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LINEE GUIDAPER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO RUMORE

NEGLI AMBIENTI DI LAVORO

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INDICE

1 PREMESSA pag. 41.1 CAMPO DI APPLICAZIONE DEL D.Lgs.277/91 pag. 42 L’ESPOSIZIONE A RUMORE: GENERALITA’ pag. 62.1 EFFETTI DEL RUMORE pag. 62.2 RIFERIMENTI NORMATIVI pag. 72.3 DEFINIZIONI E PARAMETRI pag. 102.3.1 Livello di pressione e di potenza sonora pag. 112.3.2 Livello sonoro continuo equivalente pag. 112.3.3 Livello di picco pag. 122.3.4 Principio dell’eguale energia pag. 122.3.5 Spettro sonoro, bande di frequenza pag. 133 VALUTAZIONE DEL RUMORE pag. 143.1 VALUTAZIONE SENZA MISURAZIONI pag. 143.2 VALUTAZIONE CON MISURAZIONI pag. 153.2.1 Personale competente pag. 153.2.2 Strumentazione per le misurazioni del rumore pag. 153.2.3 Utilizzo del LEP,d e del LEP,w pag. 163.2.4 Lavoratori stagionali e a tempo determinato, lavoro temporaneo pag. 163.2.5 Lavoratori che operano sovente all’esterno della propria azienda pag. 173.2.6 Cantieri temporanei o mobili pag. 173.2.7 Relazione tecnica pag. 174 RAPPORTO DI VALUTAZIONE pag. 194.1 RAPPORTO DI VALUTAZIONE SE NON SI SUPERANO GLI 80 dB(A) DI LEP pag. 194.2 RAPPORTO DI VALUTAZIONE SE SI SUPERANO GLI 80 dB(A) DI LEP pag. 204.3 RIPETIZIONE DELLA VALUTAZIONE pag. 214.4 CONSULTAZIONE pag. 215 AZIONI CONSEGUENTI LA VALUTAZIONE pag. 235.1 MISURE TECNICHE, ORGANIZZATIVE E PROCEDURALI pag. 235.2 SEGNALAZIONE, PERIMETRAZIONE E LIMITAZIONE D'ACCESSO DEI LUOGHI

A FORTE RISCHIOpag. 23

5.3 COMUNICAZIONE EX ART.45 pag. 245.4 DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALI DELL’UDITO pag. 245.4.1 Selezione, uso, cura e manutenzione di un otoprotettore pag. 245.4.2 Metodi di calcolo della protezione fornita dall’otoprotettore pag. 265.5 CONTROLLI SANITARI PREVENTIVI E PERIODICI pag. 275.5.1 Giudizio di idoneità specifica al lavoro e misure per singoli lavoratori pag. 285.5.2 Controllo sanitario per lavoratori esposti tra 80 e 85 dB(A) pag. 325.6 REGISTRO DEGLI ESPOSTI EX ART.49 pag. 325.7 INFORMAZIONE E FORMAZIONE pag. 335.8 NUOVE MACCHINE: PROGETTAZIONE, COSTRUZIONE E ACQUISTO pag. 345.9 NUOVI INSEDIAMENTI PRODUTTIVI pag. 355.10 LAVORO MINORILE pag. 366 LISTA DI CONTROLLO pag. 37

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ALLEGATIAll. 1 Elenchi di attività e mansioni con LEP normalmente minore di 80 dB(A) pag. 40

All. 2 Guida alla valutazione delle incertezze di misura pag. 46

All. 3 Schema della Relazione tecnica sull’esposizione a rumore ex D.Lgs.277/91 pag. 51

All. 4 Rapporto di Valutazione in aziende senza addetti esposti a LEP > 80 dB(A) pag. 55

All. 5 Rapporto di Valutazione in aziende con addetti esposti a LEP > 80 dB(A) pag. 57

All. 6 Modello per la Comunicazione ex art.45 D.Lgs.277/91 pag. 59

All. 7 Descrizione dei metodi per la scelta dei DPI uditivi pag. 60

All. 8 Bibliografia pag. 69

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1 - PREMESSA

L'emanazione del D.Lgs.277/91 in recepimento della direttiva 86/188/CEE ha avuto un forte impattosulle aziende in quanto la legislazione precedente era basata su obblighi generici che più difficilmentesi traducevano in una prevenzione concreta. Tuttavia, in tema di esposizione al rischio rumore suiluoghi di lavoro, il quadro legislativo attuale discende anche dal recepimento di un’altrafondamentale direttiva comunitaria inerente il miglioramento della sicurezza e della salute deilavoratori sul luogo di lavoro: la 89/391/CEE recepita col D.Lgs.626/94 e successive modifiche.In effetti, oggi si può convenire che il D.Lgs.277/91 anticipava ciò che è stato attuato compiutamentesolo a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs.626/94 e che, in sintesi, può essere definito come unmetodo di gestione aziendale della sicurezza maggiormente imperniato sulle procedure ed attuatomediante l’adozione di misure che, in primo luogo, prevedono la valutazione del rischio.

E’ importante sottolineare la stretta connessione tra D.Lgs.626/94 (norma generale di riferimento perla sicurezza sul lavoro) e D.Lgs.277/91 (norma specifica integrativa sul rischio rumore) perché è dallalettura integrata dei due provvedimenti che si coglie appieno il senso della valutazione del rischio edel suo obiettivo primario di identificare e attuare le misure tecniche, organizzative e procedurali che,ancor prima dei protocolli di prevenzione e protezione esplicitamente previsti, permettono un realecontenimento dei livelli di rischio.Sotto questo aspetto, però, l’analisi dei rapporti di valutazione disponibili presso le aziende nonrisulta particolarmente soddisfacente e neppure si percepisce una tendenza al miglioramento dellasituazione.

Sul versante più propriamente tecnico è il D.Lgs.277/91 che, all’art.40 e nell’Allegato VI , stabiliscele modalità esecutive ed i requisiti della valutazione del rischio e del Rapporto di Valutazione.Anche sotto questo aspetto, tuttavia, il livello qualitativo dei rapporti di valutazione del rischio risultafortemente deficitario in modo sostanzialmente omogeneo su tutto il territorio nazionale.

Nel tentativo di colmare queste carenze a proposito di un rischio che determina oltre il 50% dellemalattie professionali indennizzate dall’INAIL ed in ottemperanza ad uno dei propri scopiistituzionali, l’ISPESL ha attivato uno specifico Gruppo di Lavoro e, in primo luogo, lo ha incaricatodi proporre Linee Guida per la valutazione del rischio, la redazione dei rapporti di valutazione e lagestione degli adempimenti conseguenti.

L'obiettivo di queste note, che costituiscono il risultato del lavoro di tale Gruppo, è quello di fornireuno schema di riferimento che orienti tutti gli addetti ai lavori ad una risposta corretta agliadempimenti fissati dalla legge relativamente al rischio rumore, tenendo anche conto del dibattitotecnico, scientifico e legislativo che si è sviluppato sull’argomento negli ultimi anni.

1.1 CAMPO DI APPLICAZIONE DEL D.Lgs.277/91

Le disposizioni del D.Lgs.277/91 si applicano a tutte le attività pubbliche e private nelle quali sonoaddetti lavoratori subordinati o ad essi equiparati così come individuato dai commi 1 e 2 dell’art.3 delDPR 303/56:

“...per lavoratore subordinato si intende colui che fuori del proprio domicilio presta il propriolavoro alle dipendenze e sotto la direzione altrui, con o senza retribuzione, anche al solo scopodi apprendere un mestiere, un'arte od una professione. ...sono equiparati ai lavoratorisubordinati i soci di società e di enti in genere cooperativi, anche di fatto, che prestino la loroattività per conto delle società o degli enti stessi.”.

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Il D.Lgs.277/91 trova anche applicazione nei riguardi Forze armate o di Polizia, dei Servizi diprotezione civile e del Servizio Sanitario Nazionale per quanto concerne le sale operatorie degliospedali (art.1, comma 4) e anche degli istituti di istruzione e di educazione come specificato alcomma 2 dell’art.1-bis della legge 23/12/96 n. 649. E’ da evidenziare che l’applicazione dellenorme, relativamente alle attività sopracitate, deve avvenire tenendo conto delle particolari esigenzeconnesse al servizio espletato.

Sono esclusi dall’applicazione del D.Lgs.277/91 i lavoratori della navigazione marittima ed aerea(art.2). Tale esclusione non ha in ogni caso una portata più estensiva di quella prevista dall’art.2 delDPR 303/56 e pertanto sono da ritenersi esclusi dall’applicazione del decreto solamente gli addettialle specifiche attività svolte “a bordo” delle navi e degli aeromobili. Restano soggette alledisposizioni del decreto tutte le altre attività “non di bordo” delle navi e degli aeromobili.Sullo stesso argomento è poi da evidenziare che il D.Lgs.289/99 relativo alle prescrizioni minime disicurezza e salute per il lavoro a bordo delle navi da pesca, al punto 17 dell’Allegato 1 prevede chesiano adottate le opportune misure affinché il livello sonoro sui luoghi di lavoro e negli alloggi siaridotto al minimo tenuto conto della stazza della nave.

In generale, infine, si ricorda che l’applicazione delle norme del D.Lgs.277/91 si estende anche ailavoratori stagionali o assunti per brevi periodi; lavoratori che hanno i medesimi diritti di esseretutelati contro i rischi professionali dei lavoratori occupati a tempo indeterminato.

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2 - L’ESPOSIZIONE A RUMORE: GENERALITA’

2.1 - EFFETTI DEL RUMORE

L'ipoacusia, cioè la diminuzione fino alla perdita della capacità uditiva, è il danno da rumore meglioconosciuto e più studiato; tuttavia il rumore agisce con meccanismo complesso anche su altri organied apparati (apparato cardiovascolare, endocrino, sistema nervoso centrale ed altri) medianteattivazione o inibizione di sistemi neuroregolatori centrali o periferici.Il rumore determina, inoltre, un effetto di mascheramento che disturba le comunicazioni verbali e lapercezione di segnali acustici di sicurezza (con un aumento di probabilità degli infortuni sul lavoro),favorisce l’insorgenza della fatica mentale, diminuisce l'efficienza del rendimento lavorativo, provocaturbe dell'apprendimento ed interferenze sul sonno e sul riposo.

In Italia l'ipoacusia da rumore è la patologia professionale più frequentemente denunciata. Dai datiINAIL la malattia professionale "Ipoacusia e sordità da rumori" rappresenta circa la metà dei casi ditutte le malattie professionali denunciate nel ramo industria.

In termini di effetti uditivi il rumore agisce sull'orecchio essenzialmente tramite l'energia acustica.L'esposizione a rumori di elevata intensità e per lungo periodo di tempo provoca una serie dialterazioni a carico delle strutture neuro-sensoriali dell'orecchio interno.L'organo del Corti, nella coclea, è la sede principale in cui si realizzano i danni. Esso contiene duetipi di cellule ciliate: quelle interne e quelle esterne (rispettivamente indicate come IHC e OHC; vediFigura 1).

Figura 1: Orecchio interno-Coclea; sezione dell’Organo del Corti

Le cellule denominate IHC sono i veri e propri recettori acustici, mentre le cellule indicate comeOHC agiscono come cellule motrici aumentando la sensibilità e la discriminazione del sistemaacustico.Una gran parte dei danni acustici determinati dall’esposizione al rumore è causata da un cattivofunzionamento dei suddetti meccanismi. L’esposizione a rumore determina un danno a livello dellasinapsi fra recettore e via nervosa afferente a livello delle IHC ed un danno alle OHC. Il danno allasinapsi della via afferente può essere reversibile mentre, se nelle OHC si instaura la morte cellulare, il

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danno diviene irreversibile. Inoltre, a livello delle sinapsi fra IHC e via afferente, i meccanismiriparativi non possono instaurarsi se l’esposizione a rumore è continuativa. Anche esposizioni dicarattere impulsivo prolungate nel tempo possono comportare danni irreversibili.Tali lesioni irreversibili, si manifestano con un innalzamento permanente della soglia uditiva.Il danno da rumore si manifesta tipicamente come ipoacusia percettiva bilaterale.

Il rumore ad intensità più elevata (non inferiore a 120-130 dB secondo alcuni Autori) determinaeffetti anche sulla porzione vestibolare con vertigini, nausea, disturbi dell'equilibrio di solitoreversibili dopo la cessazione dello stimolo sonoro.

La capacità uditiva si valuta mediante l'audiometria tonale (secondo i criteri indicati nell'AllegatoVII° del D.Lgs.277/91), comprendendo anche la frequenza di 8.000 Hz. Questa tecnica permette dimisurare in decibel la perdita dell'udito. L'orecchio con udito normale ha come livello sonoro disoglia il valore zero che indica l'intensità minima di suono percepibile. La perdita uditiva, oipoacusia, espressa in decibel esprime la differenza tra il livello sonoro minimo che l'orecchio riesce apercepire e lo zero, considerato convenzionalmente standard. La soglia uditiva, e quindi anche laperdita uditiva, si valuta di solito alle frequenze di 250, 500, 1000, 2000, 3000, 4000, 6000, 8000 Hz.In un soggetto con udito normale la curva che risulta dalla audiometria non si discostaeccessivamente dallo zero (comunque meno 25 dB).

Ormai si tende generalmente ad accettare che il rumore provochi anche effetti extrauditivi, comeevidenziato da numerosi studi. Ciò nonostante non si è ancora provveduto ad un chiaroinquadramento eziopatogenetico e nosologico.Le difficoltà provengono essenzialmente dall'esistenza di dati contrastanti, dalla non specificità deglieffetti e dal fatto che non è stato possibile individuare una definita correlazione tra effetti e diversecaratteristiche fisiche del rumore.L'apparato cardiovascolare sembra essere il più influenzato direttamente ed indirettamente dalrumore. Dall'analisi della Letteratura emerge che il rumore, con intensità in genere superiore ad 85dB(A), determina aumento della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa, delle resistenzevascolari periferiche, della concentrazione ematica ed urinaria di noradrenalina e, spesso, diadrenalina. Diversi autori hanno studiato il rapporto tra danno uditivo ed ipertensione arteriosa, ma irisultati sono ancora insufficienti e contraddittori per formulare un giudizio attendibile. In relazioneagli altri parametri studiati, pur essendo gli studi meno numerosi, sembra accertata la comparsa diturbe coronariche per esposizione a rumore in particolare in soggetti con preesistente coronaropatia.Sono state riportate anche alterazioni dei meccanismi immunologici.

2.2 - RIFERIMENTI NORMATIVI

I principali riferimenti normativi, a livello nazionale e internazionale, riguardanti le tematichesviluppate in queste Linee Guida sono i seguenti:

• Decreto Legislativo del 15/08/1991, n.277 “Attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE,n.82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione deilavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante illavoro, a norma dell’art.7 della legge 30/07/1990, n. 212” e successivi aggiornamenti eintegrazioni;

• Decreto Legislativo 4 dicembre 1992, n. 475 “Attuazione della direttiva 89/686/CEE delConsiglio del 21 dicembre 1989 in materia di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membrirelativa ai dispositivi di protezione individuale”;

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• Decreto Legislativo del 19/09/1994, n. 626 “Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE,89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEE riguardanti ilmiglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro” e successiviaggiornamenti e integrazioni;

• Decreto Presidente della Repubblica del 24/07/1996, n. 459 “Regolamento per l’attuazionedelle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamentodelle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine”;

• Decreto Legislativo del 14/08/96, n. 493 “Attuazione della direttiva 92/58/CEE concernente leprescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e/o di salute sul luogo di lavoro”;

• Decreto Legislativo del 14/08/1996, n. 494 “Attuazione della direttiva 92/57/CEE concernente leprescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili” esuccessivi aggiornamenti e integrazioni;

• Legge 196 del 24/6/97 “Norme in materia di promozione dell’occupazione”;• Decreto Legislativo del 04/08/1999, n. 345“Attuazione della direttiva 94/33/CE relativa alla

protezione dei giovani sul lavoro”;• Decreto Legislativo del 17/08/1999, n. 298 “Attuazione della direttiva 93/103/CEE relativa alle

prescrizioni minime di sicurezza e di salute per il lavoro a bordo delle navi da pesca”;

• UNI 9432 (1989)“Determinazione del livello di esposizione personale al rumore nell’ambiente dilavoro”;

• UNI 7545/22 (1993) “Segni grafici per segnali di pericolo - Rumore”;• Norma CEI EN 60651 (1982) “Misuratori di livello sonoro (fonometri). (Classificazione CEI: 29-

1. Conforme allo standard IEC 651:1979)”;• Norma CEI EN 61252 (1996) “Elettroacustica - Specifiche dei misuratori individuali di

esposizione sonora”. (Classificazione CEI: 29-25. Conforme allo standard IEC 1252:1993-06)”;• Norma CEI EN 61260 (1997) “Filtri di bande di ottava e di frazioni di ottava”. (Classificazione

CEI: 29-32. Conforme allo standard IEC 1260:1995-08 che ha sostituito lo standard IEC225:1966);

• Norma CEI EN 60804 (1999) “Fonometri integratori mediatori. (Classificazione CEI: 29-10.Conforme allo standard IEC 804:1985; IEC 804/A1:1989)”;

• Norma CEI EN 60942 (1999) “Elettroacustica - Calibratori acustici. (Classificazione CEI: 29-14. Conforme allo standard IEC 60942:1997-11)”;

• Guida UNI CEI 9 (1997) “Guida all’espressione dell’incertezza di misura”;• Norma ISO 2204 (1979) “Acoustics - Guide to International Standards on the measurement of

airborne acoustical noise and evaluation of its effects on human beings”;• Norma ISO 1996-1 (1982) “Acoustics - Description and measurement of environmental noise -

Part 1: Basic quantities and procedures”;• Norma ISO 1996-2 (1987) “Acoustics - Description and measurement of environmental noise -

Part 2: Acquisition of data pertinent to land use”;• Norma ISO 1996-3 (1987) “Acoustics - Description and measurement of environmental noise -

Part 3: Application to noise limits”;• Norma ISO 1999 (1990) “Acoustics - Determination of occupational noise exposure and

estimation of noise-induced hearing impairment”;• Norma ISO 9612 (1997) “Acoustics - Guidelines for the measurement and assessment of exposure

to noise in a working environment”;• Norma UNI EN 21683 (1995) “Acustica - Grandezze di riferimento preferite per i livelli acustici”;• Norma UNI EN ISO 11200 (1997) “Acustica - Rumore emesso dalle macchine e dalle

apparecchiature - Linee guida per l’uso delle norme di base per la determinazione dei livelli dipressione sonora al posto di lavoro e in altre specifiche posizioni“;

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• Norma UNI EN ISO 11690-1 (1998) “Acustica - Raccomandazioni pratiche per la progettazionedi ambienti di lavoro a basso livello di rumore contenenti macchinario - Strategia per il controllodel rumore”;

• Norma UNI EN ISO 11690-2 (1999) “Acustica - Raccomandazioni pratiche per la progettazionedi ambienti di lavoro a basso livello di rumore contenenti macchinario - Provvedimenti per ilcontrollo del rumore”;

• Norma ISO/TR 11690-3 (1997) “Acoustics - Reccomended practice for the design of low-noiseworkplaces containing machinery - Part 3: Sound propagation and noise prediction inworkrooms”;

• Norma UNI EN ISO 4871 (1998) “Acustica - Dichiarazione e verifica dei valori di emissionesonora di macchine e apparecchiature”;

• Norma UNI EN 457 (1993) “Sicurezza del macchinario - Segnali acustici di pericolo - Requisitigenerali, progettazione e prove”;

• Norma UNI EN 458 (1995) “Protettori auricolari - Raccomandazioni per la selezione, l’uso, lacura e la manutenzione. Documento guida”, tradotta in Italia con la UNI EN 458 (1995);

• Norma UNI EN 352/1 (1995) “Protettori auricolari - Requisiti di sicurezza e prove - Cuffie”,tradotta in Italia con la UNI EN 352 Parte 1a (1995);

• Norma UNI EN 352/2 (1995) “Protettori auricolari - Requisiti di sicurezza e prove - Inserti”,tradotta in Italia con la UNI EN 352 Parte 2a (1995);

• Norma UNI EN 352/3 (1998) “Protettori auricolari - Requisiti di sicurezza e prove - Cuffiemontate su un elmetto di protezione per l’industria”;

• Proposta di norma EN 352/4 “Protettori auricolari - Requisiti di sicurezza e prove - Cuffie attive”attualmente in discussione in sede CEN;

• Norma UNI EN 24869/1 (1993) “Acustica - Protettori auricolari - Metodo soggettivo per lamisurazione dell’attenuazione sonora (ISO 4869-1: 1990)”;

• Norma UNI EN ISO 24869/2 (1998) “Acustica - Protettori auricolari - Stima dei livelli dipressione acustica ponderati A quando i protettori auricolari sono indossati”;

• Norma UNI EN 24869-3 (1996) “Acustica - Protettori auricolari - Metodo semplificato per lamisurazione della perdita di inserzione di cuffie afoniche ai fini del controllo di qualità”;

• Raccomandazione OSHA (Occupational Safety & Health Administration) n. 1910.95 App. B -“Methods for estimating the adequacy of hearing protector attenuation”;

• Norma UNI EN ISO 389 (1997) “Acustica - Zero di riferimento normale per la taratura degliaudiometri a tono puro per via aerea”;

• Norma UNI EN 26189 (1993) “Acustica - Audiometria liminare tonale per via aerea ai fini dellapreservazione dell’udito”;

• Criterio NIOSH (National Institute for Occupational Safety & Health) n° 126-98 "Occupationalnoise exposure";

• Ministero del Lavoro (Prot. n.21490/RLA.5), “Richiesta di chiarimenti sugli adempimenti divalutazione e di prevenzione in materia di rumore”, Roma 1992

• Ministero del Lavoro (Prot. n.21939-pr 14), “Applicazione del D.Lgs.277/91 – Valutazione delrischio rumore - Parere tecnico-legislativo”, Roma 1993

• Circolare 45/92: “Primi indirizzi applicativi del Decreto Legislativo n 277 del 15 Agosto 1991”,Assessorato Sanità – Igiene – Ambiente della Regione Lazio, Roma 1992

• Circolare 36/93: “D.Lgs.277 del 15 agosto 1991 – Applicazione delle norme riguardanti larumorosità con particolare riferimento alle attività lavorative con esposizione discontinua, ed alleproblematiche connesse alla informazione e formazione dei lavoratori”, Assessorato Sanità –Igiene – Ambiente della Regione Lazio, Roma 1993

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• Circolare 35/SAN/93: “Linee guida per l’applicazione del D.Lgs.277/91 in ordine ai rischiderivanti dall’esposizione lavorativa a piombo, amianto e rumore”, Assessorato Sanità e Igienedella Regione Lombardia, Milano 1993

• Circolare Prot. n.5144/48/768 del 03/08/94: “Linee guida per l’applicazione del D.Lgs.277/91 –Capo IV”, Assessorato Assistenza Sanitaria della Regione Piemonte, Torino 1994

• “D.L.277 del 15/08/91: primi indirizzi applicativi”, Dipartimento Sicurezza Sociale della RegioneToscana, Firenze 22/02/1992

• “Decreto legislativo 15 agosto 1991, n.277 – Rischio rumore. Raccolta indirizzi applicativi dellaGiunta regionale toscana per la prevenzione del rischio rumore”, Dipartimento Sicurezza Socialedella Regione Toscana, Firenze luglio 1993

• Circolare 12/92: “Applicazione del D.Lgs.277 del 15/08/91 relativo alla protezione dei lavoratoridai rischi derivanti dall’esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro”,Assessorato alla Sanità della Regione Emilia-Romagna, Bologna 1992

• Circolare 23/93: “Indicazioni sull’applicazione del Capo IV , D.Lgs.277/91 - Protezione deilavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro”, Assessorato alla Sanità dellaRegione Emilia-Romagna, Bologna 1993

• Circolare 3/93: “Ulteriori indicazioni applicative del Capo IV del D.Lgs.277/91. Protezione deilavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro”, Assessorato alla Sanità dellaRegione Emilia-Romagna, Bologna 1995

• “Linee guida per l’effettuazione e la registrazione dei Rapporti di Valutazione dei rischi Piombo,Amianto e Rumore, ai sensi del D.Lgs.277/91”, Coordinamento dei Servizi di MedicinaPreventiva e Igiene del Lavoro della provincia di Modena, Modena 1992

• “Linee guida sull’applicazione del D.Lgs.494/96–Cantieri temporanei o mobili”, Coordinamentodelle Regioni e delle Province Autonome di Trento e Bolzano, approvate in data 09/10/97

• “Integrazioni operative predisposte dalla Task-Force dell’Assessorato alla Sanità della RegioneEmilia-Romagna al documento <Linee guida sull’applicazione del D.Lgs.494/96–Cantieritemporanei o mobili> prodotto dal Coordinamento delle Regioni e delle Province Autonome edapprovato in data 09/10/97”, Bologna 1997

2.3 - DEFINIZIONI E PARAMETRI

Comunemente si intende per rumore un suono che provoca una sensazione sgradevole, fastidiosa ointollerabile.Il suono è una perturbazione meccanica che si propaga in un mezzo elastico (gas, liquido, solido) eche è in grado di eccitare il senso dell’udito.Un corpo che vibra provoca nell’aria oscillazioni della pressione intorno al valore della pressioneatmosferica - compressioni e rarefazioni, che si propagano come onde progressive nel mezzo egiungono all’orecchio producendo la sensazione sonora.Si definisce pressione sonora istantanea p(t) la differenza indotta dalla perturbazione sonora tra lapressione totale istantanea e il valore della pressione statica all’equilibrio.Nel caso più semplice le variazioni della pressione sono descritte da una funzione sinusoidalecaratterizzata dalle seguenti grandezze:• frequenza (f): numero di oscillazioni complete nell’unità di tempo (Hz);• periodo (T): durata di un ciclo completo di oscillazione (s); è l’inverso della frequenza;• velocità di propagazione (c): velocità con la quale la perturbazione si propaga nel mezzo, in

dipendenza dalle caratteristiche del mezzo stesso (m/s); in aria c è pari a circa 340 m/s;• lunghezza d’onda (λλλλ): distanza percorsa dall’onda sonora in un periodo (m);• ampiezza (A): valore massimo dell’oscillazione di pressione (N/m²).

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Qualora le onde abbiano frequenza approssimativamente compresa fra 20 e 20000 Hz ed ampiezzasuperiore ad una certa entità che dipende dalla frequenza, l’orecchio umano è in grado di percepirle.La determinazione del contenuto in frequenza di un certo suono è chiamata analisi in frequenza oanalisi di spettro.

2.3.1 Livello di pressione e di potenza sonoraSe si misurasse la pressione sonora in N/m² (Pascal), si dovrebbero considerare valori tipicamentecompresi fra 20*10-6 Pa e 200 Pa. Al fine di comprimere tale intervallo di variabilità ed anche sullabase dell’ipotesi che l’intensità delle sensazioni uditive sia in prima approssimazione proporzionale allogaritmo dello stimolo e non al suo valore assoluto, è stata introdotta la scala logaritmica o scala deilivelli. Il livello, espresso in dB, è pari a dieci volte il logaritmo decimale del rapporto fra una datagrandezza ed una grandezza di riferimento, omogenee fra di loro. In particolare si ha:

Livello di pressione sonora = Lp = 10 log (p²/po²) = 20 log (p/po)

dove p è il valore r.m.s. della pressione sonora in esame e po (pressione sonora di riferimento) èil valore di soglia di udibilità a 1000 Hz (20 10-6 Pa = 20 µPa).

Analogamente si ha:Livello di potenza sonora = LW = 10 log (W/ Wo)

dove W è il valore r.m.s. della potenza sonora in esame e Wo (potenza sonora di riferimento) =10-12 watt.

La scala dei decibel non è lineare, per cui non si possono sommare i livelli sonori in modo aritmeticoma occorre ricorrere ai logaritmi; ad es.: 80 dB + 80 dB = 83 dB.

2.3.2 Livello sonoro continuo equivalentePer caratterizzare un rumore variabile in certo intervallo di tempo T, si introduce il:

Livello sonoro continuo equivalente = Leq,T = 10 log { �T

0T

1 [ p(t)

p0

]²dt}

che è il livello, espresso in dB, di un ipotetico rumore costante che, se sostituito al rumore reale perlo stesso intervallo di tempo T, comporterebbe la stessa quantità totale di energia sonora.Per la valutazione del rumore a livello internazionale sono comunemente utilizzate due curve diponderazione (filtri che operano un’opportuna correzione dei livelli sonori alle diverse frequenze) delrumore. La curva A è utilizzata per valutare gli effetti del rumore sull’uomo. Il livello sonoro indB(A), che si ottiene utilizzando questa curva di ponderazione A, è la grandezza psicoacustica dibase, comunemente utilizzata per descrivere i fenomeni sonori in relazione alla loro capacità diprodurre un danno uditivo. La ponderazione A, operata dagli strumenti di misura del rumore,approssima la risposta dell'orecchio e penalizza, attenuandole, le basse frequenze, mentre esalta, inmisura molto lieve, le frequenze fra 1000 e 5000 Hz. La curva di ponderazione C, invece, è stataadottata nella Direttiva “Macchine” 89/392/CEE, recepita dal D.P.R. 459/96, per descrivere il livellodi picco Lpicco prodotto dalle macchine e, pare, sarà adottata anche nella nuova Direttiva europea sulrumore, attualmente in corso di discussione a Bruxelles, che sostituirà la Direttiva 86/188/CEE da cuiha tratto origine il D.Lgs.277/91.

Per quantificare l'esposizione di un lavoratore al rumore si utilizza il:

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Livello di esposizione quotidiana personale = LEP,d = LAeq,Te + 10 log ( T

Te

0

) (dB(A))

dove: LAeq,Te = 10 log { �eT

0Te

1 [ p tpA ( )

0

]²dt}

Te = durata quotidiana dell'esposizione personale di un lavoratore al rumore,ivi compresa la quota giornaliera di lavoro straordinario;To = 8 ore;pA = pressione acustica istantanea ponderata A, in Pa;po = 20 µPa.

E' altresì utilizzato il:

Livello di esposizione settimanale = LEP,w = 10 log [ 1

510

0,1(LEP,d )k

k� ] (dB(A))

con: k = 1, 2, …, m;m = numero dei giorni di lavoro della settimana considerata.

Si sottolinea che i LEP non tengono conto degli effetti di un qualsiasi mezzo individuale di protezione.

2.3.3 Livello di piccoAccanto al livello sonoro continuo equivalente viene infine utilizzato un secondo parametro,comunemente noto come livello di picco lineare Lpicco. Tale livello è definito come:

Lpicco (dB) = 10 log (p

ppeak2

02

)

dove la grandezza ppeak , che non è un valore r.m.s., è definita nel D.Lgs.277/91 come “valore dellapressione acustica istantanea non ponderata” ed è molto importante nella valutazione del rumoreimpulsivo. E’ noto infatti che a parità di contenuto energetico medio, un rumore che presentacaratteristiche di impulsività costituisce un fattore di rischio aggiuntivo per la salute di cuibisognerebbe tenere conto nella valutazione del rischio.Il D.Lgs.277/91 stabilisce che non possa essere mai superato un livello di picco pari a 140 dB.

2.3.4 Principio dell’eguale energiaI criteri definiti dagli standard correnti ai fini della valutazione dell’esposizione a rumore prevedonoche rumori di pressione pA1 e pA2 per tempi pari rispettivamente a t1 e t2 siano equivalenti in relazioneai possibili danni alla salute quando:

pA12 × t 1 = pA2

2 × t 2

Questa relazione, che rappresenta una buona approssimazione dei dati disponibili, esprime in terminimatematici il cosiddetto “principio della uguale energia”.In termini di decibel, ad un raddoppio del tempo di esposizione deve corrispondere una diminuzionedi 3 dB del livello di pressione sonora per mantenere costante la dose (ovvero il rischio di danno) e,viceversa, ad un aumento di 3 dB del livello di pressione sonora deve corrispondere undimezzamento del tempo di esposizione.

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2.3.5 Spettro sonoro, bande di frequenzaLa determinazione della distribuzione dell'energia sonora nelle sue varie frequenze componenti èdetta analisi in frequenza ed il risultato è detto spettro di frequenza del suono.Nonostante nel D.Lgs.277/91 non se ne faccia cenno, l’analisi in frequenza del rumore èfondamentale in fase di bonifica acustica ed opportuna per scegliere correttamente i protettoriauricolari.

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3 - VALUTAZIONE DEL RUMORE

Uno dei principali aspetti di novità introdotti dalla normativa europea è l'obbligo per le aziende dieffettuare la valutazione del rischio.La valutazione è un processo tecnico di conoscenza finalizzato alla riduzione ed al controllo dei rischiattraverso l'adozione di misure tecniche, organizzative e procedurali, l'effettuazione di controllisanitari preventivi e periodici, nonché la costante ed adeguata informazione e formazione degliaddetti.

3.1 - VALUTAZIONE SENZA MISURAZIONI

Stante l’estrema differenziazione delle tipologie aziendali, il D.Lgs.277/91 ammette anche lapossibilità di non ricorrere a misurazioni effettuate secondo i criteri indicati nell’Allegato VI, qualorasi possa “fondatamente” ritenere che i livelli di esposizione personali a rumore (LEP) non superino gli80 dB(A).Per decidere sul non superamento o meno degli 80 dB(A) di LEP, il datore di lavoro deve utilizzaredei criteri da riportare nel Rapporto di Valutazione. I criteri comunemente raccomandati sono:• i risultati di misurazioni, anche estemporanee;• i risultati di precedenti misurazioni;• la disponibilità di specifiche acustiche dei macchinari in uso;• i confronti con situazioni analoghe;• i dati di Letteratura;• la manifesta assenza di fonti di rumorosità significative.

Alcuni elenchi indicativi di attività e mansioni normalmente con LEP < 80 dB(A) sono riportati inAllegato n° 1. I datori di lavoro sono comunque invitati ad utilizzare i criteri prima citati ed aconsiderare le specificità del loro caso (addensamento di macchine/lavorazioni, vetustà e condizionidi manutenzione delle macchine, riverbero dell’ambiente...) in grado di modificare sensibilmente illivello finale dell’esposizione a rumore.

Quanto detto sino ad ora vale per tutte le tipologie di aziende soggette al campo d’applicazione delD.Lgs.277/91.Con un provvedimento successivo, il D.Lgs.494/96, è stato introdotto, nel solo caso specifico deicantieri temporanei o mobili (come definiti nello stesso Decreto) la possibilità di effettuare, in unafase preventiva all’avvio delle attività, una valutazione del rumore calcolando i livelli di esposizionedei lavoratori in riferimento ai tempi di esposizione e ai livelli di rumore standard individuati dabanche-dati, studi e misurazioni la cui validità è riconosciuta dalla Commissione consultivapermanente per la prevenzione degli infortuni e l’igiene del lavoro di cui all’art.26 del D.Lgs.626/94.Occorre innanzitutto evidenziare che i primi destinatari di questa possibilità sono i Coordinatori perla sicurezza in fase di progettazione per effettuare previsioni volte a gestire l’organizzazione spazialee temporale dei cantieri, dal punto di vista acustico.I datori di lavoro delle imprese esecutrici, invece, si avvarranno di questa opportunità limitatamenteal caso in cui l’azienda stia per cimentarsi in una tipologia produttiva rispetto alla quale nondispongano di dati propri, frutto della relazione di valutazione del rumore ex art.40 del D.Lgs.277/91ed in attesa che le proprie specifiche misurazioni permettano di prendere le decisioni più appropriate.Pertanto il D.Lgs.494/96 permette ad imprese che operano sempre su nuovi cantieri di limitarel’obbligo di aggiornamento della valutazione, da effettuarsi mediante l’analisi delle propriecondizioni di rischio - ovvero misura dei reali livelli di rumore e determinazione degli specifici tempi

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di esposizione -, ai soli casi previsti nel nuovo (futuro) cantiere temporaneo o mobile e non giàcontemplati nella valutazione aziendale del rischio effettuata ai sensi dell’art.40 del D.Lgs.277/91.

3.2 - VALUTAZIONE CON MISURAZIONI

In tutti i casi in cui non si possa fondatamente escludere che vi siano LEP superiori a 80 dB(A) occorreprovvedere alla valutazione del rischio mediante misurazioni.L'indicazione fornita dalla legge trova la motivazione tecnica nella necessità che i LEP siano definiticon sufficiente precisione in quanto, in relazione agli stessi, devono essere adottate conseguenti especifiche misure di prevenzione e di protezione.Oltre che esplicitamente negato dal D.Lgs.277/91, il mancato ricorso ai rilievi fonometrici può quindiportare a risultati non sufficientemente precisi date le molteplici variabili che possono influenzare leemissioni acustiche: tipologia delle macchine, loro vetustà, condizioni di manutenzione,organizzazione del lavoro, caratteristiche ambientali del luogo di lavoro, ecc...

3.2.1 Personale competentePremesso che la responsabilità di effettuare le valutazioni tecniche tramite il personale competente èdel datore di lavoro, il quale è opportuno che si avvalga di figure qualificate, il D.Lgs.277/91 (né altraprecedente normativa) non stabilisce quali debbano essere i requisiti professionali del personaleincaricato di effettuare le valutazioni e le misurazioni dell'esposizione a rumore.Di conseguenza gli organi di vigilanza, ai fini della valutazione della pertinenza e della qualità dellavalutazione dell'esposizione, dovranno prendere in esame esclusivamente le prestazioni tecnicheerogate dal personale incaricato che, comunque, deve essere identificato nella Relazione tecnica.In particolare dovranno essere osservati:• l'adeguatezza della strumentazione utilizzata;• la correttezza dei metodi di misura;• la coerenza delle strategie di campionamento in relazione alla tipologia del rumore da misurare;• la chiara indicazione dei punti di misura (sulla pianta o sul lay-out del reparto/stabilimento), le

condizioni di campionamento e dei relativi livelli misurati;• la chiarezza e la completezza della Relazione tecnica (che costituisce il perno del Rapporto di

Valutazione) soprattutto in merito all'espressione dei risultati della valutazione.

Ad analoghi criteri possono dunque attenersi anche i datori di lavoro per valutare la qualità dellaprestazione ottenuta.Parimenti, si segnala come la qualità della prestazione del tecnico competente in fase di esecuzionedella valutazione del rischio richieda i dovuti rapporti coi soggetti della sicurezza in ambito aziendale(in particolare R-SPP ed RLS) per garantirsi circa l'effettiva comprensione dell'organizzazione dellemodalità di lavoro, delle mansioni/compiti/attività dei lavoratori e, in definitiva, delle condizioniproduttive da valutare.In fase di conferimento di incarico, poi, si fa presente che esistono tecnici che hanno frequentatospecifici corsi di acustica presso Università ed Associazioni o sono iscritti in elenchi regionali istituitidalla legge 447/95 (“Legge quadro sull’inquinamento acustico”).

3.2.2 - Strumentazione per le misurazioni del rumoreLe misurazioni per la valutazione dell'esposizione a rumore devono essere effettuate almeno construmenti di gruppo 1 IEC 651/79 o IEC 804/85 (CEI EN 60651/82 e CEI EN 60804/99); nel caso incui si eseguano analisi in frequenza la strumentazione deve essere conforme anche alla classe 1 dellaIEC 1260/95 (CEI EN 61260/97). I fonometri indossabili (conformi alle IEC 651/79, IEC 804/85 eIEC 1252/93, classe 1) sono ammessi a patto che il microfono non sia posto sul corpo della persona

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ma a 10 cm dall’orecchio più esposto (ad es. con l’ausilio di un archetto); sarà cura del personalecompetente accertarsi della validità dei risultati ottenuti.Gli strumenti di misura e di calibrazione devono essere tarati annualmente presso uno dei centriaccreditati al SNT (Sistema Nazionale di Taratura) istituito con legge 273/91 e il cui elenco vieneaggiornato periodicamente con DM (ultimo aggiornamento del Ministero dell’Industria C.A. del15/01/96 pubblicato sulla G.U. n 19 del 24/01/96, “Elenco dei centri di taratura convenzionati con gliistituti metrologici primari”), o presso uno dei centri del WECC (Western European CalibrationCooperation).Anche gli strumenti nuovi devono essere muniti di certificato di taratura.Quanto affermato vale ovviamente anche per gli organi di vigilanza qualora intendano adottareprovvedimenti amministrativi o sanzionatori.

3.2.3 Utilizzo del LEP,d e del LEP,w

Quando l’orario di lavoro è articolato su 5 giorni settimanali e le condizioni lavorative espongono gliaddetti a livelli di rumorosità che non subiscono variazioni di rilievo tra le diverse giornatelavorative, il livello da prendere a riferimento è il LEP,d.Se, invece, l’orario di lavoro non è articolato su 5 giorni settimanali oppure le condizioni lavorativepresumibilmente espongono a livelli variabili tra una giornata e l'altra della medesima settimana sideve prendere come riferimento il LEP,w.In tal caso il LEP,w, che rappresenta per definizione la media settimanale dei diversi LEP,d, diviene ilvalore sulla base del quale attuare i protocolli di prevenzione previsti dal D.Lgs.277/91. L'unicaeccezione può riguardare l'utilizzo dei mezzi di protezione personale: anche nel caso in cui il LEP,w siainferiore a 90 dB(A), al superamento dei 90 dB(A) di LEP,d interviene comunque l'obbligo per ilavoratori ad indossare tali protettori, fatto salvo l'accoglimento della richiesta di deroga ex art.47.Per attività molto variabili che comportano una elevata fluttuazione dei livelli di esposizionepersonale e qualora tali livelli, espressi come LEP,d o LEP,w, non siano ragionevolmente rappresentatividella reale esposizione giornaliera o settimanale, è corretto che il LEP sia ricostruito in riferimento allasituazione ricorrente a massimo rischio.Il ricorso in fase di valutazione a LEP mediati su tempi superiori alla settimana non trova precisiriscontri sul testo legislativo e può indurre a sottovalutazioni dei provvedimenti preventivi e protettivida adottare.Il Rapporto di Valutazione relativo a queste situazioni è bene che espliciti sia la variabilità dei LEP

nelle situazioni-tipo individuabili, sia i periodi di tempo in cui tali LEP si presentano (ad esempio su% dei giorni nel periodo considerato, su base annuale, ecc.).

3.2.4 - Lavoratori stagionali e a tempo determinato, lavoro temporaneoCome più volte ribadito dalla giurisprudenza, le norme di sicurezza si applicano anche ai lavoratoristagionali o assunti per brevi periodi; a questi lavoratori vanno infatti riconosciuti i medesimi dirittidei lavoratori occupati a tempo indeterminato.Ciò vale anche per i lavoratori operanti in regime di “contratto di fornitura di prestazioni di lavorotemporaneo”. Infatti la legge istitutiva di questi particolari contratti di lavoro (Legge 196 del24/6/97) prescrive che l’impresa utilizzatrice osservi nei confronti dei prestatori di lavorotemporaneo, in presenza di rischi specifici, tutti gli obblighi di protezione previsti nei confronti deipropri dipendenti fissi. La stessa legge, nell'indicare gli obblighi dell'impresa fornitrice (es.:l'informazione generale sulla sicurezza) e dell'impresa utilizzatrice, richiama la possibilità di stabiliretra le due imprese specifici accordi/contratti affinché la formazione specifica sia effettuata dalla dittautilizzatrice.Tale previsione è da incentivare in quanto la ditta utilizzatrice, avendone l'obbligo nei confronti deipropri lavoratori dipendenti, possiede le conoscenze dei rischi, delle misure di tutela, delle modalitàdi protezione per garantire una formazione efficace.

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Il datore di lavoro della ditta utilizzatrice ha quindi l’obbligo di effettuare la valutazione del rischiorumore anche nei confronti di questo tipo di personale.Il LEP (quotidiano o settimanale) andrà determinato all’interno del solo periodo di effettivaoccupazione effettuando la valutazione con i medesimi criteri previsti per i lavoratori stabilmenteoccupati. Qualora l’esposizione personale sia variabile su tempi lunghi (superiori alla settimana) siprocederà in riferimento alla situazione ricorrente a massimo rischio.

3.2.5 - Lavoratori che operano sovente all’esterno della propria aziendaIl personale competente, sotto la responsabilità del datore di lavoro, provvede ad assegnare le fasce dirischio dei singoli lavoratori integrando livelli e tempi della valutazione del rischio relativa alleattività svolte presso la sede aziendale con quelli relativi alla valutazione dell'esposizione presuntanelle sedi di lavoro esterne.Per definire quest'ultima si configurano due situazioni tipo:• qualora le normali sorgenti dell'esposizione siano utensili, macchine o apparecchiature proprie, la

valutazione dei livelli di rumore va condotta riportandosi o simulando condizioni operative;• qualora le condizioni di esposizione siano principalmente determinate dai livelli di rumore degli

ambienti esterni presso cui i lavoratori vanno ad operare, la valutazione dei LEP va condottariferendosi alla situazione ricorrente a massimo rischio.

Per queste situazioni diviene fondamentale l'applicazione dell’art.7 del D.Lgs.626/94 e dell'art.5, c.2-3-4 del D.Lgs.277/91 (informazione dalle aziende appaltanti sui livelli di rischio ivi presenti, ad es.mediante richiesta della valutazione del rischio o di un suo stralcio, cooperazione-coordinamento congli stessi per l’attuazione delle misure di prevenzione) ed è fortemente consigliabile un ricorsoestensivo al controllo medico.

3.2.6 - Cantieri temporanei o mobiliCome noto, con il D.Lgs.494/96, è stato introdotto, nel solo caso specifico dei cantieri temporanei omobili (come definiti nello stesso Decreto e succ.mod.) la possibilità di effettuare, in una fasepreventiva all’avvio delle attività, una valutazione del rumore calcolando i livelli di esposizione deilavoratori in riferimento ai tempi di esposizione e ai livelli di rumore standard individuati da banche-dati, studi e misurazioni la cui validità è riconosciuta dalla Commissione consultiva permanente perla prevenzione degli infortuni e l’igiene del lavoro di cui all’art.26 del D.Lgs.626/94.Occorre in primo luogo ribadire che tutte le aziende, e quindi anche le imprese che operano neicantieri temporanei e mobili, debbono comunque disporre -ex art.40 del D.Lgs.277/91- di unapropria valutazione del rumore (con propri rilievi e propri tempi di esposizione).I datori di lavoro, acquisite le previsioni dei Coordinatori per la sicurezza in fase di progettazione,potranno verificare, prima dell’avvio delle attività, se le condizioni di lavoro previste in quellospecifico cantiere sono compatibili con i livelli di prevenzione e protezione adottati per i proprilavoratori, cioè potranno e dovranno verificare l’attendibilità della valutazione del rischio specificadella propria azienda in quel determinato cantiere.Le misure di prevenzione e protezione adottate dal datore di lavoro a seguito della propriavalutazione ex art.40 del D.Lgs.277/91 ed eventualmente aggiornate alla luce del quadro di rischioprefigurato dal Coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione nel Piano di Sicurezza eCoordinamento di quello specifico cantiere, vanno invece riportate nel Piano Operativo per laSicurezza.

3.2.7 - Relazione tecnicaI contenuti della Relazione tecnica effettuata dal personale competente sono indicati in primo luogodal Capo IV del D.Lgs.277/91 con le puntualizzazioni dell’Allegato VI.Altre indicazioni sono desumibili dalla UNI 9432/89.

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Nel testo della Relazione tecnica, cui occorre approcciare dopo un'attenta analisi del ciclo diproduzione, dell’organizzazione e delle procedure di lavoro, delle ‘giornate lavorative tipo’, degliambienti di lavoro e delle caratteristiche del rumore (condizione da realizzarsi anche con il confrontocon i soggetti aziendali della sicurezza; in particolare il R-SPP ed il RLS) e dopo una accuratacampagna di misure, vanno riportati i seguenti elementi:

• Anagrafica dell'unità produttiva in oggetto, descrizione della tipologia produttiva e delle mansioninonché numero degli occupati totali;

• Tabella che identifichi le mansioni e relativo numero di occupati, per le quali si è convenuto diescludere il superamento degli 80 dB(A) di LEP, sulla base di una valutazione senza misurazionidettagliate, indicando i relativi criteri di giudizio adottati;

• Strumentazione di calibrazione e di misura utilizzata, con data dell'ultima taratura (di laboratorio)precisando il centro SIT che l’ha effettuata, e gli estremi del certificato di taratura;

• Criteri e modalità di valutazione dei LEP;

• Piantina dell’unità produttiva con il lay-out aggiornato delle macchine e degli impianti, in cuisiano indicate le postazioni di lavoro, le sorgenti di rumore e i punti di misura. I rilievi effettuaticon strumenti fissati sulla persona (se questa si muove su più aree produttive) andranno riportatiin un elenco apposito con specifica descrizione. Nel caso di attività a carattere temporaneo (es.:cantieri edili) o non legate ad un precisa postazione di lavoro (es.: agricoltura, autotrasportatori,utilizzo di attrezzature portatili ...) andrà prevista, oltre alla descrizione delle lavorazioni e deimezzi di produzione impiegati, l’indicazione precisa di ciò che si è provveduto a misurare.

• Tabella che associ ai punti di misura i rispettivi LAeq e Lpicco misurati, la data, i tempi e lecondizioni di misura, l’errore casuale (vedi Allegato n° 2).

• Tabella che descriva il procedimento adottato per assegnare il LEP al singolo operatore (o al gruppoomogeneo) tenendo conto dell'organizzazione del lavoro (posti di lavoro/mobilità/tempi dipermanenza);

• Elenco nominativo di tutti i lavoratori con indicazione delle relative classi di rischio:- LEP > 90 dB(A) o Lpicco > 140 dB- LEP > 85 dB(A) e fino a 90 dB(A)- LEP > 80 dB(A) e fino a 85 dB(A)- fino a 80 dB(A) di LEP.

• Piantina dell'azienda con lay-out aggiornato sulla quale siano identificate le aree di lavoro con LAeq

> 90 dB(A) o Lpicco > 140 dB (vedi paragrafo 5.2)

• Identificazione delle sorgenti di rumore (macchine/attrezzature) con LAeq ≥ 85 dB(A).

• Suggerimenti tecnici per programmare e attuare le misure tecniche, organizzative e proceduraliconcretamente attuabili e per fissare i tempi di ripetizione della valutazione.

La Relazione tecnica va datata e firmata dal personale competente.

In Allegato n° 3 è proposto un modello per la redazione di una Relazione tecnica completa efruibile.

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4 - RAPPORTO DI VALUTAZIONE

Il D.Lgs.277/91 richiede che la valutazione del rischio si sostanzi con la predisposizione di unostrumento preventivo, il Rapporto di Valutazione, che deve integrare caratteristiche di adeguatezzatecnica con requisiti di leggibilità e comprensibilità per un'utenza eterogenea, costituita da datori dilavoro, responsabili del servizio di prevenzione e protezione, rappresentanti dei lavoratori (RLS) elavoratori stessi, medici competenti ed organi ispettivi.

A conclusione della valutazione dell'esposizione a rumore, il datore di lavoro deve redigere unapposito "Rapporto di Valutazione" nel quale devono essere indicati criteri, modalità e procedure,nonché ovviamente i risultati della valutazione e la data.L'essenza del Rapporto di Valutazione è la Relazione tecnica prodotta dal personale competente(con gli elementi indicati al punto precedente) integrata con talune prime ma fondamentali decisioniaziendali quali il programma delle ulteriori misure di prevenzione e protezione ritenute necessarie el’indicazione del tempo previsto per la ripetizione della valutazione.In definitiva il Rapporto di Valutazione documenta l'acquisizione della valutazione in ambitoaziendale, permette la verifica della completezza della Relazione tecnica e l'impostazione degliulteriori adempimenti di prevenzione.È poi consigliabile che il Rapporto di Valutazione rechi l'indicazione delle modalità diconsultazione dei lavoratori e della partecipazione del medico competente e le documenti (ad es.: siasottoscritto per "presa visione" dai RLS -o, in loro assenza, dai lavoratori- consultati e dal medicocompetente).

4.1 RAPPORTO DI VALUTAZIONE SE NON SI SUPERANO GLI 80 dB(A) DI LEP

Il Rapporto di Valutazione del rumore, come previsto dall'art.40 del D.Lgs.277/91, vasostanzialmente inteso come un Documento scritto accompagnato da una Piantina dell'unitàproduttiva col lay-out aggiornato, da conservarsi congiuntamente in azienda a disposizione anchedell'organo di vigilanza.

Nel Documento vanno indicati i seguenti elementi:

1. Data di effettuazione della valutazione;2. Dati identificativi del personale competente che ha provveduto alla valutazione, se diverso

dal datore di lavoro;3. Dati identificativi dei RLS -o, in loro assenza, dei lavoratori- consultati ai sensi dell'art.40

comma 7, modalità della loro consultazione e informazione;4. Numero degli occupati totali dell'unità produttiva riportati in una tabella che correli le

mansioni col numero di occupati in quella determinata mansione;5. Dichiarazione di non superamento degli 80 dB(A) di LEP e criteri di giudizio adottati

(precisare se: misurazioni anche estemporanee, confronto con situazioni analoghe, dati diLetteratura...);

6. Programma delle misure/azioni ritenute opportune per meglio controllare il rischio daesposizione a rumore individuate a seguito della valutazione

7. Periodicità che sarà adottata per le successive valutazioni programmate.

Il Documento deve essere firmato dal datore di lavoro.Gli elementi dell'eventuale indagine tecnica condotta dal personale competente potranno essereriportati in una Relazione tecnica firmata, da conservarsi congiuntamente, come allegato, nelRapporto di Valutazione.

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In calce al documento è opportuno compaia la firma di "presa visione" dei RLS -o, in loro assenza,dei lavoratori- precedentemente identificati (vedi punto 4.4 sulla “Consultazione”).

Come detto, la Piantina dell'unità produttiva deve riportare il lay-out aggiornato di macchine eimpianti con le relative postazioni di lavoro e andrà prevista una descrizione delle lavorazioni e deimezzi di produzione utilizzati.Nel caso di attività a carattere temporaneo o non legate ad un preciso luogo di lavoro ci si limiteràalla descrizione delle lavorazioni e delle macchine/attrezzature.

Anche se il legislatore non ha voluto formalizzarne uno specifico, in Allegato n° 4 viene proposto unmodello per la redazione del Rapporto di Valutazione.

4.2 RAPPORTO DI VALUTAZIONE SE SI SUPERANO GLI 80 dB(A) DI LEP

Il Rapporto di Valutazione del rumore con misurazioni, come previsto dall'art.40 e, più in generale,dal D.Lgs.277/91, va sostanzialmente inteso come un Documento scritto accompagnato da unaRelazione tecnica delle misure (redatta dal personale competente) e da un Foglio degliaggiornamenti, da conservarsi congiuntamente in azienda, anche a disposizione dell'organo divigilanza.

I contenuti della Relazione tecnica sono indicati al paragrafo 3.2.6 e una proposta sulla suaarticolazione è presentata in Allegato n° 3 (*).

*: se la Relazione tecnica risultasse priva di talune informazioni queste dovranno essereindicate nel Documento. Simmetricamente, il Documento, di cui a seguito sono indicatii contenuti, potrà essere semplificato di quanto espressamente già indicato nellaRelazione tecnica.

Nel Documento vanno indicati i seguenti elementi:

1. Data/e di effettuazione della valutazione con misurazioni;2. Dati identificativi del personale competente che ha provveduto alla valutazione, se diverso

dal datore di lavoro;3. Dati identificativi della Relazione tecnica allegata (es.: eventuale numero di protocollo,

numero di pagine, data);4. Dati identificativi dei RLS -o, in loro assenza, dei lavoratori- consultati ai sensi dell'art.40

comma 7, modalità della loro consultazione e informazione;5. Numero degli occupati totali dell'unità produttiva riportati in una tabella che correli le

mansioni col numero di occupati in quella determinata mansione;6. Dichiarazione di non superamento degli 80 dB(A) di LEP e criteri di giudizio adottati

(precisare se: misurazioni anche estemporanee, confronto con situazioni analoghe, dati diLetteratura...);

7. Programma delle misure/azioni ritenute opportune per meglio controllare il rischio daesposizione a rumore individuate a seguito della valutazione

8. Dati identificativi del medico competente (se ed in quanto previsto ai sensi degli artt.7 e 44del D.Lgs.277/91) che ha partecipato alla programmazione del controllo dell’esposizione eche è informato dei risultati della stessa;

9. Periodicità che sarà adottata per le successive valutazioni programmate.

Il Documento di valutazione del rumore con misurazioni deve essere firmato dal datore di lavoro.

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In calce al Rapporto di Valutazione è opportuno compaia la firma di "presa visione" dei RLS -o, inloro assenza, dei lavoratori- consultati (vedi punto 4.4) ed informati ai sensi dell’art.40, comma 7,D.Lgs.277/91 nonché dell’art.19, lettere b) ed e), D.Lgs.626/94 e quella del medico competente (seprevisto ai sensi del D.Lgs.277/91).

Il Foglio degli aggiornamenti va previsto per raccordare la situazione descritta nella Relazionetecnica coi cambiamenti che via via intervengono sulla realtà produttiva. Ci si riferisce inparticolare a quei cambiamenti non in grado di modificare in modo significativo il quadro di rischio(situazione che richiede una nuova valutazione), ma che pur sempre comportano azionispecificamente previste dal D.Lgs.277/91. In particolare, su questo Foglio andranno annotate (inordine cronologico) le assegnazioni alle classi di rischio (80-85 dB(A) di LEP; 85-90 dB(A) di LEP;>90 dB(A) di LEP o 140 dB di Lpicco) dei nuovi assunti, degli operatori adibiti ex novo a mansioni arischio nonché degli operatori che abbiano nel frattempo cambiato mansione.Per queste situazioni andrà prevista l'identificazione della persona competente che provvedeall'assegnazione della classe di rischio e la firma del lavoratore per presa visione.Registrare anche le dimissioni di operatori e l'acquisto di nuove macchine, particolarmente se aLAeq≥85 dB(A).

Anche se il legislatore non ha voluto formalizzarne uno specifico, in Allegato n° 5 viene proposto unmodello per la redazione del Rapporto di Valutazione.

4.3 - RIPETIZIONE DELLA VALUTAZIONE

Il D.Lgs.277/91 prevede che il datore di lavoro ripeta la valutazione dell'esposizione a rumore ad"opportuni intervalli" senza però stabilire una precisa periodicità. Fermo restando l'obbligo per ildatore di lavoro di ripetere la valutazione del rumore ogni qualvolta sia introdotto un mutamentonelle lavorazioni, che influisca in modo sostanziale sul rumore prodotto, oppure quando l'organo divigilanza lo richieda con provvedimento motivato, si forniscono le seguenti indicazioni per laripetizione della valutazione:- se nessun lavoratore è esposto a un LEP > 80 dB(A): ogni 5 anni (si ricorda che in questo caso non

sono indispensabili misurazioni acustiche; vedi anche Allegato n° 1);- se anche un solo lavoratore è esposto a un LEP > 80 dB(A): ogni 3 anni (si ricorda che in questo

caso sono indispensabili misurazioni acustiche per quei lavoratori o luoghi di lavoro che superanogli 80 dB(A) e che lo scopo principale della ripetizione programmata della valutazione è dimettere in evidenza eventuali peggioramenti nel quadro di rischio, nel qual caso dovranno esserepredisposte le misure idonee per riallinearsi, quanto meno, ai precedenti livelli);

Tali indicazioni devono trovare opportuno adattamento a seconda delle particolari situazioniaziendali (turn over delle macchine e degli impianti, programma della manutenzione ...), sentiti ilpersonale competente, il medico competente incaricato del controllo sanitario ed i RLS -o, in loroassenza, i lavoratori-.

Da notare che i tempi della ripetizione della valutazione possono differenziarsi per i diversilocali/reparti/mansioni dell’unità produttiva in funzione dei relativi livelli di rischio.

4.4 - CONSULTAZIONE

Il Capo IV del D.Lgs.277/91 prevede espressamente la consultazione dei lavoratori o dei lororappresentanti (i RLS) agli artt.40 e 43.

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Nell’art.40, la consultazione è prevista sulla programmazione ed effettuazione della valutazione adopportuni intervalli da personale competente.Al fine di procedere ad una corretta valutazione dell'esposizione a rumore si fornisce l’indicazioneche il datore di lavoro o, per lui, il personale competente incaricato consulti i RLS -o, in loro assenza,i lavoratori- soprattutto in relazione all'analisi delle lavorazioni, compiti e mansioni, per ladefinizione delle condizioni di misura e dei tempi di esposizione nonché in relazione ai tempi dellesuccessive ripetizioni della valutazione.L’art.43 stabilisce anche che i lavoratori ovvero i loro rappresentanti siano consultati per la scelta deimodelli dei dispositivi individuali di protezione uditiva, ragionevolmente sugli aspetti connessi colcomfort dei medesimi.

Ben più estensivo è il concetto che emerge dal D.Lgs.626/94 che già all’art.3 colloca la consultazionetra le misure generali di sicurezza da porre in essere a carico dell’azienda.Come affermato all’art.4, il RLS va, tra l’altro, consultato preventivamente e tempestivamente inordine alla valutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica dellaprevenzione nell'azienda ovvero unità produttiva. In altro punto sempre dell’art.4 è ribadito che “ildatore di lavoro effettua la valutazione ... ed elabora il documento ... previa consultazione delrappresentante per la sicurezza”.Importante è anche la casistica prevista dall’art.8, punto 6: “se le capacità dei dipendenti ... sonoinsufficienti, il datore di lavoro può far ricorso a persone o servizi esterni all'azienda, previaconsultazione del rappresentante per la sicurezza”.; viene cioè prefigurato che il RLS esprima ungiudizio sulla scelta del personale competente.

In generale si ritiene che sia funzionale al processo valutativo ed alle azioni seguenti che i lavoratori oil loro RLS siano effettivamente consultati circa le situazioni/modalità su cui condurre le indagini e leproposte per la loro soluzione. Parimenti, si ritiene importante che il datore di lavoro sia in grado didimostrare le avvenute consultazioni adottando una forma di registrazione scritta dell’occasione.

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5 - AZIONI CONSEGUENTI LA VALUTAZIONE

5.1 - MISURE TECNICHE, ORGANIZZATIVE E PROCEDURALI

L’art.41 del D.Lgs.277/91 prevede che il datore di lavoro riduca al minimo i rischi derivantidall’esposizione al rumore. Tale risultato è ottenibile adottando le necessarie misure tecniche,organizzative e procedurali, concretamente attuabili in base al progresso tecnico, privilegiando gliinterventi alla fonte.

Indicazioni pratiche per la realizzazione di luoghi di lavoro a basso rischio agendo sul contenimentodel rumore alla sorgente, sulla propagazione e sugli esposti, sono contenute nella norma UNI ENISO 11690.Di seguito viene esemplificato il significato dei termini e come si possa tradurre a livello pratico laconcreta fattibilità delle misure preventive che sono da attivarsi in sequenza, indipendentemente dailivelli di rischio presenti in azienda.L’espressione “misure tecniche” indica quei provvedimenti che possono consentire in particolare di:• utilizzare tecniche di lavorazione che riducano sensibilmente il rumore prodotto; ad esempio: la

sostituzione della sbavatura con la barilatura, la sostituzione del taglio ossiacetilenico con il tagliolaser, ecc.;

• ridurre le emissioni di rumore alla sorgente; ad esempio: utilizzando dischi abrasivi lamellari o acentro depresso, dischi da taglio diamantati o al laser per lapidei, punzoni sagomati per il taglio ola foratura lamiera, riducendo la corrente di corto circuito delle saldatrici, ecc.;

• ridurre la propagazione del rumore nell’ambiente; ad esempio: ricorrendo a basamenti o supportiantivibranti, cabine acustiche o cappottature, pareti di separazione o schermifonoisolanti/fonoassorbenti, trattamenti acustici ambientali.

Per “misure organizzative e procedurali” si intendono quelle che intervengono, in maniera più omeno formalizzata, sull'organizzazione dei mezzi e degli uomini.Le modalità per la riduzione del rumore sono costituite ad esempio: dalla riconduzione della velocitàdi funzionamento di macchine e impianti a quella ottimale prevista dal costruttore, dall’aumento delladistanza tra le macchine, dall’uso isolato del flessibile in una determinata area procedendo alla suaschermatura acustica, dalla turnazione del personale nelle lavorazioni più a rischio, dall’esecuzione dilavori rumorosi in determinate fasce orarie, dall’indicazione dei percorsi da seguire e delle aree daevitare, ecc.

5.2 SEGNALAZIONE, PERIMETRAZIONE E LIMITAZIONE D'ACCESSO DEI LUOGHI AFORTE RISCHIO

Gli obblighi dell'art.41, c.2 e 3, intervengono sui luoghi di lavoro e quindi sulla base dei LAeq.Si possono verificare le seguenti situazioni-tipo:a) il superamento dei 90 dB(A) di LAeq si verifica solo in prossimità di macchine, non interessando

altre postazioni di lavoro;b) il superamento dei 90 dB(A) di LAeq si verifica su aree estese, interessando altre postazioni di

lavoro.Nel primo caso si può provvedere a segnalare, mediante l'uso della apposita segnaletica di pericoloconforme al D.Lgs.493/96 (UNI 7545/22), le sole macchine.Nel secondo caso occorre segnalare l'ingresso dell'area, contestualmente perimetrando (ad es.:mediante il ricorso a segnaletica orizzontale, non confondibile con altra) e limitando l'accesso al solopersonale strettamente necessario a scopi produttivi.L'eventuale impossibilità di procedere alla perimetrazione ed alla limitazione d'accesso deve esseremotivata sul Rapporto di Valutazione.

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5.3 - COMUNICAZIONE EX ART.45

Nel caso in cui dal Rapporto di Valutazione, redatto ai sensi dell'art.40 del D.Lgs.277/91, emergache uno o più lavoratori hanno LEP,d superiore a 90 dB(A) oppure sono esposti a Lpicco superiori a 140dB non ponderati, il datore di lavoro ha l'obbligo di trasmettere all'organo di vigilanza, entro 30giorni dalla data dell'accertamento, una comunicazione il cui modello, pur non previsto da alcunriferimento legislativo, si suggerisce sia quello riportato in Allegato n° 6.La comunicazione va preferibilmente accompagnata dalla copia del Rapporto di Valutazione, o daquella parte del Rapporto coi risultati delle misurazioni.Del contenuto della comunicazione occorre informare il Rappresentante dei lavoratori per lasicurezza (RLS) o i lavoratori.La comunicazione ex art.45 deve essere ripetuta ogni qual volta la nuova valutazione del rumoreevidenzia LEP > 90 dB(A) o Lpicco > 140 dB.

5.4 - DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALI DELL’UDITO

L’uso dei “mezzi individuali di protezione dell’udito” è regolato in primo luogo dall’articolo 43 delD.Lgs.277/91 che ne stabilisce l’obbligo di messa a disposizione per livelli di esposizione quotidianaal rumore superiori ad 85 dB(A) e l’obbligo d’uso per livelli superiori a 90 dB(A).

Anche se il testo legislativo impone l’obbligo all’uso dei DPI uditivi solo al superamentodei 90 dB(A) si raccomanda di promuoverne l’impiego anche a livelli inferiori (es.: 85dB(A)) stando però particolarmente attenti ad evitare sovrapprotezioni

L’intera materia dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI), di cui anche gli otoprotettori fannoparte, è stata regolamentata anche dal Titolo IV del D.Lgs.626/94 e dal D.Lgs.475/92, che stabilisce,tra l’altro, l’obbligo della marcatura CE.

E’ attualmente in emanazione un decreto con indicazioni per la scelta e l’uso dei DPI aisensi dell’art.45 del D.Lgs.626/94 che fornirà indicazioni specifiche anche per i DPIuditivi.

A queste disposizioni di legge si affiancano le seguenti norme tecniche europee: la EN 458 del 1993che stabilisce le linee guida per la selezione, l’uso, la cura e la manutenzione dei protettori auricolari,e si colloca nell’ambito della Direttiva 89/656/CEE sui “requisiti minimi di sicurezza e salute perl’uso da parte dei lavoratori di dispositivi di protezione individuale sul luogo di lavoro”; e la seriedelle EN 352, norme armonizzate che si collocano nell’ambito della Direttiva 89/686/CEE“Dispositivi di protezione individuale”, che fissano i requisiti costruttivi, di progettazione e leprestazioni (inclusi i livelli minimi di attenuazione acustica), i metodi di prova, i requisiti dimarcatura e le informazioni per l’utilizzatore.

5.4.1 - Selezione, uso, cura e manutenzione di un otoprotettoreLa norma europea armonizzata EN 458 fornisce le linee guida per la selezione, l’uso, la cura e lamanutenzione.

Per la selezione dell’otoprotettore, i principali fattori da considerare sono:• marcatura di certificazione;• attenuazione sonora;• confortevolezza del portatore;

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• ambiente di lavoro e attività lavorativa (alte temperature e umidità, polvere, segnali diavvertimento e trasmissione di messaggi verbali, ecc.);

• disturbi per la salute dell’utilizzatore;Per un maggior dettaglio su tali fattori di selezione consultare il paragrafo successivo (5.5.2) e laSezione 1 dell’Allegato n° 7.

Riguardo al corretto uso, innanzi tutto occorre verificare la compatibilità dell’otoprotettore coneventuali altri DPI della testa (elmetti, occhiali, ecc.), che potrebbero determinare una riduzione delleprestazioni dell’otoprotettore stesso.Inoltre è molto importante indossarli per tutto il periodo dell’esposizione: se i protettori vengono toltidall’utilizzatore anche per un breve periodo, la protezione effettiva si può ridurre sensibilmente (vediSezione 2 dell’Allegato n° 7). Ad esempio, nel caso di una esposizione a un rumore con LAeq, 8h paria 105 dB(A), pur indossando un protettore auricolare con una attenuazione di 30 dB che darebbeluogo ad un livello sonoro effettivo di L’Aeq, 8h di 75 dB(A), se il protettore non è utilizzato per soli 30minuti il livello effettivo L’Aeq, 8h diventa 93 dB(A). Qualunque DPI uditivo, se indossato solo permetà tempo della giornata lavorativa (ipotizzata a rumore costante), fornisce una protezione effettivache non supera i 3 dB.

Infine, è necessario che l’utilizzatore sia addestrato e formato (come anche previsto dall’art.43 delD.Lgs.626/94) sul corretto indossamento dell’otoprotettore, in quanto un indossamento scorretto facalare anche pesantemente la prestazione del DPI; da questo punto di vista, le cuffie sono menocritiche rispetto agli inserti.

N.B.: i dati di attenuazione sonora dichiarati dal costruttore sono derivati da prove dilaboratorio sulla soglia soggettiva di soggetti istruiti, che indossavano correttamente iprotettori auricolari. Le prestazioni effettive sul campo possono essere sensibilmenteminori a causa di un indossamento non corretto e della presenza di altri DPI tanto chealcuni enti americani consigliano, per tener conto del non perfetto indossamento e deimomenti in cui l’otoprotettore viene tolto per ascoltare messaggi verbali o per altrimotivi, di dimezzare i valori di attenuazione sonora forniti dal costruttore del DPInell’effettuare i calcoli con i metodi descritti.Pur non condividendo tale posizione, si intende sottolineare l’importanza dellaformazione ai fini dell’affidabilità delle prestazioni “in condizioni reali” dei protettoriauricolari.

La norma EN 458 fornisce anche le indicazioni per una corretta cura e manutenzione degliotoprotettori:

• i DPI devono essere maneggiati sempre con le mani pulite, evitando contaminazioni con liquidi opolveri, spesso causa di irritazioni cutanee;

• per i DPI riutilizzabili è importante una regolare manutenzione e pulizia;• gli inserti monouso non vanno riutilizzati, mentre gli altri tipi di inserto vanno lavati con cura

prima di indossarli;• il DPI riutilizzabile deve essere indossato sempre dalla medesima persona; è però possibile far

utilizzare cuffie da più lavoratori ricorrendo a coperture monouso per i cuscinetti;• i DPI vanno conservati secondo le istruzioni fornite dal fabbricante, vanno ispezionati

frequentemente per identificare difetti e danneggiamenti;• i cuscinetti delle cuffie vanno sostituiti quando consumati, così come gli archetti deformati.

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5.4.2 - Metodi di calcolo della protezione fornita dall’otoprotettorePer verificare l’idoneità di un DPI uditivo esistono vari metodi, che si basano sul grado di conoscenzadelle caratteristiche del rumore ambientale e sui valori di attenuazione sonora forniti dal costruttoredel dispositivo, congiuntamente alla marcatura CE.I metodi da applicare secondo la EN 458 sono i seguenti:

• metodo per bande d’ottava;• metodo HML;• controllo HML;• metodo SNR;ed esiste infine un metodo per i rumori impulsivi.

Per i rumori non impulsivi, a seconda del metodo di calcolo scelto è necessario conoscere in manierapiù o meno specifica i dati sul rumore da attenuare, infatti:

per utilizzare il ... ... è necessario conosceremetodo per bande d’ottava il livello equivalente di pressione acustica del rumore per banda

d’ottava Loct,eq

metodo HML il livello equivalente di pressione acustica del rumore pesato secondola curva A (LAeq) e secondo la curva C (LCeq)

controllo HML il livello equivalente di pressione acustica del rumore pesato secondola curva A (LAeq) e l’impressione prodotta dal suono per decidere laclasse di rumore (utilizzando liste d’esempio di sorgenti di rumore)

metodo SNR il livello equivalente di pressione acustica del rumore pesato secondola curva C (LCeq) o, in alternativa, non pesato (LLin,eq)

N.B.: pur non essendo esplicitato dalla norma EN 458, si ritiene che per il calcolo dellaprotezione dei DPI uditivi in alternativa al livello equivalente pesato C possa essere(eccezionalmente) utilizzato il valore del livello equivalente non pesato, espresso indBLin.Normalmente questa sostituzione, che comporta una protezione finale superiore, puòritenersi accettabile ma, in alcune situazioni, può condurre ad una iperprotezione.Pertanto si ritiene che la sua applicazione debba essere considerata da superareprovvedendo, alla prima ripetizione della valutazione del rischio, a misurare anche ilivelli di rumore pesati secondo la curva C.

Inoltre, poiché la maggior parte delle indagini fonometriche hanno sinora riportato solamente i livelliequivalenti di rumore pesati secondo la curva A e non secondo la curva C, in questa linea guida si èscelto di aggiungere ai metodi prescritti dalla EN 458 anche il metodo “SNR corretto” desunto dauno standard OSHA, che permette di calcolare la protezione fornita dall’otoprotettore usando i livelliequivalenti di rumore pesati secondo la curva A (LAeq). Per il livello di approssimazione che locontraddistingue si ritiene che l’applicazione di questo metodo debba essere considerata solo comeultima ratio, vale a dire da superare provvedendo, alla prima ripetizione della valutazione del rischio,a misurare anche i livelli di rumore pesati secondo la curva C.

Nella pratica si è rilevato che normalmente viene utilizzato il metodo SNR (o, se è il caso, il metodo“SNR corretto”); qualora si avverta la presenza di un tono puro, il metodo preferito è quello perbande d’ottava.

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I diversi metodi di valutazione consentono di stimare il livello di pressione sonora equivalenteponderato A, L’Aeq, a cui sono effettivamente esposti i lavoratori che indossano correttamente idispositivi di protezione auricolare. La norma EN 458 definisce un livello di azione Lact : “massimolivello di esposizione quotidiana personale (LAeq,8h) e/o livello di picco (Lpicco) oltre il quale devonoessere resi disponibili e/o indossati protettori auricolari secondo quanto stabilito dalle leggi o dallenormative nazionali, o dalle consuetudini e dalla pratica”.Per la valutazione del grado di protezione del DPI, la norma EN 458 prevede il seguente criterio:

Livello effettivo all’orecchio, L’Aeq, in dB(A) Stima della protezioneL’Aeq > Lact InsufficienteLact - 5 < L’Aeq ≤≤≤≤ Lact AccettabileLact - 10 < L’Aeq ≤≤≤≤ Lact - 5 BuonaLact - 15 < L’Aeq ≤≤≤≤ Lact - 10 AccettabileL’Aeq ≤≤≤≤ Lact - 15 Troppo alta (iperprotezione)

Normalmente Lact viene fatto corrispondere a 85 dB(A) per il livello di esposizione quotidianapersonale ed a 140 dB per il livello di picco. Per gli scopi di queste Linee Guida si ritiene comunqueche il livello effettivo all’orecchio, L’Aeq, non debba superare gli 80 dB(A).

Per l’applicazione dei metodi di calcolo consultare la Sezione 3 dell’Allegato n° 7.Un semplice programma per l’applicazione dei metodi di scelta dei DPI uditivi (DiPIU) può esserescaricato dal sito INAIL (www.inail.it) o da quello ISPESL (www.ispesl.it).

Nella Sezione 4 dell’Allegato n° 7 è riportato un il metodo di calcolo della protezione per rumoriimpulsivi e di impatto oltre ad un elenco di livelli di rumore relativo ad alcuni utensili ed armi dipiccolo calibro.

Infine, pare importante richiamare che secondo la norma EN 458 le cuffie e gli inserti auricolaripossono dare una protezione sufficiente anche in combinazione tra di loro, pur se l’attenuazionefornita dall’utilizzo congiunto non sempre corrisponde alla somma di quelle che caratterizzano isingoli protettori.

5.5 - CONTROLLI SANITARI PREVENTIVI E PERIODICI

La sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti a rumore è obbligatoria ai sensi dell’art.44 delD.Lgs.277/91. Tale norma prevede che il controllo sanitario si attui per i lavoratori che hanno unaesposizione quotidiana personale superiore a 85 dB(A) indipendentemente dall’uso dei mezziindividuali di protezione.Il controllo sanitario comprende:• una visita medica preventiva, integrata da un esame della funzione uditiva (audiometria) eseguita

nell’osservanza dei criteri riportati nell’Allegato VII del D.Lgs.277/91, per accertare l’assenza dicontroindicazioni al lavoro specifico ai fini della valutazione dell’idoneità dei lavoratori;

• visite mediche periodiche, integrate dall’esame della funzione uditiva, per controllare lo stato disalute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità. Esse devono tenere conto, oltre chedell’esposizione, anche della sensibilità acustica individuale. La prima di tali visite è effettuatanon oltre un anno dopo la visita preventiva.

La frequenza delle visite successive è stabilita dal Medico Competente. Gli intervalli non possonocomunque essere superiori a due anni per i lavoratori la cui esposizione quotidiana personale non

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supera 90 dB(A) e ad un anno nei casi di esposizione quotidiana personale superiore a 90 dB(A)e nei casi di deroga previsti dagli artt.47 e 48, D.Lgs.277/91.

Il controllo sanitario è esteso ai lavoratori la cui esposizione quotidiana personale sia compresa tra 80e 85 dB(A) qualora i lavoratori interessati ne facciano richiesta e il Medico Competente neconfermi l’opportunità anche al fine di individuare eventuali effetti extrauditivi.

L’Allegato VII (criteri per l’esecuzione dell’esame della funzione uditiva) del D.Lgs.277/91 indicache ogni esame, effettuato conformemente alle indicazioni della Medicina del Lavoro, devecomprendere almeno un’otoscopia ed un controllo audiometrico con audiometria liminare tonale inconduzione aerea che copra anche la frequenza di 8000 Hz; il controllo audiometrico deve rispettarele disposizioni della norma ISO 6189-1983, deve essere condotto con un livello di rumore ambientaletale da permettere di misurare un livello di soglia di udibilità pari a 0 dB corrispondente alla normaISO 389-1979 ed è buona norma che sia effettuato dopo almeno 16 ore di riposo acustico in quanto sipresume che in tale periodo (tra la fine di un turno di lavoro e l'inizio del successivo) il lavoratore siaesposto solo al rumore presente nell'ambiente di vita.

L’art.7, comma 3 del D.Lgs.277/91 prescrive che il medico competente, per ogni lavoratoresottoposto a sorveglianza sanitaria, “istituisce e aggiorna una cartella sanitaria e di rischio dacustodire presso il datore di lavoro con salvaguardia del segreto professionale”.Inoltre le informazioni relative ai dati personali e sanitari dei lavoratori esposti devono essere trattatinel rispetto del segreto professionale e delle disposizioni normative sulla privacy.Il Medico Competente ai sensi dell’art.17 del D.Lgs.626/94 comma 1, lettera e) fornisce“informazioni ai lavoratori sul significato degli accertamenti sanitari cui sono sottoposti” e “forniscealtresì, a richiesta, informazioni analoghe ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza”. Lo stessoarticolo alla lettera f) obbliga il Medico Competente ad informare ogni lavoratore interessato suirisultati degli accertamenti sanitari effettuati e, a richiesta, rilascia copia della documentazionesanitaria.Il D.Lgs.626/94 all’art.11 prevede la riunione periodica di prevenzione e protezione dai rischi,durante la quale il Medico Competente ai sensi dell’art.17 comma 1, lettera g) comunica airappresentanti per la sicurezza i risultati anonimi collettivi degli accertamenti clinici e strumentalieffettuati con indicazione del significato degli stessi per la collettività lavorativa.Si rileva che a tutt’oggi non sono stati emanati i DPCM attuativi con i modelli delle cartelle relativealla sorveglianza sanitaria degli esposti a rumore (art. 4, lettera q, D.Lgs.277/91).

Per quanto riguarda l’attività di coordinamento e controllo dell’organo di vigilanza si potrà porreparticolare attenzione alle informazioni relative alle condizioni di silenziosità dell'ambiente in cui siesegue l'esame audiometrico, al rispetto del riposo acustico e alla taratura dell'audiometro.Le eventuali verifiche potranno essere effettuate in base alle indicazioni operative fornite dai volumin°2 e 17 della Collana Contributi della Regione Emilia-Romagna integrati con quanto previsto per irequisiti sonori dell'ambiente e la taratura dell'audiometro con le norme ISO 6189/83 e ISO 389/79,citate nell'Allegato VII del D.Lgs.277/91.

5.5.1 Giudizio di idoneità specifica al lavoro e misure per singoli lavoratoriIl Medico Competente per attuare la sorveglianza sanitaria ed esprimere il giudizio di idoneità dovrà:• effettuare i sopralluoghi nell’ambiente di lavoro come prescritto dall’art.7 comma 6 del

D.Lgs.277/91;• conoscere il ciclo lavorativo, le attività ed i livelli di esposizione di ogni lavoratore;• effettuare le visite mediche;• effettuare o prescrivere eventuali esami integrativi (art.7, comma 1 del D.Lgs.277/91);

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Per accertare eventuali controindicazioni al lavoro specifico e considerare la sensibilità acusticaindividuale il Medico Competente deve valutare attentamente la suscettibilità al danno da rumore.In soggetti normoacusici viene riconosciuta come condizione di maggiore suscettibilità l’intervento distapedectomia per otosclerosi.Nella Tabella seguente sono inoltre riportate diverse condizioni patologiche di danno trasmissivopuro, misto trasmissivo-percettivo e percettivo puro. Per ciascuna condizione viene indicata lapossibile predisposizione al danno determinato dall’esposizione a rumore.

DANNO TRASMISSIVO PURO Predispone

Otite cronica senza perforazione NOOtite cronica con perforazione SIAplasia congenita NOStenosi del condotto NOEsostosi o osteoma del condotto NOOtosclerosi NOOtosclerosi operata SIEsiti di interventi per otite cronica NO

DANNO MISTO TRASMISSIVO E PERCETTIVO Predispone

Otite cronica labirintizzata SIOtosclerosi labirintizzata NOEsiti di intervento di otite cronica SI

DANNO PERCETTIVO Predispone

Sindromi di Meniere e menieriformi SICocleopatie vascolari SICocleopatie degenerative SICocleopatie virali SI/NOCocleopatie batteriche SICocleopatie da trauma cranico SI/NOCocleopatie da tossici SICocleopatie da presbiacusia NOCocleopatie da trauma acustico acuto NOCocleopatie da trauma acustico cronico SI/NONeuropatie da neurinoma NONeuropatie virali NO

Dai dati riportati nelle tabelle risulta con evidenza come sia necessario disporre di una diagnosiaudiologica precisa e che tuttavia le condizioni di effettiva maggiore suscettibilità non sianonumerose. Ai fini della completezza del protocollo di sorveglianza sanitaria, infatti l’audiometriadeve essere integrata da consulenza otorinolaringoiatriaca o audiologica e da idonei approfondimentistrumentali ogni qualvolta la sola audiometria non sia sufficiente per concludere un giudiziodiagnostico e diagnostico eziologico. In caso contrario il medico si troverebbe nell'impossibilità diformulare correttamente il giudizio di idoneità e di dare indicazioni relative alle opportune misurepreventive e/o protettive individuali.Vi sono promettenti indicazioni che attraverso le otoemissioni acustiche si possano ottenereinformazioni relative alla suscettibilità al danno da rumore. Tali informazioni non sono tuttaviaattualmente disponibili in forma standardizzata. Deludente è risultato in tal senso l’utilizzo deglispostamenti temporanei della soglia (TTS).

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Attualmente il principale strumento di valutazione della funzione uditiva è rappresentato dall’esameaudiometrico che deve essere effettuato in conformità con la normativa già riportata.Tuttavia le otoemissioni acustiche, che sono generate dalle OHC, si sono dimostrate capaci di fornireindicazioni relative al danno cocleare da rumore prima di ogni possibile diagnosi audiometrica, sisono cioè rivelate capaci di fornire indicazioni sul funzionamento dell’amplificatore cocleare. Essecostituiscono pertanto uno strumento per la definizione di “indici precoci di danno”. Recentementesono state fornite evidenze relative alla possibilità di ottenere dati relativi al danno da rumoremediante i test di soppressione delle otoemissioni con stimolazioni acustiche controlaterali.

Nell’attività del Medico Competente è piuttosto frequente il riscontro di soggetti esposti a rumore, neiconfronti dei quali è opportuno un giudizio di idoneità condizionato. Nell'espletare questa delicataprestazione è di pertinenza del Medico Competente fornire un parere al datore di lavoro circal'adozione di misure preventive e protettive per singoli lavoratori che tengano conto di tutte leconoscenze sanitarie acquisite e dei dati di esposizione a rumore. Il parere espresso puòcomprendere la riduzione dell'esposizione dei lavoratori conseguita mediante misure organizzative(art.44, comma 5 del D.Lgs.277/91).Si ritiene opportuno che il medico competente delinei con relazione sanitaria-epidemiologica lecorrelazioni tra le esposizioni e i danni configurando in tal modo la dimensione del rischio a cuicommisurare le idonee misure preventive (art.5, comma 1, lettera b). A tale proposito nella maggiorparte delle indagini epidemiologiche pubblicate di recente si è evidenziato che il carattere impulsivodelle esposizioni a rumore causa un incremento del rischio nei confronti di condizioni checomportino una esposizione continua di pari energia. In tema di predizione di danno si tenga inoltrepresente quali siano le limitazioni all'applicazione della ISO 1999:1990 (E) di seguito riportate.

ISO 1999: 1990 (E)4.4.2… Nei casi in cui il rumore cambia di giorno in giorno, la norma ISO è applicabile solo seil valore continuo equivalente spl(A) del giorno peggiore non supera di 10 dB il valoremedio di spl(A) calcolato per un periodo di durata maggiore (non superiore ad 1 anno).

Nell’ambito della sua attività ed anche ai fini dell’espressione del giudizio di idoneità il medicocompetente dovrà conoscere e prescrivere i DPI.L'indicazione e/o prescrizione di idonea protezionistica individuale è da considerarsi solo una dellepossibili soluzioni. Essa, comunque, va commisurata all’esposizione quotidiana personale alrumore, alle condizioni uditive del soggetto, alla presenza di patologie dell’orecchio e dell’apparatovestibolare, ai problemi di accettabilità del DPI da un punto di vista psicologico e ai compitilavorativi per evitare conseguenze indesiderate da eccesso o difetto di protezione.

Il medico competente formula il giudizio di idoneità alla mansione specifica e contro tale giudizio illavoratore e/o il datore di lavoro possono fare ricorso all’organo di vigilanza competente per territorioentro 30 giorni (art. 44, comma 6 del D.Lgs.277/91).

In caso di diagnosi, anche sospetta, di ipoacusia o sordità da rumore il medico deve consegnare ilcertificato INAIL di malattia professionale all’assicurato, il quale provvederà ad inoltrarlo al propriodatore di lavoro ai sensi dell’art.52 del DPR 1124/65. L’art.53 dello stesso DPR prescrive che ladenuncia di malattia professionale debba essere trasmessa dal datore di lavoro all’Istitutoassicuratore. Tuttavia è prassi consolidata, in molte aree, che il medico invii il certificato siaall’INAIL che al datore di lavoro.In agricoltura, invece, ai sensi dell’art.251 del DPR 1124/65 è il medico stesso che deve provvederealla trasmissione del certificato-denuncia all’Istituto assicuratore.

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Ai sensi dell’art.139 del DPR 1124/65 è inoltre obbligo del medico la denuncia di malattiaprofessionale alla Azienda Sanitaria competente per territorio (AUSL) e alla Direzione provincialedel lavoro (ex Ispettorato provinciale del lavoro).Il medico deve inoltre inviare referto all’Autorità Giudiziaria.

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5.5.2 Controllo sanitario per lavoratori esposti tra 80 e 85 dB(A)Il comma 4 dell'art.44 prevede che il controllo sanitario sia esteso ai lavoratori esposti a 80-85 dB(A)qualora essi ne facciano richiesta e il Medico Competente ne confermi l’opportunità.Le decisioni del Medico Competente vanno assunte tendendo conto delle indicazioni della letteraturain merito alle stime di danno in funzione degli anni di esposizione, dei LEP e delle condizioni delsoggetto.In particolare il Medico Competente deve tenere conto della possibilità di danno per esposizioniquotidiane personali tra 80 e 85 dB(A) qualora siano presenti rumori a componente impulsiva otonale ovvero che si realizzino esposizioni anche di breve periodo ma a livelli sonori molto elevati(decollo-atterraggio di aerei, importanti sfiati di aria compressa, utilizzo di esplosivi ecc...)

Una volta stabilita l’opportunità dell’accertamento, il Medico Competente adotterà un protocollo disorveglianza sanitaria che potrà prevedere una frequenza più dilazionata rispetto a quella prevista peresposizioni superiori anche in considerazione della condizione clinico-funzionale del soggetto.

5.6 - REGISTRO DEGLI ESPOSTI EX ART.49

Nelle more dell'emanazione da parte del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale e dellaSanità dei Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri che determinano i modelli e le modalità ditenuta dei registri previsti nell’art.49 del D.Lgs.277/91, l'ISPESL ha elaborato schemi progettuali utiliall'ottemperanza degli obblighi di legge previsti dal detto Decreto.Gli schemi progettuali proposti, corredati dalle specifiche per la loro compilazione, possonorappresentare i modelli di riferimento per l'attivazione di sistemi di registrazione dei livelliindividuali di esposizione a rumore. Il loro impianto (un primo modello per i dati del datore dilavoro, un secondo per i dati del lavoratore e dell’esposizione, un terzo per la comunicazione dellevariazioni dei dati e per la eventuale cessazione dell’attività produttiva, infine un quarto modello perla richiesta delle annotazioni individuali) risponde agli obblighi di legge e consente l’istituzione di unsistema informativo esaustivo ed affidabile.I modelli sono reperibili presso il sito dell’Istituto all’indirizzo www.ispesl.it cliccando sull’icona“Registri di esposizione” e sono stati pubblicati sulla rivista “Fogli d’Informazione ISPESL” (n 1/94monografico).In attesa dei decreti attuativi gli operatori possono dunque assolvere agli obblighi di legge con talimodelli oppure con registri cartacei o informatici indicanti per ciascun lavoratore le informazioniessenziali (dati anagrafici dell’azienda, dati anagrafici del lavoratore, mansione del lavoratore, livellidi esposizione, variazioni dei dati ed eventuale cessazione del rapporto di lavoro).

Per quanto attiene il livello di esposizione al rumore oltre il quale scatta l’obbligo di istituzione delregistro, tenuto conto che la norma di riferimento su questo tema si presta a diverse interpretazioni (inparticolare non chiarisce se il livello soglia debba essere considerato 80 o 90 dB(A)), si ritiene che unsistema di registrazione dei dati sia efficace quando mantiene livelli sufficienti di esaustività e diqualità delle informazioni. D’altra parte le esigenze di natura prevenzionale consiglierebberol’estensione del sistema di sorveglianza epidemiologica a tutti i lavoratori esposti a livelli di rischiosignificativi per la tutela della salute. Tenuto conto però che non sarebbe possibile garantire livelli diqualità minimali includendo nel registro tutti i lavoratori a partire da 80 dB(A), si ritiene che allostato attuale il valore di esposizione dal quale si fa obbligo della registrazione debba essere pari a 90dB(A). Analoghe valutazioni sono state fatte dalla Commissione Consultiva Permanente ex art.26D.Lgs.626/94.

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I registri di esposizione a rumore ex art.49 del D.Lgs.277/91 che vanno inviati all’ISPESL possonoessere correttamente indirizzati a ISPESL - Dipartimento Medicina del Lavoro - Via Alessandria220/E - 00198 Roma

5.7 - INFORMAZIONE E FORMAZIONE

Il D.Lgs.277/91 prevede attività di informazione e formazione a carico del datore di lavoro, all'art.42,rispettivamente ai commi 1 e 2.Definiamo di seguito più precisamente cosa si intenda per informazione e formazione dei lavoratori:• Informazione: presentazione di notizie, dati e simili concernenti l'argomento di interesse in forma

scritta, orale, visiva o altra;• Formazione: presentazione di notizie, dati e simili concernenti l'argomento d'interesse in forma

scritta, orale, visiva o altra che preveda un coinvolgimento attivo del destinatario dell'attività ed unsuccessivo momento di verifica di quanto appreso.

L'informazione e la formazione riguardano sia argomenti di carattere generale (ad es.: i rischiderivanti all'udito dall'esposizione al rumore), che riferiti specificamente al ciclo produttivo, allemacchine ed impianti ed organizzazione del lavoro della singola azienda (ad es.: i risultati ed ilsignificato della valutazione di cui all'art.40) e del singolo lavoratore.È importante rilevare che, mentre l'attività di informazione specifica sul rischio rumore va fornitaalmeno ai lavoratori esposti a più di 80 dB(A), la formazione è obbligatoria per tutti i lavoratori la cuiesposizione sia superiore a 85 dB(A). Ovviamente questi valori (80 e 85 dB(A)) ed i contenuti dellaformazione e dell’informazione previsti dal D.Lgs.277/91 sono indicazioni di minima da garantirecomunque; nella peculiarità delle singole aziende si potrà decidere di attivare l’informazione e laformazione anche a livelli di rischio inferiori ed andranno sviluppate le ulteriori tematiche che lospecifico luogo di lavoro richieda.Le attività di informazione e formazione devono avvenire periodicamente ed allo scopo si consiglia dieffettuarle dopo che è stata compiuta la valutazione del livello di rumorosità ambientale e dopo averdato corso ai relativi ed eventuali accertamenti sanitari sui lavoratori esposti.

I contenuti minimi dell'attività di informazione prevista dall'art.42 del D.Lgs.277/91, a carico deldatore di lavoro che si può avvalere di servizi esterni all'impresa e per casi specifici del medicocompetente (es.: il significato ed il ruolo del controllo sanitario di cui all'art.44), possono essere cosìarticolati:• Rischi derivanti all'udito dall'esposizione al rumore: cos'è il rumore, strumenti e grandezze di

misura; cos'è l'udito: nozioni di anatomia, fisiologia e patologia; ipoacusia da rumore: i sintomisoggettivi e caratteristiche audiometriche;

• Misure adottate in applicazione al D.Lgs.277/91 e quelle di protezione cui i lavoratori devonoattenersi: bonifiche realizzate e in programma; misure organizzative e procedurali alle quali ilavoratori devono conformarsi; significato della cartellonistica e delle aree segnalate operimetrate;

• Funzione dei mezzi individuali di protezione, circostanze in cui ne è previsto l'uso e modalità diuso a norma dell'art.43: tipi di DPI uditivi disponibili e loro caratteristiche di attenuazioneacustica; quali sono i mezzi personali di protezione da usare e i lavoratori soggetti all'obbligo oall'opportunità di usarli;

• Significato e ruolo del controllo sanitario di cui all'art.44 per mezzo del medico competente,indicando anche il significato del giudizio di idoneità alla mansione, delle misure preventive eprotettive individuali adottate e delle procedure del ricorso;

• Risultati e significato della valutazione di cui all'art.40, precisando le principali sorgenti dirumore, le aree di lavoro e le mansioni a maggior rischio. Ogni lavoratore deve conoscere la

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fascia di rischio in cui si colloca e, per questo tipo di informazione, sarebbe opportuno utilizzare laforma scritta.

Per quanto riguarda la formazione, essa deve comprendere una fase di acquisizione di conoscenze eduna fase di acquisizione di capacità operative sulle misure di tutela, collettive e individuali, tecniche,organizzative e procedurali che consentano di ridurre i livelli di esposizione.Per quanto previsto dal D.Lgs.277/91, essa deve specificamente riguardare:• l'uso corretto dei mezzi individuali di protezione dell'udito: criteri e modalità d'uso; inconvenienti:

come prevenirli o ridurli;• l'uso corretto degli utensili, macchine, apparecchiature più rumorosi (almeno quelli con LAeq pari

o superiore a 85 dB(A))La formazione deve essere caratterizzata, oltre che da modalità didattiche che favoriscano lapartecipazione e l'impegno attivo dei lavoratori, da sistemi di valutazione del grado di apprendimentodei lavoratori formati.

5.8 - NUOVE MACCHINE: PROGETTAZIONE, COSTRUZIONE E ACQUISTO

La progettazione, la costruzione e la realizzazione di nuovi impianti, macchine ed apparecchiaturedevono avvenire riducendo al minimo, in relazione alle conoscenze acquisite in base al progressotecnico, i rischi derivanti dall'esposizione al rumore mediante l’utilizzo di misure tecniche,organizzative e procedurali, concretamente attuabili, privilegiando gli interventi alla fonte (art.46,comma 1, D.Lgs.277/91). Da notare che il rumore è anche tra i requisiti essenziali di sicurezza delDPR 459/96 (recepimento della Direttiva "Macchine"); i progettisti/costruttori non possono pertantolimitarsi ad indicare il livello di rumore delle macchine, ma debbono adoperarsi con ogni mezzo alcontenimento delle emissioni, eventualmente agendo anche sulla propagazione del rumore (es.: concabine/schermi fonoisolanti).I nuovi utensili, macchine ed apparecchiature che possono provocare ad un lavoratore che li utilizzi inmodo appropriato e continuativo un'esposizione quotidiana personale pari o superiore ad 85 dB(A)devono essere corredati da un'adeguata informazione relativa al rumore prodotto nelle normalicondizioni di utilizzazione ed ai rischi che questo comporta.I soggetti interessati da questi obblighi sono i progettisti, i costruttori, i commercializzatori,noleggiatori ed installatori nonché coloro che cedono in locazione le macchine o apparecchiaturesopraddette.

In seguito al recepimento della Direttiva 89/392/CEE (DPR 459/96), ogni nuovo utensile, macchina,apparecchiatura posta in commercio dopo il 21/09/96 deve essere accompagnato da specificheinformazioni acustiche:n il livello di pressione sonora ponderato A (LpA) nei posti di lavoro se questi supera i 70 dB(A);

invece, se tale livello è inferiore o pari a 70 dB(A) basta precisare il non superamento di talesoglia;

n il valore massimo della pressione acustica istantanea ponderata C nei posti di lavoro se questasupera i 130 dB(C);

n il livello della potenza acustica emesso dalla macchina se il livello di pressione sonora ponderatoA nei posti di lavoro se supera gli 85 dB(A).

Inoltre (e con implicazioni di tipo penale: art.46, comma 2, D.Lgs.277/91), il LpA deve esseredisponibile (fornito contestualmente l'acquisto) per tutti gli utensili, macchine e apparecchiatureprogettate, prodotte o poste in commercio dopo il 11/09/91 laddove il livello di pressione sonoraponderato A è pari o superiore ad 85 dB(A).

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Un'adeguata informazione sul rischio è costituita dall’indicazione del LpA o LAeq in posizioneoperatore nelle condizioni normali di utilizzo o, in caso di macchine pluriscopo, nella condizione dimassima rumorosità.Presso il costruttore devono quindi essere disponibili i criteri riguardanti le modalità di misurariportanti, in particolare:- la descrizione della macchina (modello/tipo) oggetto della misura;- la specificazione della posizione di misura;- le condizioni di installazione e montaggio;- le condizioni operative durante la misura;- la metodologia della misura.In presenza di macchine con marcatura CE (gli obblighi informativi relativi all’acustica sono riportatiin Allegato 1, punto 1.7.4.f) occorre accertarsi che il dato riportante le caratteristiche delle emissionisonore sia realmente presente nel libretto d'istruzioni.Per le macchine da cantieri edili e d’ingegneria civile soggette a specifiche regole tecniche(motocompressori, gru a torre, gruppi elettrogeni, martelli demolitori, macchine movimento terra,tosaerba; vedi DM 588/87; DM 598/87; D.Lgs.135-136-137/92) la presenza di una label (etichetta)acustica può ritenersi esaustiva anche ai fini dell'informazione ex art.46, D.Lgs.277/91 solo nel casoquesta indichi il valore del LpA (e non solo LwA - livello di potenza sonora ponderato A) misurato.

Occorre infine ricordare l’obbligo posto simmetricamente a carico del datore di lavoro acquirente dalcomma 3 dell’art.46, di privilegiare all'atto dell'acquisto di nuovi utensili, macchine, apparecchiature,quelli che producono, nelle normali condizioni di funzionamento, il più basso livello di rumore.E’ quindi importante che il datore di lavoro effettui una ricerca fra più opzioni, che la scelta risultivalidamente motivata e che sull’eventuale capitolato d’acquisto della macchina compaia il dato dellapressione sonora. Naturalmente, la scelta della macchina non potrà essere rigidamente legata al sololivello di rumore emesso, ma deriverà altresì da una serie di ulteriori valutazioni (fattori di rischiodiversi dal rumore, disponibilità sul mercato, vincolo ecologico/produttivo, ecc.) con una valutazionecomplessiva, concreta e legata alle peculiarità del caso.

5.9 - NUOVI INSEDIAMENTI PRODUTTIVI

Così come la progettazione, la costruzione e la realizzazione di nuovi impianti, macchine edapparecchiature, anche gli ampliamenti e le modifiche sostanziali di aziende devono avvenireriducendo al minimo, in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, i rischiderivanti dall'esposizione al rumore mediante l’utilizzo di misure tecniche, organizzative eprocedurali, concretamente attuabili, privilegiando gli interventi alla fonte (art.46, comma 1).In effetti, i due aspetti (progettazione/realizzazione di apparecchiature e di luoghi di lavoro) sonointrinsecamente collegati: nella realizzazione di ampliamenti o di nuove sedi aziendali vi ècertamente un contributo anche sensibile della struttura edile (separazione di attività, poterefonoassorbente degli involucri, ecc...) sui campi sonori generati dalle apparecchiature, dallemacchine, dagli impianti.Occorre pertanto qui ribadire integralmente i concetti espressi al punto precedente mentre, per quantoriguarda la struttura dell'edificio ed il lay-out (art.46, comma 1) i datori di lavoro possono utilizzaretutte le potenzialità preventive offerte dai modelli di previsione acustica (e proposti dalla parte IIIdella norma ISO 11690) in particolare soffermando l'attenzione sulle caratteristiche acustiche deilocali al fine dell'eventuale trattamento fonoassorbente e della separazione delle lavorazionirumorose.Analogamente, gli organi di vigilanza delle Az.USL in fase di valutazione di nuovi insediamentiproduttivi (notifica ex art.48 DPR 303/56) con presumibili elevati livelli di rischio rumore, potrannorichiedere fruttuosi approfondimenti basati su tali modelli previsionali.

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5.10 - LAVORO MINORILE

Il decreto legislativo n° 345 del 04/08/1999 disciplina tra l'altro l'esposizione a rumore dei minori. Ilsuddetto provvedimento, di attuazione della Direttiva 94/33/CEE, modifica l'art.6 della legge 17ottobre 1967, n. 977 (Tutela del lavoro dei bambini e degli adolescenti) proponendo il divieto diadibizione dei minori alle attività che comportino un valore dell'esposizione quotidiana superiore a 80dB(A) con la sola possibilità di derogare a tale divieto per motivi didattici o di formazioneprofessionale (art.7, comma 2).Le maggiori cautele da adottarsi nei confronti della prevenzione del danno acustico nei minori sonoda porsi in relazione sia con la necessità di preservare con più attenzione il patrimonio funzionale diindividui giovani, sia con la dimostrata maggiore suscettibilità al danno da rumore in soggetti che nonabbiano ultimato le tappe del loro sviluppo funzionale.La circolare n. 1/2000 del Ministero del Lavoro del 5 gennaio 2000 ha chiarito che il divieto diesposizione al rumore ai sensi del D.Lgs.345/99 non opera automaticamente, ma discende dallavalutazione dei rischi effettuata sulla base delle disposizioni di cui al D.Lgs.277/91, art. 40, e scatta apartire da un livello di 80 dBA. In particolare il livello di 80 dBA deve intendersi come esposizionequotidiana personale o come esposizione media settimanale, se quella quotidiana è variabile nell’arcodella settimana lavorativa e, pertanto, non va considerato come valore che non può mai esseresuperato nell’arco del periodo in esame.Il D.Lgs.345/99 prevede infine che il medico competente effettui la sorveglianza sanitaria dei minoricon periodicità almeno annuale.

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6 - LISTA DI CONTROLLO

In conclusione a questo capitolo si è deciso di inserire una vera e propria lista di controllo, perprivilegiare la funzione di verifica di adempimento delle principali procedure per la gestione delrischio rumore nell’ambiente di lavoro.La check-list, che non può certo ritenersi esaustiva di tutti gli aspetti sviluppati da queste linee guida,è riferita agli obblighi in capo al datore di lavoro.

Obblighi indipendenti dal livello di esposizione personale (LEP)

N. QUESITO Modalità di adempimento(in caso di risposta negativa)

Rif. nelD.Lgs.277/91

1 Si è provveduto ad effettuare la primaValutazione del Rumore nei modi e nei tempiprevisti dal D.Lgs.277/91?

Effettuare la Valutazione consultati ilavoratori o i loro RLS

art.40 c.1

2 Si dispone del Rapporto di Valutazioneredatto nei modi e tempi previsti dalD.Lgs.277/91?

Redigere il Rapporto di Valutazione,informandone il RLS e, se presente, il medicocompetente (MC)

art.40

3 Si è provveduto a ripetere la Valutazione delrischio rumore con la periodicità dichiaratanella precedente Valutazione?

Ripetere la Valutazione, redigere un nuovoRapporto di Valutazione informandone ilRLS e, se presente, il MC

art. 40 c.2 e 3

4 Si è in grado di documentare le misure diprevenzione e protezione adottate inconseguenza della Valutazione del rischio ?

E’ consigliabile mantenere memoria dellemisure messe in atto, ad esempiospecificandole nel Rapporto di Valutazione.

art. 41 c. 1

Ulteriori obblighi se il LEP di almeno 1 lavoratore è > 80 dB(A)

N. QUESITO Modalità di adempimento(in caso di risposta negativa)

Rif. nelD.Lgs.277/91

5 La Valutazione del Rumore comprendemisure strumentali sulle esposizioni deilavoratori, sulle sorgenti e sui luoghi dilavoro?

Far effettuare la Valutazione da personalecompetente con strumentazione adeguata,consultati i lavoratori o il loro RLS

art.40+ Allegato VI

6 Si è adempiuto agli obblighi di informazionedei lavoratori, anche riguardo al loro diritto dirichiedere il controllo sanitario?

Registrare ogni iniziativa informativaindicando contenuti, data, chi l’ha effettuata efacendo firmare i presenti.

art. 42, c.1

7 Nel caso sia stato richiesto dai lavoratori dieffettuare il controllo sanitario, si è in gradodi dimostrare di aver nominato il MC o chequesti non ha condiviso tale esigenza?

Formalizzare la nomina del MC (per esempiocon lettera d’incarico sottoscritta peraccettazione) oppure conservare il parerenegativo alla richiesta dei lavoratori a firmadel MC.

art.44, c.2

Ulteriori obblighi se il LEP di almeno 1 lavoratore è > 85 dB(A)

N. QUESITO Modalità di adempimento(in caso di risposta negativa)

Rif. nelD.Lgs.277/91

8 Si è nominato il MC e si sorveglia che questieserciti i suoi principali compiti?

Formalizzare la nomina e sorvegliare che ilMC visiti con la giusta periodicità i lavoratoried i luoghi di lavoro.

art.44, c.3

9 I lavoratori hanno ricevuto un’adeguataformazione?

Registrare ogni iniziativa formativa indicandocontenuti, data, chi la ha effettuata e facendofirmare i presenti.

art.42, c.2

10 Si sono forniti i DPI uditivi efficaci a tutti ilavoratori con LEP > 85 dBA o con specificaprescrizione del MC?

Scegliere i DPI sulla base del rischioambientale e della loro attenuazione;registrarne l’avvenuta consegna facendolafirmare dai singoli lavoratori

art.43, c.1

11 I DPI uditivi sono stati scelti consultando ilavoratori o i loro RLS?

Registrare la consultazione in un documentosottoscritto dai lavoratori o dai RLS.

art.43, c.6

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Ulteriori obblighi se il LEP di almeno 1 lavoratore è > 90 dB(A) o Lpicco > 140 dB

N. QUESITO Modalità di adempimento(in caso di risposta negativa)

Rif. nelD.Lgs.277/91

12 E’ stata esposta segnaletica appropriata neiluoghi di lavoro che superano i 90 dB(A) diLAeq o 140 dB di Lpicco ?

Esporre apposita segnaletica e, qualora ilrischio lo giustifichi, perimetrare e limitarel’accesso a tali luoghi.

art.41, c.2 e c.3

13 E’ stata effettuata la comunicazioneall’organo di vigilanza del superamento dei90 dB(A) di LEP o 140 dB di Lpicco ?

Comunicare, entro 30 gg. dalla Valutazione,le misure tecniche, organizzative eprocedurali attuate informandone i lavoratorio il RLS.

art.45

14 Si è istituito e si tiene aggiornato il Registrodegli esposti ex art.49?

Istituire ed aggiornare il Registro degliesposti

art.49

15 Si gestiscono correttamente le comunicazionipreviste per il Registro degli esposti?

Gestire le comunicazione del Registro degliesposti (con AUSL, ISPESL, ISS) secondo lemodalità previste dalla legge

art.49

16 Si controlla che i lavoratori utilizzino (ecorrettamente) i loro DPI uditivi?

Definire una procedura di sorveglianzadell’uso dei DPI che preveda anche richiamiper quei lavoratori che non li utilizzano

art.43

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Allegati

Allegato n° 1 Elenchi di attività e mansioni con LEP normalmente minore di 80dB(A)

Allegato n° 2 Guida alla valutazione delle incertezze di misura

Allegato n° 3 Schema della Relazione tecnica sull’esposizione a rumore exD.Lgs.277/91

Allegato n° 4 Rapporto di Valutazione in aziende senza addetti esposti a LEP >80 dB(A)

Allegato n° 5 Rapporto di Valutazione in aziende con addetti esposti a LEP > 80dB(A)

Allegato n° 6 Modello per la Comunicazione ex art.45 D.Lgs.277/91

Allegato n° 7 Descrizione dei metodi per la scelta dei DPI uditivi

Allegato n° 8 Bibliografia

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Allegato n° 1ELENCHI DI ATTIVITÀ E MANSIONI

CON LEP NORMALMENTE MINORI DI 80 dB(A)

Di seguito vengono riportati due elenchi che rappresentano le conoscenze disponibili all’atto dipubblicare queste Linee Guida.Le fonti di detti elenchi sono:

1. l’Allegato n°2 alla Circolare n°45/92 dell’Assessorato Sanità-Igiene-Ambiente della RegioneLazio avente per oggetto: “Primi indirizzi applicativi del Decreto Legislativo n° 277 del 15 agosto1991”, pubblicata in data 27 luglio 1992;

2. il testo delle “Linee Guida per la collocazione indicativa di attività e mansioni ai fini delladefinizione dell’obbligo di misurazione strumentale del rumore” concordato dal Dipartimento diPrevenzione dell’Az.USL di Modena con le locali associazioni imprenditoriali CNA - LAPAM-Federimpresa - Confcommercio - Confesercenti e CLAAI, pubblicato in data 13/04/2000.

Si ritiene che il presente Allegato sia destinato ad arricchirsi nel tempo in tanto in quanto siconsolideranno le conoscenze dei livelli di rischio derivanti dalle molteplici misurazioni acusticheeffettuate in questi anni.

1. ALLEGATO ESTRATTO DALLA CIRCOLARE 45/92 DELLA REGIONE LAZIO

Aziende interessate alla valutazione senza misure

Uffici con l'uso di:---

Fotocopiatrici fino a 60 copie al minutoMacchine da scrivere elettriche (fino a quattro in uso contemporaneo)Personal computer con stampante (fino a quattro in uso contemporaneo)

Attività commerciali con:--

Attrezzature tipo ufficioRegistratori di cassa

Ristoranti e cucine di comunità escluse la preparazione industriale dei pastiLavanderie a secco artigianaliTipografie con macchine tipo-lito con velocità di stampa fino a 6000 copie/ora (massimo tre

macchine e con esclusione delle confezionatrici pneumatiche)Parrucchiere ed estetisteElettrauto ed officine di riparazione auto con uso della svitatrice pneumatica inferiore a quindici

minuti al giornoAutotrasporti con automezzi e trattrici recenti.

2. ESTRATTO DALLE LINEE GUIDA DI CNA - LAPAM-Federimpresa - Confcommercio -Confesercenti - CLAAI E DELL’AZ.USL DI MODENA

... Pur avendo a mente tutta la delicatezza di un’operazione finalizzata a distinguere le attività e lemansioni che generalmente non superano gli 80 dB(A) da quelle che generalmente tale valoresuperano, il Dipartimento di Prevenzione dell’Az.USL di Modena e le Associazioni d’impresa della

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provincia hanno tuttavia finito col convenire sulla prevalenza dei vantaggi nel fornire questeindicazioni.Si è così deciso di concretizzare l’approfondimento realizzando una Tabella contenente una serie diattività e mansioni che, quando collocate nella colonna di sinistra indicano che i dati di esperienza edi letteratura permettono, in prima approssimazione, di ritenere che i LEP dei lavoratori non superinogli 80 dB(A). Simmetricamente, per le attività e mansioni collocate nella colonna di destra, leevidenze sono per un generalizzato superamento degli 80 dB(A) di LEP.

Come già evidenziato, l’appartenenza di un’attività o di una mansione esercitata nell’ambito di unaspecifica azienda ad una delle categorie elencate nella colonna di sinistra della Tabella a seguito, nonè di per sé una garanzia assoluta di non superamento degli 80 dB(A) di LEP; quanto detto valeovviamente in maniera simmetrica per le attività e mansioni della colonna destra.

Per ridurre le probabilità dei possibili errori nell’applicazione del protocollo a seguito esposto siconsiglia comunque alle aziende di:

- verificare la propria collocazione avendo a mente le attività e le mansioni esercitatedall’addetto maggiormente esposto nella settimana più rumorosa dell’ultimo anno;

- definire quanto tempo sono utilizzate le attrezzature di lavoro più rumorose della propriaazienda considerando che bastano anche pochi minuti di uso di macchine o utensili rumorosiper superare gli 80 dB(A) di LEP.

Per avere LEP > 80 dB(A) bastano: Livello di rumore tipico di:30 minuti a 92 dB(A) saldatori, uso di mazze con scalpelli per lavori

edili, trattori non cabinati ...15 minuti a 95 dB(A) avvitadadi, smerigliatrici di testa, seghe circolari

per taglio alluminio...8 minuti a 98 dB(A) smerigliatrici angolari a disco, martelli

demolitori, taglio jolly ceramici...

Il datore di lavoro che, in ragione delle peculiarità della propria azienda, ritenesse di non riconoscersinell’assegnazione effettuata, potrebbe verificare le proprie convinzioni affidando ad una personacompetente il mandato di testare strumentalmente solamente una o alcune situazioni-limite,riservandosi solo successivamente di commissionare l’eventuale intera valutazione con misurazioniprevista dal D.Lgs.277/91.

Occorre comunque sottolineare che, in linea di massima, chi ha già effettuato precedenti valutazionimediante misurazioni, può attenersi con tranquillità alle risultanze delle stesse e, se tutti i LEP eranoad esempio inferiori ai 77-78 dB(A), non è necessario né utile che richieda nuove campagne dimisurazione, salvo l’introduzione di attività / macchine / mansioni più rumorose. Viceversa, chiaveva lavoratori documentati come esposti a LEP maggiori di 80 dB(A), è opportuno che, anche sesolo per la prima volta, si cauteli verificando strumentalmente l’avvenuto rientro al di sotto degli 80dB(A).

Prima di addentrarsi nella Tabella che rappresenta la sintesi di questo approfondimento resta dasegnalare che “in corso d’opera”, si sono anche evidenziate talune attività per le quali le conoscenzeattualmente disponibili non consentono un inquadramento definito. Tutte queste attività sono stateraggruppate in una colonna centrale, e saranno oggetto nei limiti del possibile di approfondimenti

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futuri; naturalmente, in questi casi, l’onere della valutazione (anche con misure) è riconsegnatototalmente alle aziende ed ai loro consulenti.

Tabella di classificazione di attività e mansioniai fini dell’obbligo di misurazione strumentale

Attività che generalmentenon superano gli 80 dB(A) e

per le quali generalmentenon ricorre l’obbligo dellamisurazione strumentale

Attività per le quali leconoscenze attualmente

disponibilinon consentono un

inquadramento predefinito

Attività che generalmentesuperano gli 80 dB(A) e

per le quali generalmentericorre l’obbligo della

misurazione strumentale

ABBIGLIAMENTOn Confezione in tessuton Confezione di maglierian Lavanderie al pubblico, tintura

capin Modelliste, figurinisten Produzione calzature (escluso

montaggio e suolatura)n Riparazione calzaturen Riparazione capi in pellen Sartin Ricamo a manon Stampa su tessuto per applicazione

a caldon Stirerien Taglio, ripasso, imbuston Asolatura, applicazione bottonin Produzione tessuti a mano,

decorazioni su tessuti senzamacchine

• Cardatura• Confezioni borse, cinture in pelle• Lavorazione e produzione

pellicce• Stampa serigrafica

• Concerie, tintorie pellame• Finissaggio• Roccatura• Tessitura (rettilinee, circolari,

cotton)• Lavorazione e produzione pelli• Produzione di bottoni• Produzione occhiali, ombrelli,

penne• Ricamifici• Tintorie• Lavanderie industriali

ACCONCIATORIn Acconciatorin Estetiste, manicure

AGRICOLTURA• Esercizio macchine agricole

AGROALIMENTAREn Disossatura manualen Produzione artigianale di pastan Gelaterien Fornain Pasticcerien Rosticcerie, friggitorie e

produzione pizze al taglion Stagionatura prosciutti

• Allevamenti non di suini e bovini• Lavorazione e confezione spezie• Produzione caffè, estratti, lievito• Produzione grassi• Produzione industriale

pasta• Lavorazione budella• Produzione industriale di pane,

piadine, biscotti• Caseifici

• Allevamenti suini e bovini• Disossatura con macchine• Imbottigliamento in vetro (acqua,

vini, liquori ...)• Lavorazione e conservazione

prodotti alimentari in genere(pomodori, ortaggi...)

• Macellazione• Mulini• Preparazione di pasti ad uso

industriale• Produzione aceto, alcool, vino• Produzione di insaccati e

lavorazione carni

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• Produzione mangimi

ARTISTICOn Liutai, costruzione

artigianale di strumenti acorda

n Restauro strumenti musicalin Intagliatori di legno a manon Lavorazione artistica di

cuoio e pellen Orologiain Riparazione oreficeria,

bigiotterian Restauri d’arte (dipinti,

cornici, mobili, stucchi)

• Lavorazione pietrepreziose

• Produzioneoreficeria

• Lavorazione ardesia emarmo

AUTOTRASPORTIn Autorimessen Autoscuolen Espurgo pozzin Facchini e stivatorin Noleggion Trasporti su strada

CERAMICA E VETROn Decorazioni su ceramican Allestimento campionari di

piastrelle

• Installazione del vetro• Produzione e lavorazione

artistica del vetro

• Produzione manufatticeramici

• Taglio piastrelle• Taglio del vetro

CHIMICAn Biomedicale: solo

assemblaggio• Biomedicale: produzione e

trattamento prodottibiomedicali

• Lavorazione gomma ematerie plastiche

• Lavorazione vetroresina• Produzione e

confezionamento di prodottichimici

COMMERCIO E PUBBLICI ESERCIZIn Alberghin Barn Benzinain Lavaggio auton Commercio al minuton Commercio all'ingrosson Mense, ristoranti, pizzerien Ambulantin Edicole

• Discoteche

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EDILIZIAn Imbianchini • Intonacatori • Carpentieri edili

• Costruttori edili, muratori• Costruzione prefabbricati• Lavorazione

terracotta (fornaci)• Lavori stradali• Levigatori• Marmisti• Lavorazione lapidei• Pavimentatori, piastrellisti• Perforazioni suolo, pozzi

GRAFICA E FOTOGRAFIn Copisterien Decorazioni murali e su telan Legatoria a manon Fotocomposizionen Neonistin Registrazioni video e

fonografichen Studi grafici e pubblicitarin Eliografian Fotografin Fotolaboratori

• Cartellonisti• Costruzione plastici• Serigrafia

• Cartotecnica• Legatoria editoriale• Stampa offset• Tipografia, litografia• Lavorazione clichè in zinco

LEGNOn Montaggio cornicin Tappezzieri

• Montaggio scale, infissi,pareti e pavimenti

• Abbattimento piante• Lavorazioni di falegnameria• Segherie, produzione

imballaggi• Verniciatori

METALMECCANICAn Antennistin Elettrauton Carburatoristin Meccanici riparatori di auto

e moto (Prestare particolareattenzione per l’estremavariabilità della casistica!)

n Assemblaggio componentielettronici

n Installatori e riparatoriimpianti idraulici,termosanitari, elettrici, gas

n Installatori antinfurto eantincendio

n Ascensoristi

• Trattamenti superficiali • Carpenterie• Carrozzerie• Affilatura utensili• Elettromeccanica• Fonderie• Lattonieri• Meccanica di produzione• Verniciatori• Gommisti• Sabbiatura• Saldatura (escluso “stagno”)• Lavorazione alluminnio• Montaggio e assemblaggio

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n Radiatoristin Riparazione e assemblaggio

bicicletten Riparazione impianti

frigoriferin Riparazione radio, tv,

elettrodomestici

SERVIZI E TURISMOn Decorazione con fiorin Derattizzazionen Gestione imprese turistiche,

noleggio di mezzi ditrasporto

n Imprese di pulizian Odontotecnicin Ottici (riparazione occhiali)n Podologi, masso-fisioterapi-

sti, massaggiatorin Servizi di informatican Tecnici ortopedicin Uffici e servizi

amministrativin Vendita e toelettatura

animali

• Disinfestazione

In chiusura si ricorda ancora che l’elenco sopra riportato vuole avere un carattere indicativo: restaferma la responsabilità del datore di lavoro nello stabilire se, nello specifico caso, i livelli diesposizione LEP (dipendenti sia dai livelli di rumore che dai tempi di esposizione) possanoragionevolmente ritenersi inferiori a 80 dB(A).

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Allegato n° 2GUIDA ALLA VALUTAZIONE DELLE INCERTEZZE DI MISURA

PREMESSA

Il D.Lgs.277/91 stabilisce che la misurazione del rumore deve essere effettuata in osservanza ai criteririportati nell’Allegato VI. Quest’ultimo, a sua volta, prevede che di ogni misurazione sia indicataanche l’incertezza di cui la medesima è affetta (errore casuale).Normalmente, per errore casuale si intende lo scarto quadratico medio (deviazione standard) su di unnumero significativo di campionamenti. In attesa di auspicabili puntualizzazioni a livello centrale, siconsiglia di continuare ad applicare le consolidate norme di buona tecnica (UNI 9432 del 1989) che,in sintesi, danno le seguenti indicazioni:

• Le misurazioni eseguite per brevi periodi sono soddisfacenti nel caso di rumori stabili o pocofluttuanti o fluttuanti ciclicamente su tempi più brevi.

• Se le fluttuazioni sono estese in ampiezza o si prolungano nel tempo ovvero se il fenomenosonoro è irregolare occorrerà rivolgersi sempre a fonometri integratori e prolungarel'osservazione strumentale fin anche a misurare il livello dell'intera giornata di lavoro (metododi riferimento).

• In situazioni estreme, qualora possa prevedersi un'oscillazione dei valori di esposizionegiornaliera, occorre ripetere le misure giornaliere sino al computo del LEP,w.

In ogni caso, la scelta dei tempi e delle metodologie di misura devono avere come obiettivo lastabilizzazione del LAeq del fenomeno acustico rappresentativo delle condizioni di esposizionedel/dei lavoratori.

Ai valori di LAeq così misurati si può associare, in mancanza dei dati di taratura relativi allo specificofonometro, un errore casuale pari a 0,7 dB, corrispondente alla tolleranza ammessa dalle norme IEC651/79 e IEC 804/85 (CEI EN 60651/82 e CEI EN 60804/99) per i fonometri di classe 1. In questomodo si rispetta formalmente la legge, ma dal punto di vista tecnico-scientifico il metodo non ècorretto e può portare a sottostimare in modo significativo l’entità dell’errore casuale.Di seguito si riporta un metodo per la valutazione e l’utilizzo dell’errore casuale nelle misurazioni delrumore, tratto dalla recente letteratura scientifica e normativa in materia.

1. INTRODUZIONE

In questa sede si propone un metodo per il calcolo dell’incertezza sui LAeq , sui tempi di esposizione esul LEP,d globale, basato sui criteri consigliati dallo standard ISO 9612 (1997). Un sempliceprogramma (Lepdw_Error) per l’applicazione di tale metodo può essere scaricato dal sito ISPESL(www.ispesl.it). Attualmente esiste anche una guida ISO, recepita in Italia come Guida UNI CEI 9(1997) “Guida all’espressione dell’incertezza di misura”, che può essere utilizzata. Trattasi però diun testo assolutamente generale per la valutazione dell’incertezza di un generico misurando, e di nonfacile applicazione per i non addetti ai lavori. Lo standard ISO 9612 (“Acoustics - Guidelines for themeasurement and assessment of exposure to noise in a working environment”), invece, riguardaspecificatamente il rumore in ambiente di lavoro e, a nostro avviso, meglio si adatta alla valutazionedel rischio rumore secondo le prescrizioni del D.Lgs.277/91.Una stima dell’incertezza associata al valore misurato o calcolato di una grandezza è un elementoessenziale in quanto rende possibile controllare la ripetibilità di una misura, e rende significativo ilconfronto tra i risultati di misure effettuate da diversi soggetti nelle stesse condizioni di misura.

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Viene definita incertezza sulla quantità y la quantità ε(y) data dalla deviazione standard delladistribuzione di probabilità dei valori assunti dal risultato della misura di y. Vanno calcolateseparatamente tre tipi di incertezze: una componente di tipo “strumentale”; una di tipo “ambientale”,dovuta alla incompleta campionatura della distribuzione dei livelli sonori; una componente“temporale” dovuta alla variabilità dei tempi di esposizione.

2. INCERTEZZE STRUMENTALI

Le incertezze strumentali vanno dedotte dalle indicazioni fornite dal costruttore, dalle informazioniricavabili dal certificato di taratura SIT o WECC dello strumento, o, ove queste manchino, dalletolleranze ammesse dagli standards IEC 651/79 e IEC 804/85 per i fonometri di classe 1. In assenzadi qualsiasi informazione sulla distribuzione di probabilità, come accade nella maggior parte dei casi,l’ipotesi più ragionevole è che tale distribuzione sia rettangolare (probabilità costante) con intervallototale di variabilità pari alla massimo scostamento, dato ricavabile dalle informazioni a disposizione odalle tolleranze.

Assumendo che le singole componenti dell’incertezza strumentale siano mutuamente indipendenti, isingoli contributi possono essere combinati quadraticamente nell’incertezza strumentale totale.

Le principali componenti dell’incertezza strumentale sono le seguenti:• accuratezza del calibratore;• non perfetta linearità della risposta del fonometro a diversi livelli di rumore (la calibrazione è

effettuata normalmente ad un’unica frequenza e livello sonoro);• scarti della curva di pesatura A del fonometro rispetto a quella standard;• risposta in frequenza non simmetrica rispetto ai vari angoli di incidenza del suono;• variazione della risposta del fonometro nel caso si usi un fondo scala diverso da quello di

riferimento;• variazione della risposta del fonometro al variare della pressione atmosferica statica;• variazione della risposta del fonometro al variare della temperatura ambiente;• variazione della risposta del fonometro al variare dell’umidità;• variazione del valore misurato di Leq in caso di pressione sonora variabile nel tempo rispetto alla

misura del Leq di un evento sonoro di livello costante e di uguale contenuto energetico;• possibile deriva della risposta del fonometro per misure prolungate nel tempo.

Nel certificato di taratura SIT o WECC del fonometro può essere riportato il valore dell’incertezzastrumentale εS dell’apparecchio. Questo valore può essere utilizzato tenendo conto che si tratta di unvalore riferito a condizioni standard di laboratorio (temperatura, pressione, umidità controllate):quindi deve intendersi come valore minimo dell’incertezza strumentale.Viceversa, basandosi solo sulle tolleranze ammesse per i fonometri di classe 1 si può stimare, per lesituazioni più comuni di utilizzo sul campo, un’incertezza complessiva massima dovuta ai contributisopra elencati pari a 0.7 dB.

3. INCERTEZZE AMBIENTALI

3.1. Campionamento del livello equivalenteUn segmento di attività di durata Ti che si svolge all’interno di un ambiente acusticamente omogeneo(ambiente nel quale i livelli di rumore misurati in prelievi successivi non differiscono di molto), puòessere esaminato col metodo del “campionamento”: effettuando cioè N misure indipendenti di livello

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equivalente di durata individuale Tij i cui risultati vengono indicati con Lij. Il livello equivalenterelativo al periodo Ti è dato dalla relazione:

2i

N

1j

0,1L

TiAeq, 0,115sLN

10

10logL

ij

+≅

�����

�����

=�

=

dove

L

L

Ni

ijj 1

N

= =�

è la media aritmetica dei livelli, e

( )s

L L

N 1

ij i

2

j 1

N 1/2

=

�����

�����

=�

è la deviazione standard della distribuzione dei livelli stessi.L’incertezza relativa alla componente ambientale vale:

( )

1/2

iji

N

1jiji1/242

TiAeq,ATT

TT

1N

0,026s

N

sL

�����

�����

���

����

−+=

�=ε

dove l’ultimo termine a destra è un fattore di correzione dovuto alla dimensione finita dellapopolazione da cui viene estratto il campione analizzato (cioè alla durata finita Ti del periodo); aldenominatore compare la media aritmetica dei tempi di campionamento Tij .Dal punto di vista pratico, l’ultimo termine di questa formula assume generalmente valori prossimi a1: per semplicità di calcolo tale termine è stato effettivamente posto uguale a 1 nel foglio di calcoloLepdw_Error. Inoltre, in generale sono sufficienti un numero di campionamenti N pari a 3, mentreun numero di campionamenti superiore a 5 non fornisce un significativo aumento della precisionedella misura.

L’incertezza totale sul livello equivalente vale:

( ) ( )( )ε ε εL LAeq,Ti S2

A2

Aeq,Ti

1/2= +

3.2. Misura diretta del livello equivalenteNel caso in cui viene eseguita una misura “diretta” del livello equivalente LAeq,Ti, per tutta la durata Ti

del periodo di tempo acusticamente omogeneo, per quanto detto al punto precedente l’incertezza

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“ambientale” è in questo caso nulla, e pertanto a tale valore va associata una incertezza puramentestrumentale.

( )ε LAeq,Ti = εεεεS

Nella Tabella delle misure della Relazione tecnica di cui all’Allegato n° 3, nella colonna “Errorecasuale” vanno riportati i valori degli errori casuali sui livelli equivalenti, ( )ε LAeq,Ti , come sopra

definiti.E’ chiaro, quindi, che una misura di livello equivalente sonoro non può essere esente da errore:quest’ultimo sarà più o meno elevato, a seconda della tecnica di misura scelta, ma non può essereinferiore all’incertezza strumentale.

4. INCERTEZZA SUI TEMPI DI ESPOSIZIONE

Anche i tempi di esposizione Ti sono generalmente affetti da una incertezza di cui va tenuto conto.L’incertezza sul tempo di esposizione ε(Ti) può essere calcolata con i classici metodi appropriati alledistribuzioni normali. Nel caso non si disponga di alcuna informazione per utilizzare una proceduradi questo tipo, possono essere calcolati valori indicativi mediante la formula:

( )ε Ti 0,04 Ti≈

con un valore minimo di 2,5 minuti.E’ bene ricordare l’importanza della corretta valutazione dei tempi di esposizione alle singolemansioni e/o fasi lavorative e delle rispettive incertezze, in quanto, come vedremo nel paragrafosuccessivo, questi parametri contribuiscono in maniera determinante alla determinazionedell’incertezza complessiva sul livello di esposizione personale.

5. INCERTEZZA SUL LIVELLO DI ESPOSIZIONE PERSONALE

Nonostante il D.Lgs.277/91, nell’Allegato VI, parli solo di errore casuale sui livelli equivalentimisurati, in questa sede si è ritenuto utile fornire una metodologia di calcolo dell’incertezzacomplessiva sul livello di esposizione personale. Considerato infatti che è il LEP,d il risultato finaledella misura della esposizione professionale a rumore, anche ad esso può essere associata unaincertezza. Tale quantità permetterà di stabilire se un certo limite di esposizione è, o può essere,superato e regolare di conseguenza i relativi adempimenti di legge.L’incertezza sul livello di esposizione personale giornaliero può essere ottenuta applicando in modoopportuno la legge di propagazione degli errori alle incertezze sui livelli equivalenti e sui tempi diesposizione visti nei paragrafi precedenti. Si calcola dapprima la componente dovuta ai fattori“ambientali”, εA(LEP,d):

( )�

��

=

==Α

��

� +=

M

1ii

0.1L

1/2M

1i

2T

0.2LM

1i

2i

2i

0.2L

dEP,

T10

1018.86T10

Li

i

ii εεε ;

a questa si aggiunge poi la componente dovuta ad effetti strumentali, εS, per ottenere l’incertezzacomplessiva sul LEP,d:

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ε (LEP,d) = [ εA2(LEP,d) + εS

2 ]1/2

Per sinteticità si è posto Li = LAeq,Ti, εi = εA (LAeq,Ti), εTi = ε (Ti) ed M è il numero di periodi in cui sieffettuano misure di livello equivalente. Come si può vedere, sono soltanto le componenti“ambientali” delle incertezze, εA (LAeq,Ti), che compaiono effettivamente nella propagazionedell’incertezza complessiva sul livello di esposizione personale, mentre il termine strumentale εS

viene inserito a valle della procedura, in quanto si riferisce ad un effetto sistematico che non vieneridotto dal numero di periodi nei quali si articola la giornata lavorativa. (N.B. Le formule utilizzate inquesto paragrafo valgono se si effettuano tutte le misure con lo stesso fonometro, cosa che avvienenella generalità dei casi. Se si utilizzano più fonometri occorre utilizzare un altro formalismo)

Operando in modo analogo, a partire dalle incertezze sugli m livelli di esposizione personalegiornalieri, si può calcolare l’incertezza sul valore del LEP,w che vale:

ε (LEP,w) = [ εA2(LEP,w) + εS

2 ]1/2 ,

dove:

( )�

=

=

��

=m

1k

k0.1L

1/2m

1k

2k

k0.2L

wEP,

10

10

L

εε A

è la componente “ambientale” dell’incertezza sul LEP,w, e per sinteticità si è posto Lk = (LEP,d)k, εk =εA (LEP,d)k .

Quindi, nel Rapporto di Valutazione del rischio ex articolo 40 del D.Lgs.277/91 potrà essereriportato, per ogni operatore esposto, il livello di esposizione personale con associata la relativaincertezza:

LEP,d ± ε (LEP,d);

LEP,w ± ε (LEP,w)

Si pone infine il problema di quale significato concretamente attribuire al calcolo dell’incertezza nelclassificare i livelli di esposizione del personale. A questo riguardo, si raccomanda l’adozione dicriteri cautelativi nell’individuazione delle misure di prevenzione e protezione, nello spiritoprevenzionistico del D.Lgs.277/91, in particolare nelle situazioni che mostrano valori del livello diesposizione personale al limite della attribuzione alla fasce di esposizione superiori di 80, 85 e 90dB(A).A titolo esemplificativo, supponiamo che per un lavoratore sia stato calcolato un LEP,d pari a 84,0 ±1,5 dB(A). Allora due sono le possibilità: o questo lavoratore viene assegnato cautelativamente allafascia di rischio corrispondente a 85÷90 dB(A), con tutti gli adempimenti conseguenti; oppure, siaumenta la precisione della determinazione del LEP,d tramite, ad esempio, un maggior numero dicampionamenti e/o misure dirette e/o una migliore determinazione dei tempi di esposizione. In talmodo, si riducono le componenti che contribuiscono all’incertezza complessiva ε (LEP,d), e si fa

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rientrare l’intervallo di variabilità del livello di esposizione personale all’interno della fascia dirischio inferiore (ad es. ottenendo un nuovo LEP,d pari a: 84,0 ± 0,8).

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Allegato n° 3SCHEMA DELLA RELAZIONE TECNICA

SULL’ESPOSIZIONE A RUMORE EX D.Lgs.277/91

Carta intestata del personale competente

Relazione tecnica per la valutazionedell’esposizione quotidiana personale dei lavoratori al rumore

N ________ del ___/___/___

Committente:Ditta (Ragione sociale)

esercente l’attività disede legale in via n

CAP Comune Prov.sede unità produttiva in via n

CAP Comune Prov.tipologia produttiva (codice ISTAT)

Lavoratori occupati n° ______, di cui:• n° _____ ______(mansione)_________;• n° _____ ______(mansione)_________;• n° _____ ______(mansione)_________.

Si riporta in allegato la piantina dell’unità produttiva con il lay-out aggiornato delle macchine edegli impianti, in cui sono indicate le postazioni di lavoro, le sorgenti di rumore e i punti di misura.

Strumentazione impiegata per i rilievi fonometrici

Tipo Marca e modello N° matricola Tarato il Certificato taratura n°Fonometro integratoreMicrofonoCalibratoreAltro

La strumentazione è di Classe 1, conforme alle Norme IEC 651/79 e 804/85 (CEI EN 60651/82 e CEIEN 60804/99).Prima e dopo ogni serie di misure è stata controllata la calibrazione della strumentazione mediantecalibratore in dotazione (verificando che lo scostamento dal livello di taratura acustica non siasuperiore a 0.3 dB) [Norma UNI 9432/89].

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Criteri e modalità di misura e di valutazione

Dopo un’attenta analisi del ciclo di produzione, dell’organizzazione e delle procedure di lavoro, delle‘giornate lavorative tipo’, degli ambienti di lavoro e delle caratteristiche del rumore, sono statiindividuati, sulla base dei seguenti criteri di valutazione (risultati di misurazioni anche estemporanee,confronti con situazioni analoghe, dati di letteratura, etc.) ___________________________________________________________________________________________________,n ___ lavoratori con LEP,d/w ≤≤≤≤ 80 dB(A), distribuiti come segue:

• n° _____ ______(mansione)_________;• n° _____ ______(mansione)_________;• n° _____ ______(mansione)_________.

In data/e __________________ sono stati effettuati, ai sensi dell’art.40 comma 2 del D.Lgs.277/91, irilievi strumentali secondo i criteri di misura riportati nell’allegato VI del D.Lgs.277/91 e nella normaUNI 9432, nelle seguenti condizioni:q nelle normali condizioni di lavoro;q nelle specifiche condizioni a seguito descritte:________________________________________

_____________________________________________________________________________(indicare eventuali particolarità, quali, per esempio, attività temporanee o mobili; rilievi tramitestrumenti fissati alla persona, addetti a macchine portatili/mobili o a servizi presso diversiambienti di lavoro o diverse unità produttive, etc.).

Tabella delle misure

N°misur

a

Punto dimisura

Sorgente dirumore

Condizione dimisura

Tempo dimisura[___]

LAeq

[dB(A)]

Errorecasuale[dB(A)]

Lpicco

[dB]

I punti di misura sono quelli riportati sulla piantina allegata.Sulla stessa piantina allegata sono evidenziate le aree di lavoro con LAeq > 90 dB(A), oppure Lpicco

> 140 dB.

I tempi di misura sono stati scelti per essere rappresentativi dei fenomeni acustici in esame e dellespecifiche condizioni di esposizione dei lavoratori.

I tempi di esposizione utilizzati per la valutazione dei LEP sono quelli dichiarati e sottoscritti dalDatore di Lavoro (possibilmente riportati in allegato), sentiti i RLS/lavoratori/Responsabiledell'organizzazione del lavoro ______________________.

Gli errori casuali di misura riportati in tabella indicano l’incertezza associata alle misure valutatacon il criterio __________________________________________________________________.

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Calcolo dei LEP,d/w

Gruppo omogeneo/ lavoratore

Operazione/postaz. di lavoro N°

Misura

Tempo diesposizione

[…]

LAeq

[dB(A)]Lpicco

[dB] LEP,d/w

[dB(A)]

I livelli di esposizione personale al rumore, riportati nell’ultima colonna della precedente tabella,sono stati ricostruiti sulla base dei tempi di esposizione dichiarati dall’Azienda e dei livelli sonorimisurati, secondo le formule riportate nell'articolo 39 del D.Lgs.277/91 e nella Norma UNI 9432.

Risultati della valutazione

LEP,d/w individualiMatri-

colaCognome e nome Mansione LEP,d ± �

[dB(A)]LEP,w ± �

[dB(A)]Lpicco

[dB]Classerischio

*

* Classe di rischio/Fascia di esposizione:0. Esposizione personale inferiore o uguale a 80 dB(A)1. Esposizione personale superiore a 80 e minore o uguale a 85 dB(A)2. Esposizione personale superiore a 85 e minore o uguale a 90 dB(A)3. Esposizione personale superiore a 90 dB(A), oppure Lpicco > 140dB

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Elenco delle macchine/attrezzature con LAeq ≥≥≥≥ 85 dB(A):N°

MisuraMacchina/attrezzatura Marca Mod. Note

Conclusioni

Sulla base del presente monitoraggio acustico aziendale:• si forniscono le seguenti indicazioni tecniche, utili ai fini dell’individuazione delle misure

tecniche, organizzative e procedurali concretamente attuabili: ___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________;

• si consiglia di ripetere la valutazione entro ___ anni.

La presente Relazione tecnica è composta da n .......... pagine e ..... Allegati.

Il Personale Competente_____________________

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Allegato n° 4RAPPORTO DI VALUTAZIONE

IN AZIENDE SENZA ADDETTI ESPOSTI A LEP > 80 dB(A)

Carta intestata della Ditta

Rapporto di Valutazione del rumoreex D.Lgs.277/91

Il Sottoscritto(Nome e Cognome)

in qualità di datore di lavoro dell'impresa(Ditta/Ragione sociale)

esercente l’attività di

con sede operativa in via nCAP Comune Prov.

e con sede legale in via nCAP Comune Prov.

consapevole della responsabilità che assume ai sensi del D.Lgs.277/91 e dell'art.485 del c.p.

DICHIARA:

���� di aver effettuato/aggiornato la Valutazione del rumore in data ___/___/___(gg/mm/aa)

avvalendosi del personale competente Sig. __________________________________

���� di aver consultato in data ___/___/___ il/i seguenti RLS -o, in loro assenza, i lavoratori-:Sig.____________________________________Sig.____________________________________

mediante:e di averlo/i informato/i dei risultati mediante:

���� che gli occupati in azienda e l'organizzazione del lavoro rispondono al seguente schema, perun totale di n __ occupati:1. _________________________ _________ ____________________________2. _________________________ _________ ____________________________…_________________________ _________ ____________________________

(mansione) (n. addetti) (note)

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���� di aver potuto escludere il superamento degli 80 dB(A) di LEP sulla base:o della palese assenza di sorgenti rumoroseo di riscontri bibliograficio delle informazioni acustiche fornite dal/dai costruttore/io di misurazioni in situazioni analogheo della Relazione tecnica allegatao altro (specificare)____________________________________________________

���� che per ridurre il rischio da esposizione a rumore sono già in atto le seguenti misure tecniche,organizzative e procedurali:1.2....

(eventualmente)���� che per migliorare le condizioni di salute e sicurezza sul rischio rumore saranno messe in atto

le seguenti azioni nei tempi a fianco riportati:1. entro il: __/__/__2. entro il: __/__/__... entro il: __/__/__

���� che la Valutazione in oggetto, salvo l'obbligo di ripeterla ad ogni variazione consistentedelle condizioni di esposizione al rumore, verrà ripetuta con periodicità ______________

ALLEGA:

���� Piantina con layout���� Elenco macchine / attrezzature di lavoro���� Lavorazioni effettuate���� (eventualmente) Relazione tecnica

Città---------- lì __/__/__

Il Legale Rappresentante

per presa visioneil RLS -o, in sua assenza, i lavoratori-

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Allegato n° 5RAPPORTO DI VALUTAZIONE

IN AZIENDE CON ADDETTI ESPOSTI A LEP > 80 dB(A)

Carta intestata della Ditta

Rapporto di Valutazione del rumoreex D.Lgs.277/91

Il Sottoscritto(Nome e Cognome)

in qualità di datore di lavoro dell'impresa(Ditta/Ragione sociale)

esercente l’attività di

con sede operativa in via nCAP Comune Prov.

e con sede legale in via nCAP Comune Prov.

consapevole della responsabilità che assume ai sensi del D.Lgs.277/91 e dell'art.485 del c.p.

DICHIARA:

���� di aver effettuato/aggiornato la Valutazione del rumore in data ___/___/___(gg/mm/aa)

avvalendosi del personale competente Sig. __________________________________che ha prodotto la Relazione tecnica n _____ del ___/___/___ riportata in allegato,contenente anche i dati aziendali e del personale, i criteri, i metodi, i dati misurati ed iparametri utilizzati (ed in particolare i tempi di esposizione) per il computo dei LEP

���� di aver consultato in data ___/___/___ il/i seguenti RLS -o, in loro assenza, i lavoratori-:Sig.____________________________________Sig.____________________________________

mediante:e di averlo/i informato/i dei risultati mediante:

���� che gli occupati in azienda e l'organizzazione del lavoro rispondono al seguente schema, perun totale di n __ occupati:1. _________________________ _________ ____________________________2. _________________________ _________ ____________________________…_________________________ _________ ____________________________

(mansione) (n. addetti) (note)

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���� che il quadro di sintesi degli esposti a rumore è il seguente:LEP,d/w > 90 dB(A) o Lpicco > 140 dB = n _____ occupati

LEP,d/w tra 85 e 90 dB(A) = n _____ occupatiLEP,d/w tra 80 e 85 dB(A) = n _____ occupati

LEP,d/w ≤ 80 dB(A) = n _____ occupati���� che esistono n _____ aree con LAeq > 90 dB(A), come evidenziato nella piantina allegata

���� che per ridurre il rischio da esposizione a rumore sono già in atto le seguenti misure tecniche,organizzative e procedurali:1.2....

���� che per migliorare le condizioni di salute e sicurezza sul rischio rumore saranno messe in attole seguenti azioni nei tempi a fianco riportati:1. entro il: __/__/__2. entro il: __/__/__... entro il: __/__/__

���� che sono già operativi i protocolli di sicurezza previsti dalla legge in funzione dei livelli dirischio riscontrati, e in particolare :

controllo sanitario a cura del medico competente Dr.______________________________;informazione / formazione dei lavoratoridisponibilità / obbligo all’uso dei DPI uditivicomunicazione ex art.45 sul superamento dei 90 dB(A) di LEP

registro degli esposti ex art.49

���� che la Valutazione in oggetto, salvo l'obbligo di ripeterla ad ogni variazione consistentedelle condizioni di esposizione al rumore, verrà ripetuta con periodicità ______________

ALLEGA:

���� Piantina con layout e l’indicazione delle eventuali aree con LAeq>90 dB(A)���� Elenco macchine / attrezzature di lavoro���� Lavorazioni effettuate���� Relazione tecnica���� Elenco nominativo dei lavoratori con LEP > 80 dB(A)

Città---------- lì __/__/__

per presa visioneil Medico Competente

Il Legale Rappresentante

per presa visioneil RLS -o, in sua assenza, i lavoratori-

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Allegato n° 6MODELLO PER LA COMUNICAZIONE EX ART.45 D.Lgs.277/91

Carta intestata della Ditta

Spett. ASL di __________Dipartimento di Prevenzione - SPSALIndirizzo-------------------------------- n ----CAP----- Città--------------------------

Città---------- lì __/__/__OGGETTO: Comunicazione ex art.45, D.Lgs.277/91

La presente per comunicare che a seguito della Valutazione del rischio rumore del __/__/__, dicui si allega copia, nonostante l’adozione delle misure concretamente attuabili, n __ addetti diquesta ditta permangono esposti ad oltre 90 dB(A) di LEP ovvero ad oltre 140 dB di Lpicco.

Si segnala che, oltre a quanto previsto dal D.Lgs.277/91 sul versante della valutazione del rischio,dei DPI uditivi, dei controlli sanitari e dell’informazione/formazione contro il rischio rumore, pertale personale questa ditta sta attuando le misure tecniche, organizzative e procedurali a seguitoriportate:

1.2.3.4.....

Del contenuto della presente comunicazione sono stati informati i lavoratori / il RLS.Distinti saluti.

Il Datore di Lavoro

per presa visioneil RLS / x i lavoratori

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Allegato n° 7SCELTA DEI DPI UDITIVI

SEZIONE 1Criteri di selezione dell’otoprotettore

1.1 Marcatura di certificazioneOccorre scegliere solo DPI dotati di marcatura di certificazione di conformità (marcatura CE).

1.2 Attenuazione sonoraSecondo la EN 458, ogni protettore auricolare deve essere accompagnato dai dati di attenuazionesonora forniti dal fabbricante, espressi in 3 modi:• APVf: esprime con una serie di valori, in dB, l’attenuazione sonora del DPI per lo spettro di

frequenza in banda d’ottava che va da 125 Hz a 8kHz (a volte viene inclusa anche la frequenza di63 Hz); nel caso in cui vengano forniti sia i valori medi dell’attenuazione sia quelli presunti(espressi come differenza tra l’attenuazione media e la deviazione standard) occorre usare per icalcoli i valori di protezione presunti;

• H,M,L: esprime con 3 valori, in dB, l’attenuazione sonora del DPI per le frequenze alte (H),medie (M) e basse (L); il fabbricante ricava questi valori dai valori in banda d’ottava;

• SNR: esprime con un solo valore, in dB, l’attenuazione sonora semplificata (Simplified NoiseReduction) del DPI; il fabbricante ricava questo valore dai valori in banda d’ottava.

L’attenuazione deve essere tale da non generare una protezione insufficiente o, viceversa, unaiperprotezione; lo spettro di attenuazione dovrebbe essere scelto in funzione dello spettro del rumoreda cui proteggere e delle modalità di espletamento del lavoro; nel seguito verranno illustrati i metodiper calcolare la protezione fornita dall’otoprotettore.

1.3 Confortevolezza del DPI uditivoLe norme non specificano un modo per misurare l’indice di confortevolezza del DPI.Sono importanti la massa, i materiali di costruzione, la pressione dell’archetto, la regolabilità dellecuffie, la facilità di inserimento e di estrazione degli inserti ed altri aspetti ancora definiti nelle EN352, ma la valutazione complessiva, in primo luogo, va ovviamente richiesta all’utilizzatore. IlD.Lgs.277/91 prevede infatti che la scelta dei DPI uditivi avvenga previa consultazione dei lavoratorio dei loro RLS.

1.4 Ambiente di lavoro e attività lavorativaIn generale, oltre che essere adatti al singolo lavoratore, i DPI uditivi devono risultare adeguati allecondizioni di lavoro (art. 43, D.Lgs.277/91).Il lavoro fisico in condizioni ambientali sfavorevoli (alte temperature e/o alti tassi d’umidità epolverosità) può provocare sudorazione e irritazioni cutanee sotto le cuffie. Per ovviare a taliinconvenienti si possono utilizzare delle sottili coperture per i cuscinetti; in tal caso è necessarioconoscerne le caratteristiche acustiche per calcolare la perdita di attenuazione della cuffia. Esistonooggi in commercio cuffie studiate per ambienti termici severi caldi, come fonderie e vetrerie, dotatedi cuscinetti imbottiti di glicerina che consentono di conservare una temperatura confortevoleall’interno delle coppe. In alternativa si possono utilizzare gli inserti auricolari, che solitamente sonomeglio tollerati dagli utilizzatori, tenendo conto della ridotta attenuazione acustica rispetto alle cuffiee della loro maggiore criticità per quanto riguarda il corretto inserimento nel meato acustico esterno,pena una ulteriore perdita di attenuazione sonora, e degli aspetti igienici.

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Nel caso di esposizione ripetitiva a rumori di breve durata, sono preferibili le cuffie o gli insertiauricolari con archetto, perché facili da mettere e togliere.Per quanto riguarda l’udibilità di messaggi verbali e/o di avvertimento e di allarme, regolati da unaspecifica norma, la EN 457 del 1992, sono preferibili DPI con attenuazione uniforme in tutto lospettro di frequenza. Esistono oggi in commercio cuffie elettroniche ad attenuazione controllata, conamplificazione delle frequenze del parlato (400 ÷ 3000 Hz) regolabile dall’utilizzatore e con unsistema di limitazione elettronica dei rumori impulsivi a 82 dB(A). Queste cuffie consentono quindial lavoratore di comunicare agevolmente pur essendo in presenza di rumori dannosi per l’udito.

1.5 Disturbi per la salutePrima di prescrivere un certo tipo di otoprotettore, è opportuno che il medico competente verifichi sel’utilizzatore soffre o ha sofferto di disturbi auricolari quali: irritazioni del canale uditivo, otalgia,ipoacusia, e via dicendo; in caso affermativo, è opportuno che il datore di lavoro segua il parere delmedico in merito ad eventuali controindicazioni verso l’utilizzo di un certo tipo di otoprotettori.

SEZIONE 2Riduzione della protezione effettiva fornita da un otoprotettore

in funzione del tempo d’utilizzo

Curva 1 - otoprotettore che assicura un’attenuazione di 10 dBCurva 2 - otoprotettore che assicura un’attenuazione di 20 dBCurva 3 - otoprotettore che assicura un’attenuazione di 30 dB

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SEZIONE 3Applicazione dei metodi di calcolo per ottenere la protezione fornita da un DPI dell’udito

3.1 Il metodo per bande d’ottavaPer applicare questo metodo occorre conoscere i livelli di rumore per banda d’ottava misurati sulluogo di lavoro ed i dati di attenuazione per banda d’ottava del protettore auricolare sottoposto avalutazione. Per ottenere i livelli in frequenza del rumore sul luogo di lavoro va effettuata unaanalisi in frequenza (o spettro) del rumore con un fonometro integratore dotato di pacco filtri a banded’ottava o un analizzatore di frequenza in tempo reale; in entrambi i casi detti strumenti devonosoddisfare i requisiti delle norme IEC 651/79, IEC 804/85 e IEC 1260/95. Il valore di L’Aeq siottiene dalla formula seguente:

( )Aeq

L A APV

fL f f f' ,log= + −�10

0 1

10dove:

f rappresenta la frequenza centrale di banda d’ottava dello spettro compreso tra 125 e8000 Hz;

Lf è il livello di rumore in dB nella banda d’ottava f;Af è la ponderazione in frequenza della curva A in dB nella banda d’ottava f;APVf è il valore di protezione presunto del protettore auricolare in dB nella banda d’ottava f.

Calcolato L’Aeq confrontarlo con il livello di azione Lact per valutare l’idoneità dell’otoprotettore.

3.2 Il metodo HMLPer applicare il metodo HML occorre conoscere i valori di livello equivalente di rumore sul luogo dilavoro ponderati secondo le curve A e C, LAeq e LCeq ed i tre valori di attenuazione H, M e L delprotettore auricolare sottoposto a valutazione, riportati sulla scheda tecnica fornita dal costruttore.Le fasi di calcolo da eseguire sono le seguenti:

Fase 1: calcolare la differenza LCeq - LAeq;

Fase 2: calcolare la riduzione prevista del livello di rumore (PNR, Predicted Noise Reduction)secondo una delle due equazioni:

( )PNR MH M

L L dBCeq Aeq= − − − −4

2 per LCeq - LAeq ≤≤≤≤ 2 dB

( )PNR MH L

L L dBCeq Aeq= − − − −8

2 per LCeq - LAeq > 2 dB

e arrotondare al numero intero più prossimo.

Fase 3: calcolare il livello effettivo all’orecchio L’Aeq secondo l’equazione:

L’Aeq = LAeq - PNR

Fase 4: confrontare L’Aeq con il livello di azione Lact per valutare l’idoneità dell’otoprotettore.

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Come si può vedere questo metodo non richiede necessariamente la rilevazione dello spettro difrequenza del rumore sul luogo di lavoro e, poiché normalmente un fonometro integratore di classe 1dispone di entrambi le ponderazioni in frequenza A e C, è possibile misurare direttamente i livelliLCeq e LAeq richiesti dal metodo.

3.3 Il controllo HMLIl controllo HML rappresenta una semplificazione del metodo HML. In generale, non è necessarioconoscere il livello di rumore ponderato secondo la curva C, LCeq, ma solo il livello ponderatosecondo la curva A, LAeq; questa è l’unica misura quantitativa prevista dal controllo HML, che per ilresto si basa sulla valutazione empirica del tipo di rumore presente sul luogo di lavoro ed è quindimeno affidabile.

Fase 1: decidere, mediante un controllo d’ascolto, se il rumore appartiene alla classe HM (rumori difrequenza medio-elevata), oppure alla classe L (rumori di frequenza dominante bassa); ci si puòaiutare consultando la lista degli esempi di sorgenti di rumore. In genere per i rumori di classe HMrisulta essere LCeq - LAeq ≤≤≤≤ 5 dB, per i rumori di classe L risulta essere Lceq - LAeq > 5 dB. Se ilrumore appartiene alla classe L, passare alla fase 2, se appartiene alla classe HM passare direttamentealla fase 3.

Fase 2: sottrarre il valore L dal livello di pressione acustica ponderato A.

L’Aeq = LAeq - L

Se L’Aeq > Lact la protezione è insufficiente; occorre provare un DPI con un’attenuazione maggiore.Se L’Aeq ≤≤≤≤ Lact la protezione è sufficiente, la verifica è terminata.Se L’Aeq > Lact - 15 dB, la protezione è accettabile o buona, la verifica è terminata.

Fase 3: sottrarre il valore M dal livello di pressione acustica ponderato A.

L’Aeq = LAeq - M

Se L’Aeq > Lact passare alla fase 4.Se L’Aeq ≤≤≤≤ Lact la protezione è sufficiente, la verifica è terminata.Se L’Aeq > Lact - 15 dB, la protezione è accettabile o buona, la verifica è terminata.

Fase 4: sottrarre il valore H dal livello di pressione acustica ponderato A.

L’Aeq = LAeq - H

Se L’Aeq > Lact la protezione è insufficiente; occorre provare un DPI con un’attenuazione maggiore.Se L’Aeq ≤≤≤≤ Lact il DPI può essere appropriato, però occorre acquisire altre informazioni sul rumore edutilizzare uno degli altri metodi.

3.3.1 Due liste di esempi di sorgenti di rumore

Lista di esempio 1 : Sorgenti di rumore della classe di rumore HM - rumori di frequenza damedia a elevata LCeq - LAeq ≤≤≤≤ 5 dB

Taglio alla fiammaPresse rotative ad alta velocità alimentate da bobine

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Motori dieselFormatrici a scossa e compressioneMacchine per rivestimento di zuccheroUtensili ad urtoUgello ad aria compressaRettificatriciChiodatrici pneumaticheMagli per fucinaturaPiegatrici/bordatriciFilatoiSbavatriciMacchine per maglieriaMacchine per finituraTroncatrici alla molaMacchine per la lavorazione del legnoTelai meccaniciPompe idraulicheCentrifugheLevigatrici

Lista di esempio 2: Sorgenti di rumore della classe di rumore L - rumori di frequenzadominante bassa, LCeq - LAeq > 5 dB

EscavatoriGruppi compressori (a pistone)Gruppi convertitoriConvertitoriForni di fusione elettriciCubilottiForni a combustioneMacchine per pressofusioneForni di ricotturaMacchine movimento terraAltoforniMacchine per pulitura a gettoFrantumatori meccanici

3.4 Il metodo SNRÈ il metodo più semplice. Il livello effettivo all’orecchio L’Aeq può essere calcolato sulla base dellivello equivalente ponderato C (LCeq) misurato sul luogo di lavoro secondo la relazione:

L’Aeq = LCeq - SNR

e confrontarlo con il livello di azione Lact per valutare l’idoneità dell’otoprotettore.

3.5 Il metodo “SNR corretto”Poiché spesso non si dispone del livello equivalente pesato secondo la curva C (LCeq), bensì solo diquello pesato secondo la curva A (LAeq), una raccomandazione OSHA consiglia, utilizzandoquest’ultimo valore, di diminuire di 7 dB il valore di SNR; la formula precedente diventa allora:

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L’Aeq = LAeq - (SNR - 7)

e si confronta L’Aeq con il livello di azione Lact per valutare l’idoneità dell’otoprotettore.

3.6 Confronto tra la curva di pesatura A e la curva di pesatura CRiportiamo di seguito i valori dei coefficienti di pesatura da aggiungere al rumore misurato indB(Lin) per ottenere i valori pesati secondo la curva A (LA) e la curva C (LC), dove:

f rappresenta la frequenza centrale di banda d’ottava dello spettro compreso tra 125 e 8000 Hz;Af è la ponderazione in frequenza della curva A in dB nella banda d’ottava f;Cf è la ponderazione in frequenza della curva C in dB nella banda d’ottava f;

f (Hz) 125 250 500 1k 2k 4k 8kAf (dB) - 16,1 - 8,6 - 3,2 0 1,2 1 - 1,1Cf (dB) - 0,2 0,0 0 0 - 0,2 - 0,8 - 3,0

Dalla tabella si evince come la curva A attenui fortemente il rumore alle basse frequenze, mentre lacurva C si discosta molto poco dalla misura lineare, e solo per le alte frequenze.

3.7 Esempio di applicazione dei metodi di calcoloPrendiamo una postazione di lavoro in un ambiente rumoroso la cui analisi in frequenza eseguita conun fonometro integratore dotato di pacco filtri a bande d’ottava ha dato i seguenti risultati:

f (Hz) 125 250 500 1k 2k 4k 8kLf (dB) 84 86 88 97 99 97 96

Applicando i coefficienti di pesatura della curva A e della curva C, e sommando logaritmicamente icontributi delle singole frequenze, otteniamo:• livello equivalente globale ponderato A LAeq = 104 dB(A)• livello equivalente globale ponderato C LCeq = 103 dB(C)• LCeq - LAeq = - 1 dB

Secondo l’articolo 43 del D.Lgs.277/91, vi è l’obbligo di far utilizzare al lavoratore addetto allapostazione di lavoro in cui è stato effettuato il rilievo un mezzo individuale di protezione dell’udito.Scelto un protettore auricolare che si ritiene possa essere adeguato, questi sono i dati riportati nellascheda tecnica fornita dal produttore del DPI:

f (Hz) 125 250 500 1k 2k 4k 8kAPVf (dB) 7,0 11,4 15,7 19,4 24,4 32,6 29,7

H (dB) 25M (dB) 19 SNR (dB) 21L (dB) 13

Nota bene: i valori HML e SNR sono calcolati dal costruttore a partire dai valori in banda d’ottava,in conformità alla norma ISO 4869-2, e non sono ottenuti dalla semplice somma energetica dei valoridi APVf alle varie frequenze; da quest’ultima avremmo infatti ottenuto una attenuazione complessivapari a 35 dB.

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a) Metodo per bande d’ottava

Fase 1: calcolo di L’Aeq

Frequenza in Hz 125 250 500 1k 2k 4k 8kLivelli di pressione misurati in dB (riga 1) 84,0 86,0 88,0 97,0 99,0 97,0 96,0Ponderazione A in dB (riga 2) - 16,1 - 8,6 - 3,2 0 + 1,2 + 1 - 1,1Sommare la riga 2 alla riga 1 (riga 3) 66,9 77,4 84,8 97 100,2 98 94,9Valori APV del protettore (riga 4) 7,0 11,4 15,7 19,4 24,4 32,6 29,7Sottrarre la riga 4 dalla 3 e dividere per 10 6,09 6,6 6,91 7,76 7,58 6,54 6,52

L’Aeq = 10 log ( 10 6.09 + 10 6.6 + 10 6.91 + 10 7.76 + 10 7.58 + 10 6.54 + 10 6.52 ) = 81 dB(A)

Fase 2: valutazione

Assumendo come livello di azione Lact = 85 dB(A) il valore di L’Aeq trovato è da considerare,secondo la EN 458, “accettabile” (Lact - 5 < L’Aeq ≤≤≤≤ Lact);

Si può quindi ritenere adeguato il protettore auricolare; in caso di iperprotezione (se cioèavessimo trovato un valore di L’Aeq < 70 dB(A)) o di protezione insufficiente (L’Aeq > 85dB(A)) avremmo dovuto prendere un altro protettore auricolare e ripetere la procedura. Èimportante notare che la valutazione dell’attenuazione acustica del protettore non dipende tantodalla sua attenuazione complessiva ma dall’andamento in frequenza dell’attenuazione rispetto aquello del rumore sul luogo di lavoro. Nell’esempio in questione, il rumore ambientale ha unandamento in frequenza crescente, con un massimo intorno a 2 kHz; analogo è l’andamentodell’attenuazione del protettore acustico in esame, per cui l’efficacia del dispositivo per questotipo di sorgente è molto buona. Sarebbe facile ripetere l’esempio con lo stesso protettore ed unaltro tipo di rumore, a contenuto spettrale massimo nella regione medio-bassa di frequenze, perdimostrare facilmente che il livello sonoro effettivo, L’Aeq, sarebbe maggiore e potrebbe nonrientrare più nei limiti di accettabilità. Fortunatamente, per questo tipo di sorgenti esistonooggi in commercio delle cuffie con una eccellente attenuazione nelle basse e medie frequenze,utilizzate ad esempio per gli elicotteristi, nelle sale motori, nelle sale generatori.

b) Metodo HML

Fase 1: calcolo della differenza LCeq - LAeq;

LCeq - LAeq = 103 - 104 = - 1 dB

Fase 2: calcolo del PNR (Predicted Noise Reduction)

( ) ( )PNR MH M

L L dBCeq Aeq= − − − − = − − − − = + =4

2 1925 19

41 2 19 4 5 235. .

arrotondiamo PNR a 24 dB

Fase 3: calcolo di L’Aeq

L’Aeq = LAeq - PNR = 104 - 24 = 80 dB(A)

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Fase 4: valutazione

Assumendo come livello di azione Lact = 85 dB(A) il valore di L’Aeq trovato è da considerare,secondo la EN 458, “accettabile” (Lact - 5 < L’Aeq ≤≤≤≤ Lact), tenuto conto dell’approssimazione ineccesso del PNR;

c) Controllo HML

Fase 1: identificazione della classe di rumore

Identifichiamo il tipo di rumore come appartenente alla classe HM (LCeq - LAeq ≤≤≤≤ 5 dB);passiamo quindi direttamente alla Fase 3.

Fase 3: calcolo di L’Aeq sulle medie frequenze

L’Aeq = LAeq - M = 104 - 19 = 85 dB(A)

L’Aeq è uguale a Lact , al limite della sufficienza, per precauzione passiamo alla verifica dellaFase 4.

Fase 4: calcolo di L’Aeq sulle alte frequenze.

L’Aeq = LAeq - H = 104 - 25 = 79 dB(A)

Essendo L’Aeq < Lact il DPI può essere appropriato, però occorre acquisire altre informazionisul rumore ed utilizzare uno degli altri metodi.

d) Metodo SNR

Fase 1: calcolo di L’Aeq

L’Aeq = LCeq - SNR = 103 - 21 = 82 dB(A)

Fase 2: valutazione

Assumendo come livello di azione Lact = 85 dB(A) il valore di L’Aeq trovato è da considerare,secondo la EN 458, “accettabile” (Lact - 5 < L’Aeq < Lact);

e) Metodo “SNR corretto”

Fase 1: calcolo di L’Aeq

L’Aeq = LAeq - (SNR - 7) = 104 - 14 = 90 dB(A)

Fase 2: valutazione

Assumendo come livello di azione Lact = 85 dB(A) il valore di L’Aeq trovato è da considerare,secondo la EN 458, “insufficiente” (L’Aeq > Lact);

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3.8 Considerazioni finaliDagli esempi di calcolo si evince che, cambiando metodo, il medesimo protettore può risultare a volteadatto ed a volte inadatto ad ottenere la protezione desiderata: questo fatto non deve stupire più ditanto, poiché più si semplifica il metodo di valutazioni più pesano le approssimazioni; è pertantoopportuno applicare quando più possibile il metodo per bande d’ottava, che è il più rigoroso.A margine si raccomanda, in fase di effettuazione delle misure di rumorosità negli ambienti di lavoro,di far rilevare oltre al valore di livello equivalente pesato A del rumore anche il livello equivalentepesato C; con i moderni fonometri integratori di classe 1, che dispongono di entrambe le curve diponderazione, ciò non comporta assolutamente maggior esborso in termini di tempo e di denaro, inquanto i livelli LCeq e LAeq vengono memorizzati in contemporanea dallo strumento e possono esserevisualizzati in rapida successione da chi effettua le misure.

SEZIONE 4Rumore impulsivo

4.1 Calcolo della protezione fornita dall’otoprotettore nel caso di rumore impulsivoIl livello di picco Lpicco che, secondo il D.Lgs.277/91, si rileva con costante di tempo “Peak” inferiorea 100 µs e ponderazione in frequenza lineare “Lin”, va determinato insieme ai livelli massimi(Lfast,max) ponderati C e A con costante di tempo “Fast” (125 ms). Qualora la differenza tra i livelliLCfast,max e LAfast,max rilevati risulta inferiore a 5 dB, si può dedurre che il rumore è compostoprevalentemente da frequenze medio-alte, e il livello di picco effettivo di esposizione L’picco sicalcola tramite la relazione:

L’picco = Lpicco - M dB(Lin)

dove M è l’attenuazione alle medie frequenze del dispositivo di protezione auricolare fornito dalcostruttore.

Se la differenza tra i livelli LCfast,max e LAfast,max rilevati risulta superiore a 5 dB, il rumore impulsivoè composto prevalentemente da frequenze basse come quelle generate da armi di grosso calibro e dacariche esplosive; per questi rumori non esiste attualmente, secondo la norma EN 458, un metodoaffidabile per la valutazione delle caratteristiche di attenuazione sonora.Le ricerche attuali suggeriscono comunque che sia le cuffie sia gli inserti auricolari o una lorocombinazione, possano dare una protezione sufficiente.

4.2 Livelli di picco per alcune sorgenti di rumore impulsive

Sorgente sonora Lpicco (dB) LCfast,max - LAfast,max (dB)Fuochi d’artificio 168 1fucile automatico 160 1Pistola 160 0Pistola a salve 159 -1Pistola chiodatrice 159 -1Dispositivo di raddrizzatura 152 -1Maglio per fucinatura pesante 144 -1

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CISL

ASPETTI ORGANIZZATIVI

La creazione di una smoking policy in un’azienda richiede un certo numero di passaggi fondamentali per una pianificazione efficace:

A) CONSULTAZIONE E ANALISI DEI DATI ACQUISITI

Prima di prendere qualsiasi decisione operativa sarà necessario reperire informazioni sulla situazione dell’azienda in cui si vuole adottare una smoking policy, in particolare:

• la percentuale di fumatori e non fumatori tra i dipendenti

• la distribuzione delle postazioni di lavoro dei fumatori e dei non fumatori all’interno degli uffici

• le caratteristiche strutturali dell’edificio

B) DETERMINAZIONE DI UNA SMOKING POLICY

In base alle informazioni raccolte dall’azienda e in funzione del tipo di spesa che essa vuole affrontare, sarà possibile decidere quale delle seguenti smoking policy applicare:

• Risistemazione delle postazioni di lavoro per riunire i fumatori nella stessa area

• Assegnazione ai fumatori di apposite stanze riservate alla “pausa sigaretta”

• Miglioramento della ventilazione e filtrazione dell’aria.

C) AZIONI

L’applicazione della smoking policy avverrà attraverso azioni diverse a seconda del tipodi policy scelta:

• modificazione degli spazi attraverso interventi in muratura: creazione di stanze apposite dedicate ai fumatori, separate dall’ufficio principale

• ridistribuzione delle zone di lavoro: gli occupanti delle zone di lavoro condivise decidono la smoking policy

a propria scelta

• interventi sulla ventilazione: il miglioramento della ventilazione e della filtrazione dell’aria permettono

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la convivenza di fumatori e non fumatori. Misurazione del microclima

• riorganizzazione degli orari (e delle pause) di lavoro: ad esempio permesso di fumare solo ad orari prestabiliti

Ancora due importanti azioni, comuni a tutte le smoking policy, ne garantiranno la comprensione da parte di tutti i soggetti coinvolti, l’efficacia e la durata nel tempo:

1) comunicare in maniera capillare e periodica le novità che la smoking policy introduce all’interno dell’azienda:

• fornire a dipendenti, clienti e altri visitatori informazioni scritte sulla smoking policy adottata dall’azienda con circolari, avvisi, apposita segnaletica

• indicare le aree riservate ai fumatori in modo che siano facilmente individuabili e raggiungibili

• favorire momenti educativi finalizzati al rispetto e alla convivenza fra fumatori e non (tolleranza)

2) aggiornare la smoking policy in base alle esigenze del personale, ai mutamenti delle strutture e delle leggi:

• individuare eventuali difficoltà o imprevisti via via che si realizzano gli interventi programmati

• analizzare il livello di gradimento della smoking policy da parte dei dipendenti e le modifiche da loro suggerite

• mantenere il contatto con le organizzazioni e gli esperti che assicurino periodici aggiornamenti sulle leggi e i regolamenti che riguardano il fumo nei luoghi di lavoro. Fornire documentazione e materiale didattico

ASPETTI RELAZIONALI

La serena convivenza in azienda fra fumatori e non fumatori, nel pieno rispetto delle esigenze di entrambi, scaturisce da un approccio collaborativo fra di essi, e tra la direzione ed i dipendenti. Le decisioni sulle soluzioni da adottare in materia di fumo devono dunque essere frutto di riflessioni comuni e dibattiti aperti.

1) ConsultazioneUn buon processo di consultazione potrebbe svolgersi secondo questa traccia:

• incontro tra direttore generale, capi di reparto e capi del personale per valutare l’ipotesi di adottare una smoking policy e vagliare le varie possibilità

• incontro con rappresentanti sindacali e comitati di dipendenti o creazionedi un gruppo di lavoro apposito

• interviste e questionari per la consultazione dei dipendenti

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• raccolte ed analizzate le necessità e le opinioni fornite dai dipendenti, la smoking policy che si andrà a formulare dovrà tenere in considerazione le diverse posizioni e mediare fra i vari punti di vista per giungere a soluzioni che possano essere accettate da tutti

• revisioni: qualunque sia la smoking policy adottata, andrà regolarmente rivista tramite controlli e consultazioni con il personale

2) Comunicazione

Una volta definita la smoking policy si dovrà procedere ad informare in modo rapido e capillare tutti i dipendenti:

• Circolari: un modo efficace e personalizzato per comunicare la smoking policy ai dipendenti è inviare loro una circolare che espone dettagliatamente i principi della smoking policy

• Avvisi: per diffondere nel modo più completo la smoking policy adottata anche a clienti e visitatori, affiggere comunicazioni ad hoc nelle bacheche dell’azienda

• Segnaletica: cartelli che indichino le aree riservate e informino i presenti su ogni altro aspetto saliente della smoking policy in vigore comunicheranno le differenziazioni e dislocazioni delle zone fumatori e non fumatori anche a visitatori occasionali, collaboratori e clienti

3) Collaborazione

Esistono regole chiarissime, preesistenti a qualsiasi smoking policy: le regole della buona educazione e della cortesia, dettate innanzitutto dal reciproco rispetto, che l’azienda in attesa di attuare una smoking policy, può raccomandare ai propri dipendenti:

• Tolleranza e buon senso sono fondamentali per instaurare una convivenza pacifica e serena: abbandonare schieramenti precostituiti e pregiudizi ottiene più risultati di norme e decreti per il raggiungimento di una convivenza serena che tenga conto dei desideri di tutti.

• La libertà personale del fumatore e quella del non fumatore, dovendo coesistere, dovranno adeguarsi l’una all’altra e adattarsi ai tanti luoghi e circostanze in cui è opportuno trovare una mediazione, considerando il principio del benessere psicofisico del lavoratore e del miglioramento generale delle condizioni di lavoro:

1 Ascensore (poca aria e pochissimo spazio): buon senso e buona educazione consigliano “mai in ascensore con la sigaretta accesa

2 Auto aziendale: i fumatori dovrebbero astenersi dal fumare in macchina ed eventualmente fare qualche sosta extra per una sigaretta

3 Bar/area pausa caffè: fumatori disciplinati e cortesi non usano mai piattini e tazzine come portacenere e non buttano la cenere e i mozziconi per terra.

4 Finestre: soprattutto chi fuma in ufficio dovrebbe imparare ad areare l’ufficio nei momenti più adatti, aprendo le finestre. Per esempio, quando il collega che teme correnti e colpi d’aria si concede una pausa al bar.

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5 5 Mensa: è uno dei luoghi aziendali dove sarebbe opportuno non fumare a meno che non sia predisposto un adeguato sistema di ventilazione

6 Riunione: i fumatori che vi partecipano devono chiedere il permesso di fumare, o eventualmente chiedere una o più pause per uscire dalla stanza a fumare.

• Alcune regole base, se osservate in azienda, manterranno nel tempo la serenità e l’equilibrio tra fumatori e non fumatori:

1 1 Comunicare la smoking policy adottata, con regole di comportamento chiare e definite

2 2 Osservare pienamente la smoking policy adottata: - aggiornando le comunicazioni - curando le aree appositamente attrezzate- attuando periodicamente la manutenzione degli impianti.

ASPETTI STRUTTURALI

A seconda della smoking policy adottata, del tipo di spesa previsto e dello spazio disponibile, si possono prevedere interventi di varia importanza nella struttura dell’edificio in cui ha sede un’azienda.

1) Risistemazione delle postazioni di lavoro: riunire i fumatori nella stessa area

E’ possibile creare zone di lavoro per i dipendenti fumatori, separate da quelle riservate ainon fumatori. Si potrà procedere in diverse maniere:

• modificazione degli spazi attraverso interventi in muratura: si andranno a creare zone di lavoro dedicate ai fumatori, separate dall’ufficio principale

• qualora gli spazi non fossero sufficientemente ampi, e quindi non adatti ad ulteriori suddivisioni, si potrà ricorrere in questo caso alla ridistribuzione delle zone di lavoro attraverso divisori parziali ed arredi appositi

2) Assegnazione ai fumatori di apposite stanze riservate alla “pausa sigaretta”

• Una stanza appositamente dedicata ai fumatori per la loro cosiddetta “pausa sigaretta” consentendo ai fumatori di fumare tutti in un luogo appositamente attrezzato ed adeguatamente ventilato, garantisce una corretta igiene ed una buona qualità dell’aria.

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• La stanza apposita inoltre garantisce la localizzazione del personale, soprattutto se dotata di un telefono.

• L’area fumatori, affinché il fumatore la utilizzi volentieri, dovrà essere attrezzata con:

- appositi arredi non infiammabili. Gli arredi devono seguire le norme antincendio: alcuni sono trattati chimicamente in modo da ritardare la combustione del materiale e da ridurre la produzione di fumo durante la stessa- posacenere appositamente studiati. Questi posacenere gradevoli e di agevole manutenzione, per motivi di igiene e di sicurezza, andranno a sostituire quelli tradizionali: sono costituiti da materiali non infiammabili, nascondono i mozziconi alla vista e li raccolgono in maniera che non possano cadere all’esterno del contenitore, riducono gli odori (grazie a un coperchio, a un liquido deodorante o ad un apparecchio aspiratore del fumo) sono facili da svuotare e pulire - piante: apportano notevoli benefici in termini estetici e di comfort

3) Ventilazione e filtrazione dell’aria

La qualità dell’aria negli ambienti confinati (Indoor Air Quality, IAQ) è un problema complesso perché in tale ambiente sono presenti diversi contaminanti, le sorgenti di inquinamento sono tante e dipendono sia dalle condizioni degli ambienti stessi sia dalle attività che vi si svolgono. “Una qualità accettabile dell’aria è quella per la quale una sostanziale maggioranza di persone (almeno l’80%) non esprime insoddisfazione e dove la concentrazione dei contaminanti presenti è tale da non causare rischi per la salute” (ASHRAE 62/89. I seguenti istituti di ricerca hanno cercato di formulare una definizione della qualità dell’aria, secondo diversi parametri:

• ASHRAE (American Society of Heating, Refrigeration and Air Conditioning):definisce uno standard di ventilazione indicando le portate di aria in funzione dellepersone che occupano gli ambienti, e delle superfici di questi ultimi.

• CEN (Comitato Europeo di Normazione): tiene conto anche della temperatura e dell’inquinamento acustico e i suoi studi determinano le caratteristiche per la progettazione e il collaudo degli impianti di climatizzazione e di ventilazione.

• UNI (Ente di Normazione Italiana): la normativa 10339 dell’UNI considera i contaminanti fisici, chimici e biologici presenti nell’aria di rinnovo e in quella di ricircolo.

L’attuazione di un sistema di ventilazione è quindi una delle possibili azioni di una smoking policy che, oltre a consentire di fumare, considera tutti gli altri aspetti della qualità dell’aria negli ambienti confinati: il miglioramento della qualità dell’aria permette la convivenza di fumatori e non fumatori in un ambiente sano e pulito.Esistono diverse soluzioni impiantistiche per ottenere un livello adeguato di IAQ:

- - ventilazione naturale degli ambienti - - sistemi di ventilazione meccanica- - impianti di climatizzazione che purificano l’aria, controllando anche i

livelli di temperatura e umidità dei locali

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- - filtri specifici si occupano inoltre di rimuovere le sostanze contaminanti sospese nell’aria

Qualunque sia la soluzione impiantistica scelta l’osservazione di alcuni semplici principici aiuterà a mantenere nel tempo un buon livello di IAQ:

• ventilazione adeguata: la presenza del fumo può rendere pesante l’aria dell’ufficio, ma se l’aria ristagna significa che nel locale c’è una ventilazione inadeguata.

• installazione di un impianto efficace di ventilazione e filtrazione dell’aria:

oltre a rimuovere il fumo di sigaretta eliminerà anche gli altri inquinanti abitualmente presenti negli ambienti chiusi, dove si fa uso di macchine per ufficio (stampanti, fax, fotocopiatrici), e i fastidi da questi provocati

• progettazione degli impianti di ventilazione e condizionamento dell’aria: si deve tener conto della superficie, del volume d’aria da purificare, del numero di persone che vi soggiornano, delle attività che vi si svolgono e degli inquinanti presenti

• revisione e pulizia periodica degli impianti sono assolutamente necessari: impianti obsoleti o non correttamente mantenuti non garantiscono una buona

qualità dell’aria

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Linee Guida CGIL, CISL, UIL

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Linee Guida CGIL, CISL, UIL

FORTE VALORIZZAZIONE DEL RUOLO DEI RAPPRESENTANTI PER LA SICUREZZA

L'EMANAZIONE di "Linee guida per un Sistema di gestione della salute e della sicurezza del lavoro (Sgsl)": le motivazioni.

L'evoluzione delle condizioni di lavoro e di rischio. Sulla base delle tre indagini condotte dal 1990 ad oggi la Fondazione di Dublino dichiara che le condizioni di lavoro in Europa non sono migliorate, infatti: il 33% di lavoratori denuncia di avere mal di schiena, il 28 % denuncia problemi legati allo stress, il 23% parla di dolori muscolari al collo e alle spalle il 23% denuncia un eccesso di stanchezza generale. I fattori di rischio individuati fanno riferimento prevalentemente ad aspetti connessi alle caratteristiche dell'organizzazione del lavoro dei rapporti di lavoro del mercato del lavoro e dei soggetti, tutti fattori che richiedono un intervento di prevenzione più globale e maggiormente integrato nelle politiche aziendali di produzione.

Risultati dei primi rapporti del Piano di Monitoraggio interregionale del 626 (13 Regioni partecipanti). Il Piano di Monitoraggio ha voluto indagare prioritariamente sull ' attuazione concreta, anche se non formalizzata, del sistema aziendale di individuazione, valutazione e gestione dei rischi delineato dalle misure organizzative del 626, i primi rapporti delle Regioni Lombardia Emilia Marche Toscana ci dicono che tale attuazione è piuttosto formale, che le misure del 626 trovano un'applicazione troppo spesso più burocratico-cartacea che realmente gestionale.Questione che come organizzazioni sindacali abbiamo sempre sottolineato e che in particolare i Rls hanno evidenziato, descrivendo come spesso in modo altrettanto formale è vista la loro partecipazione alle questioni che riguardano la salute e la sicurezza.

Indagine Censis "Verso un modello partecipato della prevenzione": l'indagine sintetizza il punto di vista e le opinioni dei 600 Datori di lavoro e Rls di P mi intervistati- sottolinea il delinearsi di un clima aziendale che rivela un discreto livello di cooperazione (punti di vista e valutazioni condivise sul valore della nuova normativa, sulla comprensione del suo carattere innovativo, sugli effetti positivi indotti dalla sua attuazione). Tuttavia, molti degli intervistati sottolineano tra i loro bisogni prioritari la necessità di assistenza tecnica per l'identificazione e valutazione e gestione del rischio. Infine un dato per noi interessante, tra le aree di domanda di approfondimento formativo indicate dai Rlst quella prioritaria è individuata nei Sistemi di gestione della prevenzione. Di fronte ai cambiamenti dei profili di rischio connessi ai cambiamenti del mercato del lavoro e dell'organizzazione del lavoro (terziarizzazione, esternalizzazione, flessibilità, invecchiamento, femminilizzazione, ecc, ) è necessario che:- la prevenzione divenga qualcosa di molto più interno all'impresa, che venga considerata una questione gestionale che deve permeare tutte le attività dell'impresa, coinvolgere tutti i soggetti e tenere conto di tutti gli aspetti produttivi e organizzativi, come ad esempio la presenza di figure esterne odi aziende esterne, o di personale non perfettamente inserito come sono i lavoratori interinali o autonomi; - l'impresa, in particolare la microimpresa, venga sostenuta a livello locale nei propri bisogno di supporti formativi-informativi e di assistenza, che la aiutino a individuare e gestire i propri specifici obiettivi di prevenzione.

Il Gruppo di lavoro Uni-Inail-Parti sociali Il Gruppo di lavoro costituito da Cgil, Cisl, Cna, Confagricoltura, Confapi, Confartigianato, Confcommercio, Confindustria, Inail, Ispesl, Uil, Uni, ha elaborato ed approvato il documento tenendo conto di due elementi di fondo: 1. le imprese che sempre più numerose, anche nel nostro Paese, richiedono e ottengono le

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certificazioni della politica aziendale per la qualità e l'ambiente, per poter realizzare una gestione integrata dei tre sistemi hanno dovuto fino ad oggi fare ricorso a Linee guida emanate in altri Paesi; 2. per favorire lo sviluppo di una cultura gestionale l'Inail, tramite il Regolamento attuativo del D.Lgs.38/2000 e i Bandi per il finanziamento dei "Programmi di adeguamento delle strutture e dell'organizzazione alle normative di sicurezza e igiene del lavoro delle Pmi...", ha fatto la scelta di prevedere l'Asse 5, linea di finanziamento specificamente dedicata alla "implementazione di sistemi di gestione aziendale della sicurezza...".

Le Linee guida nazionali e le Linee guida comunitarieLe Linee guida nazionali hanno molti punti in comune con le Linee guida comunitarie per lo Sviluppo e la valutazione di modelli di gestione della salute e della sicurezza sul lavoro (Occupational and Health Management Systems, OSHMS):- attuazione su base volontaria; - procedure di valutazione che non richiedono controlli esterni obbligatori; - nessun obiettivo di certificazione; - giustificabilità economica, in quanto produce anche economie di gestione; - miglioramento della capacità di adattamento all'evoluzione di leggi regolamenti e norme di buona tecnica; - migliore cooperazione con le istituzioni competenti; - coinvolge i lavoratori e i loro rappresentanti nel sistema di gestione; Le Linee guida nazionali dedicano una particolare attenzione alla capacità di gestione autonoma del sistema: il monitoraggio è effettuato preferibilmente con personale interno all'impresa/organizzazione, il che viene considerato tra l'altro un modo per favorire l'integrazione della gestione della salute e sicurezza nella gestione generale dell'impresa. A chi si rivolgono le Linee guida? Ai datori di lavoro di tutte le tipologie di imprese/organizzazioni. Sono infatti esplicitamente escluse dalla possibilità di utilizzo solo le industrie a rischio di incidente rilevante regolate dal D.Lgs.334/99.Quale la finalità prioritaria dell'Sgsl? Garantire il "raggiungimento degli obiettivi di salute e sicurezza che l'impresa/organizzazione si è data in un'efficace prospettiva costi/benefici". Si punta alla riduzione dei costi complessivi per la salute sicurezza (meno infortuni e malattie professionali), all'aumento dell'efficienza dell'impresa, a migliorarne i livelli di prevenzione, oltre che l'immagine interna e esterna.Il sistema di gestione della salute e sicurezza, delineato nelle Linee guida, opera per mezzo di una sequenza ciclica che prevede le fasi:- di pianificazione, - attuazione, - monitoraggio- e riesame del sistema, i cui contenuti devono essere adeguati alle dimensioni natura attività complessità dell'organizzazione, alle caratteristiche e gravità dei pericoli e rischi potenziale o residui, ai soggetti esposti.

La concreta attuazione delle fasi, nell'ambito del processo dinamico che caratterizza il Sgsl, prevede:1. la definizione della politica per la salute e sicurezza sul lavoro da parte dei vertici aziendali "nell'ambito della politica generale dell'azienda", quale momento di esplicitazione e di condivisione dei valori aziendali sul tema della salute e sicurezza, indispensabile per creare un clima aziendale coerente con gli obiettivi di prevenzione che ci si prefigge di raggiungere.2. La concretizzazione della politica passa quindi attraverso un processo di pianificazioneche porta alla formulazione di "uno specifico piano nell'ambito del Sgsl" incardinato sul principio che le procedure organizzative/ operative necessarie alla gestione della attività dell'azienda devono essere tutte "integrate dalle componenti di salute e sicurezza necessarie senza creare duplicazioni e parallelismi".

Mentre individuare la struttura e l'organizzazione del sistema implica:1. la definizione dei compiti e delle responsabilità; 2. la definizione di modalità di coinvolgimento dei lavoratori e dei loro rappresentanti (prevedendo, oltre alla consultazione in merito alla individuazione e valutazione dei rischi e alle

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riunioni periodiche, ulteriori momenti di confronto ad esempio attraverso gruppi o comitati di analisi e discussioni su particolari temi di salute e sicurezza e, inoltre, la raccolta di osservazioni e commenti sulle misure preventive adottate sulla organizzazione del Sgsl sulle procedure e i metodi di lavoro );3. la pianificazione e programmazione di attività di formazione e addestramento del personale; (coerenti con gli obiettivi di prevenzione individuati e con i bisogni periodicamente rilevati anche attraverso la consultazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti); 4. la definizione di un flusso informativo finalizzato a favorire la cooperazione aziendale (mediante la raccolta e diffusione delle informazioni dal basso verso l'alto e dall'alto verso il basso) e un'opportuna comunicazione esterna; 5. l'individuazione di un sistema di gestione della documentazione che permetta di raggiungere un giusto equilibrio tra la necessità di raccolta e la fruibilità ed archiviazione del materiale; 6. l'integrazione, infine, nei processi aziendali della tutela della salute e sicurezza, individuato come il cuore di un sistema di gestione della prevenzione, che rappresenta la fase dell'applicazione sul campo delle scelte di politica e di organizzazione aziendale definite.

Il Sgsl prevede due livelli di monitoraggio tramite: I) una fase di verifica del raggiungimento degli obiettivi di prevenzione;II) e una fase di verifica della funzionalità del sistema stesso.In quanto le verifiche mirano alla sistematica ottimizzazione e alla garanzia del buon andamento del sistema è necessario che queste siano affidate a persone competenti o rese tali da adeguata formazione e/o addestramento.

Il piano di monitoraggio terrà conto:- della frequenza delle verifiche, - dell'attribuzione di compiti e responsabilità, - della descrizione delle metodologie da seguire- e della definizione di modalità di segnalazione delle eventuali situazioni di non conformità. Concluso il monitoraggio spetta ai vertici aziendali un riesame del sistema di gestione finalizzato a valutarne l'adeguata attuazione e il permanere della sua idoneità a realizzare gli obiettivi e la politica di salute e sicurezza stabiliti dall'azienda.

(a cura del Dipartimento Politiche Ambientali e Energetiche, Salute e Sicurezza, Casa e Consumo della CISL)

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LINEE GUIDA REGIONE VENETO

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LINEE-GUIDA PER LA VALUTAZIONE E LA GESTIONE DEI

RISCHI DA BENZINE PER LA SALUTE DEI LAVORATORI

ADDETTI ALLE STAZIONI DI SERVIZIO CARBURANTI

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IL DOCUMENTO È STATO ELABORATO DA UN GRUPPO DI STUDIO INTERREGIONALE COMPOSTO DA:

P. APOSTOLI Cattedra di Medicina del Lavoro

Università degli Studi -BRESCIA

A. BETTA Unità Operativa Igiene e Medicina del Lavoro

Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari -TRENTO

F. BRUGNONE Istituto di Medicina del Lavoro

Università degli Studi -VERONA

A. FERRACIN Scuola di Specializzazione di Medicina del Lavoro

Università degli Studi -VERONA

G. MARANELLI Unità Operativa Igiene e Medicina del Lavoro

Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari -TRENTO

L. MARCHIORI Servizio Prevenzione Igiene e Sicurezza Ambienti di Lavoro

ULSS 20 - VERONA

G. MORO Servizio Prevenzione Igiene e Sicurezza Ambienti di Lavoro

ULSS - TREVISO

L. PERBELLINI Istituto di Medicina del Lavoro

Università degli Studi - VERONA

L. ROMEO Istituto di Medicina del Lavoro

Università degli Studi - VERONA

V. VERGA Servizio Prevenzione Igiene e Sicurezza Ambienti

ULSS 20 - VERONA

marzo 1998

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Il presente documento vuole contribuire alla conoscenza dei fattori di rischio per la

salute dei lavoratori addetti alla distribuzione dei carburanti ed è finalizzato a fornire un

indirizzo all’applicazione del Decreto Legislativo 626/94 in relazione alla esposizione al

benzene di questi lavoratori, avendo come riferimento i dati della letteratura e quelli di

esperienze dirette dei componenti del gruppo di lavoro.

PARTE I

IL RISCHIO DA BENZINE PER I LAVORATORI

ADDETTI ALLE STAZIONI DI SERVIZIO

1. PREMESSE Il documento è basato per gran parte sul rischio derivante dal benzene contenuto nelle benzine. Tuttavia, sebbene l’esposizione a benzene costituisca il motivo di maggior interesse, nella valutazione dei rischi per la salute degli addetti alle stazioni di servizio non va dimenticato che, anche per le molteplici operazioni lavorative svolte e le caratteristiche dei luoghi di lavoro, sono possibili esposizioni a numerose altri agenti, alcuni dei quali a certa o sospetta azione cancerogena. A questo riguardo, si deve ricordare che le benzine contengono, oltre al benzene, una serie di altri composti a possibile azione cancerogeni quali 1,3-butadiene, formaldeide, acetaldeide e organici policiclici (presenti come elementi di combustione) mentre altre esposizioni derivano dai gas prodotti dai motori a ciclo otto o Diesel e dalle operazioni con olii minerali esausti. Se, da una parte, cominciamo ad aver ben presenti portata e significato dei problemi di salute e ambientali costituiti da piombo e da benzene, appare d’altra parte necessario osservare che nuovi aspetti dell’impatto da benzine si profilano all’orizzonte, la cui portata tossicologica e ambientale non è ancora ben nota: si pensi ai “casi” che in alcuni Paesi sono stati recentemente costituiti da nuovi additivi delle benzine quali i composti ossigenati etil-ter-butiletere (ETB) ed metil-ter-butiletere (MTB) o dal manganese del metilciclopentadienil manganese tricarbonile (MMT).

2. RISCHIO CANCEROGENO: DATI EPIDEMIOLOGICI

I dati epidemiologici riferiti al rischio di cancro in lavoratori esposti a basse dosi di benzene o in addetti all’erogazione di benzina non sono univoci: in alcuni casi mostrano eccessi significativi di mortalità per tumore, in altri evidenziano dati contraddittori sia in merito alla significatività sia per il tipo di tumore evidenziato. I dati “positivi” storici sono talvolta di scarsa potenza epidemiologica ed hanno spesso compreso attività con situazioni espositive differenti quali quelle di manutentore meccanico, gestore di garage e di addetto all’erogazione del carburante. Nei vari studi epidemiologici pubblicati a partire dagli anni ‘50 sono stati evidenziati eccessi di rischio, non sempre significativi, per le neoplasie dell’apparato emolinfopoietico (leucemia, linfoma, mieloma multiplo), della cavità buccale, dell’esofago, del polmone, del laringe, della vescica, del rene, della prostata e del pancreas. Tra i potenziali fattori di rischio vengono indicati il benzene e l’esposizione ad idrocarburi policiclici aromatici derivanti dai gas di scarico degli autoveicoli. Nel 1980 uno studio di coorte su 2665 benzinai della regione Lazio non ha evidenziato un aumento di rischio di mortalità per tutte le cause di cancro complessivamente considerate.

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E’ stato comunque segnalato un incremento non significativo per linfoma non-Hodgkin, tumori dell’esofago e del sistema nervoso centrale tra i maschi. Un lieve aumento di rischio, sempre non significativo, è stato riscontrato per il cancro del colon e della vescica mentre la mortalità per cancro del polmone e per leucemia è risultata più bassa dell’atteso. La Commissione Consultiva Tossicologica Nazionale (CCTN), considerate le differenti concentrazioni di benzene misurate nelle aree urbane, il tempo di permanenza all'esterno degli abitanti e l'incidenza cumulativa dei tumori nel territorio nazionale, ha stimato per la

popolazione generale che, per mille casi di leucemia riscontrabili in Italia annualmente, da un minimo di 3 ad un massimo di 50 siano attribuibili al benzene derivante dal traffico veicolare, con concentrazioni comprese medie tra 15 e 90 µg/m³.

3. NORMATIVA DI RIFERIMENTO

3.1 LIMITAZIONI DI IMPIEGO 3.1.1- NORMATIVA EUROPEA

La Direttiva 82/806 vieta l'immissione sul mercato di giocattoli o parti di giocattoli prodotti con materiali che possono eliminare/emettere benzene in quantità superiore a 5 mg/kg del peso del giocattolo o di una parte del giocattolo. La Direttiva 85/210 fissa al 5% in volume il limite massimo della concentrazione di benzene nelle benzine in tutti i Paesi membri, a partire dal 1991. La Direttiva 89/677 vieta l'immissione sul mercato di sostanze e preparati contenenti concentrazioni di benzene superiori a 0.1% della massa. Derogano da questa norma: i carburanti e le sostanze e preparati destinati a processi industriali che non consentono l'emissione di benzene in quantità superiori alle prescrizioni delle norme vigenti. La Direttiva 94/63 stabilisce il controllo delle emissioni di composti organici volatili derivanti dal deposito della benzina e dalla sua distribuzione dai terminali alle stazioni di servizio.

3.1.2- NORMATIVA ITALIANA

La Legge 05.03.63 n. 245 stabilisce la limitazione di impiego del benzene e suoi omologhi nelle attività lavorative. In particolare vieta l'uso di miscele di solventi per vernici, inchiostri per rotocalco, mastici a base di gomma e per lavori di sgrassaggio con contenuto di benzene in percentuale superiore al 2%. La stessa legge impone limiti anche per toluene e xileni, che nelle vernici e liquidi per sgrassaggio non possono superare il 45%, mentre nelle colle, mastici e cementi (incollanti) non possono superare il 5%. Il D.P.R. 1026/76 vieta alle donne in gravidanza e fino a sette mesi dopo il parto la mansione di addetto alla distribuzione di carburanti. Il D.P.R. 432/76 impone lo stesso divieto ai fanciulli ed adolescenti (fino a sedici anni di età). La Legge 4 novembre 1997, n. 413 (G.U. 3.12.97) - “Misure urgenti per la prevenzione

dell’inquinamento atmosferico da benzene” - stabilisce che entro il 1 luglio 1998 il tenore massimo consentito di benzene nelle benzine dovrà essere pari all’1% in volume e degli idrocarburi aromatici totali pari al 40% in volume. Una ulteriore riduzione del tenore massimo di idrocarburi aromatici nelle benzine sarà stabilita a decorrere dal 1 luglio 2000, valutati i dati forniti dall’Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente e quelli elaborati dall’Istituto Superiore di Sanità. Dalla data di entrata in vigore della legge, tutte le pompe di distribuzione delle benzine presso gli impianti nuovi ed entro il 1 luglio 2000 l’intera rete preesistente di distribuzione del carburante dovranno essere attrezzati con dispositivi di

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recupero dei vapori di benzina. Le modalità e i termini per l’adeguamento degli impianti preesistenti saranno stabilite da apposito decreto. I dispositivi di recupero dei vapori di benzina nelle pompe di distribuzione dei carburanti dovranno essere conformi a quanto stabilito con il decreto del Ministero dell’Ambiente 16 maggio 1996 (G.U. 5.07.96): le caratteristiche tecniche dei sistemi di recupero vapori saranno comunque aggiornate con un nuovo decreto previsto dalla L. 413/97. Il Decreto del Ministero dell'Ambiente del 25.11.94 indica le metodiche per la misurazione della concentrazione del benzene nell'atmosfera e stabilisce che, per la tutela dalla qualità dell'aria, la concentrazione del benzene non dovrà essere superiore a 15 µg/m³ fino al 01.01.96 e a 10 µg/m³ entro il 01.01.99. Il Titolo VII del Decreto Legislativo 19.09.94 n. 626 definisce "cancerogeno" una sostanza o un prodotto cui è attribuita la frase di rischio R 45 (può provocare il cancro) o R 49 (può provocare il cancro per inalazione). Secondo i criteri U.E. per la classificazione dei preparati pericolosi, la benzina, per la presenza di benzene in concentrazione superiore allo 0,1% in peso, viene classificata cancerogeno con obbligo di frase di rischio R 45. Il Decreto interministeriale n. 707 del 10 dicembre 1996 (Ministeri della Sanità, Lavoro e Industria) pubblicato sulla G.U. del 28.04.97 dal titolo “Regolamento concernente l’impiego del benzene e i suoi omologhi nelle attività lavorative”, stabilisce che nelle attività lavorative cui siano comunque addetti lavoratori è vietato l’uso del benzene o di preparati contenenti benzene in concentrazione pari o superiore allo 0,1% della massa. Tale divieto non si applica ai carburanti e alle sostanze e preparati adoperati in processi industriali “che non permettono l’emissione di benzene in quantità superiori alle prescrizioni delle norme vigenti”. A questi si applicano però le disposizioni in materia di classificazione, etichettatura e imballaggio di cui alla legge 29 maggio 1974, n. 256.

3.2 LIMITI DI ESPOSIZIONE

Non sono fissati per legge limiti per il benzene aerodisperso in ambiente di lavoro in Italia. Il TLV-TWA dell’ACGIH è pari a 32 mg/m³ (10 ppm) dal 1987 e riporta la notazione A2 cioè “carcinogeno sospetto per l’uomo”. Il valore è sotto esame per la revisione e la proposta di modifica prevede l’abbassamento del TWA a 1.6 mg/m³ (0.5 ppm) e l’introduzione di un valore STEL, prima non esistente, pari a 8 mg/m³. Il NIOSH già da anni propone un TWA pari a 325 µg/m³ (0.1 ppm) mentre il PEL OSHA e il TRK della DFG tedesca sono entrambi pari a 3.3 mg/m³ (1 ppm). Dal 1996, l’ACGIH ha introdotto un TLV per la benzina in quanto tale, con un valore di 890 mg/m³ per il TWA e di 1480 mg/m³ per lo STEL. Il TLV riporta la notazione A3 (=carcinogeno per l’animale). La Direttiva 97/42/CE, che modifica la Direttiva 90/394 sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti dall’esposizione ad agenti cancerogeni durante il lavoro, stabilisce come valore limite per l’esposizione professionale a benzene 1 ppm (3,25 mg/m3). Gli Stati membri dovranno mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla Direttiva non oltre il 27 giugno 2000. Il valore limite di 3 ppm (9,75 mg/m3) è consentito come misura transitoria sino a tre anni dalla suddetta data.

4. ESPERIENZE DI VALUTAZIONE DELL’ESPOSIZIONE A BENZENE NELLE STAZIONI DI RIFORNIMENTO DI CARBURANTI

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Prima di illustrare i risultati riguardanti le stazioni di rifornimento e il personale addetto alla distribuzione di carburanti è utile fornire un rapido inquadramento dell'inquinamento da benzene nell’ambiente generale di vita. Le concentrazioni medie annuali di benzene in zone disabitate ed in aree rurali risultano comprese tra 0,5 e 6 µg/m³ mentre quelle riscontrate in varie città risultano mediamente comprese tra 5 e 30 µg/m³, con fluttuazioni piuttosto ampie. Nelle vie con più traffico i livelli risultano pari ad alcune decine di µg/m³. All'interno delle abitazioni le concentrazioni di benzene sono comunemente più basse di quelle rilevate "outdoor": in vari studi si sono documentate concentrazioni medie diurne comprese tra 3 - 11 µg/m³. Le fonti di benzene indoor sono identificate in vari materiali di costruzione, nel fumo di sigaretta e nelle vernici dei mobili e di altre suppellettili. L’emissione atmosferica di benzene presso le stazioni di rifornimento di carburante è attribuita a tre diversi meccanismi: evaporazione del combustibile durante il rifornimento, evaporazione durante il funzionamento dell’autoveicolo e nel raffreddamento del motore dopo l’arresto, emissione con i gas di scarico. Occorre ricordare che il benzene è una sostanza estremamente volatile e che pertanto le concentrazioni in aria variano in base alle condizioni climatiche e anche alle modalità di campionamento I rilievi ambientali di benzene effettuati in stazioni di rifornimento di carburante con l’utilizzo di campionatori personali hanno evidenziato concentrazioni medie comprese tra 25 e 563 µg/m³. Le differenze stagionali sono risultato univocamente importanti: livelli di benzene più elevati nell’aria sono riscontrati durante la stagione estiva rispetto al periodo invernale. Nell’indagine dell’Agip Petroli (1991-1992) i livelli misurati d’inverno erano pari in media a 411 µg/m³ e d’estate a 563 µg/m³; in particolare, per gli impianti localizzati al Nord, i valori ambientali rilevati d’estate erano doppi di quelli invernali. Un’indagine effettuata congiuntamente dagli SPISAL dell’ULSS 20 di Verona, dell’ULSS di Treviso e dall’Istituto di Medicina del Lavoro dell’Università di Verona su 26 distributori di benzina con l’utilizzo di campionatori attivi ha messo in evidenza concentrazioni medie (256 µg/m³) molto vicine a quelle riportate da Castellino e coll. (1996) in 42 impianti (310 µg/m³) esaminati anch’essi con campionamenti attivi. Betta e collaboratori (1995) dell’Unità Operativa Igiene e Medicina del Lavoro di Trento hanno riscontrato in 9 impianti (6 urbani, 2 extraurbani e 1 autostradale), esaminati nei mesi di marzo e aprile (temperatura 6°-14° C) con campionatori personali attivi, livelli ambientali di benzene pari in media a 163 µg/m³ (25-444 µg/m³). Nello studio condotto dalle USSL Bresciane e dalla Cattedra di Medicina del Lavoro dell’Università di Brescia nel 1996 su 43 addetti alla distribuzione del carburante, monitorati in primavera con campionatori passivi per quattro ore del turno di lavoro, la concentrazione media di benzene è risultata pari a 348 µg/m³ (40-926 µg/m³). Per il toluene, l’etilbenzene e gli xileni si sono riscontrate concentrazioni rispettivamente pari a 875 734 µg/m³, 84 63µg/m³ e 313 222 µg/m³. In generale, la valutazione dell'esposizione individuale a benzene è risultata significativamente più elevata con l'utilizzo dei campionatori attivi rispetto i passivi (dal 20 al 40% in più). L’esposizione professionale degli addetti alla distribuzione del carburante è di discreta entità se la confrontiamo con l'esposizione della popolazione generale, ma è molto modesta rispetto l'attuale "Threshold Limit Value" (TLV) proposto dall'American Conference of Governamental Industrial Hygienists (A.C.G.I.H.). L'esposizione media a benzene per i benzinai durante il loro turno di lavoro è, in termini numerici, circa 5-10 volte più elevata di quella della popolazione generale. Contemporaneamente è circa 150 volte più bassa del T.L.V. (32 mg/m³) dell’A.C.G.I.H.. Anche i valori di toluene, etilbenzene e xileni sono molto inferiori a quelli dei limiti attualmente proposti per gli ambienti di lavoro. Il TLV-miscele nelle esperienze condotte a

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Verona, Treviso e Brescia, facendo riferimento ai limiti dell'ACGIH è risultato sempre abbondantemente inferiore all'unità (per la precisione compreso tra 0.01 e 0.02). Prendendo in considerazione i risultati dello studio di Verona e Treviso si evidenzia che i livelli ematici del benzene dei 77 lavoratori addetti alla distribuzione del carburante, pari a 548 ng/L, risultano significativamente più elevati di quelli ottenuti nella popolazione generale (160 ng/L), oltre che alla fine del lavoro (548 ng/L) anche il mattino successivo prima della ripresa del lavoro (364 ng/L). Anche i più bassi valori di benzenemia in assoluto, riscontrati nei benzinai non-fumatori il mattino successivo (183 ng/L), risultano significativamente più elevati di quelli riscontrati nei soggetti non fumatori della popolazione generale (123 ng/L). L’esperienza fatta a Brescia ha messo in evidenza che l’acido t,t muconico urinario è abbastanza correlato con il dato ambientale (r = 0,5) ed è, negli addetti alla distribuzione di carburante, superiore di circa tre volte ai valori di riferimento. Nello studio si sono registrate esposizioni più elevate in chi non usava il predeterminatore e in chi era addetto solo alla distribuzione del carburante; chi si imbrattava aveva valori di poco superiori - come dato del campionatore personale - mentre le concentrazioni dell’indicatore biologico (acido t,t muconico urinario) sono risultate significativamente più elevate (quasi il doppio). Una esposizione personale meno elevata, come quella riscontrata (dallo SPISAL dell’ULSS 20 e dall’Istituto di Medicina del Lavoro dell’Università di Verona) nel caso degli impiegati e degli addetti agli impianti con “self-service”, determina livelli ematici di benzene praticamente indistinguibili da quelli della popolazione generale. L’esposizione a fumo di sigaretta incrementa notevolmente le concentrazioni del benzene nel sangue e questo risulta più evidente nei lavoratori esaminati nel periodo invernale, quando l’assorbimento nell’ambiente di lavoro è meno elevato (in media 616 ng/L contro 170 ng/L). Nel periodo estivo, pur persistendo una differenza tra fumatori e non fumatori, questa risulta a fine turno di lavoro meno evidente, in quanto i lavoratori sono esposti a concentrazioni ambientali di benzene che per motivi climatici risultano più elevate (in media 620 ng/L contro 415 ng/L). Esclusa l’interferenza del fumo di sigaretta, le concentrazioni ematiche del benzene evidenziate nel gruppo esaminato sono mediamente circa il doppio rispetto alla popolazione non esposta professionalmente nel periodo invernale e cinque volte in quella estiva.

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5. VALUTAZIONE BIOLOGICA DELL'ESPOSIZIONE A BENZENE

Lo schema riportato di seguito rappresenta una sintesi degli aspetti cinetico-metabolici del benzene ed è utile per inquadrare le metodologie da scegliere per il monitoraggio delle esposizioni a questo solvente.

Il livello ematico di benzene a fine turno esprime in modo piuttosto diretto i livelli espositivi raggiunti durante il turno di lavoro. Le concentrazioni di benzene nel sangue prelevato al mattino, prima dell'inizio del turno di lavoro, sono in relazione diretta prevalentemente con le concentrazioni di benzene presente nel tessuto adiposo, che funge da deposito del solvente (avendo un’affinità per il benzene 50 volte maggiore rispetto gli altri principali tessuti dell'organismo). Tale livello ematico fornisce quindi un dato che possiamo considerare proporzionato al "carico corporeo" di benzene ed integra le microesposizioni ambientali "indoor" e "outdoor" con quelle professionali. Tenendo conto anche della cinetica del benzene nel tessuto adiposo, il livello ematico del mattino dovrebbe essere proporzionale ai livelli espositivi medi dei 4-5 giorni precedenti al prelievo.

Dal punto di vista teorico le concentrazioni urinarie del benzene dovrebbero avere lo stesso significato delle concentrazioni ematiche. Vi sono però numerosi aspetti di fisiologia dell'escrezione urinaria del benzene ed alcuni problemi tecnico-analitici che suscitano delle perplessità sul significato delle concentrazioni urinarie del benzene. Ciononostante, le esperienze condotte sul campo hanno fornito risultati soddisfacenti poiché le concentrazioni urinarie di benzene nelle urine raccolte a fine turno sono risultate ben correlate con le concentrazioni ematiche e con i livelli di esposizione ambientale al solvente.

Nello schema cinetico-metabolico del benzene precedentemente riportato sono inserite anche le sigle riguardanti due metaboliti urinari del benzene: si tratta dell'acido fenilmercapturico (PMA) e dell'acido t,t muconico urinario (ttMA) che si sono dimostrati sensibili anche per quantificare modesti livelli espositivi a benzene sia in casi di esposizioni voluttuarie (fumo) sia in caso di esposizioni professionali.

Il dosaggio dell'acido fenilmercapturico è piuttosto complesso sia per la strumentazione necessaria sia per la preparazione del campione; di conseguenza la sua analisi nelle urine diviene abbastanza costosa.

Molto più semplice (e anche più economico) è il metodo di dosaggio dell’acido t,t muconico urinario. Le esperienze sull'uso di tale metabolita urinario nel controllo

Benzene nell'aria ambiente

Concentrazione alveolare ed ematica del benzene

Accumulo nel tessuto adiposo metaboliti del benzene

Concentrazioni urinarie di benzene

ttMA - PMA - altri

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dell'esposizione a benzene degli addetti alla distribuzione di carburanti e su lavoratori esposti a livelli simili a quelli dei benzinai, sebbene limitate, sono state soddisfacenti. E' da ricordare che l'Istituto Superiore di Sanità ha già avviato un controllo interlaboratoriale per questo metabolita; inoltre la Società per i Valori di Riferimento si sta adoprando per stabilire questi valori per la popolazione generale. Con queste basi si ritiene che vi siano i presupposti per considerare l’acido t,t muconico urinario un metabolita del benzene che potrà fornire, a costi contenuti rispetto le altre possibili alternative, risultati soddisfacenti nel controllo biologico routinario delle esposizioni a benzene.

6. RIDUZIONE DELL’ESPOSIZIONE AMBIENTALE E OCCUPAZIONALE A BENZENE: AZIONI POSSIBILI

Le emissioni da benzine e, in genere, da autoveicoli costituiscono contemporaneamente un problema di esposizione professionale ed ambientale. Per la tipologia di costruzione e collocazione della stazione di servizio esiste una continuità tra area di lavoro ed area ambiente, la quale rende le emissioni della stessa di immediato interesse per la qualità dell’aria ambiente. Da questo deriva anche che alcune soluzioni di bonifica possono trovare una maggiore giustificazione proprio per il sommarsi di effetti positivi su entrambi i lati del problema (professionale ed ambientale). La rilevanza di questa osservazione era ben presente quando l’US-EPA ha previsto i sistemi di recupero vapori nei rifornimenti come parte del programma di riduzione dell’inquinamento ambientale (cui i composti organici volatili contribuiscono in maniera importante). Allo stesso principio si ispirano la direttiva europea e la L. 413/97 “Norme urgenti per la prevenzione dell’inquinamento atmosferico da benzene”.

6.1. Schema riassuntivo di interventi possibili per la riduzione dell’inquinamento da benzine. 6.1.1.Azioni sulle benzine

Fissazione di standard di qualità delle benzine monitoraggio per il controllo della qualità delle benzine riduzione della volatilità (riduzione dei butani e pentani) riduzione percentuale di olefine l’obbligo di vendita delle benzine senza piombo alle sole auto catalizzate vendita di benzina “riformulata” in aree maggiormente inquinate

6.1.2. Azioni sui veicoli Dotazione di sistemi di abbattimento (marmitte catalitiche) monitoraggio della funzionalità dei sistemi di abbattimento dotazione dei serbatoi con tappi atti all’intrappolamento dei vapori in uscita dotazione di bocchettoni dei serbatoi delle automobili meglio adattati all’erogatore (ciclo chiuso)aumento della quota di veicoli con marmitta catalitica controlli sulle emissioni/manutenzione

6.1.3. Azioni sulle stazioni di rifornimentoAdeguata collocazione delle aree di servizio in rapporto ai centri abitati scelta di ampie superfici che permettano di dedicare aree distinte a diverse operazioni adozione di sistemi di recupero e abbattimento dei vapori nel rifornimento sistemi “chiusi” di rifornimento delle cisterne regolare manutenzione delle colonnine e delle condutture adozione di procedure che limitino sia l’esposizione individuale che la dispersione

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maggiore diffusione di sistemi a self-service

6.1.4. Azioni sui lavoratoriInformazione abiti da lavoro e dispositivi di protezione formazione (in particolare sulle procedure di lavoro) sorveglianza sanitaria sorveglianza epidemiologica

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PARTE II

TUTELA DELLA SALUTE DEI LAVORATORI

ADDETTI ALLA DISTRIBUZIONE DI CARBURANTE

PREMESSA

Non si devono dimenticare, soprattutto in fase applicativa, le particolari caratteristiche del settore della distribuzione di carburanti e soprattutto, da una parte, l’estrema varietà e complessità di rapporti tra titolari degli impianti o delle colonnine e titolari delle aziende che costituiscono i servizi e, dall’altra, la varietà di struttura societaria alla base delle stesse aziende. Per quanto riguarda questo secondo aspetto si ricorda come, per le caratteristiche del settore in Italia, si abbia una notevole parcellizzazione degli impianti con una diffusione di impianti piccoli o molto piccoli e frequentemente a conduzione o familiare o da parte di un numero limitato di soci, spesso paritari. Al fine di evitare distorsioni nell’approccio alla prevenzione, si suggerisce di informare le azioni di prevenzione comprendendo tutti gli esposti al rischio quindi anche i titolari, i soci e i familiari, al di là dello specifico vincolo di legge. Benché assente nel D.Lgs 626/94, un approccio di questo tipo, che tiene conto anche della tutela della salute del lavoratore autonomo, è peraltro già presente in alcune direttive europee, già recepite in Italia (si vedano il D.Lgs 230/95 e il D.Lgs 494/96).

1. VALUTAZIONE DEL RISCHIO

Il rischio da benzene del personale addetto alle stazioni di servizio carburanti è stato studiato in numerosi studi di carattere epidemiologico: i risultati, pur non conclusivi, di cui si è detto nel capitolo 2 della parte I sono tuttavia sufficienti per porre la categoria di lavoratori tra quelle che meritano attenzione sia dal punto di vista degli interventi di prevenzione che dal punto di vista della “osservazione” sanitaria. Analogamente, ben studiata è stata l’esposizione a benzene degli stessi operatori, anche a livello nazionale, come riportato nel capitolo 4: le varie indagini hanno individuato i livelli di esposizione in relazione alla tipologia dell’impianto, delle sue dimensioni, della localizzazione, del volume di carburante erogato, delle procedure di lavoro seguite, delle variazioni climatiche, ecc. Facendo riferimento a questi dati, la valutazione del rischio dovrà tenere conto delle caratteristiche delle lavorazioni ed in particolare di:

tipo di distributore (tradizionale, con predeterminatore, self service con servizio cassa); collocazione e dimensioni dell’area numero di colonnine di erogazione dotazione di dispositivi di recupero e abbattimento dei vapori procedure seguite nella erogazione del carburante e procedure generali di lavoro quantitativi di carburante mediamente erogato e fluttuazioni stagionali o periodiche durata e frequenza delle operazioni di distribuzione di carburantieffettuazione di altre operazioni che possono esporre a benzine numero di lavoratori addetti grado di informazione e formazione dei lavoratori

La valutazione dovrà tenere conto anche di eventuali misurazioni ambientali e/o biologiche indicative della esposizione specifica dell’area di servizio. Le misurazioni ambientali possono utilmente essere programmate quando la tipologia dell’impianto, le dimensioni, il numero di litri erogati, le modalità di lavoro, l’organizzazione del lavoro, i dispositivi di prevenzione ecc. si discostino sensibilmente da quelle per le quali sono noti i

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livelli espositivi. Nei casi in cui si ritiene che l’esposizione non sia significativa, per l’eseguità delle operazioni svolte e/o per l’efficacia dei sistemi di prevenzione (tecnici, organizzativi, procedurali) messi in atto, sarà utile almeno una quantificazione dell’esposizione dei singoli operatori. Dal momento che sull’entità dell’esposizione giocano numerosi fattori e che si tratta comunque di esposizioni variabili e non continuative, attenzione sarà posta affinché le quantificazioni avvengano in momenti rappresentativi delle varie situazioni di esposizione. Dalla valutazione dei rischi deriveranno le misure preventive e protettive necessarie, il tipo dei dispositivi di protezione individuale da utilizzare, gli interventi di informazione e di formazione, le misure della sorveglianza sanitaria ecc. La valutazione dei rischi connessi alla distribuzione del carburante e in generale quelli da vapori di benzine dovrà essere integrata con quella dei rischi legati anche agli aspetti apparentemente meno rilevanti quali: lavaggio auto e altre operazioni di pulizia, deceratura, cambio olio, ecc.

2. GESTIONE DEL RISCHIO

Le possibili azioni preventive cui il datore di lavoro deve ispirarsi nel caso dell’utilizzo di agenti cancerogeni (frasi di rischio R45 o R49) sono indicate dall’art.62 del D.Lgs 626/94 e sostanzialmente riconducibili a: a) sostituzione dell’agente con altro agente che nelle condizioni in cui viene utilizzato non è nocivo o lo è meno; b) impiego dell’agente in sistema chiuso; c) riduzione dei livelli di esposizione dei lavoratori Nel caso in questione (benzine), la sostituzione di alcuni agenti cancerogeni non è oggi disponibile né, d’altra parte, potrebbe essere di pertinenza del singolo datore di lavoro. Facendo riferimento, invece, ai due punti successivi (b e c), titolare dell’impianto e dell’area di servizio dovranno pertanto operare al fine di adottare sistemi chiusi e comunque di ridurre l’esposizione degli addetti, con misure tecniche, procedurali o organizzative.

2.1 INTERVENTI TECNICI DA METTERE IN ATTO NELLA FASE DI RIFORNIMENTO DI CARBURANTE AI VEICOLI

Da un punto di vista generale di prevenzione, esiste l’indicazione a mettere in atto interventi mirati al contenimento della esposizione, in particolare attraverso la riduzione della emissione di vapori di benzine all’atto del rifornimento. Esistono elementi che non possono essere dimenticati a questo proposito:

i sistemi di recupero dei vapori da applicare alle pompe di erogazione sono disponibili, efficaci ed, oltretutto, già adottati in altri Paesi; soluzioni di questo tipo sono raccomandate nelle conclusioni della CCTN nella seduta del 27.06.94;esiste una direttiva europea a riguardo (94/63/CE) che prevede l’introduzione di questi sistemi in particolari impianti di rifornimento.

Gli elementi concordano nell’indicare che l’adozione di sistemi di aspirazione ed abbattimento dei vapori durante le operazioni di rifornimento rappresenta un intervento necessario anche ai fini degli adempimenti delle norme di tutela della salute dei lavoratori. I riferimenti normativi sono gli articoli 62 e 64 del D.Lgs 626/94 e l’art.20 del DPR 303/56. Con l’emanazione, dopo un lungo iter, della L. 413 del 4.11.97, anche se a motivo della prevenzione dell’inquinamento atmosferico da benzene, l’adeguamento degli impianti di

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distribuzione attraverso l’adozione di dispositivi di recupero dei vapori è diventato obbligo di legge per il quale sono fissati i seguenti termini:

a decorre dalla entrata in vigore della legge, per tutti gli impianti nuovi 1 luglio 2000 per l’intera rete distributiva nazionale.

2.2 ALTRI INTERVENTI

Nella valutazione del rischio, occorre tenere presente la globalità delle operazioni che caratterizzano le mansioni dell’addetto alle stazioni di servizio e quindi considerare, ad esempio, anche le operazioni di carico delle cisterne, il controllo dei livelli delle cisterne, le operazioni di piccola manutenzione di veicoli, il lavaggio, l’utilizzo di prodotti di detersione, il cambio olio, la piccola manutenzione degli impianti. Attenzione va posta alla scelta degli abiti da lavoro (impermeabilità, facile lavabilità o scelta di capi monouso per determinate operazioni), alla frequenza del loro cambio, alle modalità di uso, lavaggio degli stessi. Lo spogliatoio: è ritenuto indispensabile e deve avere le caratteristiche richieste per il lavori “insudicianti” (v. in particolare la struttura degli armadietti con previsione del doppio scomparto). I dispositivi di protezione personale: scelta e uso costante di guanti in funzione dell’operazione e dei prodotti in questione (contatto con benzine o con altri prodotti petroliferi - v. olii). Non sembrano esistere indicazioni, in prima battuta, per l’adozione di protezioni per le vie respiratorie.

2.2.1. MODALITÀ DI LAVORO

Procedure da raccomandare agli addetti nel corso del rifornimento di carburante:sostare nell’area del rifornimento il solo tempo necessario e allontanarsi non appena possibilenon avvicinare il capo al punto di erogazione, in particolare nel momento di apertura del bocchettoneevitare il controllo “visivo” ravvicinato del bocchettoneusare guanti protettivi per operazioni a rischio di particolare imbrattamento mantenere pulite le impugnature degli erogatori pulire immediatamente eventuali spandimenti di carburante preferire l’erogazione “predosata” da colonnina rispetto a quella manuale evitare fumo e assunzione di alimenti/bevande nelle vicinanze (predisposizione di eventuale area apposita) adottare procedure di avanzamento dei veicoli nel punto di rifornimento che evitino il riavviamento del motore richiedere lo spegnimento del motore delle auto in attesa

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Altre indicazioni da raccomandare: non utilizzare mai benzina per altri scopi (come solvente, per pulire oggetti, per lavare le mani ecc.) non tenere in tasca straccetti in tessuto per la pulizia delle mani (adottare soluzioni tipo monouso)cambiare subito l’abito da lavoro (e anche gli altri indumenti se necessario) nel caso di imbrattamenti accidentali

2.3 INFORMAZIONE/FORMAZIONE

Gli obiettivi ed i contenuti di queste azioni di prevenzione dovranno essere appropriati alla natura del rischio cancerogeno, derivante non solo dal benzene. Pur tenendo conto delle considerazioni in merito all’entità del rischio da benzene (parte I, capitolo 2.), le informazioni dovranno essere complete circa il significato del rischio presente, la natura dei problemi sanitari sia dal punto di vista individuale che epidemiologico, la definizione delle corrette procedure di lavoro, gli interventi tecnici di prevenzione attuati e quelli programmati. La formazione dovrà essere garantire e verificare, nel lavoro concreto e quotidiano, l’esecuzione delle procedure di lavoro definite necessarie ai fini della prevenzione. Uno sforzo formativo particolare dovrà essere dedicato ai nuovi addetti. Le informazioni sul significato della sorveglianza sanitaria ed epidemiologica dovranno essere fornite tenendo conto della particolare natura (cancerogeno) ed entità del rischio.

2.4 SORVEGLIANZA SANITARIA

Gli obblighi di sorveglianza sanitaria nei lavoratori addetti agli impianti di distribuzione di benzina possono essere desunti dal D.P.R. 303/56, per l'esposizione a toluene e xileni, e dal D.Lgs. 626/94 per quanto riguarda l'esposizione ai cancerogeni, in particolare il benzene. Pur non rientrando nella specifica categoria delle lavorazioni “tabellate” dell’art.33 del DPR 303/56 per quanto riguarda l’esposizione a “idrocarburi benzenici”, si ritiene che non possa essere la tipologia della lavorazione (industriale o commerciale, tabellata o meno) a determinare l'effettiva presenza o meno del rischio lavorativo. Questo è particolarmente vero alla luce del D.Lgs 626/94, il quale è "soprattutto mirato ad una diversa impostazione del modo di affrontare le problematiche della sicurezza sul lavoro” anche previgenti (circ.min.lav.prev.soc. 7 agosto 1995, n. 102/95). Occorre notare, tuttavia, che le concentrazioni ambientali degli altri aromatici (xilene e toluene) sono molto contenute; nelle esperienze citate sopra, i valori di xileni e toluene aerodispersi sono intorno a un millesimo e un cinquecentesimo del rispettivo TLV-ACGIH, con un TLV-miscela corrisponde circa ad 1/100 del limite stabilito. Il Titolo VII del Decreto Legislativo 19.09.94 n. 626 definisce "cancerogeno" una sostanza o un prodotto cui e' attribuita la frase di rischio R 45 (può provocare il cancro) o R 49 (può provocare il cancro per inalazione). Secondo i criteri U.E. per la classificazione dei preparati pericolosi, la benzina, per la presenza di benzene in concentrazione superiore allo 0,1% in peso, viene classificata cancerogeno con obbligo di frase di rischio R 45. E’ soprattutto da questo che deriva un vincolo legislativo (D.Lgs 626/94, art.69) ad effettuare la sorveglianza sanitaria per gli addetti ai distributori, all’interno del complesso delle misure di prevenzione prescritte per agenti cancerogeni. La sorveglianza sanitaria dovrà comprendere una visita preventiva allo scopo di valutare l’idoneità alla mansione e una visita medica periodica, integrate da un esame emocrocitometrico con formula leucocitaria oltre che dalla valutazione biologica dell’esposizione a benzene.

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Anche se il vincolo più diretto alla effettuazione della sorveglianza sanitaria è rappresentato dalla esposizione ad agenti cancerogeni, si raccomanda che essa tenga conto della globalità delle operazioni svolte dagli addetti. Si suggerisce una periodicità biennale degli accertamenti sanitari. Come indicatore biologico dell’esposizione si ritiene opportuno utilizzare l’acido t,t muconico urinario determinato su campioni raccolti a fine turno lavorativo. La determinazione dovrà essere effettuata, almeno in una prima fase, con cadenza semestrale tenendo conto della variazione stagionale dei livelli di esposizione (estate ed inverno). Il giorno della raccolta del campione dovrà essere compilato un questionario relativo all’attività lavorativa svolta nella giornata, il fumo di sigaretta etc.. L’attività di sorveglianza sanitaria potrà essere evitata o sospesa nel caso vengano effettuati interventi sugli impianti che portino a sostanziali e documentate modifiche dell’esposizione (pompe aspirate, distribuzione self-service, utilizzo di erogatori con preselettore ecc.), comunque tali da poterla ritenere indistinguibile da quella della popolazione generale. Richiamando quanto detto in premessa a questa parte II e, quindi, a prescindere dagli obblighi nei confronti dei lavoratori dipendenti, si raccomanda che la sorveglianza sanitaria, eventualmente con contenuti modificati e adattati, comprenda tutti gli addetti (titolari, soci, collaboratori familiari e/o stagionali), purché impiegati nelle operazioni a rischio. Su questi aspetti un ruolo importante potrebbe essere giocato anche dai servizi pubblici di prevenzione nella effettuazione delle necessarie attività di assistenza.

2.5 SORVEGLIANZA EPIDEMIOLOGICA

La sorveglianza epidemiologica degli esposti ad agenti cancerogeni è uno strumento utile, anche se privo di valenza preventiva a breve termine. In attesa quindi della definizione, per via legislativa, degli strumenti di rilevazione previsti dal D.Lgs. 626/94 ciascun Servizio di Prevenzione potrà disporre delle forme di registrazione degli esposti e delle esposizioni da far adottare presso le aziende. La sorveglianza epidemiologica è attribuita, in primo luogo, ai servizi di prevenzione, igiene sicurezza negli ambienti di lavoro delle aziende USL. In assenza di modalità stabilite a livello centrale può avvenire attraverso la realizzazione di flussi informativi relativi ai dati di sorveglianza sanitaria, di monitoraggio biologico e ambientale in collaborazione con i medici competenti delle singole realtà aziendali, anche tramite le associazioni di categoria.

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