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Euro Mediterraneo Il Partenariato tra l’Unione Europea e i Paesi del Mediterraneo (PEM) nasce il 28 novembre del 1995 con la Dichiarazione di Barcellona tra i 15 ministri degli Affari Esteri dell’Ue (dopo l’al- largamento dell’Unione nel 2007 i rappresentanti europei diventano 27) e dei ministri dei 12 Part- ner beneficiari del Meda (Mediterranean Econo- mic Development Area): Algeria, Cipro, Egitto, Stato di Israele, Giordania, Libano, Malta, Maroc- co, Siria, Tunisia, Turchia, Territori di Gaza e della Cisgiordania. La Libia vi partecipa in qualità di osservatore. L’obiettivo del patto consiste nel riequilibrare le relazioni precedentemente sviluppate dall’Unione con i paesi dell’est Europa a partire dal 1989. Le tre aree di intervento prioritarie attorno alle quali è articolato il progetto di cooperazione eu- romediterranea del Pem sono: le questioni po- litiche e di sicurezza, le relazioni economiche e quelle socio-culturali. La finalità del Pem è di creare una area di pace e di stabilità, prosperità e sicurezza condivise nel Mediterraneo. Il primo intervento si focalizza pertanto sul ri- spetto dei diritti umani e delle libertà fondamen- tali, della democrazia e dello stato di diritto. La Dichiarazione di Barcellona ha adottato i principi fondamentali del diritto internazionale, in par- ticolare quelli sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite e dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948. L’intervento economico è centrato sulla costitu- zione di un’area di libero scambio euro-medi- terranea con un mercato di 600-800 milioni di consumatori che, nel progetto iniziale, si sarebbe dovuta realizzare entro il 2010 attraverso accordi di associazioni euro-mediterranei e accordi com- merciali tra i partner e l’Ue. Il principale strumen- to finanziario dell’Unione all’interno del Pem è il Programma Meda (Mesures d’accompagnements financières et techniques), istituito nel 1996. Al- tri aiuti di carattere finanziario provengono dal- la Banca Europea per gli Investimenti (Bei), e in particolare dal FEMIP, il Fondo Euro-Mediterraneo di Investimento e Partenariato. Il Partenariato nei settori sociale, culturale e uma- no costituisce il terzo intervento del progetto di di Loredana Orlando cooperazione euro-mediterranea. Esso si pro- pone di favorire l’incontro tra le diverse cultu- re, religioni e popoli che compongono il mosaico mediterraneo facendo leva sulla società civile, la cooperazione decentrata e gli organismi di volon- tariato. A tal fine, gli strumenti principali utilizzati sono: il dialogo interculturale e gli scambi a livello umano, scientifico e tecnologico, combinando la cooperazione intergovernativa con quella decen- trata. Pertanto è stata creata, nel 2002, la Fon- dazione Anna Lindh per il Dialogo tra le Culture con sede ad Alessandria d’Egitto. La Fondazione, però, è stata oggetto di controllo da parte dei go- verni delle singole realtà che costellano il bacino mediterraneo con il risultato di un rafforzamento delle identità nazionali in antitesi alla prospettiva di una cultura nuova e condivisa. Inoltre, il Partenariato si articola in una serie di iniziative che coprono i settori più vari. Tra le più importanti: il riavvicinamento delle politiche economiche set- toriali, processo particolarmente attivo nei settori dell’industria, delle telecomunicazioni, dell’ener- gia e dell’acqua; le reti di cooperazione euromediterranee miranti a faci - litare lo scambio di conoscenze (federazioni industriali, istituti economici, camere di commercio, banche, ecc.); la cooperazione in campo statistico; la cooperazione tra la Società Civile (università, as- sociazioni professionali, organismi non governativi). Tuttavia, le premesse del progetto comunitario euro-mediterraneo sulle quali si è strutturato il Pem nel corso degli anni si sono rivelate deboli e refrattarie all’attuazione. Nel 2000, infatti, nel corso della Conferenza Ministeriale di Marsiglia, le linee-guida della Dichiarazione di Barcellona subiscono una battuta d’arresto. Nel 2004, l’Ue ha inaugurato la Politica Euro- pea di Vicinato (Pev) che comprende sia i pa-

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Seminari Verso Europa 2020 Relazione della dott.ssa Loredana Orlando Cappella Pappacoda, 3 dicembre 2012

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Euro Mediterraneo

Il Partenariato tra l’Unione Europea e i Paesi del Mediterraneo (PEM) nasce il 28 novembre del 1995 con la Dichiarazione di Barcellona tra i 15 ministri degli Affari Esteri dell’Ue (dopo l’al-largamento dell’Unione nel 2007 i rappresentanti europei diventano 27) e dei ministri dei 12 Part-ner beneficiari del Meda (Mediterranean Econo-mic Development Area): Algeria, Cipro, Egitto, Stato di Israele, Giordania, Libano, Malta, Maroc-co, Siria, Tunisia, Turchia, Territori di Gaza e della Cisgiordania. La Libia vi partecipa in qualità di osservatore. L’obiettivo del patto consiste nel riequilibrare le relazioni precedentemente sviluppate dall’Unione con i paesi dell’est Europa a partire dal 1989. Le tre aree di intervento prioritarie attorno alle quali è articolato il progetto di cooperazione eu-romediterranea del Pem sono: le questioni po-litiche e di sicurezza, le relazioni economiche e quelle socio-culturali.La finalità del Pem è di creare una area di pace e di stabilità, prosperità e sicurezza condivise nel Mediterraneo. Il primo intervento si focalizza pertanto sul ri-spetto dei diritti umani e delle libertà fondamen-tali, della democrazia e dello stato di diritto. La Dichiarazione di Barcellona ha adottato i principi fondamentali del diritto internazionale, in par-ticolare quelli sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite e dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948.

L’intervento economico è centrato sulla costitu-zione di un’area di libero scambio euro-medi-terranea con un mercato di 600-800 milioni di consumatori che, nel progetto iniziale, si sarebbe dovuta realizzare entro il 2010 attraverso accordi di associazioni euro-mediterranei e accordi com-merciali tra i partner e l’Ue. Il principale strumen-to finanziario dell’Unione all’interno del Pem è il Programma Meda (Mesures d’accompagnements financières et techniques), istituito nel 1996. Al-tri aiuti di carattere finanziario provengono dal-la Banca Europea per gli Investimenti (Bei), e in particolare dal FEMIP, il Fondo Euro-Mediterraneo di Investimento e Partenariato. Il Partenariato nei settori sociale, culturale e uma-no costituisce il terzo intervento del progetto di

di Loredana Orlando

cooperazione euro-mediterranea. Esso si pro-pone di favorire l’incontro tra le diverse cultu-re, religioni e popoli che compongono il mosaico mediterraneo facendo leva sulla società civile, la cooperazione decentrata e gli organismi di volon-tariato. A tal fine, gli strumenti principali utilizzati sono: il dialogo interculturale e gli scambi a livello umano, scientifico e tecnologico, combinando la cooperazione intergovernativa con quella decen-trata. Pertanto è stata creata, nel 2002, la Fon-dazione Anna Lindh per il Dialogo tra le Culture con sede ad Alessandria d’Egitto. La Fondazione, però, è stata oggetto di controllo da parte dei go-verni delle singole realtà che costellano il bacino mediterraneo con il risultato di un rafforzamento delle identità nazionali in antitesi alla prospettiva di una cultura nuova e condivisa.Inoltre, il Partenariato si articola in una serie di iniziative che coprono i settori più vari. Tra le più importanti: il riavvicinamento delle politiche economiche set-toriali, processo particolarmente attivo nei settori dell’industria, delle telecomunicazioni, dell’ener-gia e dell’acqua; le reti di cooperazione euromediterranee miranti a faci-litare lo scambio di conoscenze (federazioni industriali, istituti economici, camere di commercio, banche, ecc.); la cooperazione in campo statistico; la cooperazione tra la Società Civile (università, as-sociazioni professionali, organismi non governativi). Tuttavia, le premesse del progetto comunitario euro-mediterraneo sulle quali si è strutturato il Pem nel corso degli anni si sono rivelate deboli e refrattarie all’attuazione. Nel 2000, infatti, nel corso della Conferenza Ministeriale di Marsiglia, le linee-guida della Dichiarazione di Barcellona subiscono una battuta d’arresto.Nel 2004, l’Ue ha inaugurato la Politica Euro-pea di Vicinato (Pev) che comprende sia i pa-

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esi dell’Europa orientale, rimasti esclusi dall’allar-gamento, sia i paesi mediterranei. La Pev applica il modello bilaterale (a differenza del modello in-tergovernativo prospettato dal Pem che, di fatto, viene relegato). La Politica Europea di Vicinato è un’iniziativa lan-ciata dall’Ue nel 2003 a seguito dell’allargamento realizzato poi nel 2004. L’idea alla base della Pev è che sicurezza e stabilità della Ue sono legate a quelle dei propri vicini dell’Est (Bielorussa, Moldo-va, Ucraina), del Caucaso (Armenia, Azerbaigian, Georgia), e del Sud (Algeria, Autorità Nazionale Palestinese, Egitto, Giordania, Israele, Libia, Liba-no, Marocco, Siria, Tunisia). La dottrina di sicu-rezza dell’Ue del 2003 si propone di aiutare questi paesi a diventare “ben governati” beneficiando la stessa Unione di una maggiore sicurezza dei rischi che spesso provengono da questi paesi (instabilità politica, stati falliti, immigrazione irregolare, reti terroristiche etc.). In tal senso l’Ue ha proposto a questi paesi una forma di cooperazione politi-ca e di integrazione economica. In cambio di una progressiva armonizzazione legislativa e regola-mentare con l’Ue, questi paesi ricevono assistenza finanziaria, la possibilità di partecipare ad alcuni aspetti del mercato unico e ad alcuni programmi comunitari e la liberalizzazione degli scambi com-merciali. La Pev si basa sui Piani d’Azione, docu-menti politici siglati tra Ue e singoli paesi vicini, in cui vengono elencate le priorità della cooperazione tra le due parti e le riforme che i paesi vicini devo-no attuare (al momento, per ragioni diverse, non in tutti i paesi risultano in vigore i Piani d’Azione). L’attuazione dei Piani d’Azione si avvale dello Stru-mento Europeo di Vicinato e Partenariato (Euro-pean Neighbourhood and Partnership Instrument, Enpi), con una dotazione di circa 12 miliardi di euro per il periodo 2007-2013 che finanzia anche la cooperazione con la Russia. Le aree di coopera-zione della Pev sono le seguenti:a) dialogo politico e riforme;b) riforme economico-sociali e sviluppo;c) commercio, mercato e riforme delle dispo-sizioni al fine di creare le condizioni per una gra-duale partecipazione di questi paesi al mercato unico come obiettivo di lungo periodo;d) giustizia e affari interni;e) energia, trasporti, società dell’informazione e ambiente;f) contatti tra persone (compresi quelli nei set-tori della scienza, tecnologia, cultura e istruzione).Inoltre, la Pev si propone anche di sostenere la democrazia istituendo un Fondo europeo per la democrazia destinato a partiti politici democra-

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tici, organizzazioni non governative e parti sociali.

SicurezzaLa cooperazione nel campo della sicurezza mirate alla creazione di fiducia, alla prevenzione e alla risoluzione dei conflitti si sviluppa nell’ambito del Dialogo Mediterraneo della Nato. Esso nasce nel 1994 da tre esigenze: 1) la percezione del rischio derivante dallo svilup-po dell’estremismo islamico sulla sponda sud del Mediterraneo;2) la preoccupazione dei paesi dell’Europa meri-dionale di impegnare la Nato, in presenza di tali rischi, nelle regioni a sud; 3) la preoccupazione degli ambienti transatlantici di ridisegnare gli obiettivi dell’Alleanza.L’iniziativa del Dialogo Mediterraneo della Nato è stata presa dal Consiglio Atlantico del Nord nel 1994. Essa comprende oggi sette paesi partner: Algeria, Egitto, Giordania, Israele, Marocco, Mauri-tania e Tunisia. Le attività sono essenzialmente bi-laterali (Nato+1), nonostante siano state progres-sivamente lanciate e incrementate alcune attività multilaterali (Nato+7). Entrambi i livelli prevedo-no attività di consultazione, mentre quelle opera-tive hanno essenzialmente carattere bilaterale. Le attività di consultazione bilaterale si svolgono con regolarità attraverso i canali diplomatici e servo-no a concordare i programmi di lavoro Nato+1. A livello multilaterale, un processo di consultazio-ne regolare avviene nell’ambito del Mediterrane-an Cooperation Group che riunisce rappresentanti diplomatici e stabilisce le linee del programma di lavoro Nato+7. Il Dialogo Mediterraneo si riuni-sce a livello di vertici senza una cadenza precisa, ma generalmente in concomitanza con le riunioni stesse della Nato. Le attività pratiche di coope-razione nel campo della sicurezza contemplano uno spettro molto ampio che va dai seminari, alle esercitazioni e all’assistenza tecnica. Rilevante im-portanza è attribuita alla partecipazione che alcuni partner hanno realizzato nell’ambito di missioni di pace della Nato. Dopo il primo summit nel 2003 in Tunisia, il 5 ottobre 2012 si è svolto a Malta il Summit dei Capi di Stato e di Governo del Dialogo Mediterraneo 5+5 (Italia, Francia, Spagna, Mal-ta, Portogallo; Marocco, Algeria, Libia, Tunisia e Mauritania). Tra gli osservatori il presidente del-la Commissione Europea e il segretario genera-le dell’Unione Araba. I temi proposti: la lotta al terrorismo; il rafforzamento della cooperazione politica ed economica dopo la Primavera araba; l’attenzione ai flussi migratori.Nel 2007 la presidenza francese ha lanciato

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un’iniziativa nell’ambito della propria politica este-ra di Union Méditerranéenne, rivolto ai soli paesi dell’Europa del sud. L’opposizione a tale proget-to manifestata dagli altri paesi dell’Ue, Germa-nia in particolare, ha sortito l’effetto di riproporre l’agenda comunitaria delle relazioni sostituendo il Pem con l’Unione per il Mediterraneo (UpM).

L’UpM, è stato istituito il 13 luglio del 2008, a Pa-rigi, da un vertice dei Capi di Stato e di Governo, comprendente i membri dell’Ue e la Commissione Europea, i paesi già membri del Pem e un grup-po di nuovi membri (Bosnia-Erzegovina, Croazia, Montenegro e Principato di Monaco), per un totale di 44 membri. La Lega Araba ha un ruolo di osser-vatore. Tuttavia, il programma di lavori dell’UpM è stato sospeso in seguito alla crisi scatenata dall’in-vasione israeliana di Gaza nel dicembre del 2008, riprendendo solo nel 2010 il percorso istituzionale che ha portato alla nomina del Segretario Genera-le- perno operativo dell’UpM- e alla proclamazione del Segretariato che ha sede a Barcellona. La struttura istituzionale dell’UpM prevede una co-presidenza Ue e non-Ue della durata di due anni. Le attività sono promosse ed eseguite da un Se-gretariato composto da un Segretario Generale (Giordania) e da sei Segretari aggiunti (assegnati ad Autorità Nazionale Palestinese, Grecia, Israele, Italia, Malta e Turchia). La struttura prevede, inol-tre, una conferenza al vertice dei Capi di Stato e di Governo ogni due anni, una conferenza dei mi-nistri degli Esteri ogni anno e una conferenza per-manente di Alti Funzionari. Un Comitato perma-nente congiunto di rappresentanti nazionali siede a Bruxelles e ha il compito di preparare il lavoro degli Alti Funzionari.L’UpM a Parigi ha approvato un programma di la-voro incentrato su sei priorità:a) la lotta contro l’inquinamento del Mar Mediterraneo;b) il potenziamento dei trasporti marittimi e terre-stri nella regione;c) la creazione di un programma di protezione civile;d) le energie alternative;e) l’istruzione superiore e la ricerca (Euro-Medi-terranean University, EMUNI);f) la Mediterranean Business Development Initia-tive, Mbdi (che riguarda in particolare le piccole e medie imprese – Pmi).Occorre sottolineare che mentre la Pev ha eredi-tato le attività bilaterali del Pem, l’UpM in linea di principio dovrebbe ereditare quelle multilaterali. L’organizzazione intergovernativa come l’UpM per-mette, dunque, ai governi non-Ue di esprimere i loro interessi senza alcuna mediazione sacrifican-

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do, talvolta, i risultati di buona socializzazione che la diplomazia del Pem aveva raggiunto.Tuttavia, va osservato che la cooperazione mediter-ranea non si risolve nella sola UpM. Più in generale, resta l’organizzazione della cooperazione decentra-ta, in parte nella mani degli enti locali e della as-sociazioni private, in parte nella mani della Com-missione Europea. La cooperazione decentrata si è innestata alla base della società civile e vive di vita propria. Attualmente sono diverse le iniziative euro-mediterranee a livello della società civile, di cui solo una parte riceve appoggio e impulso da Bruxelles.

La cooperazione sub-regionale nell’area mediterranea.Gruppo dei 5+5 di cui fanno parte solo i paesi del Mediterraneo occidentale, sia della sponda nord (Francia, Italia, Malta, Portogallo, Spagna), sia della sponda sud (Algeria, Libia, Marocco, Mauri-tania, Tunisia). L’organizzazione, creata nel 1991 su impulso francese e italiano, è riuscita a dar vita a un dialogo significativo tra i paesi membri su questioni politiche, di sicurezza e militari.

Forum Mediterraneo per la Pace e lo Svilup-po, stabilito nel 1994 dai paesi del Nord Africa e da quelli del Sud Europa.

L’unione del Maghreb Arabo (Uma), attivo dal 1989, che ha come membri Algeria, Libia, Marocco, Mauritania e Tunisia. Tuttavia, la cooperazione pro-mossa dall’Uma non ha portato a un apprezzabile in-cremento degli scambi economici tra i propri membri.Nel contesto del Pem, la Ue, ha cercato di incorag-giare la creazione di zone di libero scambio tra singo-li paesi mediterranei. Il risultato è stato l’Accordo di Agadir per un’area di libero scambio tra Egitto, Gior-dania, Marocco e Tunisia, entrato in vigore nel 2006.Tuttavia, con l’UpM si è tornati a un approccio re-gionale che copre una regione più ampia dell’area euro-mediterranea di libero scambio poiché include anche i paesi balcanici affacciati sul Mediterraneo. L’UpM procede sulla base di una serie di progetti di ampia dimensione nei quali vi prendono parte solo i paesi interessati. Di particolare interesse per l’Italia, ad esempio, è la già citata Mediterranean Business Development Initiative (Mbdi), incentrata sullo sviluppo delle piccole e medie imprese (Pmi). Obiettivo della Mbdi è, infatti, promuovere la cre-azione di posti di lavoro volta a sostenere la coe-sione sociale e l’integrazione economica regionale.

Piano Solare Mediterraneo.Una delle priorità proposte dall’UpM riguarda

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l’energia. L’obiettivo è di accrescere l’offerta di energia proveniente dal Mediterraneo, contrasta-re il cambiamento climatico e favorire il risparmio energetico. In particolare, il progetto proposto dall’UpM e non ancora entrato in fase di attuazio-ne mira a:• ridurre le emissioni di gas serra;• stabilire un legame tra politiche energeti-che e ambientali a livello regionale;• creare un mercato delle energie rinnova-bili a sud del Mediterraneo al fine di rispondere ai crescenti bisogni energetici che provengono da quest’area.Il progetto comprende 165 iniziative di coopera-zione nei settori del fotovoltaico (45% dei proget-ti), dell’energia eolica (26%), del solare termico (26%) e, in proporzione minore, delle biomasse e del geotermico. L’obiettivo è di produrre 20GWatt di energia rinnovabile entro il 2020. La ripartizio-ne geografica dei progetti mostra che i principali paesi coinvolti sono Marocco (33 progetti), Tunisia (29), Turchia (29) e, a seguire, Egitto e Giordania con 20 progetti rispettivamente. Tuttavia, sull’at-tuazione dei progetti pende l’insufficienza dei fi-nanziamenti così come ammonito dal FEMIP. Programma mediterraneo per le energie rinnova-bili (Medrep).Lanciato nel 2002 a Johannesburg da istituzioni governative e non della sponda nord e sud del Me-diterraneo, il Medrep propone:a) la fornitura di energia sostenibile con particola-re riguardo alle popolazioni rurali;b) il contrasto ai cambiamenti climatici attraverso lo sviluppo delle energie rinnovabili prodotte e uti-lizzate nella regione.La InfraMed Infrastructure è considerata uno dei più importanti fondi d’investimento di lungo termi-ne nella regione mediterranea: è volto a favorire lo sviluppo urbano sostenibile e l’attuazione del Piano Solare Mediterraneo. L’Italia figura tra i pae-si finanziatori con la Cassa depositi e prestiti italia-na. Il capitale iniziale del fondo è di 380 milioni di euro, incluso un contributo di 50 milioni di euro da parte della Bei. Il fondo prevede l’intervento di al-tri investitori, anche esterni alla regione mediter-ranea, come i paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg) e la Cina. L’istituzione di InfraMed Infrastructure è stata accolta come un notevole passo in avanti nel quadro della cooperazione set-toriale lanciata dall’UpM.

Priorità ambientali nel MediterraneoLe priorità ambientali sono definite nella Strate-gia Mediterranea per lo Sviluppo Sostenibile. Tale

Strategia è stata presentata al Vertice Mondia-le sullo Sviluppo Sostenibile di Johannesburg e adottata nel 2005. La Strategia Mediterranea per lo Sviluppo è strutturata attorno a quattro obiet-tivi principali e a sette campi d’azione prioritari. Gli obiettivi sono: contribuire allo sviluppo econo-mico; ridurre le disparità sociali attraverso la rea-lizzazione degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite e il rafforzamento dell’integra-zione culturale; modificare gli stili di produzione e consumo e assicurare la gestione sostenibile delle risorse naturali; migliorare la governance a livello locale, nazionale e regionale. Quanto ai temi prioritari: gestione delle risorse idriche; energia e cambiamenti climatici; traspor-ti; turismo; sviluppo urbano; agricoltura; gestio-ne del mare, aree costiere e risorse marine.

Nel novembre 2005 al vertice tenutosi in occasio-ne del decimo anniversario del Pem, gli esponenti del Partenariato hanno rinnovato il loro impegno a intensificare gli sforzi per ridurre l’inquinamen-to del Mar Mediterraneo entro il 2020, nell’am-bito dell’iniziativa denominata “Orizzonte 2020”. Tale iniziativa si fonda su quattro elementi: 1) sviluppo di progetti d’investimento per ridurre le principali fonti d’inquinamento nel settore in-dustriale, dei rifiuti urbani e delle acque reflue, responsabili dell’80% dell’inquinamento nel mar Mediterraneo; 2) misure di capacity building; 3) trasferimento di esperienze; 4) sviluppo di indi-catori di monitoraggio. L’obiettivo di combattere l’inquinamento e di raggiungere adeguati stan-dard ambientali nei mari attorno all’Ue è ribadito dall’UpM e dalla Direttiva Quadro sulla Strategia Marina entrata in vigore nel 2008. Quest’ultima richiama l’importanza di un coordinamento più forte tra i paesi membri costieri e i loro vicini. A tale proposito, l’iniziativa “Orizzonte 2020” viene vista come un importante elemento catalizzatore per coordinare e dare nuovo impulso ai program-mi di tutela ambientale in ambito mediterraneo, grazie al suo approccio integrato che affronta le priorità ambientali nel loro insieme e al coinvol-gimento di una pluralità di parti interessate (isti-tuzioni internazionali, ONG, istituzioni finanziarie, autorità locali). Il lancio dell’UpM ha dato nuovo impulso anche a “Orizzonte 2020”: infatti l’obiet-tivo di disinquinare il Mediterraneo è incluso tra i temi prioritari dell’UpM.

Fonte: Osservatorio di Politica Internazionale. Bilancio e prospettive della cooperazione euro-mediterranea (giugno 2010).