L’INTEGRALE DEFINITO Portfolio

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L’INTEGRALE DEFINITO Portfolio Di Di Di Di Gaetano De Michele Gaetano De Michele Gaetano De Michele Gaetano De Michele SSIS IX Ciclo-Università di L’Aquila Coordinatore Prof. Bruno Rubino Prof. Bruno Rubino Prof. Bruno Rubino Prof. Bruno Rubino Integrale definito di una funzione reale di variabile reale

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L’INTEGRALE DEFINITO

Portfolio DiDiDiDi

Gaetano De MicheleGaetano De MicheleGaetano De MicheleGaetano De Michele

SSIS IX Ciclo-Università di L’Aquila

Coordinatore

Prof. Bruno RubinoProf. Bruno RubinoProf. Bruno RubinoProf. Bruno Rubino

Integrale definito di una funzione

reale di variabile reale

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L’integrale definito può essere introdotto partendo dal problema del calcolo delle aree e attraverso un richiamo storico, in questo modo è possibile affiancare facilmente l’interpretazione geometrica dell’integrale che facilita la comprensione dei concetti stessi. Inoltre questo aspetto è interessante anche perché permette di passare da un insegnamento disciplinare ad un insegnamento interdisciplinare stimolando le diverse intelligenze ( Nelle sette intelligenze di Gardner oltre a quella logico matematica c’è anche per esempio quella linguistica o spaziale visiva…) L’aspetto storico fa comprendere che in ogni disciplina non tutto è già dato come verità certa ed immutabile ma ci sono sempre miglioramenti e ripensamenti da parte dell’uomo in continua evoluzione. In termini moderni si integra generalmente una funzione, ma in antichità i problemi di integrazione erano di natura prettamente geometrica. Si potrebbe dividere la classe in gruppi e dopo aver disegnato un cerchio alla lavagna invitare loro a trovare un metodo per calcolare l’area del cerchio sapendo calcolare l’area di poligoni regolari. In questa fase a-didattica si crea una situazione problematica in cui gli studenti vengono stimolati a formulare ipotesi servendosi della loro intuizione e creatività. In una fase successiva si potrebbe far calcolare loro l’area di poligoni regolari inscritti e circoscritti in un cerchio di raggio unitario al variare del numero n di lati riportando i dati in una tabella.

Geometria e funzioni, apparentemente concetti distaccati, hanno generato ed adottato lo stesso metodo di analisi che ha superato indenne quasi tremila anni di storia. Questo metodo è fondamentalmente una fusione di procedimenti meccanici, fisici e matematici; esso parte da un sistema di analisi infinitesimale chiamato metodo di esaustione, inventato da Eudosso di Cnido, che si proponeva di riempire, letteralmente, un’area con delle figure note tali che la loro somma approssimasse l’area cercata. Archimede perfeziona questo metodo inserendo il concetto di momento statico delle figure. Come se si trattasse di “pesare” le aree e di trovare il punto d’equilibrio della bilancia utilizzata. Il metodo di esaustione rappresenta uno schema fisso al quale si ricorre quando si vuole dimostrare l’equivalenza di due grandezze omogenee Q e Q´ (aree, volumi, lunghezze, etc.). Gli storici ritengono che ad Eudosso debba essere riconosciuto il merito di aver affrontato con successo tale questione, introducendo un concetto simile a quello che noi chiamiamo piccolo a piacere e istituendo con rigore logico una sorta di passaggio al limite. Con il termine esaustione, che fu introdotto nel 1647 da Gregorio De Saint Vincent si identifica un metodo che consente di dimostrare l'uguaglianza di due aree o di due volumi, senza far ricorso esplicitamente all'infinito

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Due grandezze omogenee Q e Q´ sono equivalenti, quando esistono, per ogni ε , altre due coppie di grandezze A e A´, B e B´, fra loro equivalenti, le quali comprendono rispettivamente Q e Q´, in modo che la loro differenza sia minore di un prefissato ε.

Α≡Α ′ ∧ Β≡Β ′ A < Q < B A’ < Q’ < B’ ,

B-A ≡ B’ –A’ < ε Se Q e Q´ sono effettivamente equivalenti, allora A = A′ ∧ B = B′ Ad esempio per determinare un numero nell’insieme R dei numeri reali, si può costruire un intervallo di altri due numeri, uno maggiore ed uno minore, attorno al numero cercato. Consideriamo il numero 3, nell’insieme R.

3∈[1 , 5] questo è vero, ma la condizione non è valida solo per il tre, ma anche per il 3,1 o il 4. Bisogna allora precisare l’intervallo.

1< 3 < 5 1, 5 < 3 < 4 ,5 2 < 3 < 4 2 ,5 < 3 < 3, 5 2, 9 < 3 < 3,1 2 ,8 < 3 < 3, 2 2 ,945 < 3 < 3, 021 2, 994 < 3 < 3, 013 Si costruiscono, quindi, due successioni numeriche che tendono al numero, o alla grandezza, cercati. Una successione sarà crescente, avrà il numero come limite e tutti i suoi termini saranno minori del numero considerato; l’altra successione sarà decrescente, avrà ancora come limite il numero considerato, ma tutti i suoi termini saranno maggiori del numero considerato. Il metodo di esaustione è in questo modo interpretato in chiave moderna. E’ bene ricordare che nell’antichità questo procedimento era stato sviluppato soprattutto in campo geometrico e all’idea di limite di due successioni convergenti, si preferiva l’idea analoga di limite da “riempire” con grandezze note. In questo modo si utilizzano anche più registri semiotici in modo da far vedere lo stesso concetto da punti di vista diversi favorendone la comprensione. Si prosegue con l’obiettivo di calcolare l’area di una superficie piana delimitata dal grafico della funzione f(x). E’ possibile creare un ulteriore situazione a-didattica in cui si propone agli studenti di disegnare una funzione su un foglio a quadretti e trovare un metodo per approssimare l’area del trapezoide individuato dopo aver fissato gli estremi a e b sulle ascisse.

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Si usano i quadretti “interni” ed eventualmente anche quelli che intersecano il grafico della funzione. Questo stimola loro a problematiche del tipo:

• Come sono tra loro l’approssimazione dall’interno e quella che prende anche i quadrati che

intersecano il grafico? • Come si pone l’area effettiva della figura rispetto alle due approssimazioni? • Come cambia la situazione se varia il lato dei quadretti del foglio? • Come posso ottenere, usando questo metodo, l’area effettiva?

Tutto questo permette la Devoluzione, atto attraverso il quale l’insegnante consegna l’obiettivo cognitivo agli studenti ottenendo che essi impegnino la loro personale responsabilità nella risoluzione di un problema. Per il teorema fondamentale del calcolo integrale, l'integrale risulta essenzialmente essere una operazione inversa a quella della derivata. Si differenzia da questa però per questo motivo fondamentale: contrariamente a quanto accade per la derivata, non ci sono degli algoritmi che permettano di calcolare l'integrale di qualsiasi funzione definita a partire da funzioni elementari. Vi sono comunque numerosi metodi di integrazione, con cui risolvere buona parte degli integrali più semplici. Il concetto di integrale è stato sempre legato al concetto di misura. La definizione stessa di integrale è legata ad un problema fondamentale: come "misurare" lunghezze, aree e volumi di sottoinsiemi della retta, del piano, dello spazio? Ciascuna possibile risposta a questa domanda fornisce una definizione di integrale: le definizioni più utilizzate sono l'integrale di Riemann e l'integrale di Lebesgue Il problema originario del calcolo integrale è quello di definire e calcolare “l'area” della figura che ha per bordi un intervallo I sull'asse delle ascisse, limitato e chiuso (l'intervallo di integrazione), il grafico di una assegnata funzione f (la funzione integranda) definita e limitata su I, ed i segmenti verticali condotti dagli estremi dell'intervallo I al grafico della funzione f. Il numero reale che esprime tale area viene chiamato integrale della funzione f esteso all'intervallo I. Se il grafico della funzione f è costituito da uno o più segmenti, il problema si risolve facilmente, poiché la figura si può scomporre in rettangoli o trapezi, di cui sappiamo definire e calcolare le aree: la somma algebrica di tali aree è – per definizione – l'integrale cercato. Nel caso generale, l'idea di base consiste nel suddividere la figura in sottili strisce verticali, che siano assimilabili a rettangoli: calcolando l'area di ciascun rettangolino e sommando i risultati così ottenuti, si può

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ritenere di avere un'approssimazione del numero che cerchiamo. Si può sperare che suddividendo in strisce sempre più sottili, si ottengano approssimazioni sempre migliori dell'integrale cercato. E' interessante notare che il simbolo di integrale non è altro che la stilizzazione della lettera greca sigma Σ che in matematica ha il significato usuale di sommatoria. Ciò ad indicare appunto che l'integrale è una sommatoria. Quindi favorendo una discussione fra i ragazzi si giunge ad una fase di Validazione, essa si ha quando uno studente, dopo aver proposto una propria costruzione concettuale agli altri o una propria risposta al problema che si sta risolvendo, accetta l’invito dell’insegnante-regista a difendere la propria costruzione privata di conoscenza. Solo dopo si può passare alla formalizzazione del concetto. Nel nostro caso come calcolare l’area A del trapezoide individuato dal grafico della funzione y = f(x), non negativa sull’intervallo [a,b]. Cominciamo considerando una funzione f(x), definita su un intervallo limitato e chiuso I contenuto in R , I = [a, b], che su tale intervallo risulti limitata. Ora suddividiamo l'intervallo , tramite una partizione , in n intervalli [xi-1,xi ] e per ogni sub-intervallo definiamo queste due quantità:

mi = inf {f (x) : xi-1 < x < xi}

Mi = sup {f (x) : xi-1 < x < xi}

Questi due valori sono l'estremo inferiore e l'estremo superiore delle ordinate dei punti del grafico della funzione f(x) limitatamente al sub-intervallo [xi-1,xi ]. Tali valori esistono certamente, poiché la f(x) è limitata su tutto l'intervallo I, ma non è detto, tuttavia, che siano facilmente calcolabili.

Si definisce somma inferiore di Darboux , relativa alla partizione D, il numero reale:

Analogamente, si definisce somma superiore di Darboux , relativa alla partizione D, il numero reale:

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Da notare che la funzione di cui abbiamo disegnato il grafico è stata scelta positiva solo per comodità.

Lemma: Integrale di Riemann

Sia m ≤ f(x) ≤ M per ogni x appartenente all’intervallo [a,b] allora per ogni coppia di

partizioni D ,D1 di si ha:

m(b-a) ≤ S(D) ≤ S(D1) ≤ M(b-a)

man mano che il numero di punti di divisione aumenta (e contemporaneamente l’ampiezza di ogni sub-intervallo diminuisce), le aree dei due scaloidi approssimeranno sempre meglio quella del trapezoide: la prima per eccesso, la seconda per difetto. Siano

δ= s(D) per ogni partizione di [a,b] ∆ = S(D) per ogni partizione di [a,b]

Dal lemma precedente possiamo dedurre che gli insiemi sono separati cioè:

s ≤ S per ogni s elemento di δ e per ogni S elemento di ∆

L'assioma di Dedekind sulla completezza di afferma allora che esiste almeno un numero reale

tale che:

s ≤ ξ ≤ S per ogni s elemento di δ e per ogni S elemento di ∆

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Se vi è un unico elemento di separazione tra allora si dice che f(x) è integrabile in [a,b]

secondo Riemann e l'elemento si indica con:

e si chiama integrale definito di f in [a,b]. I numeri a,b sono detti "estremi di integrazione" ed f è detta "funzione integranda".

L'integrale di f nell'intervallo chiuso e limitato [a,b] è il limite per n che tende ad infinito della somma integrale

se tale limite esiste finito e non dipende dalla scelta dei punti nel s-esimo subintervallo di [a,b]:

L'esistenza di un unico elemento separatore tra nella definizione precedente è equivalente a richiedere che:

s(f) = S(f)

in questo caso: s(f) = S(f) = Penso sia importante arrivare alla definizione di integrale ribadendo l’esistenza di un elemento separatore assicurata dall’assioma di Dedekind, molto spesso si arriva a definire l’integrale definito dicendo semplicemente che “esiste perché si vede che l’area cercata e quella della somma di infiniti rettangolini”. In questo modo a mio avviso si banalizza e si rischia di dare una visione errata di dimostrazione in matematica .Ricordo la struttura ternaria dell’albero deduttivo con ipotesi, enunciato terzo e tesi; l’inferenza, cioè il passaggio da proposizioni date come premessa o come ipotesi ad una proposizione data come conclusione deve avvenire in base ad una regola.

∫b

a

dxxf )(

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A mio avviso è inoltre utile dire che esistono diversi modi per definire l'integrale di una funzione. Tra i più importanti, oltre all'integrale di Riemann, sopra riportato, è degna di nota la modalità di definizione nota come integrale di Lebesgue.In realtà dal ‘600 all’800 si dava per scontato l’esistenza dell’area di una superficie e l’integrale era uno strumento per calcolarla. A. Cauchy nel 1823 pensò bene di definire l’area come l’integrale stesso. Ma questo non bastò finché c’erano funzioni che non erano integrabili. Ci si accorse che era necessario precisare una misura dell’insieme di discontinuità. La nozione di Peano-Jordan non era più sufficiente. Ci pensò nel 1902 H. Lebesgue con il concetto di “misura di Lebesgue”.Oggi i matematici considerano una superficie dotata di area quand’essa è misurabile secondo Lebesgue. L’integrale di Riemann è un caso particolare della nozione di misura secondo Peano-Jordan; l’integrale di Lebesgue è un caso particolare della misura di Lebesgue. La nozione di misura di Lebesgue è più generale rispetto a tutte le definizioni precedenti. La definizione dell'integrale di Lebesgue, al contrario dell'integrale di Riemann, si basa sulla definizione di area (definita in altro modo), o più in generale di misura di una superficie o di un insieme. Invece di approssimare tramite funzioni a gradini come si fa per l'integrale di Riemann, per calcolare l'integrale di Lebesgue si fa uso delle funzioni semplici, ovvero funzioni che assumono un numero finito di valori. Si dimostra che il risultato ottenuto dall'integrale proprio di Riemann, quando esiste, coincide con l'integrale di Lebesgue. Al contrario esistono casi in cui esiste l'integrale di Lebesgue ma non esiste l'integrale di Riemann. Come esempio si può riportare una funzione di variabile reale x. Si definisca f(x)=0 quando x è 0, f(x)=−1 quando x è negativa e f(x)=1 quando è positiva. Allora f è una funzione semplice, poiché la sua immagine è {-1,0,1}, che è un insieme finito, e si può dimostrare che questa funzione è misurabile nello spazio degli insiemi misurabili secondo Lebesgue. Un altro esempio è la funzione caratteristica dei numeri

razionali, che assume il valore 1 sull'insieme misurabile e ,il valore 0 sull'insieme misurabile

.

Questo argomento anche se non approfondito e affrontato in modo dettagliato può essere introdotto almeno dal punto di vista intuitivo in modo da lasciare agli studenti una visione più ampia e generale del concetto di integrale

Si introduce quindi il teorema fondamentale del calcolo integrale ricavato, ancora una volta, in modo intuitivo. A tale proposito si è considerato il rapporto incrementale

Si riconosce che l’integrale rappresenta geometricamente l’area del trapezoide individuato dal grafico della funzione nell’intervallo [a,x] facendo così notare che l’espressione è funzione solo dell’estremo superiore x. Si considera il rapporto incrementale

e si fa osservare agli studenti che esso non è altro che l’area del trapezoide tratteggiato (nella figura qui di seguito riportata), divisa per la base . Per il teorema della media ciò rappresenta l’altezza del rettangolo di uguale base ed equivalente al trapezoide

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Si può far riflettere gli studenti sul fatto che al tendere di h a zero l’altezza del rettangolo tende a f(x)

Cioè F’[x] = f(x) A questo punto si formalizza( istituzionalizzazione) il concetto di funzione primitiva: si dice che F[x] è una primitiva di f(x), intendendo con questo termine ogni funzione la cui derivata è la funzione f(x) stessa.

Se è una funzione continua allora la "funzione integrale" definita come

è una funzione derivabile in [a,b] e si ha che F’(x) = f(x) per ogni .

Questo teorema viene definito teorema di Torricelli.

Successivamente si chiede di trovare le primitive di funzioni come x2 , cosx e le derivate delle funzioni 2x+k, sen(x)+ k con k costante. Questa può rappresentare una sorpresa produttiva per lo studente il quale intuisce che non esiste una sola primitiva per una stessa funzione

Introdurremo così la Formula fondamentale del calcolo integrale :

Se f è continua in [a,b] ed F è una primitiva di f in [a,b] allora

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Per facilitare e rafforzare l’acquisizione del concetto di integrale inteso come operatore matematico ritengo sia opportuno fare degli esempi sia attraverso esercizi come il semplice calcolo dell’integrale della funzione sen(x) nell’intervallo [ 0,2π] che rappresenta un caso particolare in cui il risultato è zero oppure esempi di tipo applicativo. Per esempio un approccio all’integrale è dato dalla necessità di definire il valore medio di una funzione f(x) continua in un intervallo [a,b].

Immaginiamo un termografo che tracci, in un intervallo di tempo ∆t il grafico della temperatura. Porre il problema di come definire la temperatura media. Oppure un grafico che rappresenta la velocità di un automobile in autostrada e quindi il calcolo della velocità media in un determinato intervallo È interessante proporre agli studenti un confronto fra funzioni che abbiano gli stessi valori iniziale e finale, e che crescano in modo differente. Per esempio, qual è la funzione che ha il valore medio maggiore tra quelle mostrate nel seguente grafico? La discussione con gli studenti metteranno in evidenza livelli di comprensione differenti della “lettura” di un grafico.

ESEMPIO di calcolo di uno spazio percorso

Calcolare:

Soluzione:

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Lavoro compiuto da un gas in una trasformazione

Consideriamo un gas in un contenitore cilindrico con un pistone mobile. Il sistema sia costituito dal gas. Inizialmente esso si trova in equilibrio con ciò che lo circonda (la sorgente di calore ed il pistone), si trova ad una pressione pi ed occupa un volume Vi.

Supponiamo che del calore possa fluire nel sistema o fuori di esso attraverso la base del cilindro e si possa fare del lavoro nel sistema comprimendo il pistone oppure il sistema possa compiere lavoro espandendosi. Consideriamo un certo processo in cui il sistema, attraverso l’interazione con l’ambiente esterno raggiunga uno stato finale di equilibrio caratterizzato da una pressione pf e da un volume Vf.Supponiamo che il gas si espanda di un infinitesimo del volume del gas.Alla fine del processo il lavoro compiuto sarà dato dalla Il lavoro compiuto dal gas per spostare il pistone di un tratto infinitesimo ds è dato da:

dVpdsApdsFW ⋅=⋅⋅=⋅=∆

essendo A l’area della superficie del pistone e dV l’incremento sommatoria

∑ ⋅=f

i

V

V

dVpW o meglio ∫ ⋅=f

i

V

V

dVpW

L’interpretazione grafica di questo integrale può essere data considerandolo come l’area della superficie determinata dalla curva p=p(V), dall’asse delle ascisse e dalle rette V=Vi e V=Vf.

F

P

ds

T

V

p=p(V)

0

pi

pf

Vi Vi

Stato iniziale

Stato finale

Trasformazione

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Durante la trasformazione la pressione può rimanere costante (processo isobarico), ma in generale ciò può non avvenire. Bisogna allora caratterizzare la funzione p=p(V) che esprime la variazione della pressione al variare del volume. Calcoliamo (caso particolare) il lavoro compiuto dal gas in un processo isobarico, cioè a pressione costante.

In questo caso:

[ ] ( )if

V

V

V

V

V

V

VVppVdVpdVpWf

i

f

i

f

i

−===⋅= ∫∫

ESEMPIO calcolo dell’area di una superficie piana

Per calcolare poi aree di figure qualsiasi, si cerca di scomporle in aree comprese tra due (o più) curve, come nel seguente esempio:

L’area della superficie S è data dall' area compresa tra le funzioni f(x) e g(x) nell' intervallo (a,b). Tale area equivarrà all' integrale definito della curva superiore f(x) nell' intervallo (a,b) (ovveso la superficie di S+S') meno l' integrale definito della curva inferiore g(x) nello stesso (ovvero la superficie S').

S = (S+S')-S' =

b a

f(x) -

b a

g(x)

Due funzioni delimitano una superficie chiusa (f(x) ≥ g(x))

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In conclusione posso affermare che dopo aver frequentato i diversi corsi SSIS , in particolare quelli riguardanti la didattica della matematica ho avuto la possibilità di riflettere su alcuni aspetti importanti che prima non avrei considerato nella preparazione e svolgimento di una lezione disciplinare. Avrei sottovalutato il passaggio delicato che va dal sapere matematico al sapere da insegnare ( quello della pratica in aula) con tutte le sue problematiche. L’utilizzo di una introduzione storica dell’argomento affiancata da attività a-didattiche ed esempi specifici credo aiuti ad aumentare la motivazione, l’interesse ed inoltre stimoli gli studenti ad essere responsabili della costruzione della propria conoscenza evitando che entri in gioco quella clausola del contratto didattico che chiamiamo delega formale. Inoltre la coordinazione dei differenti registri di rappresentazione si rivela indispensabile ai fini dell’apprendimento.

Gaetano De MicheleGaetano De MicheleGaetano De MicheleGaetano De Michele

( ) ( )[ ] dxxgxfSb

a∫ −=