Lo sfortunato amore di Piramo e Tisbe - HUB Campus · Ovidio. Il legame con il tema unificante...

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    Ovidio

    Lo sfortunato amore di Piramo e Tisbe(Metamorfosi, 4, vv. 55-64, 91-166)

    La storia dello sfortunato amore fra due giovani babilonesi, Piramo e Tisbe, è narrata in una sezione delle Metamorfosi dedicata all’istituzione del culto di Bacco in Beozia: il racconto è af-fidato a una delle Mineidi (le figlie di Minia, re di Orcomeno), nemiche del dio, in una pausa dell’azione principale, secondo la tecnica del «racconto a cornice», assai amata e sfruttata da Ovidio. Il legame con il tema unificante della metamorfosi è abbastanza labile e riguarda la tra-sformazione del colore dei frutti del gelso, a seguito della morte di Piramo, da bianco in nero (vv. 125-127); in realtà si tratta soprattutto della delicata storia di un amore difficile e sventura-to, un tema di primaria importanza nelle Metamorfosi.

    metro: esametri

    55 PyramusetThisbe,iuvenumpulcherrimusalter, altera,quasOrienshabuit,praelatapuellis, contiguastenueredomos,ubidicituraltam coctilibusmuriscinxisseSemiramisurbem. Notitiamprimosquegradusviciniafecit,60 temporecrevitamor;taedaequoqueiurecoissent,

    vv.55-58Pyramus … urbem:Pyra-mus … puellis:«PiramoeTisbe,unoilpiùbellodeigiovani,l’altralapiùammiratafralefanciullecheebbel’Oriente»;praelata,participioper-fettodipraefero,valepropriamen-te«preferitaa»(+dativo).•tenuere:«abitavano»,IIIpersonapluraledelperfetto indicativo con desinenza

    in-ere (comepoivetuere epotuere alv.61).•ubi … urbem:Semiramideè la leggendaria regina assira allaquale era attribuita, fra l’altro, lacostruzionedellegiganteschemuradiBabilonia,cittàdovesisvolgelavicenda;coctilibus, «fattidimatto-ni cotti», quindi «di terracotta», èaggettivoraroetecnico(dacoquo),

    siriferisceaimattoniditerracottaconcuieranocostruitelemura.vv. 59-60 Notitiam … coissent:Notitiam … fecit: «La vicinanzarese possibile la conoscenza e iprimi approcci»; primos gradus sononaturalmente «iprimipassi»dell’amore.•taedae … coissent:«sisarebberouniti anche in legittimo

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    sedvetuerepatres;quodnonpotuerevetare, exaequocaptisardebantmentibusambo. Consciusomnisabest,nutusignisqueloquuntur, quoquemagistegitur,tectusmagisaestuatignis. […]91 Pactaplacent;etluxtardediscederevisa praecipitaturaquis,etaquisnoxexitabisdem: callidapertenebrasversatocardineThisbe egrediturfallitquesuosadopertaquevultum95 pervenitadtumulumdictaquesubarboresedit: audacemfaciebatamor.Veniteccerecenti caedeleaenaboumspumantesoblitarictus, depositurasitimvicinifontisinunda; quamproculadlunaeradiosBabyloniaThisbe100 viditetobscurumtimidopedefugitinantrum, dumquefugit,tergovelaminalapsareliquit. Utleasaevasitimmultaconpescuitunda,

    matrimonio»; iure, ablativo stru-mentale,indicaillegittimovincolomatrimoniale; la taeda (propria-mente «torcia») è comune meto-nimia per indicare il matrimonio,derivante dall’uso romano di ac-compagnare con fiaccole il corteonuziale.vv. 61-62quod … ambo: «ciò chenon poterono impedire, ardeva-no entrambi, vinti nell’animo daun’eguale passione»; ex aequo èlocuzione avverbiale nel senso diaequaliter («ugualmente»);captis … mentibus,piuttostochecomeabla-tivoassoluto,puòessereforseinte-socomeablativolocativochedefi-niscelospaziointerioredell’intesafra i due amanti («ardevano nellementiprese»dall’amore).vv. 63-64Conscius … ignis: «Nonc’è nessun confidente (conscius),si parlanoa gesti e segni, e il fuo-co coperto (tectus), quanto più ècoperto, tanto più divampa»; con-scius è qui usato insolitamentecome sostantivo (il «confidente» èunafiguratradizionalenellestoried’amoreclandestino);quoque (=et quo) introduce il primo membrodiuna comparativaproporzionale(«quantopiù»),senzaesseresegui-tonel secondomembrodal corre-lativoeo.vv.65-90 (riassunto) PiramoeTi-

    sbetrovanoilmododicomunicareattraverso un foro nascosto nellaparete che divide le loro case; ungiorno, attraverso questa fessura,decidono di incontrarsi la nottesuccessiva, clandestinamente, fuo-ricittà,sottoungelsodallebacchebianche, presso il sepolcro del reNino.vv. 91-92Pacta … ab isdem: «Laproposta piace; e la luce del gior-no, che sembraallontanarsi lenta-mente, si immerge nelle acque, elanotteescedallestesseacque»;ècomunenellapoesiaantical’imma-ginedelgiornoodellanottechesiimmergono nelle acque dell’Ocea-nooemergonodaesse.•praecipita-turaquis: praecipitorhaquivaloremediale(«siimmerge»);aquisèunesempio del cosiddetto «dativo dimovimento»(usatoinluogodiin +accusativo).vv. 93-96callida … amor: ordinaThisbe callida, versato cardine, per tenebras egreditur fallitque suos adopertaque vultum pervenit ad tumulum et sub dicta arbore sedit: amor (eam) faciebat audacem. •versato cardine: ablativo assoluto;indicapropriamente il ruotaredelbattente della porta sul cardine. •vultum: accusativo di relazione indipendenza dal participio perfettoadoperta. • sedit: dopo la serie dei

    presenti storici precedenti, è per-fetto(dasido,«misiedo»,enondasedeo,«stoseduto»).vv. 96-98 Venit … unda: ordinaEcce venit leaena oblita spumantes rictus recenti caede boum, depositu-ra («aplacare»)sitim in unda vicini fontis; il participio perfetto oblita,daoblino («macchiare»,«imbratta-re»),reggel’accusativodirelazionespumantes … rictus; l’ablativo re-centi caede è strumentale retto daoblitaoppure,secondoaltri,dipro-venienzasenzapreposizione(«vie-nedaunarecentestragedibuoi»).vv.99-101quam … reliquit:quam … vidit:«dalontano(la)videairaggidellalunaTisbe,lafanciulladiBa-bilonia»; Babylonia,epitetoesorna-tivo, superfluoper il senso, indicaconun toccodi esotismo lapatriaorientalediTisbe.•et obscurum … reliquit:ordinaet timido pede fugit in obscurum antrum, dumque fugit, velamina reliquit lapsa tergo;l’abla-tivotergoèrettodalapsa («scivola-todallespalle»);velaminaèpluralepoetico.vv.102-104Ut lea … amictus:or-dinaUt saeva lea sitim multā undā conpescuit, dum redit in silvas, ore cruentato laniavit tenues amictus, forte inventos sine ipsa (lett.:«senzadilei»,cioèsenzaTisbe).•lea:for-mapoetica chealterna, ancheper

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    dumreditinsilvas,inventosfortesineipsa orecruentatotenueslaniavitamictus.105 Seriusegressusvestigiaviditinalto pulverecertaferaetotoqueexpalluitore Pyramus;utverovestemquoquesanguinetinctam repperit,«unaduos»inquit«noxperdetamantes, equibusillafuitlongadignissimavita;110 nostranocensanimaest.Egote,miseranda,peremi, inlocaplenametusquiiussinoctevenires necpriorhucveni.Nostrumdivellitecorpus etscelerataferoconsumitevisceramorsu, oquicumquesubhachabitatisrupe,leones!115 Sedtimidiestoptarenecem».VelaminaThisbes tollitetadpactaesecumfertarborisumbram, utquededitnotaelacrimas,deditosculavesti, «accipenunc»inquit«nostriquoquesanguinishaustus!» quoqueerataccinctus,demisitiniliaferrum,120 necmora,ferventimoriensevulneretraxit etiacuitresupinushumo:cruoremicatalte, nonaliter,quamcumvitiatofistulaplumbo

    ragionimetriche,conlapiùcomu-ne leaena (usata al v. 97). • inven-tos:participiocongiuntodiamictus (pluralepoeticocheindicailvelodiTisbe,comepoialv.107vestem).vv. 105-107 Serius … Pyramus:«Piramo, uscito più tardi, videnell’alta polvere le inconfondibili(certa)ormediunabelvae impal-lidì in tutto il volto»; serius, «piùtardi»,ovviamenterispettoaTisbe;toto … oreèablativodilimitazione.vv.107-110ut vero … anima est:«non appena trovò anche il velomacchiato di sangue, “Una stes-sa notte” dice “vedrà morire dueamanti, fra iquali lei fu lapiùde-gnadiunalungavita:lamiaanimaè colpevole”»; e quibus ha sensopartitivo; longa … vita è ablativorettodadignissima.•nostra … ani-ma:inopposizioneconilla delver-soprecedente,èunaperifrasicorri-spondenteaunpronomediprimapersona singolare (ma il termineanima,«soffiovitale»,èappropria-toinuncontestochepreludealsui-cidio).vv.110-112Ego … veni:ordinaEgo peremi te, miseranda, (ego) qui iussi (ut) nocte venires in loca plena me-tus;iussi reggedirettamenteilcon-

    giuntivo venires (la prosa classicausa solitamente la completiva conl’infinitoel’accusativodellaperso-na oggetto del comando, più rara-mentelacostruzioneconut /ne+ilcongiuntivo).•nec … veni:«nésonovenutoquiperprimo».vv. 112-115 Nostrum … necem:Nostrum … morsu:ordinaDivellite nostrum corpus et consumite sce-lerata viscera fero morsu;nostrum equivale ancora a un pronomepossessivo di I persona singolare(comedinuovoalv.118). •o … le-ones!:«oleoni,quantiabitatesottoquestarupe!».•Sed … necem:timidi ègenitivodipertinenza;optare in-dicaquiillimitarsiadesiderarelamorte,senzaanchedarsela.vv.115-118Velamina … haustus!:«RaccoglieilvelodiTisbeeloportaconséall’ombradell’alberoconve-nuto, e dopo aver versato lacrimeeimpressobacisullavestealuifa-miliare (notae), “bàgnati ora” dice“anchedelmiosangue!”».•Thisbes:genitivodi formagreca. •notae … vesti:ildativodipendesiadadedit lacrimas sia da dedit oscula (è lafigura dell’apò koinù, in greco «incomune»,per laqualedueespres-sioni hanno, appunto, in comune

    unostessoelemento).•haus tus:so-stantivo verbale dahaurio («attin-gere»,«cavare»),indicai«fiotti»disanguecavatidallaferita(accipe … haustus, lett.: «ricevi i fiotti anchedelmiosangue»).vv.119-121quoque … humo:quo-que (=et quo): ilpronomerelativosiriferisceaferrum:lett.:«laspadaconlaqualeeracinto».•nec mora (sott. est): lett.: «non c’è indugio»,in collegamento paratattico conl’enunciatoprincipalerisultadifat-toequivalenteaunavverbio(«sen-zaindugio»):èuntrattovistosodel-lostileepico(frequenteinVirgilio).•humo: ablativo di stato in luogo,invece del più consueto locativohumi.vv. 121-124 cruor … rumpit: «ilsangue sprizza in alto, non diver-samente da quando, logoratosi ilpiombo,untubo(fistula)sifendeedaun sottile foro sibilante espellelunghi getti d’acqua, e prorompein aria con i suoi colpi»; la simili-tudineparagonailfiottodisangueallospruzzoprodottodallarotturadi una fistula, un tubo di piombocomune negli acquedotti romani.• vitiato plumbo: ablativo assolutoche esprime la causa del fenome-

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    scinditurettenuistridenteforaminelongas eiaculaturaquasatqueictibusaërarumpit.125 Arboreifetusadsperginecaedisinatram vertunturfaciem,madefactaquesanguineradix purpureotingitpendentiamoracolore. Eccemetunondumposito,nefallatamantem, illareditiuvenemqueoculisanimoquerequirit,130 quantaquevitaritnarrarepericulagestit; utquelocumetvisacognoscitinarboreformam, sicfacitincertampomicolor:haeret,anhaecsit. Dumdubitat,tremebundavidetpulsarecruentum membrasolumretroquepedemtulitoraquebuxo135 pallidioragerensexhorruitaequorisinstar, quodtremit,exiguacumsummumstringituraura. Sedpostquamremoratasuoscognovitamores, percutitindignosclaroplangorelacertos etlaniatacomasamplexaquecorpusamatum140 vulnerasupplevitlacrimisfletumquecruori

    no descritto. • tenui … foramine:ablativo indipendenzadaeiacula-tur («espelle»), che indica l’originedelmovimento. •aëra rumpit: conquestonessopiuttostoaudace(lett.:«rompe,taglial’aria»)Ovidiovuoleesprimere l’idea del violento pro-romperedell’acquanell’aria.vv.125-127Arborei … colore: or-dina Arborei fetus («bacche») in atram faciem vertuntur adspergine caedis, et radix, madefacta sangui-ne, tingit pendentia mora purpureo colore. • arborei: aggettivo raro epoeticochecorrispondeaungeni-tivoarboris. •adspergine: ablativodi causa; è anch’esso un terminepiuttostoraro(daaspergo:«spruz-zo»,«aspersione»)ereggeilgeniti-vocaedis(dalsensometonimicodi«sangue»).vv. 128-130 Ecce … gestit: «Eccoche,nonancoradeposto il timore,per non deludere l’innamorato,essa (Tisbe) torna indietro e cer-ca il giovanecongliocchiecon ilcuore, e smania (gestit) di raccon-tare quali grandi pericoli (quanta)hascampato».•fallat: significaqui«deludere», nel senso di «manca-reall’impegno»(inquestocasounappuntamento). • oculis animoque requirit: tipico esempio di sillessi,

    unafiguraretoricapercuiunsoloverbo regge due termini semanti-camente non omogenei (qui ocu-lis, ilterminepropriodirequirit,eanimo).•vitarit:formasincopatadivitaverit.vv.131-132utque … sit:«ericono-scesìilluogoe,alvederlo,laformadell’albero(lett.:laformanell’albe-rodaleivisto),mailcoloredeifrut-ti la rende incerta:dubita (haeret)sesiaquello»;nellacorrelazioneut … sic il primo membro ha valoreconcessivo («sebbene»), mentre ilsecondo avversativo («tuttavia»);si tratta di una struttura rara inpoesia, attestata solo in Ovidio. •haeret: dal suo valore proprio di«rimanere attaccato, impigliato»,passaal significatodi «essereper-plesso»,quindi «dubitare» (costru-ito con un’interrogativa indirettaintrodottadaan).vv.133-136Dum dubitat … aura:Dum dubitat … tulit: ordina Dum dubitat, videt tremebunda membra pulsare cruentum solum, retroque tulit pedem;ilverbopulsare,unfre-quentativodipello(«battere»,«cal-pestare»), è transitivo e ha comeoggettosolum;quidescriveglispa-simieisussultisullaterradelcor-poagonizzantediPiramo.•oraque

    … aura:«ecolvoltopiùpallidodelbosso rabbrividì (exhorruit) come(instar) il mare, che s’increspaquandolasuasuperficie(summum)è sfiorata da una brezza leggera»;ora è un plurale poetico retto dalparticipio gerens (lett.: «portandoil volto»);buxo è ablativo di para-gone: ilbossoèun legnodal colo-re giallognolo, consueto terminedi confronto per il pallore; instarèunaparola indeclinabileche,ac-compagnatadalgenitivo,haspessofunzione di preposizione («come»,«asomiglianzadi»);summumèpre-dicativodelsoggettoaequor.vv. 137-141 Sed postquam … mi-scuit:postquam … lacertos:ordinapostquam, remorata, suos amores cognovit, percutit claro plangore indignos lacertos; indignos ha quiil senso di «immeritevole» (di es-serecolpito),quindi«incolpevole»,«innocente»;l’ablativostrumentaleclaro plangoreesprimeilsuonodel-le percosse. • et laniata … miscuit:«e strappandosi i capelli eabbrac-ciandoilcorpoamato,riempìlafe-ritadilacrimeemescolòilpiantoalsangue»; comas èaccusativodire-lazionerettodalparticipioperfettolaniata; vulnera è plurale poetico,comealversosuccessivovultibus.

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    miscuitetgelidisinvultibusosculafigens «Pyrame»,clamavit«quistemihicasusademit? Pyrame,responde!tuate,carissime,Thisbe nominat:exaudivultusqueattolleiacentes!».145 AdnomenThisbesoculosiammortegravatos Pyramuserexitvisaquerecondiditilla. Quaepostquamvestemquesuamcognovitetense viditeburvacuum,«tuatemanus»inquit«amorque perdidit,infelix!estetmihifortisinunum150 hocmanus,estetamor:dabithicinvulneravires. Persequarextinctumletiquemiserrimadicar causacomesquetui;quiqueamemorterevelli heusolapoteras,poterisnecmorterevelli. Hoctamenamborumverbisestoterogati,155 omultummiserimeusilliusqueparentes, utquoscertusamor,quoshoranovissimaiunxit, conponitumulononinvideatiseodem. Attu,quaeramisarbormiserabilecorpus nunctegisunius,moxestecturaduorum,160 signatenecaedispullosqueetluctibusaptos semperhabefetus,geminimonimentacruoris».

    vv.141-144et gelidis … iacentes!:ordina et figens oscula in vultibus gelidis clamavit: «Pyrame, quis ca-sus te ademit mihi? Pyrame, respon-de! Tua Thysbe, carissime, te nomi-nat(«tichiama»).•exaudi … iacen-tes!: «ascoltami e solleva il voltochegiaceaterra!».vv.145-146Ad nomen … illa: «Alnome di Tisbe Piramo alzò gli oc-chigiàgravatidallamorte,edopoaverlavistalirichiuse»;ilsintagmaad nomen qui esprime l’idea dellacoincidenzaconunpuntoneltem-po; Thisbes è ancora forma grecadel genitivo; visa … illa è ablativoassoluto.vv.147-150Quae … vires:Quae … vacuum: Quae riprendeilla (cioèTi-sbe),checoncludevailversoprece-dente;enseèablativodiprivazionerettodavacuum;eburdesignapro-priamente «l’avorio»di cui è fattalaguaina(sitrattacioèdiuname-tonimia).•est et mihi … vires:«maanch’iohounamano,fortesoltantoper questo, anch’io ho un amore:questomidaràlaforzapercolpir-mi»; mihi è dativo di possesso; in

    hoc unum è complemento con va-lorefinale indipendenzada fortis (ripresopoidain vulnera).vv. 151-153 Persequar … revelli:«Ti seguirò nellamorte, e, sventu-rata, sarò detta causa e compagna(comes) della tua morte; e tu chepotevi essermi, ahimè, strappato(revelli)dallasolamorte,nemmenodalla morte potrai essermi strap-pato»; extinctum è concordato conl’oggettosottintesote (lett.:«seguiròtemorto»);miserrimaè daintende-recomepredicativodelsoggettoTi-sbe,piuttostocheattributodicausa;a meèablativodiseparazione.vv. 154-155Hoc tamen … paren-tes:«“Etuttavia,omoltosventuratigenitori,mioesuo,accoglietealme-nodalleparoledientrambiquestapreghiera”»;hoc, proletticodell’og-getto della preghiera, è ripreso ereso esplicito dalla completiva ut … invideatis deivv.156-157.•estote rogati: lett.:«siatepregati»,èformaparticolarmentesolennediimpera-tivo passivo, espresso con il parti-cipioperfettoeleformedell’impe-rativofuturoesto/estote.•parentes:

    ilpluraleindicaisolipadrideiduegiovani (da qui il singolare meus,coordinatoconilgenitivoillius).vv. 156-157 ut … eodem: «colo-rocheunamoresaldo,colorochel’ora estrema (novissima) unì, nonimpedite che siano composti nellostesso sepolcro»; nella completivanegativa introdotta da rogo notal’uso diut … non in luogo del piùcomunene;tumulo … eodemèabla-tivodiluogosenzapreposizione.vv.158-161 At tu … cruoris:At tu … duorum:ordinaAt tu, arbor quae nunc ramis tegis corpus miserabile unius, mox es tectura (corpora) duo-rum; quae … arbor è un’anastrofe(il vocativo è così posto all’internodella relativa). • signa … cruoris:«conservaisegnidellanostramorte(caedis)esempreabbifruttiscurieadattiallutto,aricordodelsanguedinoidue»;pullos indicauncolorescuro, tradizionale segno di lutto;luctibus è plurale poetico; l’espres-sione gemini monimenta cruorissignifica lett. «ricordo del duplicesangue»,maforsecruor èdainten-derecomemetonimiaper«morte».

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    Dixitetaptatopectusmucronesubimum incubuitferro,quodadhucacaedetepebat. Votatamentetigeredeos,tetigereparentes:165 namcolorinpomoest,ubipermaturuit,ater, quodquerogissuperest,unarequiescitinurna.

    vv.162-163Dixit … tepebat:«Cosìdisse,e,puntatasilaspadasulbas-sodelpetto,silasciòcaderesull’ar-ma,cheancoraeratiepidadelsan-gue(diPiramo)».•aptato … mucro-ne: ablativo assoluto («applicata,puntatalaspada»:reggesub imum pectus);mucro èpropriamente «lapunta», ma può indicare per si-

    neddoche l’intera arma. •a caede: la preposizione indica verosimil-mente che l’espressione vuole sot-tolinearelaprovenienzadeltepore(caedes vale come metonimia per«sangue»).vv. 164-166Vota … urna: tetigere (= tetigerunt): «toccarono», dettodellepreghiere(vota).•nam … ater:

    «infatti ilcolorenei frutti,quandomaturano, è scuro»;permaturuit èil perfetto del rarissimo verbo in-coativo permaturesco, con valoredi perfetto di consuetudine («ognivoltache…»).•quodque … urna:«eciòcherestadei lororoghi,riposainunastessaurna».

    Guida alla lettura

    STRUTTURA Una storia lineare La struttura della storia è molto lineare. La prima parte (vv. 55-64) è de-dicata alla presentazione dei due protagoni-sti (i cui nomi sono dati nel primo emistichio) e della loro eccezionale bellezza, con gli ante-fatti della vicenda (la nascita dell’amore fra i due, favorito dalla vicinanza delle loro case, e il divieto opposto dai genitori, che li costringe a una relazione clandestina).

    La tragica notte: un dramma che si arti-cola in tre atti Dopo la descrizione dei col-loqui furtivi attraverso la fessura nel muro e dell’accordo per l’appuntamento notturno (vv. 65-92), segue il racconto della notte fata-le e dell’equivoco che dà luogo alla tragedia, che costituisce il nucleo centrale della storia. La narrazione si divide in tre parti, illuminan-do separatamente e alternativamente i due giovani protagonisti:

    Tisbe incontra la leonessa (vv. 93-104)

    Tisbe, uscita furtivamente di casa e giunta al luogo convenuto, è costretta a fuggire dall’apparizione di una leonessa; nella fuga le cade dalle spalle il velo, che l’animale lacera, macchiandolo di sangue.

    Piramo e il velo insanguinato (vv. 105-127)

    Piramo, alla vista del velo insanguinato, si convince che Tisbe sia rimasta uccisa; sconvolto, anche perché si ritiene colpevole di quella morte, si uccide, macchiando con il suo sangue i frutti di un vicino gelso, che diventano scuri.

    Il suicidio di Tisbe (vv. 128-163)

    Tisbe, uscita dal suo nascondiglio, trova il corpo di Piramo agonizzante e comprende l’equivoco che lo ha spinto al suicidio. Disperata, decide di darsi a sua volta la morte, invocando una sepoltura comune e un ricordo perenne, nella metamorfosi del gelso, di quell’amore infelice.

    Conclusione L’epilogo della storia trova spa-zio in tre versi, che riferiscono come le pre-ghiere di Tisbe vengano esaudite: i due giova-ni sono sepolti insieme e il loro tragico amore sarà per sempre ricordato dal mutamento di colore dei frutti del gelso (vv. 164-166).

    TEMI E MOTIVI Una tragedia degli errori È piuttosto evi-dente che quella di Piramo e Tisbe, oltre a es-sere la tragedia di un amore infelice, è anche una «tragedia degli errori», degli equivoci che si annidano nella realtà e a cui i mortali

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    possono soggiacere: il mondo delle Metamor-fosi è un mondo ambiguo e ingannevole, in cui realtà e apparenza si confondono perico-losamente, insidiando le fragili certezze degli uomini, vittime inconsapevoli del gioco del caso o del capriccio divino. Questi connotati tragici si addensano comunque all’interno di una struttura narrativa semplicissima, ricca di particolari favolistici (dall’apparizione della leonessa, al velo caduto per terra che provoca il tragico equivoco, dal duplice suicidio com-piuto con la stessa arma, alla ricomposizione delle ceneri nella stessa urna, in cui finalmen-te i due giovani possono trovare quell’unione vanamente cercata per tutta la storia), in cui anche l’elemento erudito, ‘eziologico’, della metamorfosi del gelso si inserisce con mira-bile naturalezza.

    MODELLI E TRADIZIONEUna storia dalle origini oscure Quello di Pi-ramo e Tisbe è un mito piuttosto raro; nella versione narrata da Ovidio, la storia non ha nessun precedente nella letteratura greca, né se ne trovano tracce altrove prima di lui. Inoltre, ogni riferimento ad essa, anche quel-li numerosi documentati nelle arti figurative, si rifà certamente al testo ovidiano. Restano quindi ignote le fonti alle quali Ovidio abbia attinto la vicenda. È stato supposto che il po-eta latino l’abbia tratta da una raccolta, a noi non pervenuta, di narrazioni del Vicino Orien-te: inducono a questa ipotesi sia l’ambienta-zione orientale (Babilonia), sia l’onomastica dei personaggi, sia i toni e i temi del racconto, con i suoi insistiti tratti esotici e favolistici (l’ec-cezionale bellezza dei protagonisti, gli ostaco-li che si frappongono a un amore ardentissi-mo, la notte di luna piena, l’apparizione della leonessa ecc.), che saranno in parte ereditati e sviluppati dal romanzo greco. Ma c’è anche chi avanza l’ipotesi che la storia sia frutto della fantasia di Ovidio, che avrebbe rielaborato un nucleo narrativo molto più scarno, stimolato

    forse anche dal fatto che, pressappoco nella sua epoca, diventa oggetto di interesse nel-la cultura latina la morus nigra, cioè proprio la specie di gelso la cui eziologia è narrata in questo episodio (ne parlano per esempio Vir-gilio nell’egloga VI e Orazio nelle Satire). Una fortuna straordinaria Qualunque sia la sua origine, il mito di Piramo e Tisbe conobbe comunque, a partire da Ovidio, una fortuna eccezionale; notissimo alla cultura medieva-le (lo richiamerà anche Dante nel canto XXVII del Purgatorio) e rinascimentale, deve molta della sua fama all’influsso esercitato sull’ana-loga storia di Romeo e Giulietta, resa immor-tale da Shakespeare (alla quale lo accomuna il motivo del tormentato amore fra i due pro-tagonisti, osteggiato dalle famiglie, e il tra-gico equivoco che porta al duplice suicidio). Lo stesso Shakespeare riprenderà peraltro la vicenda anche nel Sogno di una notte di mezza estate (dove la storia di Piramo e Tisbe è mes-sa in scena da un gruppo di artigiani durante le nozze dei protagonisti Teseo e Ippolita).

    LINGUA E STILE La ricerca del pathos: l’ambientazione not-turna Lo stile dell’episodio è caratterizzato da una costante ricerca di toni drammatici e patetici, che si accentuano nella scena cru-ciale dell’appuntamento notturno. La prima apparizione di Tisbe è dominata da un’atmo-sfera di timore e trepidazione (sottolineata, ai vv. 94-95, dalla serie di verbi coordinati, che scandiscono le varie tappe della rischio-sa azione della fanciulla), come nell’attesa di un pericolo imminente, che si materializ-za nell’improvvisa comparsa della leonessa (ecce, al v. 96, segnala questo scarto nella narrazione). La fuga di Tisbe, in un sugge-stivo scenario notturno illuminato dai raggi lunari, è rimarcata, ai vv. 100-101, dalla ripe-tizione di fugit (nota l’abile variazione proso-dica, per cui al primo fūgit perfetto, segue al verso successivo fŭgit presente).

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    Lo sfortunato amore di Piramo e TisbeOvidio

    L’angoscia di Piramo… L’entrata in scena di Piramo (vv. 105 ss.) è invece accompagnata dal senso di paura e di angoscia che assa-le progressivamente il giovane, alla vista di quelli che egli crede segni inequivocabili del-la morte di Tisbe; a tale effetto concorrono la studiata collocazione del soggetto alla fine del periodo, in forte enjambement (v. 107), e l’ulteriore enjambement del v. 108 (tinctam / repperit), al culmine dell’angoscia, quando il giovane si convince definitivamente della morte dell’amata. Il patetico discorso di Pi-ramo (vv. 108-115) insiste sulla contrapposi-zione fra l’innocenza della fanciulla, vittima di una mors indigna (dignissima, al v. 109, riman-da alla terminologia dei lamenti funebri), e la colpevolezza che egli si attribuisce (nostra no-cens anima est, v. 110: nota anche l’allittera-zione di n), sottolineata dall’antitesi dei pro-nomi (ego te, miseranda, peremi). Le parole di Piramo sono quindi suggellate dall’apostrofe ai leoni, perché facciano strazio del suo cor-po: qui la violenza del linguaggio (divellite, scelerata viscera, fero morsu) riflette l’aspra accusa del giovane a se stesso. Dopo l’ultimo saluto al velo di Tisbe, in cui un forte effetto patetico è dato dalla geminatio del verbo (de-dit … dedit, v. 117), segue il gesto del suicidio.…e quella di Tisbe Al v. 128 ecce segna, con il ritorno di Tisbe, un nuovo scarto nel racconto (come al v. 96). Una serie di verbi che indica-no il «vedere» e il «dubitare» (oculis … requirit; visa cognoscit; facit incertam; haeret; dubitat; videt) esprimono l’ansiosa e angosciata ricer-ca della fanciulla e la sua crescente incertez-za, determinata dall’osservazione di indizi contraddittori. La visione rivelatrice del corpo di Piramo, così abilmente ritardata, è descrit-ta in un verso di forte carica patetica (v. 133), caratterizzato dall’insistita allitterazione delle consonanti dentali (dum dubitat tremebunda videt). L’orrore che si impadronisce allora di Tisbe è espresso dalla similitudine con l’incre-sparsi del mare (vv. 135-136), utilizzata anche

    altrove da Ovidio in simili contesti (Amores, 1,7, v. 53 ss.; Heroides, 11, v. 75 ss.).Ai versi 137-141 sono poi descritti i gesti tipici di dolore (battersi il petto, strapparsi i capelli, e, immagine di particolare pathos espressio-nistico, versare lacrime nelle ferite, mesco-landole al sangue). L’apostrofe: a Piramo, a Tisbe, ai genitori e al gelso Una serie di apostrofi aumentano la densità patetica del brano: nell’apostrofe a Piramo morente è evidente il pathos prodot-to dall’anafora del nome dell’amato all’inizio di due versi contigui (Pyrame … Pyrame, vv. 142-143), cui corrisponde la posizione finale, nel v. 143, del nome di Tisbe. In questo con-testo, l’idea dell’unione indissolubile dei due amanti, anche di fronte alla morte, è data dall’accostamento tua te (che ricorre ancora al v. 148) sottolineato dall’allitterazione, che continua nel successivo Thisbe.Anche la decisione di Tisbe di darsi la morte è espressa in versi di forte intensità tragica, in cui, oltre all’anafora est et … est et (vv. 149-150) e alle allitterazioni vulnera vires (v. 150) e causa comesque (v. 152), spicca soprattutto l’apostrofe dei vv. 152-153. Qui, accanto al ri-lievo di heu all’inizio del verso, notevole è l’ef-fetto dell’antitesi («solo la morte … nemmeno la morte»), accentuata dall’accostamento po-teras / poteris nec e dall’identica clausola dei due versi contigui (morte revelli).L’uso di una serie di artifici miranti ad accen-tuare il tono patetico non manca neanche nella successiva apostrofe ai genitori (vv. 154-157): al v. 155 la collocazione dell’interie-zione e del vocativo ai due estremi del verso (o … parentes), che ne risulta così abbracciato, e l’insistita allitterazione della m (multum mi-seri meus); al v. 156 l’anafora di quos (che dà risalto all’identità dei due destini inseparabili) e il chiasmo certus amor / hora novissima. Il discorso di Tisbe si conclude con un’ultima apostrofe all’albero del gelso (vv. 158-161); il v. 159, con il poliptoto tegis / es tectura e il

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    Lo sfortunato amore di Piramo e TisbeOvidio

    perfetto parallelismo fra i due emistichi (co-stituiti da avverbio, verbo, genitivo del nume-rale), dà una definitiva patetica espressione all’idea dell’identità fra i due destini di morte.Una strana similitudine Un notevole scar-to nel tono patetico dell’episodio è prodot-to dalla similitudine dei vv. 121-124, in cui il fiotto di sangue emanato dalla ferita di Pira-mo è paragonato allo spruzzo d’acqua pro-dotto da un tubo rotto. Tale similitudine pre-senta diversi aspetti singolari: a parte il suo carattere macabro e di gusto per noi dubbio

    (ma non estraneo a Ovidio, che al pathos associa non di rado anche toni ironici e gio-cosi), evoca un aspetto della realtà quotidia-na del poeta e dei lettori, suona cioè come un anacronismo rispetto all’ambiente miti-co della vicenda, provocando un effetto di «straniamento». Lo stesso effetto straniante è prodotto dal contrasto di livelli fra lo stile della poesia elevata e l’umile realtà quotidia-na evocata dalla similitudine (che costituisce ovviamente un caso unico nel repertorio del-le similitudini poetiche).