L’inglese...

8

Transcript of L’inglese...

2

L’inglese dall’Anglo-Saxonalla sua forma odiernaCome ogni lingua, anche l’inglese si è evoluto assieme a generazioni di parlanti ed in origine era una lingua completamente diversa da quella scritta e parlata oggi. L’inglese fa parte delle lingue indoeuropee del ceppo germanico, è direttamente imparentata con tedesco, danese e olandese e risente di forti influenze latine e francesi. Possono essere rintracciati ben cinque stadi di evoluzione dell’inglese:

• Anglo-Saxon o Primitive Old English (5° secolo d.C.)

• Early Old English (650-900 d.C.) e Late Old English (900-1100 d.C.)

• Middle English (1100-1500 d.C.)

• Early Modern English (1500-1750 d.C.)

• Late Modern English (1750-Presente)

Dalle origini ai CeltiLa storia antica delle isole britanniche è una storia di invasioni e colonizzazioni di popoli diversi, comin-ciata ben 400.000 anni fa, quando la Britannia era ancora unita al continente da un ponte di terra, som-merso attorno al 6.500 a.C. a seguito dell’innalzamento del livello delle acque alla fine dell’Era glaciale. Degli abitanti originali delle isole britanniche sappiamo poco; è dalle invasioni dei Celti, approdati sulle coste dell’attuale Inghilterra nel VIII secolo a.C., che cominciamo ad avere testimonianze scritte più ap-profondite: i Celti della Britannia o Britanni erano popoli guerrieri che si organizzavano in tribù che non raggiunsero mai un’unità politica. Questa loro frammentazione favorì la conquista dei Romani, avviata da Cesare tra il 55 e il 54 a.C. ed ultimata sotto l’imperatore Claudio nel 46 d.C. Sebbene la lingua e la cultura latina penetrarono profondamente nell’alta società dei Britanni, il popolo mantenne la tradizione e la lingua celtica.

L’Anglo-Saxon e l’Old EnglishPrima del V secolo gli abitanti delle isole britanniche parlavano la lingua celtica, ampiamente diffusa an-che durante la dominazione romana. Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.C.) i Romani abbandonarono l’isola e i Celti, convertitesi al cristianesimo, divennero preda delle incursioni delle tribù pagane di Angli, Sassoni e Juti, provenienti da Germania, Norvegia e Danimarca che si stabilirono defini-

3

tivamente nell’isola tra il V e il VI d.C. secolo. Le tribù germaniche portando la loro cultura e i loro dialetti, che pian piano si fusero nella nuova lingua dell’isola, l’Anglosassone, di cui non sono sopravvissute testimonianze scritte. Verso la fine del VII secolo gli Anglosassoni si convertirono alla religione cattolica; cominciarono così a confluire termini latini nel vocabolario germanico dando vita all’Early Old English, ancora scritto con l’alfabeto runico. Dal VI secolo venne introdotto anche l’alfabeto latino che sostituì definitivamente quello runico a partire dal IX secolo.

Tra il VIII e il XI secolo d.C., inoltre, le isole britanniche furono preda delle mire colonizzatrici dei vichinghi Scandinavi, provenienti da Norvegia e Danimarca, che stabilirono il loro regno nei territori più a nord, dalla Scozia alle Midlands, mentre i regni sassoni più a sud restarono indipendenti. Le culture e le lingue di questi due regni, entrambe di matrice germanica, cominciarono a fondersi e molti prestiti del Norreno, la lingua vichinga, confluirono nell’Old English. Parole come skin (pelle), leg (gamba), freckle (lentiggine), want (volere) sono prestiti del norreno assorbiti dall’Anglosassone e tutt’ora utilizzati nell’inglese quotidiano.

A partire dal X secolo le vocali atone brevi /ɑ/, /e/, /o/ e /u/ tendono a confluire nel suono indistinto /ə/ (pencil, matita), detto anche schwa, così frequente nell’inglese moderno. La lingua va evolvendosi verso il Late Old English che possiede ancora una ricca flessione, sia nominale che verbale: i generi sono tre, maschile, femminile e neutro e, come nel tedesco, il nome presenta quattro casi, nominativo, genitivo, dativo, accusativo.

A seguito delle invasioni germaniche la lingua celtica scomparve dall’attuale Inghilterra, ma rimase viva nelle regioni più isolate delle isole come Cornovaglia, Galles, Scozia, Irlanda, e isola di Mann, aree in cui viene tutt’ora parlata nelle sue evoluzioni e varianti territoriali.

4

Il Middle EnglishNel 1066 William the Conqueror condusse i Normanni alla conquista dell’isola, battendo il re sassone Harold II nella battaglia di Hastings.

I Normanni, da Nordmaenner, ovvero Uomini del Nord, erano un popolo di pirati vichinghi, originario della Scandinavia e della Danimarca, che si è insediato sulle coste di tutta Europa instaurando ducati e piccoli regni. I Vichinghi avevano una cultura molto aperta e tendevano ad amalgamarsi molto velocemente con i popoli autoctoni: così i colonizzatori che si stabilirono in Normandia, una regione nel nord della Francia che deve alla colonizzazione normanna il pro-prio nome, nell’arco di due generazio-ni assimilarono quasi completamente la lingua, la cultura e la religione dei Franchi.

William the Conqueror diede avvio alla dinastia dei Normanni sul suolo britan-nico e trasferì nelle isole la corte francese e il clero latino. L’aristocrazia anglosassone, per amalgamarsi ai nobili francesi della corte del re, adotta così i costumi e la lingua francese, mentre il popolo continuava a parlare l’Old English. La dominazione franco-normanna ha introdotto nel vocabolario dell’Anglosassone un’incredibile quantità di parole francesi e latine, dando forma ad una nuova lingua: il Middle English, la lingua di Chaucer e dei Canterbury Tales.

In uno studio pubblicato nel Cambridge History of the English Language, John Algeo afferma che le pa-role inglesi più comuni, quelle che i bambini imparano per prime o gli studenti d’inglese di tutto il mondo usano più frequentemente per la comunicazione di base in lingua inglese, siano per la maggior parte di derivazione germanica e già rintracciabili nel corpus linguistico dell’Old English. Tuttavia, la dominazione franco-normanna ha innestato su una base germanica lessico e strutture grammaticali di una lingua ro-manza, dando vita ad una lingua ibrida con fortissime influenze greche e latine. La dicotomia dell’inglese è molto evidente nel vocabolario e nelle coppie di sinonimi dei quali uno di origine germanica, che deriva

5

dall’anglosassone o dal norreno ed usato nella lingua corrente e uno di origine romanza che deriva dal francese o dal latino ed usato per un linguaggio alto. Gli esempi germanico-latino più eclatanti sono i dualismi freedom – liberty, strength – force, wedding – marriage.

In Ordered Profusion, un’indagine del 1973 condotta da Thomas Finkenstaedt e Dieter Wolff su 80.000 parole del dizionario Shorter Oxford Dictionary, si stima che le parole inglesi abbiano le seguenti origini:

• Le lingue d’oïl, incluso il francese e il normanno quindi anche il norreno: 29%

• Il latino, inclusi termini scientifici moderni e termini tecnici: 29%

• Le lingue germaniche, incluso l’Old English: 26%

• Il greco: 6%

• Altre lingue o parole dall’etimologia sconosciuta: 6%

• Parole derivanti da nomi propri: 4%

L’Early Modern EnglishCon la guerra dei cent’anni (1337 – 1453) e l’inasprirsi dei rapporti coi francesi la lingua inglese comincia a perdere alcune delle caratteristiche che la rendevano simile al francese, una su tutte la pronuncia delle vocali. È questa, assieme alle migrazioni dal sud all’est dell’Inghilterra a seguito della diffusione della pe-ste nera, la ragione più probabile del Great Vowel Shift, la più grande alterazione fonetica che la lingua inglese abbia mai subito, che ha sancito il passaggio dal Middle all’Early Modern English.

Il mutamento è avvenuto tra la seconda metà del XIV secolo e il XVIII secolo e ha modificato la pronun-cia delle vocali lunghe (vocali in cui il suono della vocale è trattenuto invariato, come nella parola bee, ape) senza influenzare la pronuncia delle vocali brevi (come nel caso della parola bit, pezzo) e portan-do così all’Early Modern English.

Le vocali lunghe aperte:

• /eː/ (men, uomini)

• /ɛː/ (word, parola)

6

• /ɑː/ (start, cominciare)

• /ɔː/ (saw, vide)

• /oː/ (go, andare)

nel Middle English erano pronunciate nella parte anteriore della bocca e in seguito allo slittamento, quindi nell’Early Modern English, il luogo di articolazione del suono si è spostato nella parte posteriore della boc-ca, producendo quindi un suono più alto. Diversamente, nel caso delle vocali lunghe chiuse:

• /iː/ (see, vedere)

• /uː/ (blue, blu)

il cui luogo di articolazione nella bocca è molto vicino, la modifica del suono vocalico ha portato alla for-mazione di un dittongo. Possono essere identificate ben otto fasi avvenute nell’arco di duecento anni:

1. /iː/ e /uː/, mutano rispettivamente nei dittonghi /əɪ/ (play, suonare) e /əʊ/ (though, eppure)

2. /eː/ e /oː/ si alzano e diventano /iː/ e /uː/

3. /ɑː/ si sposta più avanti e diventa /æː/ (cat, gatto)

4. /ɛː/ diventa /eː/ e /ɔː/ diventa /oː/

5. /æː/ si alza e diventa /ɛː/

6. La nuova /eː/ creata nella fase 4 si alza e diventa /iː/

7. La nuova /ɛː/ creata nella fase 5 si alza e diventa /eː/

8. I dittonghi /əɪ/ e /əʊ/ creati nella fase 1 mutano rispettivamente in /aɪ/ (fly, volare) e /aʊ/ (hour, ora)

Nel caso in cui le vocali lunghe siano seguite dalla -r, la mutazione consonantica non si verifica e il suono /r/ si tramuta nella schwa /ə/ (door, porta). La /r/ postvocalica scompare del tutto nella pronuncia del sud dell’Inghilterra – la stessa definizione di schwa deriva da una parola ebraica che può essere tradotta con “insignificante” ed indica sia la vocale debole /ə/ sia l’assenza totale di suono vocalico – ma permane nelle pronunce britanniche che vanno dalle Midland alla Scozia e negli accenti d’oltre oceano.

La stampa, introdotta in Inghilterra attorno al 1470, ha svolto un ruolo chiave nel processo di di standar-dizzazione dell’ortografia: lo spelling delle parole, nonostante il Great Vowel Shift, non è mutato, restando

7

fedele a quello del Middle English. È questa la ragione per le parole inglesi non vengono pronunciate come sono scritte.

Con l’introduzione della stampa caddero anche in disuso gli ultimi caratteri runici ancora in uso in In-ghilterra: quando William Caxton, il primo stampatore d’Inghilterra portò con sé i caratteri di stampa fabbricati nel continente, questi mancavano delle lettere þ, detta thorn ed usata per identificare il suono /θ/ (thick, spesso), ð detta eth che identifica il suono /ð/ (father, padre) e Ȝ detta yogh ed identificata dal suono /j/ (yield, resa) sostituiti dal carattere latino y. Con l’abbandono dei caratteri runici l’inglese verrà

scritto d’ora in poi esclusivamente con le 26 lettere dell’alfabeto latino.

Sebbene l’Early Modern English, la lingua del-le opere di Shakespeare, assomigli molto più all’inglese moderno rispetto all’Old e al Mid-dle English, ci sono ancora delle differenze di pronuncia come nei gruppi consonantici /kn/, /ɡn/, /sw/ presenti in knight (cavaliere), gnat (moscerino), e sword (spada), le cui con-sonanti /k/, /ɡ/ e /w/ venivano rispettiva-mente pronunciate, a differenza dell’inglese moderno.Inoltre dal XVII secolo l’Early Modern English

accoglie nel proprio vocabolario moltissimi prestiti diretti di latino e greco, pronunciati in un primo mo-mento con la loro inflessione originale, caduta in disuso nei secoli successivi. Con l’avvento dell’era mo-derna, la diffusione dei libri e la possibilità di viaggiare più agevolmente, la lingua inglese entra a contatto anche con italiano, tedesco e yiddish, che ampliarono ulteriormente il vocabolario dell’inglese moderno.

È con l’Early Modern English che la lingua assume anche la sintassi odierna:

• cadono in disuso i generi grammaticali dei sostantivi e a loro volta anche gli aggettivi diventano invariabili, con alcune eccezioni come nel caso di blond (biondo) che al femminile diventa blonde (bion-da).

• si afferma il plurale con la desinenza in -s, sebbene permangano alcuni plurali, definiti irregolari, che sono tuttavia calchi diretti dell’Old English come foot – feet (piede/-i), man – men (uomo/-omini) o child – children (bambino/-i);

8

• diminuiscono i verbi irregolari e il congiuntivo si riduce a tal punto da essere assorbito dal Present o dal Past Simple (è riconoscibile dall’assenza della -s alla terza persona singolare);

• nell’Early Modern English la desinenza della terza persona singolare oscilla ancora tra il meridionale -(e)th e il settentrionale -(e)s, che diverrà la forma odierna;

• la forma progressiva che prevede l’utilizzo dell’ausiliare be seguito dal verbo che termina con la desi-

nenza -ing diventa regolare;

• il verbo be come ausiliare del Present Perfect cade in disuso a favore di have;

• i verbi regolari terminano in -ed se usati al Simple Past o al Perfect Participle.

Late Modern EnglishLa prima opera autorevole dell’inglese moderno è il Dictionary of the English Language, pubblicato da Samuel Johnson nel 1755: tale pub-blicazione ha permesso di uniformare sia la compitazione delle paro-le l’uso e il significato stesso. Nello stesso periodo vennero pubblicati anche autorevoli manuali di grammatica che fissarono definitivamen-te l’evoluzione che la lingua aveva subito a seguito del Great Vowel Shift. Se grammaticalmente e sintatticamente l’Early e il Late Modern English si equivalgono, la principale differenza tra i due è il vocabola-rio: il Late Modern English è figlio della rivoluzione industriale e quindi annovera molti vocaboli tipici della modernità fino a diventare, dopo latino e francese, la lingua franca dell’era globale, parlata come prima lingua da oltre 400 milioni di persone e come seconda lingua da più di due miliardi.

Come sarà l’inglese tra altri cinquecento o mille anni? Ci sarà stato un’altra mutazione vocalica? Si sarà forse evoluta in tante piccole lin-gue locali come è successo al latino o al proto-germanico? Sarà stata manipolata e scarnificata come la Newspeak per minare la profondità del nostro pensiero, come nell’universo distopico creato da George Orwell in 1984, oppure sarà una lingua ancora più ricca, con tante nuove parole per comprendere ed esprimere appieno la bellezza che ci circonda? Non c’è modo di fare previsioni, ma più guardiamo alla storia di una lingua, più ci rendiamo conto che essa racconta la storia di ciò che siamo stati. Perciò chie-dersi come si evolverà una lingua in futuro è infine chiedersi come saremo noi tra mille anni.