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JAIME D'ALESSANDRO EGGERE IL GIORNALE a letto la mattina pre- sto, ingrandire il te- sto sullo schermo tat- tile, tenersi in contat- to con figli e nipoti attraverso Fa- cebook e WhatsApp, controllare le previsioni del tempo, parlare con amici e parenti sfruttando Skype, condividere foto con In- stagram. Il Web sta diventando sempre più adulto e il fatto che sia frequentato da persone che hanno più di sessantacinque an- ni è norma, o quasi. Sui social i primi baby boomers sono i prota- gonisti di una nuova rivoluzio- ne, l'ennesima. Stanno coloniz- zando Facebook con tassi di cre- scita a doppia o tripla cifra. In Italia, stando alla ComScore, in un anno gli accessi sono aumen- tati del sessantacinque per cen- to. Sul sito di Mark Zuckerberg siamo oltre l'ottanta per cento, su Instagram si superano i due- cento punti percentuali, Twit- ter ha un più cento per cento. E parliamo di accessi da smartpho- ne. Picchi del genere per le altre fasce di età sono ovviamente im- possibili. Fra chi ha diciotto e ventiquattro anni la crescita è al nove per cento e si azzera per chi è a cavallo fra i venti e i trent'anni. Il Censis conferma e sottolinea il fenomeno in atto. Negli Stati Uniti tre anni fa so- lo un quarto degli ultra sessanta- cinquenni aveva un profilo su Linkedln e su siti simili, ora quel numero è salito al trentacinque per cento. Almeno stando all'ul- tima ricerca del Media Effects Research Laboratory alla Penn State University in Pennsylva- nia. I numeri assoluti sono anco- ra dalla parte dei più giovani: da noi poco meno del ventinove per cento di chi ha più di cinquanta- cinque anni è ora su Facebook, il quindici fra i sessantacinque e i settantacinque anni. Eppure il venti per cento degli ultra ses- santacinquenni usa ogni giorno la tecnologia. «Il punto è che in un anno e mezzo sono raddoppiati e parlia- mo di persone che sanno adope- rare un'app», spiega Fabrizio Angelini, a capo di ComScore Italia. Quindi la barriera di utiliz- zo viene sempre più sorpassata e su scala nazionale. «Pensi - continua lui - al primo posto ci sono i liguri. Al secondo però so- no seguiti dai siciliani. Molti usa- no il commercio elettronico e ge- stiscono il conto in banca via smartphone. La vera discrimi- nante, in prospettiva, sarà il li- vello di scolarizzazione e non più quello anagrafico. Anche se WhatsApp ad esempio lo adope- rano già ora davvero tutti». A differenza di quel che suc- cesse anni fa con la prima gene- razione di utenti dei social net- work, si accede per avere la pos- sibilità di comunicare. «Rara- mente avviene perché qualche conoscente lo chiede», ha com- mentato Shyam Sundar, condi- rettore del Media Effects Resear- ch Laboratory subito dopo la pubblicazione della ricerca. «Ogni piattaforma è adoperata come strumento puro». E una differenza sottile ma significati- va. A settembre del 2009, quan- do Facebook aveva trecento mi- lioni di utenti, Peter Lang, all'e- poca professore di architettura alla Texas A&M University, ave- va notato: «I miei studenti non leggono né mandano più mail. Ogni cosa, a cominciare dall'or- ganizzazione dei corsi, passa per Facebook. Ormai vivono li la loro vita digitale». Per i sessan- tenni è diverso. Adoperano Wha- tsapp & Co. per fini circoscritti e non per senso di appartenenza. Usando gli stessi dispositivi dei millenials. Lo dimostra il falli- mento commerciale di tutti quei telefoni e tablet con i tasti enormi pensati per chi è in là con l'età, come se il dato anagra- fico porti necessariamente ad una tecnologia diversa, semplifi- cata come quella per i bambini piccoli, rispetto a ciò che adope- rano tutti. E lo dimostra ancor

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JAIME D'ALESSANDRO

EGGERE IL GIORNALE a

letto la mattina pre-sto, ingrandire il te-

sto sullo schermo tat-tile, tenersi in contat-

to con figli e nipoti attraverso Fa-cebook e WhatsApp, controllarele previsioni del tempo, parlarecon amici e parenti sfruttandoSkype, condividere foto con In-stagram. Il Web sta diventandosempre più adulto e il fatto chesia frequentato da persone chehanno più di sessantacinque an-ni è norma, o quasi. Sui social iprimi baby boomers sono i prota-gonisti di una nuova rivoluzio-ne, l'ennesima. Stanno coloniz-zando Facebook con tassi di cre-scita a doppia o tripla cifra. InItalia, stando alla ComScore, inun anno gli accessi sono aumen-tati del sessantacinque per cen-to. Sul sito di Mark Zuckerbergsiamo oltre l'ottanta per cento,su Instagram si superano i due-cento punti percentuali, Twit-

ter ha un più cento per cento. Eparliamo di accessi da smartpho-ne. Picchi del genere per le altrefasce di età sono ovviamente im-

possibili. Fra chi ha diciotto eventiquattro anni la crescita è alnove per cento e si azzera perchi è a cavallo fra i venti e itrent'anni. Il Censis conferma esottolinea il fenomeno in atto.

Negli Stati Uniti tre anni fa so-lo un quarto degli ultra sessanta-cinquenni aveva un profilo suLinkedln e su siti simili, ora quelnumero è salito al trentacinqueper cento. Almeno stando all'ul-tima ricerca del Media EffectsResearch Laboratory alla PennState University in Pennsylva-nia. I numeri assoluti sono anco-ra dalla parte dei più giovani: danoi poco meno del ventinove percento di chi ha più di cinquanta-cinque anni è ora su Facebook, ilquindici fra i sessantacinque e isettantacinque anni. Eppure ilventi per cento degli ultra ses-santacinquenni usa ogni giornola tecnologia.

«Il punto è che in un anno emezzo sono raddoppiati e parlia-mo di persone che sanno adope-rare un'app», spiega FabrizioAngelini, a capo di ComScoreItalia. Quindi la barriera di utiliz-

zo viene sempre più sorpassatae su scala nazionale. «Pensi -continua lui - al primo posto cisono i liguri. Al secondo però so-no seguiti dai siciliani. Molti usa-no il commercio elettronico e ge-stiscono il conto in banca viasmartphone. La vera discrimi-nante, in prospettiva, sarà il li-vello di scolarizzazione e nonpiù quello anagrafico. Anche seWhatsApp ad esempio lo adope-rano già ora davvero tutti».

A differenza di quel che suc-cesse anni fa con la prima gene-razione di utenti dei social net-

work, si accede per avere la pos-sibilità di comunicare. «Rara-mente avviene perché qualcheconoscente lo chiede», ha com-mentato Shyam Sundar, condi-rettore del Media Effects Resear-ch Laboratory subito dopo lapubblicazione della ricerca.«Ogni piattaforma è adoperatacome strumento puro». E unadifferenza sottile ma significati-va. A settembre del 2009, quan-do Facebook aveva trecento mi-

lioni di utenti, Peter Lang, all'e-poca professore di architetturaalla Texas A&M University, ave-va notato: «I miei studenti nonleggono né mandano più mail.Ogni cosa, a cominciare dall'or-ganizzazione dei corsi, passaper Facebook. Ormai vivono li laloro vita digitale». Per i sessan-tenni è diverso. Adoperano Wha-tsapp & Co. per fini circoscritti enon per senso di appartenenza.Usando gli stessi dispositivi deimillenials. Lo dimostra il falli-mento commerciale di tuttiquei telefoni e tablet con i tastienormi pensati per chi è in làcon l'età, come se il dato anagra-fico porti necessariamente aduna tecnologia diversa, semplifi-cata come quella per i bambinipiccoli, rispetto a ciò che adope-rano tutti. E lo dimostra ancor

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più lo scarso successo di socialnetwork pensati per la terza etàcome Tapesty,

A Copertino vicino Lecce, checitiamo non foss'altro per laprossimità fonetica con la Cuper-tino californiana dove ha sede laApple, nelle scuole elementarile insegnanti hanno imparato ausare da tempo tablet nella di-dattica e anche loro non fannoparte dei cosiddetti nativi digita-li, Anzi. Lo ricorda Giuliano San-giorgi, classe 1979, voce e chitar-ra dei Negramaro che ha unamadre insegnante proprio daquelle parti che a suo giudizio èmolto più avanti di lui in fatto ditecnologia. Insomma, chi ha piùdi sessantacinque anni oggi

c'entra poco o nulla con chi ave-va la stessa età quando il Webda noi era ancora un universo

per pochi guardato con sospet-

alla storia che le varie generazio-ni hanno alle loro spalle». Soprat-tutto nel caso dei primi babyboomers, abituati da sempre al-le rivoluzioni.

«Forse è arrivato il momentodi scrivere un secondo libro»,conclude Francesco Antinucciche nel 1999 ha pubblicato unsaggio importante intitolatoComputer per mio figlio (Later-za). Direttore di ricerca all'Isti-tuto di Scienze e Tecnologie del-la Cognizione del Cnr, in quellepagine Antinucci raccontava diquanto il digitale fosse essenzia-le per aprire la mente in un pe-riodo durante il quale le cacce al-le streghe venivano propostespesso quando si parlava di In-ternet e videogame, in specialmodo da coloro che quei mondinon li conoscevano affatto. «Untesto del genere oggi che senso

Usano gli stessi La vera discriminante, indispositivi dei millennials prospettiva, sarà il livelloperscambiarsi messaggi di scolarizzazione e none condividere foto più quello anagrafico

to. La Cattolica di Milano li chia-ma "giovani anziani", per la lorocompetenza nel sociale e nel di-gitale. E l'Italia è all'avanguar-dia in questo slittamento pro-gressivo della terza età così co-me è sempre stata percepita.«La differenza fra nativi digitalie immigrati digitali di MarcPrensky (professore statuniten-se, ndr.) è acqua passata», sotto-linea Fausto Colombo, direttoredel dipartimento di scienze del-la comunicazione della Cattoli-ca di Milano. «Potrà anche nonessere alfabetizzato all'ultima ri-voluzione digitale, ma questonon significa che un sessanten-ne o un settantenne non sappiausarla. Il venticinque per centodi chi ha fra i sessantacinque e isettant'anni infatti la adopera.Più andiamo avanti, più dovrem-mo rivedere quella nostra ideadi anzianità e invece guardare

avrebbe? Se tuo figlio non sacos'è uno smartphone, significache lo hai educato per essere unparia. Ma nel 1999 non c'eranemmeno l'iPhone. Scrivevo aigenitori. Si perde molto, in ter-mini umani, a restar fuori da cer-ti processi. Vale ad ogni età. Perchi ancora diffida forse servireb-be un nuovo testo, di segno op-posto, intitolato Computer permio nonno».

Cercando di fare in fretta, fraqualche tempo saranno davve-ro pochi quelli rimasti fuori. Conbuona pace dei "nonno multime-diale", il personaggio di France-sco Paolantoni che tanto facevaridere aMai dire Gol nel 1996. Ilparadosso stava nella sua etàavanzata e nella sua competen-za tecnica, espressa con accentonapoletano. Un'altra epoca, pas-sato remoto, ormai per tutti.

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cc ® • • lettoriuosi sul web dialogo con i. , . ,

'5e trovo nuovi spunti per le mie

POETESSANella foto.DaciaMarainiscrittriceepoetessa, traisuoi libripiù famosiBaglieriaeIna.lungavitadi MariannaUerla.

acia Maraini non ha smes-so di frequentare le scuo-le, dove incontra i ragaz-zi, legge libri, si confronta

con le nuove generazioni. Ha semprecercato il contatto diretto con i giova-ni e continua a farlo, ma è incuriositaanche dai social network. Ha un suoprofilo Facebook e un suo accountTwitter e costantemente si dedica adialogare con i suoi lettori in un fo-rum in cui risponde alle loro doman-

de.Cosa le piace e cosa non le piace deimondo social dei nostri anni?«Mi piace il fatto che possono esse-

re luoghi in cui trovare spunti di nar-razioni da raccontare, mi preoccupal'uso eccessivo dell'anonimato, il fat-to che molti si nascondano dietro fal-si nomi e falsi profili per non prender-si la responsabilità delle proprie idee.

Metterei una clausola: ognuno devemetterci la faccia. L'anonimato tirafuori il peggio, può spingere a formeincontrollate di aggressività».

Le è accaduto di subire attacchi?«Sì, qualche attacco personale e

molte critiche. Ben vengano le criti-che, ma gli insulti non dovrebbero es-sere tollerati. Ci dovrebbero essere re-gole di rispetto generali. Insinuazionie volgarità non servono a niente.Nell'Amore rubato raccontavo storiedi violenze subite dalle donne. La re-te in questi casi può essere una prezio-sa fonte di informazione».

E l'idea di provare a scrivere un ro-manzo a puntate su Facebook oTwitter? Può attirarla?«Perché no, potrebbe essere inte-

ressante. Ciò che conta però è sem-pre lo stile. t il modo in cui si esponeche rende unica una narrazione.Troppo spesso invece mi arrivano ma-noscritti di giovani appiattiti sul lin-

guaggio televisivo o di internet. Latragedia greca era fatta di tantissimestorie narrate a voce, la maggior par-te delle quali sono andate perdute. So-no rimaste quelle di Eschilo perchéerano narrate con uno stile che le di-stingueva dalle altre. La scrittura habisogno di una tecnica».

La tecnica veloce di un tweet l'hainfluenzata?«La osservo, nonostante non creda

nelle improvvisazioni. Sono abituataa prendermi il mio tempo, a riscrive-re le mie storie diverse volte».

In un suo libro ha raccontato diuna ragazza che frequenta le chatdi incontri . Come le è venuto inmente?«Sì, inMenzogna felice. La protago-

nista Jessica è una giovane donnamolto carina e ingenua, lavora in unostudio grafico. Un giorno spinta dallasolitudine s'iscrive in una chat e fini-sce per essere affascinata da un uo-mo con cui inizia a dialogare. È sedot-ta da lui perché sa ammaliarla, malentamente capisce che è tutto basa-to sull'inganno, che dietro a tante pa-role non c'è nulla. Jessica si sente lu-singata dal corteggiamento messo inpiedi da un manipolatore, da un granbugiardo. La realtà è invece ben di-versa».

La realtà è più dolorosa e profondadi quella virtuale?«In genere è così. Il mio non è affat-

to un atteggiamento snob. Come le di-cevo la rete mi interessa. Trovo chesia stata una delle innovazioni più im-portanti dei nostri anni. Una mail cimette un attimo ad arrivare dall'al-tra parte del mondo, non è meravi-glioso? E se voglio un libro posso en-trare in una qualsiasi biblioteca onli-ne e prenderlo. Ma bisogna fare atten-zione a non rimanere vittime delle

menzogne della rete».(dNIPNOOLL>JONE NISFR ATA

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Ch i usa il 'ileb i Ita.«a

stanno diventando adulti

1 a frequentarl i sono '11,1sempre d i p íU' —

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FONTE ComScore

-Boom di Istagram (+206%), Twitter (+109%) e Facebook (+80%)

- Qui Facebook e Instagram ottengono le crescite più rilevanti

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FONTE ComScore e Università Cattolica di Milano

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