L'OblòSulCortile_2011cAprile

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Aprile 2011 NOME SOCIETÀ Giornalino del Liceo Ginnasio G. Carducci, Milano A NNO V — N UMERO V A PRILE 2011

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Page 1: L'OblòSulCortile_2011cAprile

Aprile 2011

NOME SOCIETÀ

Giornalino del Liceo Ginnasio G. Carducci, Milano

ANNO V — NUMERO V

APRILE 2011

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ATTUALITÀ ANNO V — NUMERO V

sommario

La nostra fantastica copertina! 1

Editoriale 2

Intervista sotto i ciliegi in fiore 3

Le donne cucite 4

L’istruzione americana in Italia

Accordi tra Sarkò e il Belpaese

5

Eutanasia 6

Cronache Carducciane

L’Assemblea dei Delegati

7

@Cineforum... 8

Il 3° C.I.S.S. + Foto! 9

Gioco Letterario + Poesia 10

Creatività e scienza 11

Intervista ai “Mocking Birds”

Yanez

12

Roger Waters — The Wall 13

Intervista a Simona Severini 14

Intervista ai “Macho Nacho’s Band” 15

Real-But-Strange News + Vignetta 16

L’Angolo del Tamarro 17

L’Antologia dello squallore

Le peggiori scritte nei bagni

18

Lo strizza cervelli + Giochi 19

Eventi + Redazione 20

I redattori dell’Oblò che hanno partecipato al Convegno Italiano di Stampa Studentesca di quest’anno, da sinistra: Beatrice Servadio, Alessandra Ceraudo, Mattia Serranò, Laura Vitale Lollo, Eleonora Sacco, Chiara Compagnoni e Dario Elio Pierri. Piazza 4 Novembre, Perugia, 17 Aprile 2011.

Cari lettori,

eccoci giunti nel periodo più caldo dell’anno: manca poco più di un mese alla fine della scuola e tutti gli studenti sono imbottiti di informazioni e pronti per esplodere nella fase finale di compiti o inter-rogazioni, invidiabili solo ad amici universitari. Per alle-viarne le sofferenze e per distrarre l’alunno da queste moderne torture, “L’Oblò sul Cortile” si propone come valida alternativa alle ore notturne di studio “matto e disperatissimo”, che spesso infondono al Carducciano quel desiderio mistico di mor-te non naturale, unica via di scampo dal delirio della men-te in tali momenti di appren-dimento forzato. Per non tediarvi ulteriormente con la descrizione di queste infelici situazioni, comincerò invece uno sproloquio sulle straordi-narie qualità che il nostro giornalino sta assumendo in questo ultimo periodo: come avrete notato, lo scorso nu-mero era formato da 20 pagi-ne (record degli ultimi tre anni, se non di più) e questo dovrebbe raggiungerlo tran-quillamente; certo non è la quantità a definire la qualità, ma speriamo in ogni caso che quest’ultima risulti a tutti apprezzabile, dato l’impegno che ogni redattore mette nella scrittura, nell’organizza-zione e nella scelta degli argo-menti. Dovrebbero esservi graditi i contenuti che trovate nell’“Oblò” non solo per la varietà che riusciamo a offrir-vi grazie alla numerosità dei redattori (per l’acquisto di nuove reclute) e delle idee diverse e divergenti che na-scono all’interno della reda-zione, ma anche perché stia-mo cercando di coinvolgere sempre maggiormente gli studenti con interviste, gio-chi, recensioni, meglio ap-procciabili da tutti. I vostri redattori, o meglio parte di essi è stata da poco al Conve-

gno Italiano di Stampa Studen-tesca (CISS) a Perugia per tro-vare nuove idee e per confron-tarsi con altri giornalini d’Italia, in modo da poter imparare da essi e innovare le pagine car-ducciane, e per poter anche offrire spunti, consigli e rifles-sioni alle altre testate studen-tesche. È stata un’esperienza molto utile per l’“Oblò”, che ha tratto dalle discussioni tra i redattori di diverse scuole e città intuizioni preziose per miglioramenti o cambiamenti importanti. Avrete notato in primo luogo che la prima pagi-na del giornale è corredata di una copertina, disegnata da Elena Di Luca di III F, che dà al giornale una sembianza ancora più caratteristica e che, come primo tentativo, vorrebbe rias-sumere in sé il contenuto del numero.

Se ci fossero degli appassionati di disegno che volessero con-tribuire a rendere le future copertine dell’“Oblò” sempre migliori, che non esitino a pro-porci novità o vecchiume ben composti e inviino alla mail del giornale ([email protected]) le loro proposte, o si presentino in redazione per parlarne. Sono molto gradite le risposte co-struttive e approfondite agli articoli pubblicati sui numeri

del giornale, che solo grazie ai lettori e agli interessati vive, e che si nutre delle opi-nioni di questi ultimi per portare avanti il suo lavoro. Prossimamente esporremo in tutta la scuola degli scato-loni per raccogliere le vostre opinioni sui contenuti del giornalino e sul suo anda-mento di quest’anno, che a parere dei redattori sembra essere stato molto più vivace e interessante di quello degli anni passati: l’“Oblò” si è riscattato ed è condotto a nuova vita dai redattori che credono di più in un suo svi-luppo.

Siamo molto soddisfatti di questa rinascita e dei frutti di un impegno collettivo (o quasi) che sta ridando forma, contenuto e anima a un gior-nale dei più importanti nel percorso formativo di una persona: il giornale scolasti-co è la voce dello studente e ogni studente ha per questo il diritto, se non il dovere, di scrivere per il suo giornale, mezzo divulgativo che ad altri livelli (quotidiani, riviste,…) non offrirà più, così facil-mente, la possibilità a tutti di esprimere le proprie opinio-ni. Invito, dunque, tutti a collaborare al progresso del-la comunità scolastica e a

L’EditorialeL’EditorialeL’EditorialeL’Editoriale

PAGINA 2

quello del suo giornalino, che si sta ridestando proprio per gli studenti e per le loro idee, difficilmente espri-mibili tramite altri veicoli, che anche nella scuola, ultimamente, sembrano venire a mancare.

Chiara Compagnoni

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ATTUALITÀ APRILE 2011 PAGINA 3

Intervista sotto i ciliegi in fioreIntervista sotto i ciliegi in fioreIntervista sotto i ciliegi in fioreIntervista sotto i ciliegi in fiore Scuole italiana e giapponese a confronto

Secondo lei questa pressione costante

può generare rivalità o attriti tra gli

studenti?

"Per mia esperienza fortunatamente no;

chi è meno bravo a scuola ha la possibili-

tà di riscattarsi al pomeriggio, dopo le

lezioni, partecipando ai vari club sportivi

o culturali, parte integrante della vita

scolastica. Io ho fatto parte del club di

tennis, ma chi non ama le attività sporti-

ve può iscriversi al club di fotografia o di

musica, ad esempio".

Con che frequenza si riuniscono questi

club?

"Ogni pomeriggio, dopo le lezioni, e

qualche volta anche al mattino prima di

andare in classe. Le lezioni iniziano alle

"Tagliare fondi all'istruzione significa toglie-

re il futuro": queste le parole di Akiko Kuno,

insegnante di Giapponese al Politecnico del

Commercio di Milano, al termine di un'inter-

vista che ha messo in luce le profonde diver-

genze tra la scuola giapponese e quella ita-

liana non tanto dal punto di vista strutturale

— il percorso scolastico è pressoché identi-

co al nostro — quanto da quello quali-

tativo.

Una domanda tecnica: come è strut-

turato l'ordinamento scolastico in

Giappone?

"Così come in Italia la scuola dell'ob-

bligo va dai 6 ai 15 anni, cioè elemen-

tari e medie; a quel punto la maggior

parte sceglie l'indirizzo base delle su-

periori, in cui si riprendono con poche

eccezioni le stesse materie delle me-

die (giapponese, matematica, inglese,

ma anche musica, educazione tecnica

ed economia domestica), mentre una

minoranza sceglie un indirizzo tecnico

o commerciale. Entrare in una buona

università è molto difficile ma, almeno

ai miei tempi, una volta entrati uscire

e trovare una sistemazione lavorativa

era una passeggiata.

L'anno scolastico inizia in Aprile e fini-

sce a Marzo, ed è suddiviso in tre tri-

mestri: a metà e alla fine di ciascun

trimestre vi è un esame, per un totale

di sei durante tutto l'anno".

Oltre agli esami in itinere lo studente

giapponese deve sostenere esami di

ammissione alle superiori e all'uni-

versità: quanto conta entrare in una

buona scuola?

"Andare in una scuola media rinoma-

ta permette di entrare in un liceo al-

trettanto prestigioso, e così via. Il

fatto che i test d'ammissione siano più

impegnativi con l'aumentare del pre-

stigio della scuola è già di per sé un tipo di

selezione, tanto che il voto ha molta meno

importanza che non in Italia: l'importante è

passare.

Ora le cose sono un po' cambiate ed entrare

in università non basta più per avere un

lavoro assicurato; molti giovani sono co-

stretti a lavorare a poco prezzo e senza un

futuro stabile".

8.30, si interrompono attorno a mezzo-

giorno per il pranzo e riprendono dopo

una breve pausa. Dalle 15.00 fino al tra-

monto ci si dedica alle varie attività extra-

scolastiche, che si interrompono solamen-

te una settimana prima di ogni esame.

Essere parte di un club è un modo per

sfogarsi facendo ciò che più piace e, per-

ché no, mostrare agli altri il proprio

talento calcistico piuttosto che mu-

sicale (molti sportivi in Giappone

hanno iniziato proprio così)".

Come sei riuscita a conciliare lo

studio con queste attività?

"Generalmente studiavo di notte o

al mattino presto, oppure concen-

travo tutto lo studio nella settimana

di sospensione delle attività prima

dell'esame; il fatto di avere un limite

di tempo entro cui essere pronta mi

permetteva di stare sui libri per ore

e ore di fila, mi obbligava a ottimiz-

zare il tempo.

Per prepararsi ai difficili esami di

ammissione molti studenti giappo-

nesi — una volta erano una mino-

ranza — vanno in scuole serali a

pagamento, il che significa tornare a

casa a mezzanotte inoltrata. Per

questo motivo è facile addormen-

tarsi durante la mattinata scolastica:

durante la scuola dell'obbligo ciò

non è permesso, ma a partire dalle

superiori è difficile che un professo-

re punisca uno studente se si addor-

menta durante le lezioni. Frequenta-

re il liceo è una scelta dello studen-

te, non un obbligo, per cui può deci-

dere autonomamente se seguire le

lezioni oppure no."

Che importanza ha la divisa scola-

stica?

"Ogni scuola, a partire dalle medie,

ha una particolare divisa, diversa per ogni

istituto. A dire la verità all'inizio non riu-

scivo a sopportarla, mi sentivo costretta e

obbligata; al liceo invece cominciai ad

apprezzarne la bellezza e l'eleganza. La

divisa è un simbolo di appartenenza ad un

gruppo, un segno di riconoscimento che si

può indossare anche all'esterno delle mu-

ra scolastiche come abito elegante, tanto

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ATTUALITÀ PAGINA 4

[Continua da pagina 3] che si usa durante

le festività nazionali, o per uscire con il

ragazzo.

Sostanzialmente la divisa piace anche alle

nuove generazioni, è un accessorio affasci-

nante e "alla moda"; non c'è da stupirsi

quindi se essa può influire o essere un fat-

tore importante ai fini della scelta dell'isti-

tuto."

Lei è in Italia da otto anni: quali sono,

secondo lei, i problemi della scuola italia-

na? Cosa non riesce ancora a digerire e

cosa invece salverebbe?

"Se devo essere sincera non ho trovato

nulla di positivo nella scuola italiana, pur-

troppo ho ancora molti dubbi. La prima

cosa che mi ha fatto storcere il naso, la più

evidente, è la mancanza di un campo spor-

tivo: in Giappone tutte le scuole hanno un

proprio campo sportivo esterno, una

piscina, e attrezzature per praticare la

maggior parte degli sport; in Italia invece

ci si limita ad avere un paio di palestre

piccole e al coperto. La nostra scuola

offre di base una grande varietà di possi-

bilità: ci sono cucina, macchine per cuci-

re, aule attrezzate per le attività pomeri-

diane (un'aula di musica con tutti gli stru-

menti, aule computer, ecc.) e diversi la-

boratori. Sin dalle elementari sperimen-

tiamo un gran numero di materie, da

giapponese a educazione tecnica, da in-

glese a economia domestica, e arrivati

alla fine del liceo possiamo dire di aver

provato un po' di tutto. Un'altra cosa che

mi ha incuriosito è il gran numero di bi-

delli nelle scuole italiane: nella mia scuola

ce n'era uno solo, e alla fine delle lezioni ,

a turno, dedicavamo un po' di tempo alla

pulizia della classe e del resto dell'edificio.

Inoltre non mi sembra che qui la scuola sia

così pulita e in ordine...".

Purtroppo lo spazio per l'intervista sta per

finire: vuole dire un'ultima cosa ai lettori

dell'Oblò?

"Penso che lo scopo della scuola sia quello

di fornire il maggior numero di stimoli allo

studente, di fargli sperimentare ciò che da

adulto non potrà più sperimentare. Alla

vostra età si può fare ciò che si vuole, io

non mi fermavo mai e ricordo con nostalgia

quei tempi. La scuola deve permettervi di

poter poi scegliere la vostra strada, ecco

perché tagliare fondi all'istruzione significa

togliere il futuro".

Dario Zaramella

ANNO V — NUMERO V

Le donne cucite

N ella maggior parte degli stati islamici (Egitto, Somalia, Eritrea, Sudan, Nigeria) ancora oggi viene praticata la mutilazione

genitale femminile. L'85% delle donne egi-ziane ha subito l'infibulazione, nonostante essa sia vietata. La Somalia è stata sopran-nominata "Il Paese delle donne cucite", in quanto la pratica è diffusa tra il 98% delle donne. Ma che cosa significa "donne cucite"? L'infi-bulazione, dal latino fibula, spilla, consiste nell'asportazione del clitoride, delle piccole labbra e di parte delle grandi labbra vulvari, cui segue la cucitura della vulva, lasciando una sola apertura per il passaggio dell'urina e del sangue mestruale. Quest'usanza viene imposta alle bambine all'età di sei/sette anni, quindi prima della comparsa delle mestruazioni, senza aneste-sia e generalmente da parte delle donne della famiglia o della comunità. Il motivo che spinge gli stessi familiari a mutilare le bambine è la preservazione della purezza. Una bambina non infibulata, infatti, è rite-nuta impura, non trova marito e di conse-guenza viene allontanata dalla comunità. L'infibulazione è una pratica di origine triba-le, non legata quindi ad alcuna pratica reli-giosa: l'islam non richiede nessun tipo di manipolazione dei genitali che rechi danno fisico alla donna, anche il cristianesimo la considera un peccato contro la sacralità del corpo, perciò nei Paesi cristiani è ritenuta illegale. Le conseguenze delle mutilazioni genitali femminili sono devastanti per la donna, sia dal punto di vista fisico che psi-cologico: i rapporti sessuali sono dolorosi e difficoltosi, fino a portare alla defibulazione

(scucitura della vulva), attuata dall'uomo prima del matrimonio. Inoltre, alla donna viene negato completamente il piacere sessuale, insorgono cistiti, ritenzioni uri-narie e infezioni vaginali. Durante il parto si possono riscontrare complicanze sia a carico della donna che del bambino, do-vute alla presenza di tessuti cicatriziali poco elastici. L'Italia è la nazione europea con il più alto numero di "donne cucite", circa 4-0.000, a causa della vicinanza ai Paesi africani e del conseguente flusso migrato-rio verso il nostro Paese. Inoltre sono 2000-3000 le bambine a rischio. Nel 2006

lo stato italiano ha emanato una legge che punisce coloro che procurano mutila-zioni a carico dei genitali femminili, con una pena che va dai tre ai sette anni di reclusione. Ma quanti sono a conoscenza di questa legge? E soprattutto quanti sono infor-mati riguardo al problema? Difficilmente in televisione, alla radio o sui giornali compaiono servizi o articoli trattanti l'ar-gomento delle mutilazioni, per questo è necessario incominciare un processo di informazione e di educazione. Il primo

passo è sensibilizzare la popolazione attra-verso convegni, raccolte firme, incontri nelle scuole che indirizzino anche i più giovani a conoscere e a parlare; anche l'informazione sanitaria ricopre un ruolo fondamentale: spetta a tutto il personale (medici, infermie-ri, psicologi, ostetriche, assistenti sociali) parlare alle donne mutilate con delicatezza, far capire loro che sono state prima di tutto vittime di un grave gesto di violenza, tanto più se si considerano l'età e le modalità. La loro esperienza deve essere di monito per-ché non si verifichi mai più in futuro. Per interrompere il circuito vizioso bisogna che siano proprio le donne a tutelare le poten-ziali vittime, cioè le loro figlie. Una delle tante "donne cucite" ha racconta-to di essersi accorta della brutalità con cui veniva imposta l'infibulazione e di aver deci-so di salvare la figlia con un piccolo inganno: diceva ai suoi familiari che la bambina sa-rebbe stata mutilata dalle donne della sua comunità, mentre a quest'ultime diceva esattamente l'opposto, cioè che sarebbe stata la sua famiglia ad occuparsene. In que-sto modo sia i membri della famiglia che quelli della comunità si sono dimenticati della bambina ed essa ha avuto la possibilità di crescere "senza cuciture". Il coraggio di questa donna, che mi ha con-vinta ad approfondire un tema così attuale eppure allo stesso tempo così nascosto, dovrebbe essere di esempio, perché tutti si interessino e impediscano così che altre bambine si trasformino in "donne cucite". Per chi volesse partecipare alla raccolta fir-me, fare r ifer imento a l s i to : www.noncepacesenzagiustizia.org

Alessandra Venezia

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ATTUALITÀ PAGINA 5 APRILE 2011

le norme e direttive europee”: questa ammissione risolve dunque tutti i pro-blemi legati all’identificazione e al tra-sporto dell’immigrato, e lo stesso presi-

dente francese ha lodato l’operato del governo italia-no per come ha saputo gestire questa terribile ondata di profu-

ghi. Tuttavia si abbassano anche i toni della nostra amministrazione, che se prima accusava quella francese di ina-dempienze, ora ammette che oltralpe “l’impegno è cinque volte superiore”, poiché mentre in Italia la media di clan-destini accolti e regolarizzati è di dieci-mila unità l’anno, in Francia le stime parlano di cinquantamila unità: numeri che comunque sembrano “ingiusti” ai due leader, in effetti “Italia e Francia non possono e non devono gestire que-ste emergenze da soli”, ricorda Berlu-sconi. Il Premier ha inoltre inviato una lettera –firmata anche dallo stesso Sarkozy- al

A ttesissimo da tutta Europa, ecco che il summit tra Italia e Francia sugli immigrati si è concluso nella giornata di martedì 26

aprile 2011, tra proteste, scetticismi e perplessità ge-nerali. Ma al contrario di ogni a-spettativa, il Premier Silvio Berlusconi ha saputo ancora una volta trattare con la controparte transalpina, riuscendo a far “convergere profondamente” gli interessi del presidente Sarkozy con quelli del Bel-paese: adesso i nostri cugini d’oltralpe si dicono d’accordo a far circolare i clande-stini in Europa, a patto di riformare il trat-tato di Schengen. Un risultato inaspettato, visti i toni poco gradevoli che fino ad oggi avevano utilizzato i ministri dell’interno e dell’immigrazione scelti da Sarkò, che escludevano in assoluto questa opzione o ponevano limitazioni e regole assurde per aprire le frontiere; inoltre, il documento provvisorio che lo Stato Italiano ha emes-so e consegnato ai clandestini non respin-ti, è stato ritenuto “valido ed in linea con

presidente della commissione europea Barroso, nella quale chiede di riformare e rinnovare il trattato di Schengen, “pilastro fondamentale della costituzio-ne europea”. Un incontro dunque che ha creato molte aspettative in tutta Europa, e che, al di fuori di ogni aspetta-tiva, ha chiarito con toni sereni e (quasi) amichevoli i problemi dei due paesi: per ora le soluzioni sono solo le promesse dei francesi, ma per quanto scettici si possa essere, oramai la Francia ha preso una posizione che sembra di dialogo e di ricerca di soluzioni comuni, forse perché in effetti sospendere il trattato di Schen-gen, unica opzione possibile ai francesi per non accogliere i clandestini, è stato dichiarato “impossibile” dall’alta com-missione europea, poiché “esso rappre-senta il diritto inalienabile della libera circolazione dei cittadini europei in Eu-ropa”. Chissà, magari i nostri beneamati cugini hanno iniziato a usare anche con noi un poco di egalitè, e di certo questo garantirà una maggiore fraternità un domani da parte nostra. Leonardo Rovere

Q uanto la cultura americana è diversa dalla nostra? Ricevere un altro tipo di educazione apre nuove strade o le preclu-

de? Interrogandoci sull’organizzazione della scuola, il primo ambiente con cui tutti i ragazzi si devono confrontare, notia-mo già nette differenze.

Jacopo è un quindicenne italiano, ma stu-dia fin dall’infanzia in una scuola america-na di Milano, per questo ho deciso di por-gli alcune domande pratiche riguardo alla sua scuola.

Quali sono le materie principali? Sono

tutte obbligatorie o alcune sono facoltati-

ve?

Si studiano inglese, storia, matematica, fisica/chimica e si possono scegliere una o due lingue; io ad esempio studio anche italiano e spagnolo. Due volte alla settima-na c’è un corso facoltativo in cui si può scegliere tra educazione fisica, arte, arte digitale, fotografia, teatro o business study.

Quante ore trascorri a scuola? Sei im-

pegnato anche nel pomeriggio?

In tutto sono sei ore e mezza, con un intervallo di 50 minuti. Nel pomeriggio c’è la possibilità di seguire degli ulteriori corsi di lingue e di praticare attività sportive.

Quali sono e come funzionano le valu-

tazioni?

Le valutazioni sono basate sul criterio MYP, un criterio americano che segue delle rubriche ben distinte e i voti pos-sono essere su 100, su 10 o su 8 per i progetti o i temi importanti, mentre su 6 o su 4 per quanto riguarda i compiti.

Esiste un esame di maturità?

Durante gli ultimi 2 anni si può svolgere l'IB, che è la preparazione ad un esame

che ti permette di accedere ad alcune uni-versità nelle quali questo è richiesto, evi-tando di fare il test di ammissione. Invece la maturità classica americana, il SAT, ti permettere di iscriverti a tutte le università americane senza problemi.

Quanto il mondo della scuola è legato a

quello dell’università? Quando e come

inizia l’orientamento?

I due mondi sono molto legati: infatti, du-rante gli ultimi due anni, si possono sce-gliere corsi ad alto livello in base al tipo di

università a cui si è inte-ressati. L’orientamento inizia in decima (corrispondente alla no-stra seconda liceo) con un colloquio durante il quale si espongono i

propri interessi futuri e vengono, in base a questo, presentate le possibilità di ciascu-no.

Chiara Conselvan

L’istruzione americana in Italia

Accordi tra Sarkò e il BelpaeseAccordi tra Sarkò e il BelpaeseAccordi tra Sarkò e il BelpaeseAccordi tra Sarkò e il Belpaese

“Oramai la Francia ha pre-

so una posizione che sem-

bra di dialogo e di ricerca

di soluzioni comuni”

“Nel pomeriggio c’è la pos-

sibilità di seguire degli ulte-

riori corsi di lingue e di pra-

ticare attività sportive.”

Page 6: L'OblòSulCortile_2011cAprile

ATTUALITÀ PAGINA 6

“Come cristiano, come teologo, sono dell’opi-nione che il Dio misericordioso, che si attende dall’uomo libertà e responsabilità per la sua vita, ha anche lasciato all’uomo che è in pro-cinto di morire la responsabilità e la libertà di coscienza di decidere il modo e il tempo della sua morte. Una responsabilità che né lo Stato né la Chiesa né un teologo o un medico pos-sono togliergli”. Così ha scritto un teologo cristiano riguardo all’eutanasia. Letteralmente il termine eutanasia (dal greco eu-thanatòs, buona morte) si riferisce oggi a diverse pro-cedure che mi sembra corretto illustrare e che hanno lo scopo di dare una fine indolore e dignitosa a un malato in fase terminale, per il quale non esistono cure mediche. In generale, per applicare l’eutanasia è necessaria l’appro-vazione del malato ed è pure richiesto l’inter-vento di una seconda persona, che può avere sia un ruolo attivo che passivo. Si differenzia in volontaria, non volontaria e involontaria.

La prima si ha quando il malato chiede al me-dico di mettere in atto “cure ” che alla fine lo porteranno alla morte.

Questa forma di eutanasia potrebbe sembra-re simile al suicidio, ma a mio avviso è fonda-mentalmente diversa: mentre il suicidio è in fondo un atto di codardia che provoca soffe-renza alle persone che amano il suicida, l’Eu-tanasia volontaria è invece una via per sot-trarsi ad una sofferenza fisica e spirituale len-ta ed inesorabile, e una forma d’amore verso i propri cari, cui si cerca di risparmiare la peno-sa e dolorosa tragedia di vedere il proprio amato spegnersi tra crudeli sofferenze e pe-ne.

Il secondo tipo di Eutanasia si ha quando il malato non è più cosciente, ha attività cere-brale inesistente e viene tenuto in vita da attrezzature mediche. In questo caso lo spe-gnimento delle macchine, operato con il con-senso dei parenti da una equipe di medici, è di fatto consentito anche dalla legge italiana.

Infine, l’ultima forma di eutanasia –detta involontaria - si ha quando non è il malato, pure se cosciente e consapevole delle sue condizioni di salute, a dare il consenso, ma sono i suoi familiari. Appare ovvio che que-st’ultimo tipo di morte buona sia quello più soggetto a critiche e temibili, inquietanti interpretazioni. Non credo di esagerare asserendo che questa pratica sia assai simi-le ad alcuni esperimenti che i nazisti prati-cavano sui prigionieri dei Lager. Un altro metodo per distinguere l’Eutanasia è quello di definirla attiva o passiva. Nel primo caso il malato terminale viene aiutato a morire, con l’intervento di farmaci appositi, nel secondo caso lo si lascia morire interrom-pendo le cure mediche palliative o di soste-gno. Spiegato ciò, vorrei ritornare alla frase con cui ho aperto questo articolo, che ho trovato particolarmente profonda, seppur molto semplice. Molto si discute sulla mora-lità dell’Eutanasia e, come è noto, la Chiesa Cattolica si oppone con forza a questa prati-ca. Argomento principale di tale rifiuto è la considerazione che la vita non ci appartie-ne, ma ci è stata donata da Dio e, di conse-guenza, noi non abbiamo la libertà di to-gliercela. A parte questa obiezione, che essendo puramente teologica è quindi non confutabile, la Chiesa teme che i malati terminali siano spinti all’Eutanasia per evi-tare dolori ai propri cari. Non mi sembra, questa, una motivazione condivisibile per-ché se un malato terminale decide di non sottoporsi all’eutanasia, i suoi cari saranno felici di sostenerlo con amore sino alla fine pur nel doloroso cammino verso la morte. Certi legami sono talmente forti che nem-meno la morte o il dolore possono spezzarli. La Chiesa, invece, appoggia l’uso di cure palliative, non in grado di curare la malattia, bensì di alleviarne i sintomi. Ben vengano le cure palliative, se potranno ridurre le pene, ma di certo, secondo me, nulla varranno per alleviare l’angosciosa attesa di un mala-

to terminale desideroso di mettere fine alle sue sofferenze. Credo che in questo caso, l’eutanasia risulti più un pietoso e generoso gesto che non un atto omicida.

Per quanto riguarda l’Eutanasia non volon-taria, mi chiedo se si possa definire vita uno stato vegetativo: come mai posso rifiu-tare una vaccinazione, mentre non posso rifiutarmi di essere mantenuto in vita dalle macchine? E non credo che si possa neppu-re definire omicidio questo tipo di morte

buona, quando anche la somministrazione dei farmaci risulta ormai essere del tutto vana. È sorprendente che fino al caso della povera Eluana Englaro si discutesse di ciò: il suo è stato il primo caso su cui la Corte di Cassazione si è espressa legittimando la scelta del padre della ragazza.

Riguardo all’Eutanasia volontaria, ritengo che debba essere legittimata perché, in uno stato laico come il nostro, si deve con-cedere la libertà di scelta a tutti, soprattut-to a coloro che non sono credenti, o che seguono differenti dottrine religiose. Non è un caso che questa visione contraria all’ eutanasia sia nata solo dopo l’avvento del cristianesimo: infatti tutti i filosofi classici, da Platone ad Aristotele, credevano che l’importante fosse vivere bene, non conti-nuare a vivere. Mi sembra debba essere un diritto di ognuno scegliere, in caso di malattia terminale, il modo in cui morire. Una scelta che verrebbe ben chiarita e documentata dal testamento biologico lasciato da ogni cittadino. Anche se in Ita-lia, come in molti altri paesi, l’Eutanasia viene considerata illegale, in alcune nazio-ni, quali Olanda e Belgio, l’eutanasia, in ogni sua forma, è ammessa dalla legge. In altri paesi occidentali, invece, l’eutanasia è depenalizzata ed è concesso e rispettato l’uso del testamento biologico, come negli USA, in Canada, in Inghilterra, in Francia .

Pietro Klausner

εὖ θάνατος

ANNO V — NUMERO V

Cronache carduccianeCronache carduccianeCronache carduccianeCronache carducciane

N el corso di quest’anno scolastico sono stati diversi gli episodi che hanno visto come conseguenza un progressivo acuirsi delle ten-

sioni (invero mai sopite) fra la Dirigente Sco-lastica prof.ssa Mirella De Carolis e una larga parte degli studenti, rappresentata soprat-tutto dal Collettivo, e un gruppo piuttosto nutrito di professori. In questo ambito si è distinta – ahinoi in negativo – una totale assenza di cronaca di tali fatti fra le pagine di questo giornalino: una lunga ed ininter-rotta serie di «buchi» che, di certo, non ha contribuito a informare e a interessare gli studenti all’argomento. Proviamo dunque a

mettere in fila e a commentare in breve gli avvenimenti più importanti per rinfrescare la memoria al carducciano medio. Anche quest’anno, salvo eccezioni, il discorso relativo ai viaggi di istruzione si è concluso in un nulla di fatto. Molteplici le cause: ritardi nella consegna di documenti, di-menticanze e, soprattutto, proteste contro la riforma, che non prevede il pagamento dei professori accompagnatori per le usci-te. Oltre all’annosa questione dei viaggi di istruzione che, a prescindere dalle motiva-zioni più o meno valide, continua a privare buona parte degli studenti di un’esperien-za formativa indubbiamente importante,

però, è doveroso registrare un altro fatto. Un’interpellanza parlamentare dell’otto-bre 2011, infatti, fa riferimento a 50.000 euro che sarebbero stati «mal spesi» dalla scuola, mentre risulta che negli ultimi mesi il liceo sia stato oggetto di ispezioni ministeriali nonché di attenzioni da parte del Provveditorato. L’ipotesi è che sulla Dirigente Scolastica penda un provvedi-mento per «danno erariale», anche se, ad oggi, non risultano misure in questo senso da parte del direttore dell'Ufficio Scolasti-co Regionale dottor Giuseppe Colosio. Secondo il quotidiano La Repubblica sul

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CRONACHE CARDUCCIANE PAGINA 7 APRILE 2011

Dirigente Scolastico starebbe indagando la Corte dei Conti, mentre Colosio avrebbe ricevuto un richiamo nientemeno che dal ministro per la PA Renato Brunetta. Ma a dispetto di ciò la situazione appare fer-ma.Anche riguardo alla cogestione sono sorte parecchie lamentele da parte degli organizzatori: si rimprovera alla Dirigente Scolastica il fatto di non aver firmato nessuna delle «circolari relative al proget-to».E viene fatto notare, fra le altre cose, che «nessun piano di sorveglianza» è stato «previsto dalla responsabile dell’istituto», di modo che «solo il senso di responsabilità dei do-centi della scuola ha consentito di garantire la sorveglianza». L’argomento che ha surri-scaldato maggiormente gli animi, però, è stato senza ombra di dubbio quello della plenaria di febbraio. La questione appare spinosa. Il Dirigente Scolastico, infatti, dopo aver ufficialmente autorizzato e convocato l’assemblea di istituto, ha deciso di revocar-la, causa inefficienze e mancanze organizza-tive e di comunicazione da parte dei rappre-sentanti degli studenti (come gli stessi han-no ammesso). In breve, il Comitato Studen-

tesco e la componente studentesca del Consiglio di Istituto hanno organizzato, per il mese di febbraio, una «Plenaria» della durata di un’intera giornata scolasti-ca. Una misura, questa, apparentemente «straordinaria» ma in realtà prevista dalla

legge. Il Ds, in un primo momento, si è detto d’accordo e ha autorizzato l’assem-blea emanando una circolare con la quale la convocava in via ufficiale. Tutto ciò

sulla base, pare, di rassicurazioni da parte dei rappresentanti degli studenti circa alcuni aspetti organizzativi. In seguito, ravvisando inadempienze e carenze ri-guardo alla comunicazione dei nominativi degli esperti esterni, alla sistemazione delle classi nelle varie aule e alla pianifica-zione dell’orario, la Preside ha però ema-nato una seconda circolare con la quale stabiliva un limite di tempo (fissato al giorno successivo) entro il quale ovviare alle suddette mancanze. Una scelta piena-mente legittima – specialmente conside-rando la rilevanza delle questioni in meri-to – sulla quale i rappresentanti hanno

M ettetevi comodi e lavorate di fantasia. Riuscite a pensare a una comunità che tutti gli anni elegge dei rappresentanti da

mandare in un’assemblea priva di qualsiasi potere effettivo? E se questa comunità fosse il Carducci, dove l’Assemblea dei Delegati, fino a pochissimo tempo fa (mercoledì 27 aprile) non aveva un regolamento scritto che ne san-cisse diritti e funzioni? In attesa che il regolamento approvato in Delegati sia ratificato in CdI, l’AdD in realtà resta ancora, per poco, un organo senza ga-ranzie scritte, la cui esistenza si configura di fatto come una concessione reiterata ogni mese dal Dirigente Scolastico. Con un ritardo di quasi due mesi dall’inizio delle discussioni (iniziate il 2 marzo di quest’anno), finalmente si sta approdando alla normalità. Il 2 marzo viene indetta una seduta. Posizione prioritaria nell’ordine del giorno ha proprio la votazione di un regolamento. In realtà però, quasi subito fa il suo ingresso il DS che, imponendo un proprio ordine del giorno, illustra ai delegati i problemi verificatisi nell’organizzazione delle gite e dell’assemblea plenaria di febbraio, concessa e rimangiata per ragioni che non possono essere trattate in questo articolo. Aggiunge anche qualche appunto sui disagi creati dalle fotocopiatrici scolastiche.

Quando le viene fatta notare l’esistenza di un ordine del giorno già stabilito, che per di più comprende un punto tanto cruciale, si dichiara dapprima scettica – quando mai si è vista una scuola in cui manchi una parte così importante del regolamento? – poi afferma comunque la priorità del proprio argomento: è più interessante, garantisce, “Anche se a voi non sembra”. A suscitare, però, le accese proteste di tutti è la cacciata dei Rappresentanti di Istituto dall’assemblea. Il DS motiva questa sua di-sposizione facendo ap-pello al regolamento (non esistente) che do-vrebbe essere discusso e approvato in quel mo-mento. I Rappresentanti di Isti-tuto non centrano con l’Assemblea dei Delegati. È vero. Però la loro presenza alle Delegati non è certo una novità. Soprattutto non è una novità per la Preside che anche quest’anno li ha visti partecipare a tutte le sedute cui ella stessa ha partecipato. Un tanto acceso zelo della Preside a favore dell’autonomia dell’AdD fa ad ogni modo

piacere. Ci chiediamo invece se, dovendo ella parlare della plenaria mancata di feb-braio, la presenza dei Rappresentanti in CdI non costituisse un elemento impre-scindibile di pluralismo: avendo dato un contributo determinante all’organizzazio-ne di tale evento, erano probabilmente gli studenti più informati in materia. Inoltre, quel regolamento tuttora da approvarsi in CdI, cui il DS faceva riferimento (quasi fosse già stato approvato) per cacciare

dalla seduta i Rappre-sentanti d’Istituto, ga-rantirebbe loro – al contrario – la possibili-tà di parteciparvi, pur senza diritto di voto e con limitata libertà di parola (come sempre è avvenuto prima del 2 marzo), in qualità di

intermediari tra AdD e CdI. In seguito, è stata concessa una seconda Delegati straordinaria lunedì 21 marzo in VII ora, ma non si è raggiunto il quorum per la votazione del regolamento, appro-vato invece all’unanimità dei presenti nell’assemblea del 27.

Luca Spinicci

“RISPONDE L’ASSEMBLEA DEI DELEGATI:

IL NUMERO CHIAMATO È INESISTENTE”

“Il DS motiva questa sua

disposizione facendo appel-

lo al regolamento (non esi-

stente) che dovrebbe essere

discusso e approvato in quel

momento.”

“L’«ultimatum» del Ds è parso «tardivo ed esagera-to», nonché viziato da una «totale indisposizione … a

rimediare alle mancanze». “

tuttavia espresso le loro perplessità, in particolare riguardo alla forma del comu-nicato e al torno di tempo concesso, giu-dicato estremamente ridotto. Dunque, l’«ultimatum» del Ds è parso «tardivo ed esagerato», nonché viziato da una «totale indisposizione … a rimediare alle mancanze». Di qui la decisione del Collet-tivo, appoggiato da alcuni professori, di occupare la palestra maschile per due giorni, per «riprendersi» l’assemblea negata. Con buona pace degli artt. 340 e 633 del codice penale. La tensione è tor-nata a salire, poi, per la vicenda legata all’assemblea dei delegati del 2 marzo (per l’analisi della quale rimandiamo i lettori all’articolo , su questo numero, dell’ottimo Luca Spinicci), che ha visto nuovamente contrapporsi il Ds e i rappre-sentanti del CdI e buona parte dei dele-gati. Ad esasperare ulteriormente i con-trasti, infine, le otto (più che legittime) domande del Collettivo, relative alle que-stioni testé citate nonché alle sorti dei Sette Savi del Melotti, alle quali la Diri-gente non sembra intenzionata a rispon-dere. Fra motivazioni serie e fragili prete-sti, insomma, la tensione non sembra destinata a scendere. Claudio Fatti

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PAGINA 8

DA NON PERDERE!

E se in gioco ci fosse la vita di un uomo, o meglio di un ragazzo cresciuto nei bassi fondi della so-cietà, con alle spalle un vissuto apatico e turbo-lento? Come si comporterebbero i dodici giurati, o meglio i dodici uomini arrabbiati (dal titolo originale Twelve Angry Men), chiamati a giudica-re con la loro unanimità l’innocenza o la colpevo-lezza del giovane imputato, accusato di parrici-dio, e nel secondo caso a sancirne la condanna a morte? È proprio intorno a questa domanda che fa perno l’intero film di Sidney Lumet. L’unica ambientazione del lungometraggio è la stanza in cui si riuniscono i dodici uomini per discutere e votare la sentenza definitiva: sono rinchiusi nel locale, strategicamente inquadrato dall’alto così da trasmettere un senso di claustrofobia, i più variegati modelli di uomini: dall’iracondo all’igna-vo, dal concreto al fazioso, dall’indifferente all’o-nesto, dallo stupido al giusto. Quest’assemblea, massimo emblema di democrazia, è caratterizza-ta, in accordo con la legislazione americana (di ora come di allora), dal diritto di veto: il verdetto, di colpevolezza o innocenza che sia, deve essere espresso all'unanimità. Al termine della prima votazione il ragazzo imputato viene giudicato colpevole dalla totalità meno uno dei votanti: chi per liquidare in fretta la faccenda, chi per convin-

zione, chi per far parte della maggioranza, chi per indecisione ha optato per quella che già era stata la sentenza del giudice. Solo un uomo tra essi, interpretato dal formidabile Henry Fonda, comprende la massima portata del suo voto, dal quale sarebbe dipesa la vita

di un ragazzo, un ragazzo magari inno-cente mandato a morte dalla superfi-cialità dei suoi giudici, o magari colpe-vole, ma in questo caso doveva essere inchiodato da prove schiaccianti. Inizia così un processo di persuasione degli altri undici giurati, sulla base di un ra-

gionevole dubbio, che si snoderà attra-verso una serie di votazioni che ve-dranno pian piano capovolta la deci-sione comune. Di questo film non con-ta il finale, poiché, nonostante l’inver-sione di giudizio della giuria, non si scopre la reale colpevolezza o innocen-za dell’imputato, conta piuttosto l’arti-colato e straordinario meccanismo che con ragionevolezza ri-analizza tutte le fasi del processo per verificarne la veri-dicità. Ecco che una semplice formalità, come la votazione dei giurati solita-mente concorde alla sentenza del giu-dice, si trasforma in uno spaccato di giustizia allo stato puro. Un film davve-ro da non perdere, per la cui visione ringrazio gli organizzatori del Cinefo-rum serale di Venerdì 15 Aprile.

Martina Brandi

@Cineforum: La parola ai giurati

@Cineforum: Uomini di Dio troppo netta dei fatti e da ogni attribuzione di responsabilità. Gli islamisti del GIA non vengono mai esplicitamente chiamati in causa come reali autori della strage. Sull'intera vicenda, infatti, non si è mai fatto del tutto luce e molti sono i particolari ancora sconosciuti. Andando a tocca-re questioni etiche legate alla fede, il film si fa portatore di messaggi molto attuali e spinge lo spettatore a porsi diversi interrogativi. Cosa vuol dire realmente credere? Fino a che punto un uomo è disposto a seguire la fede? Questi mona-ci sono da considerarsi eroi? Per rispondere, Beauvois tenta di adottare gli stessi modi e ritmi dei monaci che sono i suoi protagonisti; egli predilige scene ripetitive, giocando sull'apparen-te monotonia dei gesti quotidiani sacri e profani: catturando lo scarto tra attività manuali e con-crete, tra sacro e profano, che compone la vita di quegli uomini. Una curiosità: il titolo originale in francese è "Des hommes et des Dieux" che letteralmente significa "Degli uomini e di Dio". La traduzione italiana ha decisamente mutato direzione, spostandosi su un titolo più "convenzionale" e facendo perdere, a mio avvi-so, parte del significato alla pellicola. Questo perchè con la diversa traduzione del titolo in italiano, viene meno quanto in realtà sarebbe dovuto emergere: non sono tanto i monaci i protagonisti del film quanto, invece, la forza del loro credo, centrale non è tanto il ruolo del co-raggio a voler sfidare il male quanto, invece, il voler perseverare nella via del bene. Riccardo Toso

ANNO V — NUMERO V CRONACHE CARDUCCIANE

V enerdì 15 aprile al cineforum della nostra scuola è stato proiettato il film "Uomini di Dio" di Xavier Beau-vois. Questo film affronta impor-

tanti tematiche legate alla religione, come il fondamentalismo e i suoi effetti sulla nostra società, il confronto/scontro che avviene tra le religioni quando si legano a ragioni politi-che o comunque esterne e le loro conseguen-ze, nel caso di questo film drammaticho. Un po’riporta a "Il nome della rosa" e un po’ alle attualità del Medio Oriente. In particolare il film, ambientato in un convento sulle monta-gne dell'Atlante, tra Algeria e Marocco, rivive un episodio realmente accaduto durante la guerra che imperversava negli anni '90. In questo periodo l'Algeria era pervasa da una guerra civile tra le forze governative e i gruppi islamisti di vario tipo, accomunati tutti dal fanatismo religioso e dall’odio verso il gover-no che consideravano illegittimo. La guerra, durata oltre un decennio e considerata non completamente conclutasi, ha causato 150 mila vittime, ed è considerata un vero e pro-prio massacro, una tragedia che l’Europa ha dimenticato (o forse ha voluto dimenticare), nonostante il solo Mediterraneo ci separi. Nella notte tra il 26 e il 27 Marzo 1996, sette frati trappisti del monastero di Tibehirine, nell'Atlante algerino, furono sequestrati e uccisi da una cella terrorista islamica, il Grup-po Islamico Armato (GIA). Il 30 Maggio le teste mozzate dei frati vengono ritrovate

davanti al convento mentre i corpi non saran-no mai ritrovati. Il film ripercorre gli ultimi mesi di vita dei frati, cercando di riproporre quella che era la loro vita quotidiana fatta di preghiere, pasti frugali, lavoro nell’orto; i contatti con la popolazione locale, intera-mente musulmana, sono quasi idilliaci e i frati sono rispettati e persino amati per le cure mediche praticate da uno di loro. Il fanatismo jihadista, quello seguito dagli islamisti, appa-re lontano e arriva solo attraverso le crona-che di giornali e televisione o attraverso i racconti della gente del villaggio. Quando alcuni operai croati di un cantiere vicino ven-gono brutalmente sgozzati, il pericolo si fa sempre più concreto e i monaci, alcuni visibil-mente toccati nell'animo dopo questo episo-dio, sembrano mettere in discussione il valo-re della propria missione, chiedendosi se vale la pena restare e rischiare o partire. In una delle scene più commoventi decidono di ri-manere, pur consapevoli di rischiare la vita, finché non accade l’inevitabile. Nei momenti finali del film, il regista ci mostra i sette mo-naci che vengono portati via dal gruppo isla-mista (mai precisato e sempre presentato genericamente) sulle montagne e fatti poi camminare stremati nella neve. Non si vede la loro esecuzione e la si intuisce soltanto. Qui capiamo definitivamente quale sia la scelta del film, cioè quella di non prendere una posizione precisa, di tenersi prudente-mente a distanza da ogni interpretazione

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PAGINA 11

D a Trieste a Bari, da Roma a Milano, i rappresentanti di 20 scuole, provenienti da tutta Italia, si sono incontrate a Pe-

rugia per la Terza edizione del Convegno Italiano della Stampa Studentesca, nel-l'ambito del Convegno Internazionale del Giornalismo.

Per tre giorni, dal 15 al 17 aprile, la presti-giosa sede della Camera di Commercio dell'Umbria ha ospitato i dibattiti dei gior-nalisti scolastici di tutta Italia. Come da consolidata tradizione, gli interventi sono stati tenuti dalle redazioni di due giornali-ni, che presentavano gli argomenti da due punti di vista opposti. Le relazioni e i dibattiti hanno riguardato problemi prati-ci nella gestione di una rivista scolastica periodica – ad esempio: come ottenere finanziamenti? Come affrontare la censu-ra da parte delle autorità scolastiche? – e dei suoi contenuti – che cosa interessa di più il lettore? É giusto selezionare gli arti-coli che arrivano in redazione?

L'Oblò sul Cortile ha inviato una delega-zione di ben sette redattori, che, insieme ai redattori de “Il Giornalotto” del Liceo Volta di Milano, hanno introdotto la di-scussione sul difficile argomento: “Diventare popolari accattivando il letto-re, ma senza assecondarlo”. Ripetuti studi e osservazioni effettuati nelle scuole nel corso degli anni hanno dimostrato senza possibilità di errore che gli studenti-lettori, principale target dei giornalini scolastici, non leggono mediamente più di tre articoli, di solito quelli meno impe-gnativi, che trattano di argomenti leggeri, o i più divertenti. Alla ricerca della popo-larità, “Il Giornalotto” del Volta ha scelto di seguire una linea editoriale che privile-gi racconti, articoli comici, poco impegna-

ti e, a volte, stupidi. Certo, articoli di attualità e opinioni su temi politici e ide-ologici non mancano, ma occupano uno spazio minoritario del giornalino. L'Oblò sul Cortile ha scelto una via diversa per rilanciare la sua offerta: trovare un equi-librio tra contenuti che soddisfino il biso-gno di evasione dei lettori del giornalino e articoli più impegnati, che sollevino domande e facciano riflettere su temi importanti. Raggiungere questo equili-brio non è facile e sicuramente bisognerà lavorare ancora molto per ottenerlo.

Il Convegno Italiano della Stampa Stu-dentesca ha portato, come sempre, una ventata di fiducia e di idee nuove per il nostro giornalino, ma anche dubbi da sciogliere e una grande varietà di opinio-ni diverse su cui riflettere. Il medesimo spirito, però, accomuna tutti quanti: migliorarsi imparando dalle esperienze degli altri e, in particolare, ascoltando i lettori.

Leggete il giornalino e aiutateci a mi-gliorarlo. Mattia Serranò

Il 3° Convegno Italiano della Stampa Studentesca

APRILE 2011 CRONACHE CARDUCCIANE

Tutti (o quasi) i ragazzi del CISS

MEMORANDA

La Redazione de “L’Oblò sul Cortile” si riunisce ogni GIOVEDI’ in 6a ORA , nell’aula per essa predisposta (piano seminterrato, ultima a destra). VI ASPETTIAMO, CON LE VOSTRE PRO-POSTE!!!

Oppure scrivete all’indirizzo e-mail [email protected]

Ci trovate su facebook all’indirizzo facebook.com/oblosulcortile o nella pagina fan L’Oblò Sul Cortile.

Visitate anche il nostro blog all’indi-

rizzo http://

oblocarducci.blogspot.com/: lasciate

i vostri commenti e scaricate i numeri

dell’“Oblò”!

Dario, Chiara, Eleonora e Mattia espongono il problema “Come accattivare il lettore”.

Page 10: L'OblòSulCortile_2011cAprile

PAGINA 12 CRONACHE CARDUCCIANE ANNO V — NUMERO V

I risultati del Gioco LetterarioI risultati del Gioco LetterarioI risultati del Gioco LetterarioI risultati del Gioco Letterario

Coleottero”) e quella di Bruchetto evoluto (squadra omonima) per farfalletta. 3)Trova in 10 minuti il maggior numero possibile di sinonimi di rubacuori.

Di questa prova, vinta dalla squadra “Il Co-

leottero”, riporteremo solo i sinonimi più eclatanti e divertenti Sinonimi accettati dalla giuria: Il Coleottero: marpione, provolone, cicisbe-o, fante di cuori. Il Lepidottero: sciupafemmine, cascamorto, gatta morta, ladro di organi, panterona. Il Bruchetto Evoluto: tombeur de femme, femme fatale, Bocca di Rosa. L’Insettino: farfallone, mangia uomini. Sinonimi ritenuti troppo eclatanti per esi-

stere veramente:

Ce n’è uno solo, ma è notevole: la squadra “Il Lepidottero” ha scritto pacco facile… Il premio faccia di mm****

Lo vince senza concorrenti la squadra “L’Insettino” che, avendo fatto una prova decisamente sotto tono rispetto al resto della gara ha scritto come ultimi due sinoni-mi “seduttore” e “seduttrice :-)” 4)Scrivi un riassunto poliglotta de “I Pro-messi Sposi” mescolando le parole di tutte le lingue che conosci (dialetti compresi) Di questa prova, non valutata perché la consegna originale non era risultata chiara a tutti, riportiamo l’elaborato più completo e spassoso. La squadra non ha un nome perché costitui-ta da verminosi individui ginnasiali che alla fine della quarta ora sono fuggiti, e quindi non hanno svolto la prova de “La Farfallet-ta”. Si sono comunque firmati “I C (ex IV C)” e con questa firma presentiamo l’elaborato, decisamente ben riuscito: “I Promessi Married” es un celebre book ab Manzone. Narra the story of zwei ennamo-rados, Renzo y Lucῖa, che vogliono sposarsi. Però don Rodigo und tambien du bagai, i bravi, fue innamorato Lucia’s. Entonces no quiere that they get married. Lucia la fugis e la va dalla Monaca de Monza, ‘na coatta! Nonostante gli inconvenienti alla fin del book i do bagai se sposan und live por siem-pre felìz y happy. Schribe wir bold. With love, la IC (ex IV C) Sommando i risultati di tutte le prove viene fuori la seguente classifica: 1°: Il Coleottero 2°: Il Bruchetto Evoluto 3°: Il Lepidottero 4°: L’Insettino (5°: Ex IV C)

Q uelle qui riportate sono le solu-zioni – a giudizio della giuria – più brillanti di alcune prove di scrittu-ra creativa sottoposte ai parteci-

panti al gruppo “Gioco Letterario” della co-gestione di marzo. Sottolineata trovate la consegna della singola prova. I nomi delle squadre sono stati dati a seconda del nome dato da ciascuna alla farfalletta nella secon-da prova.

1)Diventa anche tu giornalista: inventa final-mente una notizia accattivante che possa conquistare l’attenzione di qualunque letto-re. Dev’essere corredata di occhiello, titolo e sommario. 1° classificato - squadra “Il Lepidottero”

Nuova legge approvata dalla Camera 5 ANNI DI RECLUSIONE PER RAPPORTI SES-

SUALI CON MAGGIORENNI Il Premier afferma: “Io lo sapevo!”

2° classificato - squadra “Il Bruchetto Evolu-

to”

Dall’Università di Oxford una scoperta sen-sazionale:

LE MUTANDE IN TESTA AIUTANO IL PROCES-SO DI STUDIO

Un professore afferma: “Meglio se sporche”

2) Riscrivi la filastrocca “La Farfalletta” di L. Sailer (La vispa Teresa/avea tra l’erbetta/a

volo sorpresa/gentil farfalletta ecc.) senza utilizzare la lettera “a”.

1° classificato - squadra “Il Lepidottero”

L’enormemente felice Therèse ebbe nel verde

colto in volo un gentil

lepidottero e del tutto felice stringendolo vivo

urlò forte: “L’ho preso! L’ho preso!” dicendole con suppliche

l’infelice gridò: “Vivendo in volo che torto ti fo? tu sì mi ferisci

stringendomi ciò con cui volo. Deh, non tenermi,

pure io sono figlio di Dio”

Con confusione e pentimento, di Therèse

il volto rosso diventò; dischiuse le ditine

e quello fuggì.

Particolarmente felice anche la scelta di Terenzio felice al primo verso (squadra “Il A cura di Luca Spinicci

In Metrò

In metro come in grotta

salgo mi siedo scendo

territorio inesplorato

di dame e cavalieri

vedo camminare

il lento scorrere della città

viva o morta non saprei dire

ascolto canti e musiche

dai giovani violini

pregare soldi e supplicare

sento strane lingue

come arabico africano

scambiarsi voci e sorrisi

vedo paggi scherzare

urlare di messaggeri

cani di corte abbaiare

mi chiama la fermata

alzo lo sguardo

abbandono il sogno

mondi sconosciuti

suoni rumore e fragore

recitano tutti nessuno mente

Poetica

Dilettantistica

di Riccardo Toso

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PAGINA 13 APRILE 2011

I l 4 e il 5 aprile 2011, al Piccolo Teatro Grassi di Milano, si è tenuto un evento dal titolo “Brainforum: il colore del pensiero”, che vedeva il confronto tra

neuro scienziati, docenti universitari, esperti internazionali e artisti. Lo scopo principale dell’iniziativa era mostrare gli ultimi traguar-di raggiunti nel campo della ricerca sul cer-vello e le prospettive future. Tra le tante questioni affrontate, il titolo di una sessione pomeridiana era “La creatività” ed era in-centrato sulle ricerche affrontate per cerca-re di fornire una spiegazione alla genialità dell’immaginazione della nostra mente. Le analisi sono state rese possibili da un evento nodale avvenuto nel 1906: Camillo Golgi, Primo Premio Nobel italiano per la fisiologia e la medicina, scoprì il sistema di colorazione dei neuroni. «Una svolta epoca-le – spiega Viviana Kasam, ideatrice dell’ini-ziativa – perché prima della sua scoperta i neuroni potevano essere osservati soltanto sui cadaveri. Da allora invece conosciamo non solo come è fatto un neurone ma anche come più neuroni comunicano fra loro». Nuove tecnologie e internet permettono di compiere balzi da gigante «Si tratta di una seconda svolta – aggiunge la presidentessa di BrainCircleItalia – perché per mezzo del Web la ricerca avanza rapidamente grazie alla comunità virtuale di scienziati costante-mente in contatto. E con le nuove tecnolo-gie come la risonanza magnetica funzionale siamo ormai in grado di riconoscere le emo-zioni che un individuo prova in base a quali aree del suo cervello si illuminano». Cono-scere le emozioni significa quindi poterle controllare, e forse riprodurre. Le nuove nanotecnologie potrebbero contribuire alla ricerca neurologica, rendendo le aspettative future non poi così lontane dalla scienza. L’aspetto etico e morale è ampiamente di-scusso dagli scienziati, e viene riassunto dal professore Eilon Vaadia con una metafora del black swan e del white swan, che rap-presentano rispettivamente i risvolti negati-vi e positivi della ricerca neurologica. Per ora, entrambi i cigni sono allegorie di conse-

guenze meramente ipotizzate sulla base di risultati ancora teorici, ma le ricerche neu-rologiche sono in continuo sviluppo. Sono molte le affascinanti domande a cui gli scienziati cercano di rispondere. Il profes-sore Yadin Dudai introduce il suo discorso con una affermazione intrigante: «Anche la memoria è creativa». È nella memoria, infatti, che si raccolgono gli innumerevoli dati provenienti dai fatti, oggettivi e co-muni a ciascuno di noi, e gli eventi, unici per ciascuno, sigle di un tempo individua-le, interiore, spesso inconscio. Dagli e-venti si originano i cosiddetti “viaggi mentali”, esperienze singolari che vengo-no scaturite dalla nostalgia di un pas-sato che viene reso innaturale. Percepia-mo la memoria quando recuperia-mo un episodio del passato: ma l’episo-

dic memory è dinamica e varia in conti-nuazione. Tra 20-30 minuti, ricorderete certamente il fatto di aver letto quest’arti-colo, ma l’evento, cioè il contenuto in sé, sarà certamente differente rispetto all’og-gettività delle singole parole. La memoria migliore è proprio quella che non abbiamo mai percepito, perché dal momento stes-so in cui la percepiamo muta in continua-zione: le ricerche in campo neurologico mostrano che è propria questa trasforma-zione che permette la nascita dell’immagi-nazione. Nella foto, ecco come appare il tentativo di riprodurre la prima figura in alto a sinistra dopo un preciso lasso di tempo: l’esperimento mostra palesemen-te il cambiamento persistente del ricordo. Un altro mistero coinvolgente che la neu-rologia sta cercando di analizzare è quello del linguaggio: il professor David Poeppel introduce la sua lezione con una definizio-

ne della parola “linguaggio”: si tratta di un codice che genera idee da un cervello a un altro. Siamo consapevoli che: un ingen-te numero di parole colpisce la memoria perché è composto da una serie limitata di parole primi-tive, vi sono innumerevoli modi di combinare elementi del linguag-gio per creare un numero infinito di espressioni e infine la cono-scenza e il significato di alcuni suoni sono determinati dall’into-

nazione e dall’interpretazione individua-le. Dentro la nostra mente è situato un “dizionario” impalpabile, che mette in movimento differenti zone del cervello e che resta ancora un mistero per quanto riguarda i meccanismi che caratterizzano la produzione della parola. Idian Segev, professore di neuroscienze computazio-nali, conclude la sessione introducendo una prospettiva sull’arte, cioè sulla capa-cità dell’uomo di immaginare cose e

ricrearle con qualsiasi mezzo. Segev illu-stra un esperimento sul processo di ap-prendimento del suono negli uccelli e ci mostra come la neurologia conferma che l’uccello, privo dell’LMAN, il lato del cer-vello in grado di percepire il rumore, non riesce a riprodurre il canto che ha impa-rato in precedenza. Abbiamo bisogno di rumore, un rumore proveniente dalla musica, dai dialoghi, dal movimento, che ci permette di imitare, mutare e rico-struire idee differenti. Inoltre elemento fondamentale per una mente “artistica” è la sinestesia: la capacità di deviare dalla banalità e di amplificare le proprie potenzialità dedicandosi alle attività che ci paiono apparentemente più discor-danti ed eterogenee. Il cervello è l’organo più complesso che abbiamo, dal suo funzionamento dipen-dono non solo il pensiero, ma anche le emozioni, il movimento, l’immagine del mondo, il linguaggio, in altre parole il nostro essere umani. E Viviana Kasam conclude: «Bisogna che tutti lavorino in sinergia, utilizzando le proprie specificità in funzione della squadra. Il modello è lo scienziato “alla Leonardo da Vinci”, quel-lo che sapeva di tutto, e l’invito è a non disdegnare una conciliazione tra scienza e arte, tra ricerca e pratica».

Silvia Ainio

Creatività e scienza: colorare il pensieroCreatività e scienza: colorare il pensieroCreatività e scienza: colorare il pensieroCreatività e scienza: colorare il pensiero

CULTURA

Page 12: L'OblòSulCortile_2011cAprile

MUSICA ANNO V — NUMERO V

I l disco gira e rigira, ogni volta che lo si ascolta è un'esperienza nuova, mai compresa, dispiegata, colta nella sua totalità. Stiamo parlando dell'ultimo

prodotto discografico di Davide Van de Sfro-os: Yanez.

A distanza di tre anni dall'importante e signi-ficativo Pica!, album ricco di storie e racconti di gente di lago e non solo, il cantautore comasco decide di svelarsi e mostrarsi al suo pubblico, aumentato esponenzialmente dopo l'esperienza sanremese, in una veste profondamente personale e intima. Chi se-gue e conosce Davide non può non sottoli-neare la capacità del cantate di narrare storie della sua terra e, attra-verso di esse, riflettersi e parlare di se stesso. Con questo album, invece, si avverte subito un con-traccolpo, un cambio di rotta; Van de Sfroos deci-de di raccontarsi diretta-mente attraverso immagini evocative (la stessa Yanez, da cui il cd prende il nome, è allusiva alla figura di suo padre). Quello a cui assiste l'ascoltatore è un percorso attraverso scatti fotografici, suoni e parole di una vita, provata sulla pelle e non ancora finita. Pren-de piede, a partire da queste canzoni, un aspetto riflessivo e personale per ora intuito dal suo pubblico ma mai manifestato tanto

apertamente da Davide. Risultano evidenti lo scarto e la differenza che separano Pica! da Yanez. Il primo fu l'album della consacra-zione al grande pubblico e alle attenzioni della critica musicale, un prodotto eccellen-te, ricco di storie che parlano di speranza e di redenzione, il secondo, apparentemente, narra di vite fallite, di amori clandestini e speranze disilluse.

Scrivo “apparentemente” perché, ascoltan-dolo con attenzione e serietà, si coglie la poeticità e lo spiraglio di vita e di riscatto insito nelle storie raccontante. Ciò che e-merge è la figura di un uomo che ha com-

messo errori, ma che ha saputo rialzarsi, ha vissu-to e ha capito che c'è sempre un punto da cui ripartire: la preghiera, la domanda che uno deve sempre avere di fronte al mistero di una vita ina-spettata, che si svela giorno dopo giorno. Una

preghiera che diviene una perla di poesia e musica in “Rosa del vento”, ultima traccia dell'album, canzone che invita a fermarsi davanti al vento, anche se gli occhi potran-no bruciare, “perché me cugnussi menga un

veent che desmentega una rosa”, perché Dio, seppur lontano, si ricorda di tutti noi ed è colui che ci fa essere ora.

Yanez è il risultato di un lavoro su di sé importante, è il racconto della propria storia e delle proprie conquiste, ma è anche l'espressione di una gratitudine per il punto in cui Davide stesso è arriva-to, è come se fosse stato fissato un punto di “non ritorno” perché “sarà menga

questo crucisfiss cun tacaa un Cristo cunt

el vinavill a famm desmett de pregà”. Sorprendente è la lealtà e il coraggio che Van de Sfroos ha avuto nel comporre queste canzoni, per niente banali, ma difficili e, a tratti, incomprensibili, non perché non possano essere comprese, ma perché chiedono un paragone, una sincera implicazione dell'ascoltatore. Questo è un album denso e ricco di signi-ficato, che ci mostra tutte le fatiche di essere uomini, ma, insieme a queste, la maturità a cui Davide è giunto, anche sul profilo artistico-musicale. Perché se un tempo era il primo ad andare a strappare i fiori “per facch dispett a un pràa”, ades-so ha imparato il rispetto per ciò che la vita gli offre, per le grazie che ogni giorno riceve e che non si aspettava. Si è accorto che c'è sempre qualcuno che lo aspetta...

“Adess sun che a vardà i pass in mezz al

pràa insema ai fiuu che questa volta ho

mea strepàa e nel veent me piaas vedei

balà ” Long John Xanax

Gabriele Laffranchi

YANEZ: un'avventura che ci insegna cosa vuol dire pregareYANEZ: un'avventura che ci insegna cosa vuol dire pregareYANEZ: un'avventura che ci insegna cosa vuol dire pregareYANEZ: un'avventura che ci insegna cosa vuol dire pregare

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Intervista ai “Mocking Birds”

E ccovi un’intervista flash a Luca Antonini, bassista dei Mocking Birds: la band è composta da voce e tastiera (Lorenzo Paolillo

di 3F), basso (Luca Antonini di 3F), Chitar-ra (Guido, del Liceo Scientifico Cremona), Batteria (Marcello, sempre del Cremona) e tastiera synth (Riccardo Todisco di ). Come e quando vi siete formati? Inizialmente il gruppo era composto sola-mente da un mio amico, che allora era al Carducci, e me. Un pomeriggio, così, dal nulla, siccome entrambi suonavamo, ci siamo detti che avremmo potuto metter su un gruppo. Così, tutti gasati, abbiamo iniziato a pensare a nome, logo, etc. All’i-nizio eravamo i “The Toan”, nome idiota preso dalla play station; poi abbiamo trovato un chitarrista, un tastierista (due nostri amici del Cremona) e Lillo, la voce. Ora il batterista è cambiato, c’è Marcello. Quali sono le vostre influenze musicali? Che genere fate?

Beh, le influenze sono parecchie, ognuno ha i suoi gusti. A me piace Frank Zappa, a Lillo robaccia… Però concordiamo tutti su rock e affiliati. Il nostro obiettivo era di-ventare un gruppo progressive rock, infat-ti in questo periodo ci stiamo ispirando a Jethro Tull, King Crimson, Elp, e così me-scoliamo un po’ di tutto. Come mai proprio “Mocking Birds”? Perché noi dentro ci sentiamo tordi bef-feggiatori! No, scherzi a parte, non c’è un motivo, è solo uno stupido nome… Ci piac-ciono le ca**ate, semplicemente per que-sto è diventato il nostro nome. All’inizio eravamo gli “Street peas”, i piselli di stra-da, poi i “Pizzi prog”, nato da un errorac-cio, e va beh. Siete sponsorizzati da qualche associazio-ne? Per ora no, ma fra poco terremo dei con-certi con Stage Alive. Avete già registrato qualche pezzo? Niente di originale, solamente i nostri arrangiamenti di alcuni pezzi.

Chi scrive i testi e chi compone la musica? In realtà non ci siamo ancora messi a com-porre, però, come ho detto prima, abbiamo arrangiato alcuni pezzi (Everybody Needs Somebody dei Blues Brohers, Walk of Life dei Dire Straits, Superstition di Stevie Won-der, Aqualung dei Jethro Tull, Mistic Queen dei Camel, etc. etc.) Avete progetti/desideri per il futuro? Beh, il mio obiettivo, per quest’anno, era di avere un buon repertorio in modo da riusci-re a fare dei concerti discreti, e, per l’anno prossimo, cominciare a fare brani originali e registrarli. E, ovviamente, se abbiamo fortu-n a , t r o v a r e u n ’ e t i c h e t t a ! Dove e quando vi si potrà ascoltare dal vivo? Sicuramente ci esibiremo al prossimo con-certo del Carducci! Invece il concerto più prossimo è quello del 14 Maggio al Batik Pub in viale Umbria 64. Vi aspettiamo!

Eleonora Sacco

“Quello a cui assiste l'a-scoltatore è un percorso

attraverso scatti fotografi-ci, suoni e parole di una

vita, provata sulla pelle e non ancora finita.”

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APRILE 2011 MUSICA

È stata a Berlino nel 1990 l’ultima colos-sale rappresentazione live del concept album doppio “The Wall”, pubblicato dai britannici Pink Floyd il 30 Novembre

1979. Vent’anni di calma, e non la nostalgia, non i soldi, ma la necessità di risvegliare il grido e la rabbia interiori, e soprattutto la passione, hanno condotto Roger Waters, bas-sista e cantante della band, a rivisitare e a riportare in scena in tutto il mondo l’enorme show. Iniziato nel 2010 con parecchie date negli USA, il tour ha raggiunto quest’anno il vecchio continente, fermandosi per ben 4 serate al Mediolanum Forum, per le quali si è raggiunto il sold-out; poiché insufficienti, ne sono state aggiunte altre due, il 3 e il 4 luglio ad Assago. Ma cosa ha spinto la mente, il paroliere del gruppo a far rivivere lo show anche per le nuove generazioni? Sul sito ufficiale, www.rogerwaters.com , si legge: “Why am I doing The Wall again now? April 11th, 2010 I recently came across this quote of mine from 22 years ago: “What it comes down to for me is this: will the

technologies of communication, in our culture,

serve to enlighten us and help us to under-

stand one another better, or will they deceive

us and keep us apart?” I believe this is still a supremely relevant que-stion.” 5 Aprile 2011, ore 21, Mediolanum Forum, Assago: io c’ero. In piedi, poi arrampicata sugli spalti per vederlo, vedere Roger, vestito di nero, con i capelli bianchi, sorridente, che tentava un saluto in italiano. Qualche minuto di attesa, il lamento di una tromba, poi un attacco di chitarra, l’esordio “In the flesh?”, accompagnato da indescrivibili giochi pirotec-nici, incorniciati dai mattoni di un muro enor-me, e dai martelli incrociati. Il cuore in gola, stupore tra luci, bandiere, soldati, esplosioni, colpi di mitra, aerei che si incendiano schian-tandosi contro il muro, e l’emozione enorme mista all’orgoglio di aver potuto vedere ogni cosa. Immagini filtrate in rosso, bambini con gli occhi iniettati d’odio, solitudine e infanzia difficile (“Daddy, what d’ya leave behind for me?”) accompagnano Another Brick in the Wall part one e The Happiest Days of our Li-ves. Un’enorme e spaventosa marionetta gon-fiabile calata dal soffitto, con le sembianze di un insegnante malvagio che punisce a suon di bacchetta entra insieme a una dozzina di bam-bini che canta il ritornello e lo attacca con cori di “Hey, teacher, leave us kids alone”. Poi una telecamera nera e rossa enorme, proiettata sullo schermo circolare in fondo al palco, spia gli spettatori; all’attacco della bal-lata “Mother” essa si rivela essere proprio la madre di Pink, il protagonista del concept, eccessivamente apprensiva e invadente: nella scritta “Big Brother is watching you” una “M”

sostituisce la “Br” di Brother, in menzione ad Orwell. Dopo l’infanzia ostacolata dalle pressioni materne sopraggiunge la guerra: centinaia di aerei volano nel cielo insieme alle onde di “Goodbye Blue Sky” e sganciano come bombe i simboli di cristianesimo, e-braismo, islamismo, comunismo, Mercedes e Shell, che oscurano il cielo. E intanto i mattoni continuano a salire, il muro si alza ancora di più. Il suono dei bombardamenti aerei si trasforma poi in “Empty Spaces”, che avvia il tema erotico con la lotta dei fiori, concluso da Young Lust, con le proie-zioni di una “dirty woman” che si muove sinuosa sul muro. Mancano pochi mattoni. Mentre Roger e la chitarra piangono “Don’t leave me now” un volto violaceo sanguina nero da occhi e bocca, viene calato giù dal soffitto un altro pupazzo, dalle sembianze di mantide religio-sa, anch’essa terrificante. Le proiezioni im-pazziscono, e tra luci primordiali, simboli del consumismo, odio, situazioni quotidiane e un autobiografico sconvolgimento interiore il muro si chiude totalmente con un tragico addio (“Goodbye Cruel World”). Durante l’intervallo compaiono, proiettati sui mattoni del muro, centinaia di volti, vittime della guerra: morti nelle due guerre mondiali, in quella del golfo, nei conflitti odierni in Iraq, Afghanistan, Darfur, Tibet. In una seconda, enorme esplosione riparte lo show con “Hey You”. Si apre uno scorcio nel muro quando viene abbassata un’anta a ribalta, che apre la visuale su un piccolo salotto, in cui Waters guarda la tv sdraiato su una poltrona di cuoio nero, cantando “Nobody Home”. Il tono si addolcisce anco-ra di più con “Vera” ed immagini molto af-fettuose ed evocative, stroncate subito però dalle trombe squillanti di “Bring The Boys

Back Home”. La bellissima “Confortably Numb” è una perla dello show: il momento si fa particolarmente teso durante il soffer-tissimo assolo della chitarra, in cima al mu-ro, investita da un fascio di luce bianca. Poi il clima si avvicina sempre di più al 1984 di Orwell con “The Show Must Go On” e “In The Flesh”. L’inquietante simbolo dei mar-telli incrociati, a metà tra nazismo e comuni-smo, domina la scena insieme al maiale nero di Animals (ennesimo tributo ad Or-well); in “Waiting for the Worms” Waters, munito di megafono, urla terrore e discrimi-nazioni su un ritmo cupo ed incalzante, in clima dittatoriale, mentre enormi vermi si attorcigliano tra le colonne proiettate sul muro (“All you have to do is follow the worms”). Poi la celeberrima marcia dei mar-telli: non esiste l’individualismo nella ditta-tura, si è tutti ugualmente schiavi. Infine “Stop”: il pupazzo rosa in cima al muro pre-cipita giù “Stop! I wanna go home, take off this uniform and leave the show”. Il mo-mento finale , “The Trial”, vede ancora i cartoni animati del film, disegnati da Scarfe. Infine, sulle urla di “Tear down the wall!” il muro finalmente crolla. Roger e tutti i musi-cisti di supporto infine, davanti alle macerie, intonano “Outside The Wall”, e (ma questo solo a Milano!) strimpellano un “Olèè olè olè olèè” di ringraziamento. Il mio consiglio è: non guardate foto o vide-o; tenete da parte 50€ e comprate i biglietti per il 3 o 4 luglio, ne vale davvero la pena: dopo “The Wall” nessuno spettacolo è più un concerto. Fonti: memoria (!) e www.ondarock.it/pietremiliari/pinkfloyd_thewall.htm (il testo del sito è di Sigfrido Menghini, l’esperto che ha tenuto il gruppo sui Pink Floyd alla coge-stione 2010). Eleonora Sacco

Roger waters Roger waters Roger waters Roger waters ———— The wall The wall The wall The wall

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ANNO V — NUMERO V PAGINA 14

Intervista a Simona Severini voglia dire, spero di poterlo fare tra una ventina d’anni, facendo una previsione otti-mistica.

A fine maggio uscirà il secondo album a tuo nome, “La Belle Vie”: puoi dirci qualco-sa a riguardo?

È frutto di un lavoro abbastanza lungo, più di due anni. Contiene canzoni quasi tutte in francese, molte su testi di poeti simbolisti e presimbolisti. Penso sia un progetto che non si colloca in nessun ambito stilistico particolare, suonano jazzisti e ci sono alcuni

standard, ma non è jazz, ci sono molti brani di musica classica (l’album Gabriel Fauré compositore Francese di fine Ottocento), ma non è musica classica, ci sono brani d’autore, due di Antonio Zambrini, un bra-no di Gansbourg, cantautore francese, ma la definizione canzone d’autore o musica d’autore non mi sembra esauriente. In com-penso, nonostante la matrice per così dire colta, trovo che sia un lavoro molto orec-chiabile, nel senso positivo del termine. Per il resto non vi resta che ascoltarlo e farvi un’idea…

Cosa pensi del rapporto che si sta creando tra mercato della musica e internet?

Penso che prima o poi coincideranno com-pletamente ed è inevitabile. Ci sembra for-se strano perché siamo capitati nel periodo di passaggio, ma andrà così in ogni caso e si troveranno nuove soluzioni e nuovi adatta-menti.

Sir Arthur Williams (Stefano Grasso)

S imona Severini, classe 1986, laure-anda in Filosofia e maturata al Car-ducci, sta ormai emergendo nella scena musicale italiana. Quest’anno,

come l’anno scorso, ha tenuto a scuola una serie di 8 incontri su estetica, teoria, pratica e ascolto della musica jazz. Qual è stato il tuo primo contatto con la musica? Il primo contatto con la musica non lo ricor-do, perché mio padre ha sempre suonato e ascoltato musica in casa, prevalentemente chitarristi folk. Ricordo il primo contatto col canto: avevo circa quattro anni e avevamo una vicina di casa che era una cantante liri-ca. Faceva vocalizzi tutto il giorno e io ho cominciato ad imitarla. Ogni tanto bussava a casa e ci regalava una bottiglia di vino per scusarsi del disturbo. Come mai la scelta della voce piuttosto che un altro strumento? Il canto lirico è sempre stata una mia gran-dissima passione, forse per questo motivo penso che sia lo strumento che per me è più facile usare. Ho studiato tanti anni chitarra classica e sono in generale molto appassio-nata di strumenti a corda, contrabbasso, archi; mi piace molto il suono di alcuni stru-menti antichi come il clavicembalo o la viola da gamba. Se non potessi cantare penso mi concentrerei su un altro strumento, dato che mi importa più della musica che del canto, anche se è il mezzo per me più como-do e naturale. Se tornassi indietro studierei violoncello e basso.

Quali sono i musicisti che hanno più in-fluenzato il tuo modo di fare musica? Le proprie influenze sono difficili da ricono-scere, spesso quelle reali si tengono nasco-ste, anche involontariamente. Ad ogni mo-do, sicuramente Joni Mitchell, che è un grande esempio artistico per me. Così come Tiziana Ghiglioni, che è stata la mia inse-gnante di canto, ma soprattutto un modello con cui potermi confrontare direttamente. Mi vengono in mente tantissime cose, nomi, stili, che mi interessano e con i quali mi sto confrontando. Mi interessa molto la musica barocca e in questo periodo ascolto tantissi-mo Monteverdi. Ho ascoltato a lungo alcuni musicisti come Ran Blake, Jeanne Lee, Nor-ma Winstone e John Taylor, che partono dal jazz e lavorano molto su alcuni suoni e at-mosfere molto rarefatte. Cosa vuol dire per te Musica? Vi assoceresti un’immagine in particolare? Non ci sono immagini che assocerei alla parola musica, posso dire che vorrei metter-ci dentro tutto quello che non riesco a dire in altri modi. Ma non ci sono ancora riuscita, di conseguenza non so esattamente cosa

CURRICULUM Simona Severini, nata a Milano il 15 No-vembre 1986, inizia a studiare musica all’età di sei anni. Studia chitarra classica per dieci anni. Partecipa, all’età di tredici anni, all’esecuzione di operine di Britten ed Henze, eseguendo parti da protagoni-sta. Ha conseguito il diploma presso la scuola Civica di jazz di Milano, diretta da Franco Cerri ed Enrico Intra, studiando con Tiziana Ghiglioni. Frequenta il biennio di specializzazione presso lo stesso istitu-to. Ha seguito seminari di specializzazione con Rachel Gould, Sheila Jordan e Jay Clayton. Contemporaneamente è laurean-da in filosofia presso l’Università degli Studi di Milano. Nel Novembre del 2007 ha cominciato ad esibirsi con il maestro Giorgio Gaslini, che l’ha fatta debuttare come cantante di jazz in un concerto al MIlestone Jazzclub di Piacenza. Continua a collaborare col mae-stro Gaslini. Ha cantato la colonna sonora del corto della regista Tekla Taidelli, pre-sentato al Festival del Cinema di Roma in occasione dello “Human Rights Day 200-8”. Fa parte di “Vocal Streams”, ensemble vocale diretto da Tiziana Ghiglioni. Ha partecipato come solista all’esecuzione del “Second Sacred Concert” di Duke Ellin-gton, eseguito al Teatro al Parco di Parma, diretto da Roberto Bonati(2009). Ha par-tecipato all’esecuzione della “Messa d’Og-gi”(2008), scritta e diretta da Enrico In-tra.E’stata solista dei Civici Cori di Jazz, diretti da Giorgio Ubaldi (2007-2008). Tra le sue collaborazioni emergono quelle con musicisti come Franco Cerri, Gianni Cazzo-la, Tiziana Ghiglioni, Antonio Zambrini. Si è esibita in spazi teatrali e musicali tra cui il Teatro Fraschini (Pavia), il Teatro Dal Verme, l’Auditorium Giuseppe Verdi, il Teatro di Macerata, lo Spazio Pomodo-ro,l’auditorium di Villa Simonetta,Le Scim-mie, La Salumeria della Musica (Milano), Milestone (Piacenza), Crooner Jazz club (Novara). Si è esibita all’interno di rasse-gne e festival tra i quali “Phos Hylaron” e “Chiaro di luna” (Reggio Emilia), “Roccascalegna Festival” (Chieti), ”Festival Pavese” (Cuneo). Ha appena vinto a Vero-na il premio “Zorzella” come nuovo giova-ne talento dell’anno. Svolge attività didattiche negli istituti superiori (Istituto “Bellisario” di Inzago, Istituto ”Argentia”, Gorgonzola, “Liceo Classico Giosuè Carducci”, Milano) riguar-danti l’estetica della musica. È stata più volte segnalata come talento emergente nel panorama jazzistico italiano su quoti-diani (Il Giornale, Il Giorno, Libertà) e rivi-ste specializzate (Amadeus, Musica Jazz,

Rolling Stone).

MUSICA

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APRILE 2011 PAGINA 15

no dal post-rock degli Explosions In The Sky al folk-blues urlato del Pan Del Dia-volo al noise degli Smashing Pumpkins e dei Sonic Youth fino ai Massimo Volu-me, giusto?

Sì.

Siete sicuri di come si suonino tutti gli strumenti che suonate?

No.

Lo sapevamo. Infatti ci è giunta voce che in realtà il vostro batterista sia un trombettista.

Sì.

Non abbiamo ancora capito se non abbiate un bassista o se in realtà siate tutti bassisti, visto che in ogni canzone vi scambiate gli strumenti.

S ono le 4 del pomeriggio e due componenti della ex-Macho Nacho’s Band (ex non perché il gruppo si sia

sciolto ma perché il nome è dive-nuto obsoleto dal 1 gennaio 2011) alternano un sorso di funesta Hen-ninger Lager a morsi di mele verdi gentilmente offerte dai sostenitori del sindaco. I batuffoli di pioppo volano nell’aria sospinti dai venti del Parco Lambro mentre il duo suona “Bimbasana”, una composi-zione recente. Ma dei pioppi poco ci interessa né tantomeno di quan-to poco simpatica fosse l’ultima donna del cantante, quindi procediamo con le domande a Stefano Grasso, ex-componente del gruppo.

La leggenda narra che il nome della vo-stra band sia stato ispirato ai balli negli spogliatoi di Lorenzo Benelli, infatti si racconta che mentre lui ballava i compa-gni scandissero il tempo urlando “macho macho ben!”. Da lì la vostra geniale idea di chiamarvi Macho Nacho’s Band. E’ vero?

Sì.

E siete nati come band blues anni ’20?

Sì, sì.

In realtà si trattava quindi solo di prete-sti per suonare le canzoni composte dal fondatore Damon?

Sì.

Le influenze della vostra musica spazia-

Intervista alla “Macho Nacho’s Band”

Da qualche mese il gruppo è compo-sto dagli storici nonché amati Damon Arabsolgar, Giuliano Pascoe e Stefano Fiori più la new-entry Davide Lelli. Puoi confermare?

Sì.

E infine… voi siete quelli che al concer-to del Carducci hanno suonato per ultimi senza un batterista! Vi era sta-to intimato di scendere dal palco per-ché sarebbe dovuta arrivare la polizia ma avete suonato lo stesso. È corret-to?

Sì.

Giuliano Pascoe

(si ringrazia Damon Arabsolgar per la fondamentale collaborazione)

N.d.R. Stefano Grasso non era presen-

te al momento dell’intervista.

MUSICA

I Macho Nacho’s Band live al Concerto della scuola di Dicembre.

Qui potete vedere Giuliano Pascoe alla Chitarra ↓

E qui anche Damon Arabsolgar al basso. ↑

Foto di Beatrice Verzotti 4H.

Stefano Fiori alla chitarra, foto di Emma Pelucchi, 2D.

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Real-But-Strange News

ANIMI RELAXATIO

A cura di Riccardo Toso

C ’è chi dice che il blocco tastiera

dei telefoni cellulari è superfluo?

Mark Clair e Shannon McAlister, due spacciatori dell’Oklahoma, non

la pensano così. Discutendo tra loro di una compravendita di droga, McAlister ha messo il telefono (rubato da poco) nella tasca della giacca senza bloccare la tastiera ed effet-tuando inconsapevolmente una chiamata, non una qualsiasi ma al 911, impostato tra i numeri a chiamata rapida. Gli operatori del 911 si sono a dir poco sorpresi ascoltando i dettagli di una compravendita di droga: né Clair né McAlister si sono accorti di nulla e la chiamata è rimasta interrotta, consentendo agli agenti di localizzarla e di beccare in fla-granza i due ormai ex spacciatori. La polizia si è recata sul posto e ha arrestato i malvi-venti che non capivano come fosse possibile essere stati scoperti. (fonte: News9.com) Era 'ufficialmente' cieco, ma la guardia di

Finanza lo ha sorpreso alla guida di un'auto

e lo ha arrestato. Il falso invalido, 67 anni, di Caserta, era beneficiario di una indennità dal 2003 che complessivamente gli ha fatto guadagnare 60 mila euro. Le Fiamme Gialle lo hanno fermato per un controllo e lui, non sapendo di essere ''nel mirino'' degli investi-gatori, ha firmato il verbale per la mancata

esibizione della patente. Deve rispondere di truffa aggravata ai danni dell'Inps e falso ideologico. (fonte: ANSA) Due “rapinatori” hanno tentato una rapina

a Kansas City, in Missouri, e sono persino

riusciti a rimetterci dei soldi. Uno dei due è entrato in un negozio d’armi per fare un sopralluogo, chiedendo una scatola di mu-nizioni. Quando il commesso, un placido 65enne, lo ha informato che la scatola co-stava 50 dollari, l’uomo, che non aveva con sé quella cifra, ha detto che sarebbe ripas-sato. La coppia di malviventi è tornata qual-che ora dopo, chiedendo di nuovo le muni-zioni e tentando di pagare con 40 dollari; il commesso ha fatto notare che mancavano dei soldi, quando uno dei due ha tirato fuori una pistola intimando al commesso di svuo-tare la cassa. Il commesso però, comprensi-bilmente esperto in materia, si è reso im-mediatamente conto che l’arma dei rapina-tori non era carica. Egli, non scomponendo-si, ha tranquillamente tirato fuori la sua pistola. Carica. I rapinatori hanno compreso di avere fatto una grande *** a pensare che il commesso di un negozio d’armi potesse essere disarmato e sono fuggiti senza pen-sarci due volte, dimenticando di riprendersi quelle due banconote da 20 dollari. (fonte: Courier Mail)

Ovunque vadano, succede un catacli-

sma. E' una luna di miele in tre per la coppia svedese Erika ed Estefan, dove il terzo incomodo altro non è che la sfortu-na. La tappa iniziale del loro viaggio di nozze era la Germania: i neosposi sono rimasti prigionieri per giorni negli aero-porti, chiusi a causa della "tempesta di neve del secolo". Fuggendo dal freddo, si sono allora diretti verso Bali, cercando il caldo dei Tropici. Ma i monsoni, imper-territi, hanno provveduto ad accoglierli con le tempeste di stagione. Dopo aria e acqua, non poteva mancare il fuoco. A dire il vero, l'Australia aveva in serbo tutti e tre, grazie a cicloni, inondazioni e in-cendi forestali in proporzioni decisamen-te fuori dal comune. Costretti a lasciare l'albergo per trovare un rifugio più sicuro, i due non si sono persi di coraggio diri-gendosi verso la tappa successiva, la Nuova Zelanda. Sono atterrati all'aero-porto di Chrisdchurch poche ore dopo il devastante terremoto che ha colpito la città. Non poteva finire qui. Ultima fer-mata a Tokyo: il 9 marzo, due giorni pri-ma del sisma e il successivo allarme nu-cleare. La meta della prossima vacanza è già stata fissata: l'isola di Aruba, nelle finora tranquille Antille. In guardia. (fonte: LaStampa)

ANNO V — NUMERO V PAGINA 16

(Non ci sono più le fiabe di una volta)

La piccola vigna di Matteo Cairo

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ANIMI RELAXATIO APRILE 2011 PAGINA 17

Dall’estero

Un’idea nata in Messico che ha oramai contagiato l’intero Sudamerica. So-no gli Stivali a punta, calpestano i dance floor più famosi del subcontinente e si preparano ad essere importanti anche in Europa.

L’angolo del Tamarro Questa rubrica è per voi, gente che il sabato sera frequenta i pub e non le discoteche, voi che indossate magliette

dei Beatles e un paio di All Star malandate. Fatevi tentare dal mondo tamarro!

La canzone tamarra del mese

Il pubblico si divide a proposito di questo pezzo. C’è chi la definisce La canzone da discoteca, altri invece non la possono ascoltare. Una cosa è cer-ta, con un loop del genere e un basso “che deva-

sta” non si può non canticchiare il brano dopo averlo ascoltato. A voi il testo.

Pompo nelle casse - Power Francers and D-Bag

Pompo nelle casse (x 7 volte)

Vi vi vibra dentro il ventre la senti la cassa

Botte nella testa con il basso che devasta

Questo è il suono che ti scassa l'impianto

Nella dance floor fluo per fino lo smalto

Guarda chi è che spinge più del solito

Calo giù gli alcolici senza arrivare al vomito

Sgomito tra le altre scuoto le masse

Pompo nelle casse, pompo nelle casse

Pompo nelle casse (circa x 19 volte)

La mia crew la riconosci dallo stile

Power francers clou ogni situazione ostile

Pompo nelle casse sale la bile

Pronta per sentire la gente svenire

Pompo nelle casse (INNUMEREVOLI volte)

Il tamarro del mese

Su Internet si parla solo di lui, Christian Entics, in arte Entics. Artista nato e cresciuto a Mila-no, riscuote successo con la canzone/promo di Tocca a Noi, progetto made in Mtv. Da quel momento si distingue nella scena hiphop con il suo mix di raggae e dance hall. È recente-mente uscito il suo terzo album Ganja Chanel, al seguito del videoclip dell’omonima canzone.

Moda tamarra del mese

Per una volta la moda si fa più economica e alla por-tata di tutti.

Sono gli occhiali 3D, finalmente, ed escono dalle sale cinematografiche per essere indossati il sabato sera.

Mai come in questo caso vivrete le vostre serate in un'altra dimensione!

A cura di Luca Cassanego e Anna Quattrocchi

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ANNO V — NUMERO V ANIMI RELAXATIO PAGINA 18

L’Antologia dello squallore

CRONACA 1) Morto cinese, è giallo (Mattia Madsen Sanvito) 2) Bomba scoppia al cimitero, tutti morti (Manzoni) 3) Toro strangolato da un uomo, il suo oroscopo lo aveva previsto 4) Libro di matematica si suicida, aveva molti problemi (Manzoni) 5) Morto proprietario di un’industria del latte, il suo corpo sarà parzialmente cremato (Sanvito)

MUSICA 1) Una volta ho inciso un disco, poi non funzionava più (Manzoni) 2) Zitti tutti! -esclamò Mozart- ho un piano! (Manzoni) 3) Un tempo suonavo in un gruppo, ci chiamavamo i ghiaccioli, ma ora ci siamo sciolti… (Manzoni)

STORIA 1) Cicerone nel 63 a.C. fu eletto console, un milione di dischi venduti (Fiori) 2) Nel 1492 l'America tremò di freddo, Colombo l'aveva scoperta (Manzoni) 3) Cesare, il popolo chiede sesterzi! -No, vado dritto. (Manzoni)

SPORT 1) - Salve sono Shake, c’è Inter? - No mi spiace è uscito una volta (Aurelio Contessi) 2) Pilato ai Romani. - Volete libero Gesù o Barabba? - Barabba! Barabba! - Ok, allora Gesù terzino, ma se perdiamo sono cavoli vostri! (Manzoni) 3) La prima volta che sono andato a sciare ho rotto una gamba, per fortuna non era la mia (Manzoni)

GEOGRAFIA 1) Mia mamma il terziario avanzato lo tiene in frigo (Sanvito) 2) Il Sahara è un deserto, e su questo non ci piove. (Manzoni) 3) Ho fatto uno scherzo a Niagara, ci è cascata! (Manzoni)

A cura di Stefano Fiori, Riccardo Manzoni e Mattia Sanvito

FREDDURE GENERALI

1) U

na vo

lta un

a ragazza mi h

a chiesto

di u

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Le peggiori scritte nei bagni del Carducci Poiché ho notato che alcuni servizi sono stati verniciati e che sono stati cancellati quasi tutti gli aforismi degli anonimi poeti dei ba-gni, ho deciso di racco-gliere le peggiori scrit-te nei bagni (In missio-ne per l’umanità), per evitare che siano di-menticate: alcune sono veramente degne di menzione (I turpi insul-ti non sono contempla-ti nella categoria). In questo modo non in-tendo assolutamente incentivare il vandali-smo, voglio solo far spuntare un sorriso sul vostro faccino e im-mortalare i versi d’au-tore, opere d’arte con-temporanea, dei bagni carducciani. Buon di-vertimento!

Eleonora Sacco

Cata è di nuovo single! 4/Feb/’09 ↓

Cata è single? 22/1/’10 →Direi di no…→ no, no U.U → Cata ti voglio! (l’altra)

Ma chi è Cata?? Ma chi è Cata?? Ma chi è Cata?? Ma chi è Cata?? → L’emo quello bello [Apice culturale…]

Se al ginnasio un c**** farai molto bigia al liceo la passerai; con tutte le cose che non hai studiato di sicuro al liceo verrai segato [****] se non vuoi

fare ciò divertiti e ridi finchè si può.

- L’Anonimo del Sublime

UN’ALTRA DOCCIAAA UH-UH-UUUH

Gli invitati alla vostra festa cominciano a stufarvi? Volete liberarvi di pretendenti troppo insistenti? O magari avete solo il gusto del-

l'orrido? Ecco a voi una carrellata di freddure che "geleranno" il clima creando intorno a voi quel vuoto che avete sempre desiderato!

Apple Wonka Apple Wonka Apple Wonka Apple Wonka

Bunny Polpingu (?) Bunny Polpingu (?) Bunny Polpingu (?) Bunny Polpingu (?)

e Gullupa (????!?)e Gullupa (????!?)e Gullupa (????!?)e Gullupa (????!?)

Cramer datti Cramer datti Cramer datti Cramer datti

all’ippica!all’ippica!all’ippica!all’ippica!

Igor for Igor for Igor for Igor for presi-presi-presi-presi-dent!dent!dent!dent!

Page 19: L'OblòSulCortile_2011cAprile

APRILE 2011 ANIMI RELAXATIO PAGINA 19

1) Il titolo di apertura dei quotidiani era simile per tutti. "Lavoratori in sciopero! Dicono: vogliamo fare meno soldi!". Cos'era mai po-tuto succedere per giustificare una richiesta del genere?

2) Stai camminando tranquillamente per Viale Brianza leggendo l'Oblò sul Cortile. A un certo punto incontri la suocera dell'unica figlia di suo suocero. Come la chiami?

3) Sono gli ultimi giorni di scuola ed è il giorno dell'interrogazione di matematica che deciderà sulla tua sorte: promosso o bocciato? Il professore ti chiama alla lavagna e dice: "Ti farò una sola domanda: scrivimi una relazione che abbia come risultato 20 (per esempio 10+10=20). Hai solo un piccolo obbligo. Puoi usare solo due volte il numero 3 e una volta il numero 0. E nessun'altra cifra. Natural-mente puoi usare qualsiasi funzione matematica!" Come riesci a risolvere il problema e a non essere bocciato?

4) Chiara, Dario e Eleonora fanno una gara a chi riesce a fare più kilometri in bicicletta prima di sfinirsi. La somma dei tragitti fatti da Chiara e Dario è di 21 Km. La somma di quelli di Chiara ed Eleonora è di 19 Km. E la somma di quelli di Dario ed Eleonora è di 22 Km. Chi ha vinto?

5) Prendete un foglio di carta e tagliatelo in modo da creare un quadrato con i lati di 10 cm. A questo punto l'area sarà di 100 cm2. Ora senza usare né righello né forbici ottenete da questo pezzo di carta, sempre quadrato, un’area di 50 cm2. Come fate?

6) Siete al bar e chiedete a Lucia una brioche alla nutella. Siccome la nostra cara Lucia la sera precedente aveva bevuto un po' troppo la sua risposta è alquanto bizzarra: "Oggi le brioches costano la metà dei due terzi dei tre quarti dei quattro quinti di un euro!" Per evitare brutte figure le ponete 2 euro. Quanto vi darà di resto?

7) Se siete stanchi della lezione e vi state annoiando… chiudete gli occhi e immaginate. È una bellissima giornata del 1690 e siete sta-to fatto prigioniero da un re e condannato a morte. Ma per la vostra irresistibile simpatia il re vi concede una scappatoia. Vi conduce in una stanza al piano terra del castello in cui siete rinchiusi e dice: "Vedete, ho riempito questa stanza con fiori finti" e vi mostra cen-tinaia e centinaia di fiori in decine e decine di vasi "e questi fiori sono praticamente indistinguibili da quelli veri. Fra questi però ce n'è uno solo vero. Se lo individuate in 20 secondi sarete libero!" Voi vedete al di là dei vetri della finestra il sole e i campi che si estendo-no a perdita d'occhio e desiderate ardentemente essere fuori. Ma prima sapete che dovete trovare quel fiore. Come agite?

8) Trovate un numero di due cifre che sia il doppio del prodotto delle sue cifre.

9) In un bel giorno di sole un'imbarcazione è in porto. All'improvviso l'imbarcazione si inabissa trascinando con sé tutti i passeggeri, eppure non è stata colpita, né ha una falla, né qualsiasi altro problema. In aggiunta tutta la gente che è nel porto non si scompone. Cos'è successo?

10) Mario Rossi è nato a Roma da genitori entrambi nati a Roma, sempre vissuti a Roma, mai andati all'estero, e di famiglie romane da almeno sette generazioni. Eppure all'anagrafe non può essere iscritto come cittadino italiano. Come mai?

Le risposte ai quiz verranno pubblicate sul prossimo numero de “L’Oblò sul Cortile”, nel frattempo scervellatevi!

A cura di Gian Marco Duina

Lo Strizza Cervelli

Sudoku Stella.↓ Variazione sul tema del classico sudoku: tutti i numeri da 1 a 9 devono comparire in ogni linea, anche non continua, formata da celle triangolari, e nei triangoli più grandi formati ciascuno da cinque triangolini di base.

Giochi! ←Sudoku irregolare. Risolvete il sudoku come se fosse nor-male, tenendo conto però che le nove caselle nella griglia non sono disposte a quadrato...

Sudoku classico. ↓

←Secondo Arto Inkala, il matematico fin-landese che lo ha realizzato, questo è il Sudoku più difficile del mondo! Per svilup-parlo ci ha impiegato tre mesi. Presenta 23 caselle già compilate e un'unica soluzione possibile. Buona fortuna!

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ANNO V — NUMERO V PAGINA 20

La Redazione dell’OblòLa Redazione dell’OblòLa Redazione dell’OblòLa Redazione dell’Oblò Correttrice di bozze:

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Xhestina Myftaraj IIIA (5A)

Giuliano Pascoe III I (5I)

Dario Elio Pierri IIIB (5B)

Leonardo Rovere VE (2E)

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Laura Vitale Lollo IIE (4E)

Dario Zaramella IA (3A)

Vignettisti:

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Matteo Cairo IH (3H)

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Collaboratori esterni:

Luca Cassanego IF (3F)

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Gian Marco Duina IF (3F)

Stefano Fiori IIC (4C)

Stefano Grasso IIIB (5B)

Pietro Klausner VE (2E)

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Mattia Sanvito IIC (4C)

Luca Spinicci IIIF (5F)

Riccardo Toso IIIH (5H)

@ARTE

Mostra IMPRESSIONISTI Palazzo Reale dal 02.03.11 al 19.06.11

Mostra PALADINO Palazzo Reale dal 07.04.11 al 10.07.11

Mostra ANDY WARHOL Area 35 dal 28.04.11 al 20.05.11

@TEATRO

IMPROVVISAMENTE, L’ESTATE SCORSA di Tennessee Williams Teatro Elfo Puccini dal 03.05.11 al 29.05.11

ANESTESIA TOTALE di Marco Travaglio Teatro Ciak dal 17.05.11 al 22.05.11

@MUSICA

BILLY BRAGG Camera del Lavoro 16.05.11

JOVANOTTI Mediolanum Forum dal 10.05.11 al 11.05.11

@CITTA’

ELEZIONI COMUNALI (mi raccomando,

maggiorenni!)

Comune di Milano

dal 15.05.11 al 16.05.11

A cura di Chiara Compagnoni

Impaginatrice:

Eleonora Sacco IF (3F)

Si ringraziano:

Andrea Tosini e il suo scanner

Luca Antonini IF (3F)

Mondocopia

Indovina a CHI APPArtengono… [cit. The Fool] E chi manca!

-Eventi- MEMORANDA

La Redazione de “L’Oblò sul Corti-le” si riunisce ogni GIOVEDI’ in 6a

ORA , nell’aula per essa predisposta (piano seminterrato, ultima a de-stra). VI ASPETTIAMO, CON LE VO-STRE PROPOSTE!!!

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