Logos n. 22 del 30/11/2014

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Mater Matera 22 30 nov 2014 copia € 1,00 • abb. € 18,00 M atera “Civitas Mariae”, Città di Maria, è da poco più di un mese Capitale Euro- pea della Cultura 2019: due qualifiche che si completa- no, perché Matera è Capitale Europea della Cultura anche grazie a Maria, al profondo legame che il popolo di Ma- tera e della Basilicata ha con la Madonna. La storia di Ma- tera è impregnata di Cristia- nesimo, di fede, di affetto fi- liale a Maria, Madre di Cristo e Madre dell’umanità. Lo te- stimonia non solo la grande partecipazione popolare alla Festa della Bruna, con il suo percorso de “la Bruna tutto l’anno”, ma anche la miriade di raffigurazioni della Madon- na disseminate nelle centinaia di chiese rupestri. Il convegno storico-teologico Mater Ma- tera, promosso dall’Arcidio- cesi e dall’Istituto Superiore di Scienze religiose “Anselmo Pecci”, di elevato spessore culturale, in occasione dei sessant’anni della proclama- zione di Matera a “Civitas Mariae”, ha dato ragione di questa verità. Docenti dell’U- niversità di Basilicata e delle Pontificie Università dell’Italia Meridionale di Napoli e del Marianum di Roma, hanno raccontato una storia segna- ta dal dolce volto materno di Maria e dal Suo ruolo nella storia della salvezza, nonché dell’importanza della Madon- na nella vita dei fedeli e nella cultura del nostro popolo. Filippo Lombardi

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MaterMatera

22 30 nov 2014copia € 1,00 • abb. € 18,00

Matera “Civitas Mariae”, Città di Maria, è da poco

più di un mese Capitale Euro-pea della Cultura 2019: due qualifiche che si completa-no, perché Matera è Capitale Europea della Cultura anche grazie a Maria, al profondo legame che il popolo di Ma-tera e della Basilicata ha con la Madonna. La storia di Ma-tera è impregnata di Cristia-nesimo, di fede, di affetto fi-liale a Maria, Madre di Cristo e Madre dell’umanità. Lo te-stimonia non solo la grande partecipazione popolare alla Festa della Bruna, con il suo percorso de “la Bruna tutto l’anno”, ma anche la miriade di raffigurazioni della Madon-na disseminate nelle centinaia di chiese rupestri. Il convegno storico-teologico Mater Ma-tera, promosso dall’Arcidio-cesi e dall’Istituto Superiore di Scienze religiose “Anselmo Pecci”, di elevato spessore culturale, in occasione dei sessant’anni della proclama-zione di Matera a “Civitas Mariae”, ha dato ragione di questa verità. Docenti dell’U-niversità di Basilicata e delle Pontificie Università dell’Italia Meridionale di Napoli e del Marianum di Roma, hanno raccontato una storia segna-ta dal dolce volto materno di Maria e dal Suo ruolo nella storia della salvezza, nonché dell’importanza della Madon-na nella vita dei fedeli e nella cultura del nostro popolo.

Filippo Lombardi

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L'avvento è l'inizio per eccellenza, dal quale è possibile contemplare tutto

il mistero di Cristo, del tempo, della sto-ria. Siamo abituati a una serie continua di inizi: il capodanno, l'inizio dell'an-no sociale, dell’anno pastorale e, ora, dell’anno liturgico. È difficile così met-tere bene a fuoco l'importanza dell'av-vento, tempo che invita a fare memoria della venuta di Dio nella storia. Non tan-to dell’intervento divino come parola o promessa, come nel vecchio testamento, ma come Persona. Nel mondo d’oggi si fanno mille cose contemporaneamente e tutte a un ritmo frenetico: il tempo è denaro, l'attesa è un intervallo morto. Nel mondo filosofi-co post-moderno l'attesa di Dio è quella messa in scena da Beckett in "Aspettan-do Godot": una attesa vana che paralizza e inaridisce la vita. La memoria, poi, ha il fiato corto. Si vive proiettati nel futu-ro. Tutto l'insegnamento di Gesù è, in-vece, un'insistenza sul presente, sul qui ed ora. Nella sinagoga di Nazareth, dopo aver letto il brano di Isaia in cui si parla di un Salvatore futuro, disse: "Oggi questa parola si è compiuta". O, ancora, si rivol-se così alla Samaritana che si augurava tempi migliori dopo la venuta del Mes-sia: "Sono io che sto parlando con te". Le cose di ogni giorno, piccole o grande, serene o drammatiche che siano, hanno

valore di eternità. Per questo i due atteg-giamenti dell’avvento sono quelli di ve-gliare e stare pronti: la redenzione è vici-na (Matteo 24:36-51). Sulla terra, l'uomo attende il ritorno del Signore; in cielo il Signore attende il ritorno dell'uomo.L'Avvento quindi non è principalmente un tempo penitenziale nella prospettiva del ritorno del Signore per il giudizio, bensì la celebrazione gioiosa dell'Incar-nazione, e, a partire da ciò, è attesa an-che della parusia. Il tempo d'Avvento ha dunque una doppia caratteristica: è tem-po di preparazione alla solennità del Na-tale, in cui si ricorda la prima venuta del Figlio di Dio tra gli uomini; contempo-raneamente, è il tempo in cui, attraverso tale memoria, lo spirito dei fedeli viene guidato all'attesa della seconda venuta di Cristo alla fine dei tempi. Il Calendario Liturgico della Chiesa ha inizio con il Tempo d‘Avvento, composto da 4 domeniche (6 nel rito ambrosiano). È un tempo di preparazione spirituale al Natale, fatto di attesa e preghiera. Nel-le domeniche di Avvento non si dice il Gloria e il colore liturgico è il violaceo. Nella terza domenica d‘Avvento, detta in Gaudete, si può usare il colore rosaceo. In questo tempo liturgico ha un ruolo importante la festa dell‘Immacolata con-cezione della Beata Vergine Maria, cele-brata l‘8 Dicembre.

Avvento 2014Attesa e speranza

Giuditta Coretti

n. 22 - 30 Novembre 2014

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Concluso il sinodo straordinario sulla familglia

La Buona scuola

Organizzare il tempo-scuola

Giornata Mondiale delle Migrazioni

La svolta americana

Sogni e desideri dei bambini: vietato dimenticarli

Giornata delle claustrali

“Impresa” d’amore a San Pio X

Convegno mariano “Mater Matera”

Maria, l’Odigitra

“Matera Cappadocia d’Italia”

Arriva la ricetta medica "dematerializzata"

Più morti che nati

Legge di stabilità

La colletta alimentare

Lettera al Direttore...

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Sommario

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Uno dei quotidiani italia-ni più noti ha pubblica-

to giorni addietro un ampio articolo corredato da una foto dei Giudici della Rota Romana con Papa France-sco. Il titolo è ammiccante: “La Sacra Rota dev’essere gratuita”. Un esempio di come i mezzi di comunica-zione fanno informazione ma anche disinformazione. Il testo in sé, intendiamoci, è sostanzialmente corretto nel riferire la notizia. Ma è il modo di organizzare i titoli con immagini non pertinen-ti che lascia a desiderare ed induce all’equivoco. Ed in-fatti, al lettore superficiale o distratto, sembra che il papa abbia voluto bacchettare il Tribunale Apostolico della Rota per gli affari che lì vi si farebbero attorno alle nulli-tà matrimoniali. Ma ci sono due cose che non vanno: prima, l’incontro non era destinato alla Rota ma ad un gruppo internazionale di studenti che hanno seguito un corso organizzato in seno alla Rota; seconda, il papa non ha detto che i processi matrimoniali devono essere gratuiti. In verità ha detto che bisogna essere attenti “… che le procedure non siano entro la cornice degli

affari”. Ed ha aggiunto: “… nel Sinodo alcune proposte hanno parlato di gratuità, si deve vedere …”. Una rispo-sta interlocutoria non è una affermazione. Soprattutto, non è vero che nei tribunali ecclesiastici si facciano affari sulle sventure matrimoniali. Come hanno correttamente informato altri giornalisti, oggi la percentuale di gratu-ità nei processi rotali sfiora il 53 per cento. Il contribu-to alle spese processuali è modesto e si aggira intorno ai 525 euro una tantum. La CEI ha provveduto poi ad assicurare con apposito ta-riffario che gli onorari de-gli avvocati non eccedano i 2900 euro, partendo da un minimo di 1500. I tribuna-li sono tutti dotati di uno o più avvocati d’ufficio (sti-pendiati dal tribunale stes-so), senza ulteriore aggravio di spese a carico delle parti, oltre al contributo alle spe-se processuali di cui sopra. Dunque, è una vera leggen-da metropolitana quella di chi afferma, spesso senza mai aver messo piede in un tribunale della Chiesa, che essi siano il luogo del malaf-fare. Il fatto che poi ci siano professionisti (avvocati) che non rispettino ed eccedano

il tariffario, non può essere addotto come dimostrazio-ne del malaffare. Si tratta di casi dolorosi, ma isolati e perseguibili. Il papa stesso lo ha affermato, ricordando un episodio di epurazione nel tribunale di Buenos Ai-res. Certo è che però, al di la’ della notizia rettamente o maldestramente esposta, il papa pone un problema che esige soluzioni a beneficio della giustizia e dei fedeli che chiedono una risposta della Chiesa sulla loro vicen-da coniugale purtroppo nau-fragata.Dalle parole del papa, se rettamente interpretate, si evincono alcuni dati. An-zitutto, la necessità che i processi rimangano: “… c’è tanta gente che ha bisogno di una parola della Chiesa sulla sua situazione matri-moniale”, ha detto il Santo Padre. Dunque, non si trat-ta di un lavoro superfluo. Ad alcuni piacerebbe l’idea di una Chiesa senza strut-ture, ma il papa ribadisce che la salus animarum non si trova fuori della giustizia, ma all’interno di essa. Un secondo dato: che i proces-si devono essere più snelli. Una Commissione, di recen-te istituzione, avrà proprio

il compito di trovare strade percorribili in questo senso. Un terzo dato: gli interessi economici mal si compon-gono, anzi, non si compon-gono affatto con gli interessi spirituali. E’ però innegabile che anche la Chiesa abbia bi-sogno di mezzi – per quanto modesti – per il persegui-mento degli interessi spiri-tuali. E’ lo stesso motivo per cui i fedeli sono invitati ad offrire quanto possono – ed in alcuni casi una oblazione obbligatoria – quando chie-dono servizi religiosi che comportano un dispendio di mezzi o di denaro: è il caso dei sacramenti o sacramen-tali (matrimoni, funerali, prime comunioni, incontri di catechesi, etc). E devo anche dire, secondo la mia esperienza, che i fedeli sono generosi se trovano traspa-renza. Gli unici a protestare sono solo un manipolo di bloggers incalliti, che sco-razzano nella rete a caccia di notizie religiose per inve-lenire e gettare discredito, ma che forse non hanno mai messo piede in una chiesa e men che mai metteranno mano ai cordoni della borsa per sostenere la Chiesa nelle sue attività apostoliche, che ritengono inutili e dannose.

Concluso il sinodo straordinario sulla familgliaCos’ha realmente detto Papa Francesco?

Piero Amenta

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Non l’ennesima riforma, ma un patto educativo. In questi termi-ni fu presentato a settembre, dal Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, il Piano per la Buona scuo-la, che ruota intorno a dodici punti principali: stop al precariato e nuo-ve immissioni tramite concorso; fine delle supplenze; introduzione del merito e della carriera dei do-centi; aggiornamento e innovazio-ne; trasparenza e rendicontazione sociale; più educazione tecnologia, fisica, musica e storia dell’arte; raf-forzamento delle lingue straniere e introduzione del coding; alternan-za scuola-lavoro; finanziamenti da privati. Di tutto di più, dunque. Dalla revisione del ruolo profes-sionale dei docenti, il cui contrat-to è fermo da anni, alla rendicon-tazione pubblica del servizio, alla modifica dei programmi. È stata poi effettuata per due mesi una consultazione on line per acquisi-re i pareri degli interessati: docen-ti, alunni e famiglie. Terminata la consultazione on line, bisognerà ora esaminare le 170mila risposte al questionario, i 15 mila commen-ti e le 3.500 proposte pervenute, al fine di rendere il Documento più conforme alle attese della citta-dinanza. Di questo si è parlato lo scorso 15 novembre a Matera, alla presenza del ministro Giannini. “Questa consultazione - ha preci-sato Stefania Giannini - non voleva essere un referendum e non voleva essere un sondaggio: voleva essere un grande nastro registratore che ascolta tutte le voci diverse del Pa-ese, le analizza, le sente anche non sempre in sintonia con quello che abbiamo scritto”. All’incontro con il ministro dell’Istruzione Gianni-ni e la scuola lucana, hanno par-tecipato, tra gli altri, il presidente della Regione Basilicata Marcello Pittella, l’assessore regionale alla Formazione e Ricerca Raffaele Li-berali, il sindaco di Matera Capitale europea della Cultura 2019 Salva-tore Adduce. “Non è un caso che siamo qua: abbiamo cominciato da

Bolzano, siamo partiti dall’estremo Nord per arrivare al Sud del Paese, in una città che oltre a questa bel-lezza struggente, ha veramente in-carnato la capacità di un progetto di innovazione ma che non stravol-ge lo spirito di identità” – ha detto il ministro. L’evento ha ospitato tante esperienze di buone pratiche scolastiche avviate nel territorio, dalla sperimentazione del coding, attività di programmazione infor-matica, all’alternanza scuola-lavo-ro, ed è stato trasmesso in diretta streaming sui siti istituzionali del Ministero e della Rai. Al centro dell’incontro ci sono sta-ti i ragazzi. Dopo l’esibizione degli allievi del Conservatorio, una clas-se dell’Istituto Majorana di Brindi-si ha realizzato una lezione 2.0 uti-lizzando gli strumenti digitali. Gli alunni dell’Istituto comprensivo Pascoli di Matera, hanno raccon-tato la loro esperienza di coding, e gli studenti dell’Istituto Federi-co II di Svevia di Melfi, hanno de-scritto le Olimpiadi internazionali della multimedialità. L’Istituto su-periore Pentasuglia di Matera ha illustrato la pratica di alternanza scuola-lavoro con la Renault e per Monàchers’ SmartLab un gruppo di lavoro ha riferito come ha tra-sformato il laboratorio di informa-tica dell’Istituto comprensivo Mi-nozzi di Matera attraverso l’etica e il software open source. Stefania Giannini si è detta soddisfatta dei risultati della consultazione “sia in senso qualitativo sia in senso quan-titativo. C’è una grande voglia d’in-novazione, non di stravolgimento, c’è tanta voglia di buona scuola in Italia e tanti istituti presentano progetti formativi di qualità. Oc-corre però una regia, per dare cen-tralità al nostro Paese. Fra alunni e personale, la scuola in Italia è una comunità che raccoglie oltre 10 milioni di persone. Un numero così elevato che spesso si è costret-ti a guardare solo alle emergenze quotidiane. Non può e non deve es-sere più così”. G.C.

A scuola è preferibile la settimana di sei giorni o la settimana corta? Ogni famiglia può, in pre-senza di offerte di tempo scuola diversi, eser-citare la propria libertà di scelta per la scuola primaria e per la secondaria, o per lo meno suggerire, attraverso le rappresentanze agli Organi collegiali, la possibilità e la necessità di introdurre un cambiamento nell’articolazione del tempo scuola su cinque giorni settimana-li. Il periodo migliore per farlo è questo, pri-ma delle iscrizioni all’anno scolastico 2015/16, che avverranno, presumibilmente, a febbraio. C’era una volta il sabato a scuola. Oggi, con l’autonomia scolastica, il sabato è al centro di polemiche e contrasti: c’è chi lo vuole a scuola, per dare più respiro alla didattica, spalmando le lezioni su sei giorni e chi preferirebbe il week end libero per dedicarsi allo sport, alle relazio-ni sociali, alla famiglia. All’economia degli enti locali converrebbe la settimana corta, per un risparmio su bollette dell’energia, riscaldamen-to, trasporti, mense. Alcuni istituti del nostro territorio la settimana corta l'hanno già intro-dotta, tanti tengono la scuola aperta ma sol-tanto per alcune classi, altri hanno considerato l'ipotesi e sondato docenti e famiglie. Posizioni articolate e pareri diversi anche fra presidi, do-centi e genitori. Dibattito aperto, anche all'in-terno dell'Amministrazione. L'organizzazione dell'orario settimanale di frequenza delle lezio-ni spetta alle singole scuole, ormai autonome in materia di scelte didattiche ed organizzative a seguito della L. 15.03.1997 n. 59 e del D.P.R. 275/99. Sono sempre più numerose le scuole, soprattutto al Nord, che scelgono la settimana corta, una tendenza ormai da tempo affermata per le scuole europee. La scelta non è dovuta solo ad una sorta di “armonizzazione” con i tempi delle famiglie, ma è spesso sollecitata a causa delle esigue poste di bilancio disponibili per Comuni e Province per la manutenzione, gli arredi, le utenze delle scuole. Per il momen-to, sul nostro territorio, questa opzione potreb-be essere ragionevolmente offerta e sostenuta dagli istituti comprensivi, che coprono le fasce di alunni frequentanti le scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado. Più com-plessa sarebbe la gestione della settimana corta alle superiori. Ricordiamo anche, in conclusio-ne, che il sabato libero è più un’esigenza degli adulti, che dei ragazzi, ai quali magari meglio si adatterebbe un giorno libero in mezzo alla settimana, tipo il mercoledì. G.C.

La Buona scuolaRiparte da Matera

Organizzare iltempo-scuolaMeglio la settimana corta?

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Fra i tanti eventi che caratterizzano la sto-ria del nostro Paese uno dei più rilevan-ti è l’immigrazione. Essa avviene per cau-se politiche, guerre, persecuzioni, povertà e ricerca di maggiore benessere. L’Italia, Ba-silicata compresa, si è trasformata negli ul-timi decenni da paese di emigrazione verso l’America e l’Europa settentrionale in meta di flussi provenienti dall’Europa orientale, dall’Africa, dall’Asia e dall’America Latina. In Basilicata 1/3 degli im-migranti che chiedono asilo giungono a Mate-

ra, 2/3 nella provincia di Potenza. La prefet-tura di Matera gestisce due centri di prima accoglienza, mentre tramite il progetto SPRAR del Ministero degli Interni vengono ospitate famiglie con minori e singoli. Ma-tera continua ad acco-gliere, facendo proprio il messaggio di Papa Francesco: “Abbiamo bisogno di comuni-tà solidali che vivano l’amore in modo con-creto! La fraternità ci fa scoprire che l’altro è una ricchezza, un dono per tutti! Vivia-mo la fraternità!

Ernestina Soda

Sarà anche un’“anatra zoppa” (dopo la batosta delle elezioni di medio ter-mine), ma bisogna ammettere che ha mostrato molto coraggio. L’annuncio in Tv del Presidente Obama prefigura una riforma epocale: con un suo de-creto esecutivo, previsto tra i poteri presidenziali, regolarizzerà (seppur temporaneamente) la posizione degli immigrati illegali che si trovano negli Usa da più di cinque anni, o hanno un figlio nato negli Usa, o che sono tito-lari di un permesso di soggiorno per-manente; questi potranno ottenere un permesso di lavoro di tre anni, a con-dizione di non aver commesso reati. “Siamo sempre stati e saremo sempre un Paese d’immigrati. Anche noi sia-mo stati stranieri una volta, e ciò che ci rende americani è la nostra ade-sione a un’ideale comune, quello che tutti siamo creati uguali”. Con queste motivazioni di fondo, dal sapore antro-pologico e religioso al tempo stesso, Obama ha voluto dar ragione del suo

provvedimento che riguarderà circa 5 milioni di persone, quasi tutti della co-munità ispanoamericana, poco meno della metà del totale degli immigrati irregolari negli States. La conseguenza pratica più evidente per gli immigrati beneficiari del decreto riguarderà la si-curezza di evitare la cosiddetta “depor-tation”, il rimpatrio forzato nei Paesi di origine, spesso causa della separazione delle famiglie, soprattutto dei genitori dai figli. “Un’amnistia di massa non sa-rebbe giusta - ha spiegato Obama - ma anche una ‘deportazione’ di massa sa-rebbe impossibile e contraria al nostro spirito”. “Bisogna uscire dall’ipocri-sia - ha aggiunto - perché l’amnistia è quella che abbiamo oggi, dove milioni di persone che vivono qui non pagano tasse e non rispettano le regole”. Ov-viamente, al decreto si accompagnerà contestualmente il rafforzamento dei controlli alle frontiere, per impedire ulteriori ingressi clandestini negli Sta-ti Uniti.

Chiesa senza frontiere, Madre di tutti, sarà il tema di appro-fondimento della Giornata Mondiale delle Migrazioni, in programma per il 18 gennaio 2015. La Giornata si celebra in Italia, con l’impegno di valoriz-zare le esperienze e le riflessio-ni della regione ecclesiale della Basilicata. Il riferimento alla realtà lucana è molto significa-tivo se si collega alle proporzio-ni demografiche, al problema della mobilità umana in Basi-licata, che ha migranti lucani nelle più grandi nazioni del mondo, e immigrati e rifugia-ti delle nazioni più povere del mondo, dal continente africa-no, al Medio Oriente, alla Cina, di cui Matera, da alcuni decen-ni, è il secondo punto di riferi-mento dopo Prato. In prepara-zione all’evento internazionale promosso dalla Fondazione Mi-grantes, che farà particolare riferimento alla presentazione delle due ricerche “Rappor-to Immigrazione Caritas/Mi-grantes” e “Rapporto Italiani

nel Mondo della Migrantes”, si avranno incontri su temati-che specifiche della mobilità e delle problematiche pastorali e sociali delle migrazioni. La Chiesa cattolica è impegnata per questo evento nello spiri-to dell’invito “Accoglietevi gli uni agli altri come Cristo Re ha accolto voi, per la gloria di Dio” (Rm 15,7), perché i nostri fratelli migranti, spesso soli, abbandonati, sfruttati, una minoranza non riconosciuta, possano meritare un’attenzio-ne pastorale particolare, per-ché non rimangano ai margini della Chiesa. La Basilicata è chiamata a testimoniare, a il-lustrare il ruolo forte e unico, sempre svolto nelle realtà este-re dai nostri migranti, che si sono fatti valere e accogliere in senso positivo, come testimo-niano figli di lucani in Canada, eletti nel parlamento naziona-le, e per ultimo l’attuale Sin-daco di New York, originario di Grassano, comune che ha voluto visitare nei mesi scor-

si, accolto da una popolazione commossa e festosa. Il panora-ma e la storia degli immigrati in Basilicata sono molto vaste, se si fa riferimento agli ultimi cinquanta anni. Nell’occasio-ne, il numero degli immigrati in Basilicata, rispetto agli abi-tanti locali (si pensi agli oltre mille cinesi occupati a Matera, ai rumeni, agli albanesi, ma-rocchini, ed ora anche ai pro-fughi dell’Ucraina in guerra), piace ricordare il ruolo opera-tivo svolto dalla Chiesa mate-rana nei confronti di numerose famiglie in fuga dagli anni ’90 dalla vicina Bosnia ma anche dall’Albania e Jugoslavia, la cui accoglienza ha fornito posti di lavoro, assistenza scolastica fino a promuovere, nei giova-ni, ruoli di alto profilo, come giornalisti, scrittori. Il proble-ma è nella gestione di migliaia d’immigrati africani, regolariz-zati e non, che operano stagio-nalmente da anni nelle campa-gne del Metapontino e dell’Alto Bradano (Venosa, Lavello, ecc.)

senza contare le difficoltà cre-scenti di accoglienza degli esu-li che sono soccorsi e sbarcano sulle nostre coste meridionali. Essi costituiscono l’attualità più viva da monitorare e ge-stire non solo a livello civile e sociale, ma soprattutto nelle nostre piccole e deboli comu-nità. E’ necessario e doveroso evitare “la tendenza a isolarci, a discriminare, a emarginare, a escludere l’altro in quanto diverso da noi”. Siamo invita-ti, e la Giornata Mondiale delle Migrazioni 2015 deve essere il nuovo punto di riferimento non solo spirituale per miglio-rare l’accoglienza dei nostri fratelli più poveri e deboli con l’aiuto delle nostre famiglie, delle associazioni, delle comu-nità, dei gruppi di lavoro, eli-minando in noi i pregiudizi, le discriminazioni, le prevenzio-ni, i risentimenti, le intolleran-ze verso questo o quel prossi-mo, come ha sempre sostenuto Chiara Lubik con il Movimento dei Focolarini.

Immigrazione nellaprovincia di Matera

La macchina dell'accoglienza funziona

La svolta americanaObama: “Anche noi siamo stati stranieri”

Giornata Mondiale delle MigrazioniDaniele Cappiello

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Come ogni anno il 20 novembre si è celebrata la Giornata Mondiale per

i Diritti dell'Infanzia e dell'Adolescen-za. La giornata, arrivata al suo 25° an-niversario, intende ricordare i diritti dei minori a partire da una data im-portante: il 20 novembre 1989, quan-do fu approvata dalle Nazioni Unite la Convenzione sui Diritti dell'Infan-zia. Sono milioni i bambini in tutto il mondo che non hanno la possibilità di vivere la loro infanzia serenamente. Il lavoro minorile resta una delle mag-giori piaghe

della società contemporanea, tanti i bambini costretti a lavorare e che non vanno a scuola. Negli ultimi anni si è spaventosamente diffusa in alcune parti del mondo la pratica di reclutare i bambini negli eserciti impiegandoli in azioni di guerra, che vengono cat-turati, mutilati, feriti, uccisi. Coloro che sfuggono alla morte si portano dietro per sempre un terribile e vio-lento passato. Inoltre, anche quando la guerra cessa, continuano a morire a causa delle mine, sparse ovunque, anche nei giocattoli lasciati intenzio-

nalmente ai margini delle stra-de. Altro dato allarmante che non può più essere ignorato è l'industria sessuale in con-

tinua crescita. Pro-stituzione, abusi sessuali, traffico di bambini, uti-

lizzo per uso por-nografico: que-

ste sono solo alcune, forse le più evidenti

forme di sfrut-tamento sessuale dei minori. Spesso bambine e bam-bini vengono ra-piti e sacrificati

alla perversione di pedofili. Stuprati per pochi soldi ad "in-contro". La prostitu-

zione è una delle varie forme

di schiavitù accanto alla compraven-dita e allo sfruttamento lavorativo. Appare chiaro che tra le tante forme di violenza, quella dello sfruttamento sessuale resta la più brutale in asso-luto. Subiscono violenza fisica con maggiore frequenza i bambini più piccoli, i minori portatori di handi-cap, i minori che lavorano, e quelli che vivono in famiglie al cui interno si verificano episodi abituali di violenza fisica e psicologica. Esemplare come le parole dell’uomo nell’Art. 32 della Convenzione Internazionale sui Dirit-ti dell’Infanzia: “Gli Stati riconoscono il diritto del fanciullo di essere protet-to contro lo sfruttamento economico e di non essere costretto ad alcun la-voro che comporti rischi o che sia su-scettibile di porre a repentaglio la sua educazione o di nuocere alla sua sa-lute o al suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale”, altro non fanno che riprendere la Parola di Dio in Marco 10,13-16: “Gli presentavano dei bambini perché li accarezzasse, ma i discepoli li sgridavano. Gesù, al vedere questo, s'indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio. In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso». E prendendoli fra le braccia e ponendo le mani sopra di loro li benediceva”. Pertanto lasciamo che i bambini facciano i bambini e vi-vano con serenità i propri sogni.

Sogni e desideri dei bambini: vietato dimenticarli20 novembre Giornata Mondiale dei diritti dell’Infanzia

Ernestina Soda

Con una veglia di preghiera, sabato 29 novembre, nella Basilica di Santa Maria Maggiore e con una solenne cele-brazione eucaristica in san Pietro, papa Francesco ha dato inizio all’anno della Vita Consacrata. Nel corso del 2015 sono previsti incontri, iniziative, momenti di adorazione, veglie e tanto altro. Il Papa nel suo Messaggio ricorda: “le persone consacrate sono degne di Dio nei diversi ambienti di vita, sono lievito per la crescita di una società più giusta e fraterna, sono profezia di condivisione con i piccoli e i

poveri. Così intesa e vissuta la vita consacrata ci appare proprio come essa è realmente: un dono di Dio alla Chie-sa, un dono di Dio al suo popolo! Ogni persona consacrata è un dono per il popolo di Dio in cammino”.

Padre Angelo Laddaga - rogazionista

30 novembre 2019 - 2 febbraio 2016

Anno della Vita Consacrata

n. 22 - 30 Novembre 2014

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Cristiana Dobner

Emancipazione della donna, parità, femminismo, quote rosa… e chi più ne ha più ne metta. Quanto hanno a che

vedere con la donna monaca claustrale? Ben poco si direb-be, forse addirittura in netta contraddizione. Una vita spesa in un perimetro fisico e geografico, senza uno scopo sociale o un’incidenza diretta sui gravi problemi attuali: dal soccorso ai migranti, ai senza tetto, ad ogni povero che tenda la mano o abbia bisogno di vicinanza per giungere a sera, non susci-ta un sentire che, anche a definirlo urbanamente, si avvicina al rifiuto per mancanza di sensibilità, di solidarietà umana? Questa è un’ottica che colloca il suo focus esternamente. Pro-viamo a collocarlo internamente? Dove però? Nella fede viva, altrimenti tutto si apparenta ad una sorta di misoginia e di mi-sandria, nel prendere cioè le distanze dai propri simili e guar-darli da lontano: per non sporcarsi le mani? Indubbiamente, noi monache contemplative risultiamo scomode, suscitiamo interrogativi che non trovano immediata utilità in un conte-sto sociale dove conta solo chi produce e che cosa produce. Noi non contiamo nulla e nulla produciamo. Ci spendiamo così, semplicemente. Canta il poeta R. M. Rilke:Non attendere che Dio su te discenda e ti dica “Sono”.Senso alcuno non ha quel Dio che afferma l’onnipotenza sua.

Sentilo tu nel soffio, onde Egli ti ha colmo da che respiri e sei.Quando non sai perché t’avvampa il cuore:è Lui che in te si esprime.Noi lasciamo che Egli si esprima nel vortice del nostro secolo. Lasciamo che Egli tocchi tutta la dimensione della nostra tor-mentata storia, le imprima un senso e porti tutti a credere nel Creatore, perché memori di una lapidaria espressione di Ago-stino, affermiamo: “Toccare con il cuore, questo è credere”.È il senso recondito della nostra ubiquità, nella nostra silente e nascosta presenza in ogni luogo, in ogni persona, in ogni sofferenza e in ogni gioia. Non perché contiamo noi ma per-ché conta la Presenza di Colui al quale vogliamo essere traspa-renti e che vogliamo trasparisca. Questa postura non conosce ruggine o intaccamento di usura dai secoli perché si radica in Dio stesso, nella Sua azione salvifica per l’umanità intera: lasciarsi percorre dalla “passione dell’amore”, che già Origene aveva puntualizzato. Resa punta e vertice di un’esistenza ma anche tessuto connettivo indistruttibile, perché apre la per-sona all’Infinito, le indica la sua meta, la rende partecipe di una corrente di salvezza che travolge. In un perimetro. Nella solitudine. Nel silenzio. Non bomba d’acqua distruttiva ma corrente vivificante.

Giornata delle claustraliNoi, contemplative siamo “scomode”

Nasce in un pomeriggio d’estate l’idea di questa “impresa” d’amore, perche’ per costruire qualcosa ad “opera d’ar-te” occore una buona “impresa costruttrice”. Dopo un lungo colloquio con don Gino sulle va-rie problematiche e sui proget-ti da realizzare in parrocchia, tornai a casa con una grande convinzione, dovevamo far ca-pire al nostro parroco che lui non era solo, che gli volevano bene. Come si dimostra l’affet-to? Facendo all’altro quello che vorresti fosse fatto a te. “L’opera di Maria”, ideale di vita di don Gino ci insegna a fare le cose in-sieme, con amore e per amore. Realizziamo, allora, qualcosa che a lui uomo e a lui sacerdote faccia piacere, non una festa il giorno dell’anniversario (11 lu-glio 2015), ma un progetto, un cammino, incentrato tutto sulla vocazione. Di qui l’idea di11 in 11, per arrivare all’11 luglio. Da settembre allora tutti all’opera.

Primo passo chiedere al papa in data 11 la sua benedizione, con la forza del santo Padre abbiamo cominciato

a donare alla comunità e al parroco momenti di gioiosa preghiera ogni 11 del mese. I vari gruppi parrocchiali,

si alternano, nella preparazione della liturgia secondo i loro ca-rismi, invitano un sacerdote che tiene l’omelia, preparano un re-galo simbolico, invitano gli altri gruppi e si prega assieme, tra e con, una visibile commozio-ne di don Gino, che si stupisce quasi come un fanciullo, davan-ti a tanto affetto.Gratuitamente avete avuto, gra-tuitamente date!Dopo la benedizione, ad ogni fine celebrazione, un grande “11” viene passato da un gruppo all’altro come segno di continu-ità, di unità e di umile sforzo alla carita’. Il giorno 11 luglio 2015 questo testimone dell’anno “gi-niano” (l’11) verra’ consegnato al vescovo, come testimonianza del cammino della comunita’ intorno al suo parroco.Auguri don Gino.

“Impresa” d’amore a San Pio X - Anno “giniano” in corso...Stefania

Mazzarone

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Paolo Tritto

Si è tenuto a Matera, dal 20 al 22 novembre, il convegno storico-

teologico “Mater Matera”, promosso dalla Diocesi e dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose, a sessant’anni della promulgazione di Matera “Ci-vitas Mariae” da parte del Consiglio comunale della città. Era l’anno 1954 e in quell’anno la Chiesa di Matera vi-veva indubbiamente una delle fasi più importanti della sua storia. «L’Anno Mariano 1954 e l’Arcidiocesi di Ace-renza-Matera» è stato il tema propo-sto da Francesco Sportelli, docente dell’Università della Basilicata. È stata questa una scelta felicissima perché, sebbene Sportelli si sia attenuto scru-polosamente all’esposizione dei risul-tati scientifici della ricerca storica, la sua relazione ha finito per rivelare con estrema chiarezza la concretez-za dell’opera di Maria nella vita della Chiesa e l’efficacia della sua incidenza nella storia.L’anno 1954 fu un passaggio cruciale per la Chiesa intera. In un mondo an-cora sconvolto dagli eventi che hanno segnato quell’epoca storica, Papa Pio XII volle rivolgere lo sguardo alla ma-ternità di Maria, indicendo un Anno Mariano. Nel ’54 la Chiesa materana era sotto la guida di mons. Vincenzo Cavalla, titolare della diocesi di Ace-renza e Matera. Ha notato Sportelli che mons. Cavalla, già molto provato dalla malattia, riesce comunque a fare dell’Anno Mariano un grande evento che avrebbe dovuto trovare compi-mento nella costruzione, sulla collina di Picciano, di un grande santuario mariano. Picciano è già meta di pel-legrinaggi ma il santuario è in stato di abbandono e arduo è inerpicarsi sui sentieri della collina. Improvvisamen-te però, il 14 febbraio di quell’anno, mons. Vincenzo Cavalla muore, pri-ma ancora della posa della prima pie-tra del santuario. Per altro, la Chiesa locale viveva un momento particolar-mente difficile.Matera era ancora aggregata alla dio-cesi di Acerenza, che si estendeva fino al territorio di Laterza e Ginosa, in

provincia di Taranto. Il Vaticano non mostrava disponibilità a dare auto-nomia alla Chiesa di Matera. Erano, infatti, gli anni in cui la Santa Sede stava procedendo alla ormai impro-crastinabile riduzione del numero delle diocesi. Viene nominato Ammi-nistratore Apostolico il giovane mons. Guglielmo Motolese, ausiliare del Vescovo di Taranto il quale, secondo Sportelli, incoraggiato da mons. Ber-tazzoni di Potenza, fa propria la tesi della separazione. Matera avrà dun-que un suo Vescovo, dopo nove secoli di unione con Acerenza; un lunghissi-mo periodo che è stato segnato, oltre che dalla difficoltà di governo di una diocesi così estesa e con poche vie di comunicazione, anche – per usare un’espressione di mons. Morelli – da “nove secoli di polemiche”.In quell’An-no Mariano del 1954, la Vergine ha davvero ma-nifestato la sua maternità nella Chiesa. Anche la Chiesa di Ma-tera, dopo secoli di travagliate vi-cende, ha rice-vuto una nuova vita. L’8 dicem-bre di quell’an-no – ha concluso Francesco Spor-telli – andando incontro al desi-derio del nuovo Vescovo mons. Palombella di consacrare la Città al Cuore immacolato di Maria, il Consi-glio comunale a l l 'unanimità proclamava la città di Mate-ra “Civitas Ma-riae”. Come ha sottolineato don

Leo San-torsola, q u e s t i e v e n t i che han-no inte-ressato la vita della Chiesa ma-terana, ci hanno mo-strato Maria come Colei che ci intro-duce a Cri-sto, ma anche come Colei che ci intro-duce nella sto-ria umana.

Matera “Civitas M

ariae”

Convegno mariano “Mater Matera”A 60 anni dalla proclamazione di Matera “Civitas Mariae”

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La cultura si mani-festa in molteplici

espressioni: storia, tra-dizioni, usi e costumi, letteratura, musica, pit-tura, architettura, poe-sia, arte… ma ciò che la esprime al massimo è il vissuto di un popo-lo, di una comunità, che nella quotidianità vive quanto di bello, di buono e di vero ha ereditato, che dà senso alla vita e apre al futuro con “spe-ranza affidabile”. Per comprendere appieno la cultura di una comunità bisogna cercarne le radici profon-

de e continuamente vivificarle per attingere dall’humus in cui sono im-merse ragioni per vivere e sperare in un futuro migliore. Le radici e l’hu-mus della cultura del popolo di Matera sono cristiane, sono impastate di fede, di carità, di speranza, sono impregnate di Vangelo vissuto, di filiale devozione alla Madonna, di pietà, di accoglienza, di dignità della persona umana e del

lavoro, di rispetto per il creato. Tutto questo costituisce una bella eredità che aiuta a leggere il presente, a coglierne tutta la ricchezza e a interpretarlo, alla luce di questi valori, con il suo carico di contraddizioni e di speranze, di disagio e di voglia di futuro. Il convegno stori-co-teologico “Mater Matera” promosso dall’Istituto Superiore di Scienze Reli-giose ha aggiunto un altro tassello non irrilevante per la cultura della Città di Maria. In una società fatta di plurali-smo culturale, dove l’individualismo, il relativismo e il materialismo fanno da padroni e dove si rischia di perdere il senso dell’umano, la fede cristiana così profondamente radicata nella vita e nel-la cultura del popolo materano, può e deve “contaminare” il vissuto quotidia-no di quanti, aldilà di presunte o false sicurezze, cercano sinceramente l’an-coraggio per un’esistenza degna della vita umana. Gesù, Figlio di Dio, facen-dosi uomo, “nato da donna” ha preso la nostra natura umana per liberarla dal male e contaminarla con la sua di-vinità. La dignità umana ne è risultata così grandemente arricchita ed elevata. Dialogando con le culture la Chiesa ha preso tutto quanto di buono e di vero era già insito in esse e, inculturando il Vangelo, ha trasmesso, nel corso dei se-

coli, a generazioni di credenti, a intere comunità e popoli il senso più alto della vita umana che riconosce nel Dio Crea-tore e Padre la sua origine e in Lui il suo destino ultimo. Maria testimonia con la sua vita redenta e toccata dalla grazia fin dal suo concepimento (Immacolata) e accolta nella gloria di Dio per l’eter-nità (Assunta) la grandezza della voca-zione di ogni uomo e ogni donna della storia a essere amati da Dio, salvati dal suo Figlio Gesù e santificati dallo Spi-rito santo. Guardando Maria il popolo materano ha trovato in Lei protezione, rifugio, conforto, tenerezza, esempio di vita, forza nella prova, coraggio nel superare le difficoltà. Maria (Odigitria) ha indicato al popolo la Via, che è Gesù, per una vita più umana e dignitosa, più accogliente e aperta alla speranza di un futuro migliore. Maria, la Bruna, che nei secoli ha sostenuto il cammino di riscatto umano e sociale dei piccoli e degli umili, sostenga ora le tante fami-glie in difficoltà, perché restino unite nella fedeltà, e i giovani in cerca di la-voro e di un senso per l’esistenza, per-ché non si scoraggino e non cerchino troppo lontano o solo nell’immediato o nell’esteriorità ma sappiano ritornare a quelle radici profonde che hanno dato speranza ai nostri antenati. F.L. M

ater

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ivita

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iae”

Maria, l’OdigitraColei che indica la via per una cultura pienamente umana

Santuari, pellegrinaggi e iconografia marianaUn pomeriggio intenso per riscoprire la devozione mariana

Il pomeriggio del 21 novembre, se-conda giornata del Convegno stori-co-teologico Mater Matera, si è svolto presso il Salone degli Stemmi del Pa-lazzo Vescovile. L’ha introdotto Mar-co Pelosi che ha illustrato i dettagli della bellissima volta grazie alla sua competenza e con lo stile chiaro che caratterizza i suoi interventi. Subito dopo il professore Consuelo Manzo-li, Direttore dell’Istituto di Scienze Religiose “Mons. A. Pecci”, ha pre-sentato i relatori. Il Prof. Mirizzi, Di-rettore del DiCEM dell’Università di Basilicata, ha proposto all’assemblea che affollava il salone un intervento dal titolo: “Santuari, pellegrinaggi,

devozioni: il culto di Maria in Basi-licata”. Innumerevoli i riferimenti ai santuari in Basilicata (ne sono stati censiti 66) e alla pratica dei pelle-grinaggi, nel corso dei secoli, che ci hanno permesso di immaginare e quasi avvertire tanto le fatiche quan-to la gioia e la fede semplice di chi si metteva in cammino verso tali san-tuari. È seguito l’intervento di don Donato Giordano osboliv, docente presso la Facoltà Teologica di Bari nonché presso lo stesso Istituto Su-periore di Scienze Religiose di Ma-tera, su: “Iconografia mariana nelle chiese del comprensorio rupestre apulo-lucano”. Una ricca carrellata

di immagini mariane, proiettate in sala, ha mostrato all’uditorio quan-to «la cultura delle grotte sia pervasa dalla presenza di Maria attraverso le molte sue raffigurazioni, specie in ambito rupestre» con una funzione genuinamente votiva e dunque indi-ce dell’atteggiamento filiale con cui ci si rivolgeva a Maria per richiede-re protezione e aiuto. Dei due con-tributi abbiamo molto apprezzato e ammirato la conoscenza - dapprima da un punto di vista antropologico quindi sul piano iconografico - con cui i relatori hanno offerto il proprio intervento ai partecipanti del Conve-gno. Milena Acquafredda

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In adempimento a quanto previsto nel Decreto del Ministero dell’Eco-nomia e delle Finanze del 2/11/2011 e nel Decreto Legge 18/10/2012 n. 179, coordinato con la legge di con-versione 17/12/2012 n. 221, è avvia-ta, a decorrere dal 1 dicembre 2014, la sostituzione delle prescri-zioni di prestazioni di assistenza spe-cialistica ambulatoriale in formato cartaceo con quelle equivalenti in formato elettronico de-materializza-to da prodursi in modalità sincrona a fronte del verificarsi di ogni evento prescrittivo.La compilazione della ricetta elet-tronica de-materializzata segue le stesse norme in vigore per le prescri-

zioni cartacee, compreso il limite del numero massimo di prestazioni pre-scrivibili e l’eventuale esenzione alla compartecipazione alla spesa sanita-ria secondo le modalità previste dal decreto interministeriale 11 dicem-bre 2009, e le relative delibera-zioni della Regione Basilicata.A fronte dell’esito positivo dell’invio telematico dei dati della ricetta elettronica demate-rializzata, i medici rilasceranno all’assistito un pro-memoria car-taceo, completo del codice a bar-re identificativo del numero della ricetta, del codice fiscale dell’assi-stito, dei dati della prescrizione e dell’eventuale codice di esenzione

del ticket. Nella fase di avvio, comun-que, i medici non ancora attrezzati potranno prescrivere le prestazioni specialistiche sulla tradizionale "ri-cetta rossa" del SSN.

Lungo i luoghi della fede, raccontando santuari e

devozione popolare ma, al contempo, generando pon-ti verso nuovi turismi, che ripongono al centro l’ele-mento religioso. A Matera, il Coordinamento Nazionale dell’Opera Romana Pellegri-naggi ha voluto presentare i programmi 2015 e procede-re all’approfondimento pa-storale e formativo dei parte-cipanti. “La Basilicata è una terra dai mille volti, di gran-de spiritualità, dove natura, cultura arte e fede si fon-dono perfettamente. Come Opera Romana Pellegri-naggi desideriamo accom-pagnare questa splendida regione nella valorizzazio-ne dell’enorme patrimonio spirituale che emerge – ha spiegato Monsignor Liberio Andreatta, Vicepresidente e Amministratore Delegato di Opera Romana Pellegrinag-gi - dalla ricchezza cultura-le e artistica di queste terre. In particolare – ha aggiunto durante i lavori tenuti a Ma-tera - siamo oltremodo lieti

di vivere il nostro Coordi-namento a Matera, designa-ta da pochissime settimane Capitale Europea della Cul-tura 2019”. I lavori hanno avuto inizio con il convegno su “Matera Cappadocia d’I-talia”, promosso dall’Apt e dall’Opera romana pellegri-naggi, con un seminario sul tema “Abramo, il cammino della fede, o Ulisse, il viaggio della conoscenza. Itinerari tra turismo e pellegrinag-gio”, a cui hanno partecipa-to tra gli altri il presidente dell’Apt Giampiero Perri, Monsignor Liberio Andreat-ta, vicepresidente e ammi-nistratore delegato di Opera romana pellegrinaggi e il Vescovo della diocesi di Ma-tera-Irsina Monsignor Sal-vatore Ligorio, Pino Bruno Consorzio Città essenziale, Angelo Tortorelli Presiden-te Camera di Commercio. Durante il dibattito sono in-tervenuti diversi rappresen-tanti del clero lucano. L’ini-ziativa Matera Cappadocia d’Italia ha inteso valorizzare e promuovere il ricco patri-

monio delle chiese rupestri materano, composto da ce-nobi, santuari che fanno di questa terra un“santuario diffuso”, come ha avuto modo di dire sua eccellenza Ligorio. “In questi luoghi, dove si avverte forte lo spiri-to religioso attendiamo alle tracce del sacro, sulle tracce delle opere che, nei secoli, hanno ricoperto la Basili-cata. La murgia materana, con le sue grotte ed i suoi affreschi, testimonia la forte devozione mariana , ritratta nei volti della Vergine negli affreschi parietali rupestri”. Il Direttore Apt Perri ha quindi ricordato l’opera di promozione ad oggi svolta, attraverso la predisposizione di strumenti dedicati, come Basilicata sacra, attività pro-gettuale che ha coinvolti diversi settori della comuni-cazione turistica. “Questa è una regione – ha sottoline-ato Perri - dove ancora vive sono le tradizioni dei grandi pellegrinaggi popolari con le tipiche espressioni devo-zionali e rituali della civiltà

contadina, al Santuario della Madonna di Viggiano, Regi-na della Basilicata, a quello della Madonna di Picciano, meta di un flusso continuo non solo di pellegrini ma di cristiani in cerca di un’oasi di pace. Al pellegrino di oggi – ha rimarcato il Direttore Apt - si disvela innanzitutto a Matera, uno straordinario paesaggio culturale, il Par-co delle Chiese rupestri di Matera, sito Unesco e dun-que patrimonio mondiale dell’umanità, che oggi con il riconoscimento di capitale europea della Cultura 2019 ha visto aumentare visibilità e possibilità di intercettare nuovi mercati”. Strumento di promozione del territo-rio, Basilicata Sacra, pub-blicazione realizzata dalla regione Basilicata e dall’Apt e presentata durante i lavori del convegno, ha inteso ac-compagnare lo sguardo del visitatore lungo le tracce del sacro, laddove fra lo stupore di un terra si disvela “il sor-riso di Dio”.

Vincenzo Scalcione

“Matera Cappadocia d’Italia”

Arriva la ricetta medica "dematerializzata"Addio al cartaceo in Basilicata

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Un pezzo importante d'Italia rischia di “dissolversi”. E' un dato impressio-

nante, e inaccettabile. E sì, perché una simile prospettiva sarebbe per il Paese intero una perdita gravissima, forse una ferita mortale. Un simile campanello d'allarme deve ridestare l'attenzione di tutti e di ciascuno, nella misura del pro-prio ruolo e delle proprie responsabilità specifiche. Un triste, e allo stesso tempo rabbioso, sussulto nel profondo dell'a-nima, la mia reazione alla notizia che il Sud si sta avviando verso una 'desertifi-cazione' demografica. Da uomo del Me-ridione, è stata veramente dura prendere atto del quadro che emerge dal Rapporto Svimez sull'economia del Mezzogiorno 2014. Dati impietosi, che si riferiscono al 2013 (ma il trend non è cambiato nel 2014): 177mila nascite, il numero più basso dal 1861. I decessi hanno superato le nascite, emulando quanto era acca-duto solo nel 1867 e nel 1918, cioè alla fine di due guerre, la terza guerra d'In-dipendenza e la prima Guerra Mondiale. Di fronte a simili numeri, la previsione del Rapporto: “Il Sud sarà interessato nei prossimi anni da un stravolgimento demografico, uno tsunami dalle conse-guenze imprevedibili, destinato a perde-re 4,2 milioni di abitanti nei prossimi 50 anni, arrivando così a pesare per il 27% sul totale nazionale a fronte dell'attuale 34,3%”. Che sta accadendo? Come può essere che la tradizionale ed esuberante passione per la vita, tipica del Mezzogior-no, e spesso incarnata in un alto tasso di natalità, si stia assottigliando fino a sva-nire? Siamo tutti consapevoli di come la crisi economica in atto continui a 'mor-dere' il nostro Paese, ma nel meridione lo fa con particolare 'ferocia', devastando

sempre più il tessuto sociale e familiare. Secondo il Rapporto Svimez, in cinque anni di crisi l'industria nel Sud registra un decremento del 53% di investimenti, i consumi delle famiglie sono crollati di quasi il 13% . Gli occupati sono scesi a 5,8 milioni, il valore più basso dal 1977. Basti pensare che nel Sud, pur essendo presente appena il 26% degli occupati italiani, si concentra il 60% delle perdite di lavoro determinate dalla crisi. Così, si alimenta anche il fenomeno dell'emi-grazione (116mila abitanti emigrati nel solo 2013). Di conseguenza, nell'ultimo anno, le famiglie povere sono aumenta-te del 40%. Ecco la classifica aggiornata della “ricchezza” (si fa per dire) detenuta: la Calabria conferma il suo triste prima-to di regione più povera d'Italia, con un Pil pro capite nel 2013 di appena 15.989 euro, meno della metà delle regioni più ricche come Valle d'Aosta, Trentino Alto Adige e Lombardia. Nel Mezzogiorno, la regione con il Pil pro capite più elevato è stata l'Abruzzo (21.845 euro). A segui-re, il Molise (19.374 euro), la Sardegna (18.620), la Basilicata (17.006 euro), la Puglia (16.512 euro), la Campania (16.291 euro), la Sicilia (16.152 euro) e, appunto, la Calabria. Dunque, se non s'inverte la rotta, il Sud corre il rischio concreto di una progressiva “desertifica-zione” sia umana sia industriale. Eppu-re, lungo la storia recente, le difficoltà economiche e sociali non sono certo mancate nel Meridione d'Italia, ma mai la speranza si era tanto svilita da gene-rare un trend demografico così negati-vo. Al contrario, forse proprio nei tempi più ardui, gli uomini e le donne del Sud hanno sempre risposto alle innumerevo-li difficoltà guardando avanti, scegliendo

di sperare nel futuro, di non mollare, di dare continuità a quel ricchissimo pa-trimonio di storia, cultura, costumi ed umanità che li caratterizza. Come? Affi-dandolo alle nuove generazioni. Difatti, è sempre stata una “cifra antropologica” tipica (ma non esclusiva) della gente meridionale quella di far registrare un tasso di natalità “esuberante” rispetto al resto d'Italia, tanto da attirare spesso ac-centi d'ironia sul tema. Dunque, qualco-sa sta cambiando nell'animo della gente del Sud, e non solo a causa dei maggiori problemi economici. Qualcosa sta pro-fondamente mutando nel loro sguardo verso il futuro, perché rassegnarsi a non generare più figli significa proprio que-sto, rinunciare alla speranza del futuro. Un pezzo importante d'Italia rischia di “dissolversi”. E' un dato impressionante, e inaccettabile. E sì, perché una simile prospettiva sarebbe per il Paese intero una perdita gravissima, forse una ferita mortale. Un simile campanello d'allar-me deve ridestare l'attenzione di tutti e di ciascuno, nella misura del proprio ruolo e delle proprie responsabilità spe-cifiche. Prima di tutto – lo dico da uomo del Sud - della stessa popolazione meri-dionale, che deve tornare a essere prota-gonista della propria storia con coraggio e tenacia, allontanando ogni tentazione di rassegnato fatalismo. Poi, anche le istituzioni, la politica, le forze sociali, la Chiesa, e ogni altro componente attivo della società, uniti raccolgano la sfida e siano di sostegno, nel proprio ambito, per riaccendere tra la gente la speranza del domani, quella speranza che possa ancora una volta riflettersi nello sguar-do curioso e luminoso di un bimbo ap-pena nato.

Più morti che natiMai la speranza così svilita nel Sud

Maurizio Calipari

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Legge di stabilitàPer la politica italiana la famiglia resta una mucca da mungere

“La famiglia è la cassafor-te di risorse che ci ha sal-

vato dalla crisi ma la politica continua a considerarla solo una mucca da mungere”. Non usa mezzi termini Roberto Bol-zonaro, vicepresidente del Fo-rum delle associazioni familiari, commentando al Sir le ultime decisioni in tema di famiglia in-trodotte dagli emendamenti alla legge di stabilità 2015, approva-ti in commissione Bilancio della Camera, dove il provvedimento è attualmente in esame in vista del passaggio nell’Aula di Monteci-torio. Tre, in particolare, i punti su cui si sofferma Bolzonaro: l’e-liminazione del tetto di 90mila euro come reddito familiare per poter usufruire del bonus bebé, il no alla rimodulazione del bonus fiscale in base ai carichi familiari e il ripristino del fondo per la non autosufficienza a 400 milioni.

Bonus bebé. Si tratta di 80 euro al mese per tre anni ai bambini nati dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2017. Il beneficio sarà probabilmente ancorato all’Isee, e quindi riservato ai nuclei fami-liari con reddito Isee di 15mila euro, equivalenti a 39.900mila euro di reddito annuo per una famiglia monoreddito con due fi-gli, o a un reddito di 47mila euro per una famiglia, sempre con due figli, in cui entrambi i genitori lavorino. “Rimodulare il bonus bebé sull’Isee non sta né in cielo né in terra – ci dice Bolzonaro -, serve solo a fare un po’ di cassa e a ribadire la visione assistenziali-stica della nostra politica che si limita a contrastare in modo mio-pe la povertà senza valorizzare la famiglia. La proposta di Renzi di

un bonus non necessariamente legato ad un reddito basso aveva una sua logica di incentivazione della natalità”. “È vero – prose-gue il vicepresidente del Forum – scarseggiano le risorse, ma non credo che questa manovra potrà incidere in modo significativo su un loro recupero”. A chi sostiene che si tratta di risorse da desti-nare al contrasto della povertà, Bolzonaro replica: “È sacrosan-to impegnarsi contro la povertà,

ma questa si combatte anzitut-to sostenendo i nuclei familiari, soprattutto quelli più numerosi. L’indice di povertà cresce in ma-niera esponenziale in funzione del numero dei componenti della famiglia”. “Si può anche tenere conto dell’Isee – ammette - ma a condizione che sia uno stru-mento giusto ed equo. Oggi non è così. Adottare il ‘vecchio’ Isee o il cosiddetto ‘nuovo’ (approvato dal governo Letta ma non ancora operativo perché mancante dei decreti attuativi) senza ‘aggiu-starlo’ non fa che aggiungere ini-quità a iniquità. Uno strumento equo dovrebbe adottare una scala di equivalenza che tenga molto

più conto dei carichi familiari, attualmente sottostimati. Perfino la scala di equivalenza Istat sui carichi familiari è migliorativa del 15% rispetto all’attuale Isee. L’Isee ‘nuovo’ si limita a ritoccare lievemente la scala attuale quan-do i figli sono più di tre”.

Bonus fiscale. Anche per quan-to riguarda i famosi 80 euro, Bol-zonaro dichiara: “Siamo delusi per la decisione del governo di

non tenere in considerazione la nostra proposta di una rimodula-zione del bonus in base ai carichi familiari; dare un po’ meno a chi non ne ha e un po’ più a chi ne ha. Avevamo ipotizzato ad esem-pio, di destinare 20 euro in meno a single e coppie senza figli e 10/20 euro in più per ogni figlio a carico, arrivando magari a 40 euro in più per le famiglie con 3 o più figli. Non siamo stati ascolta-ti, e siamo preoccupati anche per l’aumento della pressione fiscale che penalizzerà ulteriormente le famiglie numerose. A trarre van-taggio dalle politiche del governo sono i single: chi vive solo sta meglio, chi fa famiglia sembra es-

sere meritevole di punizione. In Italia famiglia numerosa rischia di diventare sinonimo di povertà assicurata”.

Fondo disabili. Nel 2015 il fondo per la non autosufficienza sarà riportato a 400 milioni: sono dunque in arrivo 150 milioni in più rispetto ai 250 previsti. “Una buona notizia - è il commento di Bolzonaro -, a condizione che questi 150 milioni non vengano sottratti, come invece sembra, alla dotazione di 500 milioni inizialmente prevista per la fa-miglia. Non è più accettabile la solita formula del togliere alla famiglia mettendola in competi-zione con le situazioni di grave o gravissimo disagio”. “Mi chiedo – scandisce il vicepresidente del Forum - se la miopia politica è così grave da non rendersi conto del rischio di scatenare una guer-ra tra poveri”. Per Bolzonaro in Italia “c’è anzitutto un problema culturale: non si capisce che la famiglia è la fonte della ricchezza del Paese, la risorsa che manda avanti l’economia e ci ha salva-to dalla crisi. Viene considerata solo come mucca da mungere, dalla quale attingere risorse fino a prosciugarla, ma per quanto potrà ancora resistere? Il ven-taglio delle famiglie in povertà assoluta è in continuo aumento. Perché non si pensa ad investire, come nella maggior parte degli Stati europei, sulla famiglia? In Italia le famiglie vengono prima portate allo sfinimento, poi ci si preoccupa di soccorrerle. È con-tro ogni logica, mentre investire sulla famiglia è il miglior investi-mento per il rilancio e il futuro del Paese”.

Giovanna Pasqualin Traversa

ANCHE TU BUONO COME IL PANEcampagna di solidarietà a cura di:Camera di Commercio di Matera, Confcommercio,

Confesercenti, Caritas Diocesana Matera-Irsina

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La collettaalimentareUna partecipazionerinnovata

Natale tra le barricate?Italia e declino

Sabato 29 novembre è stata realizzata, su tutto il territorio nazionale, la Colletta Alimen-tare proposta dalla Fondazio-ne Banco Alimentare onlus. Il gesto, ormai consolidato in tutta Italia (ma esiste anche la Federazione europea dei Ban-chi Alimentari) e ben radicato in varie zone del nostro ter-ritorio diocesano, coinvolge da molti anni adulti e giova-ni volontari che si rendono disponibili, presso numerosi supermercati, a raccogliere la “spesa” che tantissimi cit-tadini intendono destinare in quest’ultimo sabato di no-vembre ai più bisognosi. Una carità piccola e all'apparenza poco significativa rispetto al bisogno della povertà, ma ca-pace di educare un popolo, partendo proprio dall'inizia-tiva dei cittadini. Un segno efficace di presenza attiva e una fonte concreta di sosten-tamento primario per quasi due milioni di persone indi-genti, raggiunte durante tutto l’anno dai volontari delle circa 9000 strutture caritative ope-ranti nel territorio nazionale. In prossimità dell’Avvento, il contributo personale di ca-rità diretta è nella linea delle opere di misericordia corpo-rale che vengono richiamate nell’ultima domenica dell’an-no liturgico, nella solennità di Cristo Re, come criterio fon-damentale del giudizio finale e come percorso di vita bella. Mentre ci diamo da fare per strutturare le necessarie for-me di carità istituzionali che rispondano a criteri di equità e di giustizia anche attraverso politiche sociali più adeguate, teniamo in piedi la famiglia e la società con l'operare quoti-diano. G.C.

Caro Direttore,la recessione, gli scioperi, i fenomeni delle rivolte nei quartieri poveri delle

grandi città italiane, rischiano di fare apparire il nostro Paese come un arcipelago di forze antagoniste, sempre in lotta e in contrasto tra di loro. Non mi riferisco solo ai dibattiti politici, ma proprio al malessere sociale e ai suoi modi di espressione spontanea ma poi cavalcata da altri. Lei cosa ne pensa?

Lettore preoccupato

Caro Lettore,Lo sciopero generale del 2 dicembre promosso dalla Cgil e dalla Uil contro la

legge di Stabilità e il Jobs act, quello dell’Ugl del 5 dicembre e la mobilitazione del 1 dicembre dei dipendenti pubblici ma anche dei lavoratori privati che la-vorano per i servizi pubblici promossa dalla Cisl, vogliono sollecitare il governo nazionale e quelli regionali e locali ad affrontare le richieste sacrosante dei citta-dini su rinnovo dei contratti di lavoro, il rilancio della contrattazione integrativa, la riorganizzazione delle amministrazioni e dei corpi dello stato, l’innovazione vera nella scuola, nella sanità, nei servizi pubblici. Sembra quasi un’ondata di sciope-ro, per così dire, “vecchio stampo”, che per alcuni non ha più ragion d’essere, essendo ormai cambiato il mondo del lavoro soprattutto nel settore industriale. Il vecchio contenitore dello sciopero si riempie oggi di rivendicazioni nuove ed è espressione del malessere sociale dei precari e dei non garantiti. C’è però anche la protesta per la protesta. Basta poco per soffiare sul fuoco e aggiungere tensio-ne a tensione. Dunque nervi saldi e diamo spazio alla riflessione. Chi sta pagan-do la crisi, è senz’altro la classe media, cioè le famiglie. La fine del ceto medio vede prospettarsi all’orizzonte una società con pochi ricchi, tantissimi poveri e veri e propri eroi che cercano di mantenere una famiglia con 1500 euro al mese e di tenere saldo così il tessuto sociale. Ma questa povera Italia è davvero ferma? O cammina e lavora comunque, nelle difficoltà e anche negli stretti schemi sociali che pur facendo acqua da tutte le parti, pur servono a garantire un ormai minimo livello di welfare? C’è possibilità di vivere in pienezza di vita anche i tempi di crisi ed in essi immaginare e progettare gli scenari futuri? È questo che, nel suo piccolo, vuole fare il nostro giornale: indicare le esperienze positive presenti nel territorio della diocesi ed emerse in tutta la loro potenzialità di cambiamento in occasione della recente visita pastorale. È quindi senza retorica che auguriamo a tuti i lavoratori, con o senza contratto, a tutti i disoccupati e ai pensionati un Natale di speranza.

Caro Direttore,una preghiera, una cortesia, un invito. Promuovete su Logos una rubrica di Sto-

ria, anche elementare perché la storia è maestra di vita. Se questo piccolo miracolo si avverasse non si farebbe passare il 7 ottobre come se nulla fosse avvenuto. Il 7 ottobre 1571 ci fu la battaglia di Lepanto, vinta dalla Santa Alleanza promossa da San Pio V e senza la quale la storia della civiltà cristiana ed europea sarebbe stata troncata, con buona pace degli amanti del politicamente corretto. Potrei fare mille esempi mi limito solo a ricordale che a febbraio ricorrono gli 86 anni dei Patti Lateranensi senza i quali la Chiesa Italiana sarebbe altro. Con affetto e rispetto ricordandole che la semplicità non necessariamente deve sfociare nella banalità.

Gianfranco Fragasso

Ottima la proposta cercheremo di esaudirla.

n. 22 - 30 Novembre 2014

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Lettere al direttoreLettere al direttore

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I VALORI DEL DARESono ancora pochi coloro che

conoscono l’esistenza e il perché delleOfferte destinate al sostentamento

dei sacerdoti. Perciò ogni anno si celebrauna Giornata Nazionale la domenica di Cristo Re, per far scoprire a tanti fedeliun modo ulteriore di essere affidati gli uni agli altri, ripetendo il gesto con cui si provvedeva agli “uomini di Dio” nelle comunità cristiane delle origini. Una giornata speciale che potrà contribuirea far crescere la sensibilità verso il ruolo e l’opera dei sacerdoti, così come il vincolodi comunione tra fedeli e presbiteri nella nostra Chiesa.

Non ce lo nascondiamo: è il dare meno facile nella comunità ecclesiale italiana. E’ il dare a chinon abbiamo sotto gli occhi, a chi è lontano e non conosciamo. È il dare ai 36 mila preti diocesaniattraverso le Offerte deducibili intestate all’Istituto Centrale Sostentamento Clero. Eppure un dare del genere rappresenta un gesto moderno che dimostra concretamente corre-sponsabilità, solidarietà, condivisione e ampio senso di appartenenza ecclesiale. E’ un comportamentoche allarga la visuale. È una sorta di grandangolo ecclesiale. Fa vedere che non c’è soltanto il “mio”prete, il prete della mia comunità verso il quale non manco di generosità. Ma ci sono anche gli altri pretidi cui, assieme ad altri fedeli, mi prendo cura. Compresi quelli ormai anziani o malati o ancora forti nelcorpo che, coerenti con il Vangelo, combattono le mafie e difendono il creato e le sue creature. Pensare a tutti i sacerdoti, e donare anche un solo euro, è quindi una manifestazione concreta ditanti valori che spingono ad un forte, vero, sano sentimento di comunione fraterna. E non è importanteil “quanto” si dona ma il “come” si dona. Con il cuore, cioè con gioia.Ecco allora che questa Offerta, che non a caso si chiama Insieme ai sacerdoti, è quel dare cheunisce e che costruisce la Chiesa comunione, annullando distanze e gelosie. È quel dare che rendepossibile la perequazione: non ci sono preti ricchi accanto a preti poveri e a tutti è garantita una basecomune. È un dare dal formidabile valore educativo per i fedeli e che, allo stesso tempo, impegnaogni sacerdote a vivere e testimoniare a tempo pieno, con coerenza e credibilità, il Vangelo.

(MARIA GRAZIA BAMBINO)

CHE COSA SONO LE OFFERTE PER I SACERDOTI?Sono Offerte diverse da tutte le altre, perché sonoespressamente destinate al sostentamento dei nostripreti diocesani. Dal più lontano al tuo parroco.CHI PUÒ DONARE L’OFFERTA PER I SACERDOTI?Ognuno di noi. Per sé, per la famiglia o il gruppo par-rocchiale. Importante è che il donatore corrisponda aduna persona fisica (ad esempio: Mario Bianchi, e non“famiglia Bianchi” né “parrocchiani S. Giorgio”).COME POSSO DONARE?- con conto corrente postale n. 57803009 intestato a

“Istituto Centrale Sostentamento Clero - Erogazioni li-berali”, Via Aurelia 796 - 00165 Roma

- con uno dei conti correnti bancari dedicati alle Offerte,indicati sul sito www.insiemeaisacerdoti.it nella sezione“Come donare-Bonifico bancario”

- con un contributo diretto all’Istituto sostentamentoclero della tua diocesi. La lista degli IDSC è suwww.insiemeaisacerdoti.it nella sezione “Come do-nare-Versamento diretto”

- con carta di credito CartaSì chiamando il numeroverde CartaSì 800 825 000 o donando online suwww.insiemeaisacerdoti.it.

DOVE VANNO LE OFFERTE DONATE?All’Istituto Centrale Sostentamento Clero che le distribuisce

equamente tra i circa 36 mila preti diocesani. Assicuracosì una remunerazione mensile tra 860 euro al meseper un sacerdote appena ordinato, e 1.338 euro per unvescovo ai limiti della pensione. Le Offerte sostengonoanche circa 3 mila preti ormai anziani o malati e 600missionari nel Terzo mondo.PERCHÉ OGNI PARROCCHIA NON PUÒPROVVEDERE DA SOLA AL SUO PRETE?L’Offerta è nata come strumento di comunione trasacerdoti e fedeli e per dare alle comunità più piccolegli stessi mezzi di quelle più popolose, nel quadro della“Chiesa comunione” delineata dal Concilio Vaticano II.CHE DIFFERENZA C’È TRA OFFERTE PER I SACERDOTI E L’OBOLO RACCOLTODURANTE LA MESSA?E’ diversa la destinazione. Ogni parrocchia infatti dà ilsuo contributo al parroco che può trattenere dalla cassaparrocchiale per il suo sostentamento 7 centesimi almese per abitante (quota capitaria). Ma nella maggiorparte delle parrocchie italiane, che contano meno di 5mila abitanti, ai parroci mancherebbe il necessario. LeOfferte e l’8xmille vengono allora in aiuto alla quota ca-pitaria.PERCHÉ DONARE L’OFFERTA SE C’È GIÀ L’8XMILLE?Offerte e 8xmille sono nati insieme nel 1984, con l’ap-

plicazione degli accordi di revisione del Concordato.L’8xmille oggi è uno strumento ben noto, e non costanulla in più ai fedeli. Le Offerte invece sono un passoulteriore verso la corresponsabilità: comportano unpiccolo esborso ma indicano una scelta di vita ecclesiale.Tuttora le Offerte coprono circa il 2% del fabbisogno, edunque per remunerare i nostri sacerdoti bisogna ancorafar riferimento all’8xmille.PERCHÉ SI CHIAMANO ANCHE “OFFERTE DEDUCIBILI”?Perché si possono dedurre dal reddito imponibile nelladichiarazione dei redditi fino a un massimo di 1.032,91euro l’anno.

SCOPRI LE OFFERTE. FAI CRESCERE LA COMUNIONE.

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DIRETTORE RESPONSABILEAntonella Ciervo

REDAZIONEAnna Maria Cammisa,

Maria Teresa Cascione, Giuditta Coretti, Domenico Infante, Mariangela Lisanti,

Filippo Lombardi, Marta Natale,Paolo Tritto, Eustachio Disimine,

Luca Iacovone.

COLLABORATORIPiero Amenta, Daniele Cappiello,

Ernestina Soda, Padre Angelo Laddaga,Cristiana Dobner, Stefania Mazzarone,

Milena Acquafredda, Vincenzo Scalcione,Maurizio Calipari, Giovanna P. Traversa.

Chiuso il 25 novembre 2014

SEDE LogosVia dei Dauni, 20 - 75100 Matera

PROGETTO GRAFICODream Graphics di Antonio Gargano

[email protected]

STAMPAD&B stampagrafica Bongo

Via Cartesio, 8 - Gravina in Puglia (Ba)

La redazione si riserva la facoltà di pubblicare o meno gli articoli o lettere inviati e, qualora fosse necessario, di intervenire sul testo per

adattarlo alle esigenze di impaginazione e renderlo coerente con le linee editoriali.

Quindicinale della Diocesi di Matera - Irsina

Iscrizione n°1/2009 - Registro della stampa

del Tribunale del 03/02/2009

n. iscrizione ROC 22418 Anno VI

n. 22 del 30/11/2014

Contributo libero € 1,00

Abbonamento € 18,00

FederazioneItalianaSettimanaliCattolici

Scrivici o invia il tuo articolo [email protected]

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PAOLO VI, Verso Betlemme con Paolo VI per vivere l'Avvento, Ancora, pp. 96, 2014, € 12,00

A. BENEVELLI, L. SEROFILLI, La pic-cola stalla di Natale, Messaggero, 2014, € 10,00

G. SANTAMBROGIO, lo stupore del Nata-le, Ancora, pp. 192, 2014, € 29,50

N. G. POSSENTI, Ritorniamo al presepio in famiglia, Ancora, 2014, € 14,00

A. SCOLA, Il mistero dell'incarnazione del Signore - Omelie di Avvento e Natale in Duomo (A-B-C), Ancora, 2014, € 11,00

Questa antologia, co-stituita da brani brevi ed essenziali, guida il lettore ad accostarsi al Natale che «è festa dell’umanità proprio perché l’Uomo Cri-sto Gesù (1Tm 2,5) è giunto fra noi, lui redentore, fratello, maestro, pastore, giu-dice, colui che tiene le

chiavi delle nostre sorti supreme (Ap 3,7), per la nostra salvezza».

Un libro che sta in pie-di, che rimane aperto nella pagina preferita. Un libro con tutti i personaggi del prese-pio. Tante immagini

di Natale da esporre volta per volta, giorno per giorno. Natale si avvicina. Gli angeli scendono sulla terra. Cercano un posto per Gesù bambino. Per lui c'è solo una piccola, piccolissima stalla. Ma è davvero così piccola la casa di Gesù?

«Questo libro di Gio-vanni Santambrogio infrange la ripetizione di una festa, che ogni anno ricorre, con la di-mensione estatica del-lo stupore. Uno stupo-re che ci sorprende nel gioco vertiginoso delle parole e delle immagi-

ni, dove la riflessione teologica viene accom-pagnata dalla bellezza dell’arte, che non sta alle scansioni del discorso, perché la bellezza, come scrive Thomas Mann, a differenza della teoria, “trafigge”». Umberto Galimberti

La preparazione del pre-sepio è stata per genera-zioni un bellissimo rito familiare vissuto nella fede e nell’affetto. La diffusa paganizzazione della festa cristiana del Natale rischia di farlo scomparire dalle nostre case e di offuscarne il

vero significato che è il ricordo della nascita di Gesù. Ritornare al presepio in famiglia non rin-nova solo la memoria di una tradizione, ma ri-chiama la santità del Natale per vivere insieme ai nostri bambini l’attesa della venuta di Gesù nella preparazione del presepio. Le statuine di fra Marie Bernard Barioulet, frate domenicano, costituiscono una guida per meglio conoscere i tanti personaggi che popolano i presepi.

«La predicazione costitu-isce uno dei compiti fon-damentali del ministero pastorale di un Vescovo. Dall’inizio del mio mini-stero, ho sentito come de-cisivo questo compito e, giunto a Milano, ho deciso di approfittare della prezio-

sa peculiarità offertaci dal rito ambrosiano con la celebrazione delle sei settimane dell’Avvento, per proporre a tutti, in Duomo, un cammino comune, orientato dalle omelie domenicali, verso il Natale. Dopo tre anni sono in grado di offrire alla comunità diocesana il percorso com-pleto dei tre cicli liturgici, comprese le omelie in occasione delle solennità dell’Immacolata, di Natale (Messa nel giorno) e del-l’Epifania. Mi auguro che questi testi possano sostenere la preghiera e la crescita, personale e comunitaria, di chi vorrà accostarli» (dalla prefazione).

La forza del presepe - Parole sul Natale, di Francesco (Jorge Mario Bergoglio), EMI Missionaria Italiana, pp. 64, 2014, € 6,90

Natale è la festa della vita e della luce, ma non va celebrato in maniera sdolcinata né tantomeno con-sumista. In questa ricorrenza si mani-festa l'annuncio più radicale del cristiane-simo: Dio si fa carne, creatura, bambino,

per salvare l'umanità tutta dal peccato. E di fronte a tale verità - scrive Jorge Mario Ber-goglio - «non possiamo restare inamidati o rigidi». Bisogna destarsi da ogni torpore per cercare insieme, come comunità, la gloria di Dio. Ammirare il Bambino accompagnati dal-le parole di papa Francesco significa riscopri-re alcune parole antiche ma sempre nuove, valori che costituiscono l'ossatura della fede cristiana secondo la spiritualità ignaziana: silenzio, carità, fortezza, martirio. Dimensio-ni che possono impreziosire il tempo che ci porta ad incontrare il Bambino di Betlemme nutriti dalla fede di un'Attesa

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