata ai nuovi bisogni energetici diunItalia in pieno sviluppo. Nacque cos lEnel, lente nazionale per lenergia elettri-ca, mentre i vecchi industriali espropriati ebbero lauti indennizzi che vennero pa-gati immediatamente, secondo le indicazioni dellallora governatore della BancadItalia Guido Carli.

    Il 1962 anche lanno della morte di Enrico Mattei e del tramonto dei suoi so-gni di indipendenza energetica per lItalia. Il tentativo di stabilire rapporti diretticon i paesi produttori di petrolio, specie in Africa del Nord e Medio Oriente, erasolo in parte riuscito. Lo stesso Mattei aveva paragonato lItalia ad un gattino che siavvicina ad una grande ciotola di latte dove stanno bevendo sette cagnacci, cio i

    sette colossi mondiali del petrolio. Nella ciotola ci sarebbe latte per tutti, ma i ca-

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    gnacci con una zampata allontanano il gattino. E il gattino, cio lEni o lItalia, de-vono trovare il modo di arrivare al latte.

    Uno degli ultimi accordi cui Mattei stava lavorando prima della morte era con

    lAlgeria, allora in piena guerra di liberazione dal colonialismo francese. Anche inquesto caso Mattei si mise dalla parte degli arabi, scatenando le reazioni sia dellegrandi compagnie petrolifere che della destra francese. I nemici di Mattei furonocos numerosi, potenti e pericolosi che c veramente solo limbarazzo della sceltanel fare ipotesi sui mandanti del sabotaggio allaereo che il 27 ottobre del 1962precipit durante latterraggio a Linate. Nel disastro morirono Mattei, insieme al pi-lota e ad un giornalista americano che lo accompagnava. Nel 1997 nuove indagini,su alcuni reperti del velivolo precipitato, hanno portato alla conclusione che unacarica di 150 grammi di tritolo, collegata al meccanismo di apertura del carrello, fula causa del disastro. Tuttavia non pu essere nemmeno scartata lipotesi che Mat-

    tei, personaggio vulcanico e iperdinamico, abbia forzato la mano al pilota per nonperder tempo e tentare latterraggio nonostante il tempo proibitivo. Tutti gli accor-di di Mattei, a cominciare da quello con lAlgeria, vengono abbandonati o comun-que ridimensionati dai suoi successori.

    4. Anche per Felice Ippolito, segretario generale del Cnen, che aveva sostitui-to il vecchio Cnrn, cominciato il conto alla rovescia. Gli indirizzi che la ricercanucleare ha preso con Ippolito al timone del Cnen non riscuotono unapprovazio-ne unanime. Gli studiosi di quel periodo ne segnalano alcuni gravi errori. Proba-bilmente le fughe in avanti, la mancanza di un progetto unico e la conseguente di-spersione su troppe linee di ricerca non aiutarono il programma nucleare italiano.Il piano 1959-64 del Cnen prevedeva la ricerca su ben quattro tipi diversi di reatto-ri: il primo ad acqua bollente, il secondo moderato da sostanze organiche, il terzoraffreddato a metalli liquidi, il quarto refrigerato da gas ad altissima temperatura(senza contare il reattore italiano, il Cirene, ad acqua pesante e uranio naturale).Un piano forse troppo ambizioso per una piccola potenza industriale come lItalia(nessuno di quei progetti venne portato a termine, tranne il Cirene).

    Ippolito fu comunque uno scienziato che vedeva nel nucleare una strada dapercorrere, per ridurre la grave dipendenza energetica che ormai negli anni delboom si stava chiaramente profilando. Insieme a Mattei, egli fu una delle pochepersonalit dellepoca a chiedersi come affrontare una situazione energetica sem-pre meno sostenibile. E a prospettare alcune soluzioni. In effetti fra gli anni Cin-quanta e Sessanta la dipendenza energetica italiana dallestero pass dal 50% a ol-tre l80%, grosso modo la stessa situazione in cui ci troviamo oggi.

    Ippolito era una persona onesta e scomoda. E divenne molto pi scomodoquando, dopo la nascita dellEnel, entr nella rosa dei possibili candidati alla presi-denza del grande ente elettrico, anche se poi si dovette accontentare di un postonel Consiglio di amministrazione. Ma persino in tale ruolo la sua presenza non eragradita. Si stavano decidendo i trasferimenti delle centrali dai privati allente pub-

    blico e, cosa molto delicata, i relativi indennizzi. Forse anche i suoi legami con

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    Emilio Colombo, il ministro dellIndustria del tempo, non gli giovarono. Nelle lotteinterne alla Democrazia cristiana chi voleva colpire Colombo poteva scegliere Ip-polito come bersaglio.

    Lattacco inizi nellestate del 1963 con alcuni articoli dei socialdemocraticiGiuseppe Saragat e Luigi Preti, che indicarono Ippolito come un pessimo ammini-stratore del denaro pubblico e il nucleare come una causa persa, di cui era inutileoccuparsi. In un crescendo di accuse, Ippolito venne imputato per gravi malversa-zioni durante la sua guida del Cnen e infine arrestato.

    La condanna fu pesantissima: 12 anni di reclusione. Dopo due anni Felice Ip-polito venne scarcerato. Alla fine, nei processi di appello, di tutte le accuse ne ri-masero in piedi solo due. Di aver usato, una sola volta, unauto di servizio per ra-gioni private e di aver fatto confezionare a spese del Cnen delle cartelle omaggioper alcuni giornalisti. Intanto il nucleare italiano aveva ricevuto un colpo dal quale

    non si sarebbe pi ripreso.Nel corso degli anni Sessanta le auto private si moltiplicano per quattro, men-

    tre la rete di autostrade passa da mille a 5 mila chilometri. Sboccia la grande storiadamore degli italiani per lautomobile. Una storia che deve essere alimentata conmolta benzina. Fra gli scarti pi consistenti della raffinazione della benzina si trovalolio combustibile, un residuo che ha pochi impieghi. In pratica solo uno: esserebruciato nelle grandi centrali termoelettriche. E infatti la scelta dellEnel privilegerproprio questa fonte energetica. Scomparso Mattei e neutralizzato Ippolito, legrandi compagnie petrolifere straniere e i loro alleati italiani, molto attivi nel setto-re della raffinazione, hanno finalmente la luce verde.

    Il nucleare non viene completamente abbandonato, ma tutto procede ormaicon esasperante lentezza. Forse per tenere in attivit un settore industriale ormaisovradimensionato rispetto alle nuove scelte energetiche, viene commissionata al-lAnsaldo una nuova centrale con un reattore dellamericana General Electric. Civorranno pi di dieci anni per completare la quarta e ultima centrale nucleare ita-liana: quella di Caorso, nel piacentino (tabella).

    Le centrali nucleari italiane

    Localit Tipo di reattore Potenza Inizio produzione Fine produzione Costruttore

    Trino Pwr Westinghouse 242 MW Ottobre 1964 Luglio 1990 EdisonGarigliano Bwr General Electric 150 MW Gennaio 1964 Marzo 1982 Sem (Iri)

    Latina Gcr Magnox 200 MW Maggio 1963 Dicembre 1990 Agip-Nucleare

    Caorso Bwr General Electric 840 MW Maggio 1978 Luglio 1990 Enel

    Legenda. PWR: Pressurized Water Reactor (Reattore ad acqua in pressione). BWR: Boiling Water Reactor(Reattore ad acqua bollente). GCR: Gas Cooled Reactor (Reattore raffreddato a gas).

    Nel 1973 la scelta di puntare tutto sul petrolio subisce un primo colpo. lan-no della prima crisi petrolifera. LOpec, il cartello dei maggiori produttori di petro-

    lio, in prevalenza mediorientali, dichiara lembargo petrolifero per protestare con-

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    li nucleari o a carbone, se Regioni e Comuni non arrivano, entro un certo tempo,ad una scelta definitiva. Una seconda legge prevede anche un indennizzo per i di-sturbi causati dalla costruzione e dallesercizio della centrale. Sembra finalmente

    possibile riuscire a riequilibrare la rischiosa dipendenza dai combustibili fossili.Il nuovo piano energetico, varato nel 1985, prevede infatti il raddoppio della

    centrale nucleare di Trino, lultimazione di quella di Montalto, dove i lavori sonotanto avanzati quanto contestati dai movimenti ambientalisti, e la costruzione di seinuove centrali in siti ancora da individuare. La dipendenza energetica italiana sa-rebbe cos scesa entro il 2000 dall80% al 70%. Non molto, ma pur sempre qualco-sa. Il piano viene definitivamente approvato nel marzo del 1986. Un mese dopoesplode la centrale sovietica di Cernobyl.

    Lincidente, il pi grave nella storia dellindustria nucleare, stato causato, co-me scoprir linchiesta, non da errori o distrazioni, ma da un deliberato esperimen-

    to condotto, senza autorizzazione, dal personale tecnico per migliorare la sicurez-za della centrale. Nel corso di questa folle iniziativa tutti i sistemi di allarme e diblocco automatico del reattore vennero disattivati. Dopo ore e ore di maltratta-menti, alla fine, il reattore esplose. A trasformare lincidente, gi di per s gravissi-mo, in un incubo fu la mancanza di qualsiasi struttura di protezione e di conteni-mento. Il reattore era alloggiato in un comune edificio in muratura che venne im-mediatamente distrutto dallesplosione, mentre la grafite prese fuoco generando ilmicidiale pennacchio che trascin nellatmosfera i prodotti radioattivi volatili. Tuttieventi che non potrebbero verificarsi nei reattori di tipo occidentale, neanche inquelli che, allepoca, si dovevano costruire in Italia.

    Il parlamento italiano si affretta a bloccare il piano energetico appena appro-vato e convoca una conferenza nazionale sullenergia e la sicurezza per ridiscuterela scelta nucleare. Intanto tutti i partiti che pochi mesi prima avevano approvato ilpiano energetico, tranne eccezioni, cambiano idea. La conferenza si svolge a Romanel febbraio 1987. Il suo compito di chiarire una volta per tutte vantaggi e rischidella scelta nucleare italiana, ma linteresse dei politici scarso, per non dire nullo.Bettino Craxi, il presidente del Consiglio, si far vedere allapertura dei lavori eascolter le tre relazioni iniziali, poi pi niente. In breve: la conferenza riapprova,con poche voci discordanti, il piano energetico gi approvato dal parlamento.

    Ma ormai i giochi sono fatti e il parere positivo, quasi unanime, sulla scelta nu-cleare non interessa pi nessuno. Le elezioni anticipate previste per lanno succes-sivo sconsigliano i partititi dal prendere posizioni impopolari. Nel referendum ven-gono cos abrogate proprio quelle leggi del 1983 che consentivano al governocentrale di superare i veti posti dalle amministrazioni locali alla costruzione di cen-trali nucleari o a carbone.

    Nel 1988 il governo di Ciriaco De Mita scrive un nuovo piano energetico doveil nucleare scomparso e il suo posto occupato da un risparmio energetico chenon verr poi realizzato, dallimportazione di energia elettrica dai paesi vicini, co-me Francia e Svizzera e dal metano, una fonte meno inquinante del petrolio, ma

    che deve essere anchessa importata, in gran parte, da zone geopoliticamente in-

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    stabili. Negli anni successivi il parlamento decreter la riconversione della centraledi Montalto da nucleare a gas, con una spesa aggiuntiva, per lerario, di circa 5 mi-la miliardi di lire dellepoca. Mentre la decisione di chiudere definitivamente le

    centrali di Trino e Caorso, nel 1990, mette la parola fine alla storia nucleare italia-na. Nel 1992 linchiesta milanese su Tangentopoli scoprir altri retroscena e altreragioni per il frettoloso funerale al nucleare italiano: non furono solo Cernobyl ela paura delle radiazioni a far decidere labbandono di questa fonte energetica.

    Intanto uno straordinario patrimonio di conoscenze di alta tecnologia, di ca-pacit progettuali e industriali stato, in gran parte, disperso. La centrale nuclearedi Latina ormai spenta da pi di quindici anni e in attesa di essere smantellata.Pochi tecnici e le guardie della vigilanza presidiano ancora limpianto. Nellangolodi una delle grandi sale di questa centrale si trova, ormai impolverato e dimentica-to, il Cirene, il reattore di concezione e realizzazione completamente italiane pro-

    gettato da Mario Silvestri, mai entrato in funzione. Il simbolo di una delle tante oc-casioni mancate dal nostro paese.

    Oggi lItalia dipendente dallestero per l83% dei suoi consumi energetici.Nella produzione di elettricit impiega, per oltre il 70%, gas e petrolio. Ma lelettri-cit viene anche importata da Francia e Svizzera che la producono, pi a buonmercato di noi, con il nucleare. come se 8 centrali nucleari svizzere o francesi la-vorassero solo per noi.

    In Europa e in Giappone gas e petrolio rappresentano solo il 30% nella pro-duzione di elettricit, perch il resto lo coprono carbone e nucleare. Il nostro ki-lowattora il pi caro in Europa e fra i pi cari nel mondo. Qualsiasi nuovo rinca-ro nel prezzo del petrolio e di quello, collegato, del gas ci metter in difficolt mol-to pi gravi di altri paesi. Mentre allorizzonte si profila, con lemergere di gigantiindustriali come la Cina e lIndia, una competizione sempre pi serrata per le fontienergetiche.

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    I NUOVI PROGETTI PER IL NUCLEARE

    Gen IV (Reattori di IV generazione)

    uno sforzo internazionale che ha preso il via nel 2001 grazie allaccordo fra 9nazioni (Argentina, Brasile, Canada, Francia, Giappone, Corea del Sud, Sudafri-ca, Gran Bretagna e Stati Uniti) cui si sono aggiunti lEuratom (cio lEuropa), laCina, la Russia e la Svizzera. LItalia non vi partecipa, se non attraverso lEuratom.Lobiettivo di mettere a punto per il 2025-2030 reattori di nuova concezione. Piefficienti, pi sicuri, meno sporchi (con minore produzione di scorie) e meno uti-lizzabili a fini militari. I principali filoni di ricerca che Gen IV International Forumha selezionato come pi promettenti, sono sei: reattore veloce raffreddato a gas;

    reattore veloce raffreddato a piombo; reattore a sali fusi; reattore veloce raffreddato a sodio; reattore raffreddato ad acqua supercritica; reattore ad altissima temperatura.Sono reattori molto innovativi in grado di produrre il proprio combustibile da ele-menti non fissili, di generare gas ad altissima temperatura utilizzabili per ottenerelidrogeno, di bruciare le scorie pi pericolose (i cosiddetti attinidi) e di nonprodurre plutonio di grado militare (adatto alla bomba). Unico neo: se si esclu-de il Superphoenix (reattore veloce francese raffreddato al sodio), ormai chiusoda decenni, e qualche altro reattore sperimentale (oggi sono in funzione solo due

    piccoli reattori veloci, uno in India e laltro in Russia), si ancora abbastanza in-dietro nella messa a punto di un prototipo industriale.

    Gen III + (Reattori di III generazione)

    I reattori di terza generazione sono quelli attualmente offerti dallindustria nuclea-re. Tipici esempi lEpr (European Pressurized Reactor) del consorzio franco-tede-sco Areva e lAp1000 dellamericana Westinghouse. Le ricerche proseguono permigliorare e rendere sempre pi sicuri ed economici questi modelli. Si tratta di unapproccio al nucleare molto diverso dal progetto Gen IV. In questo caso si scom-mette pi sullevoluzione dei sistemi attuali (in particolare i reattori con acqua in

    pressione) che su concezioni radicalmente nuove. LItalia potrebbe partecipare aquesto filone di ricerche con il programma Iris.

    Reattori modulari

    Il programma lanciato dagli Stati Uniti Global Nuclear Energy Partnership punta arealizzare, entro una decina danni, un reattore pulito, sicuro, di semplice gestio-ne e manutenzione da proporre ai paesi in via di sviluppo per soddisfare le loroesigenze energetiche, ridurre le emissioni di gas serra ed evitare, con accordi par-ticolari sul riprocessamento del combustibile esaurito, che venga estratto il plutoniodi grado militare. In questo programma potrebbe trovare collocazione il progetto

    italiano Mars.

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