Lo Snodo n. 2 | aprile - maggio 2016

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L ns odoaprile - maggio 2016

numero 2

bimestrale - cultura, società, eventi della cittàwww.losnodo.net

Pistoia

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2 aprile - maggio 2016

Numero 2Aprile - Maggio 2016www.losnodo.net

In copertina:“Incompiuto”di Amerigo Folchi

Amerigo vive e lavora a Pisto-ia. Autodidatta. Inventore di giochi di carte e tarocchi.Nella sua ricerca pittorica predilige i ritmi e le musicali-tà del segno e del colore. I suoi rilievi policromi sono la con-cretizzazione di stati d’animo. Il gioco si rivela nelle sue ultime architetture impossi-bili, immagini tridimensionali iroche e provocatorie.

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Direttore Responsabile: Tiziano CarradoriCapo redattore: Mattia NestiGrafica e impaginazione: Giacomo Folchi

Redazione:Giacomo BartolesiGuendalina FerriGiacomo FolchiFrancesca MatteoniVirginia PresiWalter TripiValentina Vettori

Los Nodo è una testata registrata presso il Tribunale di Pistoia, n. 10/2003

Lo Snodo, testata fondata nel 2003 grazie all’im-

pegno di ARCI Pistoia per un’informazione libera e indipendente, oggi viene pubblicata in forma cartacea grazie all’impegno di giovani menti curiose e interessate alla realtà circostante. Il motivo ispiratore della pri-ma parte della rivista che ave-

te fra le mani è il tentativo di offrire al nostro territorio uno spazio di informazione che sia approfondimento critico, mai superficiale, propositivo. Un diverso punto di vista sulla città, i suoi problemi, le sue opportunità.Nella seconda parte, invece, abbiamo rivolto il nostro sguardo alle molteplici espe-

rienze culturali che animano Pistoia. E, ancora, al patrimo-nio artistico ed intellettuale in senso lato della nostra provincia.Sta a voi, adesso, dirci se sia-mo riusciti nei nostri intenti.Aspettiamo suggerimenti, cri-tiche o proposte all’indirizzo email della nostra redazione: [email protected]

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Sommario

Accoglienza e integrazione

Cultura, eventi e società

Chiedo asilo di Mattia Nesti 4

Dal Bangladesh e dal Gambia al Bottegone di Walter Tripi e Guendalina Ferri 5

Il Circolo Bugianidi Giacomo Folchi 9

La comunità eritrea a Pistoia, esempio di integrazione e rispettodi Valentina Vettori 10

Pistoia: i segreti di una capitale di Giacomo Bartolesi 16

Gli Omini e Progetto T di Valentina Vettori 19

La cultura è dialogo, rispetto ed uguaglianzadi Valentina Vettori 21

Una scelta di libertàdi Mattia Nesti e Guendalina Ferri 23

Eventi febbraio marzo 26

Sanità e diritto alla salute

Tre domande sulla sanitàdi Redazione 14

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Accoglienzae integrazione

Chi ha diritto ad essere accolto?

Chiedo asilo

di Mattia Nesti

Lo status di “rifugiato” vie-ne sancito, nel 1951, dalla

Convenzione di Ginevra, secon-do il principio per cui “tutti gli uomini, senza distinzioni, devo-no godere dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”.

In base alla Convenzione, si considera “rifugiato” con diritto di asilo chiunque, tornando nel proprio paese d’origine, potreb-be “essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenen-za a un determinato gruppo so-ciale o le sue opinioni politiche”.

Tutti coloro, quindi, che in patria potrebbero essere vittime di discriminazioni e persecuzio-ni individuali.

Il diritto d’asilo, tuttavia, vie-ne oggi riconosciuto anche come

diritto alla cosiddetta “protezio-ne sussidiaria”.

Si fa riferimento, con questo termine, a chi rischierebbe la vita a causa di una situazione oggettiva, generale, in cui ver-sa il proprio paese di origine. A partire, ovviamente, da chi fug-ge da situazioni di guerra.

Queste definizioni sono co-munque in evoluzione, perché è il contesto storico a determinare le ragioni che possono obbligare donne e uomini a migrare per sopravvivere.

Negli ultimi anni, ad esem-pio, si sono registrate le prime domande di “asilo ambientale”, presentate da cittadini di piccoli atolli del Pacifico che rischia-no di essere sommersi a causa del surriscaldamento globale e dell’innalzamento del livello del-le acque.

Offrire protezione a chi ne

ha diritto, in ogni caso, non è una scelta o un “favore”, bensì un preciso dovere delle nazioni facenti parte la “comunità inter-nazionale”.

Più complesso è il caso dei “migranti economici”, termine con cui si è ormai soliti indivi-duare tutti i cittadini stranieri venuti in Italia e a cui non viene riconosciuto il diritto alla prote-zione internazionale.

Se è vero, infatti, che è dif-ferente lo status dei migranti economici (che si muovono in un altro paese “semplicemente” perché in cerca di maggior be-nessere), c’è da chiedersi quan-to sia legittimo, per gli stati eu-ropei, rifiutare l’accoglienza di persone che vivono in condizio-ni di miseria, senza il riconosci-mento degli standard di vita mi-nimi garantiti nell’intero nostro continente, e spesso a causa di

Viaggio tra gli aspiranti rifugiati, schivando Schengen, Dublino, gli hotspot, e la leggenda dei 35 euro di paga al giorno. Chi sono e cosa fanno i migranti “pistoiesi”. Un’accoglienza che funziona?

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Regolamento di Dublino, Schengen, Hotspot: chi accoglie chi?

un pluridecennale sfruttamento di cui anche alcuni paesi occi-dentali sono stati, in parte, cor-responsabili.

La causa principale degli importanti flussi migratori de-gli ultimi anni è comunque da imputare prevalentemente alle guerre civili scoppiate in Libia e in Siria, divenute terreno di vio-lenti combattimenti fra diverse fazioni etniche e religiose.

Per ragioni geografiche, al-cuni paesi europei sono natu-ralmente più “esposti” di altri all’accoglienza dei migranti. Gli arrivi più consistenti investono tutta la “frontiera” sud orienta-le, mediterranea, dell’Europa: dall’Italia, alla Grecia, ai Balca-ni.

L’accoglienza dei rifugiati in Europa, a partire dal 1990, è comunque regolamentata dal-la “Convenzione di Dublino”. Questo accordo stabilisce che il primo paese dell’UE che certifi-ca l’ingresso di un cittadino stra-niero, registrandone i dati e le impronte digitali, diventa anche responsabile della sua richiesta di protezione.

Tradotto: l’accoglienza e la verifica dell’effettivo diritto all’a-silo dei migranti approdati in Italia o in Grecia o in qualsiasi altro paese che ha sottoscritto “Dublino”, spetta esclusivamen-te a questi stati.

Questo meccanismo è oggi oggetto di numerose critiche.

Da una parte, infatti, impedi-sce una ripartizione dei migran-ti fra tutti gli stati dell’Unione, “sovraccaricando” i paesi di frontiera.

Dall’altra, contrasta con le stesse aspettative dei migran-ti, che in molti casi vorrebbero richiedere protezione non nei paesi di arrivo (come l’Italia o la Grecia) ma negli stati del nord (spesso per ricongiungersi a fa-

miliari e conoscenti).Per questo molti migranti,

anche sottraendosi all’identifi-cazione, cercano comunque di proseguire il loro cammino, con mete come il Regno Unito o i paesi scandinavi.

E’ per arginare questo feno-meno che, negli ultimi mesi, alcuni governi dell’Europa cen-trale hanno deciso di sospendere l’accordo di Schengen, che pre-vederebbe la libera circolazione delle persone e l’abolizione dei controlli alle frontiere per 26 pa-esi europei membri.

Francia, Belgio, Austria, Un-gheria, Slovenia, Repubblica Ceca... sono molti gli Stati che hanno pensato di riattivare i controlli alle frontiere nazionali per impedire la circolazione dei migranti.

Solo la Germania, nell’ago-sto 2015 e in via esclusiva per i migranti siriani, ha deciso di sospendere il regolamento di Dublino, accogliendo tutti i ri-chiedenti asilo provenienti dalla Siria anche se già registrati in un altro paese dell’Unione (spesso l’Ungheria).

Di fronte a questo scenario, la risposta delle istituzioni europee - definita nella “Agenda europea della migrazione” - prevede due pilastri fondamentali: la gestione dei flussi e dell’accoglienza nei paesi di frontiera (prevalente-mente Italia e Grecia) e una suc-cessiva riallocazione fra tutti gli stati europei dei migranti a cui viene riconosciuto l’asilo.

Per quanto riguarda la prima accoglienza, a partire dal 2016 la gestione dei flussi migratori viene affidata - in Italia e in Gre-cia - al sistema degli “hotspot”.

Ogni hotspot accoglie diver-se centinaia di migranti, che appena sbarcati (entro 72 ore) vengono identificati (con la regi-strazione delle impronte digitali) e separati fra “richiedenti asilo” e “migranti economici” (a cui tocca il destino dell’espulsione e del rimpatrio).

Nei sei hotspot italiani e nei

quattro greci è prevista la pre-senza sia di personale di polizia italiana che di agenti di struttu-re europee come Europol, Eu-rojust, Frontex ed Easo.

Importanti organizzazio-ni umanitarie non governative hanno però denunciato che il si-stema degli hotspot sta determi-nando, nei fatti, una detenzione illegittima dei migranti e un fil-tro inadeguato a tutelare i diritti dei cittadini stranieri.

A dicembre Medici senza frontiere ha sospeso le proprie attività nella struttura di Poz-zallo (Ragusa), denunciando “le condizioni precarie e poco dignitose in cui vengono accolti migranti e rifugiati appena sbar-cati”, mentre a marzo ARCI e Asgi hanno chiesto la chiusura dell’hotspot di Taranto, in se-guito a un sopralluogo da cui sono emerse gravi mancanze e il rischio che le decisioni rispetto all’accoglienza o al respingimen-to dei migranti vengano prese in modo del tutto arbitrario.

“A chi non è stata permessa la domanda (di asilo, ndr) – ha spiegato Filippo Miraglia, vice presidente ARCI, in un’audizio-ne al Senato della commissione Diritti Umani – è stato dato un foglio di via di espulsione differi-ta, che intima la partenza entro 7 giorni da Fiumicino, senza for-nire documenti, né il biglietto, ma nemmeno vestiti. A Palermo sono stati letteralmente lasciati in strada.

Sono stati respinti anche al-cuni minori non accompagna-ti “erroneamente” identificati come maggiorenni... Inoltre i rapporti con le persone appena sbarcate vengono gestiti solo da poliziotti italiani, spesso facendo firmare fogli non tradotti”.

Sul fronte greco, inoltre, pesa da marzo anche l’accordo siglato fra Unione Europea e Turchia, che apre le porte al rimpatrio di migliaia di migranti, approda-ti in Grecia e ora rimandati in Turchia.

Questo ha causato la sospen-

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sione delle attività nell’hotspot di Lesbo non solo da parte di Medici senza frontiere ma anche dell’UNHCR, l’Alto Commissa-riato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, che hanno denunciato “condizioni disumane”.

Criticità si riscontrano an-che sul fronte dei riallocamenti all’interno dell’Unione: ba-sti pensare che ad aprile 2016 sono stati “riallocati” solo 1145 richiedenti asilo, a fronte dei 160mila a cui, a settembre 2015, la Commissione Europea avreb-be deciso di permettere di spo-starsi da Grecia e Italia ad altri paesi interni dell’UE.

Abbiamo provato, fin qui, a raccontare il contesto europeo dell’accoglienza dei migranti; tentiamo, adesso, di focalizzare l’attenzione sul nostro paese.

Il più delle volte, infatti, no-nostante “l’emergenza immi-grazione” rappresenti uno degli argomenti preferiti dal dibattito mediatico, è difficile avere un quadro chiaro di come effettiva-mente funzioni, quotidianamen-te, il sistema di accoglienza nel nostro paese.

La rete governativa si basa su quattro tipologie fondamentali di “centri per l’immigrazione”:

per la prima identificazione i CPSA - Centri di Primo Soc-corso e Accoglienza (che ga-rantiscono ai migranti le prime cure al loro approdo in Italia) e i CDA - Centri di Accoglienza, in cui vengono condotti gli stranie-ri irregolari rintracciati sul terri-torio nazionale.

Alcune di queste strutture, oggi, sono state trasformate in “hotspot”.

I migranti che presentano do-manda di asilo, quindi, vengono alloggiati nei CARA - Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo, dove si avviano le proce-dure per valutare ed esprimere un parere rispetto alla richiesta di protezione.

I migranti irregolari, al con-trario, possono essere trasferiti nei CIE - Centri di Identifica-zione ed Espulsione. Si tratta, in questo caso, di vere e proprie strutture di detenzione che (for-tunatamente) hanno visto negli ultimi anni una sensibile dimi-nuzione di posti.

A fianco della rete governa-tiva, con l’esplosione dei flussi migratori a partire dal 2011, è aumentato sempre di più il ri-corso ai Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS).

I CAS sono strutture che vengono gestite da enti privati (in larga parte cooperative ed associazioni del terzo settore) in convenzione con la Prefettura

di zona (e, quindi, il Ministero dell’Interno).

Si tratta di centri allestiti in strutture private (a seconda del numero degli “ospiti”, si va da grandi alberghi ad appartamenti di 8-10 persone), e diffusi ormai sull’intero territorio nazionale.

La gestione dei CAS viene affidata sulla base di bandi pre-fettizi e ogni ente privato gestore riceve in media dai 30 ai 35€ al giorno per ogni richiedente asilo ospitato.

Nasce da qui, e da successive campagne di (dis)informazione, la leggenda metropolitana dei 35€ che ogni giorno finirebbero nelle tasche dei cittadini stranie-ri.

Il cosiddetto “pocket money”, i soldi contanti che vengono dati ogni settimana o ogni mese ai richiedenti asilo per loro spese personali, ammonta in realtà a 2,50€ al giorno. Poco più di un paio di caffè.

La parte restante dei finan-ziamenti erogati dallo Stato agli enti gestori, al contrario, è destinata al mantenimento delle strutture, alle necessità basilari degli “ospiti” (a partire da vitto e alloggio) e ai servizi finalizza-ti all’integrazione di cui asso-ciazioni e cooperative si fanno carico (corsi di lingua italiana, orientamento per futuri impie-ghi professionali, attività di vo-lontariato etc).

L’accoglienza in Italia: lo stato paga i richiedenti asilo 35€ al giorno?

foto di Silvia Bini

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Anche se non sono ancora le sei, su per le scale c’è già odore di cibo. Un odore pungente, speziato, molto diverso

da quello che percepiamo di solito affacciandoci dalla soglia delle nostre cucine. È un odore che richiama posti lontani. Non sembra neppure di essere nel cuore di Bottegone.

Eppure è proprio qui che siamo: al primo piano della sede Arci della frazione pistoiese, a pochi metri dalla via Fioren-tina. È qui che, da qualche tempo – tre mesi per gli ultimi arrivati, più di un anno per i primi – 12 ragazzi provenienti dal Bangladesh e dal Gambia hanno trovato una sistemazione. Quanto provvisoria, è ancora presto per dirlo.

Il corridoio del primo piano si apre su un terrazzo dove, in piccoli vasi, gli inquilini della struttura hanno iniziato a colti-vare un piccolo orto: cipolle, perlopiù. Dall’altro lato, la cucina. Alcune persone stanno lavando delle verdure, preparando la cena: sono ragazzi bengalesi che salutano e si presentano sottovoce, offrendo la mano senza stringerla perché bagnata dall’acqua che ancora sta scorrendo nel lavello. Proseguendo nel corridoio si arriva a una stanza che, occupata da tre file di banchi e da una scrivania, ricorda un’aula scolastica. E in ef-fetti lo è. È qui che i ragazzi, seguiti da un insegnante italiano, imparano la nostra lingua. Ed è qui che ci sediamo per parlare con loro.

I ragazzi gambiani sembrano più estroversi. A. è a Pistoia da pochi mesi, ma dopo lo sbarco ne ha trascorsi altri sei in Sicilia e adesso, oltre al francese, all’inglese e all’arabo, parla un italiano meccanico ma sicuro. Prova a fare da interprete tra noi e gli altri ragazzi. Parliamo un po’ in inglese, un po’ in italiano, un po’ a gesti. Anche l’altro ragazzo gambiano, B. – il più giovane di tutti, coi suoi diciotto anni appena compiuti – dopo un po’ si sblocca e inizia a raccontare.

Le loro storie hanno inizio nello stesso posto, ma si somiglia-no solo in parte. In entrambi i casi c’è il Gambia con la sua si-tuazione difficile: la mancanza di prospettive e un presidente che alla fine del 2015 ha proclamato “stato islamico” la nazio-ne. Persecuzioni e violazioni dei diritti umani sono all’ordine del giorno. Ecco perché entrambi decidono di andarsene.

‹‹I miei genitori sono morti quando ero piccolo››, spiega A.: parte da solo, recidendo anche gli ultimi legami che lo tengo-no ancorato alla propria terra. B. invece in Gambia ha lasciato la madre, il padre, i fratelli. Parte anche per aiutarli. Parte perché ‹‹in Gambia non si può più vivere››. Il minimo comune denominatore tra le loro storie – così come tra quelle dei ra-gazzi bengalesi – è la Libia: passaggio praticamente obbligato prima di raggiungere l’Europa.

Dal Bangladesh e dal Gambia al Bottegone

di Walter Tripi e Guendalina Ferri

Storie di ordinaria emigrazione

Alla rete di prima accoglien-za, infine, vengono affiancati gli SPRAR.

Promossi dai Comuni, co-ordinati dal “sistema centrale” dell’ANCI e affidati a enti del terzo settore, gli SPRAR - Siste-ma di Protezione per Richieden-ti Asilo e Rifugiati sono strutture oggi dedicate prevalentemente ai cittadini stranieri a cui è già stato riconosciuto il diritto all’a-silo e alla protezione internazio-nale.

Secondo i dati diffusi dal Mi-nistero dell’Interno nell’ultimo “Rapporto sull’accoglienza di migranti e rifugiati in Italia” (ot-tobre 2015), il 72% dei 99.096 migranti ad oggi accolti nel no-stro paese è ospitato nelle strut-ture CAS.

La rete di accoglienza straor-dinaria e temporanea (che evi-dentemente, dal 2011 ad oggi, temporanea non è più) è quindi oggi preponderante rispetto alle reti “ordinarie”, governative (CARA) e comunali (SPRAR).

Per quanto molte esperienze CAS rappresentino punte avan-zate di accoglienza, soprattutto in determinate zone del paese, l’aver assunto come modalità ordinaria un sistema straordina-rio, e in parte privo di una regia centrale, è visto da alcune realtà del settore come un potenziale elemento di instabilità sul medio periodo.

“Siamo di fronte a un gatto che si morde la coda: se l’imma-gine che arriva all’opinione pub-blica è negativa, allora è difficile pensare che cambi la percezione legata a diffidenze e paure verso i flussi migratori. - ha spiegato recentemente lo stesso Mira-glia in un’intervista al maga-zine “Vita” - La soluzione per uscire da questo cortocircuito è una: trasformare nel giro di breve tempo, un anno o due al massimo, tutti i CAS in Sprar. Bisogna riportare al centro i Comuni, che sono capofila dei progetti Sprar, perché hanno la diretta visione delle dinamiche del territorio”.

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I bengalesi si dimostrano più riservati: sussurrando si sono presentati e sussurrando continuano a raccontare. La loro voce si alza solo quando raccontano dei soprusi in Libia, delle prigioni durissime nelle quali si può finire senza troppe spie-gazioni. ‹‹È un posto pericoloso›› ripetono; un posto dove si può essere uccisi anche senza motivo, dai criminali in strada come dalla polizia, dove la violenza è frequente e il sogget-to è ridotto a oggetto. M. racconta di essere stato rapinato: gesticola, mima la sagoma di una pistola e di un coltello. Leva la mano a poco più di un metro da terra: ‹‹Child, bambino››, spiega. A rubargli il cellulare e i soldi, armato di tutto punto, è stato un soldato bambino.

Sono le scene di violenza in Libia quelle di cui ci parlano quando chiediamo quali sono le immagini che sono rimaste loro particolarmente impresse. Del resto del viaggio non parlano molto. I ragazzi bengalesi dicono di aver condiviso la permanenza in Sicilia e poi il percorso fino a Pistoia, dove vivono da ormai un anno. Da qualche mese sono arrivati anche i gambiani. ‹‹Pistoia is ok, Italy is ok›› ripetono. E gli italiani? ‹‹Ok›› anche loro. Con gli italiani sono a contatto quo-tidianamente: un po’ all’Arci, dove studiano l’italiano, curano il piccolo orto sul terrazzo e passano parte della giornata; un po’ a “lavoro” – svolgono attività di volontariato presso alcuni circoli locali; un po’ sul campo da calcio, dove soprattutto D. e E. giocano con ragazzi italiani. ‹‹L’altro giorno ero a pranzo con alcuni di loro››, spiega D., contento di poter dire di essersi fatto degli amici, qui da noi.

Sono in Italia da mesi e stanno iniziando a intessere qui quei legami che nella propria terra hanno dovuto sciogliere. Certo è che, nonostante il “Pistoia is ok”, nelle loro parole si percepisce la tristezza di non poter stabilire rapporti duratu-ri, di non potersi costruire una vita normale. ‹‹Cosa pensa-te del futuro?, cosa sperate?››. Ma il futuro è un’incognita gigantesca quando si fugge per tuffarsi nell’ignoto. Quando si lascia tutto per poter tornare a sperare è faticoso, poi, rico-minciare a sperare per davvero. A. vorrebbe andare avanti, costruire una vita stabile qui. Tutti hanno dei progetti, più o meno nitidi. Ma per ora sono qui, in quella che, per quanto incerta e temporanea, è comunque una parentesi di stabilità dopo il caos che hanno dovuto affrontare.

Poco prima di andare via, però, A. ci guarda e chiede perché in Italia ci sia così tanta burocrazia, perché sia così difficile ottenere i documenti necessari a cercare un lavoro, a ripar-tire del tutto. Proviamo a spiegare che né l’Italia né l’Europa erano pronte a fronteggiare questi flussi migratori e che stiamo cercando di organizzarci, di capire come gestire la situazione. Perché “Italy is ok”, ma lo sappiamo tutti che alla fine così ok non è.

Ci salutano e, mentre usciamo, tornano a ciò che stavano facendo. Qualcuno resta nell’aula, qualcuno va in giro per il corridoio, qualcun altro torna in cucina. Ormai la loro vita, vissuta momento per momento, è qui, con le loro attività, le loro stanze, i loro nuovi legami. Domani andranno a lavorare a Pistoia, giocheranno a calcio con ragazzi italiani. Sono fug-giti da situazioni impossibili e sono grati della loro nuova esi-stenza. Però, mentre scendiamo le scale, l’odore che si sente è sempre quello di una cucina forte, speziata, che racconta di posti troppo lontani.

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Al Circolo Arci L. Bugia-ni, in Via Erbosa 12 a

Pistoia, ogni giorno a pranzo si contano una cinquantina di Soci consumatori, i quali si alzano da tavola sempre soddisfatti dell’ottimo cibo servito.

In cucina, insieme allo chef Nicolò, troviamoanche A., B. e C., tre dei ragazzi che vivono al primo piano della sede Arci di Bottegone e che al “Bugiani”, orgogliosi del-la loro tessera ARCI, danno una mano come volontari, insieme a tutti gli altri soci del circolo. Sono le 11 di mattina e io li vado a distur-bare mentre preparano delle profumatissime lasagne al ragù. T., 25 anni del Gam-bia, sta imparando bene l’i-taliano e mi racconta che nel suo paese era un sarto, che si sta trovando molto bene in Italia e che avrebbe tanta voglia di avere i documenti per poter lavorare e guada-gnare qualche soldo. R. e K. sono più giovani, vengono dal Bangladesh dove faceva-no gli agricoltori, arrivati al Circolo hanno imparato alla svelta a cucinare e si stanno

impegnando molto per inte-grarsi con la nostra cultura. Lo chef Nicolò mi confessa che si è sviluppato un gran feeling tra di loro e augura il meglio a questi ragazzi. Conferma il loro impegno nell’imparare la lingua ita-liana e inglese, e rivela scher-zando che anche qualche ita-liano avrebbe bisogno della loro determinazione.

Faccio un giro per il Circo-lo e incontro Alfredo, il presi-dente del “Bugiani”, che mi racconta orgogliosamente che i clienti apprezzano le pietanze cucinate dai tre ra-gazzi e che tutti i soci hanno accolto con entusiasmo que-sti nuovi volontari arrivati da così lontano. Perché, alla fine, rendere possibile l’in-tegrazione, fra i tavoli del pranzo, le “pizzate” e il la-voro insieme in cucina, è da sempre uno dei grandi valori delle case del popolo.

E il circolo “Bugiani” - con-tinua Alfredo – da anni porta avanti una politica di solida-rietà e legalità, proponendo i prodotti del mercato equo e solidale e dei territori confi-scati alle mafie.

Il Circolo BugianiTra integrazione, solidarietà e qualità

foto di Letizia Mugri

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10 aprile - maggio 2016

Scappavano dalla guerra, esattamente come oggi.

E come oggi, l’Italia era vista come un approdo sicuro. Era il 1972 e l’Eritrea era un paese dilaniato dalla guerra per l’indi-pendenza dalla confinante Etio-pia. Indipendenza arrivata solo nel 1993, quando il popolo del piccolo stato del Corno d’Africa, affacciato sul mare, ha votato il referendum per la secessione dall’Etiopia, sotto l’egida dell’O-nu. E il 99% degli eritrei votò per l’indipendenza, dichiarata ufficialmente il 24 maggio 1993.

Questa è la storia di Giuditta, 63 anni, eritrea di nascita, ma pistoiese d’adozione, che vive in Italia dal 1972, quando, a 20 anni, si imbarcò su un volo munita solo di documenti e ap-posito contratto di soggiorno e lavoro in Italia, della durata di due anni.

Giuditta, come altre migliaia di suoi connazionali, scappava da una guerra intestina in un paese che lottava per la pro-pria indipendenza, dopo che nel 1952 le Nazioni Unite ave-vano annesso il piccolo paese del Corno d’Africa come stato federato all’impero di Etiopia, e nel 1962 l’imperatore etiope Haile Selassie decise di annet-terla definitivamente all’Etiopia. È in quell’anno che comincia la guerra per ottenere l’indipen-denza dall’impero del Negus (sostenuto economicamente da-

gli Usa), combattuta dal Fronte di liberazione eritreo (Fle). A cui si aggiunge a partire dagli anni Settanta un altro gruppo indi-pendentista, il Fronte di libera-zione del popolo eritreo (Fple), di ispirazione marxista, soste-nuto dall’Urss, Cuba e blocco dei paesi non allineati agli Stati Uniti.

Ma è negli anni Settanta che scoppia una guerra civile tra i due blocchi indipendentisti, e comincia il grande esodo del po-polo eritreo verso paesi europei come l’Italia.

«Sono arrivata a Pistoia 44 anni fa – racconta Giuditta – e ho trovato una città meraviglio-sa, accogliente. Qui c’era già una piccola comunità di persone eritree, circa 60, tra cui molte donne. Il nostro luogo di ritrovo – prosegue – era il bar Centrale in via Cino. Il proprietario, Ren-zo, era un uomo di straordinaria generosità e ci mise a disposizio-ne due volte a settimana, il gio-vedì e la domenica pomeriggio, i locali della sua attività. È lì che abbiamo dato vita a una vera e propria comunità eritrea».

Quel bar divenne una secon-da famiglia per Giuditta e per chi, come lei, era arrivato a Pi-stoia da solo. L’italiano lo cono-scevano più o meno tutti – l’Eri-trea era stata colonia italiana per anni – e l’integrazione in città fu semplice. «Non come oggi – dice Giuditta. Pistoia non è più

quella di una volta. L’accoglien-za è un po’ tornata indietro, le persone sono diverse, più chiuse. Sono cambiate molte cose, pur-troppo, ma è importante capire che quando le persone scappa-no da una guerra, non si può far finta di niente».

La comunità eritrea fu atti-va fin da subito sul territorio pistoiese con iniziative volte a raccogliere fondi per il Fronte di liberazione eritreo, impegna-to a resistere contro l’occupa-zione dell’esercito etiope. Cene con piatti tipici, feste nei circoli Arci, iniziative di accoglienza e integrazione. Attività che è an-data avanti per anni, e che solo nell’ultimo decennio si è spo-stata verso Firenze, dove la co-munità eritrea – a differenza di quella pistoiese – è ancora molto numerosa e attiva.

«Io sono una delle poche per-sone che ha deciso di rimanere a Pistoia – spiega con il sorriso Giuditta. Qui ho costruito la mia vita, qui mi sento a casa. Ho sempre lavorato, mi sono sposa-ta e ho messo su famiglia. Molti mie connazionali, invece – spie-ga ancora – dopo la fine della guerra, nei primi anni ‘90, han-no deciso di tornare in Eritrea. Io torno nel paese almeno una volta l’anno perché le mie radici sono lì, e lo amo molto, ma Pi-stoia è la mia casa».

La comunità eritrea a Pistoia, esempio di integrazione e rispetto

di Valentina Vettori

Il racconto di Giuditta: negli anni ‘70 Pistoia era già città dell’accoglienza

foto di Massimiliano Sarno

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foto di Massimiliano Sarno

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12 aprile - maggio 2016

Prendi uno spazio da sempre usato per uffici. Spoglialo e ridefiniscilo per accogliere 12 ragazzi. Il Comitato provinciale ARCI Pistoia, insieme alla Casa del Popolo e ai richiedenti asilo, si è ripensato per passare alla dimensione di Casa dei Popoli.Un luogo dove fare accoglienza e insieme ricostruire una quotidia-nità per far sì che il passaggio da un sistema culturale ad un altro venga vissuto come opportunità e possibilità di allargare, per tutti, i propri orizzonti.

foto di Letizia Mugri

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Le Case del Popolo hanno così l’occasione di ritornare alle pro-

prie origini: rendere il dialogo e la conoscenza fonte di solidarietà e

crescita.L’occhio di Letizia Mugri e Mas-similiano Sarno si è mosso alla

ricerca di una chiave interpreta-tiva che tenesse conto di questa

linea di senso. Ricercando, per immagini, la possibilità di un

percorso fra le stanze della casa e quelle del circolo.

foto di Massimiliano Sarno

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14 aprile - maggio 2016

Tre domande sulla sanità a Marco Niccolaiconsigliere regionale Partito Democratico

1 E’ stata recentemente approvata una parte della riforma sanitaria regionale che prevede la nascita di tre “maxi ASL” in tutta la Toscana; è timore diffuso, nel territorio pistoiese, che la nuova ASL “Toscana Centro” (Pistoia, Prato, Firenze, Empoli), possa tradursi in

un accentramento della gestione su Firenze, con minore attenzione e conoscenza delle ne-cessità dei territori periferici, come può essere Pistoia e in particolare le aree meno centrali della sua provincia.Riconosce anche lei un pericolo di questo tipo?

La riforma sanitaria che abbiamo approvato a dicembre rafforza il ruolo della sanità territoriale, dando la possibilità alle Società della Salute di implementare le proprie funzioni nell’alta inte-grazione sanitaria (dipendenze, salute mentale, non autosufficienza,…). Parimenti assumono un ruolo fondamentale i responsabili di presidio ospedaliero e la necessità di un raccordo tra loro ed i responsabili delle singole zone distretto ri-spetto all’erogazione di alcuni servizi, ad esempio la specialistica ambulatoriale. Dunque la riorga-nizzazione delle ASL non impoverisce i territori, ma anzi comporta un ruolo più forte della sanità

territoriale, visto che l’ospedalizzazione riguar-derà sempre più la sola fase acuta della patologia. I cittadini tengono alla qualità dei servizi sanitari e non alle strutture organizzative, che devono es-sere funzionali, in un contesto totalmente mutato rispetto ad anni fa anche per quanto concerne le acquisizioni scientifiche, a garantire la qualità delle cure. Essa passa anche dalla possibilità di liberare risorse prima destinate ai costi di funzio-namento e gestione a vantaggio invece dei servizi e degli investimenti sanitari. Con la riorganiz-zazione delle ASL vogliamo raggiungere questi obiettivi.

Sanitàe diritto alla salute

di Redazione

Sul precedente numero de Lo Snodo, di febbraio-marzo 2016, le stesse tre domande sono state poste al consigliere regio-nale Paolo Sarti (Sì, Toscana a Sinistra)

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2 Ha suscitato molte polemiche, alcuni mesi fa, la proposta del Presidente Rossi di so-stituire parte degli infermieri prossimi alla pensione con OSS, operatori socio-sanitari. A giudizio di molti “addetti ai lavori”, al contrario, ci sarebbe bisogno di un sensibile

aumento del personale ospedaliero, medico e infermieristico, per far funzionare al meglio i “nuovi ospedali” (come il San Jacopo di Pistoia).Condivide che ci sia bisogno di nuove assunzioni? In tal caso la Regione dove potrebbe realisticamente reperire le risorse necessa-rie?

La recente legge di stabilità nazionale prevede che entro il 31 dicembre 2016 prenderanno il via i concorsi straordinari per le nuove assunzioni di medici, infermieri e personale tecnico sanitario. Le Regioni già dal 1° gennaio 2016 possono assumere ricorrendo a forme di lavoro flessibi-le. I contratti di lavoro attivati potranno essere prorogati fino al termine massimo del 31 ottobre 2016. La nostra provincia sconta sicuramente

una carenza di personale rispetto ad altri territori e la Regione, proprio in queste settimane, sta facendo la ricognizione delle necessità in termini di personale sanitario in ogni presidio, così da attivare le procedure necessarie tese a dare prime risposte a tali esigenze. Sul punto il nostro impe-gno di consiglieri regionali è quotidiano, perché siamo consapevoli che sia necessario dare subito segnali concreti.

3 Per il secondo anno consecutivo, la sanità toscana è stata riconosciuta come la migliore d’Italia in base al punteggio Lea (livelli essenziali di assistenza). Le liste d’attesa, tutta-via, sembrano essere tutt’ora una vera spina nel fianco del sistema sanitario regionale,

nonostante da circa un anno la Regione abbia anche attivato un numero verde dedicato. Quali altri interventi pensa che sarebbe necessario approntare, per ridurre sensibilmente i tempi d’attesa dei pazienti?

Il problema è rilevante, anzi per i cittadini è for-se il principale tema quando discutiamo di sanità. Per diminuire le liste di attesa le azioni devono essere varie, ad esempio: intervenire sugli organici sanitari in termini di loro potenziamento (cosa che stiamo facendo, come detto nella precedente domanda), riformare il sistema delle prenotazioni responsabilizzando farmacie e medici di fami-glia, sviluppare il sistema della Case della Salute

dove la collaborazione tra medico di famiglia e medico specialista è più immediata e naturale e può consentire di dare una risposta celere (se non immediata) alle singole esigenze e contribuire a sgravare i pronto soccorsi e le strutture ospeda-liere da domande di prestazioni che , intervenire sull’approccio di “medicina difensiva” che può portare ad eccessi di prescrizioni così da evitare eventuali contenziosi legali.

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Culturaeventisocietà

Pistoia nel 2017 sarà Capi-tale italiana della cultura.

Se la notizia non fosse arrivata direttamente dalle stanze del Ministero dei beni culturali for-se non ci crederemmo. Eppure, nonostante Pistoia abbia poca coscienza di sé (ma forse do-vremmo dire i suoi abitanti?) è una città che merita pienamen-te questa nomina, e che anzi sa come schiudersi al visitatore at-tento.

Il riconoscimento è arrivato si-curamente inaspettato per gran parte della cittadinanza, ma per gli addetti ai lavori – comitato promotore, istituzioni del terri-torio, Diocesi di Pistoia, Cassa di risparmio, e in primis l’am-ministrazione comunale – è il coronamento naturale di uno sforzo che parte da lontano. Ne abbiamo parlato con il Sindaco di Pistoia Samuele Bertinelli, al quale abbiamo chiesto di illu-strarci le tappe salienti di questo percorso che la cittadinanza si

appresta ad affrontare.

Sindaco, intanto faccia-mo un piccolo passo indie-tro e riavvolgiamo il nastro. Come nasce la candidatura di Pistoia a Capitale italia-

na della cultura, e come è maturata questa importante scelta?

Dobbiamo subito fare una do-verosa premessa: l’idea di presen-tarsi non è il principio, ma l’esito di un profondo lavoro, tutt’altro che improvvisato. L’amministra-zione comunale fin dal 2012, con la pubblicazione del piano di governo, ha tematizzato una strategia di riorientamento dello sviluppo del territorio ancorato alla cultura e al sapere, senza intendere questi ultimi come semplici valori astratti e generali sui quali modellare facili slogan, bensì come concreti vettori per una maggiore coscienza civile e identitaria della città. Vi è quin-di innanzitutto una matrice etica prima ancora che politico-istitu-zionale nel modo di concepire la cultura. Intorno a questa idea di fondo si sono andate a coa-gulare passo dopo passo tutte le principali istituzioni del territo-

Pistoia: i segreti di una capitaleIntervista al sindaco Samuele Bertinelli all’indomani della nomina a città italiana della cultura per il 2017

di Giacomo Bartolesi

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rio (dalla Diocesi alla Cassa di risparmio di Pistoia e della Luc-chesia, dalla Fondazione Cas-sa di risparmio alla Camera di commercio, oltre alla Provincia e alla Regione Toscana), ade-rendo a un’ipotesi che inizial-mente ai più sembrava onirica – nemmeno visionaria – e infine andando a costituire il dossier di Pistoia Capitale italiana del-la cultura che sarebbe stato poi presentato al Ministero dei beni culturali.

Particolarmente apprezza-to dalla commissione del Mi-nistero è stato il capitolo eco-nomico della candidatura, che sottolinea il principio di frugalità e sostenibilità delle iniziative messe in campo. Inoltre è previsto l’arrivo di circa un milione di euro per far fronte ad alcune spese. Come verrà utilizzato questo contributo?

La commissione ha conside-rato il dossier come il più solido dal punto di vista finanziario fra tutti quelli redatti dalle diverse città, e questo non deve stupire. Abbiamo presentato proposte che sono già integralmente fi-nanziate: 15 milioni di euro per la parte di investimento e 6 per la parte corrente, peraltro confer-mando un dato rimarchevole, e cioè che Pistoia ordinariamente investe in cultura più del doppio della media nazionale dei comu-ni. Dunque anche prescindendo dal milione di euro del Ministero siamo perfettamente in grado di realizzare le linee d’azione del dossier, e questo dimostra quan-to l’amministrazione creda nei progetti di valorizzazione cul-turale avviati: non è la gloria di qualche giorno o di un anno che ci interessa, ma dare continuità nel tempo.

Del budget messo a disposi-zione dal Ministero è stato inve-ce ipotizzato l’impiego del 12% circa al fine di coordinare stra-tegie di comunicazione e pro-

mozione di Pistoia, sia al livello dei singoli eventi in programma, sia con riferimento all’immagine unitaria della città. Tuttavia è un percorso ancora in fase di elabo-razione, e oltre a impegnarsi per tradurre fedelmente in pratica gli impegni assunti nel dossier non escludiamo di destinare le risorse rimanenti per andare ad arricchire l’offerta culturale della futura “Capitale italiana”. Nei prossimi mesi intendiamo delineare il programma detta-gliato anche in sede istituzionale, e quello sarà il momento in cui potremo rendicontare il budget in maniera chiara e puntuale.

Pistoia Capitale italiana della cultura potrà essere anche l’occasione per valo-rizzare esperienze culturali emergenti e rendere i citta-dini protagonisti. Scuole, insegnanti e alunni avranno la possibilità di un coinvolgi-mento diretto?

Questo è sicuramente il no-stro primo obbiettivo. Il princi-pio guida della nostra azione in generale, e della candidatura di Pistoia in particolare, è appun-to rendere più consapevole e orgogliosa la cittadinanza delle proprie tradizioni e del proprio patrimonio storico-artistico. I cittadini pistoiesi devono essere i primi attori di questa vicen-da, traducendo quel moto di orgoglio in una partecipazione collettiva alla vita culturale. È anche per questo che non ab-biamo indicato prima modalità concrete: perché vogliamo met-tere a sistema un coinvolgimen-to spontaneo del tessuto sociale che sappia alimentarsi giorno dopo giorno. Stiamo iniziando a determinare canali di relazione molteplici con il mondo e con il territorio, basti dire per esempio che già abbiamo ricevuto centi-naia di proposte di arricchimen-to del calendario, e le stiamo vagliando tutte. Immaginiamo strumenti snelli per rendere per-

manentemente partecipi i cit-tadini in varie forme, a partire da investimenti nei giovani: ab-biamo bisogno dell’intelligenza creatrice di ciascuno e di tutti. In particolare vorremmo inve-stire sulle nuove generazioni, in modo che possano irrobustire il loro legame con la città e fare esperienze professionali. Diffon-deremo luoghi aperti di discus-sione, cominciando dall’Area del Ceppo. Ci sarà sicuramen-te lo spazio per volontariato e associazionismo cittadino, che potrà ricollegarsi alla volontà di tenere aperti tutti i musei e tutti i sistemi bibliotecari e ar-chivistici durante l’intero anno, anche ampliandone gli orari di fruizione. Coinvolgere le scuole è parte integrante di questo pia-no, si pensi a ciò che già avviene con il Liceo artistico nel rappor-to col consorzio di promozione turistica del territorio. Ma non dimentichiamo altri attori: dal FAI al Touring Club, tutti sa-ranno chiamati a dare il proprio contributo ad un disegno che sicuramente andrà oltre il 2017.

Il punto fondamentale della candidatura di Pistoia sembra essere stato il suo orizzonte sostenibile, e so-prattutto la ferma volontà di proporre un modello di turi-smo che sappia valorizzare la realtà senza consumarla e corromperla. Nel dossier si parla di “schiudere il guscio della città facendo attenzione a non frantumarlo”, rifiutan-do in toto la trasformazione in un “conglomerato flut-tuante di turisti chiassosi e scomposti”. Rispondendo allo storico dell’arte Toma-so Montanari, che metteva in guardia proprio su que-sto rischio, lei stesso ha più volte fatto appello all’idea che la città debba “produrre conoscenza e non semplice apparenza”. Il significato del riconoscimento ottenuto da Pistoia trascende dunque la

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semplice dimensione locale. Cosa potrà lasciare Pistoia dopo il 2017? Potrà arrivare a farsi esempio di un rin-novato modo di intendere il rapporto tra turismo e cultu-ra?

Gli spunti posti da Montanari nel suo articolo [pubblicato su Repubblica, NdR] all’indomani della nostra nomina coglievano nel segno, e concordo piena-mente su questa linea. Peraltro lo stesso Montanari sarà a Pi-stoia nel corso dell’evento Leg-gere la città, occasione preziosa per approfondire il dialogo. Ad ulteriore dimostrazione che la riflessione intrapresa dall’am-ministrazione sul tema è perma-nente, e non abbiamo bisogno di attendere il 2017 per svilup-parla.

L’intuizione di fondo del ban-do ministeriale è un’intuizione che condividevamo, e per tale ragione abbiamo partecipato in-viando il dossier. In sostanza vi si richiamavano le medie e pic-cole città italiane a valorizzare le proprie peculiarità, superando la dimensione locale. Ma sulla riflessione che parte dall’iniziati-va voluta dal Ministero dei beni culturali saranno costrette a ci-mentarsi prima o poi anche tut-te le grandi città d’arte, che già cominciano a porsi il problema di filtrare e selezionare i flussi di un turismo di massa. Perché c’è

un limite fisico alla fruizione di spazi finiti nel corso del tempo. Questo consumo massificato per funzionare deve essere standar-dizzato ed omologato, e ciò fi-nisce per appiattire e snaturare il genius loci di ogni luogo, la sua identità. Inevitabilmente è un tipo di turismo che depreda un ambiente più di quanto non restituisca alla comunità. L’e-sperienza culturale alla quale vogliamo fare riferimento noi è di tutt’altro segno. Deve essere piuttosto quella di persone che consapevolmente vanno in un luogo, che vi si recano perché hanno imparato a riconoscerne le sembianze, e che sono inte-ressate ad alcuni specifici aspetti di quel territorio, al fine di spe-rimentarne il carattere di genui-nità di vita.

La cornice entro la quale agiamo è dunque certamente quella del lungo periodo. Non concepiamo una sequenza di accadimenti circoscritti che non lasciano traccia e che si consu-mano nel fulgore di un giorno, ma immaginiamo un lavoro di ricerca e produzione di attività intellettuali che concretamen-te possa allargare il perimetro dell’offerta culturale della città. E questo stabilmente. In tal sen-so più che il 2017 in sé ci interes-sa ciò che si innescherà a partire da questo momento, in una lo-gica di riorientamento del mo-dello di sviluppo che già stiamo

plasmando e che non dubitiamo possa lasciare una profonda te-stimonianza oltre i confini della città.

La cornice entro la quale agiamo è dunque certamente quella del lungo periodo. Non concepiamo una sequenza di accadimenti circoscritti che non lasciano traccia e che si consu-mano nel fulgore di un giorno, ma immaginiamo un lavoro di ricerca e produzione di attività intellettuali che concretamen-te possa allargare il perimetro dell’offerta culturale della città. E questo stabilmente. In tal sen-so più che il 2017 in sé ci interes-sa ciò che si innescherà a partire da questo momento, in una lo-gica di riorientamento del mo-dello di sviluppo che già stiamo plasmando e che non dubitiamo possa lasciare una profonda te-stimonianza oltre i confini della città.

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Una missione culturale ine-dita, ai limiti dell’immagi-

nario. Creare un vagone-teatro mobile in cui dare vita a spetta-coli e performance, legati a sto-rie di vita reale, lungo una delle più suggestive e antiche linee fer-roviarie italiane. La Porrettana. Primo collegamento transap-penninico fra nord e sud Italia, finito di realizzare nel 1864. 99 chilometri di binari, 47 gallerie, 35 tra ponti e viadotti. Scorci panoramici mozzafiato, fermate in mezzo ai boschi, stazioni ab-bandonate ormai da anni e cro-cevia di paesini di montagna che si stanno spopolando.

È da questo desiderio di ridare vita a un patrimonio inestima-bile e a un territorio che rischia di essere abbandonato, che Gli Omini – compagnia teatrale pistoiese formata da Francesco Rotelli, Francesca Sarteanesi, Giulia Zacchini e Luca Zacchi-ni – hanno dato vita a “Proget-to T”. Tre anni per mantenere in vita un Treno, un Territorio e la ferrovia Transappenninica, attraverso immagini, storie e protagonisti di quei luoghi che

prendono vita nei racconti tea-trali de Gli Omini, fino a dare vita a un vero e proprio vago-ne-teatro che porta in scena la Porrettana lungo i suoi binari.

Il progetto - prodotto dall’As-sociazione Teatrale Pistoiese, in collaborazione con Comune di Pistoia, Provincia di Pistoia, Centostazioni e Mibact – è par-tito nel 2015 con “Ci scusiamo per il disagio”. Spettacolo tea-trale ideato, scritto e portato in

scena da Gli Omini nel luglio dello scorso anno in un luogo suggestivo e praticamente sco-nosciuto alla città. L’area Depo-sito dei rotabili storici di Pistoia che, per dieci serate, ha fatto da cornice all’irriverente spetta-colo dedicato all’universo umi-le, spesso disagiato, ma a tratti esilarante che prende vita ogni giorno all’interno della stazione di Pistoia. Una realtà portata

in scena ai limiti del verosimile, ma fatta di storie e incontri veri. Così, grazie a Gli Omini, pen-dolari, studenti, lavoratori, bar-boni, piccioni, gente che passa le giornate a guardare i treni pas-sare e ad ascoltare la voce grac-chiante di Trenitalia che dal me-gafono “si scusa per il disagio” diventano protagonisti di assurdi dialoghi fra personaggi astrusi.

Il 2016 è invece l’anno in cui Gli Omini si dedicheranno a un’intensa attività di ricerca – che si svolgerà nel mese di aprile - che coinvolgerà diversi paesi della montagna pistoiese, e durante la quale le comunità montane, attraverso interviste, saranno coinvolte nel recupero di tradizioni culturali, letterarie, musicali.

“Eccetto Piteccio” sarà la pri-ma iniziativa della seconda fase di Progetto T 2016. Nella mat-tinata di domenica 8 maggio, dalla stazione di Pistoia partirà una corsa speciale della Porret-tana che porterà gli avventori nel paese di Piteccio – dove il treno ormai non ferma più da anni – e sarà organizzato un

Gli Omini e Progetto T

Quando il teatro si fa itinerante per salvare memorie e bellezze di luoghi in abbandono, lungo i binari della Porrettana

di Valentina Vettori

Nella mattinata di dome-nica 8 maggio, dalla sta-zione di Pistoia partirà una corsa speciale della Porrettana

Si ringrazia l’Associazione Teatrale Pistoiesefoto di Gabriele Acerboni

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pranzo al circolo Arci del pae-se, in collaborazione con la Pro loco. Ospite della giornata, il poeta e scrittore Paolo Albani. Una giornata simile sarà inve-ce organizzata domenica 12 lu-glio al Molino del Pallone, nel comune di Alto Reno Terme, in provincia di Bologna, con la collaborazione dell’associazione Sassi scritti, organizzatrice del festival di poesia “L’importanza di essere piccoli”.

Il lavoro di ricerca e rielabo-razione dei racconti raccolti nei paesi montani da Gli Omini ser-virà poi a dare vita a spettacoli teatrali di varia natura, pensati per essere realizzati all’interno di vagoni-treno e all’interno del-le stazioni della ferrovia Porret-tana.

L’intero progetto culminerà nello spettacolo “Una corsa spe-ciale” (anche se il titolo – come

spiega Luca Zacchini de Gli Omini – è ancora provvisorio) che dal 16 al 24 luglio andrà in scena nella suggestiva sta-zione ferroviaria del Castagno, in mezzo al bosco. Alle 20.30 dalla stazione di Pistoia partirà un treno speciale con a bordo musicisti che accompagneranno gli avventori fino alla stazione montana, dove ad attenderli ci sarà lo spettacolo teatrale de Gli Omini.

La vera e propria missione cul-turale ai limiti dell’immaginario, però, si realizzerà solo nel 2017, quando Progetto T - in colla-borazione con Ansaldo Breda, oggi Hitachi - darà vita al vero e proprio “vagone-teatro”. Uno spazio culturale itinerante, ispi-rato al Vagón del Saber. Proget-to nato dall’idea di un gruppo di architetti ecuadoregni, pensato come biblioteca e teatro mobile,

che si muove sulle linee ferrovia-rie.

E la nomina di Pistoia a capita-le italiana della cultura – auspi-cano Gli Omini – contribuirà a realizzarlo. Non a caso, Progetto T è una delle punte di diamante che l’amministrazione comuna-le ha inserito nelle 60 pagine di dossier con cui la città ha pre-sentato la propria candidatura al Ministero dei Beni e delle At-tività Culturali.

Con Gli Omini e Progetto T, dunque, gli spettacoli e la cul-tura si faranno itineranti, dando vita a una forma di teatro ine-dita, ai limiti dell’immaginario, in cui i protagonisti – oltre che i personaggi e le storie narrate - saranno anche suggestivi scorci e paesaggi e un patrimonio di bellezza inestimabile.

Si ringrazia l’Associazione Teatrale Pistoiesefoto di Serena Gallorini

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Michela Marzano, professo-ressa di filosofia all’Université Paris Descartes e scrittrice di romanzi e saggi – ultimo in or-dine di tempo “Papà, Mamma e Gender” – .

Lo Snodo l’ha intervistata per voi.

Professoressa Marzano, in che senso una città e un’am-ministrazione possono farsi promotori del dialogo tra generi? E quanto le politiche sociali possono contribuire a favorire questo dialogo?

Intanto organizzando eventi culturali come « Leggere la città » che permette proprio questo tipo di dialoghi, offrendo alla cit-tadinanza la possibilità di con-frontarsi su temi talvolta spinosi come il rispetto delle differenze e la promozione dell’uguaglianza. Poi, per quanto riguarda le po-litiche sociali, si tratta senz’altro di un elemento essenziale. Diffi-cile « dialogare » quando si pena ad arrivare alla fine del mese, quando una donna deve sce-gliere se occuparsi dei figli op-pure concentrarsi sulla propria carriera, quando non ci sono strutture tali che permettano di conciliare la vita privata con l’at-tività lavorativa.

Quanto e come il dialogo può influire sull’educazione al rispetto delle differenze di genere?

Credo che il rispetto inizi pro-pri quando si è capaci di dialo

gare. Ossia quando si riesce non solo a esporre il proprio punto di vista, ma anche ad ascoltare il punto di vista altrui. Purtroppo, quando non è disposti ad ascol-tare gli altri, ci si chiude e ci si ir-rigidisce. Come cerco di spiega-re nel mio ultimo libro, « Papà, Mamma e Gender », è sempre a partire dall’incontro delle dif-ferenze che si struttura la nostra identità, anche quella di genere. Ed è solo dialogando che si ri-esce a creare e a diffondere la cultura del rispetto e dell’ugua-glianza.

Ma su quale terreno e su quali valori può svilupparsi una città, una comunità, una società che abbia alla base inclusione e accettazione dell’altro?

La sfida di fronte alla quale ci si troviamo è quella di co-struire pian piano una società che sia capace di offrire a tutti possibilità concrete per realiz-zarsi agendo sull’integrazione e l’inclusione dei disabili, di chi ha origini etniche diverse, di chi è omosessuale, di chi è emargi-nato, con quelle famose “affer-mative actions” che dovrebbero permette alle minoranze e ai più svantaggiati di accedere alle stesse opportunità che hanno la maggioranza e i più abbienti. Condizione necessaria, questa, anche per il conseguimento de-gli obiettivi di crescita, occupa-zione e coesione sociale. Certo, la libertà d’azione non è mai assoluta. Promuovere la libertà individuale non significa per-mettere a chiunque di fare sem-

La cultura è dialogo, rispetto ed uguaglianzaIntervista alla filosofa e scrittrice Michela Marzano

di Valentina Vettori

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22 aprile - maggio 2016

pre qualunque cosa: la libertà è sottoposta a determinate regole, prima fra tutte il rispetto degli altri e della libertà altrui. Ma una volta chiarito questo, è poi necessario organizzare le con-dizioni adatte all’esercizio della libertà individuale, prima tra le quali l’uguaglianza. Se non si hanno gli stessi diritti – e se non si ha la possibilità materiale di farli valere – non si può essere liberi né di scegliere ciò che si vuole fare né di cercare di rea-lizzare ciò che si desidera in ac-cordo con le proprie differenze.

Che futuro vede rispetto all’accesso agli stessi diritti per tutte le persone?

Nonostante le grandi dichia-razioni di principio, l’Italia si trascina, tentenna, esita. Sono tantissime le persone che han-no avuto pazienza. E che di pa-zienza, però, oggi non ne han-no più. Perché non permettere agli omosessuali di sposarsi e di adottare? Perché deve esse-re sempre la magistratura, che si tratti della Corte Costituzio-nale o della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, a richiamarci

all’ordine ricordandoci che nel nostro Paese si continuano a discriminare le persone in base all’orientamento sessuale, al sesso, alla salute e via dicendo? Perché, quando si parla di diritti, c’è sempre qualcos’altro da fare, qualcos’altro di cui occuparsi, qualcosa di più urgente? Ci sono persone che aspettano da una vita di essere riconosciute per quello che sono e che, forse, ar-riveranno alla fine della propria vita senza aver ottenuto rispetto e riconoscimento.

Torna dal 27 al 29 maggio 2016 Pistoia - Dialoghi sull’uomo

Festival di antropologia del contemporaneopromosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia

e dal Comune di Pistoia, ideato e diretto da Giulia Cogoli.Gli incontri della settima edizione avranno come filo conduttore

“L’umanità in gioco. Società, culture e giochi”

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aprile - maggio 2016 23

Una scelta di LibertàL’ARCI ricorda e festeggia il 71^ anniversario della Liberazione dal nazifascismo

“Cittadini, lavoratori! Sciope-ro generale contro l’occupa-

zione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle no-stre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire”.

Fu Sandro Pertini, allora co-mandante del Comitato di Li-berazione Nazionale e qualche anno più tardi settimo Presiden-te della Repubblica, a procla-mare, con un messaggio radio, l’insurrezione di Milano contro l’occupazione nazifascista.

All’alba del 25 aprile 1945, in tutto il nord Italia era risuona-ta la parola d’ordine dell’insur-rezione (“Aldo dice 26x1”) e i gruppi partigiani scendevano nelle città, ingaggiando la bat-taglia con l’esercito tedesco e le milizie repubblichine, per porta-re a compimento la Liberazione del paese.

Anche Genova, in quelle stesse ore, veniva liberata e i partigia-ni, verso sera, costringevano i te-deschi alla resa incondizionata.

Fra loro, fra i protagonisti di quella giornata storica, si tro-vava anche Arrigo Diodati, partigiano comunista, per mesi detenuto e seviziato nel carce-re di Marassi e, a marzo, unico sopravvissuto (perché creduto morto dai tedeschi) dell’eccidio di Cravasco, in cui furono fucila-ti venti prigionieri politici.

“Un insieme di sensazioni si provano, anche contraddittorie; - racconterà qualche anno più tardi Diodati, in occasione di una commemorazione dell’ec-cidio - da una parte c’è l’effera-tezza di affrontare un plotone di

esecuzione, con la consapevo-lezza che metterà fine alla tua vita. Dall’altra c’è la forza che ti deriva dal pensiero di essere un partigiano, un volontario che ha compiuto la propria scelta di libertà”.

Proprio Arrigo Diodati, nel 1957, sarà poi uno dei fondato-ri dell’ARCI, di cui è stato Pre-sidente onorario fino al 2013, anno della sua scomparsa.

Diventando così, con il suo stesso impegno, straordinaria testimonianza di come la cul-tura, la condivisione del tempo libero, un’idea popolare di so-cialità, potessero affermare, in un paese che stava rinascendo, un diverso sistema di valori, un sentire comune radicalmente incompatibile con la violenza, le discriminazioni, i soprusi, le disuguaglianze della barbarie nazifascista.

Anche quest’anno, in occa-sione del 71^ anniversario del-la Liberazione, in tutti i circoli ARCI d’Italia e della provincia pistoiese saranno moltissime le iniziative per ricordare insieme e con allegria, come dev’essere in un giorno di festa, la Resisten-za, la Costituzione e quei valori, quella voglia di libertà e ugua-glianza, che sono, ancora oggi, un programma per il futuro.

“Nella notte ci guidano le stelle”: è questo il titolo

dell’edizione 2016 del pranzo in strada con cui in Porta al Borgo a Pistoia si festeggia ogni anno il 25 aprile.

di Mattia Nesti e Guendalina Ferri

Nella notte ci guidano le stelle: 25 Aprile in Porta al Borgo

“Il titolo viene proposto e vota-to dai soci del circolo – racconta il presidente del circolo Roberto Fusari - Quest’anno abbiamo scelto il verso di una famosa can-zone partigiana. E se vogliamo dargli una lettura tra le righe, la notte è il clima buio, di incer-tezza, che stiamo vivendo su più fronti; le stelle sono quei punti di riferimento, quei principi più alti ai quali dobbiamo sempre guardare per orientarci”.

La manifestazione, quest’anno, arriva così alla sua dodicesima edizione.

“Il pranzo del 25 aprile è sem-pre stato un appuntamento fisso, per il circolo di Porta al Borgo; – racconta Fabio Mei, fra i ragazzi che organizzarono la prima edi-zione in strada – i soci “storici” lo avevano sempre organizzato all’interno del circolo e quando, nel 2000, entrammo anche noi più giovani ci chiesero di portare avanti questo impegno.

All’inizio il pranzo veniva or-ganizzato nella corte interna, poi da qualche decina i parteci-panti sono diventati centinaia e a quel punto, nel 2004, si è deci-so di provare a spostare pranzo e musica in strada”.

Da allora ogni anno i soci del circolo scelgono il titolo da dare al pranzo, e tutti sono ricordati – a partire dal “Liberi di Resiste-re” del sessantennale della Libe-razione del 2005 – nelle locan-dine attaccate alle pareti della corte del circolo.

Oggi al pranzo e al concerto partecipano centinaia di perso-ne e, come sempre, tutto è orga-nizzato volontariamente dai soci del circolo, a cui si aggiungono ogni anno nuovi giovani.

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24 aprile - maggio 2016

Anche quest’anno, dopo il pranzo si alterneranno alcuni gruppi musicali: gli Stornelli Scordati, che porteranno ta-rantelle e pizziche tra i tavoli; la Underground Family Orchestra, The Magic Bones, il gruppo punk pratese dei KennyMuo-reSempre; e, infine, la Ho Chi Band (la band del circolo), che si esibirà in un tributo ad Enzo Jannacci.

Le attività e le iniziative del cir-colo Hochiminh durante l’anno, invece, le trovate sul sito www.hochiminh.it

10 anni di Sarà Banda per le vie di Pescia

Se, come cantava Gaber, “libertà è partecipazione”,

cosa ci può essere di meglio che festeggiare la Liberazione coin-volgendo un intero paese in uno spettacolo di musica e balli?

Questa è stata l’intuizione, die-ci anni fa, dell’associazione Lu-cignolo, che ha deciso di “por-tare la musica giù dal palco” per rendere il pubblico protagonista del concerto pesciatino del 25 aprile.

Da qui l’idea di uno spetta-

colo animato dalle street band, itinerante per le vie del paese, che mescola musica funky, jazz, blues e rock.

Proprio per l’occasione del de-cennale, quest’anno, torneranno tre delle migliori band che già negli anni passati avevano par-tecipato a Sarà Banda: Zastava Orkestar, Fantomatik Orchestra e Opus Band.

La manifestazione, organizza-ta in collaborazione con ARCI, ANPI e Comune di Pescia, è come sempre ad ingresso gratu-ito e prenderà il via alle 16 da tre diversi punti della città (indi-cativamente il Duomo, i giardini e Piazza Mazzini), con le street band che attraverseranno le vie del centro e si riuniranno, per lo spettacolo conclusivo, intorno alle 19.30 nella centrale Piazza Mazzini.

Tutte le iniziative dell’asso-ciazione Lucignolo, attiva tutto l’anno a Pescia negli spazi della “Fabbrica dell’Ossi” le trovate invece su

www.associazionelucignolo.it

Zastava Orkestar , con le radici ben piantate nell’Alta Maremma, la band unisce brani della tradizione popolare balcanica ad arrangiamenti e composizioni ori-ginali. Da sempre nelle strade più che sui palchi, gli spettacoli della Zastava coinvolgono il pubblico in una grande danza collettiva.www.zastavaorkestar.com;Fantomatik Orchestra , nata in Toscana nel 1993, nella sua lunga esperienza la Fantomatik Orchestra ha creato un repertorio assolutamente originale, suonan-do in molte città italiane e inter-nazionali e mescolando sonorità funky, soul e rhythm’n’blues con influenze etno, pop e dance.www.fantomatik.com;Opus Band , insolita confraternita di frati, capaci di dare una veste rock ai canti gregoriani e di por-tare l’elettrofunk in ambientazioni medievali, l’Opus Band offre un sorprendete spettacolo, tra il sacro e il profano, di musica e teatro di strada.www.streetband.it

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26 aprile - maggio 2016

eventi aprile maggio25 aprile 201671^ della Liberazione dal nazifascismo

Casa del Popolo di Bonelle | via Bonellina 235, Pistoiaore 9.00 42^ edizione della Maratonina del Partigia-noore 13.00 Pranzo socialeore 16.30 biciclettata fino al cippo di Montechiaroa seguire merenda offerta dai soci Coop Pistoia e dal Circolo ARCI “Bugiani”

Circolo ARCI Valdibrana “La Torre” | via dei Ciatti 3/b, Valdibrana (Pistoia)ore 17.00 Mostra fotografica: culture “resistenti” negli scatti di fotografi anarchici e rivoluzionariore 18.00 Parole e musica dalla Resistenza con il gruppo “Quei Due”ore 20.00 Cenainfo e prenotazioni: 3293522055 | [email protected]

Circolo ARCI “Garibaldi” | Corso Gramsci 52, Pistoiaore 15.30 Tombola sociale con omaggio di giornali e riviste commemorative

Casa del Popolo di Bottegone | via Fiorentina 697, Pistoiadalle 14.30 Pomeriggio danzanteingresso per soci ARCI | info: 3383863461

Circolo ARCI “Hochiminh” | Via Dalmazia, Pistoiaore 13.00 Pranzo in stradaore 16.00 Concertoinfo e prenotazioni direttamente al circolo, tel: 057320300

Circolo ARCI “Rinascita” | via Roma 38, Aglianaore 12.30 Pranzo per la Costituzioneinfo e prenotazioni: 0574751287 | 0574751122

Associazione ARCI Lucignolo | Pesciaore 16.00 10^ Sarà Bandamusica per le vie di Pescia con Zastava Orkestar, Fantomatik Orchestra e Opus Bandwww.associazionelucignolo.it

Circolo ARCI Cintolese - Caffè Michy | via Martin Luther King 22, Monsummano Termeore 16.00 Festa per bambini con musica, pizza e giochiinfo: 3346064200

1 maggio 2016 Festa dei Lavoratori

Circolo ARCI “Garibaldi” | Corso Gramsci 52, Pistoiaalle 9.30 il circolo partecipa al corteo di CGIL, CISL, UIL, con partenza alle 9.30 da via Pucciniore 15.30 Tombola sociale con offerta di schiacciata

Circolo ARCI “La Coppiola” | via Puccini 49, Pistoiaore 13.00 Pranzo del Primo Maggioaperitivo, bis di primi, secondo e contorno, acqua, vino, caffè - 18€info e prenotazione (obbligatoria): 0573368546 o 3397867196

Casa del Popolo di Bottegone | via Fiorentina 697, Pistoiaore 12.30 Pranzo socialeantipasto, bis di primi, secondo e contorno, dolce e bevande - 15€dalle 15.00 - pomeriggio danzante con balli e musica dal vivoprenotazioni (entro il 27/4): 3475067542 | 3383863461

Circolo ARCI Santomoro | via di Santomoro 162, Pistoiaore 13.00 Pranzo socialea seguire giro del paese con la musica della Banda Borgognoniinfo: [email protected]

Circolo ARCI Ponte a Bargi | via di Bargi 113, Pistoiaore 13.00 Pranzo del Primo Maggioinfo e prenotazioni: 0573570249

Circolo ARCI Valdibrana “La Torre” | via dei Ciatti 3/b, Valdibrana (Pistoia)ore 13.00 Pranzo socialea seguire concerto con musica dal vivoinfo e prenotazioni: 3293522055 | [email protected]

Circolo ARCI Massa “L.V. Giusfredi” | Piazza Cavour 3, Massa e Cozzileore 12.30 Pranzo del Primo Maggioinfo e prenotazioni: 057260190

Circolo ARCI Cozzile | via Francesco Martini 22, Massa e Cozzile42^ Sagra della bruschetta con aristainfo: 0572919041

Circolo ARCI Vellano | via del Convento 2, Vellano (Pescia)ore 13.00 Pranzo socialea seguire pomeriggio danzante con “Licio Ghera and friends”info e prenotazioni (entro il 26 aprile): 0572409101

Circolo ARCI Montale | via Martiri della Libertà 52, Montaleore 12.30 Pranzo sociale del Primo Maggioinfo e prenotazioni: 0573557027

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giovedì 21 aprile - ore 21.30“La spina della morte” (Giapp, 1990)di Kohei OguriCircolo Aziendale CRAL Breda | via Ciliegiole 77, Pistoiaingresso riservato soci ARCI e Cral | info: 0573370459

giovedì 5 maggio - ore 17presentazione del libro “Tiziano Terzani o la forza della Verità” di Gloria Germanicon l’autrice e Laura GianniniSala Bigongiari, Biblioteca San Giorgio | via Pertini, Pistoia

lunedì 2 maggio - ore 21.30“Birdman” (USA, 2014)di Alejandro González IñárrituCinema Roma - via Laudesi 6, Pistoiainfo: 05731873086

venerdì 22 aprile - ore 21.30“Fallo!” un omaggio a Lenny Bruce di Alessio MartinoliFondazione Luigi Tronci | corso Gramsci 37, Pistoiainfo: 3351616648 | FB: Dritto al cuore

giovedì 5 maggio - ore 21Orchestra Leonore, Fondazione PromusicaDaniele Giorgio (direttore), Rachel Harnisch (so-prano)Teatro Manzoni, Pistoia | info e prevedentie: 0573 991609/27112www.fondazionepromusica.it | ingresso ridotto soci ARCI

giovedì 5 maggio - ore 21Orchestra Leonore, Fondazione PromusicaDaniele Giorgio (direttore), Rachel Harnisch (so-prano)Teatro Manzoni, Pistoia | info e prevedentie: 0573 991609/27112

venerdì 6 maggio - ore 21Ieri mi sposo?scritto e diretto da Lorenzo PratesiTeatro Cinema Moderno | piazza Gramsci, Aglianainfo e biglietti: 3922176531 | [email protected] | ingresso ridotto soci ARCI

venerdì 6 maggio - ore 21.30Simposio e lettura collettiva dal libro “L’azione perfetta”di Giuliano ScabiaFondazione Luigi Tronci | corso Gramsci 37, Pistoiainfo: 3351616648 | FB: Dritto al cuoredomenica 8 maggio - ore 17“Alla ricerca delle mura perdute”percorso in bici a Pistoiaorganizzato da AVIS Pistoiainfo e prenotazioni: 057323765 | www.avispistoia.it

martedì 26 aprile - ore 21Una piccola impresa meridionaledi Rocco Papaleo e Valter LupoFrancesco Accardo (chitarra), Jerry Accardo (per-cussioni), Guerino Rondolone (contrabbasso), Arturo Valiante (pianoforte)Teatro Comunale | via della Costituzione 11, Lam-porecchioinfo e biglietti: 3339250172 | www.teatridipistoia.it

giovedì 28 aprile - ore 17presentazione del libro “Madamadorè. Storie per figlie che sanno” di Cristina Biagicon l’autrice e Stefania BertiSaletta incontri Ufficio Cultura | via Sant’Andrea 16, Pistoia

giovedì 28 aprile - ore 21.30“I figli del generale MacArthur” (Giapp, 1984)di Masahiro ShinodaCircolo Aziendale CRAL Breda | via Ciliegiole 77, Pistoiaingresso riservato soci ARCI e Cral | info: 0573370459

giovedì 28 aprile - ore 21.30 e venerdì 29 aprile - ore 22“The Lesson - Scuola di vita” (Bulgaria, Grecia, 2014)di Kristina GrozevaCinema Olimpia - via Primo Maggio 45, Margine Copertaingresso ridotto soci ARCI

sabato 30 aprile – dalle ore 18Giornata in memoria di Pio La Torre – incontro sui beni confiscati alle mafie nella nostra provincia e il loro riutilizzo sociale a seguire aperitivo della “vita-mina L” e alle 20 cena della legalità con i volontari dei campi antimafieCircolo ARCI Valdibrana “La Torre”via dei Ciatti 3/b, Valdibrana (Pistoia)info e prenotazioni: [email protected] 30 aprile - ore 22 e domenica 1 maggio - ore 21.30“Fuocoammare” (It, Fr, 2016)di Gianfranco RosiCinema Olimpia - via Primo Maggio 45, Margine Copertaingresso ridotto soci ARCI

domenica 8 maggio - ore 21Jordi Savall, Dimitri Psonis e Pedro Estevanstagione musica da cameraSaloncino della Musica, Palazzo de’ Rossi | via de’ Rossi, Pistoiainfo www.fondazionepromusica.it | ingresso ridotto soci ARCI

giovedì 12 maggio - ore 17presentazione del libro “Il sogno di Rodo” di Giuseppe Brunicon l’autore, Angela Nisticò e Beatrice PapiSaletta incontri Ufficio Cultura | via Sant’Andrea 16, Pistoiavenerdì 20 maggio - ore 17presentazione del libro “Picarina” di Alida Pellegrinicon l’autrice, Enzo Filosa e Giampiero GiampieriSala Bigongiari, Biblioteca San Giorgio | via Pertini, Pistoiavenerdì 20 maggio - ore 21.30Incontro sul racconto teatrale ed interventi teatrali con Elisabetta SalvatoriFondazione Luigi Tronci | corso Gramsci 37, Pistoiainfo: 3351616648 | FB: Dritto al cuore

sabato 21 maggio - ore 17Note donate al San JacopoThe Glorious Sound of Brass | Pistoia Brass Consortdirettore Manolo Nardi - capolavori del Rinascimen-to e del BaroccoOspedale San Jacopo | ingresso libero

sabato 21 maggio - ore 18Aïghetta Quartett (chitarre)stagione musica da cameraSaloncino della Musica, Palazzo de’ Rossi | via de’ Rossi, Pistoiainfo www.fondazionepromusica.it | ingresso ridotto soci ARCIdomenica 22 maggio - ore 21(S)Legatidi Jacopo Bicocchi e Mattia Fabrismusiche Sandra Zoccolan | compagnia Teatro RinghieraTeatro Mascagni | via delle Corti 57, Popiglioinfo e biglietti: 0573622114 | www.teatridipistoia.itmartedì 24 maggio - ore 17presentazione del libro “Una montagna di pietra e di legno” a cura di Renzo Zagnonicon l’autore e Elena VannucchiSala Bigongiari, Biblioteca San Giorgio | via Pertini, Pistoia“Leonardo 1516”, con il messaggero di pace Marino Curnisin viaggio a piedi da Roma ad Amboise sulle orme di Leonardo da Vinci

venerdì 27 maggio – ore 20cena con prodotti bio a km 0 – a seguire osservazio-ne astronomica con telescopio

sabato 28 maggio – ore 20cena con piatti poveri della cucina rinascimentalea seguire “ArteFatti”, concerto di musica medievale e rinascimentaleCircolo ARCI Valdibrana “La Torre” | via dei Ciatti 3/b, Valdibrana (Pistoia)

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28 aprile - maggio 2016Pistoia

Dalla tenda alla casa dei popoliIl ruolo che l’Arci può assumere nella delicata fase che il Paese sta attraversando è fondamentale per un riscatto culturale al conformismo nichilista ormai dilagante. In anni caratterizzati da profondi cambiamenti economici e sociali, i 125 circoli pi-stoiesi possono essere qualcosa in più di bar o stanze riscaldate dove svolgere attività. Nel solco delle Società di Mutuo Soccorso di fine ‘800 e dei circoli operai soppressi dal Ventennio, il par-tigiano (e fondatore) Arrigo Diodati immaginò l’associazione come una tenda da campeggio accogliente e inclusiva: così per tutti gli anni ’50 la tenda usata nelle escursioni fu il simbolo fon-dante dell’Associazione Ricreativa Culturale Italiana. Poi venne-ro le grandi Case del Popolo, costruite con i sacrifici e gli ideali di tanti compagni che volevano dare solide fondamenta di cemen-to armato all’educazione popolare dei più deboli, al futuro della classe lavoratrice. Questi colossi hanno rappresentato delle vere e proprie Agorà contemporanee dove ritrovarsi, divertirsi e ap-prendere insieme. Sono passati decenni, altri muri sono crollati, nuove motivazioni sono arrivate ma per molti circoli sono com-parse incertezze circa le risposte da dare alle istanze dei soci, ai bisogni dei giovani, alle richieste dei nuovi cittadini. Nuovi cittadini ne sono sempre arrivati: famiglie di lavoratori aretini negli anni ’60, del mezzogiorno negli anni ’70, dell’Albania ne-gli anni ’90. Così i circoli sono sempre stati luogo di socialità e integrazione, luogo di frontiera dove le comunità si possono confrontare. Il successo di tale confronto è stato però inversa-mente proporzionale alla distanza di provenienza e al benessere economico che godiamo, per cui oggi – con migranti provenienti da tutto il mondo e una crisi dilaniante – abbiamo la massima distanza raggiunta tra questi e le comunità locali. Le attività di accoglienza e integrazione che vengono promosse, cui fanno ri-ferimento gli articoli che seguono, servono fondamentalmente ad abbattere il velo di incomunicabilità che genera la paura del diverso. I circoli sono un valore sociale aggiunto che permet-te di divertirsi uscendo dall’alienazione del salotto e con pochi euro vedere un film, ascoltare buona musica, ballare o frequen-tare un corso. I circoli sono un valore sociale aggiunto se però promuovono anche l’integrazione, se coinvolgono le comunità migranti che risiedono nella frazione del circolo, se organizza-no progetti ed eventi che possano portare ad avere consiglieri o presidenti di altre nazionalità, se – in sintesi – si trasformano in vere e proprie “Case dei Popoli” che diano accoglienza e creino ponti di comunicazione tra culture. L’Arci ha sempre costruito tende di mille forme e colori, oggi ha il difficile ma indispensa-bile compito di costruire ponti tra comunità per unirle… altri-menti il patrimonio associativo immenso, costruito in decenni, rischia di non durarne altrettanti.Buona Liberazione! Buon Primo Maggio!

Federico Tasselli, presidente provinciale ARCI Pistoia