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Da diversi anni le patologie tiroidee ad impronta autoimmune stanno diventando sempre più frequenti. È quindi necessario, alla luce delle nuove conoscenze nel campo dell’immunopatologia, far chiarezza su quelle che sono le cause etiopatogenetiche reali le quali, attraverso le teoria del mimetismo molecolare, stanno acquisendo sempre più credito per quanto concerne una loro probabi - le genesi su base infettiva 6 tiroide, il paziente può andare incontro ad una fase di ipotiroidismo, con riduzione dei livelli di T3 e T4, nonché aumento della quota di TSH [1]. La tiroidite di De Quervain può essere associata ad altre malattie d’organo, soprattutto a carico del pancreas, fegato e milza [2]. Più spesso, tuttavia, la sua etio- logia è subdola, potendosi presentare come un semplice episodio febbrile persi- stente di origine sconosciuta, accompa- gnato solo da un dolore riferito al collo [3]. Talvolta la malattia è associata a una pregressa vaccinazione per l’epatite B [4], oppure a sinusiti batteriche [5], o ancora a infezione da cytomegalovirus, soprattutto in soggetti sottoposti a trapianto di midollo osseo, con conseguente aumento dell’aPtt [6]. Da non sottovalutare, inoltre, la possibile associazione con il virus di Epstein-Barr [7], il parvovirus B19 [8], i coxsakie [9], la salmonella [10] e la Chlamydia psittaci [11]. Il meccanismo infiammatorio tiroideo, dunque, sembra innescato da un fattore infettivo il quale, nel tempo, stimolerebbe una risposta autoimmune, verso il recettore del TSH [12]. A conferma di ciò si è dimostrata la persistenza di anticorpi in circolo diretti contro alcuni determinanti antigenici della tiroide (non assimilabili solo alla TPO o alla tireoglobulina), i quali giustifi- cherebbero la presenza di una autoimmu- nità latente dopo episodi ricorrenti di tiroidite subacuta [13]. Un dato molto interessante che ci forni- sce la letteratura in merito è la presenza di un nodulo freddo dolente, transitorio o permanente, rilevabile come unico referto ad una ultrasuonografia, che può essere la prima e sola manifestazione di una tiroidite di De Quervain (specie nel sesso femminile) [14-16]. Altrettanto interessan- te è la possibile insorgenza del morbo di Graves dopo una tiroidite subacuta, lega- ta alla produzione sopra citata di anticor- pi anti-recettore del TSH [17]. Il fenomeno diventa ancora più probabile, se si associa una suscettibilità genetica dei pazienti legata all’HLA, specie per quanto concer- ne il B35 ed il DR3 [18]. Un altro dato importante, è l’incremento della fosfatasi alcalina (proveniente nel 50% dei casi dal fegato), come mezzo di ausilio nel formu- lare diagnosi di tiroidite subacuta [19]. Degna di nota, infine, è la riduzione del volume tiroideo (misurato ecografica- mente), dopo episodi ricorrenti di tiroidi- te subacuta, specie se associati a iniziale ipertiroidismo e ad aumento di volume della ghiandola [20]. Tale riduzione è cor- relata allo sviluppo di una fibrosi residua, che investe almeno il 50% della ghiando- la, senza differenze di sesso [21]. La tiroidite di Hashimoto è una malattia autoimmunitaria, che insorge di preferen- za nelle donne di mezza età (rapporto 9:1 con i maschi) ed è la causa più frequente di gozzo sporadico nell’infanzia. L’etiolo- gia autoimmune è dimostrata dall’infil- trato linfocitario e dalla presenza nel siero di concentrazioni elevate di anticorpi con- tro numerosi costituenti del tessuto tiroi- deo (anti-tireoglobulina, rilevati mediante agglutinazione degli eritrociti tannati e anti-perossidasi tiroidea, titolati mediante immunofluorescenza o immunoassorbi- mento). E’ stata notata un’associazione della for- ma atrofica con l’HLA-DR3 e della forma a gozzo con l’HLA-DR5 [22-23]. Un atteggiamento razionale per investi- gare sui fattori di innesco di un processo autoaggressivo richiede una conoscenza non approssimativa della strutture mole- colari antigeniche implicate; in questo senso si può affermare che, nelle differen- ti patologie organo-specifiche, sono iden- tificati numerosi autoantigeni potenziali (Barmeirer, 1988), ma soltanto in pochi ca- si si è stabilita una correlazione con lo svi- luppo di una malattia cronica evolutiva. L’analisi della struttura primaria di molte proteine ha subito una notevole accelera- zione da quando le tecniche di biologia molecolare sono entrate, con forza, nella APPROFONDIMENTO a L’omeopatia delle tiroiditi di Marco Mancini Con il termine generico di tiroidite si tende a raggruppare una serie di patolo- gie subacute o croniche, nelle quali il momento etiopatogenetico di base è a netta impronta immunitaria, più precisa- mente autoimmune. Quelle più conosciu- te sono: a) la tiroidite cronica fibrosa di Riedel (piuttosto rara), in cui la fibrosi residua della ghiandola e delle strutture circostanti, con conseguente indurimento del collo, può associarsi a fibrosi media- stinica e retroperitoneale; b) la tiroidite subacuta di De Quervain o a cellule gi- ganti (più frequente), nella quale si ipo- tizza una sorta di innesco infettivo indot- to, con molta probabilità, da un episodio infettivo di origine virale (spumavirus); c) la tiroidite cronica di Hashimoto (la più frequente, fra tutte), nella quale il quadro autoimmune sarebbe innescato da pre- gresse infezioni, sia di origine virale che batterica. Generalmente, i sintomi della tiroidite di De Quervain seguono quelli di una infezione delle vie respiratorie superiori: astenia, malessere e sintomi riferibili allo stiramento della capsula tiroidea, ossia dolore alla deglutizione, principalmente riferito a livello della tiroide, con possibi- le irradiazione alla mascella inferiore, orecchio e regione occipitale. Il dolore irradiato può dominare il quadro da solo. Meno frequentemente l’insorgenza è bru- sca con dolorabilità tiroidea spiccata, feb- bre (talvolta elevata e, comunque, prece- duta da brividi) e, occasionalmente, sinto- mi della tireotossicosi. Obbiettivamente si rileva dolorabilità e nodularità della tiroi- de, che possono essere unilaterali, ma che generalmente sono diffuse. Si ha sempre un incremento della VES e riduzione della captazione del radioiodio. All’inizio della malattia si può rilevare un aumento della quota in circolo di T3 e T4, mentre il TSH è indosabile. In seguito, per l’esauri- mento degli ormoni immagazzinati dalla Anno IV / Numero 8 - Luglio 2003

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Da diversi anni le patologie tiroidee ad impronta autoimmune stanno diventando sempre più frequenti. È quindi necessario, allaluce delle nuove conoscenze nel campo dell’immunopatologia, far chiarezza su quelle che sono le cause etiopatogenetiche reali lequali, attraverso le teoria del mimetismo molecolare, stanno acquisendo sempre più credito per quanto concerne una loro probabi -le genesi su base infettiva

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tiroide, il paziente può andare incontro aduna fase di ipotiroidismo, con riduzionedei livelli di T3 e T4, nonché aumentodella quota di TSH [1].

La tiroidite di De Quervain può essereassociata ad altre malattie d’org a n o ,soprattutto a carico del pancreas, fegato emilza [2]. Più spesso, tuttavia, la sua etio-logia è subdola, potendosi pre s e n t a recome un semplice episodio febbrile persi-stente di origine sconosciuta, accompa-gnato solo da un dolore riferito al collo[3]. Talvolta la malattia è associata a unapregressa vaccinazione per l’epatite B [4],oppure a sinusiti batteriche [5], o ancora ainfezione da cytomegalovirus, soprattuttoin soggetti sottoposti a trapianto dimidollo osseo, con conseguente aumentodell’aPtt [6]. Da non sottovalutare, inoltre,la possibile associazione con il virus diEpstein-Barr [7], il parvovirus B19 [8], icoxsakie [9], la salmonella [10] e laChlamydia psittaci [11]. Il meccanismoinfiammatorio tiroideo, dunque, sembrainnescato da un fattore infettivo il quale,nel tempo, stimolerebbe una rispostaautoimmune, verso il recettore del TSH[12]. A conferma di ciò si è dimostrata lapersistenza di anticorpi in circolo direttic o n t ro alcuni determinanti antigenicidella tiroide (non assimilabili solo allaTPO o alla tireoglobulina), i quali giustifi-cherebbero la presenza di una autoimmu-nità latente dopo episodi ricorrenti ditiroidite subacuta [13].

Un dato molto interessante che ci forni-sce la letteratura in merito è la presenza diun nodulo freddo dolente, transitorio opermanente, rilevabile come unico refertoad una ultrasuonografia, che può esserela prima e sola manifestazione di unatiroidite di De Quervain (specie nel sessofemminile) [14-16]. Altrettanto interessan-te è la possibile insorgenza del morbo diGraves dopo una tiroidite subacuta, lega-ta alla produzione sopra citata di anticor-pi anti-recettore del TSH [17]. Il fenomenodiventa ancora più probabile, se si associa

una suscettibilità genetica dei pazientilegata all’HLA, specie per quanto concer-ne il B35 ed il DR3 [18]. Un altro datoimportante, è l’incremento della fosfatasialcalina (proveniente nel 50% dei casi dalfegato), come mezzo di ausilio nel formu-lare diagnosi di tiroidite subacuta [19].Degna di nota, infine, è la riduzione delvolume tiroideo (misurato ecografica-mente), dopo episodi ricorrenti di tiroidi-te subacuta, specie se associati a inizialeipertiroidismo e ad aumento di volumedella ghiandola [20]. Tale riduzione è cor-relata allo sviluppo di una fibrosi residua,che investe almeno il 50% della ghiando-la, senza differenze di sesso [21].

La tiroidite di Hashimoto è una malattiaautoimmunitaria, che insorge di preferen-za nelle donne di mezza età (rapporto 9:1con i maschi) ed è la causa più frequentedi gozzo sporadico nell’infanzia. L’etiolo-gia autoimmune è dimostrata dall’infil-trato linfocitario e dalla presenza nel sierodi concentrazioni elevate di anticorpi con-tro numerosi costituenti del tessuto tiroi-deo (anti-tireoglobulina, rilevati medianteagglutinazione degli eritrociti tannati eanti-perossidasi tiroidea, titolati mediantei m m u n o f l u o rescenza o immunoassorbi-mento).E’ stata notata un’associazione della for-ma atrofica con l’HLA-DR3 e della formaa gozzo con l’HLA-DR5 [22-23].

Un atteggiamento razionale per investi-gare sui fattori di innesco di un processoautoaggressivo richiede una conoscenzanon approssimativa della strutture mole-colari antigeniche implicate; in questosenso si può affermare che, nelle differen-ti patologie organo-specifiche, sono iden-tificati numerosi autoantigeni potenziali(Barmeirer, 1988), ma soltanto in pochi ca-si si è stabilita una correlazione con lo svi-luppo di una malattia cronica evolutiva.L’analisi della struttura primaria di molteproteine ha subito una notevole accelera-zione da quando le tecniche di biologiamolecolare sono entrate, con forza, nella

A P P R O F O N D I M E N T OaL’omeopatia delle tiroiditi

di Marco Mancini

Con il termine generico di tiroidite sitende a raggruppare una serie di patolo-gie subacute o croniche, nelle quali ilmomento etiopatogenetico di base è anetta impronta immunitaria, più precisa-mente autoimmune. Quelle più conosciu-te sono: a) la tiroidite cronica fibrosa diRiedel (piuttosto rara), in cui la fibrosiresidua della ghiandola e delle strutturecircostanti, con conseguente indurimentodel collo, può associarsi a fibrosi media-stinica e retroperitoneale; b) la tiroiditesubacuta di De Quervain o a cellule gi-ganti (più frequente), nella quale si ipo-tizza una sorta di innesco infettivo indot-to, con molta probabilità, da un episodioinfettivo di origine virale (spumavirus); c)la tiroidite cronica di Hashimoto (la piùfrequente, fra tutte), nella quale il quadroautoimmune sarebbe innescato da pre-gresse infezioni, sia di origine virale chebatterica.

Generalmente, i sintomi della tiroiditedi De Quervain seguono quelli di unainfezione delle vie respiratorie superiori:astenia, malessere e sintomi riferibili allostiramento della capsula tiroidea, ossiadolore alla deglutizione, principalmenteriferito a livello della tiroide, con possibi-le irradiazione alla mascella inferiore ,orecchio e regione occipitale. Il doloreirradiato può dominare il quadro da solo.Meno frequentemente l’insorgenza è bru-sca con dolorabilità tiroidea spiccata, feb-bre (talvolta elevata e, comunque, prece-duta da brividi) e, occasionalmente, sinto-mi della tireotossicosi. Obbiettivamente sirileva dolorabilità e nodularità della tiroi-de, che possono essere unilaterali, ma chegeneralmente sono diffuse. Si ha sempreun incremento della VES e riduzionedella captazione del radioiodio. All’iniziodella malattia si può rilevare un aumentodella quota in circolo di T3 e T4, mentre ilTSH è indosabile. In seguito, per l’esauri-mento degli ormoni immagazzinati dalla

Anno IV / Numero 8 - Luglio 2003

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nesco infettivo che è solo iniziale nel pro-cesso morboso (hit-and-run degli autorianglosassoni) [27]. L’infezione non è pre-sente, infatti, al momento in cui si stabili-sce la manifestazione patologica, la qualerappresenta l’epifenomeno di un processodiluito nel tempo. In questo scenario sidetermina una sorta di circolo viziosoirrefrenabile, certamente innescato da unainfezione, ma in seguito sostenuto dallarisposta autoimmune che promuove, nel

tempo, l’ulteriorerilascio di autoanti-geni [55].

Negli ultimi anni laletteratura scientifi-ca si è arricchita diulteriori dati, i qualitestimoniano dellaimportanza di unaltro agente infetti-vo: l’Helicobacter py -lori. Questo micror-ganismo spiralifor-me, microaerofilico eGram-negativo, èp resente nello sto-maco degli esseri u-mani da secoli, cometestimoniano i reper-

ti di materiale fecale prelevati da mum-mie [28]. Al momento attuale sembra chepiù della metà della popolazione mondia-le sia infettata da H. pylori [29]. L’in-fezione, spesso associata all’ulcera pepti-ca, è generalmente accettata come un fat-tore di rischio sia per l’adenocarcinomagastrico che per il linfoma associato allamucosa del tessuto linfoide (MALT) [30].L’Helicobacter pylori appartiene ad unadelle specie batteriche in cui la diversitàgenetica è espressa a livello massimale[31]. Spesso, infatti, si verifica un’infezio-ne simultanea con ceppi multipli di H.pylori, che possono scambiarsi le sequen-ze genetiche [32]. La virulenza di ceppiindividuali di H. pylori può dipenderesolo parzialmente dall’espressione deifattori responsabili della virulenza, comela citotossina vacuolare (VacA) e la protei-na CagA. Il gene vacAcodifica per VacA,un peptide di 87 KDa che induce la for-mazione del vacuolo nelle cellule epitelia-li [33]. Mentre la totalità dei ceppi di H.pylori presenta il gene vacA, è stato ripor-

tato che meno della metà dei ceppi finoraconosciuti esprime la citotossina Va c A[34]. Recentemente, alcuni ricerc a t o r i ,hanno evidenziato che i ceppi di H. pylo-ri che esprimono il gene cagA possonopresentare una virulenza particolarmenteevidente [35]. Gli esperimenti volti allavalutazione della presenza del gene cagApotrebbero così essere d’aiuto nella deci-sione del trattamento terapeutico deipazienti infettati [36], anche se questa ipo-tesi è stata recentemente contestata davari gruppi di ricerca [37-38]. Rischiomaggiore di ulcera peptica si è evidenzia-to con l’associazione cagA-positiva, fratutti i soggetti infettati. Similmente, lapositività del gene cagA sembra essereassociata ad un rischio elevato di adeno-carcinoma gastrico [39-40]. Si è osservatoi n o l t re che la positività al gene cagAaumenta il rischio di malattie acido-pepti-che a livello gastrico e duodenale, mapotrebbe far diminuire il rischio di esofa-gite peptica [41]. Inoltre, le infezionicagA-positive, stimolano la mucosa ga-strica a produrre maggiori quantità dicitochine pro-infiammatorie, tra cui l’in-terleuchina 1 e 8, le cui conseguenze sitraducono in forme infiammatorie decisa-mente più severe [42].

Tutto questo è di fondamentale impor-tanza per capire come è possibile collega-re l’infezione da H. pylori a patologie ti-roidee di tipo autoimmune, in quantoquest’ultime si sviluppano maggiormentenei soggetti che presentino una positivitàper il suddetto antigene (cagA). Infatti ledonne che presentano una maggioreespressione per l’antigene cagAsviluppa-no maggiormente un quadro di tiroiditedi Hashimoto [43] o comunque disordinidella funzionalità tiroidea in senso auto-immunitario. In questi soggetti, tra l’altro,sembra essere più frequente l’evoluzionedel quadro clinico verso forme di tiroiditeatrofica [44] e di porpora trombocitopeni-ca autoimmune [45]. Si è anche osservatoche anticorpi monoclonali, diretti control’H. pylori, presentano una reazione cro-ciata verso le cellule antrali della mucosagastrica. Ciò suggerisce la possibilità diuna risposta autoimmune verso cellule dimucosa gastrica in corso di infezione [46].E ancora, è stato dimostrato che tale auto-immunità è associata a una eruzione orti-

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ricerca scientifica applicata: ciò ha per-messo di dimostrare, ad esempio, che gliantigeni microsomiali, presenti in moltetireopatie autoimmunitarie, sono moltosimili (se non addirittura identici) allaperossidasi della tiroide [24]. Una voltaottenuta la sequenza aminoacidica diquesto elemento proteico [25], la compa-razione su calcolatore con diversi peptididi origine virale, ha permesso di determi-nare le omologie, dimostrate successiva-mente con il procedi-mento delle reattivitàc rociate (Dyrberg ,1989), così come mo-strato in tabella 1.

Vediamo, in questitermini, che le poten-ziali cause scatenantidi un processo auto-immune sono molte-plici e che il ru o l osvolto dagli elementivirali non si limita al-l’innesco, poichè i de-terminanti antigeniciin comune con l’ospi-te permettono al si-stema immunitariodi continuare indefi-nitamente nel tempo l’attività aggressivanei confronti degli antigeni non ricono-sciuti nel contesto del se’ biologico [26]. Sipuò facilmente intuire come il mimetismom o l e c o l a re sia, in biologia, un eventopiuttosto comune. Perché si realizzi, non ènecessaria una completa identità di se-quenze, ma soprattutto una configurazio-ne spaziale che ripeta, nella similitudine,la possibilità di risposte identiche (con laformazione di anticorpi) da parte delsistema immunitario. La generazione dicellule citotossiche, come anche la produ-zione di anticorpi, diretta contro i deter-minanti antigenici in comune tra agentipatogeni e organismo ospite, rappresental’elemento unificatore di quadri patologi-ci, diversi nell’aspetto lesionale ma similinel movimento patogenetico. Ciò implicauna seconda ed interessante considera-zione: non è necessaria una replicazioneda parte del virus (talvolta anche dei bat-teri) omologhi alle strutture proteiche delse’ biologico, ai fini di una evolutività,poiché questa si realizza attraverso un in-

Tabella 1

Perossidasi tiroidea 241-250PAAGTACLPF

Prot. 100-K dI Adenovirus 2 e 5 794-803GAAGTACSPT

Perossidasi tiroidea 424-431FQQYVGPY

DNA-polimerasi di HBV 92-99CQQYVGPL

Perossidasi tiroidea 579-588VADKILDLYK

Proteina E2 di HPV tipo 33 11-20VQEKILDLYE

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invariabilmente con la forma coccoide:quest’ultima si è rivelata la più frequentenel caso degli adenocarcinomi [53].

Come corollario aquesta lunga tratta-zione sulle patologiea u t o i m m u n i t a r i elegate alla tiro i d e ,nella quale si è cerca-to di mettere in lucequanto il moventeetiopatogenetico sialegato pre v a l e n t e-mente ad un fattore diorigine infettiva, èlecito far osservarecome questi paradig-mi di malattia cronicasi rifanno esattamenteal modello di Hahne-mann.Il criterio di valuta-zione delle malattiecroniche adottato daHahnemann trova u-na buona corrispon-denza nella ricerca di

base della moderna immunopatologia.Secondo l’originario modello omeopati-co, infatti, le malattie croniche sono inne-scate da un processo infettivo che deter-mina, nell’individuo, una graduale edingravescente alterazione della ForzaVitale.Tale alterazione si manifesta con una sin-tomatologia evolutiva e può essere facil-mente paragonata alla risposta immuni-taria, mediante la quale l’individuo inte-ragisce in maniera specifica con l’agentepatogeno innescante. Il ruolo degli agentiinfettivi, in base a questo modello, non èdeterministico sulle conseguenze patoge-netiche, bensì mediato dalla rispostaimmunitaria specifica, fornendo un otti-mo esempio di modello patologico condi-visibile dalla metodologia omeopatica. Ilmodello patogenetico delle tiroiditi pre-senta analogie molto interessanti con lametodologia di studio delle malattie cro-niche ereditata da S. Hahnemann. In basea questa analogia, il cui elemento caratte-rizzante è l’innesco infettivo, è possibileindividuare un farmaco che offra un buoncriterio di similitudine sulla sintomatolo-gia globale dei pazienti e sugli elementi

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carioide che, dopo trattamento specifico,tende a scomparire completamente alme-no nel 67% dei pazienti trattati, mentrenel 24% si riducesolo parzialmente. Ilfenomeno è mag-giormente correlatoalla presenza di an-ti-H. pylori di tipoIgG e IgA [47]. Dinotevole interesse èl’associazione traorticaria e tiro i d i t edi Hashimoto, neisoggetti con rispostaa n t i - h e l i c o b a c t e r[48-50].

Rifacendoci aquanto detto in pre-cedenza in meritoalla estrema variabi-lità antigenica, an-che simultanea, du-rante le infezioni daH. pylori, possiamod i re che l’osserva-zione più eclatantedi questa variazione è la possibilità di unaconversione dalla forma bacillare classicaa quella coccoide. In vitro questa varia-zione di morfologia, della composizioneintracellulare e delle proprietà di superfi-cie, si presenta dopo soli 10 giorni di col-tura. Gli studi mettono in evidenza la dif-ferenza sostanziale tra le due forme e cipermettono di capire la possibilità di tra-smissione e la sopravvivenza dell’agenteinfettivo fuori dall’organismo ospite [51].La cosa più sconcertante di questi lavori èche l’agente infettivo in questione mante-neva la sua crescita prevalente in ambien-te moderatamente alcalino (pH 8-8,5),mentre nel suo passaggio alla forma coc-coide perdeva completamente la sua atti-vità ureasica [52]. La presenza di questeforme coccoidi si è rivelata, nel tempo,sempre maggiore rispetto alle aspettative,in quanto in uno studio condotto su 111frammenti di tessuto provenienti tutti dagastrectomie di soggetti affetti da ulcerebenigne, adenocarcinomi e tumori linfoi-di dello stomaco, si è notata la presenza ditale variante in almeno 53 casi dei 111 esa-minati (82,8%); questo suggerisce che laforma bacillare dell’H. pylori coesiste

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etiologici della malattia in questione. Al-cuni agenti infettivi sopraindicati, infatti,intervengono nell’attivazione del proces-so specifico, inducendo una risposta im-mune (più precisamente autoimmune).Recuperando la nozione hahnemannianadi specifico anti-infettivo, lo studio dellamateria medica ci permetterà di indivi-duare il o i farmaci in grado di agire sullarisposta immunitaria specifica [54]. Traqueste, le analogie tra agente infettivo efarmaco, che più frequentemente si pre-sentano in corso di tireopatie autoimmu-ni, sono quelle rappresentate in tabella 2.

Ad esempio, l’interesse omeopaticodella tiroidite di De Quervain risiede nel-la specificità della sintomatologia, laquale richiama fortemente gli effetti spe-rimentali di Arsenicum album, come fa-cilmente verificabile nella Materia Me-dica Pura di Hahnemann, ai sintomi nu-merati 232 (dolore alla deglutizione); 169(irradiazione all’orecchio); 198 e 201 (irra-diazione al mascellare); 28, 746 e 831 (a-stenia); 912, 936 e 951 (brividi intensi, cuisegue febbre).L’applicazione di questa metodica tera-peutica sul processo morboso cro n i c opermette di ottenere dei risultati quantomai entusiasmanti ed incoraggianti per ilprossimo futuro.♦

Per la Biografiasi rimanda

al sito Internet

www.omeonet.com

L

Tabella 2

EBV: Silicea, Phosphorus

CMV: Calcarea Carbonica

Chlamydia psittaci: Acido Nitrico

Spumavirus: Arsenicum Album

H. pylori: BismuthumCalcarea Carbonica, Phosphorus

Salmonella (tifo): Phosphorus

HPV: Thuja

Adenovirus: Silicea

Vaccinazione: Calcarea carbonica