Tra l'Appennino e l'America

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Marco Portaluppi (Milano, 1984) ha conseguito la laurea in Strumenti e metodi della ricerca storica presso l’Università di Genova, dove attualmente fre- quenta il dottorato di ricerca in Storia, afferente alla Scuola di Dottorato in Società, culture, territorio. CISEI Centro Internazionale di Studi sull’Emigrazione Italiana “Dal porto al mondo” Le vite di alcuni componenti di una famiglia originaria di un piccolo paese dell’entroterra chiavarese, capaci di avviare attività impren- ditoriali di notevole successo nel Midwest e in California, testimo- niano l’importanza dei flussi migratori che dall’Appennino ligure si dirigevano verso gli Stati Uniti, durante tutto l’Ottocento e gli inizi del Novecento. I complessi meccanismi sociali ed economici sottesi all’emigrazione ruotano attorno alla figura di Giovanni Battista Zano- ne, contadino-procuratore, il quale, amministratore a distanza delle proprietà e degli affari dei parenti e amici emigrati, veste i panni di mediatore e agisce occupando uno dei vertici della rete transoceani- ca instauratasi tra Vecchio e Nuovo Mondo, divenendo così testimo- ne della circolarità del processo migratorio. «Li miei affari qui vanno mediscremente ma bisogna che lavora mul- to duro e se non ci attendo io e inutile mi rincresce a dirvelo Caro Zio ma sono un uomo disfortonato dopo che sono arrivato in questi paesi, denari ne o sempre fatto multi con lavorare duro ma non posso tenerli acciòchè mi arriva sempre qualche disfortuna sone due anni fa o perduto in un banco 669 pezzi e in un altro 1240». Agostino Boggiano, Chicago 1879 «Sento che scrivete che sareste anziosa di vederci noi anch’io mia cara madre sono bramoso di vedervi ma chi mi tiene indietro è che ho paura che il Governo mi prendi e mi faccia vedere il Sole a quadretti se non fosse per questo sarei pronto a partire tutti i momenti onde potervi abbracciare ancora una volta voi e tutti in Generale». Gaetano Arado, Chicago 1897 Marco Portaluppi TRA L’APPENNINO E L’AMERICA UNA RETE DI AFFARI LUNGO IL XIX SECOLO DIABASIS DIABASIS TRA L’APPENNINO E L’AMERICA Marco Portaluppi 15,00 CISEI Centro Internazionale di Studi sull’Emigrazione Italiana “Dal porto al mondo” Dal porto al mondo è una collana promossa dal Centro Internazionale di Studi sull’Emigrazione Italiana (CISEI) di Genova, diretta da Antonio Gibelli. Al centro dell’at- tenzione Genova come porto di imbarco dei migranti, luogo metaforico di transito, crocevia della comunica- zione tra l’Italia, le Americhe, il resto del mondo. La col- lana privilegia racconti di viaggio, testi di autobiografia e di memoria, epistolari dove i percorsi della diaspora rivivono attraverso la soggettività dei protagonisti e le tracce scritte della loro esperienza. Per conservare e valorizzare la memoria dell’emigra- zione in partenza dal porto di Genova durante il pe- riodo storico contraddistinto dalle grandi migrazioni transoceaniche, l’Autorità Portuale di Genova si è resa promotrice dell’ideazione e della creazione di CISEI, un centro di eccellenza internazionale per lo studio della storia dell’emigrazione dedicato a studiosi e appassio- nati, attivo a Genova a partire dalla primavera 2005. Partecipano come soci fondatori: Autorità Portuale di Genova, Camera di Commercio di Genova, Comune di Genova, Provincia di Genova, Regione Liguria e come soci onorari: Archivio di Stato di Genova, Capitaneria di Porto di Genova, Curia Arcivescovile di Genova, Cu- ria Vescovile di Chiavari, Istituzione Musei del Mare e della Navigazione, Soprintendenza Archivistica della Liguria, Università degli Studi di Genova. CISEI si avvale della collaborazione di un gruppo di noti studiosi che garantiscono il rigore scientifico dell’ini- ziativa. Il Comitato scientifico è composto da Antonio Gibelli, Presidente del Comitato, Jacques Barrère, Pao- la Caroli, Lorenzo Coveri, Federico Croci, Francesco De Nicola, Ferdinando Fasce, Emilio Franzina, Valeria Gen- naro Lerda, Giustina Greco, Francesca Imperiale, Adele Maiello, Silvia Martini, Augusta Molinari, Luigi Molinari, Paolo Odone, Gianbattista Ponzetto, Annamaria Saia- no, Matteo Sanfilippo, Francesco Surdich, Pier Felice Torre, Chiara Vangelista. CISEI realizza ricerche e studi sull’emigrazione che culmineranno nella costituzione del primo archivio in- formatizzato degli emigrati italiani. Ha sede a Genova presso la Commenda di San Giovanni di Pré, ed è pre- sieduto da Fabio Capocaccia. cop_portaluppi_8mm_stampa.indd 1 cop_portaluppi_8mm_stampa.indd 1 8-03-2011 15:34:40 8-03-2011 15:34:40

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Mancanza di lavoro, miseria e fame sono le cause che di norma vengono poste alla base del fenomeno migratorio, generalmente identificato, nell'immaginario diffuso, con la grande emigrazione di massa di fine Ottocento e inizio Novecento, quella dei contadini poveri, provenienti soprattutto dal Sud Italia. Spesso si ignora che al contrario flussi migratori anche consistenti interessarono il Paese già a partire dai primi anni dell'Ottocento, alimentati non solo da contadini, ma anche da piccoli e medi proprietari aspiranti a guadagni maggiori di quelli che potevano ottenere dallo sfruttamento dei terreni collinari.

Transcript of Tra l'Appennino e l'America

Marco Portaluppi (Milano, 1984) ha conseguito la laurea in Strumenti e metodi della ricerca storica presso l’Università di Genova, dove attualmente fre-quenta il dottorato di ricerca in Storia, afferente alla Scuola di Dottorato in Società, culture, territorio.

C IS E I Centro Internazionale di Studi sull’Emigrazione Italiana

“Dal porto al mondo”

Le vite di alcuni componenti di una famiglia originaria di un piccolo paese dell’entroterra chiavarese, capaci di avviare attività impren-ditoriali di notevole successo nel Midwest e in California, testimo-niano l’importanza dei fl ussi migratori che dall’Appennino ligure si dirigevano verso gli Stati Uniti, durante tutto l’Ottocento e gli inizi del Novecento. I complessi meccanismi sociali ed economici sottesi all’emigrazione ruotano attorno alla fi gura di Giovanni Battista Zano-ne, contadino-procuratore, il quale, amministratore a distanza delle proprietà e degli affari dei parenti e amici emigrati, veste i panni di mediatore e agisce occupando uno dei vertici della rete transoceani-ca instauratasi tra Vecchio e Nuovo Mondo, divenendo così testimo-ne della circolarità del processo migratorio.

«Li miei affari qui vanno mediscremente ma bisogna che lavora mul-to duro e se non ci attendo io e inutile mi rincresce a dirvelo Caro Zio ma sono un uomo disfortonato dopo che sono arrivato in questi paesi, denari ne o sempre fatto multi con lavorare duro ma non posso tenerli acciòchè mi arriva sempre qualche disfortuna sone due anni fa o perduto in un banco 669 pezzi e in un altro 1240».

Agostino Boggiano, Chicago 1879

«Sento che scrivete che sareste anziosa di vederci noi anch’io mia cara madre sono bramoso di vedervi ma chi mi tiene indietro è che ho paura che il Governo mi prendi e mi faccia vedere il Sole a quadretti se non fosse per questo sarei pronto a partire tutti i momenti onde potervi abbracciare ancora una volta voi e tutti in Generale».

Gaetano Arado, Chicago 1897

Marco Portaluppi

TRA L’APPENNINO E L’AMERICAUNA RETE DI AFFARI LUNGO IL XIX SECOLO

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€ 15,00

CISEI Centro Internazionale di Studi sull’Emigrazione Italiana

“Dal porto al mondo”

Dal porto al mondo è una collana promossa dal Centro Internazionale di Studi sull’Emigrazione Italiana (CISEI) di Genova, diretta da Antonio Gibelli. Al centro dell’at-tenzione Genova come porto di imbarco dei migranti, luogo metaforico di transito, crocevia della comunica-zione tra l’Italia, le Americhe, il resto del mondo. La col-lana privilegia racconti di viaggio, testi di autobiografi a e di memoria, epistolari dove i percorsi della diaspora rivivono attraverso la soggettività dei protagonisti e le tracce scritte della loro esperienza.

Per conservare e valorizzare la memoria dell’emigra-zione in partenza dal porto di Genova durante il pe-riodo storico contraddistinto dalle grandi migrazioni transoceaniche, l’Autorità Portuale di Genova si è resa promotrice dell’ideazione e della creazione di CISEI, un centro di eccellenza internazionale per lo studio della storia dell’emigrazione dedicato a studiosi e appassio-nati, attivo a Genova a partire dalla primavera 2005.

Partecipano come soci fondatori: Autorità Portuale di Genova, Camera di Commercio di Genova, Comune di Genova, Provincia di Genova, Regione Liguria e come soci onorari: Archivio di Stato di Genova, Capitaneria di Porto di Genova, Curia Arcivescovile di Genova, Cu-ria Vescovile di Chiavari, Istituzione Musei del Mare e della Navigazione, Soprintendenza Archivistica della Liguria, Università degli Studi di Genova.

CISEI si avvale della collaborazione di un gruppo di noti studiosi che garantiscono il rigore scientifi co dell’ini-ziativa. Il Comitato scientifi co è composto da Antonio Gibelli, Presidente del Comitato, Jacques Barrère, Pao-la Caroli, Lorenzo Coveri, Federico Croci, Francesco De Nicola, Ferdinando Fasce, Emilio Franzina, Valeria Gen-naro Lerda, Giustina Greco, Francesca Imperiale, Adele Maiello, Silvia Martini, Augusta Molinari, Luigi Molinari, Paolo Odone, Gianbattista Ponzetto, Annamaria Saia-no, Matteo Sanfi lippo, Francesco Surdich, Pier Felice Torre, Chiara Vangelista.

CISEI realizza ricerche e studi sull’emigrazione che culmineranno nella costituzione del primo archivio in-formatizzato degli emigrati italiani. Ha sede a Genova presso la Commenda di San Giovanni di Pré, ed è pre-sieduto da Fabio Capocaccia.

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D a l p o r t o a l m o n d o

Collana diretta da Antonio Gibelli

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Progetto grafico e copertinaBosioAssociati, Savigliano (CN)

In copertinaBusta con la pubblicità dell’Old Pepper Whisky, Saint Louis.

Archivio Ligure della Scrittura Popolare di Genova, Fondo Zanone

ISBN 978 88 8103 759 9

© 2011 Edizioni Diabasisvia Emilia S. Stefano 54 I-42121 Reggio Emilia Italiatelefono 0039.0522.432727 fax 0039.0522.434047

www.diabasis.it

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D I A B A S I S

Marco Portaluppi

Tra l’Appennino e l’AmericaUna rete di affari lungo il XIX secolo

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Prato Sopralacroce.

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Marco Portaluppi

Tra l’Appennino e l’AmericaUna rete di affari lungo il XIX secolo

Presentazione, Fabio Capocaccia

Una collana “Dal porto al mondo”, Antonio Gibelli

Introduzione

Capitolo primoLe premesse: Sopralacroce, la birba e i primi Zanone a Filadelfia

Capitolo secondoLa famiglia Zanone

Capitolo terzoTra il Chiavarese ed Eureka

Capitolo quartoTra il Chiavarese e Chicago

Capitolo quintoTra il Chiavarese, Saint Louis e Louisville

Capitolo sestoTra il Chiavarese e il Piacentino

Capitolo settimo«[...] scosateme che ho scritto molto malle [...]».La lingua e la scrittura

Bibliografia

Sitografia

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Presentazione

CISEI, il Centro Internazionale per gli Studi sull’Emigrazione Italiana,promuove la collana Dal porto al mondo a cui questo volume appartiene. Nel2004, anno in cui Genova fornisce contributi importanti come capitale eu-ropea della cultura, l’Autorità Portuale sceglie come proprio tema l’Emi-grazione, a cui dedica convegni, mostre, conferenze, concerti, rappresenta-zioni teatrali e rassegne cinematografiche. Ci si potrebbe chiedere: su un te-ma così vasto – vasto in senso storico, geografico e umano – perché Genova?Perché l’Autorità Portuale?

Genova è stata la città di partenza di più di metà dell’emigrazione italiana,e il porto l’ultimo lembo di terraferma fissato nei ricordi. Le stazioni marit-time (a ritroso: ponte Andrea Doria, ponte dei Mille, ponte Federico Gu-glielmo, prima ancora le banchine del Mandraccio, e, perché no, l’Ospitaledella Commenda di S.Giovanni di Pré che ha “ospitato” gli emigranti delMedioevo – e che oggi accoglie la sede del CISEI) sono la testimonianza at-tuale di un passato importante nella grande diaspora del nostro popolo.

Al termine del 2004, sarebbe stata colpa grave disperdere ciò che fatico-samente si era fatto riemergere. E non rivendicare alla città un ruolo storico.

Di qui nasce l’idea del CISEI, prima come Comitato Promotore di un fu-turo organismo, poi – dal giugno 2006 – come struttura giuridicamente co-stituita. Il CISEI ha soci importanti (le “cinque Istituzioni”, più Università,Curia, Soprintendenze, Capitaneria e Museo del Mare), è dotato di statuto,assemblea, consiglio e di un importante comitato scientifico di cui fanno par-te alcuni tra i più insigni studiosi della materia in Italia e all’estero.

La collana Dal porto al mondo si inserisce in questo progetto: privilegiaracconti di viaggio, testi autobiografici, testimonianze epistolari di emigratiche non abbandonano la speranza del ritorno. Dopo i primi due titoli (LaBabele nella Pampa di Vanni Blengino e Sull’Oceano di Edmondo De Amicis,editi nel 2005 ancora come Comitato Promotore), L’America gringa di Emi-lio Franzina, uno dei maggiori studiosi di emigrazione italiana, assieme a Unbaritono ai tropici di Alessandra Vannucci, hanno inaugurato il nuovo CISEI.

E, ora, con Tra l’Appennino e l’America di Marco Portaluppi si indaga lafitta rete di rapporti sociali ed economici di alcuni componenti di una famigliadel Chiavarese emigrata in America.

Fabio CapocacciaPresidente CISEI

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Una collana Dal porto al mondo

Questa collana, che ha preso avvio nel 2005 seguendo le orme di De AmicisSull’Oceano, arriva oggi al traguardo del quinto volume dopo aver accompa-gnato la nascita e la crescita dell’Istituzione di cui è espressione, il Centro In-ternazionale Studi Emigrazione Italiana, parte integrante delle iniziative chefanno ormai di Genova uno dei principali poli nazionali in ordine alla memoriadei processi migratori.

L’attività del CISEI ha lo scopo di raccogliere materiali, costruire banche da-ti e promuovere studi per contribuire alla riflessione su questi temi, anche allaluce della nuova realtà della globalizzazione, dei nuovi potenti flussi di uomi-ni e donne dall’una all’altra parte del mondo e delle nuove categorie interpre-tative che si sono affermate in argomento. Il tutto a partire da Genova e dalsuo porto, per decenni uno degli snodi fondamentali dei movimenti tra il vec-chio e il nuovo mondo: un ruolo che ha depositato negli archivi, nelle biblio-teche e nella memoria profonda della città tracce significative solo in parte giàportate alla luce e messe a fuoco.

Quanto alla collana, il suo obiettivo è proporre, attraverso studi e docu-menti, alcune di queste tracce, soprattutto quelle che delineano i transiti e ipercorsi dei migranti, i loro progetti, ricordi e bilanci, spesso più problemati-ci e complessi di quanto le raffigurazioni in chiave nostalgica o le retoriche da-tate ma sempre tenaci dell’orgoglio patriottico non siano capaci di dire. Per farquesto la collana si avvale, tra l’altro, dei materiali di scrittura autobiografica,diaristica, memorialistica, epistolare accumulati in oltre vent’anni di lavorodall’Archivio ligure della scrittura popolare (ALSP), tramite essenziale dellaproficua collaborazione tra CISEI e Ateneo genovese.

Antonio GibelliPresidente del Comitato Scientifico CISEI

Direttore della collana

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A Luigi

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RingraziamentiRingrazio in particolare i professori Antonio Gibelli, Giuliana Franchini, Carlo Stiaccini eFabio Caffarena del Dipartimento di Storia Moderna e Contemporanea della Facoltà di Let-tere e Filosofia dell’Università degli Studi di Genova, che mi hanno seguito e consigliato inquesti anni di studi.

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Capitolo quartoTra il Chiavarese e Chicago

Nel 1833, quando Sopralacroce superava i mille abitanti, Chicago era unvillaggio di sole 335 persone. Impressionante è la velocità con cui la popola-zione della futura metropoli si è poi moltiplicata: nel 1850 si contavano già80.000 Chicagoans, 334.000 nel 1871, 1.698.000 nel 1900. In poco meno diun secolo, dal 1833 al 1930, un piccolo villaggio era diventato una città di 3,3milioni di abitanti1.

Lo sviluppo della Windy City non sarebbe stato possibile senza l’appor-to della moltitudine di immigrati europei che si erano incontrati e scontratisulle rive del Lago Michigan. A fine Ottocento in città erano presenti più diventicinque etnie europee, e nel 1910 più di due terzi della popolazione era-no costituiti da immigrati o da loro figli. Se ci riferiamo agli italiani, nel 1850erano appena 4 a Chicago e 43 in tutto lo stato dell’Illinois; nel 1860 in cittàerano diventati 100, nel 1880 1357, nel 1890 13.000. Superato il secolo, nel1920, erano 124.0002.

Tra gli italiani arrivati a Chicago da Sopralacroce probabilmente negli an-ni Sessanta o Settanta dell’Ottocento, c’era anche un cugino di Giovanni Bat-tista, cioè Agostino G. Boggiano. Doveva essere un cugino di primo grado diZanone, infatti la madre di questo, Cattarina3, risultava figlia di un certoGianbattista Boggiano, e Agostino in una sua lettera cita “la zia Cattarina”.Si può quindi ipotizzare che Antonio e il reverendo Agostino Boggiano, ri-spettivamente padre e zio del nostro Agostino, fossero fratelli di Cattarina.Sempre negli Stati Uniti, ma a Saint Louis, erano emigrati i due fratelli diAgostino, Steven J. e Angelo4.

La prima testimonianza statunitense di Agostino è del 1879: si tratta diuna lettera spedita allo zio, il reverendo omonimo, che in precedenza lo ave-va avvertito della morte del padre Antonio5. Agostino aveva ricevuto unamissiva paterna che lo informava della malattia, e si rammarica di non esse-re tornato in Italia per aiutare il padre. Nella lettera si scusa con lo zio pernon avergli risposto subito, perché erano da lui la zia Cattarina e famiglia6 eperché era stato molto impegnato negli affari:

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[…] trovandomi multo occopato delli miei affari o stralasciato un’altra settima-na fino che la settimana dopo o ricevoto la vostra ultima lettera dandomi la noti-zia della morte di mio Padre poi vi avrei scritto subito ma aspettava un’altra let-tera da Voi dandomi le notizie e particolarità delli affari ma addesso tengo paurache anche Voi siate ammalato, sicchè mio padre mi diceva nella sua lettera cheavevate male a un occhio anche Voi e che portava pericolo di perderlo insommaCaro Zio abbiatevi cura e multo riguardo che perduto la Vita è perduto tutto, so-no sicuro che se mio Padre si avesse avuto buona cura al principio non sarebbe an-dato così ma anche lui a stralasciato.

Agostino è preoccupato per la salute dello zio, ma quello che colpisce lanostra sensibilità è il fatto che non gli avesse risposto perché aspettava una let-tera con le “notizie e particolarità delli affari”. È come se il dolore per la per-dita del padre passasse in secondo piano rispetto all’esigenza di amministraree controllare i propri beni, tenendo anche conto dei tempi delle comunicazio-ni, e non è un caso che nelle righe successive Agostino dia in proposito minu-ziose istruzioni allo zio. Iniziano così riferimenti a proprietà, terre, debitori, asomme di denaro, ad altri abitanti di Sopralacroce, e questi elenchi sarannouna costante in molte delle lettere che Agostino spedirà al cugino. Certo nonmancano mai le consuete formule di cortesia, ma se dobbiamo fare un con-fronto con altri personaggi, ad esempio con Domingo, si nota subito la volontàdi Agostino di andare al sodo delle questioni economiche, tralasciando di in-serire nelle missive parentesi discorsive puramente colloquiali. Tornando aquesta prima lettera, Agostino chiede allo zio se ha trovato delle carte che si ri-feriscono a prestiti fatti dal padre a un suo cugino e a un abitante di Borzone7,rispettivamente per 2400 e per 750 lire. Poi spiega cosa fare dell’eredità:

[…] è meglio che prendete tutti li denari e metterli tutti insieme e dove li mette-rete guardate di essere bene assicurato che alla fine non si possa perdere nulla; inquanto alle terre fate come stimate meglio io credo che sarebbe meglio metterletutte insieme nelle mani di qualche duno che sia buono e fittarle in tanto cioè difittarle a qualcuno che le faccia andar bene e non trascurare nulla a qualche cosadi meno attesòchè siano sempre in buona condizione fate come meglio potete equello che farete sàrà tutto ben fatto per me.

Terreni da dare in affitto e somme di denaro prestato a interesse: i Bog-giano erano probabilmente una delle famiglie egemoni di Sopralacroce, con-tadini-proprietari che fondavano la propria ricchezza sul credito e sui con-tratti a mezzadria. I frutti di questa gestione forse erano stati investiti aChicago per intraprendere nuove attività commerciali non più legate alla ter-ra, a differenza di quanto facevano gli emigrati liguri in California, che ap-plicavano le proprie conoscenze agricole alla regione statunitense. Agostinoaveva cominciato come ambulante se i banchi a cui fa riferimento nella letterasono, come mi sembra verosimile, bancarelle di frutta:

Capitolo quarto5 6

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Li miei affari qui vanno mediscremente ma bisogna che lavora multo duro e se nonci attendo io e inutile mi rincresce a dirvelo Caro Zio ma sono un uomo disfortona-to dopo che sono arrivato in questi paesi, denari ne o sempre fatto multi con lavora-re duro ma non posso tenerli acciòchè mi arriva sempre qualche disfortuna sone dueanni fa o perduto in un banco 669 pezzi e in un altro 1240 pezzi.

All’ipotesi dei banchi di frutta mi fa pensare il percorso lavorativo di Ago-stino, e in un certo senso la sua ascesa economica che possiamo seguire dal-le lettere successive. La carta da lettere che egli utilizza ha spesso il fronte-spizio stampato, col nome e l’indirizzo dell’attività svolta a Chicago. Non sipuò determinare con sicurezza in che periodo preciso attendesse ad un’oc-cupazione piuttosto che ad un’altra, perché più volte l’intestazione stampa-ta è cancellata oppure un nuovo indirizzo viene aggiunto a mano. ComunqueAgostino ha svolto con certezza almeno quattro attività, e la prima riguardaappunto la compravendita di frutta, come apprendiamo dall’intestazione diuna lettera del 18858: A.G. Boggiano, wholesale and retail dealer in and ship-per of foreign, California and domestic fruits, No. 132 State Street9. Quandoscrive l’anno successivo10, l’intestazione precedente è cancellata, e il nuovoindirizzo è 17. n. Clark St., lo stesso che troviamo su un biglietto da visita delThe Branch Restaurant and sideboard. The Elite and Popular Dining Room ofthe North Side for Ladies and Gentlemen, proprietario A.G. Boggiano.

Il cognome di Agostino compare poi associato a quello di un altro italiano,nel nome di una fabbrica di pasta: Uccello & Boggiano, manufacturers of allkinds of macaroni, 412 414 416 S. Canal Street, Chicago. Allo stesso indirizzosuccessivamente scompare il nome di Uccello, mentre Boggiano è Presidentand General Manager della Chicago Macaroni M’fg. Co. Manufacturers of mac-aroni, vermicelli and all kinds of italian paste and egg noodles. Col nuovo secoloinfine alcune lettere sono scritte su carta intestata della Bartoli Statuary Ma-nufacturing Company, classical statuary busts and models, ditta in cui ricoprela carica di segretario e tesoriere, accanto ad altri italiani.

Boggiano doveva essere stato il fondatore della Chicago Macaroni assie-me a Uccello. Su un sito internet curato dalla University of Illinois at Chica-go, dedicato alle etnie che hanno contribuito allo sviluppo di Chicago tra il1890 e il 1930, tra le fabbriche di “macaroni” è citata appunto anche la Chi-cago Macaroni Company, fondata nel 1886 da immigrati italiani e costituitain società commerciale nel 1893, con un capitale azionario di 10.000 $11. Nel-lo stesso anno l’impresa risulta tra gli espositori dell’Esposizione MondialeColombiana tenutasi nella città statunitense: nel “Fondo Zanone” sono con-servati i fac-simile di un “official ribbon” assegnato per la produzione deisessantacinque diversi tipi di pasta esposti dalla Chicago Macaroni in quel-l’occasione.

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Capitolo quarto5 8

Agostino sembra quindi incarnare lo stereotipo dell’emigrante realizzatoche ha “trovato la Merica”, rimasto poi nell’immaginario italiano: un frutti-vendolo che può diventare presidente di una fabbrica di maccheroni. Delresto, il suo aver “sempre fatto multi” denari, nonostante fosse un “uomo di-sfortonato”, è testimoniato già nel 1879 dai doni che spedisce a casa per ma-no di un emigrante di ritorno in Liguria, cioè due specchietti d’oro, un pez-zo d’argento, tabacco e fazzoletti di seta. Leggendo le lettere spedite aGiovanni Battista Zanone però, capiamo che una parte forse consistente del-le sue entrate continuava a derivare dalla riscossione degli affitti dei terreniposseduti a Sopralacroce. Agli affitti si univano gli interessi sui soldi presta-ti, e in caso di mancato saldo la garanzia era data dalla stipulazione o dal rin-novo di ipoteche sulle proprietà dei debitori. La gestione finanziaria affida-ta al cugino è al centro delle lettere che possono essere divise in due gruppi,quelle spedite prima del 1910 e quelle inviate dopo: nel 1909 infatti Agosti-no farà ritorno in Italia e il rapporto col cugino cambierà poco prima della ri-partenza per gli Stati Uniti.

Un primo viaggio a Sopralacroce però Agostino lo aveva intrapreso già nel1885, e probabilmente in quell’occasione aveva conferito la procura a Gio-vanni Battista. Nel novembre dello stesso anno tornato a Chicago lo avvisa diessere arrivato sano e salvo: «Caro mio cogino Vengo con queste poche lineea notarti del nostro ben stare di salute di tutti, e che siamo arrivati sani e salvida questa parte, ma abbiamo avoto molto cattivo tempo per viaggio di ma-re»12. Qualche riga dopo Agostino passa ad elencare le mansioni da svolgere,ed è per questo che le sue lettere ai nostri occhi potrebbero apparire mono-tone dal punto di vista dei contenuti, anche perché i personaggi citati si ridu-cono a nomi ricorrenti ma difficili da inserire nel contesto generale delle re-lazioni, e perché parte delle vicende che vengono alla luce rimangono sempresottointese nelle parole dei protagonisti dello scambio epistolare. Le formu-le di cortesia che aprono e chiudono ogni missiva, formule che potremmoconsiderare “fisse” da un punto di vista stilistico, appartengono alla manodell’Agostino-cugino, che si differenzia dall’Agostino-proprietario che at-tende ai propri affari, autore della parte centrale dello scritto:

Mio Caro Cogino Quest’oggi ricevei la tua grata lettera colla data delli 14 Cur-rente e con piacere sento il tuo ben stare come ditutta tua famiglia come sia di tuamadre fratello e sorelle e cognati, cosi ti posso dire chè il simile di noi tutti al pre-sente […].Dunque ti saluto caramente assieme a tua muglie e famiglia come da parte di miamuglie e figlio Antonio e rimano il tuo affmo Cogino

Agostino G. Boggiano13;

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Capitolo quintoTra il Chiavarese, Saint Louis e Louisville

Il numero più consistente di interlocutori “statunitensi” del “Fondo Za-none” scriveva dal Missouri. Cognati, cugini e amici di Giovanni Battista im-bucavano le lettere a Saint Louis, mentre solo una sorella della moglie vive-va in Kentucky, a Louisville.

Un fratello di Agostino Boggiano, Steven J., era proprietario del The Im-perial Bar e distributore del whisky del Kentucky James E. Pepper. L’altro fra-tello, Angelo, probabilmente lavorava in società con lui, anche perché fir-mavano entrambi la posta diretta a Sopralacroce, scritta su carta intestatadel bar. A differenza del fratello, sembra che Steven e Angelo non nutrisse-ro il desiderio di tornare a vivere nel paese natale, tanto che chiesero al cugi-no di vendere tutte le proprietà che ancora possedevano, compresa quellanel Piacentino. Anche in questo caso gli estremi della transazione non do-vettero essere particolarmente chiari:

[…] fino al presente non sappiamo cuanto avete ricevuto per la terra de Piacen-tino, e quanto siinò le spese accurate nella transazione della vendita né apena di-te quanto avete ricevuta per la nostra parte, avendo inteso prima della venditàche lofferta è stata di dudici milla cinquecento (1250000) ne sembra che ciè unapiccola diversita inferiore di cio che avete ricevuto per la nostra parte, e ancoraquella lettera che ne avete mandato col denaro non corisponde con la cambiale,il denaro che abbiamo ricevuto è $ 1015

00scudi in amerian denari Americani, e

nella lettera era alquanto di meno e ne saperete dire se quello denaro erà la mettàegualmente ambi due1.

La vendita di tutti i beni in patria, denotava il definitivo ambientamentonel paese estero, ma è curioso che Steven J., bisognoso di una domestica, nerichiedesse una di Sopralacroce: «E mi trovo infamiglia senza una serva, neo molto di bisogno se potessi mandarmene una buona donna mi faccereteungrande piacere»2. A Saint Louis non dovevano certo mancare donne di-sposte a fare le domestiche, ma l’emigrante necessitava di una persona “fi-data”, garante un suo parente, come se non si fidasse dei concittadini chenon condividevano le sue origini. Da un lato ci troviamo di fronte a una an-cora solida affinità col paese natio, nonostante la scelta di un nuovo posto

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dove vivere, dall’altro ci imbattiamo nuovamente nelle maglie di una catenamigratoria: chi è arrivato alimenta il flusso dei partenti.

Si avvaleva della collaborazione di Zanone anche Giacomo A. Repetto,che nell’aprile del 1904 gli chiedeva di adoperarsi in suo favore: «Caro ami-co sono a domandarli un favore che spero che conpagare tutte Vostre fatti-che melofarete, noi dunque abbiamo deciso che abbiamo da fare una pro-cura delle terre che avevamo costii [a Sopralacroce]»3. Nell’ottobre dellostesso anno Repetto avanzava un’ulteriore richiesta a Zanone, cioè di far re-digere i documenti necessari per la procura a Sopralacroce perché:

[…] abbiamo considerato difare questa procora qui ma inostri scrivoni [avvoca-ti-notai?] fanno assai sbagli aciò non sanno le leggi Italiane, cosi abbiamo consi-derato che voi digrazia conpagando tutti ivostri fastidii che farete queste carte co-stii [a Sopralacroce] e nui tutti le fermiemo ciò voi direte e faremmo il firma DelConsole e pure notario cio voi ne nodirete, ecco caro Amico bene sapete che quel-li scrivoni Itatiani che quando sono qui multo tempo siscordono Leggi Italiane4.

Chi riponeva la massima fiducia nelle azioni del procuratore era AntonioPittaluga, per conto del quale nel 1890 Giovanni Battista aveva svolto le pra-tiche relative a un’eredità. Nel luglio di quell’anno Antonio scrive un’acco-rata lettera all’amico, preoccupato delle azioni che sua sorella e suo cognato,residenti a Sopralacroce, potrebbero condurre a suo danno, probabilmentein riferimento ai beni acquisiti in seguito alla suddetta eredità. I parenti diAntonio prima di allora non gli avevano mai scritto, ed è per questo che al-lega la lettera ricevuta dalla sorella5, perché Zanone la possa leggere per ren-dersi conto della situazione:

[…] vedrete che qualità di persone e di parenti si trova in questo mondo in chemaniera parlano, voglio che anche voi conosciate chi sono, sia mia sorella, comemio cognato, prima che fosse successo quasta cosa non mi avevano mai scritto, co-me se non fossi mai esistito, adesso perché sanno che se avessero in mano da far tut-to loro, che facessi io un procuratore che piacesse a loro potrebbe esser meglio peressi, allora si son decisi di scrivermi e voi leggendo tale lettera comprendete la lo-ro intenzione ma a me’ vi dico la pura verità non mi ingabano conosco abbastan-za il mondo. […] Dunque mio caro amico […] guardate di far il più presto possi-bile a vendere tutto, e che sia venduto a denari contanti, non voglio avere nessuncredito […] e vi seplico un’altra volta mio caro amico di non ascoltare né sorella,né fratello, e né cognato, perché al giorno d’oggi i parenti sono i primi a tradirvi6.

Due mesi dopo Antonio ribadisce la stima che ha di Giovanni Battista:«[…] fatemi il piacere di fare veramenti come se fosse una cosa di proprietàvostra, mi comfido in voi come se fosti un mio fratello, tutto quello che fare-te; per mè sarà tutto ben fatto»7. Dalle lettere non sappiamo che attività aves-sero intrapreso a Saint Louis Repetto e Pittaluga. Forse alla famiglia di que-

Tra il Chiavarese, Saint Louis e Louisville 7 7

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st’ultimo, a meno che non si tratti di omonimia, apparteneva uno di quegli al-berghi che erano stati aperti a Sopralacroce per sfruttarne la fama di stazio-ne idroclimatica. Infatti Agostino Boggiano, in una missiva sempre del 1890,chiedeva al cugino: «[…] se ciè stato multa Signoria in sopra la Croce la sta-te Scorsa e se Locanda Pitaluga è aperta da qualcuno»8. Su questa relazionenon abbiamo altre notizie, se non una lettera del 1894 firmata dai fratelli Lo-renzo, Giovanni e Agostina Pittaluga, che informano Zanone della mortedella loro madre e gli chiedono il rendiconto dei propri interessi; non com-pare la firma di Antonio9.

Utilizzando i documenti del fondo possiamo ricostruire con buone cer-tezze l’albero genealogico della moglie di Giovanni Battista, e le vicende checaratterizzarono la vita di alcuni suoi familiari. Luigia Signaigo morì di partonel 1896 a 42 anni; doveva quindi essere nata nel 185410, ed era la minore deisuoi fratelli. Nell’archivio è conservata la situazione di famiglia di AgostinoSignaigo, il fratello maggiore di Luigia, classe 1832, in cui sono elencati i com-ponenti del nucleo familiare con le rispettive date di nascita. I primi dell’e-lenco sono il padre capo Signaigo Giuseppe (21 aprile 1799), e sua moglie Me-schio Maddalena (18 marzo 1813). Seguono poi i figli: Giobatta (14 maggio1832, quindi gemello di Agostino); Maria (20 giugno 1839); Antonio (11 feb-braio 1841, detto Bartolomeo); Domenico (28 agosto 1842, detto GB). Oltrea Luigia manca Davide, che nelle lettere da Saint Louis si firmerà sempre Da-vid J.: dalle missive veniamo solo a conoscenza della data della sua morte, il 30ottobre 1909, ma grazie a internet possiamo risalire all’anno della sua nascita.Il sito dell’Arcidiocesi di Saint Louis ha una sezione dedicata ai cimiteri cat-tolici della città11; inserendo il nome del defunto è possibile conoscere il ci-mitero in cui è sepolto, la data dell’inumazione, e l’età a cui è sopravvenuta lamorte. David J. venne sepolto nel cimitero di Calvary il 4 novembre 1909; ave-va 58 anni, era quindi del 1851, il penultimo dei fratelli.

Il padre, Giuseppe Signaigo fu Agostino detto Pollenta, era nativo dellafrazione di Vallepiana, e anch’egli era emigrato negli Stati Uniti, probabil-mente negli stessi anni in cui partì Domingo Zanone, se non prima12. Non siera stabilito nel Missouri, come faranno i figli maschi, ma nello stato confi-nante del Kentucky; su di lui non abbiamo notizie, se non che è morto aSmithland13 di colera il 4 giugno 1854, e che è stato sepolto a Louisville14.Non sappiamo in base a quale criterio il Kentucky fosse stato scelto comemeta, così come non possiamo saperlo in riferimento agli altri “protoemi-granti” e alle loro destinazioni, ma a Smithland dovevano esserci diversi liguriprovenienti da Sopralacroce. Nella città infatti, è presente una costruzioneeretta tra il 1780 e il 1800, ed adibita a locanda negli anni Venti del XIX se-colo, la Gower House. Tra il 1860 e il 1869 la proprietà dello stabile era nel-

Capitolo quinto7 8

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Il talentuosoracconto

della rete di affaritra l’Appennino Ligure

e gli Stati Unitipromosso dal CISEI

nelle cartedell’Archivio Popolare di Genova

compostonel carattere Simoncini Garamond

su carta Arcoprint delle Cartiere Fedrigoniè stampato

dalla tipografia Sograte di Città di Castelloper conto di Diabasisnel marzo dell’anno

duemilaundici

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Dal porto al mondoCollana diretta da Antonio Gibelli

Edmondo De Amicis, Sull’Oceano, a cura di Giorgio Bertone

Vanni Blengino, La Babele nella PampaL’emigrante italiano nell’immaginario argentino

Alessandra Vannucci, Un baritono ai tropiciDiario di Giuseppe Banfi dal Paranà (1858)

Emilio Franzina, L’America gringaStorie italiane d’immigrazione tra Argentina e Brasile

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