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Politiche urbane e territoriali SCENARI E CONTESTI 2006-2007 • Ignazio Vinci 1. Economia post-industriale e organizzazione territoriale L’affermazione di modelli di sviluppo post-industriali Il rapporto tra attività produttive e territorio negli ultimi due decenni è andato in contro a profondi cambiamenti a causa di tre fenomeni interdipendenti: • Declino del modello di sviluppo che abbiamo ereditato dalla rivoluzione industriale (detto anche “fordista-taylorista”) • Affermazione dei settori ad alta tecnologia e servizi avanzati • Coscienza delle risorse culturali-ambientali anche quali fattori economici

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Politiche urbane e territoriali SCENARI E CONTESTI

2006-2007 • Ignazio Vinci

1. Economia post-industriale e organizzazione territoriale

L’affermazione di modelli di sviluppo post-industriali

Il rapporto tra attività produttive e territorio negli ultimi duedecenni è andato in contro a profondi cambiamenti a causa di trefenomeni interdipendenti:

• Declino del modello di sviluppo che abbiamo ereditato dallarivoluzione industriale (detto anche “fordista-taylorista”)

• Affermazione dei settori ad alta tecnologia e servizi avanzati

• Coscienza delle risorse culturali-ambientali anche qualifattori economici

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1. Economia post-industriale e organizzazione territoriale

Logiche organizzative del modello “fordista-taylorista”

Fino agli anni settanta il modello industriale nelle societàoccidentali può essere descritto attraverso tre ordini direlazioni:

• In termini di organizzazione interna delle attività produttive

• Rispetto ai rapporti con il settore pubblico e con l’economia pubblica

• Rispetto ai rapporti con lo territorio e le politiche territoriali

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1. Economia post-industriale e organizzazione territoriale

Logiche organizzative del modello “fordista-taylorista”

In termini di organizzazione interna:

• Modello di sviluppo organizzato sulla grande impresa (gerarchica, centralizzata, con fattori di produzione “interni”)

Rispetto ai rapporti con il settore pubblico:

• Partecipazione diretta dello Stato nelle grandi imprese

• Sostegno alle grandi imprese attraverso politicheindirette

(welfare, beni pubblici, infrastrutture materiali e immateriali)

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1. Economia post-industriale e organizzazione territoriale

Logiche organizzative del modello “fordista-taylorista”

Rispetto ai rapporti con il territorio:

• Concentrazione in aree caratterizzate da alta dotazione diforza lavoro ed infrastrutture di trasporto

• Indifferenza rispetto alle condizioni ecologiche eambientali del territorio

• Indifferenza rispetto alla presenza di risorse immateriali(risorse umane qualificate, PA locale efficiente, etc.)

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1. Economia post-industriale e organizzazione territoriale

Il territorio nel modello “fordista-taylorista”

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1. Economia post-industriale e organizzazione territoriale

Il declino del modello industriale nella fase “fordista”

Gli effetti scatenanti del declino sono:

• La raggiunta “maturità” del ciclo economico nei settori tradizionali (siderurgia, chimica di base, meccanica)

• La crescita del settore dei servizi(servizi avanzati alle imprese, servizi “sofisticati” in risposta alle nuove domande sociali)

• L’affermazione delle tecnologie informatiche (ICT) anche asupporto dei processi industriali(produzione, gestione, commercializzazione)

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Il rapporto tra settori economici nella fase post-industriale

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1. Economia post-industriale e organizzazione territoriale

Gli effetti dell’Information technology sull’organizzazioneterritoriale

• Organizzazione delle grandi imprese in rete e concentrazione nelle città solo delle funzioni direzionali

• Diffusione delle unità di produzione in aree dove sono presenti più favorevoli condizioni localizzative

(ambientali, fiscali, normative)

• Dismissione delle grandi aree industriali metropolitane ericonversione degli spazi e delle strutture ad attività terziarie e quaternarie

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1. Economia post-industriale e organizzazione territoriale

I nuovi fattori di competitività territoriale nell’eradell’Information Technology

La portata economica di un territorio nel sistemaoccidentale non si misura più in termini di quantità di beniprodotti ma piuttosto di qualità dell’innovazione.

In quest’ottica diventano rilevanti:

• le infrastrutture in chiave di accessibilità alle reti, piuttosto che le infrastrutture per movimentare le merci

• le competenze professionali nei settori innovativi, piuttosto che la quantità di forza lavoro

• la sinergia con le istituzioni pubbliche locali che possono contribuire a creare le condizioni “esterne” allaproduzione e l’integrazione con altri settori nel campo deiservizi

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1. Economia post-industriale e organizzazione territoriale

Vecchi e nuovi modelli di competitività territoriale

Fase “fordista”• Sistemi nazionali caratterizzati dalla concentrazione in poli

industriali ad alta dotazione infrastrutturale(spesso coincidenti con le principali città ed aree metropolitane)

Fase “post fordista”

• sistemi produttivi locali e distretti di piccole e medie impreseche operano in nicchie di mercato in stretta relazione con risorse localizzate di difficile riproducibilità

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1. Economia post-industriale e organizzazione territoriale

Cosa è un distretto industriale

È un’area in cui si trova un’alta concentrazione di imprese eattività industriali operanti in un unico settore o in settori affini.

In genere si riscontrano le seguenti caratteristiche:

• produzione legata ad antiche tradizioni industriali o a risorsemateriali non riproducibili altrove;

• professionalità e mercato del lavoro specializzato diffusi nell’area;

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1. Economia post-industriale e organizzazione territoriale

Come funziona un distretto industriale

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1. Economia post-industriale e organizzazione territoriale

Esempi di distretto industriale in Italia

Distretti industriali di antica tradizione• Biella e Prato : lana, tessile e abbigliamento

• Fabriano: carta

• Sassuolo: ceramiche

• Omegna: casalinghi

Distretti industriali di più recente formazione• Belluno: produzione di occhiali

• Matera-Bari: mobili salotto

Distretti industriali in Sicilia• Caltagirone : ceramica artistica

• S. Stefano di Camastra: ceramica artistica

• Custonaci: marmo

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Distretti industriali in Italia

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1. Economia post-industriale e organizzazione territoriale

Il rapporto con le risorse territoriali nel modello distrettuale

Debole

• distretti legati a prodotti innovativi (Made in Italy)

Medio

• distretti con forti tradizioni produttive ma i cui legami con lerisorse territoriali sono andati attenuandosi(il tessile, la carta, la ceramica)

Forte

• distretti la cui produzione è intimamente collegata alla trasformazione di materie prime locali(il vino, i prodotti agro-alimentari, etc.)

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1. Economia post-industriale e organizzazione territoriale

I punti di forza del modello distrettuale

• migliore capacità nel rispondere alle crisi congiunturali ed aicambiamenti nel mercato

• possibilità di sviluppare rapporti cooperativi (oltre che competitivi) e processi di innovazione in comune tra le imprese (consorzi, politiche di marchio, etc.)

• rapporto sinergico con le istituzioni e il capitale sociale a livello locale (politiche formative e culturali, infrastrutture pubblichespecifiche, etc.)

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1. Economia post-industriale e organizzazione territoriale

L’esportazione del modello distrettuale ai settori nonindustriali

La diffusione e il successo del modello distrettuale in campoindustriale hanno favorito la sua applicazione in maniera“artificiale” anche ad altri settori economici che negli ultimianni hanno avuto grande espansione.

In particolare ciò è avvenuto:

• nel settore del turismo culturale e della valorizzazione dei benistorici e ambientali

• nel settore dell’agricoltura di qualità e del turismo rurale

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1. Economia post-industriale e organizzazione territoriale

L’attenzione al territorio nei nuovi modelli di turismo culturale

• visione complessa del bene culturale: non solo benistorico-monumentali ma anche apprezzamento di elementirappresentativi della storia sociale delle comunità locali

• attenzione agli aspetti della cultura economica e materiale:mercati storici, archeologia e cultura industriale, etc.

• rapporto complesso tra bene culturale, paesaggio e ambientecircostante

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1. Economia post-industriale e organizzazione territoriale

L’attenzione al territorio nei nuovi modelli di turismo rurale

• desiderio di natura e di spazi aperti come alternativa alla congestione delle grandi città

• apprezzamento delle produzioni tipiche e a carattere biologico

• lettura complessa e “strutturale” del paesaggio, non solo attraverso gli aspetti percettivi ma anche etno-antropologici eculturali (connubio tra natura e cultura)

• integrazione tra attività agricole e forme di accoglienza turistica alternativa ai modelli tradizionali (ad es. l’agri-turismo)

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1. Economia post-industriale e organizzazione territoriale

I requisiti del modello distrettuale applicato al turismoculturale e rurale

• identificazione di un prodotto complesso (culturale, rurale) ingrado di intercettare domande sofisticate sul mercato turistico

• organizzazione di reti di soggetti (pubblici e privati) per integrare le politiche settoriali e diversificare l’offerta di prodotti locali

• costruzione di strumenti per la promozione dell’identità locale(marchi territoriali per i prodotti, temi di fruizione per le risorse territoriali)

• politiche comuni per la formazione delle risorse umane destinate a gestire le attività turistiche

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Il distretto culturale: una nozione

Il distretto culturale, fondato sulla valorizzazione dei beni culturali puòessere più specificamente definito come “un sistema reticolare,spazialmente delimitato, il cui nodo centrale è costituito dal processo divalorizzazione dell’“asset territoriale” rappresentato dai beni culturali egli altri nodi sono rappresentati:

• dai processi di valorizzazione delle altre risorse del territorio (i beniambientali, le manifestazioni culturali ed i prodotti della cultura materiale ed immateriale del territorio, ecc.);

• dalle infrastrutture territoriali (servizi di trasporto, per il tempo libero,ecc.);

• dai servizi di accoglienza e dall'insieme delle imprese la cui attività èdirettamente collegata al processo di valorizzazione dei beni culturali.

Maggiori sono le interconnessioni, ovvero più integrato è il distretto, emaggiori saranno gli impatti economici che sarà possibile generare”.(P. Valentino)

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Il distretto rurale nella visione istituzionale

Legge 5 aprile 2004, n. 21 della Regione Toscana (art. 2)

Sono definiti distretti rurali i sistemi economico-territoriali

aventi le seguenti caratteristiche:

a) produzione agricola coerente con le vocazioni naturali delterritorio e significativa per l`economia locale;

b) identità storica omogenea;

c) consolidata integrazione tra attività rurali e altre attività locali;

d) produzione di beni o servizi di particolare specificità, coerenticon le tradizioni e le vocazioni naturali del territorio.

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1. Economia post-industriale e organizzazione territoriale

Il distretto rurale nella visione istituzionale

Legge 5 aprile 2004, n. 21 della Regione Toscana (art. 3)

ll distretto rurale si costituisce mediante accordo tra enti locali

e soggetti privati che operano in modo integrato nel sistema

produttivo locale.

All’accordo aderiscono

a) rappresentanze dei soggetti privati operanti nell`ambitodistrettuale, delle organizzazioni professionali agricole,sindacali e delle associazioni di rappresentanza dellacooperazione;

b) la provincia o le province interessate nonché la maggioranzadegli altri enti locali dell`ambito distrettuale;

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Il distretto rurale nella visione istituzionale

Legge 5 aprile 2004, n. 21 della Regione Toscana (art. 6)

Il distretto rurale, al fine di consolidare e sviluppare il sistema

produttivo che lo caratterizza e le vocazioni naturali del territorio,

nonché salvaguardare la tradizione storico-culturale, opera per:

a) favorire e rafforzare il dialogo e il confronto tra i diversi soggetti inseritinel tessuto produttivo, creando condizioni favorevoli all’integrazione ealla sinergia sul piano operativo;

b) promuovere, sostenere e coordinare le iniziative di innovazione, dipromozione commerciale e l`immagine del territorio;

c) promuovere attività conoscitive e informative finalizzate allo studio e almonitoraggio di problematiche di carattere economico, sociale,turistico, culturale, territoriale, ambientale;

d) favorire l`aggregazione e il confronto dei diversi interessi locali,gestendo momenti di riflessione e di discussione, con il coinvolgimentodi tutti i soggetti;

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Il distretto rurale nella visione istituzionale

Legge 5 aprile 2004, n. 21 della Regione Toscana (art. 6)

(segue) Il distretto rurale, opera per:

e) promuovere, in una logica di massima valorizzazione delle risorsedisponibili e di ampio coinvolgimento dei soggetti e delle aree deldistretto, il coordinamento della varie politiche di gestione e di sviluppodel territorio finalizzate al miglioramento della qualità territoriale,ambientale e paesaggistica dello spazio rurale, da conseguirsi anchemediante un’attività agricola compatibile con la conservazione dellabio-diversità;

f) favorire un effettivo contributo distrettuale alla formazione deidocumenti di programmazione economica, di pianificazione territorialee agro-ambientale;

g) favorire le iniziative di programmazione negoziata e di patti d’areainteressanti il territorio di competenza;

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1. Economia post-industriale e organizzazione territoriale

Gli effetti territoriali delle nuove forme di organizzazionedistrettuale

1. Si attenua il dualismo tra le città come centri industriali e di servizio e la campagna a bassa densità demografica infavore di nuove configurazioni:

a) attrattività di città anche a debole propensione industriale

b) sistemi produttivi locali anche in ambito rurale

2. Si attenua la differenza tra le politiche territoriali per le areeurbane e quelle per le aree rurali, entrambe rispondono acomplesse esigenze di integrazione di fattori materiali eimmateriali, istituzionali e privati: l’approccio per politicheintegrate nei due contesti segue percorsi analoghi