L’INTERNAZIONALIZZAZIONE InCinaèfinital’eradellavorolowcost · ta dal gruppo italiano in Cina...

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Il Sole 24 Ore Giovedì 3 Luglio 2008 - N. 182 Economia e imprese 19 INCHIESTA L’INTERNAZIONALIZZAZIONE SharMoon (Gruppo Zegna). Su salari e welfare prove di dialogo con le rappresentanze degli operai Piquadro. Da Zhongshan borse di design WENZHOU. Dal nostro inviato C’ è un’azienda dello Zehjiang che suscita scalpore tra le migliaia attive in una delle aree più ric- che e dinamiche della Cina. SharMoon è una joint venture italocinese – così la definisce il quotidiano Pan Xiuhui – che pro- duce abiti maschili di qualità su- periore alla media nazionale. Il giornalista Wu Dongliang copre a fatica la sorpresa descrivendo la seguente scena: «Le luci della sala riunioni della joint venture SharMoon garments Ltd erano accese fino a tardi ieri sera. Lelio Gavazza, il direttore generale dello stabilimento, ha fatto rap- porto per dieci minuti agli 85 membri del sindacato azienda- le. Per la prima volta i rappresen- tanti degli oltre 850 dipendenti hanno potuto conoscere obietti- vi, programmi salariali e welfare dell’anno prossimo». SharMoon è un’azienda che applica il nuovo diritto del lavo- ro in vigore dal 1˚gennaio, opera nell’epicentro produttivo dello Zehjiang: qui si lavora tanto, l’area è il più grande distretto del tessile. Un marchio cinese crea- to dal nulla da tre fratelli wen- zhouesi, partiti da una macchina da cucire allestita in un garage. Da qualche anno il marchio è entrato nell’orbita del gruppo Ermenegildo Zegna, tra i più amati del made in Italy in Cina, il mercato di elezione è esclusi- vamente locale. L’obiettivo è quello di migliorare la qualità per puntare a un target preciso: la nascente classe media. Così gli abiti, di ottima fattura, costa- no meno delle varianti firmate Ermenegildo Zegna, di cui ripe- tono forme e linee, nonchè la stessa cura dei dettagli. In centro città SharMoon ha aperto due negozi con grandi ve- trine sulla strada: l’arredamen- to ricorda il design del più raffi- nato made in Italy. Arriva, trafe- lato, un cliente. La commessa ci- nese non fa nemmeno a tempo a indicargli il camerino, un gesto et voilà, l’uomo resta a torso nu- do, prova l’abito direttamente nel negozio, siamo in Cina, l’eti- chetta segue altri schemi. An- che il gusto è diverso: sulle ra- strelliere gli abiti di taglio italia- no, i completi in doppio canvas si alternano a polo a righine in toni pastello, di quelle che tanto piacciono ai cinesi. Gli investimenti fatti a Shar- Moon sono ingenti, gli operai devono essere formati, le nuo- ve macchine per stirare le giac- che, ad esempio, sono ancora sottoutilizzate. «L’addestra- mento – ammette Lelio Gavaz- za – è impegnativo. Ma passa an- che attraverso l’educazione a stare nella fabbrica stessa». Nei laboratori di SharMoon non si entra senza calzare copriscar- pe in plastica usa e getta. Gavazza è a Wenzhou da tre anni. Con un manipolo di colle- ghi italiani deve misurarsi di continuo con la realtà cinese. «Un commento sulla riforma del lavoro? Forse si è fatto il pas- so più lungo della gamba. Noi stiamo facendo di tutto per ap- plicarla gradualmente, inclusa la costituzione del fondo di so- stegno per il sindacato, l’elezio- ne di un rappresentante nel bo- ard, l’assemblea con la lettura dei piani aziendali». SharMoon fa l’effetto di una mosca bianca, tale da destare an- che la sorpresa del giornalista ci- nese. Ma pochi dubbi che l’azien- da abbia visto giusto sul merca- to. «Il mercato c’è, eccome - commenta Silvio Galimberti, managing director di SharMoon. Nella bufera che sta squassando il comparto tessile cinese, gli abi- ti maschili sono gli unici ad aver guadagnato quote di mercato. Addirittura il 40 per cento». R.Fa. di Michele Tiraboschi P arlaredellerelazionidila- voroinCinaconiconcet- ti e le categorie giuridi- che di noi occidentali è un’ope- razione quasi impossibile. La Cina,infatti,nonha ancoraspe- rimentato una classica rivolu- zione industriale, nè ha mai co- nosciutounveroepropriomer- cato del lavoro. Senza vere relazioni indu- striali nè contrattazione indivi- duale, il Partito Comunista ha dettato condizioni di lavoro e trattamenti retributivi di una forza-lavoro imponente che tanto preoccupa le economie occidentali. Ancora oggi, la maggior parte della popolazio- neè classificata come rurale. I primi segnali di cambia- mento si sono registrati solo sul volgere del secolo scorso. Dapprima con la riforma delle aree rurali, poi di quelle urba- ne. Grazie a una maggiore mo- bilità dei lavoratori e al supera- mento del monopolio statale nell’allocazione della forza-la- voro, si è creato un mercato più liberoedecentrato.Globalizza- zione e progressiva apertura agli investimenti internaziona- li hanno fatto il resto. L’econo- mia pianificata non contribui- va all’efficienza di un mercato del lavoro rigido e minuziosa- mente predeterminato. Però garantivaailavoratori,seppure sotto il manto ideologico di un egualitarismo di facciata, piena occupazione, stabilità del lavo- ro, standard retributivi unifor- mi. Con il decentramento e la progressiva liberalizzazione dellelogichedi incontrotra do- manda e offerta di lavoro si so- no innescate le prime tensioni sul mercato del lavoro gestite dal governo cinese faticosa- mente e con interventi parziali. Sispiega cosìl’enormeattesa per la riforma del giugno 2007 invigoredagennaiocheharivo- luzionato, almeno sulla carta, il quadro regolatorio dei rapporti dilavoro.Unariformaosteggia- tadallemultinazionaliamerica- ne ma, prima ancora, dalle am- ministrazioni locali chiamate a implementare, senza risorse e preparazione culturale, un in- sieme di tutele visto come un grave freno allo sviluppo. È prematuro valutare quale sarà il reale impatto di questa nuovalegislazionesulfunziona- mentodelmercatodellavoroci- nese e, indirettamente, sugli equilibrieconomiciesocialidel- la nuova Cina. La messa a regi- medellenuovenormesiannun- cia lunga e travagliata, come di- mostral’asprodibattitoinnesca- to dall’emanazione, lo scorso maggio, della bozza di regola- mento di attuazione. Certo è una svolta culturale di non po- co conto, non solo rispetto alla pregressaesperienzadiun’eco- nomiacentralizzataediunacul- tura giuridica diffidente verso la legge scritta. Sipuòpresumere chela nuo- va disciplina, nell’innalzare gli standardnormativi di tutela dei lavoratori, non avrà nel breve periodounelevatotassodieffet- tività. Un recente rapporto dell’Iloconfermailbassolivello di tutela dei lavoratori cinesi. A partire dalle donne, dai giovani, aprogrammistatalidi alternan- za scuola-lavoro, dietro i quali non di rado si nascondono for- me di sfruttamento del lavoro minorile.Per nonparlaredel la- voro forzato, che fiorisce nono- stante idivieti. Lariformaèunpassaggioob- bligato per consolidare un ve- ro e proprio mercato del lavo- ro. Anche in Cina dovrà stabi- lirsi un libero sindacato (oggi esisteilsindacatounico,subor- dinato al Partito Comunista) e un effettivo sistema di relazio- ni industriali in grado di tra- sporre nella prassi dei rapporti di lavoro i precetti formali e astratti di legge. Incluso il rico- noscimento del diritto sciope- ro, ancora oggi negato. [email protected] www.fmb.unimore.it Ampia documentazione sul mercato del lavoro cinese e sulle recenti riforme Candy-Jinling. Doppia catena di montaggio per lavatrici In Cina è finita l’era del lavoro low cost Viaggio tra le 1.400 aziende miste insediate nel Paese: il rincaro della manodopera comincia a pesare LA ROTTA DEL SUD-EST JIANGMEN. Dal nostro inviato A lberto Bertali, manager piemontese di lungo cor- so alla Candy, dirige la fabbrica di lavatrici Jinling, l’azienda cinese pubblica acqui- stata due anni fa dal gruppo brianzolo di elettrodomestici che ne detiene la maggioranza. Bertali deve fare i conti con la mentalità cinese, a volte diame- tralmente opposta a quella ita- liana. Impostazione manageria- le vecchio stampo, tante espe- rienze all’estero, il direttore di stabilimento come per riflesso condizionato quasi perde le staffe, per un attimo: in linea di montaggio un tecnico italiano si è sostituito a un operaio cine- se. «Se fai tu il suo lavoro, lui non imparerà mai!», gli dice Bertali. «Noi stessi stiamo cer- cando di capire cos’è questa nuova fabbrica cinese», aveva detto qualche settimana fa l’am- ministratore delegato del grup- po, Aldo Fumagalli, illustrando la nuova strategia del gruppo. A Jiangmen c’è tanto lavoro da fa- re per rendere la fabbrica più ef- ficiente. E Bertali è costretto a fare appello a tutta la sua espe- rienza per ottimizzare i risulta- ti. Nel Guangdong, la regione sulla quale si abbattono in egual misura la crisi economica che costringe gli stessi cinesi a chiu- dere o delocalizzare e le piogge tropicali, Candy ha deciso di af- fiancare alla classica linea di la- vatrici con apertura dall’alto e lavaggio a freddo, tanto amate dai cinesi, una seconda fabbri- ca, nuova di zecca. Nata appena un anno fa, Jinling 2 produce, in- vece, modelli europei, con oblò frontale e lavaggio ad acqua cal- da. «Non è così semplice, ma ce la possiamo fare, ad avviare una lavorazione diversa. Educando il mercato a un diverso prodot- to, ma anche gli operai a lavora- re alla catena», dice Bertali. Al mattino tutti i manager del gruppo, per la maggior parte ci- nese, in divisa color kaki siedono intornoaltavolocolormoganoti- rato a lucido e fanno una prima riunione della giornata. «Il pun- to è che la lavorazione tradizio- nale va benissimo, è perfetta- mente oliata – conferma Bertali. Laverasfidaèquellanuova».An- che cambiare marcia rispetto al passatoeallinearsiallenuovere- gole Candy è un lavoro che ri- chiede energia. Una prima scre- matura dei manager ereditati da Jinling,adesempio,nonèstataaf- fatto indolore. «Solo per il fatto di aver cambiato proprietà molti hanno deciso da soli di lasciare l’azienda, non potevano pensare diperderela faccia(mianzi,inci- nese).«Perfortunaabbiamo tro- vato qui un’ottima responsabile dellerisorseumane,chesièmol- to impegnata a spiegare a tutti, manager inclusi, le nuove regole del diritto cinese», dice Bertali. Lara mostra con orgoglio pre- sentazioni powerpoint in ingle- se e cinese, ci guida nell’analisi della busta paga di un’operaia, con tanto di voci e i versamenti contributivi. Aggiunge Lara: «Abbiamo dovuto assumere i mille commessi-rappresentan- ti, prima semplici collaboratori, il che ha fatto aumentare la vo- ce costo del lavoro e raddoppia- re il numero degli addetti». C’èun fatto sorprendente, pe- rò, nel quale lo stesso Bertali ha messo lo zampino. In ufficio ci sono ragazzi neolaureati. Sono bravissimi. Curiosi. Maghi del computer, parlano un ottimo in- glese.SonoilfuturodellaCandy- Jinling. «Li ho assunti io. Quan- to a me – dice Bertali – cedo vo- lentieri lo scettro a un direttore cinese. A patto di trovarlo». R.Fa. Risorse umane e ambiente sono le due variabili-chiave in un quadro legislativo sottoposto a continui cambiamenti Nuove frontiere ZHONGSHAN. Dal nostro inviato L’ altarino con la divinità buddista veglia sui 400 addetti dello stabili- mento Piquadro a Zhongshan gestitoda Uni Best Leather Go- ods co.ltd, società a capitale straniero a tre ore di macchina da Guangzhou. La divinità promette lauti guadagni per l’azienda bolo- gnese di pelletteria guidata dall’imprenditore Marco Pal- mieri e per i suoi tre soci di Hong Kong. L’eco della positi- va assemblea di bilancio di Pi- quadro, fresca di quotazione in Borsa, arriva, puntuale. Ma qui c’è da far andare l’azienda e il centro design e la logistica avanzatissima rimasti in Italia sono sideralmente lontani. Marco Palmieri, è all’estero. Anche Enea Savariello, re- sponsabile qualità e anello chiave tra Italia e Cina, è appe- na ripartito. Ci tocca il privilegio di visi- tare l’azienda insieme ai soci cinesi. Solo così, forse, la vera anima dell’operazione attiva- ta dal gruppo italiano in Cina viene a galla. Piquadro, per co- minciare, è un’azienda che non ha mai fatto mistero di produrre qui. A Zhongshan è presente da molti anni e i part- ner di oggi sono frutto di una serie di tentativi di alleanze non sempre attrettanto fortu- nati, come succede, a volte, al- le joint venture. I tre soci di Hong Kong lavo- ravano per un’azienda di pel- letteria. Poi, si sono messi in proprio. Oggi collaborano con gli italiani e sono concentrati sulla produzione. Anzi, sono la produzione. Due mondi, quello cinese e quello italiano, riescono per magìa a lavorare insieme, an- che a distanza, come gli ingra- naggi ben oliati di una ruota. Ma se chiedi a Jason, come si fa chiamare il direttore della fabbrica, di parlarti anche del design delle borse Piquadro o di come possano essere spedi- te in mezzo mondo, risponde- rà: «Sì, sì, ma se ne occupano in Italia. Palmieri. Enea». Co- me dire: qui facciamo le borse, e le facciamo bene. Viene da pensare che alleati simili, in Ci- na, non è tanto facile trovarli. Questi manager sembrano es- sere loro i protagonisti della produzione. Se non fossimo in Cina, nel Guangdong più pro- fondo, si potrebbe pensare di essere in un’azienda italiana di un’altra epoca. O, forse, di come ce ne saranno ancora da qualche parte in Italia, chissà. Sulla scrivania di Jason (ogni socio ha il suo ufficio se- parato dagli altri) ci sono, in bella mostra, i nuovi prototipi di borse, da controllare con scrupolo. Due addetti alle li- nee di produzione vengono re- darguiti sotto i nostri occhi per non aver controllato certi dettagli. «Le fasi della lavora- zione sono ormai a regime. In Cina siamo venuti ormai da tempo e non per sfruttare op- portunità a breve, nè l’ambien- te nè le persone», dice Marco Palmieri, a telefono dall’Italia. Anche il prodotto che riparte nei container viene vagliato con professionalità. I campio- ni, inviati in Italia, ritornano in laboratorio. «La pelle arriva dall’Italia, è la migliore – com- menta Jason –. Il resto viene ac- quistato da noi di Uni Best in Asia su indicazione di Piqua- dro al quale fatturiamo il pro- dotto finito». Quattrocento operai, molti del Nord, abita- no in una palazzina alle spalle della fabbrica. Negli anni, il rapporto ormai si è consolida- to e il turn over è solo del 10 per cento. R.Fa. IL CEDOLINO DELL’OPERAIA LIANG LIANXIAO Prima di due puntate LE FOTO Rita Fatiguso SHANGHAI. Dal nostro inviato Vien da pensare a Davide e Golia: lotta impari, sfida aperta. Ci vogliono spalle forti per affrontare la Cina: il talen- to e l’intraprendenza italiane, da sole, non possono sempre bastare. Così, siamo andati a vedere che aria tira davvero da quelle parti, visitando alcu- ne imprese italiane che hanno raccolto questa sfida, dal Guangdong allo Zhejiang fino allo Jangsu, via Shanghai. Real- tà di medie dimensioni che in tempi, con modalità e obietti- vi diversi, qui hanno puntato le loro carte. Manager cinesi e tecnici ita- liani, ingegneri e direttori di aziende ci hanno aiutato a rico- struire gli ostacoli più duri, in particolare quelli collegati alle risorse umane, inclusa l’applica- zione della nuova legge sul dirit- to del lavoro, e all’impatto am- bientale in un Paese in forte cre- scita. Difficoltà tipiche di un po- sto in cui nulla si può dare per scontato: che gli operai ti saran- no fedeli, che potrai acquistare in tempi certi un terreno o una concessione, che il contratto scritto sarà rispettato, che i livel- li di inquinamento da rispettare resteranno definiti, che potrai selezionare la persona giusta al- la quale affidare l’azienda e che non ti porterà via il business mettendosi in proprio e così via. Un Paese che offre grandi op- portunità, specie legate alle pro- spettive del mercato interno, ma anche grandi rischi. Una ter- ra in grande cambiamento, su cui l’Italia sconta un ritardo ge- neralizzato. I dati sulle realtà ita- liane, infatti, sono limitati: se- condo un censimento a maglie larghe effettuato dall’Osserva- torio Asia su dati della Camera di commercio italiana in Cina a stento si superano le 1.400 uni- tà. Il nocciolo duro, ovviamen- te, è ben più ridotto. Gli "irridu- cibili" sono circa 300, di dimen- sioni contenute, insediati lungo la costa da Sud a Nord-Est, che resta la zona più industrializza- ta del Paese. Per il 12% sono an- cora joint venture che, specie quelle non andate a buon fine, turbano ancora i sogni di parec- chi imprenditori. L’emergenza oggi è la cresci- ta del costo del lavoro. Tutte le aziende italiane che ci hanno aperto le porte, però, l’hanno confermato, in coro: la Cina non è un Paese per speculazio- ni a breve. Sia che ci si muova come sistema Paese, sia in soli- taria, ci sono regole non scritte da comprendere in fretta e ri- spettare. Il che spiega anche perché alcune esperienze targa- te made in Italy, al contrario, si candidano a diventare casi da manuale. [email protected] p Busta paga. Ecco un particolare del cedolino dell’operaia della Jinling-Candy, Liang Lianxiao: il netto, in busta, a maggio è stato di 1171,31 yuan (circa 120 euro). L’ARTICOLO 1) Interno del laboratorio SharMoon 2)Commessa-dipendente nel reparto Jiling di un grande magazzino 3) Divinità buddista negli uffici Piquadro 4) Operaio al taglio delle borse 5) Ore 9, riunione dei manager di Jinling-Candy in divisa color kaki. Il passaggio obbligato è la riforma dell’impiego Obiettivi primari: controlli su qualità e produzione DA WENZHOU A JIANGMEN LE AZIENDE Natura giuridica delle aziende italiane in Cina Fonte: Camera commercio italiano in Cina su campione di 373 aziende Uffici di rappresentanza 43% Interamente di proprietà 45% Joint venture 12% Così nasce la nuova fabbrica La tendenza a costituire joint venture comincia a scemare, in prospettiva si punta alla produzione per il mercato interno p Il titolo, alla lettera, suona così: «Il dirigente straniero fa rapporto ai lavoratori cinesi». Ecco uno stralcio dell’articolo pubblicato dal quotidiano di Wenzhou, Pan Xiuhui, che descrive come i manager dell’azienda italocinese SharMoon stanno introducendo nella fabbrica le nuove regole del diritto del lavoro cinese in vigore dal 1˚gennaio 2008. 2 IL MODELLO L’azienda bolognese si è alleata con tre soci di Hong Kong Il titolare Palmieri: non siamo qui di passaggio 1 3 4 Shanghai 19 Guangdong 19 Jiangsu 17 Zhejiang 8 Shandong 7 Tianjin 5 Beijing 4 Altro 21 LE PROVINCE Gli investimenti nel manifattu- riero. Valori in percentuale Fonte: Osservatorio Asia 5 IL CENSIMENTO Una presenza limitata costituita in parte da accordi paritetici tra cui iniziano a delinearsi le prime buone prassi Il laboratorio tessile in assemblea

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Il Sole 24 Ore

Giovedì 3 Luglio 2008 - N. 182 Economia e imprese 19

INCHIESTAL’INTERNAZIONALIZZAZIONE

SharMoon (Gruppo Zegna). Su salari e welfare prove di dialogo con le rappresentanze degli operai Piquadro. Da Zhongshan borse di design

WENZHOU. Dal nostro inviato

C’è un’azienda delloZehjiang che suscitascalpore tra le migliaia

attive in una delle aree più ric-cheedinamichedella Cina.

SharMoonèunajointventureitalocinese – così la definisce ilquotidianoPanXiuhui–chepro-duceabiti maschilidi qualità su-periore alla media nazionale. IlgiornalistaWuDongliangcoprea fatica la sorpresa descrivendola seguente scena: «Le luci dellasala riunioni della joint ventureSharMoon garments Ltd eranoaccesefinoatardi ierisera.LelioGavazza, il direttore generaledello stabilimento, ha fatto rap-porto per dieci minuti agli 85membri del sindacato azienda-le.Perlaprimavoltairappresen-tanti degli oltre 850 dipendentihannopotutoconoscereobietti-vi,programmisalarialiewelfaredell’annoprossimo».

SharMoon è un’azienda cheapplica il nuovo diritto del lavo-ro invigore dal 1˚gennaio,operanell’epicentro produttivo delloZehjiang: qui si lavora tanto,l’areaèilpiùgrandedistrettodeltessile. Un marchio cinese crea-to dal nulla da tre fratelli wen-zhouesi,partitidaunamacchinadacucire allestita inungarage.

Da qualche anno il marchio èentrato nell’orbita del gruppoErmenegildo Zegna, tra i piùamati del made in Italy in Cina,il mercato di elezione è esclusi-vamente locale. L’obiettivo èquello di migliorare la qualitàper puntare a un target preciso:la nascente classe media. Cosìgli abiti, di ottima fattura, costa-no meno delle varianti firmateErmenegildo Zegna, di cui ripe-tono forme e linee, nonchè lastessacuradeidettagli.

In centro città SharMoon haapertoduenegozicongrandive-

trine sulla strada: l’arredamen-to ricorda il design del più raffi-natomadeinItaly.Arriva, trafe-lato,uncliente.Lacommessaci-nesenonfanemmenoatempoaindicargli il camerino, un gestoetvoilà, l’uomo resta a torsonu-do, prova l’abito direttamentenelnegozio, siamo in Cina, l’eti-chetta segue altri schemi. An-che il gusto è diverso: sulle ra-strellieregli abiti di taglio italia-no, i completi in doppio canvassi alternano a polo a righine intoni pastello,di quelle chetantopiaccionoai cinesi.

Gli investimenti fatti a Shar-Moon sono ingenti, gli operaidevono essere formati, le nuo-ve macchine per stirare le giac-che, ad esempio, sono ancorasottoutilizzate. «L’addestra-mento – ammette Lelio Gavaz-za–èimpegnativo.Mapassaan-che attraverso l’educazione astarenella fabbricastessa».Nei

laboratori di SharMoon non sientra senza calzare copriscar-pe inplastica usaegetta.

Gavazza è a Wenzhou da treanni.Con un manipolodi colle-ghi italiani deve misurarsi dicontinuo con la realtà cinese.«Un commento sulla riformadellavoro?Forsesièfattoilpas-so più lungo della gamba. Noistiamo facendo di tutto per ap-plicarla gradualmente, inclusala costituzione del fondo di so-stegnoperil sindacato, l’elezio-ne di un rappresentante nel bo-ard, l’assemblea con la letturadeipiani aziendali».

SharMoon fa l’effetto di unamoscabianca,taledadestarean-chelasorpresadelgiornalistaci-nese.Mapochidubbichel’azien-da abbia visto giusto sul merca-to. «Il mercato c’è, eccome -commenta Silvio Galimberti,managingdirectordiSharMoon.Nella bufera che sta squassandoilcompartotessilecinese,gliabi-ti maschili sono gli unici ad averguadagnato quote di mercato.Addirittura il40percento».

R.Fa.

di Michele Tiraboschi

Parlaredellerelazionidila-voroinCinaconiconcet-ti e le categorie giuridi-

chedinoioccidentalièun’ope-razione quasi impossibile. LaCina,infatti,nonhaancoraspe-rimentato una classica rivolu-zioneindustriale,nèhamaico-nosciutounveroepropriomer-catodellavoro.

Senza vere relazioni indu-striali nè contrattazione indivi-duale, il Partito Comunista hadettato condizioni di lavoro etrattamenti retributivi di unaforza-lavoro imponente chetanto preoccupa le economieoccidentali. Ancora oggi, lamaggior parte della popolazio-neèclassificatacomerurale.

I primi segnali di cambia-mento si sono registrati solosul volgere del secolo scorso.Dapprima con la riforma dellearee rurali, poi di quelle urba-ne. Grazie a una maggiore mo-bilitàdei lavoratoriealsupera-mento del monopolio statalenell’allocazione della forza-la-voro,siècreatounmercatopiùliberoedecentrato.Globalizza-zione e progressiva aperturaagli investimenti internaziona-li hanno fatto il resto. L’econo-mia pianificata non contribui-va all’efficienza di un mercatodel lavoro rigido e minuziosa-mente predeterminato. Perògarantivaailavoratori,seppuresotto il manto ideologico di unegualitarismodifacciata,pienaoccupazione,stabilitàdel lavo-ro, standard retributivi unifor-mi. Con il decentramento e laprogressiva liberalizzazionedellelogichediincontrotrado-manda e offerta di lavoro si so-no innescate le prime tensionisul mercato del lavoro gestitedal governo cinese faticosa-menteeconinterventiparziali.

Sispiegacosìl’enormeattesaper la riforma del giugno 2007invigoredagennaiocheharivo-luzionato, almeno sulla carta, ilquadroregolatoriodeirapportidilavoro.Unariformaosteggia-tadallemultinazionaliamerica-ne ma, prima ancora, dalle am-ministrazioni locali chiamate aimplementare, senza risorse epreparazione culturale, un in-sieme di tutele visto come ungravefrenoallosviluppo.

È prematuro valutare qualesarà il reale impatto di questanuovalegislazionesulfunziona-mentodelmercatodellavoroci-nese e, indirettamente, sugliequilibrieconomiciesocialidel-la nuova Cina. La messa a regi-medellenuovenormesiannun-cialungaetravagliata,comedi-mostral’asprodibattitoinnesca-to dall’emanazione, lo scorsomaggio, della bozza di regola-mento di attuazione. Certo èuna svolta culturale di non po-co conto, non solo rispetto allapregressaesperienzadiun’eco-nomiacentralizzataediunacul-tura giuridica diffidente versolaleggescritta.

Sipuòpresumerechelanuo-va disciplina, nell’innalzare glistandardnormatividituteladeilavoratori, non avrà nel breveperiodounelevatotassodieffet-tività. Un recente rapportodell’Iloconfermailbassolivellodi tuteladei lavoratori cinesi. Apartiredalledonne,daigiovani,aprogrammistatalidialternan-za scuola-lavoro, dietro i qualinon di rado si nascondono for-me di sfruttamento del lavorominorile.Pernonparlaredella-voroforzato,chefioriscenono-stanteidivieti.

Lariformaèunpassaggioob-bligato per consolidare un ve-ro e proprio mercato del lavo-ro. Anche in Cina dovrà stabi-lirsi un libero sindacato (oggiesisteilsindacatounico,subor-dinato al Partito Comunista) eun effettivo sistema di relazio-ni industriali in grado di tra-sporrenellaprassideirapportidi lavoro i precetti formali eastrattidi legge.Inclusoil rico-noscimento del diritto sciope-ro,ancoraogginegato.

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del lavoro cinese e sulle recenti

riforme

Candy-Jinling. Doppia catena di montaggio per lavatrici

In Cina è finita l’era del lavoro low costViaggio tra le 1.400 aziende miste insediate nel Paese: il rincaro della manodopera comincia a pesare

LAROTTA DEL SUD-EST

JIANGMEN. Dal nostro inviato

Alberto Bertali, managerpiemontesedilungocor-so alla Candy, dirige la

fabbrica di lavatrici Jinling,l’aziendacinesepubblicaacqui-stata due anni fa dal gruppobrianzolo di elettrodomesticiche ne detiene la maggioranza.Bertali deve fare i conti con lamentalitàcinese,avoltediame-tralmente opposta a quella ita-liana.Impostazionemanageria-le vecchio stampo, tante espe-rienze all’estero, il direttore distabilimento come per riflessocondizionato quasi perde lestaffe, per un attimo: in linea dimontaggio un tecnico italiano

sièsostituitoaunoperaio cine-se. «Se fai tu il suo lavoro, luinon imparerà mai!», gli diceBertali. «Noi stessi stiamo cer-cando di capire cos’è questanuova fabbrica cinese», avevadettoqualchesettimanafal’am-ministratoredelegato delgrup-po, Aldo Fumagalli, illustrandolanuovastrategiadelgruppo.AJiangmenc’è tantolavorodafa-reperrenderelafabbricapiùef-ficiente. E Bertali è costretto afare appello a tutta la sua espe-rienza per ottimizzare i risulta-ti. Nel Guangdong, la regionesullaqualesiabbattonoinegualmisura la crisi economica checostringeglistessicinesiachiu-

dere o delocalizzare e le pioggetropicali,Candyhadecisodiaf-fiancare alla classica linea di la-vatrici con apertura dall’alto elavaggio a freddo, tanto amatedai cinesi, una seconda fabbri-ca,nuovadizecca.Nataappenaunannofa,Jinling2produce,in-vece, modelli europei, con oblòfrontaleelavaggioadacquacal-da.«Nonècosì semplice,ma celapossiamofare,adavviareunalavorazione diversa. Educandoil mercato a un diverso prodot-to,maanche glioperaia lavora-realla catena»,dice Bertali.

Al mattino tutti i manager delgruppo, per la maggior parte ci-nese,indivisacolorkakisiedono

intornoaltavolocolormoganoti-rato a lucido e fanno una primariunione della giornata. «Il pun-to è che la lavorazione tradizio-nale va benissimo, è perfetta-mente oliata – conferma Bertali.Laverasfidaèquellanuova».An-che cambiare marcia rispetto alpassatoeallinearsiallenuovere-gole Candy è un lavoro che ri-chiede energia. Una prima scre-matura dei manager ereditati daJinling,adesempio,nonèstataaf-fatto indolore. «Solo per il fattodiavercambiatoproprietàmoltihanno deciso da soli di lasciarel’azienda,nonpotevanopensarediperderelafaccia(mianzi,inci-nese).«Perfortunaabbiamotro-vato qui un’ottima responsabiledellerisorseumane,chesièmol-to impegnata a spiegare a tutti,managerinclusi, lenuoveregoledeldirittocinese»,diceBertali.

Laramostraconorgogliopre-sentazionipowerpoint iningle-se e cinese, ci guida nell’analisidella busta paga di un’operaia,con tanto di voci e i versamenticontributivi. Aggiunge Lara:«Abbiamo dovuto assumere imille commessi-rappresentan-ti,primasemplicicollaboratori,il che ha fatto aumentare la vo-cecostodellavoroeraddoppia-re il numerodegli addetti».

C’èunfattosorprendente,pe-rò, nel quale lo stesso Bertali hamesso lo zampino. In ufficio cisono ragazzi neolaureati. Sonobravissimi. Curiosi. Maghi delcomputer,parlanounottimoin-glese.SonoilfuturodellaCandy-Jinling. «Li ho assunti io. Quan-to a me – dice Bertali – cedo vo-lentieri lo scettro a un direttorecinese.Apattodi trovarlo».

R.Fa.

Risorse umane e ambiente sono le due variabili-chiavein un quadro legislativo sottoposto a continui cambiamenti

Nuove frontiere

ZHONGSHAN. Dal nostro inviato

L’altarino con la divinitàbuddista veglia sui 400addetti dello stabili-

mento Piquadro a ZhongshangestitodaUniBestLeatherGo-ods co.ltd, società a capitalestranieroatreoredimacchinadaGuangzhou.

La divinità promette lautiguadagni per l’azienda bolo-gnese di pelletteria guidatadall’imprenditore Marco Pal-mieri e per i suoi tre soci diHongKong.L’ecodellapositi-va assemblea di bilancio di Pi-quadro, fresca di quotazionein Borsa, arriva, puntuale. Maqui c’è da far andare l’aziendae il centro design e la logisticaavanzatissima rimasti in Italiasono sideralmente lontani.Marco Palmieri, è all’estero.Anche Enea Savariello, re-sponsabile qualità e anellochiavetraItaliaeCina,èappe-naripartito.

Ci tocca il privilegio di visi-tare l’azienda insieme ai socicinesi. Solo così, forse, la veraanima dell’operazione attiva-ta dal gruppo italiano in Cinavieneagalla.Piquadro,perco-minciare, è un’azienda chenon ha mai fatto mistero diprodurre qui. A Zhongshan èpresentedamoltiannieipart-ner di oggi sono frutto di unaserie di tentativi di alleanzenon sempre attrettanto fortu-nati, come succede, a volte, al-le jointventure.

ItresocidiHongKonglavo-ravano per un’azienda di pel-letteria. Poi, si sono messi inproprio.Oggicollaboranocongli italiani e sono concentratisulla produzione. Anzi, sonolaproduzione.

Due mondi, quello cinese equello italiano, riescono permagìa a lavorare insieme, an-che a distanza, come gli ingra-naggi ben oliati di una ruota.Ma se chiedi a Jason, come sifa chiamare il direttore dellafabbrica, di parlarti anche deldesign delle borse Piquadro odicomepossanoesserespedi-te in mezzo mondo, risponde-

rà: «Sì, sì, ma se ne occupanoin Italia. Palmieri. Enea». Co-medire:qui facciamoleborse,e le facciamo bene. Viene dapensarechealleatisimili, inCi-na, non è tanto facile trovarli.Questi manager sembrano es-sere loro i protagonisti dellaproduzione.SenonfossimoinCina, nel Guangdong più pro-fondo, si potrebbe pensare diessere in un’azienda italianadi un’altra epoca. O, forse, dicome ce ne saranno ancora daqualcheparte inItalia, chissà.

Sulla scrivania di Jason(ognisocio ha il suo ufficiose-parato dagli altri) ci sono, inbella mostra, i nuovi prototipidi borse, da controllare con

scrupolo. Due addetti alle li-neediproduzionevengonore-darguiti sotto i nostri occhiper non aver controllato certidettagli. «Le fasi della lavora-zione sono ormai a regime. InCina siamo venuti ormai datempo e non per sfruttare op-portunitàabreve,nèl’ambien-te nè le persone», dice MarcoPalmieri, a telefono dall’Italia.Anche il prodotto che ripartenei container viene vagliatocon professionalità. I campio-ni, inviati inItalia,ritornanoinlaboratorio. «La pelle arrivadall’Italia, è la migliore – com-mentaJason–.Ilrestovieneac-quistato da noi di Uni Best inAsia su indicazione di Piqua-dro al quale fatturiamo il pro-dotto finito». Quattrocentooperai, molti del Nord, abita-no in una palazzina alle spalledella fabbrica. Negli anni, ilrapportoormai si èconsolida-to e il turn over è solo del 10percento.

R.Fa.

IL CEDOLINO DELL’OPERAIA LIANGLIANXIAO

Prima di due puntate

LEFOTO

Rita FatigusoSHANGHAI. Dal nostro inviato

Vien da pensare a Davidee Golia: lotta impari, sfidaaperta.Civogliono spalle fortiper affrontare la Cina: il talen-to e l’intraprendenza italiane,da sole, non possono semprebastare. Così, siamo andati avedere che aria tira davveroda quelle parti, visitando alcu-ne imprese italiane che hannoraccolto questa sfida, dalGuangdong allo Zhejiang finoalloJangsu,viaShanghai.Real-tà di medie dimensioni che intempi, con modalità e obietti-

vi diversi, qui hanno puntatole loro carte.

Manager cinesi e tecnici ita-liani, ingegneri e direttori diaziende ci hanno aiutato a rico-struire gli ostacoli più duri, inparticolare quelli collegati allerisorseumane,inclusal’applica-zionedellanuovaleggesuldirit-to del lavoro, e all’impatto am-bientaleinunPaeseinfortecre-scita.Difficoltàtipichediunpo-sto in cui nulla si può dare perscontato:che gli operai ti saran-no fedeli, che potrai acquistarein tempi certi un terreno o unaconcessione, che il contrattoscrittosaràrispettato,cheilivel-li di inquinamento da rispettare

resteranno definiti, che potraiselezionarelapersonagiustaal-la quale affidare l’azienda e chenon ti porterà via il businessmettendosiinproprioecosìvia.

UnPaesecheoffregrandiop-portunità,specielegateallepro-spettive del mercato interno,maanchegrandirischi.Unater-ra in grande cambiamento, sucui l’Italia sconta un ritardo ge-neralizzato.Idatisullerealtàita-liane, infatti, sono limitati: se-condo un censimento a maglielarghe effettuato dall’Osserva-torio Asia su dati della Cameradi commercio italiana in Cina astento si superano le 1.400 uni-tà. Il nocciolo duro, ovviamen-te,è benpiù ridotto.Gli "irridu-cibili" sonocirca300,didimen-sionicontenute, insediati lungola costa da Sud a Nord-Est, cheresta la zona più industrializza-ta del Paese. Per il 12% sono an-cora joint venture che, speciequelle non andate a buon fine,turbanoancoraisognidiparec-chi imprenditori.

L’emergenza oggi è la cresci-ta del costo del lavoro. Tutte leaziende italiane che ci hannoaperto le porte, però, l’hannoconfermato, in coro: la Cinanon è un Paese per speculazio-ni a breve. Sia che ci si muovacome sistema Paese, sia in soli-taria, ci sono regole non scritteda comprendere in fretta e ri-spettare. Il che spiega ancheperchéalcuneesperienzetarga-te made in Italy, al contrario, sicandidano a diventare casi damanuale.

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p Busta paga. Eccounparticolaredelcedolinodell’operaiadellaJinling-Candy,LiangLianxiao:ilnetto,inbusta,amaggioèstatodi1171,31yuan(circa120euro).

L’ARTICOLO

1) Interno del laboratorioSharMoon2)Commessa-dipendentenel reparto Jiling di ungrande magazzino3) Divinità buddista negliuffici Piquadro4) Operaio al taglio delleborse5) Ore 9, riunione deimanager di Jinling-Candyin divisa color kaki.

Il passaggioobbligatoè la riformadell’impiego

Obiettivi primari:controlli su qualitàe produzione

DA WENZHOU A JIANGMEN

LE AZIENDENatura giuridica delle aziendeitaliane in Cina

Fonte: Camera commercio italianoin Cina su campione di 373 aziende

Ufficidi rappresentanza43%

Interamentedi proprietà45%

Jointventure

12%

Così nasce la nuova fabbrica

La tendenza a costituire joint venture comincia a scemare,in prospettiva si punta alla produzione per il mercato interno

p Il titolo, alla lettera, suonacosì: «Il dirigente straniero farapporto ai lavoratori cinesi».Ecco uno stralcio dell’articolopubblicato dal quotidiano diWenzhou, Pan Xiuhui, chedescrive come i managerdell’azienda italocineseSharMoonstanno introducendonella fabbrica le nuove regole deldiritto del lavoro cinese in vigoredal 1˚gennaio 2008.

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ILMODELLOL’azienda bolognesesi è alleata con tre socidi Hong KongIl titolare Palmieri: nonsiamo qui di passaggio

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Shanghai 19Guangdong 19Jiangsu 17Zhejiang 8Shandong 7Tianjin 5Beijing 4Altro 21

LE PROVINCE

Gli investimenti nel manifattu-riero. Valori in percentuale

Fonte: Osservatorio Asia5

ILCENSIMENTOUna presenza limitatacostituita in parteda accordi paritetici tracui iniziano a delinearsile prime buone prassi

Il laboratorio tessile in assemblea