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GNGTS 2015 SESSIONE 2.3 239 LIQUEFAZIONE DEI TERRENI IN CONDIZIONI SISMICHE: METODO PRELIMIT TM PER LA MITIGAZIONE DEL RISCHIO MEDIANTE INIEZIONI CHIMICHE ECO-COMPATIBILI M. d’Attoli, F. Navi, A. Occhi, D. Gualerzi, M. Occhi Geosec Srl, Parma, Italia Premessa. La liquefazione dei terreni è un fenomeno idrogeologico conseguente ad eventi sismici in zone caratterizzate da importanti spessori di depositi sabbiosi o limoso - sabbiosi saturi d’acqua, i cui principali effetti di sito possono essere: - fratture nel terreno; - espulsione verso la superficie di acqua e sabbia con possibile formazione di “vulcanelli”; - abbassamenti e sollevamenti del terreno; - collasso di pendii naturali e/o artificiali; - perdita di capacità portante delle fondazioni; - galleggiamento di opere sotterranee. In seguito all’evento sismico del maggio 2012 verificatosi nella Regione Emilia-Romagna, che ha manifestato numerosi casi di liquefazione dei terreni, abbiamo condotto alcuni test sites in vera grandezza sotto la supervisione del Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli della Regione Emilia-Romagna, in preparazione ad applicazioni ordinarie di cantiere. Il fenomeno della liquefazione. Per liquefazione dei terreni in condizioni sismiche s’intende lo stato fisico in cui può venirsi a trovare un terreno sabbioso saturo quando la sua resistenza al taglio viene annullata per effetto dell’incremento e dell’accumulo delle pressioni interstiziali. Alla base di questo fenomeno si osserva un aumento repentino delle sovrappressioni interstiziali all’interno di un volume di terreno sciolto e saturo. Questo aumento di pressione, generato dall’acqua circolante nei pori, ha come conseguenza una riduzione della resistenza al taglio dello strato. Come mostra l’equazione di Mohr Coulomb, la resistenza al taglio (τ) tende a ridursi per effetto dell’annullamento della tensione efficace (σv 0 -u): τ = c + (σv 0 -u) tgφ Dunque la suscettibilità del terreno alla liquefazione risulta funzione dei seguenti parametri: • granulometria: nel caso di sollecitazioni intense e sottoposte a incrementi rapidi, come si verifica durante un evento sismico, i gradienti di pressione che si generano possono essere tali da produrre elevati flussi idrici dall’interno verso l’esterno; se il fenomeno si manifesta in depositi incoerenti a granulometria relativamente fine (es. sabbie fini), il limitato volume dei vuoti presenti nel terreno tenderà dunque ad ostacolare il flusso idrico, con il conseguente incremento di sovrappressioni neutre; • pressione litostatica: con l’aumentare della profondità sono progressivamente richiesti valori di pressione interstiziale “u” sempre più elevati per annullare la pressione litostatica totale crescente, laddove risulta: σv o = γz; • la pressione litostatica consente di spiegare il fenomeno della migrazione della liquefazione dai depositi più superficiali a quelli più profondi; infatti, nel momento in cui un livello più superficiale subisce l’effetto liquefazione, quelli più profondi risentiranno di una riduzione della pressione litostatica efficace diventando dunque più suscettibili. L’osservazione di un elevato numero di eventi ha permesso di verificare come sia estremamente improbabile, anche se non impossibile, il verificarsi di fenomeni di liquefazione oltre i 15 m circa di profondità. Questa profondità di riferimento, corrisponde in effetti ad una pressione litostatica totale σv o pari a 0,3-0,4 MPa. A dimostrazione di quanto sopra risulterà dunque molto difficile che un evento sismico possa produrre variazioni di pressione interstiziale ∆u superiori a questo valore; • grado di addensamento: Nei terreni poco addensati le sollecitazioni indotte dal sisma tendono a produrre una diminuzione di volume, con conseguente flusso idrico verso

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lIQueFazIone deI terrenI In condIzIonI sIsmIche: metodo prelImIttm per la mItIgazIone del rIschIo medIante InIezIonI chImIche eco-compatIBIlI M. d’Attoli, F. Navi, A. Occhi, D. Gualerzi, M. OcchiGeosec Srl, Parma, Italia

Premessa. La liquefazione dei terreni è un fenomeno idrogeologico conseguente ad eventi sismici in zone caratterizzate da importanti spessori di depositi sabbiosi o limoso - sabbiosi saturi d’acqua, i cui principali effetti di sito possono essere:

- fratture nel terreno;- espulsione verso la superficie di acqua e sabbia con possibile formazione di “vulcanelli”;- abbassamenti e sollevamenti del terreno;- collasso di pendii naturali e/o artificiali;- perdita di capacità portante delle fondazioni;- galleggiamento di opere sotterranee.In seguito all’evento sismico del maggio 2012 verificatosi nella Regione Emilia-Romagna,

che ha manifestato numerosi casi di liquefazione dei terreni, abbiamo condotto alcuni test sites in vera grandezza sotto la supervisione del Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli della Regione Emilia-Romagna, in preparazione ad applicazioni ordinarie di cantiere.

Il fenomeno della liquefazione. Per liquefazione dei terreni in condizioni sismiche s’intende lo stato fisico in cui può venirsi a trovare un terreno sabbioso saturo quando la sua resistenza al taglio viene annullata per effetto dell’incremento e dell’accumulo delle pressioni interstiziali. Alla base di questo fenomeno si osserva un aumento repentino delle sovrappressioni interstiziali all’interno di un volume di terreno sciolto e saturo. Questo aumento di pressione, generato dall’acqua circolante nei pori, ha come conseguenza una riduzione della resistenza al taglio dello strato.

Come mostra l’equazione di Mohr Coulomb, la resistenza al taglio (τ) tende a ridursi per effetto dell’annullamento della tensione efficace (σv0 -u):

τ = c + (σv0 -u) tgφDunque la suscettibilità del terreno alla liquefazione risulta funzione dei seguenti

parametri:• granulometria: nel caso di sollecitazioni intense e sottoposte a incrementi rapidi, come

si verifica durante un evento sismico, i gradienti di pressione che si generano possono essere tali da produrre elevati flussi idrici dall’interno verso l’esterno; se il fenomeno si manifesta in depositi incoerenti a granulometria relativamente fine (es. sabbie fini), il limitato volume dei vuoti presenti nel terreno tenderà dunque ad ostacolare il flusso idrico, con il conseguente incremento di sovrappressioni neutre;

• pressione litostatica: con l’aumentare della profondità sono progressivamente richiesti valori di pressione interstiziale “u” sempre più elevati per annullare la pressione litostatica totale crescente, laddove risulta: σvo= γz;

• la pressione litostatica consente di spiegare il fenomeno della migrazione della liquefazione dai depositi più superficiali a quelli più profondi; infatti, nel momento in cui un livello più superficiale subisce l’effetto liquefazione, quelli più profondi risentiranno di una riduzione della pressione litostatica efficace diventando dunque più suscettibili. L’osservazione di un elevato numero di eventi ha permesso di verificare come sia estremamente improbabile, anche se non impossibile, il verificarsi di fenomeni di liquefazione oltre i 15 m circa di profondità. Questa profondità di riferimento, corrisponde in effetti ad una pressione litostatica totale σvo pari a 0,3-0,4 MPa. A dimostrazione di quanto sopra risulterà dunque molto difficile che un evento sismico possa produrre variazioni di pressione interstiziale ∆u superiori a questo valore;

• grado di addensamento: Nei terreni poco addensati le sollecitazioni indotte dal sisma tendono a produrre una diminuzione di volume, con conseguente flusso idrico verso

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l’esterno (del volume) e la generazione di un disegno positivo [per riduzione del valore di (σv0 – u)]. Ne consegue che i terreni meno addensati risulteranno più suscettibili di liquefazione, differentemente i terreni più addensati saranno meno suscettibili di liquefazione. Un terreno addensato, a parità di granulometria, è caratterizzato da una porosità efficace inferiore rispetto a un terreno sciolto in forza della disposizione più compatta dei granuli. Poiché ad una minore porosità efficace corrisponde una minore permeabilità e dunque un maggiore tempo di dissipazione delle sovrappressioni interstiziali, sarebbe lecito attendersi, secondo le considerazioni precedenti, il verificarsi del fenomeno opposto ovvero maggiore suscettibilità alla liquefazione da parte di quei terreni più addensati. Tuttavia si è osservato che in quegli strati di terreno già sottoposti in passato a fenomeno di liquefazione, lo scheletro solido ha assunto configurazioni meno vulnerabili (in conseguenza dell’incremento del grado di addensamento), che riducono la probabilità di manifestazione del fenomeno. Indicativamente i terreni sabbiosi, con densità relativa prossima o superiore al 50-65%, e con un valore medio del 60%, possono dunque ritenersi poco suscettibili alla liquefazione;

• il contenuto in argilla: nella legge di Mohr-Coulomb, con il termine c s’intende la coesione efficace o intercetta. Questa grandezza serve a quantificare le forze di superficie di natura elettrostatica che legano fra loro i granuli composti dai minerali argillosi. In condizioni non drenate, la sovrappressione interstiziale che si genera è tale da compensare temporaneamente gli sforzi totali agenti. Poiché u tende dunque a compensare lo sforzo totale agente σv0 ne consegue che σv0–u=0. Quindi la resistenza al taglio in condizioni non drenate può considerarsi indipendente dall’entità di σv0.

In conclusione si possono ritenere potenzialmente liquefacibili quei depositi sciolti che presentano le seguenti caratteristiche:

- sabbie da fini a medie con contenuto in fine variabile (0 - 25%); - profondità sotto falda; - terreni poco o mediamente addensati;- profondità relativamente basse ( ≤ 15-20 m).

Il caso di studio. Introduzione. Di seguito sono riportati i risultati del Test Site GEOSEC con metodo PRELIMITTM per il consolidamento del terreno mediante iniezione di una speciale miscela chimica eco-compatibile, eseguito nel periodo Post Sisma in territorio del Comune di Sant’Agostino (FE). Sul sito insiste un involucro edilizio costituito da tre piani (Fig. 1), di cui solo il primo parzialmente interrato, che presenta uno sviluppo in pianta piuttosto regolare, approssimabile ad una forma rettangolare con vano scala centrale disposto sul lato dell’ingresso (Fig. 2). La struttura di fondazione presunta è di tipo diretta superficiale a platea. Le strutture verticali sono state realizzate in muratura portante con mattoni pieni a due teste su tutto il perimetro dell’edificio e su una parete trasversale parallela alla facciata d’ingresso. Il vano scala è sorretto da due pareti di muratura portante in mattoni pieni ad una testa. Le murature portanti proseguono inoltre con la stessa tipologia e distribuzione su tutti i livelli, salvo per la parete di spina che solo al primo livello risulta essere a due teste mentre ai livelli superiori si rastrema ancora ad una testa. I solai sono realizzati in latero-cemento e con solette a sbalzo in c.a. in corrispondenza dei balconi. La copertura è costituita da un solaio inclinato in latero-cemento con linea di colmo sul muro di spina. L’immobile risulta duramente colpito dallo sciame sismico del 20-29 maggio 2012 il cui epicentro è stato rilevato tra i comuni di Finale Emilia (MO) e San Felice sul Panaro (MO). In particolare, la scossa più dannosa è risultata essere quella delle ore 04:03 del 20 maggio 2012 di magnitudo 5.9 della scala Richter con epicentro a circa 15 km di distanza dalla frazione di San Carlo (FE).

Durante l’evento sismico si è assistito a fenomeni di liquefazione dei terreni che hanno causato un movimento duplice di rotazione dell’edificio sul fronte est con conseguente sprofondamento del fabbricato (circa 20-30 cm) dal piano di campagna originario. La ragione

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di tale cinematismo va probabilmente correlata alla presenza del terrapieno posto a ovest del fabbricato che ha determinato con la sua spinta una direzione preferenziale del cedimento, dato che le indagini geologiche hanno evidenziato la presenza di un profilo stratigrafico omogeneo al di sotto del fabbricato stesso. Il rilievo topografico strumentale, per la verifica dell’inclinazione subita dall’edificio, ha mostrato un’inclinazione massima dello stesso pari al 2% rispetto alla verticale; questo stato ha comportato principalmente alle murature portanti, condizioni non compatibili di evidenti sollecitazioni a taglio e a flessione in

modo permanente riducendo drasticamente la capacità resistente delle membrature nei confronti delle eventuali azioni sismiche. E’ visibile inoltre un modesto quadro fessurativo alla struttura caratterizzato dalla presenza di piccole lesioni poste in corrispondenza dell’ammorsatura dei maschi murari e all’intradosso dei solai.

L’edificio infine rientra nelle “Aree Blu”, così come definite dalla Determina della Regione Emilia-Romagna n°12418 del 02/10/12, in cui risultano univocamente individuate quelle aree interessate da evidenti e gravi fenomeni di liquefazione dei terreni.

Per le ragioni sopra esposte l’edificio si trova in stato di danno più che gravissimo tale per cui si rende necessaria la demolizione. Sulla medesima impronta è prevista la realizzazione di un nuovo fabbricato che sarà fondato su platea armata. Prima della ricostruzione si è valutato, in armonia con i progettisti, la necessità di un intervento di consolidamento del terreno secondo la tecnologia del “Compaction Grouting” con l’obiettivo di mitigare il rischio migliorando le proprietà meccaniche dello strato di sabbia che aveva dato luogo ai fenomeni di liquefazione.

Inquadramento geologico. Dal punto di vista geomorfologico il sito risulta inserito in un territorio complessivamente pianeggiante privo di fenomeni di dissesto con quote topografiche attorno a 17 m s.l.m.m. L’edificio in oggetto si trova in corrispondenza della scarpata di un paleoargine storico del Fiume Reno con dislivello di circa 2,50 m. In base alle conoscenze geomorfologiche del territorio e all’analisi del microrilievo l’area in oggetto si trova in corrispondenza di un paleo-alveo del Fiume Reno. Pertanto la parte morfologicamente più rilevata corrisponde al paleo-argine destro e la porzione più depressa coincide con il paleo-alveo vero e proprio.

Dal punto di vista geografico l’area indagata è rappresentata nella sezione 185130 della Carta Tecnica Regionale. Il lotto indagato si inserisce nella zona LQ1 ‘Zona suscettibile di amplificazione e liquefazione per presenza di terreni suscettibili di liquefazione già nei primi 10 m dal piano campagna’ (cfr. studio di microzonazione sismica effettuato dalla Regione Emilia-Romagna per la ricostruzione post-sisma in http://ambiente.regione.emilia-romagna.it/geologia/temi/sismica/speciale-terremoto/sisma-2012-ordinanza-70-13-11-2012-cartografia). Per la caratterizzazione dei terreni di fondazione sono state eseguite diverse indagini, prevalentemente CPTU per una stratigrafia del sito così riassunta:

- da 0 a 4,6 m dal p.c. presenza di argille limose e limi argillosi;- da 4,6 a 10,4 m dal p.c. presenza di sabbie potenzialmente liquefacibili;- da 10,6 a circa 18 m dal p.c. presenza di argille consistenti.In occasione del test site è stata inoltre individuata la falda alla profondità di - 3,4 m dal p.c.

Considerati inoltre fenomeni co-sismici manifestatisi sul sito in data 20/05/2012, che hanno

Fig. 1 – Vista del fabbricato.

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portato alla emersione di importanti quantitativi di sabbia all’interno delle autorimesse del piano seminterrato, allo scivolamento del fabbricato lungo la scarpata del paleoargine nonché a gravi lesioni delle strutture, i progettisti hanno perciò ritenuto non sottovalutabile il rischio a liquefazione dei terreni interessati all’intervento edificatorio.

Le prove sismiche (Risposta Simica Locale) già eseguite prime del test site GEOSEC hanno evidenziato la presenza di una velocità media di propagazione delle onde di taglio alla profondità interessata dalle fondazioni compresa tra: 158-226 m/s. Il sottosuolo è stato quindi classificato secondo la normativa di riferimento, come appartenente alla categoria S2, “Depositi di terreni suscettibili di liquefazione”; l’accelerazione di picco attesa al sito è stata assunta pari a 0,223 g.

Prove ed indagini preliminari. Prima del test site GEOSEC, in accordo con il Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli della Regione Emilia Romagna sono state condotte ulteriori prove penetrometriche CPTU mediante penetrometro Pagani modello TG63 (200KN) al fine di ottenere una maglia di verticali note e ravvicinate. Dette prove sono state spinte sino ad una profondità di - 15 m dal p.c.

Consolidamento del terreno con metodo PRELIMITTM di Geosec. Tipologia d’intervento. Per caratteristiche tecnologiche quanto operative la soluzione sperimentata per questo test site può certamente inserirsi con favore tra quelle definite di tipo “attivo” ovvero con tecnica del “compaction grouting”. Il prodotto per iniezione chimica, in seguito per brevità “miscela”, in questa fase è sottomesso a tutela del know how aziendale e dunque posto in regime di riservatezza.

Questo innovativo materiale consente vantaggiosamente una efficace compattazione dello strato trattato, con conseguente riduzione dell’indice dei vuoti e del contenuto d’acqua, da cui ne deriva una maggiore resistenza a liquefazione, una minore permeabilità ed una maggiore rigidezza, grazie anche a buone proprietà meccaniche della miscela stessa. Essa infatti, a differenza delle tradizionali iniezioni cementizie, viene iniettata nel terreno a pressioni decisamente inferiori favorendo un’azione soft di permeazione, ne consegue un’azione dapprima legante e poi compattante, tale da conferire miglioramenti al mezzo trattato, anche in breve termine rispetto alle soluzioni più tradizionali, opportunamente confinati nell’intorno voluto del punto di iniezione secondo un raggio d’azione definito e verificato dalla maglia di verticali CPTU in post trattamento.

Secondo le specifiche della Determina della Regione Emilia Romagna n° 12418 del 02/10/2012, gli interventi di tipo attivo devono risultare poco invasivi per le aree edificate e non devono comportare vibrazioni che possano compromettere la statica delle costruzioni. Il metodo PRELIMITTM risponde completamente ai requisiti richiesti, in quanto i fori per l’ iniezione possono essere eseguiti anche distanti dalle strutture e comunque risultano del diametro max di 4 cm realizzabili mediante piccole colonne portatili di perforazione e in alcuni casi anche con trapani manuali evitando così l’utilizzo di attrezzature perforanti molto ingombranti quanto invasive e riducendo al minimo il disturbo sul sito. Inoltre nel metodo PRELIMITTM risulta possibile condurre perforazioni per iniezioni chimiche inclinate, multiple anche su più livelli non necessariamente sovrapposti, secondo le precise esigenze di progettazione e sempre con connotazione di minima invasività rispetto alle soluzioni più tradizionali.

Caratteristiche della miscela chimica. In questa sede, pur nella protezione industriale dellaIn questa sede, pur nella protezione industriale della natura della miscela, possiamo affermare come nei principi della determina, anche i test di laboratorio eseguiti sulla miscela adottata dimostrano la perfetta compatibilità ambientale del prodotto secondo i dettami della delibera del comitato interministeriale 27/07/1984 e del Decreto Legislativo n. 152/2006 (tabella 2 Titolo V) con successiva modificazione del Decreto Legislativo n. 4/2008. Inoltre la miscela chimica una volta raggiunto lo stato inerte, risulta dimensionalmente stabile ovvero in grado di mantenere nel tempo dimensioni e forma (deformazioni < 0,5% - norma UNI 8069-80 - fonte: scheda tecnica del produttore).

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Sesto d’impianto per l’iniezione. Le iniezioni sono state spinte fino ad una profondità diLe iniezioni sono state spinte fino ad una profondità di 11,50 m dal piano di campagna ed hanno interessato uno strato di terreno compreso tra - 3 e - 11,50 m.

Analisi dei risultati ottenuti. La verifica a liquefazione condotta preliminarmente alle iniezioni ha permesso di riscontrare la presenza di strati potenzialmente liquefacibili a profondità comprese tra - 7 e - 10 m dal p.c..

Le prove post-intervento sono state eseguite ad opportune distanze dalle verticali di iniezione così come suggerite dal Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli della Regione Emilia-Romagna. Di seguito si riportano solo a titolo esemplificativo le risultanze più rappresentative del campo prove per:

- CPTU3 Post-Intervento eseguita in corrispondenza del baricentro della maglia d’iniezione;

- CPTU4 Post-intervento eseguita a 50 cm dal foro d’iniezione.Esito:- Confronto CPTU1 – CPTU3 (Fig. 3): la prova CPTU3, eseguita nel baricentro della maglia

d’iniezione, ha mostrato un notevole miglioramento dei valori di resistenza alla punta e di resistenza all’attrito laterale lungo tutto lo strato trattato. Il fattore di sicurezza ha evidenziato un incremento medio sullo strato del 214% con picchi pari anche a 15 volte il valore iniziale pre - trattamento e la verifica a liquefazione è risultata ampiamente soddisfatta.

- Confronto CPTU1 – CPTU4: anche la prova CPTU4, eseguita a 50 cm di distanza dal foro d’iniezione, ha evidenziato ottimi miglioramenti al fine della mitigazione del rischio di liquefazione. L’incremento dei valori di resistenza alla punta è risultato particolarmente significativo nella porzione tra -6 e -10 m dal p.c. e il fattore di sicurezza ha mostrato un incremento medio del 63 % per una verifica a liquefazione soddisfatta lungo tutta la verticale trattata.

Fig. 2 – Pianta del fabbricato e sezione con stratigrafia prospetto est.

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Fig. 3 – Confronto CPTU1 – CPTU3 a) qt resistenza alla punta b) fs resistenza all’attrito laterale c) F.S. fattore di sicurezza alla liquefazione.

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Ci preme precisare che le prove sono state ripetute più volte e a differenti distanze secondo maglie condivise con il Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli regionale al duplice scopo di ottenere una maggiore robustezza dei dati nonché per stabilire il miglior raggio d’azione del trattamento, così da consentire un progetto operativo dedicato.

Conclusioni. I risultati ottenuti con metodo PRELIMITTM di GEOSEC mostrano oltre la previsione iniziale un significativo miglioramento delle prestazioni geotecniche del terreno trattato in assoluta conformità con le norme tecniche di settore e le prescrizioni indicate dal Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli della Regione Emilia-Romagna. Ne consegue che il metodo si conferma a pieno titolo quale soluzione alternativa e di significativo interesse per la risoluzione dei problemi di mitigazione del rischio liquefazione ed in particolare evidenziando i seguenti vantaggi in confronto alle soluzioni di iniezione più tradizionali:

Nel recupero edilizio, vantaggi per le strutture• non necessità di scavi e trivellazioni pesanti e non produce vibrazioni alle opere;• non richiede opere di demolizione e ricostruzione delle fondazioni esistenti;• non produce sollevamenti impropri.Vantaggi per il terreno• non necessità di alta pressione di spinta in fase di iniezione come ad esempio il jet grouting

e dunque riduce notevolmente il rischio di dispersione della miscela, consentendo invece un’azione mirata nel volume di terreno bersaglio;

• non appesantisce il terreno dopo il trattamento: il peso specifico della miscela risulta molto inferiore alle miscele cementizie in un rapporto modulabile compreso tra 1/10 e 1/100;

• tempi di maturazione della miscela pressoché incomparabili rispetto alle tradizionali iniezioni di miscele cementizie e più precisamente in un rapporto minimo pari ad almeno 1/30;

• non inquina, un terreno dopo il trattamento rimane non inquinato (D. Lgs. 152/06 e s.m.i).

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EP1914350.Regione Emilia Romagna, DETERMINAZIONE n° 12418 del 02/10/2012 Approvazione degli elaborati cartografici

concernenti la delimitazione delle aree nelle quali si sono manifestati gravi effetti di liquefazione a seguito degli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012 e degli indirizzi per interventi di consolidamento dei terreni.

AGI - Gruppo di Lavoro dell’AGI per gli Edifici Industriali - Linee di indirizzo per interventi su edifici industriali monopiano colpiti dal terremoto della pianura padana emiliana del maggio 2012 non progettati con criteri antisismici: aspetti geotecnici.