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LOOKING FORWARD L’AGILITÀ CHE PORTA AL SUCCESSO Sesto volume Articoli di Alberto Antonietti, Andrea Bargioni, Federico Butera, Pierpaolo Cazzola, Maurizio Nocco, Giancarlo Poli, Marco Salera, Fabrizio Sarrocco, Ambrogio Terrizzano, Stefano Trombetta, Danilo Troncarelli. Interventi di Davide Amabile, Manlio Costantini, Marco Decio, Francesco Mantovani, Oreste Massolini, Alessandro Scarfò, Veronica Squinzi. Supplemento allegato al n. 1-2.2013 di ITALIA INSERTO REDAZIONALE RISERVATO AI LETTORI DI HARVARD BUSINESS REVIEW ITALIA

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LOOKING FORWARDL’AGILITÀ CHE PORTA

AL SUCCESSO

Sesto volume

Articoli di Alberto Antonietti, Andrea Bargioni, Federico Butera, Pierpaolo Cazzola, Maurizio Nocco, Giancarlo Poli, Marco Salera, Fabrizio Sarrocco, Ambrogio Terrizzano, Stefano Trombetta, Danilo Troncarelli.

Interventi di Davide Amabile, Manlio Costantini, Marco Decio, Francesco Mantovani, Oreste Massolini, Alessandro Scarfò, Veronica Squinzi.

Supplemento allegato al n. 1-2.2013 diITALIA

ITALIA

INSERTO REDAZIONALE RISERVATO AI LETTORI DI HARVARD BUSINESS REVIEW ITALIA

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PREFAZIONELe lapin agile: l’impresa italiana nella competizione globaledi Federico Butera

INTRODUZIONEAgili, adattabili e vincentidi Alberto Antonietti

Strategic Agility: crescere con successo in un mercato che cambiadi Matteo Agostini, Alberto Antonietti, Pietro Di Maria, Andrea Fiorillo e Danilo Mazzara

Leadership Agility: allineare l’organizzazione alla strategiadi Mirko De Angelis, Andrea Gangheri, Diego Norzi,Vittorio Ragazzini e Marco Salera

Organizational Agility: cogliere l’opportunità per sostenere la crescita di Go!redo Amodio, Luca Collina, Andrea Frau, Stefano Trombetta e Danilo Troncarelli

Market Agility: imperativo per le imprese orientate al nuovo consumatoredi Stefano Carrino, Pierpaolo Cazzola, Amato Della Vecchia, Fabrizio Sarrocco, Gionata Tedeschi e Ambrogio Terrizzano

Operational Agility: trasformare la volatilità in un vantaggio competitivodi Francesco Conte, Davide Germanà, Ra!aella Masoero, Maurizio Nocco e Giancarlo Poli Financial Agility: istruzioni per l’usodi Andrea Bargioni, Niccolò Bergamini, Welleda Finocchiaroe Fabrizio Sarrocco

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SOMMARIO

ITALIA

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Agilità delle imprese costruite per durareAgile è un leopardo, uno scimpanzé, un delfino, un falco, un cobra e molti altri esseri viventi. Agile è una danzatrice, un ginnasta, un climber, uno judoka, un samurai e molti altri profes-sionisti. Ma con opportuno esercizio e formazione agile può diventare un coniglio o John Belushi.L’agilità richiede non solo l’adattamento alle condizioni esterne, ma soprattutto la conserva-zione delle risorse per sopravvivere e svilupparsi: l’agilità è un attributo del funzionamento, ma soprattutto è una caratteristica della struttura. Agile, come si scrive negli articoli che seguono, è una organizzazione capace di velocità, semplicità, adattamento ai cambiamenti interni ed esterni, efficacia, efficienza. Essa implica la capacità di anticipare, sentire, rispon-dere, adattarsi. L’agilità è particolarmente richiesta alle organizzazioni quando sono elevate la variabilità, le minacce, le opportunità dell’ambiente esterno (mercato, contesto istituzionale, tecnologia, demografia, politica) e/o quando è elevato il tasso di inadeguatezza od obsolescenza dell’or-ganizzazione interna (finanza, organizzazione, tecnologie, persone etc). In una parola quando è richiesta sia una capacità di risposta veloce ed adeguata a quella variabilità, sia una capacità di cambiamento del sistema, da un modello a uno successivo: la reattività senza cambiamento strutturale è solo agitazione. La teoria classica della organizzazione si basava su due criteri principali: il coordinamento e controllo gerarchico e la divisione del lavoro, entrambe poggiate su una precisa defini-

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zione delle procedure. Su questa base erano stati modellati gli eserciti vittoriosi di Alessandro Magno, di Cesare, di Napoleone; le potenti burocrazie statali cinesi, austroungariche; la bi-millenaria organizzazione della Chiesa; l’innovativa fabbrica di Henry Ford. L’idea di fondo era “prima si costruiscono le organizzazioni, poi si vincono le battaglie”. Non è più così che imprese e le amministrazioni pubbliche possono vincere le battaglie che il sistema economico e sociale oggi impone. I primi studi sul rapporto fra organizzazione e ambiente furono quelli di Burns e Stalker (1961) e di Lawrence e Lorsch (1967). Burns e Stalker, del Tavistock Institute di Londra, studiando numerose aziende operanti in diversi settori, evidenziarono che, per affrontare am-bienti caratterizzati da forte instabilità, le imprese adottano forme organizzative sempre più flessibili, collocandosi su un continuum tra due modelli: quello meccanico, coerente con le teorie classiche dell’organizzazione, e quello organico, più diffuso nelle organizzazioni pro-fessionali o innovative. Lawrence e Lorsh nelle loro ricerche mostrarono come il crescente livello di incertezza induce a passare da organizzazioni altamente formalizzate e gerarchiche a organizzazioni orientate all’efficacia e alla flessibilità, suggerendo l’adozione di strutture duali, l’una per gestire la produzione e l’amministrazione l’altra per innovare e stare sul mer-cato. Perrow (1970), Davis (1972) rilevano che l’ambiente turbolento richiede un cambio di paradigma non solo alle “funzioni di confine” ma all’intera impresa o amministrazione: dall’o-rologio all’organismo (Butera 1984), dal castello alla rete (Butera 1990). E ciò che è avvenuto nelle imprese grandi, medie e piccole.Anche le imprese medie e piccole italiane che sembravano dovessero cedere il passo a imprese più grandi e potenti, si svelano agili, competitive ed efficaci. E celebri in tutto il mondo come il famoso locale di Montmartre, Le lapin agile.

Agilità e organizzazioni costruite per durare, organizzazioni che restano fortiLe organizzazioni agili che sopravvivono sono quelle “costruite per durare” (Collins e Porras, 1994) e capaci di “restare forti” (Cusumano, 2010). La gestione del cambiamento diventa la forza principale per assicurare al sistema queste caratteristiche, facendo convivere e interagire strutture duali (Kotter, 2012).Cusumano recentemente prosegue nella linea tracciata nel loro famoso libro Built to Last da Collins e Porras, i quali avevano esaminato le aziende che erano durate nel tempo (tra cui, ad esempio, Ford, 3M, General Electric…) e avevano cercato di individuarne alcune caratteristi-che chiave, come un’ideologia di base, il concetto di BHAG (Big Hairy Audacious Goals), il disporre di una propria cultura, il tentare sempre nuove cose, il rifiutare l’idea di una “grande idea” per avviare un’impresa, l’innovazione costante. In sintesi, le aziende studiate da Collins e Porras erano non solo soggetti economici, ma istituzioni economico-sociali: questo assi-curava a loro la durabilità e alla società circostante la prosperità in un contesto di continuo cambiamento. Cusumano si pone un problema simile: come assicurare continuità e prosperità all’impresa in un mondo in cui nulla è stabile? Ma all’analisi di Collins e Porras egli aggiunge l’inquietante e recente questione: la contraddizione fra l’imperativo di continua e costosa innovazione nei prodotti/servizi, nell’organizzazione, nelle competenze da una parte e la crescente commodi-tizzazione dei prodotti/servizi dall’altra. Per le imprese occidentali non si tratta solo di fron-teggiare la drammatica riduzione dei prezzi dei prodotti imposta dalle imprese manifatturiere cinesi; si tratta anche e simultaneamente di affrontare l’erosione o la scomparsa del valore dei prodotti dovuta all’innovazione tecnologica. Come contrastare, per esempio, l’abbattimento del costo dei componenti prodotti in Cina o l’abbattimento del valore economico della cono-

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scenza scaricabile da Google a costo zero? Cusumano suggerisce di adottare 5 principi:

1. fare strategia e organizzazione di piattaforma piuttosto che di singoli prodotti;2. rafforzare l’offerta di servizi innovativi, per contrastare la commoditizzazione sia dei

prodotti che dei servizi standardizzati;3. la creazione di capability all’interno dell’organizzazione;4. pull: partire dal mercato, dai bisogni del cliente e procedere a ritroso su tutte le fasi di

produzione del prodotto o servizio;5. from scale to scope.

Questi principi sono stati riscontrati anche nell’esame del sistema produttivo italiano.

La trasformazione del sistema produttivo italianoQuattro preoccupazioni ricorrono nei discorsi sull’industria italiana: l’industria italiana è forte nei settori a crescita zero e debole nei settori in forte sviluppo; mancano le grandi in-dustrie; l’industria italiana è particolarmente esposta alla concorrenza dei paesi emergenti; l’industria italiana sta perdendo competitività. Eppure l’industria italiana ha tassi di esporta-zione che competono con la Germania; crea valore; è innovatrice e competitiva; ha lineamenti comuni e distintivi. Di fronte alla debolezza del sistema Paese e alla demoralizzazione che ne consegue, emerge infatti un vigoroso processo bottom-up basato su una grande vitalità di imprese, organizzazioni e territori di nuova concezione. Da dove nasce la loro forza? Che cosa accomuna casi di successo così diversi tra loro? Vi sono nuovi modelli e principi organizzativi e manageriali? Quanto potranno durare, se il paese non se ne prenderà cura?Qual’è la locomotiva del sistema produttivo italiano? Dopo Fiat e Italsider degli anni ’60, dopo i distretti degli anni ’80, dopo il Made in Italy, dopo il 2013 che cosa trainerà una eco-nomia da sempre molto variegata, fra grandi, medie, piccole e piccolissime, fra Nord e Sud, fra imprese di successo e imprese che chiudono? La ricerca condotta dalla Fondazione Irso si interroga su un possibile what next: il modo italiano di fare impresa. Un primo volume curato da Butera e De Michelis con il titolo L’Italia che compete. L’Italian Way of Doing Industry, edito da Franco Angeli.Il programma di ricerca, consulenza e formazione sulla Italian Way of Doing Industry pro-mosso dalla Fondazione Irso si ispira ad alcuni significativi casi di imprese italiane che sembrano mantenere e rafforzare anche nella crisi la propria competitività e che stanno con-tribuendo non poco alla tenuta economica e alla proiezione internazionale del nostro paese. E si ripropone di sostenere le politiche pubbliche, lo sviluppo di impresa, la formazione degli imprenditori e del management delle imprese di minori dimensioni e delle reti di impresa.

Il nuovo modello di sistema italiano di produzione di beni e di serviziL’ipotesi del programma è che stia emergendo una Italian Way of Doing Industry, un modello socio-economico ancora allo stato embrionale che ha caratteristiche diverse sia dalle tradi-zionali esperienze distrettuali sia dai modelli delle grandi corporation americane. Le imprese dell’Italian Way per lo più non sono in attesa di diventare General Electric, non si sviluppano dai garage con la determinazione di trasformare un prodotto irripetibile in un’azienda come Microsoft, Apple o Google; non aspettano per crescere che Catania, Treviso, il Veneto diven-tino Silicon Valley o Boston Route 114, non sono quelle che aspettano il trionfo del capitali-smo molecolare. Ma hanno la loro via peculiare per competere e produrre prosperità. Il modello che iniziamo a intravedere è caratterizzato da sistemi di imprese grandi, medie e piccole che presentano otto caratteristiche distintive:

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1. fanno parte di insiemi come piattaforme, cluster, macro-imprese che danno un senso unitario all’individualismo e all’apparente casualità dello sviluppo delle imprese;

2. sviluppano prodotti e servizi di qualità e ad alto livello di design con una componente artigianale in qualche punto del ciclo;

3. si internazionalizzano e cercano mercati non coperti; 4. crescono in base al continuo ascolto della clientela;5. hanno forti relazioni col territorio;6. hanno organizzazioni costituite da strutture organiche, agili e flessibili disposte su

reti di grandi, medie e piccole imprese, con funzionamenti basati su cooperazione, conoscenza,comunicazione e comunità;

7. hanno un’“anima”, un’energia e un’identità fondata sulla valorizzazione del proprio scri-gno delle competenze, delle eredità dinamiche, dei valori;

8. hanno una imprenditoria taking care prevalentemente industriale e con un buona qualità di relazioni industriali a livello aziendale.

Il sistema produttivo dell’Italian Way of Doing Industry si caratterizza per un altissimo livello di agilità strategica, di mercato, organizzativa, imprenditoriale, culturale a tutti e tre i livelli in cui essa si esprime:

I. piattaforme industriali “competitive” in cui imprese diverse cooperano e competono convergendo nello sviluppo dei prodotti e dei servizi e del posizionamento internazionale;

II. “crocevie territoriali di reti d’impresa lunghe vitali”, un modello diverso dai distretti perché le reti sono basate sulla conoscenza, perché il territorio è costituito da vaste global city region come il Nord, perché tali reti industriali e finanziarie sono globali;

III. imprese integrali, ossia “imprese caratterizzate da organizzazioni organiche che perse-guono in modo integrato elevate performance economiche e sociali, che agiscono con-cretamente per proteggere e sviluppare l’integrità degli stakeholder e dell’ambiente fisico, economico e sociale, che hanno condotte eticamente integre” (Butera, 2008).

Il modello per analizzare e sviluppare le imprese dell’Italian Way: elementi costitutivi e loro interazione Cinque sono le dimensioni peculiari e fortemente interagenti su cui si esprime l’energia, l’in-novatività, l’agilità delle piattaforme, delle reti, delle singole imprese appartenenti all’Italian Way of Doing Industry.

1.MercatoLe imprese italiane hanno una posizione di rilievo soprattutto nelle celebrate 4A (Abbiglia-mento, Alimentazione, Arredamento, Automazione), e in una quinta A come l’Accoglienza-Tu-rismo. Ma emergono casi esemplari che possono preludere a ulteriori sviluppi, nell’aerospazio, nelle biotecnologie, nelle nanotecnologie, nella chimico-farmaceutica, nell’ICT, nelle energie rinnovabili e altre ancora. Le imprese italiane piccole e medie che hanno tentato di entrare nei mercati di massa sono state o saranno spazzate via. Ma in una economia delle nicchie globali che si stanno svilup-pando, l’impresa italiana invece può competere, sia individualmente che come rete che come piattaforma. Molte imprese italiane stanno raccogliendo le nuove sfide su nuovi mercati mondiali e non solo nelle nicchie delle 5A e degli altri settori high tech citati, ma anche in quelle delle tecnolo-

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gie e dell’energia ecocompatibili (green economy), della cultura e dell’arte, dei bisogni primari della stragrande maggioranza dell’umanità (cibo, sanità, istruzione, abitazione etc).Un primo fattore di caratterizzazione delle imprese capaci di competere nell’Italian Way of Doing Industry riguarda il posizionamento di mercato: è la capacità di collocarsi agilmente in mercati di nicchia, su fasi alte della catena del valore, su nuovi mercati portatori di bisogni primari, attraverso processi di internazionalizzazione socialmente compatibili.

2. Strategie Le imprese italiane che hanno avuto successo non hanno per di più adottato strategie di costo (componentistica e materie prime), di leadership sulle nuove tecnologie ( come Google), di lock-in (Microsoft), ma hanno fra loro combinate quelle di focalizzazione, di specializzazione, di qualità, di customer orientation entro dominanti strategie di internazionalizzazioneIl secondo fattore di caratterizzazione delle imprese dell’ Italian Way of Doing Industry ri-guarda, in sintesi, strategie per competere con i giganti multinazionali non andando sul ter-reno della produzione di massa o della eccellenza tecnologica ma sviluppando la capacità di concepire e realizzare strategie multiple con la prevalenza di quelle di focalizzazione, personaliz-zazione, valore sociale. Esse lo hanno fatto con agilità prima e meglio degli altri evitando il contatto con i giganti. Per usare una metafora sono state Davide contro Golia; adottando una judo strategy. 3. Organizzazione Le imprese italiane grandi, medie e piccole che hanno avuto successo hanno sviluppato forme di organizzazione innovative che avevano avuto molte anticipazioni fin dagli anni ’80. Per gran parte di loro l’impresa non è stata un “castello” chiuso, ma si è aperta a una infinità di relazioni e di processi di cooperazione lungo la catena del valore. Sono diventate reti organiz-zative vitali.L ’incrocio fra le reti di impresa e i processi economici e sociali di territori estesi hanno inse-gnato alle imprese a vivere un modo glocale di produzione. I territori sono diventati, come si è indicato in precedenza, “crocevie territoriali di reti lunghe vitali”.L’impresa di successo immersa in questo nuovo contesto di relazioni produttive e sociali non ha perso la sua individualità, ma si è rafforzata allontanandosi drasticamente dalle tradizio-nali burocrazie industriali ereditate dal fordismo: quei “modelli organici” di organizzazione, altamente integrati e flessibili caratterizzati da funzionamenti basati su cooperazione, condi-visione di conoscenze, comunicazione, comunità di lavoro nelle grandi e medie imprese come da sempre lo sono state nelle piccole; da gruppi di lavoro e team flessibili e autoregolati; da comunità di pratiche supportate da tecnologie Web 2.0; da nuovi modelli di lavoro e di profes-sioni “a larga banda”; da una forte cultura del lavoro, delle regole e dei risultati. Un terzo fattore caratterizzante le imprese capaci di competere nell’Italian Way of Doing Industry riguarda quindi la capacità di sviluppare e gestire modelli organizzativi basati su reti organizzative estese originate sul territorio e organizzazioni organiche altamente adattive.

4. Anima dell’impresaLe imprese dell’Italian Way of Doing Industry in quasi tutti i casi hanno avuto un’“anima” e un’identità, basate su uno scrigno delle competenze, valori, comunità di lavoro. cultura, abilità a riconoscere e indirizzare le proprie traiettorie di sviluppo, la gestione del cambiamento e dell’in-novazione. L’energia delle imprese italiane inoltre è stata spesso la ragione principale del successo, che può essere rilevata e misurata nelle sue componenti chiave, come l’energia delle competenze, l’energia organizzativa, l’energia tecnologica, l’energia emozionale.

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In una parola la capacità di valorizzare e creare eredità dinamiche di cultura, etica, visibilità, brand.Il quarto fattore caratterizzante le imprese capaci di competere nell’Italian Way of Doing Indu-stry riguarda in sintesi l’anima e l’identità dell’impresa cha ha valorizzato le eredità delle persone, le capacità radicate nella storia dell’impresa, ha sviluppato energia e ha attivato uno scambio con i territori e il contesto globale.

5. Qualità dell’imprenditoreLa principale funzione dell’imprenditore dell’Italian Way è stata per lo più quella di essere un azionista interessato a costituire imprese durevoli (built to last) e desideroso di investire nell’impresa le risorse generate e le proprie, e di reperire risorse finanziarie esterne per inno-vare a 360° sui prodotti, sui mercati, sui processi, sulle persone, sull’organizzazione, sul brand. Non sono mancati lo sviluppo del private equity e l’intervento di fondi stranieri: la qualità degli investitori non imprenditori nell’Italian Way è stata quella di sviluppare l’impresa e con essa il valore dell’investimento, come è accaduto ad esempio a Technogym, Bulgari, Cassina e altri. Possiamo su questo punto formulare una quinta ipotesi di caratterizzazione e di traiettoria dell’Italian Way of Doing Industry: lo sviluppo di capacità di leadership industriale e di attrarre capitali di rischio, suscitando una imprenditorialità e managerialità radicata nell’Italian Way of Doing Industry.

Le opportunità e i rischi Le opportunità risiedono nel fatto che l’esempio dei sistemi di imprese che hanno avuto suc-cesso in primo luogo rafforzi la coscienza di sé per affrontare così le pesanti sfide in corso e, in secondo luogo, si estenda ad altre imprese e ad altri territori dell’Italia, diventando una locomotiva della valorizzazione del patrimonio industriale italiano. I rischi che questa Ita-lian Way non ce la faccia a salvare le imprese e il paese sono però molti. Alcuni sono interni: se le imprese non comprendono fino in fondo la loro natura mutante e non la gestiscono con urgenza, energia, flessibilità, agilità, se non rafforzano la classe imprenditoriale, manageriale, professionale e tecnica. Altri sono esterni: se i servizi e le infrastrutture, se i “beni comuni della competitività” non crescono e non sono appropriati ai bisogni di questi sistemi d’impresa.

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Federico Butera è Presidente della Fondazione Irso-Istituto di Ricerca Intervento sui Sistemi Organizzativi (dal 1974) ; Ordi-nario di Sociologia dell’Organiz-zazione all’Università di Roma La Sapienza e all’Università di Milano-Bicocca (1988-2012); Direttore della rivista Studi Or-ganizzativi (dal 1998) ; membro dell’Organismo Indipendente di Valutazione della Corte dei Conti. Questo articolo è © Fondazione Irso, 2012.

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ANCHE IL !"#! È STATO UN ANNO DI GRAVI DIFFICOLTÀ PER LE AZIENDE ITALIANE di ogni set-tore e dimensione. L’economia resta in recessione e la domanda per consumi segna riduzioni mai viste nel dopoguerra, mentre la disoccupazione non cessa di salire. È un circolo vizioso di bassa domanda e bassa produzione, che risulta difficile spezzare perché, malgrado il livello minimo dei tassi d’interesse, vi è scarso incentivo a investire. In un quadro generalmente poco dinamico, fanno eccezione le aziende che guardano ai mercati esteri e riescono a compensare il declino della domanda interna con il relativo dinamismo di quella estera, specie nei più forti Paesi emergenti.Il 2013 non si presenta meglio, almeno per quanto riguarda il nostro Paese. Le esigenze di rientro del deficit e del debito pubblici continuano a imporre politiche economiche improntate al rigore, dove risulta difficile contenere la spesa pubblica e dove la pressione fiscale è ormai giunta a livelli quasi ingestibili. Come reagire a questo quadro così complesso? La strada maestra, come evidenziano i casi delle imprese più competitive, è quella dell’innova-zione di prodotto, di processo e di relazione con il mercato. Investire in innovazione è, come si è detto, arduo in un periodo dominato dalla crisi e dal calo della domanda, ma occorre tenere a mente che spesso l’innovazione può essere attuata a partire dalle competenze e dalle risorse esistenti, organizzate in modo nuovo e diverso per soddisfare le sempre mutevoli esigenze dei consumatori.Si dice mutevoli non a caso. È infatti l’estrema volatilità del mercato a preoccupare oggi i ma-nager delle imprese. La volatilità ci circonda, scatenata volta a volta da fattori diversi quali la crisi finanziaria, l’ottovolante dei mercati azionari, i cambiamenti normativi, le ristrutturazioni di settori e aziende, le successioni nella leadership delle organizzazioni, o i processi di fusione e acquisizione. Anche i processi di rinnovamento delle risorse informatiche e telematiche, per quanto complessivamente benefici, richiedono continui adattamenti per poter beneficare dei vantaggi e minimizzare le discontinuità.

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Realizzare le più alte performance in questa situazione richiede dunque la capacità di navigare in un mare di volatilità, di anticipare i cambiamenti e di rispondere rapidamente in modo efficace. In altre parole, per contrastare e battere l’incertezza le aziende devono riuscire ad essere agili.Se questo può essere più facile per imprese di minore dimensione, in grado di muoversi flessi-bilmente attraverso i mutamenti di mercato, per quelle di grande dimensione comporta stra-tegie consapevoli per realizzare un nuovo paradigma. Molti manager, emerge dalle ricerche, sono preoccupati perché fanno fatica a far fronte alla complessità e hanno scarsa fiducia nella capacità delle loro aziende di mettere rapidamente in campo le risorse di cui dispongono per sfruttare i mutamenti del mercato. Per molti è una questione di una cultura inadatta a gestire il cambiamento, per altri è la mancanza di un’organizzazione sufficientemente reattiva e adattiva.Nello stesso tempo, la situazione si sta modificando. La necessità aguzza l’ingegno e si no-tano ormai evidenti segni di cambiamento. Un numero crescente di imprese in tutto il mondo risponde alla paralisi dei mercati mettendo in campo forti capacità di “reazione”, ciò che noi chiamiamo agilità, volgendo la volatilità e le turbolenze del contesto in vantaggi competitivi. Ed è di questo tema che ci occupiamo in questo rapporto speciale dedicato all’agilità, vista attraverso lenti diverse che ci portano a focalizzare differenti prospettive: strategia, leadership, organizzazione, marketing, operations e finanza.Strategic Agility. Nell’attuale fase di turbolenza e incertezza dei mercati, di durata ancora non prevedibile, solo le aziende capaci di agilità strategica – ossia, capaci di sostenere una crescita nel medio-lungo termine reinventando continuamente il proprio modello di business - potranno sopravvivere e continuare a creare valore per gli stakeholder. Più in dettaglio, occorre che le aziende riescano a sviluppare tre distinti set di capability:

la capacità di orientamento e governo lungo la “rotta della variabilità”, cogliendo i trend di lungo termine, gestendo le proprie attività come “portafoglio di business” in grado di rinnovarsi e sviluppando processi di pianificazione che supportino le decisioni strategiche in termini di mix di business e Paesi;la capacità di attivazione strategica, per effettuare acquisizioni seriali, per far leva su part-nership e joint venture che inneschino una massa critica, e per creare modelli operativi agili con forte standardizzazione e accentramento di funzioni di supporto;la capacità di strategic execution, sfruttando le metodologie analitiche più avanzate, mo-bilitando con rapidità risorse e capitali per seguire l’evoluzione del business e adottando un approccio di sperimentazione continua di nuovi prodotti e servizi con i clienti.

Leadership Agility. L’ambiente di business che abbiamo davanti richiede una accelerazione dei processi decisionali e di implementazione delle strategie che un management poco coeso e conflittuale non può mettere in atto. L’agilità di una leadership consapevole e unita, capace di allineare alle linee guida strategiche tutta l’organizzazione, è dunque una condizione indi-spensabile per competere.Per realizzare questo obiettivo, dimostra un recente studio Accenture, sono fattori chiave la diversità di prospettive ed esperienze del gruppo dirigente; la capacità di rimodulare la com-posizione del leadership team per migliorare i processi decisionali; e la capacità di mobilizzare risorse e capitali in modo flessibile ed efficace. Ne conseguono tre pilastri su cui fondare l’eccellenza di una leadership agile: la capacità del top management di prendere decisioni che diano la corretta direzione all’evoluzione dell’a-zienda in modo snello e veloce; l’utilizzo dei modelli e stili di leadership più efficaci a seconda dello specifico contesto di mercato per trasmettere le decisioni all’organizzazione e mobilitarla verso la direzione scelta; e l’adozione di modelli organizzativi e di relazione interfunzionale che favoriscano una reale collaborazione tra le unità di business e spingano il management

AGILI, ADATTABILI E VINCENTI

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intermedio verso innovazione e imprenditorialità.Organizational Agility. In un’organizzazione, l’agilità è connotata innanzitutto da due fat-tori: la capacità di porre attenzione ai cambiamenti e quella di reagire rapidamente in modo adattivo, tempestivo, conveniente ed efficace. L’agilità organizzativa può essere ulteriormente declinata in quattro componenti principali: le capacità di anticipare, sentire, rispondere e adattarsi. Migliorare l’agilità organizzativa aziendale significa dunque attivare in maniera coordinata ciascuno dei quattro componenti indicati, implementando le azioni più corrette per raggiungere il risultato.Per anticipare i mutamenti del mercato le imprese devono gestire la strategia, la tecnologia e le risorse umane in modo da cogliere i più lievi venti di cambiamento e reagirvi nel modo mi-gliore. E, in particolare, diventa cruciale implementare una strategia di gestione del personale in modo da consentire l’allineamento dei dipendenti con la strategia. Ciò equivale a dire che servono sofisticati strumenti di ascolto e comunicazione interna per favorire al massimo le strategie di collaborazione quanto più condivise e coinvolgenti. Saper anticipare e cogliere i venti di mutamento è fondamentale, ma addirittura vitale è poi sviluppare una agilità nel rispondere, assemblando volta a volta le competenze migliori per le diverse esigenze, attingendo al parco dei talenti o sviluppandone di nuovi. Questo consente di passare da un’organizzazione basata sui “ruoli” a una basata sulle “capabilities”. In questo modo l’azienda ha tutte le carte per porre in atto risposte adattive che siano il risultato di strategie, processi, strumenti e risorse così come descritto.Market Agility. Tra i molti cambiamenti in atto, quello probabilmente più rilevante riguarda l’evoluzione del cliente che, con l’avvento delle relazioni 2.0, è divenuto sempre più informato, consapevole, esigente e coinvolto. Nel rapporto con questo nuovo tipo di cliente, sia nel B2C che nel B2B, ciò che conta non è limitarsi a resistere alle “onde anomale” del cambiamento, ma cavalcare l’onda per andare a conquistarsi un vero e duraturo vantaggio competitivo. E questo si può fare se si realizza il movimento continuo con agilità e flessibilità.Essere agili dal punto di vista del mercato significa fondamentalmente percepire e rispondere ai velocissimi mutamenti della domanda prima e meglio dei concorrenti. I clienti di oggi danno per scontata la più ampia disponibilità di informazioni e addirittura vivono in modo continuo una realtà interna ai canali distributivi. Le tecnologie digitali e le dinamiche “social” danno al cliente l’enorme potere di scegliere in modo consapevole, operando scelte rapidissime e infedeli per definizione. Per soddisfare i clienti di oggi, e ancor più quelli di domani, le aziende devono dunque mettersi nelle condizioni di soddisfarne i desideri ovunque e in qualunque mo-mento essi scelgano. In un contesto del genere, lo stesso concetto di offerta cambia natura e si amplia, partendo dal prodotto/servizio in vendita per arrivare a comprendere un’incessante

“libreria di esperienze”.La market agility è diventata, in definitiva, una necessità assoluta, una competenza indispen-sabile per poter rispondere in modo efficace a una molteplicità di attori e forze in movimento e si coniuga all’agilità strategica, di leadership, organizzativa e operativa per consentire alle aziende di agire efficacemente nel nuovo mercato, massimizzando le performance per ottenere i migliori risultati nella sempre più dinamica e volatile arena competitiva.Operational Agility. L’attuazione delle strategie di agilità nel contesto volatile che ci circonda richiede un modello operativo altrettanto agile e flessibile. Finora la maggior parte delle aziende ha reagito alle turbolenze focalizzandosi prioritariamente sulla riduzione e ottimizza-zione dei costi, ma questo approccio appare oggi difficilmente sostenibile perché ciò che mag-giormente premia è la rapidità di reazione al cambiamento. E questa è, a sua volta, funzione diretta della capacità dell’organizzazione di predire le performance future nonostante la mar-catissima variabilità. Le ricerche mostrano, però, che solo alcune aziende hanno sviluppato

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* Alberto Antonietti è Accenture Strategy Lead, Italy, Eastern European Countries, Middle East.

le capacità di anticipare, sentire e reagire, isolando le potenziali minacce e muovendosi con velocità sufficiente per trasformarle in un vantaggio competitivo. Queste aziende lungimi-ranti stanno reinventando la propria supply chain come un ecosistema adattabile di processi, persone, attività finanziarie, tecnologia e dati, basato su una struttura variabile dei costi che consente di ottimizzare la creazione di valore.Ne segue l’esigenza di adottare un nuovo modello operativo per favorire lo sviluppo di nuove capacità che consentano di rapportarsi alle rapide mutazioni della domanda dei mercati. Que-sto modello si basa sulla capacità dell’azienda di sviluppare alcune capacità chiave che con-sentono ai best performer di realizzare risultati marcatamente superiori alla media: identificare proattivamente gli eventi ad alto rischio per progettare l’attività operativa in modo da ridurne l’impatto; creare un modello operativo adattivo di supply chain dinamica in grado di bilan-ciare economicità e flessibilità produttiva; implementare sequenzialmente il modello in base al valore che le singole azioni apportano all’azienda; sviluppare una capacità di adattamento continuo raggiungendo una migliore assegnazione delle capacità e rendendo possibile una esecuzione fortemente adattiva; infine, realizzare una capacità elevata di innovare in modo flessibile e in tempi brevi, indirizzando contemporaneamente la crescita e l’efficienza operativa.Financial Agility. Le recenti pressioni sui mercati hanno ampliato i compiti della funzione Finance che, da struttura focalizzata su misurazione delle performance, corretta gestione delle informazioni e garanzia della sicurezza finanziaria, estende il proprio ruolo fino a diventare

“regista” delle decisioni del vertice, traducendo la strategia in obiettivi e performance che aumentino il valore per gli azionisti e calibrando con cura azioni di breve e visioni di lungo periodo.Essere agili significa essere dotati di anticipo, di orientamento, di capacità di reazione e di adattamento: dal punto di vista del CFO ciò implica uno sviluppo secondo quattro direttrici fondamentali: la progressiva sostituzione dei tradizionali processi di pianificazione plurien-nale e di budget con processi di scenario planning e rolling forecast (anche di tipo bottom up); l’investimento continuo in nuove professionalità specifiche e l’adozione di politiche orientate all’acquisizione di strumenti evoluti nonchè alla semplificazione dei processi transazionali; l’evoluzione delle tecniche di enterprise performance management (sia in fase di pianificazione che di controllo), facendo leva sulle funzionalità abilitate dall’innovazione tecnologica quali real-time, what-if analysis, collaboration e mobility; e, infine, il pieno controllo dell’efficienza attraverso un approccio strutturato al cost management.

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AGILI, ADATTABILI E VINCENTI

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Perché è importanteCharles Darwin affermava: “Non è la più resi-stente delle specie quella che sopravvive, né la più intelligente, ma quella più reattiva al cam-biamento”, e più recentemente il CEO di Nokia afferma: “Cinque-dieci anni fa si poteva definire la propria visione e strategia ed iniziare a seguirla. Oggi bisogna restare in allerta ogni giorno, mese ed anno per rinnovare la propria strategia”1.Due frasi che esprimono due diversi aspetti legati al cambiamento: la prima fa riferimento alla fa-cilità di adattamento mentre la seconda alla ve-locità, elementi che trovano sintesi nel concetto di agilità. Strategic Agility è, infatti, la capacità di reagire rapidamente al sorgere di segnali di cambiamento e di adattarsi in maniera efficace e a costi contenuti, ripensando il proprio modello di business per sostenere una crescita nel medio lungo termine in un contesto caratterizzato da mutamenti sempre più veloci e radicali.La crescente volatilità è osservabile sia a livello macro-economico (Figura 1), basti pensare ad esempio alle continue revisioni delle stime di cre-scita dei diversi paesi, alle oscillazioni dei tassi di cambio e prezzi delle materie prime, ma an-

che a livello micro-economico pensando a quelle aziende che, un tempo ritenute delle leading prac-tice, sono sparite per l’incapacità di adeguare il proprio modello coerentemente con le nuove tendenze di mercato. Sono un esempio sotto gli occhi di tutti Kodak e Blockbuster, “vittime” della digitalizzazione. Proprio quest’ultima è uno dei tre fattori che, insieme alla globalizzazione e alla deregolamentazione, hanno eroso i confini della

“comfort zone” di molte aziende un tempo leader indiscusse dei loro mercati, riducendone talvolta irrimediabilmente la capacità competitiva.La digitalizzazione ha ridefinito profondamente le capacità e gli asset necessari per competere in alcuni mercati, riducendo le barriere all’entrata che garantivano leadership di mercato indiscusse. La globalizzazione ha ridistribuito su più paesi le conoscenze e le competenze necessarie per com-petere, inasprendo la competizione in molti set-tori. La deregolamentazione, infine, ha aperto le porte a nuove opportunità laddove esistevano re-gole protezionistiche, mettendo in luce l’insoste-nibilità del modello di business di molte aziende la cui strategia si reggeva proprio su tali regole.Digitalizzazione, globalizzazione e deregolamen-

di Matteo Agostini, Alberto Antonietti, Pietro Di Maria, Andrea Fiorilloe Danilo Mazzara

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14 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

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tuale. I paesi in crescita (“BRIC” e “Next 11”), infatti, stanno sviluppando modelli di crescita difficilmente prevedibili con i tradizionali modelli econometrici anche a causa dell’assenza di serie storiche attendibili e della loro maggior flessibi-lità nel bilanciare le diverse componenti di cre-scita (Consumi Interni, Export ed Investimenti). A conferma di quanto detto, basti considerare che quando è scoppiata la bolla del credito a fine 2008, la maggior parte degli osservatori riteneva che questa avrebbe impattato maggiormente le economie in crescita. A distanza di 4 anni pos-siamo invece affermare che queste non solo hanno dimostrato una maggior tenuta di quelle mature ma hanno ulteriormente rafforzato la pro-pria posizione, non solo in termini di prodotto interno lordo, ma anche come ricchezza delle fa-miglie e peso del sistema industriale. Ad esempio la quota di Investimenti Diretti Esteri (IDE) di tali paesi è quasi triplicata fra il 2003 e il 2010, passando dal 12% al 31% (Figura 2).In tale contesto l’Italia presenta luci e ombre. La sfiducia complessiva nello sviluppo futuro dell’in-dustria, l’assenza di regolamentazione certa nel medio termine e l’incapacità di attrarre investi-menti dall’estero portano ad una conflittualità

tazione hanno dunque contribuito alla polarizza-zione della crescita globale tra economie mature ed emerse/emergenti, ovvero una delle cause che maggiormente contribuisce alla volatilità at-

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Figura 1. Prodotto interno lordo Confronti internazionali

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16 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

successo hanno intuito l’importanza di fare rete sviluppando partnership strategiche e joint ven-ture, creando delle filiere produttive competitive che resistono alla crisi e continuano a guadagnare quote di mercato. Si pensi ad esempio a Luxottica e al distretto dell’occhialeria di Belluno i quali nel 2010 e 2011 hanno saputo far crescere l’export ri-spettivamente del 19% e 11%. L’Italia, infine, può vantare posizioni di leadership in settori attrattivi per lo scenario di consumo globale, quali ad esem-pio il Fashion e Luxury ed il Food & Beverage che

crescente per accaparrarsi le poche risorse pub-bliche e private disponibili.Nonostante lo scenario sia complessivamente nega-tivo, emerge un sistema industriale con eccellenze diffuse che evidenziano alcuni “semi” di Strategic Agility. In primo luogo si può citare la vocazione all’esportazione delle nostre imprese: il valore dell’export, in crescita per un decennio, si sta ripren-dendo dopo il crollo fra il 2008 e il 2009 e registra un aumento anche nel 2012 del +2,9% (Figura 3).In secondo luogo, molte delle nostre aziende di

Figura 3Esportazioni italiane di merci (Mrd. !)

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Figura 4. World’s Most Admired Companies: aziende storicamente presenti e nuovi entrati stabilmente tra i primi 10

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SPECIALE ACCENTURE | 1-2.2013 17

“nuovi entrati” che sono arrivati in breve tempo alle posizioni di leadership mondiale. Ne deri-vano alcuni esempi interessanti quali: Johnson & Johnson, Procter & Gamble, General Electric e American Express ai vertici della lista da 15 anni e Apple, Google e Amazon, dominatori degli ultimi 5 anni.Dal punto di vista settoriale tuttavia non emerge una predominanza ben definita, a testimonianza del fatto che la “agilità strategica” è un connotato pecu-liare dell’azienda, prima che del settore in cui opera.La bontà delle performance delle aziende sopraci-tate è inoltre confermata dall’analisi del loro “To-tal Shareholder Return” (TSR) dal 1997 al 2012. L’andamento è, infatti, complessivamente posi-tivo nel periodo considerato e anche le flessioni negative, legate alla bolla speculativa di inizio millennio e alla crisi del 2008, risultano contenute e nel lungo periodo ampiamente compensate (Fi-gura 5). La capacità di queste aziende di attraversare con successo cicli economici di diversa intensità e na-

verranno trainati dalla crescita della middle class dei paesi emergenti.Si può intuire, quindi, come il successo dipenda dalla capacità delle aziende di anticipare i trend di mercato adattando con rapidità il proprio mo-dello di business anche attraverso approcci in-novativi di “competition” con player dello stesso settore o settori adiacenti.

I campioni di Strategic AgilityAl fine di competere con successo in scenari sem-pre più mutevoli, la Strategic Agility risulta non soltanto un monito teorico, bensì un imperativo strategico. È quanto emerge dall’osservazione delle aziende caratterizzatesi negli anni per un consistente primato di performance, connesso alla capacità di evolvere continuamente le fonti del proprio vantaggio competitivo. Se, ad esem-pio, si osserva la classifica dal 1997 ad oggi (Fi-gura 4) delle aziende maggiormente di successo a livello mondiale2, l’attenzione viene catturata da quelle che sono state presenti sin dall’inizio e dai

Figura 5. GE, P&G, Apple, Google, Amazon, American Express, Johnson&Johnson: Total Shareholder Return Analysis, 1997 -2012 (%)

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18 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

che hanno dimostrato grande capacità di re-inventare i propri business nel corso degli ultimi decenni. Procter & Gamble ha saputo più di altre multinazionali del mondo occidentale sfruttare i grandi mercati del largo consumo nelle economie emergenti, adattando i propri prodotti alle pecu-liarità locali e garantendosi per prima una fetta importante dei redditi di questi nuovi consumatori. American Express ha cambiato, invece, il proprio focus strategico, trasformandosi da un’azienda fo-calizzata prevalentemente sul segmento Premium a player di riferimento per clientela Business e Gio-vani. Questo sfruttando anche i social media come luogo virtuale in cui promuovere condizioni van-taggiose ai propri clienti “consumer” relativamente a beni e servizi prodotti dalle aziende appartenenti

tura, è radicata nella loro Strategic Agility che si manifesta sia in una controllata evoluzione del modello di business, come dimostrano gli esempi di P&G o American Express, nonché in una abi-lità di identificazione, creazione e sfruttamento di nuove opportunità di mercato, come nei casi di Apple, Google e Amazon.I successi e la crescita vorticosa di queste ultime 3 aziende sono sotto gli occhi di tutti. Esse hanno anticipato e dominato il trend della “interconnes-sione totale” attraverso eccellenza di prodotto e esperienza del cliente (Apple), modello di busi-ness unico e differenziante (Google) e crescita per adiacenze di prodotto e canale (Amazon).Non meno interessanti sono gli esempi di Strategic Agility di Procter & Gamble e American Express

Chi è Mapei e quali caratteristiche distintive la fanno essere leader nel proprio settore?Mapei è un’azienda leader mondiale negli ade-sivi e prodotti chimici per l’edilizia con un fat-turato aggregato superiore ai 2 miliardi di euro e una presenza radicata nei 5 continenti con 65 società e 63 siti produttivi. Le nostre caratte-ristiche distintive sono: la forte specializza-zione nella chimica per l’edilizia, una presenza internazionale che integra sia la produzione che la commercializzazione e gli elevati investimenti in Ricer-ca e Sviluppo pari al 5% del fatturato.

Mapei è sicuramente un esempio di azienda dotata di Strategic Agility come evidenziato dalla crescita negli ultimi vent’anni (da 124 milioni a 2 miliardi di euro). Quali sono i fattori chiave che hanno guidato la crescita aziendale?Investimenti significativi in Ricerca e Sviluppo attraverso 18 centri specializzati sia in Italia che all’estero e collaborazioni con prestigio-se università e istituti di ricerca scientifica e industriale, un percorso di internazionalizza-zione volto a intercettare nuove opportunità di crescita e allo stesso tempo a compensare la ciclicità del settore edilizio nei diversi Paesi. Un

ruolo chiave nel nostro sviluppo è stata la ca-pacità di crescere per linee esterne; negli ultimi vent’anni abbiamo acquisito più di 20 società con l’obiettivo di integrarci a monte e velocizza-re l’ingresso in nuovi mercati.

Come si è evoluta la governance per sostene-re la crescita?Premesso che è nostra abitudine salvaguardare il management locale anche in caso di acquisizione,

manteniamo una regia centrale con sistemi di reporting evoluti che tengono conto delle spe-cificità dei diversi Paesi ed ab-biamo un processo decisionale snello fortemente decentrato a livello locale coerentemente con le peculiarità dei singoli mercati.

Quali dovrebbero essere le priorità per le aziende italiane?Credo che nell’attuale contesto di mercato un’azienda che voglia crescere non possa non lavorare sull’eccellenza di prodotto, la presen-za internazionale e la continua innovazione. Sicuramente un’area di ulteriore potenziamento per tutti e per la nostra azienda è la capacità di sfruttare al meglio l’enorme patrimonio di informazioni e dati a propria disposizione, per supportare e accelerare il processo decisionale.

Intervista a Veronica SquinziGlobal Development Director di Mapei Group

Una leadership basata su crescita e flessibilità

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STRATEGIC AGILITY: COME CRESCERE E AVERE SUCCESSO IN UN MERCATO CHE CAMBIA

ferimento in un mercato che negli Stati Uniti ha superato, in valore, le vendite di bottiglie d’acqua sfiorando un fatturato di quasi 8 mi-liardi di dollari.Sviluppare processi di pianificazione strategica in grado di supportare le decisioni di go-verno della crescita sia sul business attuale sia su nuovi paesi/business “assorbendo” le migliori idee da una pipeline alimentata da tutti i livelli della struttura. Ad esempio Unilever, ha adottato un sistema di “Dyna-mic Strategic Planning” in grado di garan-tire forecasting puntuali sui business attuali, ma anche continuo scenario planning sulla valutazione del potenziale di nuovi busi-ness e sugli impatti sul modello attuale.

2. Capability di “attivazione” strategicaAttivare acquisizioni seriali per cogliere con rapidità le opportunità di mercato. Le acqui-sizioni di successo spesso avvengono verso player specialistici su cui far leva per comple-tare alcuni gap di portafoglio di business. Ad esempio il Gruppo LVMH ha avviato una serie di acquisizioni nel settore del lusso che hanno portato alla creazione di un polo del lusso a 360° (Wine & Spirits, Fashion, Profumi, Gioielli e Orologi); l’ultimo acquisto di rilievo è stato il brand Bulgari che ha permesso di completare il portafoglio di aziende del settore Gioielli e Oro-logi, ponendo le basi per future opportunità su questo segmento del Lusso ancora frammen-tato e meno “brand sensitive” rispetto a quello dell’abbigliamento e degli accessori.Far leva su partnership strategiche e joint ven-ture. Per poter entrare in un settore in cui sono necessarie diverse competenze specialistiche o investimenti elevati, il ricorso a partnership strategiche e joint venture è solitamente la so-luzione ottimale per accelerare il ritorno sull’in-vestimento. Nel settore Life Science (dove gli investimenti in ricerca e sviluppo sono estrema-mente elevati) il ricorso a joint venture è una prassi consolidata; ad esempio, di recente P&G e Teva hanno stipulato un accordo a livello eu-ropeo per la commercializzazione di farmaci da banco combinando le rispettive eccellenze (P&G nella gestione del brand e Teva nella pro-duzione).Creare modelli operativi “agili” caratterizzati da forte standardizzazione e accentramento delle

al proprio network e facilitando la creazione di un “ecosistema” promosso e gestito da Amex.

Le capability chiave della Strategic AgilityDall’analisi dei campioni di Strategic Agility è possibile individuare i tratti somatici di queste aziende leader:

Intuizione: ovvero capacità di capire l’evolu-zione dei trend e paradigmi competitivi,Anticipazione: ovvero prepararsi al cambia-mento per ridurne i costi e gli impatti,Reattività: ovvero velocità di reazione e crea-tività, producendo discontinuità di mercato piuttosto che subirla.

Crediamo che per acquisire queste caratteristiche occorra sviluppare 3 distinti set di capability:

1. Capability di orientamento e governo della “rotta e della variabilità”

Cogliere i trend di lungo termine. Fattore cri-tico di successo di un’azienda agile è la ca-pacità del management di sapere cogliere i trend ed i segnali deboli di clienti e consuma-tori; dalla corretta interpretazione di questi si possono anticipare i futuri assetti e capire quali saranno le regole del gioco che influen-zeranno e faranno emergere i nuovi bisogni di mercato. Ad esempio ICICI Bank, ana-lizzando il trend di “invecchiamento” della popolazione indiana ha lanciato prodotti di previdenza complementare in anticipo ri-spetto alla riforma del governo, garantendosi una posizione di leadership in un settore in forte espansione nel paese.Gestire il proprio business come un “portafo-glio di business”. Le aziende “agili” sono in grado non solo di estrarre valore dai busi-ness già in portafoglio, ma di individuarne di nuovi e più profittevoli su cui investire quando altri hanno raggiunto la fase di ma-turità dando così origine a nuove fonti di crescita profittevole. Ad esempio The Coca-Cola Company sfruttando il posizionamento di leadership nel settore delle bevande ha in-vestito con successo nel segmento in forte espansione degli energy drink con Monster Energy. L’azienda è ora uno dei player di ri-

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20 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

approfondimenti si faccia riferimento all’arti-colo sulla Operational Agility).

“Come” intuire e rispondere ai cambiamenti del mercato sfruttando le potenzialità degli Advanced Analytics al fine di dotarsi di stru-menti in grado di intercettare le tendenze e le azioni/reazioni dei competitor (per approfon-dimenti si faccia riferimento all’articolo sulla Market Agility).

“Come” integrare le attuali metriche di misu-razione della performance in coerenza con il contesto di maggiore incertezza e volatilità, ad esempio riducendo i cicli di pianificazione e potenziando le capability di risk management (per approfondimenti si faccia riferimento all’articolo sulla Financial Agility).

“Come” superare gli approcci top down e/o bot-tom up nell’esecuzione dei processi e attività aziendali in logica di continuo confronto e facili-tazione tra le strutture aziendali al fine di con-dividere opportunità e rischi di business (per approfondimenti si faccia riferimento all’arti-colo sulla Organizational Agility).

Eccellere nei mercati di oggi non significa svi-luppare tutte le capability sopra menzionate, ma individuare quelle chiave su cui puntare mante-nendo altresì coerenza con la storia, i valori, il po-

funzioni di supporto del business. Ad esempio, Santander ha completato l’acquisizione di Ab-bey in meno di un anno grazie alla capacità di accentrare tutte le operations in un unico polo impiegato come centro di eccellenze a livello europeo e un sistema informativo open source di ultima generazione.

3. Capability di “strategic execution”Rientrano in questo set le capability relative al

“come” rendere agile un’azienda che saranno ap-profondite in ciascuno degli articoli presenti in questo volume, ovvero:

“Come” assicurare rapide decisioni in grado di mobilitare risorse e capitali per seguire l’evo-luzione del business. Ciò passa attraverso lo sviluppo di una nuova generazione di leader in grado di garantire processi decisionali snelli e un rapido allineamento organizzativo (per ap-profondimenti si faccia riferimento all’articolo sulla Leadership Agility). “Come” creare un sistema di operations snello e flessibile in grado di stimolare processi di co-crezione con approccio “from Alpha to Beta testing”, ovvero sperimentare nuovi prodotti e servizi direttamente con i clienti per capire su quali prodotti investire e quali dismettere (per

Figura 6. Tipologia di azienda

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STRATEGIC AGILITY: COME CRESCERE E AVERE SUCCESSO IN UN MERCATO CHE CAMBIA

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SPECIALE ACCENTURE | 1-2.2013 21

sizionamento e le ambizioni di ciascuna azienda; la loro prioritizzazione ovviamente deve tenere conto del proprio posizionamento atteso: le di-mensioni “Geografia” ed “Ampiezza del portafo-glio” possono essere dei primi ed utili strumenti di orientamento. Le aziende “Value”, con leadership riconosciuta e posizionamento distintivo in un preciso seg-mento di mercato, devono sviluppare la capacità di cogliere i trend chiave e lanciare rapidamente prodotti altamente distintivi al fine di garantirsi vantaggi di differenziazione derivanti da forte specializzazione e innovatività. Le aziende

“Focus”, invece, per mantenere una forte lea-dership nei propri contesti nazionali o conti-nentali, devono sviluppare strategie di crescita inorganica efficaci e modelli operativi in grado di garantire rapidità di esecuzione ed efficienza. Infine, i “Diamond” dovranno essere capaci di ottimizzare la gestione del proprio portafoglio di business, individuando le “nuove scommesse per il futuro” mediante una leadership coesa e processi decisionali snelli e veloci (Figure 6 e 7).

ConclusioniStiamo assistendo a cambiamenti struttu-rali in quasi tutti i settori chiave della nostra

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Figura 7. Capability chiave a supporto per tipologia di aziendaSTRATEGIC AGILITY: COME CRESCERE E AVERE SUCCESSO IN UN MERCATO CHE CAMBIA

NOTE.1. FAST STRATEGY – Yves Doz & Mikko Kosonen – Whar-ton School Publishing2. Fortune “The World’s Most Admired Companies”. I criteri di valutazione includono: innovazione, mana-gement, investimenti a lungo termine, responsabilità sociale, abilità di attrarre sviluppare e mantenere per-sone talentuose, qualità dei prodotti e servizi, solidità finanziaria, gestione delle risorse aziendali, performan-ce a livello globale.

economia. Ciò impone che le aziende siano in grado di definire e allo stesso tempo cambiare rapidamente direzione strategica, adattando il proprio modello di business e le proprie aree di eccellenza coerentemente con il focus identifi-cato. Ci sentiamo, quindi, di suggerire la stra-tegia delle decisioni: è ora il “momento di fare delle scelte” e di evitare azioni di “emulazione” valorizzando gli elementi distintivi del proprio DNA: persone, modelli di business e capacità di innovazione.

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22 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

WWW.HBRITALIA.IT

Gli autori

Prima riga da sinistra:Matteo Agostini, Manager Strategy, Accenture Alberto Antonietti, Senior Executive, Strategy Lead, AccenturePietro Di Maria, Manager Strategy, Accenture

Seconda riga da sinistra:Andrea Fiorillo, Consultant Strategy, AccentureDanilo Mazzara, Senior Manager Strategy, Accenture

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PremessaA maggio 2011 il motore di ricerca Altavista ha abbandonato la scena ed ha iniziato lo shutdown del sito web. Eppure, la stessa Altavista, nel 1998 era leader del settore con oltre 13 milioni di ricer-che al giorno. Eccellenza tecnica ed essenzialità del servizio erano i fattori chiave su cui si fondava la strategia di Altavista; i suoi 800 dipendenti, quasi tutti di formazione ingegneristica, erano focalizzati sullo sviluppo di un motore che con-sentisse di individuare e visualizzare tutti i possi-bili risultati della ricerca. A seguito di numerose discussioni interne all’azienda e con il gruppo di investitori, culminate nel cambio del top ma-nagement, Altavista decise di evolvere verso il concetto di portale web multi-servizi. L’obiettivo era di competere con Yahoo! diversificandosi ri-spetto al proprio core business ed abbandonando lo stile essenziale che la caratterizzava rispetto ai concorrenti. Nello stesso periodo, a poca di-stanza dalla sede della stessa Altavista, operava

una start-up concorrente, con una cinquantina di dipendenti e due fondatori con idee molto chiare sulla direzione da prendere e su come orientare l’evoluzione del proprio business. Questa azienda si chiamava Google e proprio su eccellenza tec-nica, stile essenziale e focalizzazione sulla cu-stomer experience ha fondato il suo successo. La rapida ascesa di Google nei confronti di “incum-bent” come Altavista è emblematica di come una chiara guida da parte del leadership team possa fare la differenza, in particolare in settori dina-mici e volatili come quello del web search.Oggi più che mai viviamo in un contesto di cro-nica volatilità ed incertezza. Per vincere la sfida competitiva è essenziale essere in grado di anti-cipare i trend di mercato, accelerare il processo decisionale ed allineare, con agilità, l’intera orga-nizzazione alla strategia aziendale. In tal senso, vi sono alcuni fattori chiave che possono deter-minare la maggiore o minore efficacia dell’azione del management. Secondo un recente studio

di Mirko De Angelis, Andrea Gangheri, Diego Norzi, Vittorio Ragazzini e Marco Salera

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24 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

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Nel far questo, il vertice aziendale si trova a dover gestire ed ottimizzare alcuni “trade off”:

sviluppo della “vision” coerente con il posizio-namento attuale dell’azienda ma anche guar-dando al di là dei confini del proprio settore;abilità nell’intercettare in anticipo le disconti-nuità del contesto, traendone vantaggio, unita alla capacità di gestire l’azienda nel quotidiano;attenzione a cogliere le opportunità di mercato in ambito internazionale mantenendo leader-ship e forte radicamento sui mercati locali di origine.

Come accennato, vi sono alcuni elementi che fa-voriscono lo sviluppo di un processo decisionale realmente snello e veloce:

capacità di far leva sulla diversità di esperienza e prospettive del management per abilitare meccanismi di cross-fertilization come spinta innovativa, per favorire l’adozione di approcci

“non standard” ed una reale capacità di “as-sorbire le eccellenze esterne” (“lezioni di suc-cesso” di altri player o settori industriali);forte coesione del vertice aziendale, sia in fase di definizione delle linee guida strategiche sia di successiva “execution”;abilità nel dosare in modo agile vision strate-gica vs. pragmatismo ed intuizione vs. approc-cio analitico, al fine di indirizzare con successo le decisioni di cambiamento evolutivo e quelle legate alla gestione aziendale ordinaria.

La dimensione e la “complessità” aziendale sono sicuramente elementi determinanti: la forte con-divisione dell’idea alla base del progetto così come un alto livello di motivazione che caratte-rizzano le start-up di successo non sono elementi comuni in grandi realtà multinazionali. Eccel-lenze si trovano però anche in queste ultime:

Ikea e WalMart sono due multinazionali in cui strategie innovative e rapidità di deci-sione sono state storicamente applicate con successo da un management unito intorno all’imprenditore/fondatore della società, che ha saputo selezionare nel corso del tempo un team capace e legato all’azienda;Garanti Bank è diventata la banca Retail di ri-ferimento sul mercato turco per rapidità di in-novazione e leadership (in particolare in area digital). Tale risultato è stato raggiunto da un

Accenture, le aziende che hanno perseguito con successo percorsi di globalizzazione ripongono particolare attenzione verso:

diversità di esperienze e prospettive del leader-ship team (82% dei rispondenti vs. 72% delle imprese che hanno disatteso percorsi di glo-balizzazione);capacità di modulare la composizione del ma-nagement e lo stile di decision making (81% dei rispondenti vs. 43% delle imprese che hanno disatteso percorsi di globalizzazione);capacità di mobilitare rapidamente persone e capitali (rispettivamente 73% e 71% dei rispon-denti vs. 43% delle imprese che hanno disat-teso percorsi di globalizzazione).

Questi fattori concorrono a determinare il grado di Leadership Agility di un’azienda1, che può es-sere descritto da 3 dimensioni:1. Accelerazione del decision making: coesione

del leadership team e capacità di incorporare in modo flessibile il giusto mix di competenze e profili professionali. Tale attitudine permette di prendere rapidamente decisioni in linea con la vision aziendale garantendo al contempo il necessario adattamento alla volatilità del mer-cato;

2. Trasmissione del decision making: capacità di modulare con padronanza i differenti stili di leadership in funzione del contesto competi-tivo e della fase del ciclo di vita in cui si trova l’azienda al fine di migliorare la capacità di trasmissione delle decisioni all’intera organiz-zazione e di indirizzare la stessa verso la dire-zione prescelta;

3. Collaborazione a 360°: adozione di modelli or-ganizzativi e di relazione infra-aziendale che favoriscano la collaborazione tra le diverse aree e che stimolino innovazione ed “impren-ditorialità” nel middle management.

1. Accelerazione del decision makingIl primo pilastro per sviluppare una vera Leader-ship Agility è rappresentato dalla capacità del top management di prendere decisioni in modo snello e veloce, bilanciando vision di lungo periodo e tattica di breve termine.

SPECIALE ACCENTURE | 1-2.2013 25

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tipo autoritario – a volte anche “coercitivo” – con momenti di approccio più democratico (in parti-colare quando l’esigenza di far leva sulle compe-tenze chiave dei collaboratori richiedeva una forte cooperazione).Sheryl Sandberg, attuale COO di Facebook, ha recentemente ricordato come in Google (dove era responsabile mondiale di tutte le vendite on-line) applicava spesso uno stile di tipo democratico, basato sul coaching per valorizzare e stimolare i contributi di tutti gli elementi del suo team, spesso giovanissimi, favorendo innovazione e produttività sul lavoro.Uno dei “core asset” di General Electric, durante la leggendaria gestione di Jack Welch, era la capa-cità di selezionare e far crescere un management con qualità di leadership molto spiccate, in grado di muoversi con agilità da una divisione all’altra dell’azienda e di gestire con successo business diversi in contesti di mercato complessi ed ete-rogenei. Welch alternava uno stile di leadership autoritario ad una attività di coaching continua, fissando obiettivi molto sfidanti ma fornendo ai suoi manager anche gli strumenti concreti per raggiungerli.

3. Collaborazione a 360°La Leadership Agility richiede anche un approc-cio di tipo “inclusivo”, in cui i leader si pongono sempre più al centro di un network di manager fortemente orientato alla collaborazione e al ra-pido “team thinking”. Questo approccio “inclu-sivo” può aumentare la produttività, il time to market e la motivazione dei dipendenti, che si sentono parte attiva nell’evoluzione dell’azienda.L’adozione dell’approccio di “Collaborazione a 360°” richiede, oltre alla capacità di alternare i diversi stili di leadership descritti preceden-temente, anche alcuni elementi organizzativi e operativi che consentono di “accelerare” l’agilità dell’azienda nel suo complesso, allineandone la risposta e i comportamenti al decision making del vertice:

governance cross-business unit e modelli di rewarding della collaborazione;modelli operativi industrializzati per facilitare la conoscenza condivisa e il crowdsourcing;infrastruttura tecnologica.

In termini di Governance, l’introduzione di ruoli e strutture organizzative a presidio della “colla-borazione” aziendale aumenta il livello di agi-

top management abituato a lavorare insieme da anni, efficace nel prendere rapidamente decisioni portandole avanti in modo coerente fino all’execution, creando un vantaggio com-petitivo in un mercato bancario fortemente di-namico quale quello turco;In Amazon, Jeff Bezos, fondatore e CEO, ge-stisce l’azienda ottimizzando il trade-off tra vision e pragmatismo. La scelta strategica di perseguire una chiara “strategia a due binari” nel settore dell’editoria ne è un chiaro esem-pio. Da un lato, infatti, si è mosso in modo deciso verso la vendita di e-books, cosciente che questi rappresentano il futuro dell’edito-ria, ma ha continuato, dall’altro, a mantenere attenzione alla vendita dei libri in formato cartaceo, cosciente che questi continueranno ad essere protagonisti sul mercato ancora per diverso tempo.

2. Trasmissione del decision makingPrendere la decisione “giusta” in tempi rapidi non basta: la capacità di veicolarla verso l’organizza-zione, di motivare un team di collaboratori o di valorizzare le potenzialità di una risorsa chiave sono alcuni elementi che possono fare la diffe-renza sulle performance aziendali.Per poter “mettere a terra” le decisioni in modo efficace risulta fondamentale per il management saper dosare e passare agilmente da uno stile di leadership all’altro: essere “autoritari” fun-ziona in contesti di forte cambiamento quando è cruciale indicare una “vision” e una direzione netta, mentre uno stile “democratico”, che faccia leva su collaborazione e consenso risulta chiave quando le competenze necessarie sono distribuite tra molti attori; i manager devono inoltre saper rivestire il ruolo di “coach”, definendo obiettivi sfidanti per i propri collaboratori e sapendo poi delegare per “far crescere” le risorse, ed utilizzare un approccio “affiliativo”, quando si deve ripor-tare motivazione e armonia all’interno dei team di lavoro in momenti di forte impegno e stress.Alcuni grandi Leader hanno fatto della capacità di mixare questi approcci un vero e proprio fat-tore di successo della propria azienda.Steve Jobs, ad esempio, riusciva ad estrarre il massimo dai team di lavoro di Apple in termini di creatività e innovazione ma anche di rigore nell’esecuzione, alternando una leadership di

LEADERSHIP AGILITY: ALLINEARE L’ORGANIZZAZIONE ALLA STRATEGIA

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28 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

Nel mercato delle Telco, sempre più com-plesso e sfidante, essere dotati di una reale Leadership Agility diventa un fattore cruciale per differenziarsi dai concorrenti. Ci troviamo infatti ad operare in uno scenario di mercato caratterizzato da forte instabilità e dall’e-mergere di nuove oppor-tunità di crescita. Queste ultime sono vincolate allo sviluppo di prodotti e ser-vizi a maggior contenuto di innovazio ne, e alla necessi-tà di soddisfare le esigenze di un Cliente che fa dell’af-fidabilità e della semplicità un prerequisito.In tal senso, la Leadership Agility è una priorità e al contempo un “must have” per un’azienda come Vodafone Italia. I due cardini princi-pali su cui ci stiamo concentrando sono !la velocità dei processi decisionali e la ra-pidità di execution. Sul primo elemento siamo attivi da tempo con !iniziative quali: l’accountability dei manager, intesa come binomio “leve-responsabilità”, assegnando chiare responsabilità ai decisori e fornire loro gli strumenti per indirizzare l’organiz-zazione, la semplificazione dei principali pro cessi decisionali di direzione, attraverso la riduzione del numero di meeting e di step autorizzativi, infine l’adozione di un siste-ma coerente di “people management” che favorisca, tramite un sistema premiante, la semplificazione dei processi aziendali.Due anni fa abbiamo lanciato il Programma “Make it simple”. Ogni dipendente da allora può segnalare!processi ritenuti inutili o “poco lineari”. Entro!due!setti mane dalla segnalazio-ne,!il responsabile del programma !è tenuto a

declinarne gli obiettivi e a proporre eventuali spunti di miglioramento (in assenza dei quali, il processo viene “eliminato”). I risultati sono stati eccezionali: fino ad oggi sono pervenute 565 “idee di eliminazione” (43% nell’ultimo

anno) e di queste il 79% si sono trasformate in “deci-sioni di eliminazione” (64% nell’ultimo anno).Quanto alla rapidità di execution,!siamo intervenuti concretamente creando!un nuovo e dedicato canale di business!(“Process & Chan-nel Delivery Unit”), unifi-cando tutte le competenze coinvolte nel processo di realizzazione di un prodotto/servizio,!con l’obiettivo di

avere una chiara “accountability” personale e azien dale sul raggiungimento del risultato finale, di velocizzare il processo di realizza-zione di pro dotti/servizi (dalla definizione del concept al lancio sul mercato), nonché di presidiarne la fase di sviluppo al fine di garan-tire una customer experience “nativa mente” cross-canale.Ad esempio!per l’Offerta Relax dedicata a clien-ti sia Consumer sia Business con abbonamento abbiamo realizzato in tempi brevi un’offerta che coniuga elementi commerciali innovativi,!una esperienza Cliente!cross-canale avanzata,!re-gistrando un time-to-market inferiore!del 30% alla media di altre offerte analoghe.In conclusione!Vodafone investe e continuerà a investire!nel miglioramento della Leadership Agility, in quanto la riteniamo fattore chia-ve!per influenzare concretamente non solo le attività quotidiane dell’azienda, ma soprat-tutto la gestione di complessi programmi di trasformazione.

Intervista a Manlio Costantini Direttore Commercial Operations - Vodafone Italia

Leadership Agility per competere nelle Telco

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SPECIALE ACCENTURE | 1-2.2013 29

LEADERSHIP AGILITY: ALLINEARE L’ORGANIZZAZIONE ALLA STRATEGIA

Per migliorare la propria Leadership Agility un’a-zienda deve, innanzitutto, selezionare ed investire in figure manageriali che siano rappresentative di un’ampia varietà di competenze (anche prove-nienti da diversi settori) e, al contempo, in grado di coniugare vision strategica vs. pragmatismo e intuizione vs. approccio analitico.Lo stesso management deve essere poi in grado di trasmettere la decisione su tutta l’organizza-zione in modo “agile” alternando i diversi stili di leadership. Programmi di rotazione tra le diverse funzioni aziendali e/o unità geografiche, insieme all’inserimento mirato dall’esterno dell’azienda delle competenze “mancanti”, possono rafforzare la creazione di queste “leadership capabilities”.Infine, l’adozione di modelli organizzativi e di re-lazione infra-aziendale che facilitino la collabo-razione possono fare la differenza. Tale aspetto deve essere affiancato dall’introduzione di sistemi d’incentivi che valorizzino in modo “duale” sia il grado di coordinamento tra le diverse aree sia i contributi a livello individuale.Per poter perseguire una vera Leadership Agility, è necessario operare in modo “organico” secondo tre fasi chiave:

comprensione del momentum in cui si trova l’azienda e il settore (con particolare riferi-mento a posizionamento competitivo e trend evolutivi);diagnosi lungo le tre dimensioni della Leader-ship Agility al fine di identificare le aree chiave di miglioramento;evoluzione delle aree di miglioramento in cui l’azienda risulta più carente mettendo in atto quanto sopra descritto.

In sintesi, riteniamo che anche un elemento “soft/intangibile” come la leadership debba es-sere “aggredito” come tutti gli altri fattori che possono influenzare in modo determinante il successo di un’azienda. Nulla deve essere la-sciato al caso laddove organicità e coerenza di approccio possono fare la differenza.

lità dell’organizzazione. Alcuni player hanno adottato ad esempio il “Collaboration Council” che si occupa di gestire tutti gli ambiti della col-laborazione, dagli aspetti relativi alle Risorse Umane a quelli infrastrutturali (es. piattaforme di knowledge management).Modelli operativi di collaborazione, con il sup-porto di piattaforme di knowledge management e di crowdsourcing per interfacciare e coinvolgere direttamente i responsabili delle diverse business unit, consentono un accesso rapido alla condi-visione delle informazioni, riducono il tempo di decision making e aumentano il livello di inno-vazione:

Philippe Morris International si avvale di una piattaforma di collaborazione per ridurre il tempo speso nella ricerca/gestione delle infor-mazioni e per favorire la collaborazione tra i dipendenti;una banca americana, con il supporto di Ac-centure, ha completato recentemente una piattaforma di crowdsourcing per coinvolgere un panel di esperti aziendali provenienti da di-versi ruoli e funzioni, e farli interagire in ottica

“wiki” al fine di risolvere in modo innovativo criticità organizzative e commerciali, miglio-rando la customer experience;Pixar ha adottato un approccio distintivo per evolvere/migliorare le storie e i personaggi (es.: caratteristiche, aneddoti) attraverso il contri-buto sia dei membri del team sia dei dipen-denti di altre funzioni.

Collaborazione e cross-fertilization trovano larga applicazione anche nelle aziende che operano nei settori del web, facendo leva sulla diversità del background dei propri collaboratori e sulla loro diffusa abilità nell’innovare. Ogni dipendente di Google dedica il 20% del suo tempo a progetti indipendenti, sviluppando proprie idee. Negli ul-timi anni sono nati in questo modo servizi come GMail o Google News.

ConclusioniLa Leadership Agility può realmente rappresen-tare un elemento di vantaggio competitivo in con-testi, come quelli odierni, caratterizzati da forte volatilità e discontinuità, poiché consente di an-ticipare e rispondere velocemente ai mutamenti del mercato, allineando con “agilità” l’intera or-ganizzazione alle linee guida strategiche del top management.

NOTE.1. Intesa come la capacità di allineare con “agilità” l’intera organizzazione alle linee guida strategiche del top management, in funzione del contesto di mercato e delle condizioni interne, mobilitando con rapidità ed e!cacia le risorse e le competenze necessarie.

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30 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

WWW.HBRITALIA.IT

Gli autori

Prima riga da sinistra:Mirko De Angelis, Manager Strategy, AccentureAndrea Gangheri, Senior Manager Strategy, AccentureDiego Norzi, Manager Strategy, Accenture

Seconda riga da sinistra:Marco Salera, Senior Executive Strategy, AccentureVittorio Ragazzini, Senior Executive Strategy, Accenture

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1. Cos’è l’Organizational Agility?L’agilità è la “capacità di essere veloci e coordi-nati da un punto di vista psicomotorio”.In un contesto aziendale, l’agilità è l’integra-zione tra il saper riconoscere opportunità e mi-nacce legate al cambiamento – sia interne che esterne – e la capacità di adattarsi in modo tem-pestivo, conveniente ed ef ficace. L’Agilità Orga-nizzativa può essere ulteriormente declinata in 4 componenti che sono la capacità di Anticipare, Sentire, Rispondere e Adattarsi. Migliorare l’a-gilità organizzativa significa quindi sviluppare queste capacità.

AnticipareRappresenta l’abilità delle aziende nel creare un legame di valore tra la propria struttura or-ganizzativa e capitale umano da un lato e stra-tegie aziendali e mercato circostante dall’altro. Un’organizzazione agile deve saper prevedere quali saranno le competenze necessarie nel me-dio/lungo termine e pianificare le opportune azioni per colmare i gap individuati rispetto al parco talenti disponibile, gestendo sia i trend

di breve sia di lungo termine (come l’invecchia-mento dell’età lavorativa).

Il people insight è un elemento chiave della capacità di “anticipare”. Esso consiste nell’avviare programmi interni volti a co-noscere in modo approfondito le risorse in termini di competenze, performance, poten-ziale, ecc. Questo consente di confrontare tali caratteristiche con la pianificazione di lungo termine e individuare quali compe-tenze possono essere ricavate nell’ambito dell’organizzazione e quali invece vanno reperite all’esterno. Google, attraverso la creazione di un people analytics team, ha identificato “otto abitudini dei migliori Ma-nager di Google”, poi diffuse anche ai ma-nager low-performer, che hanno migliorato le proprie performance dell’85%.Anche il diversity management è uno stru-mento strategico per “anticipare” ed infatti assistiamo alla progressiva crescita dell’im-portanza di tale leva sempre più pervasiva del tessuto organizzativo. Infine la sostenibilità può contribuire all’a-gilità organizzativa: un’azienda sostenibile,

di Go!redo Amodio, Luca Collina, Andrea Frau, Stefano Trombetta e Danilo Troncarelli

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32 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

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considerare e preferire.: rappresenta la ca-

pacità di creare delle interconnessioni tra l’azienda e i suoi interlocutori esterni con l’obiettivo di sviluppare modelli produttivi open-source in grado di estendere il perime-tro a risorse e capacità presenti all’esterno dell’azienda (es. co-progettazione di pro-dotti, crowd innovation).

: conoscere le aspettative degli stakeholder (dipendenti, clienti, ONG, autorità, comunità, investi-tori) e coinvolgerli in iniziative di alto valore rappresenta una strategia fondamentale per consentire alle aziende di porsi in una di-mensione di ascolto del proprio contesto di riferimento.

RispondereAnticipare e Sentire sono le fondamenta dell’a-gilità; il Rispondere indica invece la capacità di metterla in pratica. Una volta identificate le caratteristiche attuali e attese della propria or-ganizzazione, e recepiti i suggerimenti interni ed esterni, è necessario infatti reagire mettendosi al

“servizio” dei propri dipendenti per lavorare me-glio e con maggiore motivazione.

infatti, deve aver fatto propri i concetti di collaborazione ed inclusione, attenzione ai cambiamenti, capacità di gestione delle questioni locali e dei temi internazionali nonché la capacità di azione immediata, contestualizzata in una strategia di lungo termine.

SentireÈ la capacità di un azienda di saper ascoltare e recepire messaggi e suggerimenti provenienti sia dal proprio interno sia dall’esterno (stakeholders engagement). Tra le principali leve che abilitano il “sentire” citiamo:

: diffondere e condi-videre in modo proattivo le conoscenze e le esperienze anche mediante l’utilizzo delle nuove tecnologie quali social networking, wiki, ecc.

: tutte le attività di mar-keting e di comunicazione che hanno l’o-biettivo primario di conquistare e fidelizzare i candidati di maggior talento, sottraendoli alla concorrenza, sia aumentando e/o consolidando la conoscenza della propria azienda, sia influenzando positivamente la reputazione dell’azienda come employer da

SPECIALE ACCENTURE | 1-2.2013 33

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Figura 1Reagire ai cambiamenti!"##

Siamo in grado di trasformare rapida-mente la nostra azienda per eseguire nuove strategie, servire nuovi mercati e nuovi clienti e fornire nuovi prodotti e servizi

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34 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

bientale e sociale dell’organizzazione. Un esempio in tal senso è la divisione World Manufacturing Excellence del Gruppo Fiat, che è stata artefice di molti recenti successi di miglioramento delle performance, come l’aver realizzato in soli 18 mesi nuovi im-pianti lean e aver ridotto in modo significa-tivo le emissioni.

: incrementare l’ac-cessibilità e la velocità della formazione tra-mite l’utilizzo delle nuove tecnologie (social network, ePortal) e l’applicazione di tecni-che di formazione dinamiche come il gaming (trasformare l’apprendimento in un gioco) o l’affiancamento sul campo (side-coaching).

della strut-tura costi ad esempio:

introduzione di strumenti di collabora-zione, come la telepresenza, in grado di ridurre i costi di viaggio e di favorire la condivisione di contenuti e idee; ottimizzazione dei costi delle facility me-diante la manutenzione predittiva e ge-stione automatizzata dei ticket, in modo da minimizzare i tempi di fermo degli as-set e delle facility associate; adozione di modelli di procurement risk ma-nagement che consentano di ottimizzare gli acquisti in base al profilo di rischio prescelto.

Da una ricerca Accenture condotta nel 2010 su un campione di Direttori del Personale di oltre 650 aziende, quasi la metà degli intervistati ha dichiarato di non essere fiducioso di poter mo-bilitare rapidamente le proprie risorse per ser-vire nuovi mercati e clienti, né di possedere la cultura necessaria per adattarsi rapidamente ai cambiamenti.Alcuni esempi di leve che possono essere utiliz-zate per “allenare” la capacità di Rispondere in modo agile sono:

1: gestire il capitale umano in ottica di marketing interno, considerando le risorse come clienti sui quali attuare una strategia di marketing personalizzata in fun-zione dei diversi segmenti di popolazione aziendale (ad esempio la possibilità di sce-gliere tra benefit di valore equivalente, il re-verse job-posting, il training personalizzato).

: consiste nella creazione di unità organizzative dove concentrare i mi-gliori talenti dell’azienda e mettere a fattor comune le best practice interne in termini di metodologie e strumenti. Tali unità diven-tano poli di eccellenza per l’innovazione di prodotto/processo, per la formazione del personale e la condivisione di conoscenza all’interno dell’azienda. Questo approccio consente anche di migliorare l’impatto am-

Il Facility Management ha per sua natura più di un punto di contatto con i principi della Organizational Agility e per molti versi si muove esattamente nella stessa direzione. La discipli-na, non a caso, nacque all’inizio degli anni ’80 negli Stati Uniti proprio per ripensare l’organiz-zazione delle aziende statunitensi all’insegna di una maggiore rapidità di risposta ai mutamenti del mercato. Per raggiungere questo obietti-vo, il Facility Management parte da un’attenta analisi sia delle esigenze interne all’azienda e di chi la vive quotidianamente, sia delle strategie di medio e lungo termine del Top Management. Il Facility Manager pertanto deve conoscere in maniera approfondita ogni aspetto presente e futuro della sua azienda e anticiparne le necessi-

tà. Deve, inoltre, gestire i servizi di supporto alle attività core dell’azienda, rivedendo i proces-si, eliminando ogni ridondanza e in generale alleggerendola di ogni attività non necessaria, in modo da far guadagnare all’organizzazione la massima flessibilità.Il risultato finale del suo operato è un ambien-te di lavoro che si adatta perfettamente alle esigenze di chi vi opera e allo stesso tempo alle strategie dell’azienda.

Cofely è la società dei servizi energetici di GDF SUEZ - leader europeo nel multi-servizio tecnologico, con un fatturato di 14,2 miliardi di euro nel 2011 e 77.200 dipendenti.

Direttore Polo Residenziale & Oil Cofley Italia S.p.A.; Presidente di IFMA Italia (international Facility Management Association)

Il Facility Management per l’Organizational Agility

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SPECIALE ACCENTURE | 1-2.2013 35

ne deriva un’organizzazione autoadattiva in grado di coltivare e impiegare al meglio i propri talenti, spostandoli più facilmente da un progetto/business/geografia ad un altro, a seconda delle esigenze di business.Lo studio Workforce of One di Accenture ha rivelato che persone con lo stesso ruolo in azienda spesso svolgono un lavoro com-pletamente diverso. Non sorprende, quindi,

AdattarsiL’adattabilità di un’azienda è la capacità di sa-persi riconfigurare, modificando le proprie strate-gie di lungo termine, a fronte di eventi esterni. Tra i principali abilitatori di questa capacità citiamo:

L’attivazione di organizzazioni basate sulle capability dove le attività vengono assegnate alle persone in base alle competenze di cui dispongono e non al ruolo che ricoprono;

BNL, società del Gruppo BNP Paribas, sesta banca italiana per total asset nel 2011, ha lan-ciato un’interessante iniziativa per la gestione del “mercato interno del lavoro” per offrire ul-teriori opportunità di sviluppo alle risorse, con l’attivazione di una “Officina delle Opportunità”.

Si tratta di un’iniziativa con una mission preci-sa: governare attivamente e virtuosamente la mobilità per ottimizzare le attività di gestione dei fabbisogni derivanti dal turnover naturale e dai progetti di sviluppo e dei sovradimensio-namenti, attraverso un modello che permette di identificare nuovi impieghi utili attivando le capacità imprenditoriali della Banca, scommet-tendo sulle energie nascoste delle persone e realizzando un patto “flessibilità vs sicurezza” con i lavoratori.

A questo scopo, l’Officina Opportunità ha sviluppato e attivato le seguenti componenti chiave:

!" Screening (know your people): per acqui-sire maggior consapevolezza sulle risorse disponibili;

!" Laboratorio impieghi: rappresenta lo “sforzo creativo” necessario per creare anche im-pieghi “ad hoc” e temporanei, garantendo un costante monitoraggio delle esigenze del business e dell’allocazione degli esuberi, anticipando anche le nuove professionalità emergenti sul mercato;

!" Job placement: realizzazione dell’incontro fra domanda e offerta, sia in logica struttura-le/ di lungo periodo, sia in logica temporanea consentendo alla Banca di ridurre il ricorso al mercato esterno e garantendo una doppia funzione sia di governo della mobilità sia di Interim Agency;

!" Second life academy: disegno di iniziative di formazione personalizzate e flessibili basati

su un mix formativo di interventi e alta fo-calizzazione sull’aspetto motivazionale (es.: energia, coaching), a garanzia del successo del processo di riqualificazione della risorsa;

!" Follow-up: monitoraggio del successo degli spostamenti effettuati e azioni correttive/ fine-tuning, tramite raccolta feedback delle singole risorse riallocate e degli uffici rice-venti.

Fra i fattori critici di successo di questa “mac-china”, è possibile individuare:

!" La governance della struttura e dei rispettivi processi, a garanzia di un costante coordi-namento delle molteplici unità organizzative coinvolte (es.: unità fornitrici e richieden-ti risorse e le funzioni di formazione) e delle singole risorse mobilitate. Realizzata attraverso un Team dedicato, denominato “Mobility Center”, con persone di Direzione Centrale e di Rete esperte di Risorse Umane e di Business;

!" La disponibiltà di tool a supporto dei proces-si tipici della “factory” (es.: canali strutturati per ricezione/ censimento fabbisogni, siste-mi di HR balance, tool analitici di profilazio-ne e segmentazione delle risorse);

!" L’attivazione di una coerente comunicazione e di un appropriato “requalification marke-ting” interno, a supporto della diffusione nella cultura aziendale di una concezione positiva della mobilità e del cambiamento quali fattori di motivazione e crescita.

Dall’applicazione di questo modello sono stati riscontrati benefici in termini di costi (es. copertura dei fabbisogni), ricavi (es. le risorse impegnate su nuove iniziative di business che hanno contribuito all’incremento delle perfor-mance) e soddisfazione delle persone (migliora-mento della percezione della mobilità interna).

BNL: o!cina opportunità ORGANIZATIONAL AGILITY: COGLIERE L’OPPORTUNITÀ PER SOSTENERE LA CRESCITA

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36 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

Figura 2Standard Chartered VS competitors: di!erenziale di performance

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le giuste decisioni, reagendo quindi meglio e più in fretta alle opportunità e alle sfide. Tale capacità permette di ottenere due risultati fondamentali:

Innanzitutto, le aziende mostrano una mag-giore resilienza verso gli shock di mercato e possono continuare ad operare con suc-cesso: un obiettivo importante in un con-testo di mercato in cui la vita media delle aziende del S&P 500 è scesa vertiginosa-mente da 61 anni degli anni ’60 a 18 anni ai giorni nostri2. Le aziende leader in termini di Organiza-tional Agility tipicamente presentano an-che performance economiche superiori ai competitor, soprattutto in termini di mar-ginalità operativa. Diversi studi hanno già evidenziato l’impatto economico generato dagli abilitatori dell’agilità organizzativa. Ad esempio il ROE e l’EBIT margin nelle aziende che includono donne nelle loro exe-cutive commitee, sono mediamente supe-riori del 41% e 56% rispetto alle aziende che non hanno saputo valorizzare le capacità della propria workforce femminile.

Prendiamo ora in considerazione due player ca-ratterizzati da un elevato livello di Organizatio-

che molte società internazionali, come Mi-crosoft, Capital One e Google, abbiamo deciso di creare organizzazioni basate sulle competenze al fine di avere un modello di gestione dei talenti più agile e flessibile.Mobility e riqualificazione: gestione strut-turata della “migrazione” della forza lavoro aziendale, o parte di essa, verso i nuovi ruoli e le nuove competenze richieste per essere competitivi sul mercato. Per affron-tare con agilità i cambiamenti del mercato, le organizzazioni dovrebbero dotarsi di Re-qualification Factories, ovvero di strutture aziendali che identifichino le persone che potranno coprire i nuovi ruoli in modo tem-pestivo ed efficiente, seguendo un adeguato percorso di riqualificazione professionale.

2. Perché è importante l’Organizational Agility?Definito il concetto di Organizational Agility, è ora importante evidenziare quanto esso sia un elemento indispensabile per le aziende che devono operare in uno scenario in continua evoluzione. Infatti, le aziende leader in termini di Organiza-tional Agility sono capaci di prendere velocemente

Fonte: Elaborazione Accenture 2012

EBIT su ricavi (%)

Standard

Chartered

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SPECIALE ACCENTURE | 1-2.2013 37

Figura 3Italian agility dilemma

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Carente supporto alla ricerca6(nessuna università italiana nelle top 100)A

…terra di talenti6(Oltre 750 pubblicazioni ogni 1.000 ricercatori vs 500 in Europa)

Burocrazia “asfissiante”6(costo medio pari a ! 4.500 per abitante vs. ! 3.300 in Europa)A

…con punte di eccellenza spesso ignote6(il processo di autorizzazione per un impianto eolico è di circa 1,5 anni vs

3,5 in Europa)

Ultimi nella “diverstity”6(meno del 5% dei top manager Italiani è donna)A

……primi nelle imprese familiari

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…una delle nazioni .53,-:,<6>=@569-6E0-9<,F6>599-6@<,-6G69-6?<H6<:@<><-,-65 dove

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Figura 4I limiti di una gestione agile in Italia

“diversity”

Fonte: Elaborazione Accenture 2012 da dati Eurostat

Fonte: Elaborazione Accenture 2012 da dati Eurostat

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38 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

Finmeccanica è il primo gruppo industriale ita-liano nel settore dell’alta tecnologia e tra i primi dieci player mondiali nell’Aerospazio, Difesa e Sicurezza. Finmeccanica è un gruppo multinazio-nale e multiculturale con oltre 68.000 dipen-denti presente con asset produttivi in Italia, Stati Uniti, Regno Unito e Polonia ed operante in circa 50 Paesi nei 5 continenti.

Le sfide del contesto in cui Finmeccanica opera, quali la ricerca continua dell’eccellenza tecnolo-

gica per conqui-stare e mantenere la leadership di mercato, la pro-gressiva riduzione dei budget della Difesa nei mercati domestici e il per-seguimento delle migliori oppor-tunità in mercati non tradiziona-

li, l’applicazione duale delle tecnologie della difesa nel settore civile, le smart technologies a sostegno della sostenibilità, impongono di fatto rapidità e flessibilità nell’anticipare i fenomeni e nel sapersi rapidamente adattare alle trasforma-zioni in atto.

A tale scopo Finmeccanica ha sviluppato un approccio iterativo per affrontare i cambiamenti in atto e gestire l’incertezza, cercando il miglior compromesso tra velocità di risposta e effica-cia della stessa. Ciò ha richiesto di comunicare con chiarezza gli obiettivi prioritari attraverso i diversi livelli gerarchici, favorire la diffusione di una cultura aziendale che sostenga il riconosci-mento delle persone di talento e dei talenti delle persone, adottare organizzazioni project-based con strutture dinamiche e flessibili cercando al tempo stesso di accorciare i processi decisiona-li, attuare una gestione condivisa e collaborativa della conoscenza e, infine, rafforzare le com-petenze core , misurando in modo strutturato e continuativo il raggiungimento dei risultati.

Una recente iniziativa con cui Risorse Umane Corporate sta cercando di rendere più agile l’or-ganizzazione all’interno del Gruppo è il Progetto FCMS (Finmeccanica Competence Management System) attraverso il quale sono supportati i processi di pianificazione quali-quantitativa delle competenze chiave per il Gruppo eviden-ziando sia le esigenze/disponibilità attuali che i requisiti futuri.

Il processo prevede 4 passi fondamentali: il primo è la de-finizione di un framework condi-viso sui processi/attività in ambito, successivamente vengono indi-viduati i princi-pali macro-ruoli professionali che operano sui processi definiti e sono descritte le competenze core sia presenti che future necessarie per ogni ruolo e livello di maturità professionale. Grazie a processi lean di assessment (web-based) è possibile identificare i principali gap ed attuare i necessari interventi di sviluppo e formazione delle risorse. A valle degli interventi viene misurata l’applicazione delle best practice diffuse e vengono identificare le ulteriori aree di possibile miglioramento sui processi. Il modello, chiamato “Finmeccanica Way to…” è stato applicato a Program Mana-gement e Supply Chain, mentre è in corso di deployment su Engineering, Manufacturing, Service, Field Operations, Marketing Business Development & Sales.

Di fatto l’agilità diventa il risultato dell’integra-zione tra l’attenzione al cambiamento, valutando le sfide ma anche le opportunità che offre, e la capacità proattiva dell’organizzazione di utilizza-re al meglio le risorse disponibili per rispondere in modo tempestivo, flessibile ed efficiente alle esigenze.

SVP HR Development and Education in Finmeccanica e , VP Knowledge Management in Finmeccanica.

La Organizational Agility in Finmeccanica

Asia, Africa e Medio Oriente. Attualmente conta 87.000 dipendenti, di 130 nazioni; le donne rap-presentano quasi la metà della forza lavoro.La scelta di valorizzare e gestire virtuosamente la diversity di genere della propria workforce è un interessante esempio di di come una piena

nal Agility: Standard Chartered e Starbucks.

Standard CharteredStandard Chartered è una banca inglese che opera da 150 anni nei mercati più dinamici del mondo, con il 90% dei profitti provenienti da

Francesco Mantovani Davide Amabile

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LEADERSHIP AGILITY: COME ALLINEARE CON “AGILITÀ” L’INTERA ORGANIZZAZIONE ALLE LINEE GUIDA STRATEGICHE, MOBILITANDO RISORSE E COMPETENZE

SPECIALE ACCENTURE | 1-2.2013 39

mente radicati. Ulteriori limiti nella prospettiva della gestione agile di un’organizzazione in Italia sono la sto-rica rigidità del mercato del lavoro, e l’elevato costo del lavoro, come evidenziato nella Figura 4.

3. ConclusioniI tempi che vivivamo sono difficili ma hanno an-che il grande pregio di facilitare una forte presa di coscienza e consapevolezza dei punti di forza, così come di quelli di debolezza, questo porta le aziende a correggere la “rotta” e demolire i falsi miti. Crescere con agilità e mantenerla nel tempo è la vera formula a cui dovremmo puntare. Le nostre imprese dovranno adeguare le proprie strutture organizzative e i sistemi a supporto, così da di-venire sempre più capaci di anticipare i cambia-menti, identificare i trend rilevanti, rispondere prontamente alle sfide di mercato e adattarsi ai nuovi equilibri.L’agilità è un requisito irrinunciabile di questi tempi e sarà ancora più importante in futuro. Come tanti casi aziendali insegnano, essa è fortemente basata sulla promozione della “me-ritocrazia”, l’attitudine a creare e seguire regole di comportamento intelligenti e sostenibili e a creare professionalità allineate alle necessità di mercato.

1. Susan M. Cantrell e David Smith, (Accenture), Work-force of One, Harvard Business Press, 2010.2. Creative Destruction Whips through Corporate Ameri-ca, Richard Foster 2012, Yale.3. Le aziende selezionate sono comparabili in termini dimensionali, mercati di sbocco e tassi di crescita, in modo da isolare delta performance dovuti a fattori diversi.

conoscenza e analisi della propria popolazione lavorativa rispecchi la volontà di capire la pro-pria base clienti in tutto il mondo. Standard Chartered è un esempio di come “riflettere” la diversity nella propria forza lavoro consenta di esprimere un’atteggiamento di apertura costante verso il cliente.

StarbucksStarbucks, con un fatturato di quasi 12 miliardi di dollari, una rete di circa 16.000 punti vendita in 44 paesi è da sempre apprezzata per il suo approccio sostenibile al business: dall’atten-zione alle comunità locali al sourcing etico, fino alla gestione dell’organizzazione e delle risorse umane.Starbucks è dunque un caso interessante di agi-lità organizzativa tramite il rafforzamento e lo sviluppo di pratiche innovative nel workforce planning (anticipare). Il gruppo ha da pochi anni attivato un team global con processi con-sulenziali e strumenti specifici, che ha come missione “comprendere, analizzare e gestire la forza lavoro attuale e futura, per aiutare Star-bucks a raggiungere e superare i propri obiettivi strategici”. Se confrontiamo le performance di queste aziende con i rispettivi concorrenti, emerge un evidente differenziale, come evidenziato dalla Figura 2.Il differenziale relativo ai valori dell’asse X te-stimonia come le aziende organizzativamente agili siano riuscite a crescere e a svilupparsi in modo costante negli ultimi 5 anni, individuando continuamente nuove opportunità di mercato e resistendo alla volatilità dei mercati internazio-nali. Allo stesso tempo, il differenziale sull’asse Y evidenzia come le aziende organizzativamente agili abbiano anche ottenuto marginalità opera-tive mediamente superiori ai peers negli ultimi 3 anni3. Non esistono ricette universali, ma è evidente che anche le aziende italiane possono costruire e adattare l’esperienza sviluppata da grandi player internazionali alle proprie necessità e specificità. In questa prospettiva, il contesto italiano pre-senta un apparente paradosso, in cui coesistono da un lato un’agilità quasi innata (si pensi al si-stema industriale frammentato e alle eccellenze diffuse) e, dall’altro, una rigidità ed un insieme di vincoli e resistenza al cambiamento estrema-

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40 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

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Gli autori

Prima riga da sinistra:Go!redo Amodio, Senior Manager Strategy, AccentureLuca Collina, Manager Talent&Organization, AccentureAndrea Frau, Manager Strategy, Accenture

Seconda riga da sinistra:Danilo Troncarelli, Senior Executive Strategy, AccentureStefano Trombetta, Senior Executive, Talent&Organization Lead, Accenture

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di Stefano Carrino, Pierpaolo Cazzola, Amato Della Vecchia, Fabrizio Sarrocco, Gionata Tedeschi e Ambrogio Terrizzano

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Affrontare il mercato senza farsi sommergere dalle “onde anomale” dei cambiamenti è forse la principale preoccupazione di chi sul mercato compete giorno dopo giorno. Cavalcare “l’onda anomala“ per conquistare vantaggio competi-tivo è invece la vera sfida per chi ha compreso la reale opportunità nascosta dietro questa evolu-zione continua. Il mercato impone l’imperativo del movimento continuo, della flessibilità e dell’agilità; ma cosa vuol dire per un’azienda moderna essere “agile”? E’ applicabile il concetto di “agilità” alle aziende, sapendo che è inevitabile una fisiologica rigidità interna? Essere agili da un punto di vista di mercato significa saper percepire e rispondere ai mutamenti più rapidamente e con maggiore efficacia rispetto ai competitor; analizzare le condizioni di mercato, individuare trend e di-scontinuità nei comportamenti dei consumatori, nelle scelte strategiche dei competitor, negli svi-

luppi micro e macro economici.L’agilità di mercato (Market Agility) rappresenta quindi la capacità di identificare tali dinamiche e adattare di conseguenza business e organizza-zione. Un elemento che assume un peso sempre più preponderante nell’esigenza di pressoché tutte le imprese a virare verso un modello agile è da ricondurre al mutamento del consuma-tore. Le imprese che si relazionano con i propri clienti devono essere infatti in grado di adattarsi a bisogni sempre più sofisticati ed esigenti, ri-pensando il modello di relazione con i clienti in logica di customer centricity.Se infatti la primaria necessità del cliente fino ad oggi era un crescente fabbisogno informa-tivo a cui accedere flessibilmente, al cliente di oggi questo non basta e basterà sempre meno al cliente di domani.Il cliente dà per scontata l’accessibilità alle infor-mazioni in ogni momento e in maniera flessibile,

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First, Leveraging Analytics to engage with Cu-stomers” redatto in collaborazione con EFMA), Accenture ha evidenziato come istituti finanziari con modelli di Marketing Analytics riescano a condurre, a parità di costo, iniziative commer-ciali di maggior successo con tassi di risposta fino al 10-15% per le metodologie più avanzate, risultato considerevole rispetto alle metodologie tradizionali.

Le spinte verso la Market Agility: il nuovo consumatore La Market Agility nasce da una duplice spinta, lato mercato e lato cliente. Da un punto di vi-sta di mercato, i progressi tecnologici (specie in ambito digitale) e ritmi di vita sempre più

“pressanti” hanno portato ad un rimodellamento delle forze in gioco. Diventa dunque indispen-sabile non solo per lo sviluppo, ma anche per la sopravvivenza del proprio business, innovarsi e re-inventare con rapidità la propria azienda. Le difficoltà affrontate da colossi come Blockbuster, leader di settore fino a pochi anni fa, dimostrano quanto sia fondamentale anticipare e cogliere

per effetto di abitudini di consumo fortemente condizionate dalle tecnologie digital e dalla faci-lità di accesso che queste comportano.L’ambizione implicita è quella di prodotti e servizi in grado di incontrare perfettamente i “desiderata” ovunque e in qualunque momento: il cliente non accede più semplicemente al canale distributivo, ma ci vive dentro, si confronta costantemente con le aziende, con chi ha avuto esperienze simili o con chi ha gli stessi bisogni. La comunicazione diventa facile ed assume una dimensione “molti a molti”, dove il concetto di “molti” può esplodere fino ad un numero indefinito.In questo scenario, la Market Agility diventa una competenza indispensabile per rispondere in modo efficace a così tante forze ed attori in movimento. L’obiettivo diventa percepire, an-ticipare, rispondere e adattarsi agli stimoli esterni in meno tempo e secondo più dimen-sioni, affinando le capacità di analisi avanzata del mercato e di individuazione dei cambiamenti comportamentali (es: capacità di analytics). Su questo tema, nel corso di una recente ana-lisi su più di 160 istituzioni finanziarie (“Insight

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Perché la Market Agility - !"#$%&'("#)*(+#,+'$-.*(+/"

Ha poco tempo!"#!ha bisogno!$%!&'&&%!%!dettagli

Il Clientedi oggi

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Le spinte lato consumatore

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Le regole d!oro della Market Agility

Avere una cultura dell!ascolto

MarketAgility

Essere inclini al cambiamentoDare forma al

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Il mercato italiano è poi caratterizzato dal di-lagante utilizzo di strumenti mobile (gli accessi in rete attraverso smartphone sono destinati a superare quelli da postazioni fisse già dal 2013), fenomeno che vede il nostro Paese al primo po-sto in Europa, con 22 milioni di smartphone e 9 milioni di tablet. Il cliente digitale diventa l’espressione di un nuovo modello di consumo, dove processi di ac-quisizione e produzione di informazioni si fon-dono e la mobilità spazza via i confini tra canali remoti e fisici. In questo modo, la capacità di in-dirizzare e influenzare l’attenzione del consuma-tore si alimenta all’interno delle nuove comunità. Nel mondo finanziario, American Express ha saputo sfruttare i canali social per far crescere il proprio business, creando pagine e account de-dicati su Facebook, Twitter e Youtube, e dando vita a community virtuali (oltre 250 mila carte collegate al profilo Facebook attraverso la App

“Link, like, love”) target di iniziative mirate. American Express ha saputo anche servire il mercato B2B offrendo sevizi integrati con i so-cial network (es. gestione di e-coupon) fino ad arrivare a complesse marketing suite per capita-lizzare le opportunità offerte dal social. La portoghese BCP, prima Banca non statale del Paese, ha dedicato ai suoi clienti un portale web nel quale mette a disposizione beni e ser-vizi non finanziari acquistabili tramite finan-ziamenti. In questo modo, annunci di vendita e informazioni su fisco, immobili, auto, viaggi e salute generano occasioni di contatto tra do-manda e offerta ovunque e in tempo reale (es. il cliente consulta gli annunci di vendita case e contestualmente sottopone una richiesta di mutuo, simulando importo fino a poter perfe-zionare anche l’acquisto).

3. E’ attento al brand ma è a caccia dell’occa-sioneIl paradigma comunicativo che vuole il con-sumatore oggetto di messaggi promozionali viene smontato dai recenti trend di mercato: l’acquisto non nasce più solo da un’esigenza ma anche dall’emergere di opportunità che ve-dono il consumatore alla costante ricerca di occasioni di acquisto.Comparatori di prezzo che identificano lo store online più vantaggioso e gruppi di ac-quisto online rappresentano esperienze di

l’onda del cambiamento soprattutto su leve stra-tegiche quali la distibuzione e il marketing. Mettere a fuoco le spinte alla Market Agility, si-gnifica soprattutto identificare i cambiamenti occorsi al profilo del consumatore. Accenture, in una recente ricerca, ha tracciato un profilo del consumatore che si articola attorno a 5 caratte-ristiche principali.1. Ha poco tempo ma ha bisogno di tutti i dettagliIl Consumatore richiede informazioni complete, chiare ed accurate. Tuttavia, vuole investire poco tempo per finalizzare l’acquisto, in quanto gli impegni della quotidianità limitano il tempo di-sponibile per la ricerca delle informazioni. Glossybox, società del gruppo Rocket Internet (già fondatore di Groupon), ha creato un busi-ness model che consente ai propri abbonati di ricevere a domicilio prodotti dell’alta cosmetica customizzati sui gusti del consumatore. Crédit Agricole ha abilitato i propri clienti all’ac-quisto via telefono/web di prodotti assistenziali differenti da quelli “core” (es. baby sitting, giar-dinaggio, assistenza agli anziani,...) e a riceverli comodamente a casa. I risultati parlano di un’e-sperienza di successo: 70% di clienti interessati e una quota del mercato attesa del 10% in 5 anni. Tesco, retailer inglese, ha lanciato in Corea un wall interattivo, ovvero un semplice poster che, affisso nelle stazioni metro, riproduce gli scaf-fali di un supermercato. Nei tempi di attesa e attraverso un’applicazione mobile, i clienti pos-sono acquistare e ricevere la spesa direttamente a casa. In pochi mesi, l’iniziativa ha portato ad un aumento degli utenti del 76% e delle vendite online del 130% nel 2011.

2. E’ legato al concetto di negozio ma vuole ac-cedervi quando e ovunque possaLe tecnologie digital hanno creato “nuove piazze” in cui le persone si confrontano, con-dizionano le opinioni altrui e si aggiornano in tempo reale. Gli italiani in Facebook superano i 22 milioni, cifra che rappresenta circa l’80% di tutti gli utenti internet, con un impatto su am-pie fasce anagrafiche, visto che 3 persone su 4 hanno più di 30 anni. In questo contesto, il consumatore si relaziona con le aziende attraverso il canale preferito, uti-lizzando spesso in maniera combinata gli stessi: 1 persona su 5, infatti, effettua ricerche sul web prima di acquistare.

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MARKET AGILITY: IMPERATIVO PER LE IMPRESE ORIENTATE AL NUOVO CONSUMATORE

SPECIALE ACCENTURE | 1-2.2013 45

5. Vuole risparmiare ma presta attenzione alla sostenibilità ambientale e alla credibilità delle aziendeParallelamente alle tendenze descritte, si sta sviluppando una crescente coscienza sociale ed ambientale. Un numero sempre più significativo di consumatori giudica le aziende anche in fun-zione di comportamenti etici, identificandole come “partner” per il proprio futuro. Seppur tale tendenza non rappresenti ancora un trend consolidato, il futuro vedrà sempre più la coesi-stenza di logiche di profitto con una “coscienza e responsabilità” per l’economia sostenibile. In questo contesto, gli ecosistemi rappresentano anche opportunità come dimostrato dalla cre-scita degli investimenti in energie rinnovabili (+15% tra il 2009 e il 2012E) e nei trasporti (+260% di auto ecologiche vendute in Italia nel primo semestre 2009, con una quota di mercato del 17,5%).

Le regole d’oro della Market AgilityPer rispondere agli imperativi della Market Agi-lity e sfruttare le evoluzioni in atto, è necessario mettere al centro il rapporto con il cliente e raf-forzare la cultura dell’ascolto nonché la capacità

successo nell’associare al coinvolgimento un senso di urgenza (offerta a periodo limitato) e di partecipazione (indicazione del numero di aderenti). Risparmiosuper.it, start up italiana con più di 180.000 utenti, nasce appunto con l’obiettivo di facilitare la spesa comparando prezzi e suggerendo il supermercato più con-veniente.

4. Segue le tendenze ma vuole differenziarsiNonostante la tendenza alla standardizzazione, il consumatore si mostra deciso ad affermare la propria identità. In questo senso le aziende stanno evolvendo la catena del valore per fornire prodotti e servizi unici, sviluppati in collabora-zione con la clientela.Alcune aziende hanno compreso l’importanza del passaparola virtuale che spinge a considerare gli influencer il vero target della comunicazione. Esem-pio emblematico di questa nuova modalità d’inte-razione è il crowd-sourcing (co-creazione) in cui il consumatore viene coinvolto nella definizione di nuovi prodotti. All Public Clothing consente a tutti gli utenti di partecipare al processo di creazione de-gli abiti; Adidas e Nike di personalizzare le scarpe online; Ikea, attraverso Facebook, di personalizzare la propria stanza, creando la “camera ideale”.

Perché la Market Agility - !"#$%&'("#)*(+#,+'$-.*(+/"

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Il Clientedi oggi

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Le spinte lato consumatore

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# caccia dell!occasione

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Le regole d!oro della Market Agility

Avere una cultura dell!ascolto

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Le regole d’oro della Market Agility

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46 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

Il concetto di Market Agility richiama, nell’im-maginario manageriale, settori di business nei quali la centralità del cliente è l’elemento gui-da delle scelte strategiche, dove i processi sono snelli ed efficienti e l’adattamento alle mutevoli esigenze del cliente avviene in tempi rapidissi-mi.

Credo che a pochi venga in mente di associa-re questo concetto al settore assicurativo, un mondo cresciuto all’ombra di un prodotto “ob-bligatorio” per legge (la polizza RC Auto), che per molti anni è stato gestito con una tariffa re-golamentata e che, ancora oggi, trae dal mondo dell’auto oltre il 50% dei propri ricavi. Eppure, mai come nell’attuale momento di dif-ficoltà, si offre l’opportunità per un riposiziona-mento dell’immagine degli assicuratori, a con-dizione che si sappia guardare oltre le pareti dei nostri uffici:

1. Ascoltare i clienti: il settore assicurativo è fortemente autoreferenzia-to. L’attenzione prestata nel tempo a dimensioni diverse dai bisogni del mercato ha portato i portafogli d’offer-ta a dimensioni ipertrofiche, dovendo poi mantenere e ge-stire per anni anche prodotti acquistati da non più di qual-che decina di clienti. Essere agili richiede necessariamen-te gamme d’offerta ristrette, un livello di servizio eccellente e la capacità di far evolvere il prodotto nel tempo, rece-pendo i messaggi che i clienti ci danno…e ce ne danno tantissimi, basta saperli cogliere! Gli assicuratori più evoluti li possono inter-cettare attraverso i Social Networks, i più fortunati (e sono pochi) attraverso la distilla-zione dei CRM, i più pratici ascoltando Focus Group o semplicemente parlando con i clienti al punto di vendita. Comunque vada, l’ascol-to del cliente non può più essere ignorato o delegato agli intermediari.

2. Passare da una logica “denaro contro de-

naro” a una “denaro contro servizio”: i clienti oggi hanno vite complicate e ansie as-sortite: molto più di un sinistro pagato dopo qualche mese, apprezzano chi li supporta nel momento in cui devono affrontare il proble-ma, che per lo più non è una catastrofe, ma una situazione non abituale che richiede pra-ticità e tempo. Un’assicurazione conquista la fidelizzazione dei propri clienti non con una tariffa più bassa, ma con un’organizzazione impeccabile che guidi il cliente passo dopo passo nella soluzione del problema e gli met-ta a disposizione la carrozzeria, l’artigiano o la clinica: la risposta all’evento imprevisto.

3. Diventare interoperabili: il settore assi-curativo è stato innovatore nel proporre la multicanalità, grazie alla possibilità di quotare e acquistare polizze auto anche via telefono e web. Da allora (e sono passati molti anni) i clienti hanno imparato a trova-re la risposta alle proprie esigenze di infor-

mazione, acquisto e gestione, sul canale che - di volta in volta - massimizza il valore, secondo la loro percezione. Ciononostante, ancora oggi, il settore assicurativo vede perlopiù i clienti come appar-tenenti a un silos: se sei un utente web, il canale fisico ti è precluso; se sei cliente di un’a-genzia, tutt’al più puoi avere su Internet una fotografia del

tuo portafoglio polizze, ma operarci… non se ne parla! Farsi percepire come agili richiede, in sintesi, che non si tarpi la flessibilità del cliente, che non lo si costringa a comporta-menti “forzati” pretendendo di interpretare quello che per lui ha più o meno valore.

Riappropriarsi della conoscenza del cliente, concepire i prodotti e il servizio in funzione di ciò che il mercato chiede ed è disposto a paga-re: concetti ovvii, certo, ma dopo anni di sofi-sticate strategie (delle quali non sempre i conti economici hanno beneficiato), un po’ di sempli-cità non potrà che aiutare…

di Alessandro ScarfòAmministratore Delegato di Intesa Sanpaolo Assicura

La Market Agility nelle assicurazioni: un obiettivo impossibile?

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MARKET AGILITY: IMPERATIVO PER LE IMPRESE ORIENTATE AL NUOVO CONSUMATORE

SPECIALE ACCENTURE | 1-2.2013 47

mercato” da diverse prospettive. 3M fin dagli anni ‘60 ha perseguito questo approccio, conse-guendo risultati rilevanti e tangibili, come dimo-strato dai circa 500 brevetti annui registrati. Un altro esempio è Lloyds TSB, che ha creato un

“mercato interno per le idee” votate e premiate da tutti i dipendenti.

3. Dare forma al cambiamentoAscoltare i segnali del cambiamento ed essere pronti ad affrontarlo crea vantaggio competitivo se si ha la capacità di trasformare le sfide di mer-cato in opportunità di business.Questa capacità rappresenta la vera essenza della Market Agility ed è perseguibile attraverso due diversi approcci:

anticipare i l cambiamento facendo leva sull’innovazione interna e cogliendo segnali anche minimi da parte del consumatore;reagire ai cambiamenti con rapidità, attra-verso nuovi prodotti/ servizi e col supporto di processi agili.

Entrambi gli approcci rappresentano valide espressioni di agilità. Apple e Samsung sono, in tal senso, due esempi vincenti seppur con mo-delli differenti: Apple ha da sempre anticipato il cambiamento stimolando l’ampliamento dei bisogni del consumatore; Samsung, invece, è sempre stata in grado di reagire rapidamente con una gamma di prodotti al passo coi tempi. I risultati danno ragione ad entrambe, con quote di mercato nella vendita di smartphone pari a 25% per Apple e 30% per Samsung nel 2012.

IN CONCLUSIONE, la Market Agility risulta es-sere il fattore fondamentale per la sopravvivenza attiva e la crescita delle aziende sul mercato. In un contesto nel quale di durevole c’è ben poco, è difficile immaginare una fonte di vantaggio competitivo realmente sostenibile a medio e lungo termine. Pertanto, comprendere ed antici-pare i bisogni del cliente e le tendenze di mercato è fondamentale per trovare il punto di conver-genza, evitando l’estenuante e continua rincorsa tra esigenze del cliente e ambition delle aziende.

di definire, attivare e guidare il cambiamento.

1. Avere una cultura dell’ascoltoNell’attuale scenario anche il modo di ascol-tare i l mercato necessi ta di cambiamenti . Occorre passare da un approccio “statico”, basato su ricerche di mercato (poco efficace a causa del moltiplicarsi delle fonti) ad ap-procci basati su sofisticati strumenti di analisi in grado di capitalizzare il patrimonio infor-mativo disponibile. L’analisi della “voce” dei clienti viene spesso veicolata su piattaforme di proprietà evolute: TripAdvisor ne è un esempio, così come My Starbucks Idea, dove i clienti possono promuo-vere il miglioramento della customer experience. I Social Network (Facebook e Twitter in primis), luoghi in cui le opinioni non hanno filtri, diven-tano i nuovi “strumenti d’ascolto”, da interpre-tare attraverso metodologie di analisi adeguate (es: web sentiment anaylsis).Saper sfruttare questo patrimonio informativo rappresenta un’importante opportunità di bu-siness: UK Derwent (società di investimento) sonda quotidianamente i tweet mondiali per an-ticipare i cambiamenti del mercato e adeguare le scelte di investimento. L’azienda dichiara di essere in grado di predire i trend del Dow Jones con 2-6 giorni di anticipo e con un’accuratezza dell’87.6%.

2. Essere inclini al cambiamentoUna cultura dell’ascolto va sorretta dall’atti-tudine al cambiamento: rivedere le decisioni e ri-focalizzare la strategia in tempi rapidi rap-presenta un elemento differenziante, così come indirizzare metodologie di lavoro verso un ap-proccio agile ed empirico che abiliti logiche iterative “a laboratorio” tra azienda, clienti e fornitori. Grazie alle nuove tecnologie digitali, provare (ed eventualmente sbagliare) costa poco, ma può offrire vantaggi enormi.Fattore critico di successo è l’incentivazione della partecipazione di tutti i dipendenti al pro-cesso di innovazione per raccogliere “la voce del

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48 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

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Gli autori

Prima riga da sinistra:Stefano Carrino, Senior Manager Strategy, AccenturePierPaolo Cazzola, Senior Executive Strategy, AccentureAmato Della Vecchia, Senior Manager Strategy, Accenture

Seconda riga da sinistra:Fabrizio Sarrocco, Senior Executive, Finance Lead, AccentureGionata Tedeschi, Senior Executive Strategy, AccentureAmbrogio Terrizzano, Senior Executive Accenture Interactive

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L’imprevedibilità del mercatocome leva di trasformazionedelle aziendeL’attuale contesto di mercato è caratterizzato da una volatilità ormai permanente, con eventi inaspettati re-pentini, spesso non prevedibili da parte delle aziende, che generano impatti diretti sulle operation, condizio-nando le performance aziendali (Figura 1).In tale contesto, il sistema industriale italiano si è tro-vato ad affrontare le conseguenze della più profonda recessione degli ultimi anni, con una contrazione dell’attività industriale che ha raggiunto il suo picco del -22% nello scorso marzo 2009 (Stime Centro Studi Confindustria, 2012). Diversi fattori conco-mitanti, come la elevata fluttuazione del prezzo delle materie prime, l’incertezza dei mercati azionari, il crollo della domanda, l’incremento della pressione fiscale, l’instabilità e incertezza politica, la crisi dei de-biti sovrani, addirittura alcuni disastri naturali, hanno evidenziato la vulnerabilità del sistema industriale italiano e ne hanno reso la sopravvivenza ancor più impegnativa.Il calo della domanda interna, con i consumi delle fa-

miglie che risentono della riduzione del reddito dispo-nibile (-3,5% reale annuo nel 1°semestre del 2012) e la diffusione di nuovi e mutevoli comportamenti di con-sumo rendono sempre più complessa la stima della domanda di beni e servizi. Inoltre, l’elevata specializ-zazione geo-settoriale dei distretti industriali italiani può subire impatti ancora più devastanti, come dimo-stra la situazione di Mirandola (Emilia), il più impor-tante distretto biomedicale europeo che, a causa del terremoto, ha visto a rischio il 60% della fornitura di apparecchi e strumenti per la dialisi.Tale contesto ha reso ancora più evidenti le differenze tra le imprese, aprendo la forbice tra quelle in grado di affrontare i cambiamenti esterni e quelle che, in-vece, faticano a rimanere competitive, accelerando il processo di selezione “naturale” delle imprese. Solo alcune aziende hanno, infatti, sviluppato le capacità di anticipare e reagire alla volatilità de mercati, iden-tificando le possibili minacce, cogliendo in anticipo i segnali deboli, e muovendosi velocemente e con agilità per approfittare delle nuove opportunità tra-sformandole in un vantaggio competitivo. Un recente studio di Accenture & MIT evidenzia come le aziende

di Francesco Conte, Davide Germanà, Ra!aella Masoero, Maurizio Nocco e Giancarlo Poli

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50 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

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RCA per le Assicurazioni).Se si considera la diffusione degli smartphone e il grado di utilizzo dei social network, non è difficile credere che il peso dei dati aziendali “tradizionali” sia oggi solo il 15% rispetto al totale dei dati disponibili.A questo punto, diventa cruciale trasformare in modo

lungimiranti dotate di “dynamic /agile operation” mostrano una profittabilità superiore fino al 75% ri-spetto ai competitor.Ma quali sono le caratteristiche e le “capability” che un’azienda deve avere per gestire la crisi e trasformare un momento di forte discontinuità in un’opportunità di sviluppo e di crescita?Accenture in un recente studio ha identificato 4 aree tra di loro interconnesse che consentono ai best per-former di adottare un modello operativo dinamico in grado di adattarsi velocemente alle mutevoli condi-zioni di mercato:

“Insight to Action”“Adaptable Structure”“Flexible Innovation”“Agile Execution”

“Insight to Action”, cioè l’utilizzo dei “big data” per la identificazione e la rapida riduzione dei rischi. Le aziende, grazie anche ai processi di trasforma-zione IT perseguiti negli ultimi anni, dispongono di un’impressionante mole di dati: dai più “tradizionali”, quali i dati dei clienti e quelli transazionali derivanti dall’execution del proprio business, ai nuovi dati pro-venienti da fonti esterne quali ad esempio le intera-zioni non strutturate via social network, siti internet, chat, etc; i dati raccolti tramite dispositivi “mobile” e telematici che seguono le varie interazioni con i clienti ed i fornitori; basi dati esterne condivise a livello di settore economico (es. banca dati ISVAP sui sinistri

SPECIALE ACCENTURE | 1-2.2013 51

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Figura 1. La volatilità permanente - L’impatto sul valore economico delle aziende generato dalle discontinuità nel modello operativo

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Figura 2Il modello delle Dynamic Operations

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52 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

ciamento tra prezzi di fornitura più elevati, a causa di una maggiore frammentazione della fornitura, e disponibilità di canali alternativi, minimizzando il rischio di indisponibilità;Concentrazione geografica delle risorse produt-tive, di fornitura e di outsourcing: trade-off tra economie di scala e minore rischio legato ai tassi di cambio e ottimizzazione dei costi in funzione dell’evoluzione nelle geografie dei diversi mercati (lavoro, utilities...);Versatilità dei mezzi di produzione: bilanciamento tra velocità ed efficienza dei mezzi di produzione e capacità delle linee di produzione di adattarsi velo-cemente ai cambi di produzione/prodotto;Specializzazione delle risorse impiegate: bilancia-mento tra competenza ed efficienza delle risorse impiegate in uno specifico servizio e capacità delle risorse di adattarsi all’erogazione di una pluralità di servizi diversi.

Le aziende eccellenti rivalutano periodicamente il proprio modello in funzione delle mutate condizioni di contesto esterno, anche sulla base dell’”Insight to Action” e lo modificano al fine di massimizzare il va-lore generato. A corredo dell’analisi quantitativa che tenga in considerazione tutti gli elementi delle filiere in cui l’azienda opera, non solo i singoli elementi di costo, va considerata anche una valutazione degli aspetti qualitativi e di rischio. Quest’ultima consente di raggiungere l’adeguata visione di insieme e di non sottovalutare aspetti chiave delle performance quali la soddisfazione del cliente e la profittabilità, ma anche i rischi sociali (es. variazioni significative di produzione in uno specifico sito), l’organizzazione interna.

Caso: l’ingresso nel mercato sudamericano di una multinazionale del packagingL’azienda è leader mondiale nel settore del packa-ging ad alto valore aggiunto, produce soluzioni di “dispensing” per i settori Beauty, Home Care, Food&Beverage e Pharma. Opera in USA, Europa, Asia e Sud America con un fatturato complessivo che supera i 2 miliardi di dollari. Nasce negli anni ’40 e si sviluppa negli anni attraverso progressive acquisizioni di aziende dello stesso settore; negli anni ’90 decide di espandersi nel mercato sudamericano (prevalente-mente dispensing system per profumi e creme).Apre un primo presidio in Brasile e successivamente rileva una piccola azienda argentina. Nel mercato su-damericano, anche a causa dei dazi, non sono pre-senti le grandi multinazionali del settore cosmetico. Il

continuo questi “big data” in capacità predittiva che aiuti le aziende ad esplorare ed individuare oppor-tunità e rischi celati all’interno del proprio business. L’“insight to action” rappresenta proprio questo: non è più sufficiente apprendere cosa sia accaduto e per-ché, ma occorre proiettarsi verso il futuro, cogliendo anche i segnali più deboli del mercato, per capire cosa potrebbe succedere e quale sia la via migliore da in-traprendere. In particolare sul tema dell’operational agility la ge-stione dei “big data” permette di capitalizzare l’espe-rienza derivante dalla ripetitività di alcuni processi, lavorando sui segnali deboli. Ad esempio, le assicu-razioni nella gestione dei sinistri utilizzano modelli statistici su base storica di “predictive claims” per sti-mare il rischio frode sulla base di variabili in ingresso come l’intervallo temporale tra l’evento sinistroso e la denuncia, l’ora del giorno in cui è avvenuto il si-nistro, ecc... Con la stessa logica, modelli di “churn prediction” consentono alle compagnie telefoniche di intercettare e gestire per tempo le possibili disdette di un contratto basandosi sul comportamento (traffico telefonico, chiamate al call center, ecc...) che il cliente tipicamente mantiene nei momenti antecedenti alla disdetta stessa.

“Adaptable Structure”, cioè l’adozione di modelli operativi flessibili rispetto alle strategie aziendali Il modello operativo adattivo si caratterizza per la estrema reattività ai mutamenti esterni ed interni, pre-servando il giusto trade-off tra costi (sempre fonda-mentali e minimizzabili tipicamente con modelli rigidi e dedicati, ricordiamo il famoso detto di Henry Ford

“fategliele di qualunque colore, purchè siano nere”), livelli di servizio ai clienti e flessibilità di risposta. Questa “adattività” deve trovare le giuste risposte ad alcune importanti scelte:

Ridondanza della produzione: bilanciamento tra la sovra-capacità produttiva, con i relativi costi fissi di struttura che essa comporta (ammorta-menti, forza lavoro, costo degli spazi fisici) e capa-cità di assorbimento dei potenziali aumenti della produzione in relazione alla domanda; Disponibilità di outsourcing: bilanciamento tra la perdita di marginalità e di know how dovuta alla cessione all’esterno di parte della produzione e ca-pacità di assorbimento da parte del terzista delle potenziali fluttuazioni della domanda;Disponibilità di fonti diverse di fornitura: bilan-

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SPECIALE ACCENTURE | 1-2.2013 53

indirizzando in tali sviluppi sia la direttrice della crescita sia l’efficienza operativa. In questo modello, la tipica lettura dell’innovazione legata al prodotto/servizio in senso stretto, va affiancata ed arricchita da elementi ulteriori quali:

l’introduzione di elementi di rottura nell’equilibrio tra costi e ricavi;la valorizzazione nei processi aziendali del punto di vista (“Insight to Action”) del cliente (e di tutti gli stakeholder);l’introduzione di “adaptable structure”, in grado di bilanciare gli obiettivi di riduzione dei costi e incre-mento del valore del prodotto.

Le linee guida per l’innovazione diventano, dunque:

1. il focus sul profitto, che può declinarsi in:multicanalità per la fruizione di prodotti/servizi, aspetto di particolare rilevanza in un momento di esplosione dei canali online e mobile, che si affiancano a quelli tradizionali, costringendo i nuovi sviluppi a mediare tra i diversi canali e la riduzione di rischi di cannibalizzazione. Ad esem-pio Mediaset Premium è fruibile su TV, Online, su Xbox e su tablet e le diverse soluzioni sono ero-gate da un’unica piattaforma;semplificazione di prodotto/servizio, di modelli di business e dei processi produttivi. Ad esempio, uno dei fattori di successo di Che Banca! è stato la definizione di prodotti innovativi e semplici, uguali per tutti i segmenti di mercato, con linee guida centralizzate per la gestione del processo commerciale;realizzazione di design che integrino esigenze e con-straint delle diverse aree (produzione, supply chain, sustainability): è il caso, ricorrente nell’industria beverage, di packaging disegnati per ottimizzare allo stesso tempo i costi di trasporto e stoccaggio, la preservazione delle caratteristiche organoletti-che del prodotto e la fruibilità della confezione per l’utente finale

2. il focus sul cliente, realizzando

Innovazione finalizzata verso prodotti e servizi low cost/high quality/quick launch: ad esempio Selco, social enterprise operante in India su solu-zioni e servizi energetici, grazie all’introduzione di business models non tradizionali (es. pay-by-the-hour, pay-as-you-go, …) ha sviluppato una fascia di mercato di più di 200.000 clienti rurali, che considerava la spesa energetica del tutto fuori dalla propria portata;

mercato è in quegli anni caratterizzato da importanti produttori locali che vendono prevalentemente “porta a porta”. In prima istanza si avviano attività commer-ciali e distributive, mantenendo la produzione nel cen-tro manifatturiero di eccellenza dell’azienda in Italia. Tuttavia, il frazionamento e la peculiarità del mercato latino-americano richiedono lo sviluppo di numerosi prodotti personalizzati per i produttori locali. Questo comporta una gestione della complessità elevatissima presente in Italia e dei tempi di reazione non “eccel-lenti”, dovendo spedire tutto dal nostro Paese con lead time elevati. L’azienda quindi decide di evolvere il proprio modello di business in una logica modulare: il “motore” del dispensing system, che è uno standard con precise caratteristiche tecniche, continua ad es-sere fabbricato in Italia, mentre la produzione delle componenti estetiche (la “carrozzeria” cioè la parte che consente l’innesto del dispensing system sul fla-cone), da personalizzare in funzione delle esigenze dei clienti, viene trasferita in Brasile.Questo modello operativo ha consentito numerosi vantaggi, tra cui lo sviluppo in Sud America di im-pianti produttivi di dimensioni contenute e con una struttura snella e la contemporanea riduzione dei costi di trasporto (spedendo dall’Italia componenti poco voluminosi, ma ad alto valore aggiunto), oltre all’aumento della massa critica in Italia, che negli anni ha consentito investimenti in automazione ed economie di scalaTale modello ha supportato la crescita del mercato sudamericano che oggi conta ben 6 diversi impianti produttivi. L’agilità con la quale l’azienda ha saputo adattarsi all’evolversi del mercato, si traduce in:

aver saputo identificare e mettere in pratica una standardizzazione del motore del dispensing sy-stem, concentrandone la produzione, applicando logiche del make to stock e raggiungendo massa critica ed elevate economia di scalaaver costruito localmente una struttura con il focus sulla personalizzazione e la reattività alle esigenze del mercato sudamericano (customizzazione, lotti di pro-duzione adeguati al mercato e lead time contenuti).

“Flexible Innovation”, cioè l’innovazione centrata sull’e!cienza operativaL’innovazione flessibile è l’ulteriore leva differenziante delle aziende eccellenti per affrontare con successo il contesto caratterizzato da elevata volatilità: la capa-cità cioè, di innovare e lanciare innovazioni sul mer-cato (“time to market”) in tempi estremamente veloci,

OPERATIONAL AGILITY: TRASFORMARE LA VOLATILITÀ IN UN VANTAGGIO COMPETITIVO

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54 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

ed in grado di attivare tempestivamente i pro-cessi decisionali e le azioni correttive.

Amazon attraverso il “drop shipping” è in grado di trasmettere gli ordini raccolti ai pro-pri fornitori che spediscono direttamente al cliente finale. In questo modo è in grado di for-nire più di 10 milioni di prodotti senza averli fisicamente in nessun magazzino.

2. L’Execution Excellence, una ricerca spasmo-dica della qualità e del miglioramento conti-nuo, attraverso una elevata attenzione alla semplificazione dei processi: semplificazione dei flussi operativi, velocizzazione dei tempi di attraversamento, eliminazione di rilavorazioni e scarti, disciplina nell’esecuzione operativa, continuo allineamento dell’organizzazione. In questo modo l’azienda può guadagnare quella flessibilità che le consente di rispondere tem-pestivamente alle richieste del mercato

3. Un’architettura tecnologica flessibile, basata su soluzioni applicative aperte, che garanti-scano l’accesso a dati affidabili, siano in grado di mettere a fattor comune il patrimonio infor-mativo per supportare tutti i processi aziendali e abbiano una capacità elaborativa per inter-pretare rapidamente i segnali, anche deboli, che arrivano dal mercato, innescando se necessario processi decisionali automatici (o quasi).

Un’azienda di beni durevoli, con il supporto di Accenture, ha recentemente lanciato il “di-gital merchandising”, una soluzione in grado di elaborare immagini prese tramite cellulari direttamente sul punto vendita. La soluzione è in grado di superare i limiti dei processi tra-dizionali di merchandising, che si basano su rilevazioni periodiche, non tempestive, effet-tuate da operatori inviati ad ispezionare i punti vendita. Attraverso i propri algoritmi, il “digi-tal merchandising” è in grado di identificare la presenza sulla foto dei prodotti d’interesse, valutare il loro posizionamento sugli scaffali rispetto a dei planogrammi di riferimento, ve-rificare il rispetto delle politiche di pricing e in-nescare in automatico ordini di ripristino delle scorte, alimentando i sistemi ERP aziendali con dati che vengono, inoltre, messi a dispo-sizione di tutte le strutture aziendali.

4. Infine, il focus sulle persone, portatrici delle competenze necessarie e dei nuovi compor-tamenti attesi per rispondere ai cambiamenti del contesto competitivo. Attraverso la stretta

Open Innovation, ovvero innovazione che esce dai confini della funzione R&D e si estende all’intera azienda e oltre con il coinvolgi-mento di fornitori, partner e cliente stesso.

Ad esempio P&G condivide la ricerca con alcuni reatiler selezionati, così che insieme si possano prendere decisioni più rapide e informate su quali prodotti collocare sugli scaffali dei negozi e in quale quantità.

3. la gestione dei tradeoff tra prodotto/servizio

ottimale e costiDifferenziazione di prodotto e di processo.

Zara, ad esempio, adegua i propri processi produttivi in base ad un sistema di feedback continuo dai punti vendita, fino a localiz-zare la produzione di prodotti specifici il più vicino possibile ai mercati su cui stanno avendo successo, ottenendo in questo modo un costante allineamento delle collezioni sul mercato ai gusti dei clienti;

servizi come elemento differen-ziante per il prodotto. Molte aziende stanno sfuttando il web o il mobile per spostare il servizio sul cliente finale ottenendo il duplice vantaggio di soddisfazione del cliente e ride-finizione dell’approccio di prezzo. Ad esem-pio Nike realizza alcune linee di prodotto con caratteristiche standard, affidandone la per-sonalizzazione all’utente finale che dal sito internet o nel punto vendita può disegnare da solo alcuni elementi del prodotto e com-pletare l’ordine.

“Agile Execution”, cioè l’eccellenza esecutivaL’Agile Execution è la capacità di un’azienda di attivare velocemente i processi decisionali, di ge-stire i potenziali rischi in maniera proattiva, e di allineare concretamente i comportamenti di tutte le componenti operative (aziendali e non) per adattarsi ai cambiamenti nel contesto operativo ed economico.Secondo lo studio Accenture, questa caratteri-stica si poggia su 4 elementi principali:1. Una struttura organizzativa adattiva, in grado

di massimizzare l’integrazione orizzontale tra funzioni e la collaborazione con i partner e fornitori esterni. E’ fondamentale che le inte-razioni e la comunicazione tra i diversi attori impegnati nei processi operativi siano efficaci

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SPECIALE ACCENTURE | 1-2.2013 55

OPERATIONAL AGILITY: TRASFORMARE LA VOLATILITÀ IN UN VANTAGGIO COMPETITIVO

isole produttive.L’Operational Agility non è una caratteristica di una singola funzione, ma rappresenta un prin-cipio a cui inspirarsi in tutti i momenti decisio-nali di guida e di gestione di un’azienda: è un approccio manageriale che, esercitato nel tempo con un continuo investimento di capitali, talenti, ricerca e messa in discussione delle scelte effet-tuate, consente alle aziende di diventare ancora più competitive proprio nei momenti di volatilità e recessione come quello attuale.Il corretto legame tra le 4 competenze chiave de-scritte in precedenza (“Insight to Action”, “Adap-table Structure”, “Flexible Innovation”, “Agile Execution”), rende le aziende eccellenti in grado di sfruttare i momenti di difficoltà. Il sistema indu-striale ed imprenditoriale italiano è ricco di aziende di questo tipo, che approfittano della loro eccellenza per acquisire i propri concorrenti, in un momento in cui le difficoltà in cui versano li rende un allettante e poco costoso boccone.

interazione con le aree di business, le Dire-zioni HR devono far evolvere i processi interni di selezione, training e gestione delle risorse per poter mettere tempestivamente a disposi-zione dell’azienda le competenze critiche per il successo, identificare i talenti, premiarli e ga-rantirne lo sviluppo. Per migliorare il livello di flessibilità del proprio modello operativo, una banca multicanale di uno dei principali gruppi europei, ha recentemente ripensato le proprie Operations, utilizzando in maniera strategica l’off-shoring. I gruppi di lavoro sono stati ridi-segnati per massimizzare l’allocazione flessi-bile delle risorse e superare i problemi legati alla stagionalità di alcuni prodotti (es. Mutui, pagamenti e deleghe fiscali, prestiti perso-nali), grazie ai processi di accentramento delle lavorazioni, di semplificazione dei livelli di coordinamento e della struttura dei ruoli, di addestramento multidisciplinare e di mecca-nismi di rotazione delle persone sulle diverse

Gli autori

Prima riga da sinistra:Francesco Conte, Senior Manager Strategy, AccentureRa!aella Masoero, Senior Manager Finance, AccentureMaurizio Nocco, Senior Executive Strategy, Accenture

Seconda riga da sinistra:Davide Germanà, Senior Executive Strategy, AccentureGiancarlo Poli, Senior Executive Operations, Accenture

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L’evoluzione del ruolo del CFOLe recenti dinamiche dei mercati finanziari e dei consumi sottopongono le imprese a continue pres-sioni: in queste condizioni le aziende devono anti-cipare i cambiamenti, individuare risposte coerenti e definire soluzioni efficaci che ne sostengano la posizione competitiva; devono in altre parole es-sere “agili”.Il CFO, tradizionalmente focalizzato nel misurare le performance, assicurare la correttezza delle informazioni e garantire la sicurezza finanziaria dell’azienda, è oggi chiamato in prima persona a rispondere a questo bisogno di agilità. Il CFO di-viene regista delle decisioni del Top Management, traduce la strategia in obiettivi di performance che aumentino il valore per gli azionisti, rafforza le azioni manageriali di selezione delle iniziative e supporta i vertici nell’execution delle iniziative selezionate. Tale coinvolgimento è esteso natural-mente all’intera struttura Finance, cui è attribu-ita una funzione più ampia e centrale all’interno dell’organizzazione aziendale.Il percorso verso tale ruolo di advisory è maturato di pari passo all’evoluzione dei modelli e delle

tecniche disponibili, affermatisi in risposta alle mutevoli condizioni di contesto. Oggi infatti l’a-rea Finance è in grado di attingere ad un ampio portafoglio di soluzioni per l’analisi e la selezione delle opzioni strategiche e per il sostegno alla per-formance in condizioni di volatilità. Tra le determi-nanti di questa evoluzione ricordiamo:

la pressione verso l’efficienza e la razionalizza-zione delle operations;la volatilità dei mercati e la difficoltà di accesso ai capitali;il crescente impatto della regolamentazione, con conseguenze su costi e sostenibilità dei bu-siness;la necessità di integrare valutazioni di rischio-rendimento all’interno dei processi di pianifica-zione strategica e controllo.

Una simile declinazione organizzativa (ma anche tecnica e di processo), ha seguito due fondamen-tali linee guida, convergenti come risultato com-plessivo:

l’eccellenza nei basics: attraverso la progres-siva standardizzazione e automazione dei processi transaction-based e di raccolta/ela-

di Andrea Bargioni, Niccolò Bergamini, Welleda Finocchiaro e Fabrizio Sarrocco

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56 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

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e all’introduzione di modelli analitici evoluti che spostano il focus da “previsione-sulla-base-del-passato” a “previsione-sulla-base-del-pre-sente”, arricchendo le dimensioni tradizionali con l’analisi dei fattori comportamentali.

La realizzazione di questo modello, ha richiesto importanti sforzi e investimenti. Una struttura Fi-nance “agile” ha compiuto un percorso di medio-termine nel dotarsi anche dei tool adatti a giocare questa partita. La tecnologia ha, in questo senso, un ruolo importante: infatti, se da un lato ha con-sentito la standardizzazione e l’automazione – ri-ducendo l’assorbimento di risorse economiche e umane – dall’altro ha favorito l’utilizzo di stru-menti e tecniche prima non pensabili, come recenti evidenze empiriche, relative ai principali orienta-menti di investimento.

borazione dati, l’area Finance ha potuto ridurre l’assorbimento di risorse e di tempo, proprie di attività ricorrenti e a basso valore aggiunto. In questo senso abbiamo infatti assistito al crescente ricorso a modelli e processi di fast-closing, a stru-menti di data quality e, in generale, a modelli di data & workflow management capaci di consentire l’elaborazione di grandi quantità di informazioni velocizzandone la gestione operativa e riducendo la dipendenza dal “fattore umano”;la sofisticazione negli analytics: indirizzati opportunamente gli aspetti transazionali e ri-correnti, i CFO si sono dedicati alla sperimen-tazione e all’utilizzo di modelli più avanzati di enterprise performance management (ad esem-pio, Scenario Planning, What-if analysis, Antici-pation & Forecasting, Advanced Capital Planning)

SPECIALE ACCENTURE | 1-2.2013 57

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Figura 1Principali investimenti pianificati in area Finance

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Investimenti pianificati in ambito Finance

Accenture, High Performance Finance Study, 2011

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+12 p.p

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+10 p.p

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In linea con le già

citate tendenze

evolutive, le aziende

top performer stanno

concentrando i propri

investimenti in:

!"Sviluppo dei modelli

e processi di enter-

prise performance

management, sia di

base che avanzati;

!"Rafforzamento dei

processi di core

finance;

!"Sostegno della qua-

lità della workforce;

!"Sviluppo di pro-

grammi di shared

service all’interno

dell’area Finance.

Fonte: Accenture High Performance Finance Study, 2011

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58 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

di reagire prontamente ai mutamenti di conte-sto significa bilanciare la struttura aziendale e governare continuativamente la posizione di costo attraverso una gestione strutturale della spesa corrente e per investimenti. Il CFO, “re-gista” anche dell’execution, deve essere in grado di ridurre l’incidenza dei costi attraverso una combinazione di interventi tattici e struttu-rali su organizzazione, processi e information technology. Con riferimento a quest’ultima, disporre di un’architettura snella, senza ridon-danze applicative e informative, contribuisce alla riduzione non solo dei costi di gestione ma soprattutto di adattamento a nuovi scenari (emergenti da esigenze informative, da modifi-che regolamentari o da eventi di discontinuità quali operazioni di finanza straordinaria). Con riferimento, invece, al complesso della mac-china operativa, sarà fondamentale perseguire la razionalizzazione strutturale dei costi fissi o la loro trasformazione in costi variabili per quelle funzioni aziendali non core, con la re-visione dei processi operativi e della comples-siva strategia di sourcing. Tali assetti, peraltro, manifestano con maggiore incisività i propri benefici nel caso di gruppi multi-country e multi-business, in cui il fattore di scala consente significative ottimizzazioni;assicurare la gestione ottimale della liquidità e del capitale. Se da un lato la “volatilità per-manente” e l’incertezza diffusa rendono ancora più impegnativi i processi di pianificazione a lungo termine e di allocazione delle risorse, dall’altro ne rendono ancora più necessario e imprescindibile l’utilizzo. In caso di riserve po-sitive di liquidità o surplus di cassa, l’area Fi-nance ha il compito di assicurarne la gestione efficace secondo un mix bilanciato tra re-inve-stimento interno, espansione anche attraverso operazioni di finanza straordinaria, servizio del debito e massimizzazione del ritorno per gli azionisti attraverso politiche di dividend pay-out e/o buy-back azionario;assicurare velocemente la compliance nor-mativa. Le attività legate alla compliance

Gli imperativi da a!rontareLa capacità di un’azienda di essere elastica ri-spetto alle condizioni di contesto, sia di business che regolamentari, è tanto maggiore quanto più il proprio modello operativo si mostra flessibile ri-spetto alla fase del ciclo economico; ciò significa sapersi contrarre in fase recessiva e saper con-trollare la crescita in fase espansiva. In contiguità con la propria posizione di detentore dei modelli e strumenti di analisi della performance – nonché di veicolo per la diffusione di market e financial discipline all’interno del processo decisionale – il CFO rafforza la propria funzione di indirizzo e controllo, sia con riferimento alla componente di funzionamento del modello operativo (back-office, struttura e information technology), sia a quella più orientata al business (processi/strutture di front-end, prodotti e canali).Fino ad oggi, il successo del CFO nel proprio ruolo di supporto al Top Management nell’affrontare la

“volatilità permanente” dell’ambiente competitivo, è stato il risultato di un buon mix tra utilizzo di capability tradizionali e investimento in nuovi modelli di analisi ed interpretazione dei fenomeni. Più in concreto, gestione dei costi, integrazione e gestione efficace dei rischi e adozione di tecniche avanzate di pianificazione e controllo direzionale.Simili modelli e processi continueranno ad es-sere importanti nella gestione ordinaria, ma non saranno più sufficienti a garantire all’azienda la possibilità di risultare finanziariamente “agile” nel prossimo futuro. In tale più complesso scenario diverrà necessario, per il Finance, affrontare con-temporaneamente importanti sfide e imperativi:

supportare l’agenda della crescita. Nei mer-cati moderni, caratterizzati da diverse velocità, la funzione finanziaria sarà ancor più fonda-mentale nel bilanciare il focus dell’azienda tra il mantenimento della propria posizione nell’ambito di business considerati “maturi”, perciò a crescita lenta, e le opportunità di svi-luppo in business “emergenti”, a tassi e rischi ben maggiori; sviluppare un modello operativo più flessibile e reattivo. Realizzare un modello che consenta

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SPECIALE ACCENTURE | 1-2.2013 59

Il contesto di elevata volatilità, le frequenti modifiche normative e regolamentari, l’inasprirsi della pressione competitiva sono elementi che – come evidenziato nell’articolo – spingono non solo le aziende, ma anche la tradizionale funzione Finance ad essere flessibile, veloce nelle risposte, in una sola parola: “agile”.Nel caso di UniCredit Business Integrated Solutions (UBIS) la struttura del CFO ha partecipato all’evoluzione aziendale adottando un approccio innovativo da a!an-care a quello tradizionale.UBIS, come Service Factory di uno dei primari Gruppi Bancari europei ha deciso, tra le diverse iniziative, di far leva sulla ridefinizione della struttura organizzativa dell’area CFO, dando chiara evidenza non solo della mission tradizionale, ma anche del nuovo ruolo svolto: agli u!ci di Accounting, Planning&Control e Fiscale è stata a!ancata un’unità dedicata a valutare iniziative strategiche, in grado di predisporre business plan, bu-siness cases e benchmark, garantendo al management e alle funzioni di business una prospettiva di medio-lungo termine, attraverso l’integrazione di valutazioni commerciali con aspetti prettamente Finance (e.g. corretti trattamenti contabili di operazioni complesse, impatti fiscali, esigenze di funding, ...).L’attività di valutazione di tali iniziative, entrando a far parte del business as usual e richiedendo la coesa collaborazione di tutte le unità facenti parte della strut-tura di Finance, genera un circolo virtuoso di ra"orza-mento delle competenze e delle capacità di analisi e la creazione di figure professionali a 360°.Sulla scia dei cambiamenti in atto, abbiamo provvedu-to a consolidare gli strumenti di analisi e pianificazione a nostra disposizione. La logica di pianificazione e pro-grammazione di lungo periodo è stata superata da una puntuale attività di analisi e revisione dei consuntivi, del budget e dei progetti strategici alla base dei piani pluriennali. Questo ci permette di monitorare nel modo più corretto e tempestivo l’andamento delle progettua-lità a supporto del Gruppo e di migliorare la sensibilità del Top Management e delle linee operative sui risultati raggiunti.Meeting frequenti, interni all’area e con il Top Mana-gement, supportati da analisi dettagliate e proiezioni aggiornate ci consentono di intercettare velocemente le criticità e ricalibrare le aspettative economico/ patri-moniali nel breve periodo, per avviare azioni correttive di medio lungo.In quest’ottica si inserisce il lancio del “CEO Cockpit” che, oltre al costante monitoraggio delle iniziative industriali-strategiche delle Business Lines e Service Lines di UBIS, o"re al Top Management strumenti di Scenario Planning e What-If Analysis, utili a prefigu-rare scenari evolutivi alternativi e potenziali azioni di

intervento.Il CEO Cockpit, come cruscotto modulare, fornisce un compendio dei maggiori indicatori economico-patrimoniali, contiene un estratto dei principali KPI della Balance Scorecard industriale di UBIS, evidenzia – come detto precedentemente – lo stato delle iniziative strategiche pluriennali e traccia le principali metriche relative alla qualità percepita dai clienti.I diversi indicatori, connotati da attributi che permetto-no di pesarne la sensibilità a fattori esogeni, danno vita di fatto ad un impianto di performance management pronto a supportare funzionalità di Scenario Planning/What-If. Tali funzionalità permettono ad esempio di valutare in anticipo l’impatto di nuove misure tributarie o l’e"etto di una variazione dei tempi di ammortamen-to degli asset, o le conseguenze sui costi HR di nuovi regimi pensionistici. Lo scopo è altresì prefigurare una molteplicità di scenari per avere più gradi di libertà nell’intraprendere azioni di indirizzo strategico.Oltre a ciò, è in corso il rinnovamento della Balance Scorecard industriale, con l’obiettivo di a!ancare, ai consueti indicatori di sintesi delle performance operative, “marker” di rilevazione della risposta di UBIS ai grandi processi di trasformazione che coinvolgono l’intera società. S’intende, perciò, tracciare il grado di utilizzo di determinate leve industriali (e.g. trasforma-zione del modello di delivery, insourcing/outsourcing, livello di make/buy, vendor consolidation), valutando-ne la conformità e coerenza con l’approccio strategico.Infine, per supportare il nuovo ruolo del CFO, si è inserita l’iniziativa di “Accounting Smart Closing” che, migliorando i processi e le tempistiche di chiusura del bilancio, ha liberato tempo da dedicare alle analisi dei risultati e alla elaborazione di raccomandazioni per il business. Attraverso l’applicazione della metodologia Lean Six Sigma si sono potuti semplificare e rendere più e!caci i consueti processi contabili finalizzati alla pubblicazione del Bilancio e delle Situazioni Finanziare intermedie. Questo ha consentito di aumentare il tem-po utile per attività a maggiore valore aggiunto, fornire tempestivamente sia KPI alla base del CEO Cockpit che della Balance Scorecard industriale e sensibilizzare tutte le funzioni aziendali al supporto dei processi di Finance.Interventi mirati sulla struttura organizzativa, sugli stru-menti e sui processi consentono, pertanto, in ottica di financial agility di consolidare i fondamentali, facendo fronte ai doveri “tradizionali” del CFO, concentrarsi sulle analisi per comprendere a fondo i driver delle pre-stazioni, ra"orzare le competenze, isolando i processi a basso valore aggiunto e infine evolvere da una cultura orientata al volume di dati prodotti a una cultura orien-tata al valore delle informazioni fornite.

di Oreste MassoliniChief Financial O!cer, UniCredit Business Integrated Solutions

L’approccio innovativo della Service Factory di UBIS FINANCIAL AGILITY: ISTRUZIONI PER L’USO

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60 SUPPLEMENTO A Harvard Business Review

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Come abbiamo avuto modo di osservare, l’area Fi-nance non si sottrae a questo imperativo, dovendo lavorare su alcune direttrici fondamentali:

lo sviluppo dei processi finance tradizionali (es. pianificazione pluriennale e budget) verso pro-cessi evoluti (es. scenario planning e rolling fore-cast), il più delle volte attraverso un approccio bottom-up che coinvolge la rete commerciale nella definizione e negoziazione degli obiettivi (anticipo, reazione e adattamento);l’investimento nel talento e l’adozione di po-litiche orientate, da un lato all’acquisizione di strumenti e skill evoluti, dall’altro alla semplifi-cazione e alleggerimento dei processi transazio-nali (orientamento e adattamento);l’evoluzione dei modelli e tecniche di enterprise performance management (sia in fase di pianifi-cazione che di controllo), facendo leva sulle fun-zionalità abilitate dall’innovazione tecnologica quali real-time, what-if analysis, collaboration e mobility (anticipo, orientamento, reazione e adattamento);il pieno controllo, anche attraverso un approccio strutturato al cost management, dell’efficienza operativa (anticipo e adattamento).

Già forte del presidio che tradizionalmente gli compete, come conseguenza di tali evoluzioni il CFO vede crescere il proprio raggio d’azione, consolidandosi in un ruolo ancor più centrale di supporto alla selection ed execution delle opzioni strategiche a disposizione del vertice aziendale.

normativa, siano esse emergenti da nuova re-golamentazione a seguito di diversificazione dei business, o da modifiche della regolamen-tazione esistente (in particolare nei mercati ad alta intesità di regolazione, come healthcare, financial service, utilities) devono essere gestite dalla struttura Finance, assicurando da un lato la comprensione delle regole e dall’altro l’intro-duzione delle nuove procedure in tempi brevi e a costi contenuti, con l’obiettivo di evitare impe-dimenti allo sviluppo del business;interpretare al meglio le informazioni. L’abilità di gestire efficacemente il crescente volume di dati a disposizione del management sarà una capacità sempre più critica per identificare ra-pidamente le opportunità di business e attivare piani di azione coerenti e ad elevato impatto. I business leader richiederanno sempre di più all’area Finance di filtrare, sintetizzare e ana-lizzare dati finanziari e non, per evidenziare insight e informazioni fondamentali al fine di adottare corrette decisioni manageriali.

Istruzioni per l’usoEssere agili implica essere dotati di capacità di anticipo, di orientamento, di reazione e di adat-tamento. Ed è quello che il management delle grandi aziende, di fronte al contesto mutevole e dinamico in cui si trovano ad operare, è chiamato a fare per avere successo nell’arena competitiva.

Gli autori

Prima riga da sinistra:Andrea Bargioni, Senior Executive Strategy, AccentureNiccolò Bergamini, Senior Manager Finance, Accenture

Seconda riga da sinistra:Welleda Finocchiaro, Manager Strategy, AccentureFabrizio Sarrocco, Senior Executive, Finance Lead, Accenture

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Alberto ArtanaSarah BellossiIlaria BissaccoSimona BuonoAntonio CoppolecchiaDario De CarloFederico Di PentaDavid GarganoGiulia GhiselliBeatrice LamonicaGianmarco LoretiElena LositoMonica MantenutoGabriele PellizzariLorenzo PetronioValentina PlacenzaSandro SalvoniFrancesco ScaccheriAntonio SerrapicaAndrea SiriguLuca VenturiniDaniela Vitali

RINGRAZIAMENTI