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Linea Guida Diagnostico - Terapeutica USL n°2 Azienda Sanitaria Regionale dell’Umbria La riabilitazione della persona con ictus cerebrale: prove di efficacia e percorsi Ottobre 2003

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Linea GuidaDiagnostico - Terapeutica

USL n°2Azienda Sanitaria Regionale dell’Umbria

La riabilitazionedella personacon ictus cerebrale:prove di efficacia e percorsi

Ottobre 2003

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Gruppo di lavoro per la Linea Guida

Giaimo Maria Donata - Medico - Coordinatore del gruppo

Antonini Rita - Medico Centro di Salute (Distr. n. 2)

Barzanti Daniela - Psicologa - Sezione Informazione ed Educazione per la Salute

Caramella Marcella - Medico Centro di Salute (Distr. n. 3)

Celani Maria Grazia - Neurologo Stroke Service, Ospedale Città della Pieve

Convito Luciano - A.L.I.C.E. (Associazione per la Lotta contro l’Ictus Cerebrale)

Costantini Giuliana - Fisioterapista Centro di Riabilitazione Territoriale (Distr. n.1)

Dalla Costa Sandro - Fisioterapista Centro di Riabilitazione Territoriale (Distr. n. 3)

Dondi Manuela - Fisioterapista Centro di Riabilitazione Territoriale (Distr. n. 4)

Gambuli Cintia - Fisioterapista Centro di Riabilitazione Territoriale (Distr. n. 1)

Germini Fabrizio - Medico di Medicina Generale

La Medica Alessandro - Medico Fisiatra Azienda USL 2 (Distr. n.1)

Lepri Bruno - Medico Fisiatra Azienda USL 2 (Distr. n. 2)

Marchegiani Italo - Infermiere Ospedale di Città della Pieve

Marroni Beatrice - Fisioterapista Centro di Riabilitazione Territoriale (Distr. n.1)

Musio Luigi - Fisioterapista Centro di Riabilitazione Territoriale (Distr. n.1)

Ottaviani Carlo - Infermiere Professionale Stroke Service, Ospedale Città della Pieve

Panciarola Manuela - Infermiera Professionale (Distr. n. 4)

Piacentini Stefania - Medico Centro di Salute (Distr. n.1)

Rossi Maria - Medico Centro di Salute (Distr. n. 4)

Susta Maria Adelaide - Medico di Medicina Generale

Vizioli Anna - Logopedista (Distr. n. 2)

Zampolini Mauro - Medico Responsabile Centro Ospedaliero di Riabilitazione Intensiva di Passignano

Gruppo redazionale

Zampolini Mauro - Medico Responsabile C.O.R.I. di Passignano

Celani Maria Grazia - Neurologo Stroke Service, Ospedale Città della Pieve

Bovo Daniela - Staff Qualità e Promozione della Salute

Ranocchia Daniela - Staff Qualità e Promozione della Salute

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Presentazione

Il lavoro in équipe dei vari professionisti che intervengono su specifici percorsi didiagnosi, cura e riabilitazione è uno dei presupposti affinché i Servizi Sanitari dianorisposte di qualità, ma questa modalità di lavoro rende ancora più difficile ecomplesso attuare l’insieme di prestazioni che ognuno è chiamato a compiere.

Oltre ad un’elevata professionalità di ciascuno è necessario quindi poter contaresu strumenti condivisi che consentano “comportamenti clinici scientificamentesupportati allo scopo di assistere gli operatori e i pazienti nel decidere quali sianole modalità di assistenza più appropriate in specifiche circostanze cliniche”.

Le linee guida si situano, quindi, in una strategia aziendale più ampia, tendente adun vero e proprio modello di governo clinico, inteso come “il contesto in cui i servizisanitari si rendono responsabili del miglioramento continuo della qualitàdell’assistenza e mantengono elevati livelli di prestazioni, creando un ambienteche favorisce l’espressione dell’eccellenza clinica nel limite delle risorse disponibili”(NHS White Paper 1999).

E’ in tal senso che quest’Azienda Sanitaria vuole riproporre con forza azioni dimiglioramento che, attraverso il lavoro di gruppi multiprofessionali, giungono oggia consegnare agli operatori questo importante documento sul “trattamentoriabilitativo del paziente con ictus”.

Questo traguardo, che è stato raggiunto grazie al contributo di medici, terapisti,infermieri, ed altri professionisti, è importante non solo per i Servizi di riabilitazionedella nostra Azienda USL 2, ma può suscitare interesse più generale, in quanto inItalia l’argomento della riabilitazione dei pazienti con ictus, non è stato, a quantoci risulta, ancora affrontato.

Sono quindi particolarmente soddisfatto nel vedere l’esito dell’impegno ditutti quegli operatori che, adoperandosi per lavorare al meglio, hanno prodottoquesto documento; sarà nostra cura diffonderlo affinché venga applicato e valutatoin ogni servizio.

Ringrazio quanti hanno collaborato alla redazione di questa Linea Guida e, nellaconvinzione che sarà uno strumento particolarmente efficace per migliorare laqualità dell’assistenza in questo campo, invito i professionisti a utilizzarlo al meglio,al fine di aiutare i pazienti a trarre il massimo beneficio dalla riabilitazione nel loropercorso di reinserimento nella “normalità possibile”.

Il Direttore GeneraleAlessandro Truffarelli

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Indice

Gruppo di lavoro per la linea guidaPresentazioneIntroduzioneLo scopo di questa linea guidaElenco revisori esterniCriteri metodologiciPremessa generale

1.Epidemiologia e storia naturale dell’ ictus pag. 14

1.1 Incidenza e prevalenza pag. 141.2 Prognosi pag. 141.3 Storia naturale del recupero pag. 151.4 Fattori predittivi del recupero pag. 16

2.La valutazione pag. 18

2.1 Premessa pag. 182.2 Obiettivi della valutazione pag. 192.3 Valutazione della menomazione pag. 192.4 Valutazione della disabilità pag. 202.5 Valutazione della qualità della vita pag. 20

3.L’intervento riabilitativo pag. 21

3.1 Il ruolo del gruppo multidisciplinare pag. 213.2 La valutazione pag. 223.3 Il progetto riabilitativo pag. 233.4 La definizione degli obiettivi pag. 233.5 Il programma riabilitativo pag. 24

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4.La gestione del paziente con ictus pag.25

4.1 Il programma di gestione clinica in fase acuta pag. 254.1.1 Il monitoraggio delle funzioni vitali pag. 25

4.2 La presa in carico dei bisogni essenziali pag. 264.2.1 La nutrizione e l’idratazione pag. 264.2.2 La disfagia pag. 274.2.3 La funzionalità vescicale pag. 294.2.4 La funzionalità intestinale pag. 31

4.3 Le posture pag. 324.3.1 Il posizionamento pag. 324.3.2 La mobilizzazione pag. 32

4.4 La comunicazione pag. 334.5 La prevenzione delle complicanze pag. 35

4.5.1 La prevenzione delle infezioni polmonari pag. 364.5.2 La conservazione dell’integrità cutanea pag. 364.5.3 La prevenzione della trombosi venosa

profonda e polmonare pag. 364.5.4 La prevenzione della spalla dolorosa pag. 37

4.6 Aspetti riabilitativi e trattamento pag. 394.6.1 La prevenzione delle cadute pag. 394.6.2 Il controllo o la prevenzione delle crisi epilettiche pag. 404.6.3 Sessualità ed ictus pag. 40

4.7 L’informazione, l’educazione del paziente e della famiglia pag. 404.8 Il trattamento riabilitativo intensivo pag. 42

4.8.1 Trattamento riabilitativo: le differenti scuole pag. 434.8.2 L’efficacia del trattamento intensivo pag. 43

4.9 La riabilitazione delle funzioni cognitive pag. 434.10 La riabilitazione di deficit di comunicazione: afasia,

disartria e aprassia buccofacciale pag. 444.11 La riabilitazione delle funzioni motorie pag. 45

4.11.1 La spasticità pag. 464.12 La riabilitazione delle funzioni sensitive e dolore pag. 48

4.12.1 Il dolore pag. 484.13 Altri deficit sensitivi pag. 494.14 La riabilitazione dell’arto superiore pag. 494.15 La rieducazione del cammino pag. 494.16 I disturbi dell’umore pag. 50

4.16.1 La depressione pag. 50

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4.16.2 L’ansia pag. 514.17 La dimissione pag. 51

4.17.1 La dimissione precoce pag. 534.18 L’utilizzo di ausili pag. 544.19 Gli adattamenti ambientali pag. 544.20 La rieducazione delle attività della vita quotidiana pag. 55

5.Percorsi clinico riabilitativi del paziente con ictus pag. 56

5.1 La riabilitazione nella fase acuta pag. 565.2 La riabilitazione nella fase postacuta pag. 57

5.2.1 La tipologia degli interventi pag. 585.2.2 I vari ambienti riabilitativi pag. 585.2.3 I criteri di scelta dell’ambiente riabilitativo pag. 58

5.3 La riabilitazione intensiva pag. 595.3.1 Riabilitazione intensiva ospedaliera

a ciclo continuativo pag. 605.3.2 Riabilitazione intensiva delle gravi

cerebrolesioni acquisite pag. 615.3.3 Riabilitazione intensiva in regime di day hospital pag. 62

5.4 Riabilitazione estensiva pag. 625.4.1 Strutture di degenza riabilitativa estensiva pag. 635.4.2 Riabilitazione domiciliare o ambulatoriale? pag. 645.4.3 Riabilitazione territoriale domiciliare pag. 655.4.4 Riabilitazione territoriale ambulatoriale pag. 655.4.5 Le fasi della presa in carico pag. 675.4.6 La valutazione del domicilio pag. 68

5.5 La riabilitazione nella fase cronica pag. 685.5.1 La valutazione e il monitoraggio degli esiti pag. 685.5.2 L’utilità dei “ricicli riabilitativi” pag. 69

Allegati pag. 70Glossario pag. 74Bibliografia pag. 79Appendice

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Introduzione

La decisione di sviluppare linee guida specifiche per la nostra azienda è nata dallavalutazione dei limiti presenti nelle Linee Guida già preesistenti: sia infatti quellestraniere sia quelle italiane non sono immediatamente applicabili alla nostra realtàlocale, nella quale esiste una realtà riabilitativa da anni caratterizzata da una retedi servizi territoriali ben consolidata, uno stroke service di recente istituzione e uncentro di riabilitazione intensiva, che ha un anno di attività.La necessità di sviluppare linee guida locali per la riabilitazione dell’ictus è nataperò anche dall’esigenza di strutturare la rete dei servizi per il trattamento (dell’ictus)secondo criteri basati sulle prove di efficacia. Infatti la strutturazione della reteriabilitativa se non è regolata da criteri univoci di gestione della patologia e articolatasecondo criteri di efficienza e di efficacia, rischia di rimanere un buon esercizioteorico senza ricaduta pratica per il paziente.Infine, altro obiettivo di queste linee guida è quello di raggiungere tutti gli operatoriintra ed extraospedalieri per promuovere la cultura del lavoro multidisciplinare, incui più professionalità si incontrano per articolare un efficace progetto per la curadel paziente, tenendo presente che l’obiettivo finale è il raggiungimento della migliorqualità della vita del paziente e dei familiari.

Lo scopo di questa linea guida

Scopo di queste linee guida aziendali è quello di assistere i medici, gli operatoridegli ospedali e dei servizi territoriali nella gestione del paziente con ictus dalmomento dell’evento sino al ritorno della miglior qualità della vita possibile,delineando il percorso più idoneo alle sue caratteristiche sia come persona malatasia come individuo, attraverso i seguenti processi:

1. Prevenire e gestire le complicanze correlate all’ictus (precoci e tardive);

2. Organizzare in maniera multidisciplinare l’intervento ponendo il paziente al centro del proprio lavoro;

3. Individuare nella fase precoce appropriate strategie riabilitative per coloro che presentano una disabilità residua dopo l’evento ictus;

4. Definire un progetto riabilitativo che preveda il coordinamento e l’integrazione delle diverse figure professionali, che prendono in carico il paziente nelle diverse fasi temporali del programma riabilitativo.

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Elenco revisori esterni

Prof.ssa Livia CandeliseDip. Scienze Neurologiche Osp. Maggiore PoliclinicoVia Sforza, 35 Padiglione Ponti - Milano

Dott.ssa Anna Teresa CantisaniNeurofisiopatologia Ospedale SilvestriniSant’Andrea delle Fratte - Perugia

Dott. Antonio De TantiOspedale ValduceCentro di riabilitazione Villa BerettaVia N. Sauro,7 Costamasnaga - Lecco

Dott. Marco FranceschiniAzienda Ospedaliera di ParmaU.O. complessa di Medicina riabilitativaVia Gramsci, 14 - Parma

Dott. Maurizio MassucciU.O. di Riabilitazione Intensiva NeuromotoriaUSL 3, Regione dell’UmbriaPiazza Garibaldi, 5 Trevi - Perugia

Dott.ssa Maria Cristina PagliacciUnità Spinale Unipolare Ospedale SilvestriniSant’Andrea delle Fratte - Perugia

Prof. Leandro ProvincialiClinica di NeuroriabilitazioneOspedale Regionale Torrette - Ancona

Dott. Roberto SterziOspedale San’Anna Dipartimento di NeurologiaVia Napoleona, 60 - Como

Dott.ssa Mariangela TariccoAzienda Ospedaliera “G. Salvini”U.O. di Recupero e Rieducazione FunzionaleVia Settembrini, 1 Passirana di Rho - Milano

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Criteri metodologici

Questa Azienda ha già pubblicato diverse Linee Guida per le principali patologietutte realizzate da gruppi multidisciplinari e multiprofessionali. La stessa metodologiaè stata utilizzata per le linee guida della riabilitazione dell’ictus. Il gruppo ha vistola partecipazione di diversi professionisti:

� Coordinatore del Servizio Qualità� Infermieri Professionali del territorio e degli ospedali� Fisiatri� Fisioterapisti� Logopedista� Medici di Medicina Generale� Neurologo esperto della fase acuta dell’ictus� Medici responsabili dei Centri di Salute� Psicologa� Rappresentanti dell’associazione ALICE

Dopo una riunione relativa alla metodologia, sono stati assegnati compiti di ricercadelle prove di efficacia distinte per le varie professionalità. Ogni gruppo aveva ilcompito di scrivere dei contributi basandosi su uno schema di sommario generaleprecostituito. Successivamente i vari contributi sono stati inseriti in un unicodocumento che costituiva la bozza di lavoro da restituire ai vari componenti. Adogni avanzamento si svolgeva una riunione generale dove venivano discussi i punticritici anche leggendo i vari capitoli. Nella fase finale un gruppo più ristretto hasvolto un lavoro di controllo e supervisione cercando di schematizzare e graduarele raccomandazioni.

Le prove di efficacia sono state ricavate dalla lettura di:

� Linee guida disponibili sulla riabilitazione dell’ictus, ricorrendo anche ad internet attraverso i vari motori di ricerca e soprattutto attraverso il sito della National Guidelines Clearinghouse (www.guidelines.com);� Report di valutazione tecnica dei servizi sanitari esteri;� Banche dati quali “The Cochrane Library” e “Clinical Evidence”;� Ricerca in Medline e analisi degli abstracts e degli articoli di maggior rilevanza:

parola chiave “stroke and rehabilitation”;� Lavori originali ricavati dalla lettura delle principali riviste.

Classificazione dei livelli di evidenza

La graduazione delle raccomandazioni è stata articolata secondo il seguente schema:

Ia Prove di efficacia ottenute da meta-analisi di studi randomizzati controllati;Ib Prove di efficacia ottenute da almeno uno studio randomizzato controllato;IIa Prove di efficacia ottenute da almeno uno studio ben disegnato controllato non

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randomizzato;IIb Prove di efficacia ottenute da almeno uno studio ben disegnato;III Prove di efficacia ottenute da almeno uno studio ben disegnato non sperimentale

descrittivo come studi comparativi, di correlazione e studio di casi;IV Prove di efficacia ottenute da un comitato di esperti o opinioni di autorità

scientifiche rispettate.

Livelli di raccomandazione

Grado A Corrisponde ai livelli di evidenza Ia, IbGrado B Corrisponde ai livelli di evidenza IIa, IIb, IIIGrado C Corrisponde ai livelli di evidenza IV

Valutazione da parte di revisori esterni

Nella fase finale le linee guida sono state sottoposte a revisione esterna da parte diesperti nazionali individuati dal gruppo multidisciplinare.I revisori hanno proposto delle modifiche che sono state in parte implementate.

Aggiornamento Linee Guida

E’ previsto l’aggiornamento a due anni.

Implementazione

Pur non esistendo una specifica strategia di implementazione, le Linee Guidacostituiscono la base per una serie di operazioni.In primo luogo costituiscono il riferimento per ridefinire i percorsi assistenziali eriabilitativi della persona colpita da ictus. A questo proposito sono stati costituitidue gruppi: uno per la definizione dei percorsi attuali ed un altro per la definizionedel percorso ideale come sintesi tra le condizioni locali di funzionamento della reteriabilitativa e quelle suggerite dalle prove di efficacia.E’ in corso di realizzazione uno specifico aggiornamento dei Medici di MedicinaGenerale sulla riabilitazione della persona con ictus, nel quale vengono presentateanche queste Linee Guida.Le Linee Guida per la riabilitazione della persona con ictus cerebrale vedranno unadiffusione capillare tra tutti i professionisti che intervengono su questo problema.

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Premessa generale

L’estrema variabilità nel grado di disabilità, di handicap e di qualità della vita chesi può verificare dopo un ictus, rende necessario definire per ogni singolo pazienteuno specifico progetto riabilitativo e organizzare i servizi delle aziende USL in mododa offrire risposte diversificate ai bisogni dei pazienti. Tali bisogni sono a loro voltadeterminati non solo dalle condizioni cliniche, ma anche dal contesto familiare,da quello sociale, nonché dalle capacità e aspettative del paziente prima dellamalattia.

Un rapporto dell'OMS del 1989 suddivideva i pazienti rispetto alla prognosiriabilitativa in 3 gruppi:

1. Pazienti che recuperano anche senza intervento riabilitativo2. Pazienti che possono migliorare solo grazie ad un intervento riabilitativo3. Pazienti con ridotte possibilità di miglioramento a prescindere da qualsiasi tipo di intervento riabilitativo.

In questa linea guida vengono quindi descritti gli elementi fondamentali di unpercorso riabilitativo, ovvero tutti gli elementi che in base alla letteratura scientificarisultano supportati da prove di efficacia. Deve però essere ricordato che le evidenzepiù forti si ritrovano proprio quando si affronta il tema della stroke unit, in ragionedel fatto che tale organizzazione è stata più a lungo sperimentata nei paesianglosassoni.In questa linea guida si è però cercato di porre particolare attenzione agli snodi,ovvero alle fasi di passaggio da una struttura all'altra, proprio perché è in questefasi che il paziente risente maggiormente di carenze o disfunzioni organizzative.Va infine ricordato che,come sottolineato dall’OMS, non tutti i pazienti necessitanodi un intervento riabilitativo che si sviluppi lungo tutto l’arco dei servizi erogabili,ma una rete ben funzionante deve essere in grado di modulare la propria rispostain base alle specifiche esigenze del singolo malato.

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1. EPIDEMIOLOGIA E STORIA NATURALEDELL’ICTUS

1.1 Incidenza e prevalenza

Si intende per ictus un deficit neurologico focale o generalizzato (coma), i cuisintomi e segni persistono per almeno 24 ore.E’ una malattia a elevato tasso di incidenza e mortalità, che coinvolge un grannumero di persone, particolarmente anziani. I sopravvissuti spesso presentanosignificative limitazioni fisiche, cognitive e psicologiche.Il progressivo invecchiamento della popolazione comporta un aumento di incidenzadegli eventi, anche se gli interventi farmacologici della fase acuta e il trattamentoprecoce delle complicanze potrebbero determinare un aumento di sopravvissutie quindi un maggior numero di soggetti con nuovo handicap.Uno studio prospettico su popolazione, definito “ideale”, condotto in Umbria(SEPIVAC 1986-1989) mostra che l’incidenza dell’ictus cerebrale ha un tasso grezzodi 254 per 100000 residenti per anno (Ricci, Celani et al. 1991).Standardizzando il dato alla popolazione italiana si ha un incidenza di 181 nuovicasi per 100000/anno (circa 120.000 casi di nuovo ictus) come nel caso di altri studi“ideali” analoghi (Sudlow and Warlow 1997) - Tab. 1.

1.2 Prognosi

Circa il 10% dei pazienti con ictus ischemico muore entro 30 giorni; la mortalità èmolto più alta se si considerano anche gli ictus emorragici (intraparenchimali e leemorragie subaracnoidee), arrivando al 20% circa; ad un anno raggiunge il 30%(Ricci, Celani et al. 1991).

La principale causa di morte nella prima settimana è direttamente conseguente aldanno cerebrale; seguono poi le cause di morte secondarie all’immobilizzazione.Tra queste sono più frequenti le polmoniti e le embolie polmonari.

136/100.000/annoIctus ischemico

Incidenza/anno/per la popolazione italiana

24/100.000/annoIctus emorragico

6-8/100.000/annoEmorragia subaracnoidea

Epidemiologia e storia naturale dell’Ictus

Tab.1

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Anche piaghe da decubito, infezioni e malnutrizione possono essere cause di mortese non prevenute e trattate in modo adeguato.Le complicanze relative alla fase acuta possono coinvolgere fino al 60% dei pazientiospedalizzati e nei 2/3 dei casi possono essere multiple.Per quanto riguarda l’handicap residuo dopo un mese dall’evento il 55% dei pazientiha perso lo stile di vita precedente ed è dipendente da altri negli atti della vitaquotidiana.Tale percentuale può diventare molto più alta (fino al 95%) nel caso degli ictusischemici gravi, mentre è considerevolmente più bassa (fino al 45,5%) nelle sindromilacunari e nelle sindromi del circolo posteriore.

1.3 Storia naturale del recupero

Il paziente affetto da ictus presenta un recupero spontaneo che può essere facilitatoda un intervento riabilitativo.La storia naturale della malattia prevede che la maggior parte del recupero sensitivo-motorio e cognitivo avvenga nei primi 3 mesi (Wade and Hewer 1987), (Andrews,Brocklehurst et al. 1981), (Duncan, Goldstein et al. 1992); (Kotila, Waltimo et al.1984), (Skilbeck, Wade et al. 1983), (Nakayama, Jorgensen et al. 1994). Le capacitàfunzionali migliorano ulteriormente, sia pure con minore intensità e rapidità neisuccessivi tre mesi, per poi stabilizzarsi entro l’arco dell’anno (Ferrucci, Bandinelliet al. 1993). Il recupero della disabilità sembra avvenire nel 50% dei pazienti affettida afasia entro il primo mese, ma prosegue oltre i primi sei (Wade and Hewer 1987).La maggior parte del recupero della menomazione è raggiunto in media in 11settimane, mentre il miglior recupero dell'auto-accudimento e della capacità dimovimento si ottiene in 12,5 settimane (Jorgensen, Nakayama et al. 1995)-Tab. 2.

Epidemiologia e storia naturale dell’Ictus

8,5Lieve

Settimane di recupero

13Intermedio

17Grave

6

11

ADLCammino

Molto grave 20

Tab. 2

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1.4 Fattori predittivi del recupero

La possibilità di prevedere i tempi di recupero è fondamentale per il progettoriabilitativo e per il corretto percorso terapeutico. La difficoltà di individuare ifattori che agiscono in modo indipendente sul recupero ne ha reso difficile la sicuradefinizione.

Età

L’età avanzata è un fattore prognostico negativo anche se non è chiaro se questoagisca in ragione dell’aumento delle comorbilità (Kotila, Waltimo et al. 1984),(Waltimo, Kaste et al. 1976), (Kalra 1994), (Paolucci, Antonucci et al. 1998), (Wade,Langton-Hewer et al. 1984), (Wade, Skilbeck et al. 1983), (Kwakkel, Wagenaar et al.1996), (Alexander 1994), (Granger, Hamilton et al. 1992), (Macciocchi, Diamond etal. 1998).

Sesso

I soggetti di sesso femminili vengono ricoverati in residenze protette con unafrequenza doppia rispetto ai soggetti di sesso maschile (Kelly-Hayes, Wolf et al.1988); i maschi sposati hanno una probabilità più bassa di essere istituzionalizzati.In generale le donne hanno un recupero della menomazione e della disabilità piùlimitato rispetto all’uomo a causa di una più grave menomazione (Wyller, Sodringet al. 1997). Le variabilità di questo obiettivo di prognosi sono condizionate daipaesi in cui sono stati fatti i singoli studi; l’istituzionalizzazione infatti può esserecondizionata da cultura e tradizione locali.

Sede e tipo di lesione

Le lesioni lacunari hanno una prognosi migliore rispetto a lesioni più estese (Clavier,Hommel et al. 1994; Samuelsson, Soderfeldt et al. 1996, Adams 1999). Le lesionidei nuclei della base e della capsula interna producono una flaccidità prolungatae sono correlate con una prognosi negativa (Miyai, Blau et al. 1997; Miyai, Suzukiet al. 2000). Le lesioni corticali sono correlate con una peggior disabilità seconfrontate con le lesioni sottocorticali. Le lesioni corticali, inoltre, correlano conil peggior recupero in base alle dimensioni dell’area cerebrale colpita (Beloosesky,Streifler et al. 1995).

Gravità del danno sensitivo-motorio

La gravità della menomazione influenza negativamente il recupero (Macciocchi,Diamond et al. 1998). Tra i pazienti con ictus grave hanno più probabilità di recuperoquelli più giovani, con una moglie e la precocità del recupero (Jorgensen, Reith etal. 1999). Uno scarso controllo del tronco misurato con il Trunk Control Testall’ingresso in riabilitazione è predittivo di scarso recupero motorio(Franchignoni, Tesio et al. 1997).

Epidemiologia e storia naturale dell’Ictus

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I deficit sensitivi, in particolare quello propriocettivo, sono correlati con una minorpossibilità di recupero (Feigenson, McDowell et al. 1977) e in particolare delrecupero della deambulazione (Moskowitz, Lightbody et al. 1972).Anche i deficit campimetrici diminuiscono le possibilità di recupero (Wade, Skilbecket al. 1983) (Feigenson, McDowell et al. 1977) (Sanchez-Blanco, 1999), soprattuttose i pazienti sono anziani (Kalra, Smith et al. 1993). I deficit di campo visivo sonoassociati a una minor sopravvivenza e condizionano il successo del ritorno all’attivitàsociale e lavorativa (Kerkhoff 2000).

Deficit cognitivi e livello di coscienza

La diminuzione del livello di coscienza in fase acuta è un altro indice predittivonegativo (Kwakkel, Wagenaar et al. 1996), (Kwak, Kadoya et al. 1983), (Stegmayr,Asplund et al. 1999), (Bushnell, 1999).Anche il deficit cognitivo in generale influenza negativamente il recupero (Paolucci,Antonucci et al. 1996).L’afasia iniziale non è correlata con il recupero motorio ma la gravità dell’afasia èpredittiva di un peggior recupero dell’afasia stessa (Pedersen, Jorgensen et al.1995), (Pedersen, Jorgensen et al. 1997).Il neglect si associa ad un minor recupero funzionale anche se non è dimostratoquanto sia importante il suo ruolo in assenza di altri fattori (Kalra, Perez et al. 1997),(Paolucci, Antonucci et al. 1998), (Pedersen, Jorgensen et al. 1997). Può favorireripetuti incidenti (Diller and Weinberg 1970) e correla con un maggior deficit nelleattività della vita quotidiana (Walker and Lincoln 1991).In termini di handicap (valutato con la Oxford Handicap Scale) non è statadimostrata differenza tra ictus emisferici destri e sinistri pur essendoci maggioreincidenza di deficit sensitivo motori, di neglect e deficit di campo visivo per gliictus emisferici destri (Sterzi, Bottini et al. 1993).

Incontinenza sfinterica

L’incontinenza sfinterica si correla negativamente con il recupero della disabilitàe dell’handicap (Di Carlo, Lamassa et al. 1999), (Roth, Lovell et al. 2002).

Depressione e motivazione

La motivazione è un elemento importante nel processo di recupero. Quando èmediocre, aumenta la dipendenza a lungo termine nelle attività della vita quotidiana(Zippel 1984), (Grimby, Andren et al. 1998). La depressione correla negativamentecon le possibilità di recupero (Kotila, Waltimo et al. 1984), (Angeleri, Angeleri etal. 1993), (Singh, Black et al. 2000), (Paolucci, Antonucci et al. 1998), (Herrmann,Black et al. 1998) ed influenza negativamente il processo riabilitativo (Sinyor, Amatoet al. 1986).

Epidemiologia e storia naturale dell’Ictus

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2. LA VALUTAZIONE

2.1 Premessa

Lo stato di salute è una condizione relativa, dipendente anche dalle condizionisoggettive e socioculturali della persona stessa.

In accordo con le nuove definizioni ICF (International Classification of Functioning,Activities and Participation) la condizione di salute è caratterizzata da 3 dimensioni:

1.La dimensione del corpo articolata in 2 aspetti:- Le funzioni del corpo: fisiologiche e psicologiche- Le strutture del corpo: le parti anatomiche.

2.La dimensione delle attività cioè la capacità di svolgere un compito3.La dimensione della partecipazione cioè il coinvolgimento nella vita quotidiana

La classificazione ICF costituisce un linguaggio nuovo che identifica uno schemamoderno di concepire lo stato di salute, esplorando la persona disabile su unmodello multidimesionale. Tale classificazione non rappresenta nemmeno unanuova forma di valutazione anche se in essa sono contenuti aspetti di quantificazione.

Condizione di salute(Malattia)

Funzioni del Corpo(Menomazione)

Attività(Limitazione Attività)

Partecipazione(Restrizione partecip.)

FattoriPersonali

FattoriAmbientali

Un evento patologico produce una serie di alterazioni che determinano modifichedella condizione di salute:

1.La menomazione rappresenta la conseguenza funzionale del danno;

2.La disabilità è un termine comprensivo della limitazione funzionale con lalimitazione dell’attività e la restrizione della partecipazione;

3.L’handicap è un termine che è superato dal concetto di limitazione dellapartecipazione in relazione ai fattori ambientali.

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La valutazione

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2.2 Obiettivi della valutazione

Costituiscono obiettivi generali della valutazione:

- documentare la diagnosi di ictus, l’eziologia, l’area cerebrale coinvolta, le manifestazioni cliniche, le comorbilità, lo stato clinico e funzionale prima dell’evento;- stabilire i trattamenti necessari durante le fasi della malattia acuta;- stabilire quanto il paziente possa beneficiare della riabilitazione;- definire il progetto riabilitativo più appropriato;- monitorare i progressi durante la riabilitazione e facilitare la dimissione;- monitorare i progressi dopo il ritorno alla vita sociale.

Perché tali obiettivi siano concretamente raggiunti è necessario che :

1. la valutazione avvenga in modo standardizzato per facilitare la riproducibilità sia per lo stesso operatore in tempi diversi sia tra diversi operatori;2. la valutazione venga documentata nella cartella clinica;3. le tre dimensioni vengano sottoposte a valutazione più volte lungo il percorso riabilitativo e almeno ogniqualvolta il paziente passa da un ambiente di cura all’altro.

2.3 Valutazione della menomazione

I principali punti da valutare sono:

1. Stato di coscienza2. Deficit motori� forza muscolare� anormalità del tono muscolare e sinergie patologiche3. Deficit somatosensoriali4. Deficit delle funzioni cognitive� Attenzione� Memoria� Aprassia

La valutazione

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La valutazione in riabilitazione deve quindi esplorare tutte e tre le dimensionitenendo conto di tutti gli aspetti sottoelencati:

1. la limitazione funzionale;2. la restrizione della partecipazione e la limitazione delle attività;3. I fattori ambientali facilitanti e limitanti che influenzano le attività e la partecipazione;4. I fattori personali che intervengono.

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� Neglect� Afasia� Agnosia� Funzioni esecutive5. Deficit della coordinazione e dell’equilibrio (compreso il cammino)6. Disartria7. Deficit della visione (acuità visiva, campo visivo e visione binoculare)8. Disturbi comportamentali e dell’umore9 Aspetti funzionali:� Nutrizione� Idratazione� Deglutizione� Continenza degli sfinteri� Ritmo sonno - veglia

2.4 Valutazione della disabilità

La valutazione della disabilità consiste nella quantificazione della capacità disvolgere le attività quotidiane nell’ambiente di vita della persona disabile. Talevalutazione può essere fatta in senso assoluto esaminando la performance nellosvolgere le singole azioni (lavarsi, mangiare, camminare, vestirsi, avere cura di séetc.) oppure in senso relativo dando importanza ad attitudini personali e sociali,ad esempio la disabilità reale derivante dal disturbo di comunicazione è diversatra chi esercita lavori manuali (muratore, artigiano, etc) e chi esercita lavori cheprevedono abilità comunicative (avvocato, venditore ambulante, insegnante etc),oppure la difficoltà di preparare bevande calde è un problema per un inglese, lo èmolto meno per un italiano. In questo caso il concetto di disabilità è assimilabile,per certi aspetti al concetto di handicap.Per la quantificazione della disabilità le scale più usate sono: l’indice di Barthel ela FIM (Functional Indipendance Measure) mentre la scala più conosciuta perquantificare l’handicap è un scala mista di disabilità/handicap (Oxford HandicapScale).

2.5 Valutazione della qualità della vita

La valutazione della qualità della vita correlata all’ictus è ancora materia didiscussione, in quanto misura di prognosi solo recentemente studiata (Mackenzieand Chang 2002), (Secrest and Thomas 1999), (de Haan, Aaronson et al. 1993). Lescale più comunemente usate sono l’EuroQol e l’SF-36 (Hobart, Williams et al.2002), (Dorman, Slattery et al. 1998). L’EuroQol valuta 6 condizioni (mobilità, curadi sé, attività usuali, dolore, aspetti psicologici, autoquantificazione della qualitàdella vita correlata alla salute). L’SF-36 valuta 8 condizioni (la funzione fisica inassoluto e legata al ruolo, la funzione sociale, il dolore, la salute mentale, la funzionepsicologica relativa al ruolo, la vitalità e la salute generale).

La valutazione

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3. L’INTERVENTO RIABILITATIVO

La riabilitazione, accanto agli interventi farmacologici della fase acuta, si puòritenere la principale forma di intervento per i pazienti che hanno subito un ictus.E’ finalizzata ad ottenere il recupero della menomazione, l’ottimizzazione delleabilità residue e il miglioramento della partecipazione. L’obiettivo è quello dimigliorare la qualità della vita attraverso il recupero del miglior livello fisico, cognitivo,psicologico, funzionale e delle relazioni sociali nell’ambito dei bisogni e delleaspirazioni dell’individuo e della sua famiglia (RCPE 2000).

Si sviluppa attraverso 5 linee di intervento (Sacco, Benjamin et al. 1997):

1. prevenzione, individuazione e trattamento delle malattie associate e delle complicazioni legate alla fase acuta;2. sostegno al paziente ed a quanti si occupano di lui, finalizzato a sopportare il peso psicologico della malattia e a facilitare l’adattamento;3. prevenzione della disabilità secondaria, promuovendo la reintegrazione nella famiglia, come nucleo essenziale della comunità in cui il soggetto viveva, ma anche se possibile, nelle attività lavorative e ricreative;4. miglioramento della qualità della vita ottimizzando la gestione della disabilità residua5. prevenzione delle recidive e delle altre patologie vascolari associate.

La riabilitazione dell’ictus è quindi un processo attivo che inizia fin dall’eventoacuto e che procede, per coloro che presentano un danno residuo, attraverso unospecifico progetto.

E’ possibile suddividere tale processo in 3 stadi che si succedonocronologicamente:

1. Il primo stadio ha inizio al momento dell’insorgenza dell’ictus e dura per tutta la fase acuta;2. II secondo prende avvio in funzione delle disabilità che residuano, non appena superata la fase acuta di malattia; può comportare l’intervento sia delle strutture ospedaliere sia di quelle extraospedaliere di riabilitazione;3. Il terzo stadio richiede interventi sanitari meno sistematici (in quanto rivolti ad una condizione di disabilità stabilizzata) e finalizzati al mantenimento del livello di autonomia raggiunto dal soggetto e alla prevenzione delle possibili ulteriori involuzioni.

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L’intervento riabilitativo

3.1 Il ruolo del gruppo multidisciplinare

La riabilitazione del paziente con ictus è un processo multidisciplinare in cui uninsieme di professionalità diverse contribuisce alla gestione globale del paziente,

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Il gruppo multidisciplinare si compone prevalentemente di medici, infermieri,fisioterapisti, terapisti occupazionali, terapisti delle funzioni cognitive e del linguaggio.Tuttavia, laddove le risorse lo consentano, sono di estrema importanza per il gruppopsicologi, dietisti e assistenti sociali.

Le singole figure professionali che compongono il gruppo assumono importanzaall’interno dello stesso in base alla definizione del ruolo e delle funzioni di ciascuno.Ruolo e funzioni si modificano a seconda della fase del percorso nella quale si vienea trovare il paziente.Ciò avviene per esempio anche per il neurologo con competenza nell’ictus e il medicoesperto di riabilitazione: il ruolo di questi due professionisti cambia infatti a secondadelle fasi. Il neurologo è responsabile della gestione del paziente in fase acuta, masi avvale delle competenze del medico esperto in riabilitazione, che è responsabiledel progetto riabilitativo.Viceversa nella fase riabilitativa vera e propria il neurologo fornisce il proprio supporto,rispetto agli aspetti clinici specifici, al medico competente in riabilitazione, che èresponsabile della gestione del malato.

Spetta al gruppo multidisciplinare la presa in carico del paziente, che avvieneattraverso la valutazione, la gestione e la definizione di una dimissione programmata.

3.2 La valutazione

Fin dalla fase acuta, il gruppo multidisciplinare ha come primo obiettivo la valutazionedi ogni paziente con ictus che si ricovera allo scopo di inquadrare le condizioni clinichee definire il progetto riabilitativo. La valutazione deve essere il più precoce possibile.Per tale ragione può essere effettuata anche singolarmente dalle diverse figureprofessionali che compongono il gruppo per poi essere ricomposta in occasione delladefinizione del progetto riabilitativo individuale (Wade 1998). E’ fondamentale cheil gruppo di operatori responsabile del progetto riabilitativo discuta e valuti con periodicitàstabilita all’interno di riunioni strutturate gli obiettivi da raggiungere e i progressi ottenuti.La cadenza dipende dalla durata prevista della degenza del paziente.

L’intervento riabilitativo

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ponendolo al centro del proprio lavoro quotidiano.

Per tale ragione assume estrema importanza un’organizzazione dei servizi chepermetta il lavoro di gruppo, in ogni fase del percorso riabilitativo.

Per lavoro di gruppo si intende il modo di lavorare integrato di un insieme di figureprofessionali che operano all’interno di un’unità funzionale, ottenendo risultatisuperiori a quelli riconducibili alla semplice somma dei singoli interventi.

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Il monitoraggio quotidiano della menomazione e della disabilità va effettuata inriferimento ad una scheda strutturata che costituisce la base per aggiornare ilprogramma (Stuck, Siu et al. 1993).

Raccomandazione: la valutazione è un processo multidisciplinare aggiornatoperiodicamente (Grado A).

3.3 Il progetto riabilitativo

Si definisce progetto riabilitativo individuale 1'insieme di proposizioni, elaborateda un gruppo riabilitativo multidisciplinare, coordinato da un medico specialistacompetente in riabilitazione, che tenendo conto dei bisogni, delle menomazionie delle disabilità recuperabili, delle abilità residue, nonché delle preferenze delpaziente e dei suoi familiari, definisce nelle linee generali gli obiettivi, i tempi e leazioni necessarie per il raggiungimento degli esiti desiderati.

L’intervento riabilitativo

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Per ogni paziente con ictus deve essere elaborato un progetto riabilitativo, chepreveda obiettivi multipli, tutti finalizzati al raggiungimento dell’autonomia e quindial miglioramento della qualità della vita .

3.4 La definizione degli obiettivi

Uno degli elementi che determina l’efficacia dell’intervento riabilitativo è ladefinizione di obiettivi cioè l’identificazione, da parte del gruppo multidisciplinare,di specifici obiettivi da raggiungere in un dato periodo di tempo con l’accordo delpaziente e della famiglia (Stolee, Rockwood et al. 1992; Rockwood, Joyce et al. 1997).

Gli obiettivi debbono essere comprensibili, raggiungibili e possono essere suddivisiin obiettivi a breve, medio e lungo termine. Ciascun membro del gruppo dovrebbecondividere la terminologia, gli strumenti per la registrazione delle diverse fasi delprocesso e quelli per la valutazione del raggiungimento degli obiettivi.I progressi e le difficoltà incontrate debbono essere adeguatamente documentate.

Il progetto riabilitativo individuale deve essere modificato ogni qualvolta si verifichiun cambiamento sostanziale degli elementi in base a cui è stato elaborato (bisogni,preferenze, menomazioni, abilità-disabilità residue, limiti ambientali e di risorse,aspettative, priorità) anche in relazione ai tempi, alle azioni e/o alle condizioniprecedentemente definite.

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3.5 Il programma riabilitativo

All'interno del progetto riabilitativo, il programma definisce le aree di interventospecifiche, gli obiettivi a breve termine, i tempi e le modalità di erogazione degliinterventi, la verifica e gli operatori coinvolti.

In particolare definisce:� gli interventi specifici durante il periodo di presa in carico, compresi gli obiettivi immediati e quelli a breve termine e ne prevede l’aggiornamento nel tempo;� le modalità e i tempi di erogazione delle singole prestazioni previste negli stessi interventi;� le misure di esito e i tempi di verifica più appropriati per valutare gli interventi;� i singoli operatori coinvolti negli interventi e il relativo impegno.Il programma riabilitativo deve essere puntualmente verificato e periodicamenteaggiornato durante il periodo di presa in carico.

L’intervento riabilitativo

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Il progetto riabilitativo

� indica il medico specialista responsabile del progetto stesso;

� tiene conto in maniera globale dei bisogni, delle preferenze del paziente (e/o deisuoi familiari, quando è necessario), delle sue menomazioni, disabilità e, soprattutto,delle abilità residue e recuperabili, oltre che dei fattori ambientali, contestuali epersonali;

� definisce gli esiti desiderati, le aspettative e le priorità de1 paziente, dei suoifamiliari, quando è necessario, e dell'équipe curante;

� deve dimostrare la consapevolezza e comprensione, da parte dell'intera équiperiabilitativa, dell'insieme delle problematiche dei paziente, compresi gli aspetti chenon sono oggetto di interventi specifici, e di regola può non. prevedere unaquantificazione degli aspetti di cui sopra, ma ne dà una descrizione, in, terminiqualitativi e generali;

� definisce il ruolo dell'équipe riabilitativa, composta da personale adeguatamenteformato, rispetto alle azioni da intraprendere per il raggiungimento degli esitidesiderati;

� definisce, nelle linee generali, gli obiettivi a breve, medio e lungo termine, i tempiprevisti, le azioni e le condizioni necessarie al raggiungimento degli esiti desiderati;

� è comunicato in modo comprensibile ed appropriato al paziente. e ai suoi familiari;

� è comunicato a tutti gli operatori coinvolti nel progetto stesso;costituisce il riferimento per ogni intervento svolto dall'équipe riabilitativa.

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la gestione del paziente con ictus

4. LA GESTIONE DEL PAZIENTE CON ICTUS

Gli obiettivi prioritari del gruppo multidisciplinare nella gestione del paziente infase acuta sono:

� porre una accurata diagnosi eziopatogenetica;� gestire il paziente in maniera globale;� individuare la terapia acuta più adeguata e prevenire recidive;� gestire in modo adeguato le comorbidità;� prevenire e gestire le complicanze;� definire prima possibile il progetto riabilitativo. (RCPE 2000)

La gestione da parte del gruppo multidisciplinare è concretamente realizzabile inquesta fase attraverso il ruolo prevalente dell’infermiere che rappresenta il collettoreesecutivo degli interventi delle diverse professionalità.Diventa molto importante che all’interno del gruppo si mantenga un’attivacomunicazione che consenta la condivisione della conoscenza dei problemi daparte delle diverse figure professionali, l’armonizzazione del lavoro e l’aggiornamentocontinuo del programma.All’interno del gruppo multidisciplinare la sostituzione di una qualunque figuraprofessionale va preceduta da un adeguato addestramento alla nuova metodologiadi lavoro (The Intercollegiate Working Party for Stroke 2000).

La gestione in fase acuta si articola in 4 fasi:

1) Il monitoraggio delle funzioni vitali;2) La presa in carico dei bisogni essenziali del paziente;3) La prevenzione e gestione delle complicanze;4) L’informazione e l’educazione del paziente e della famiglia.

4.1.1 Il monitoraggio delle funzioni vitali

L’infermiere con specifiche competenze nell’ictus valuta:� la pressione arteriosa,� i parametri clinici cardiaci e polmonari,� la temperatura corporea,� i livelli di glicemia,� la stabilità del quadro neurologico.

Questi parametri sono i più importanti e vanno monitorizzati con regolarità neiprimi giorni di malattia (Indredavik, Bakke et al. 1999), (SPREAD 2000).

4.1 Il programma di gestione clinica in fase acuta

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Raccomandazione:la maggior parte di queste osservazioni deve essere ripetuta da 4 a 6 volte al giornonelle prime 48/72 ore (Grado A).

4.2 La presa in carico dei bisogni essenziali

Ad ogni paziente con ictus va garantita un’adeguata risposta a bisogni essenzialiquali muoversi, comunicare con gli altri, nutrirsi, mantenere in maniera adeguatale funzioni sfinteriche.La mancata risposta ad uno o più di questi bisogni può seriamente comprometterela sopravvivenza od un adeguato recupero della disabilità del paziente.

4.2.1 La nutrizione e l’idratazione

Dal 27% al 45% dei pazienti che giungono in ospedale per un qualunque eventoacuto presentano uno stato di malnutrizione (McWhirter and Pennington 1994).Questo può manifestarsi per la prima volta o peggiorare nel corso della degenzaospedaliera; in particolare per i pazienti con ictus acuto, la percentuale di malnutritipuò passare dal 16% dell’ingresso al 35% al termine della seconda settimana (Davalos,Ricart et al. 1996).La malnutrizione è associata ad una prognosi peggiore e ad una minor probabilitàdi recupero perché può deprimere il sistema immunitario con conseguente aumentodel rischio di setticemia, favorire l’insorgenza di piaghe da decubito e diminuire lafunzionalità muscolare. Alcuni parametri devono essere tenuti sotto controllo: la diminuzione del peso, lemisure antropometriche, i valori di albumina e prealbumina (Potter, Langhorne etal. 1998).Poiché è ipotizzabile che un apporto nutritivo superiore alla norma riduca lamortalità e migliori la prognosi, allo stato attuale il comportamento più etico,laddove esiste incertezza clinica, è l’inclusione nello studio clinico randomizzatoFOOD (Feeding Or Ordinary Diet).

Raccomandazioni:a) si deve valutare la stato nutritivo di tutti i pazienti con un metodo riproducibileall’ingresso nella stroke unit (Grado C).b) occorre personalizzare il regime dietetico in base agli aspetti clinici e alle preferenzedel paziente (Grado C).c) gli infermieri devono registrare quotidianamente, su adeguate schede, le preferenzealimentari del malato e la reale assunzione giornaliera di cibo e di liquidi, calcolandol’esatto bilancio calorico e idrico (Grado C).

la gestione del paziente con ictus

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la gestione del paziente con ictus

4.2.2 La disfagia

La difficoltà ad assumere il cibo ed i liquidi necessari, definita disfagia, è unasintomatologia neurologica presente in circa il 45% dei pazienti con ictus acuto,persiste in media una settimana, a 14 giorni è presente nel 14% dei casi e a 30 nel3%. Nel 40% dei pazienti si verifica aspirazione in modo silente (Corner, riski 1988;Palmer e Dechase 1991).Non è chiaro il rapporto tra aspirazione e infezioni polmonari (Smithard, O'Neillet al. 1996). La disfagia è determinata dalla difficoltà a far progredire il bolo dallabocca allo stomaco per la compromissione di una o più delle 3 fasi (orale, faringeao esofagea).La capacità di deglutire va valutata il più presto possibile al momento del ricoveroospedaliero, sia per evitare episodi di aspirazione di cibo, con conseguente patologiaab ingestis, in pazienti con disfagia, sia per evitare restrizioni nell’assunzione dicibo e di liquidi (Gordon, Hewer et al. 1987).

La prova della deglutizione più semplice e riproducibile è il test di deglutizionedell’acqua. Al paziente, seduto con il capo semichino, vengono fatti deglutire 5 mldi acqua (un cucchiaino): l’esaminatore valuta la presenza di tosse, voce umida,perdita di acqua dalla bocca o gorgoglii.La prova deve essere ripetuta per tre volte.

Nel caso di pazienti con disfagia l’apporto nutritivo può essere garantito attraverso:� nutrizione parenterale limitatamente ai primi giorni e comunque da superare prima possibile;� nutrizione enterale (PEG o sondino nasogastrico).

Poiché non ci sono prove di efficacia per preferire un tipo di via nutritiva enteralerispetto all’altro, né di quando debba iniziare la nutrizione enterale stessa (Bath,Bath et al. 2000) è indicato prendere in considerazione la possibilità di inserire ilpaziente in studi randomizzati in corso (Davenport and Dennis 2000).

E’ necessario pianificare un accurato programma riabilitativo con terapie noninvasive che possono essere suddivise in 3 categorie.

Tecniche Compensatorie

Tendono ad eliminare il sintomo disfagia ma non a intervenire sul recupero.Viene effettuata:a) ricerca della posizione del capo e del corpo per poter controllare il passaggio del cibo e dei liquidi;b) modifica della consistenza e del volume del cibo;c) modifica della frequenza a cui viene normalmente somministrato il cibo;d) stimolazioni termiche con cibo o speciali apparecchiature.

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la gestione del paziente con ictusla gestione del paziente con ictus

Terapia indiretta

Vengono effettuati esercizi per migliorare il controllo neuromuscolare sia dellamasticazione che della deglutizione. Questo è particolarmente importante in pazientiche non hanno il controllo della lingua, che presentano:a) lateralizzazione della lingua durante la masticazione;b) elevazione della lingua verso il palato duro;c) inarcamento della lingua sotto il bolo;d)elevazione della lingua contro il palato per trattenere il bolo;e) mobilizzazione volontaria della lingua in senso antero-posteriore;f) coordinazione dei movimenti in senso antero-posteriore.

Gli esercizi comprendono (Logemann 1991):a) esercizi di mobilizzazione e contro-resistenza della lingua e della mandibola;b) coordinazione della lingua e esercizi di masticazione utilizzando materiale con cui il paziente può esercitare i movimenti;c) esercizi di adduzione laringea;d) esercizi di controllo del bolo: il paziente mastica il cibo e i liquidi senza deglutirli.

Terapia diretta

Consiste in tecniche di deglutizione che tendono a modificare la fisiologia delladeglutizione:a) manovra di Mendelson: i pazienti sono addestrati a sentire la loro laringe elevata durante la deglutizione e a prolungare il più possibile il periodo di massima elevazione;b) deglutizione sopraglottica: i pazienti volontariamente trattengono il loro respiro prima e durante la deglutizione, chiedendo in questo modo l’accesso laringeo. Successivamente alla deglutizione il pazienti esegue dei colpi di tosse per liberare la faringe dai residui di cibo.

Raccomandazioni:a) sia gli operatori sanitari che vengono in contatto con il paziente che chi se neprende cura debbono essere messi precocemente a conoscenza della possibile presenzadi disfagia come frequente complicanza dell’ ictus e della sua potenziale gravità(Grado C).b) tutti i pazienti con ictus dovrebbero essere sottoposti alla prova della deglutizioneprima di ricevere cibo solido o liquido (Grado B)c) deve essere effettuata una valutazione della capacità di deglutizione mediante untest semplice e ripetibile da parte di personale specializzato del gruppomultidisciplinare (Grado C)d) per ogni paziente con difficoltà nella deglutizione va valutata, con la collaborazionedella dietista, la consistenza della dieta e dei fluidi che può assumere senza rischiocondividendo le informazioni con i familiari (Grado C).e) è necessario stabilire la postura migliore per una deglutizione valida e non pericolosa(Grado C).f) se non è possibile nutrire il paziente per os è necessario considerare l’opportunitàdella nutrizione enterale e individuare la migliore via di somministrazione (FOODTrial Martin Dennis Edinburg) (Grado C).

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la gestione del paziente con ictus

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4.2.3 La funzionalità vescicale

Problemi abbastanza comuni dopo un ictus sono l’incontinenza e la ritenzioneurinaria che tuttavia, generalmente, si risolvono spontaneamente nella maggiorparte dei pazienti.

� L’incontinenza si manifesta in una proporzione variabile da 1 a 2 terzi dei pazienti ricoverati per ictus ma nel 20% di questi era già presente prima dell’evento (Borrie, Campbell et al. 1986).� La ritenzione urinaria, che è particolarmente frequente negli uomini, può essere misconosciuta.

E’ importante stabilire le condizioni del paziente rispetto alla funzione vescicaleprima dell’evento, attraverso un’accurata anamnesi.Possibili cause sono i deficit neurologici che portano a ipertono vescicale, l’ipotonocon incontinenza da rigurgito (iscuria paradossa), i deficit cognitivi o dicomunicazione che provocano l’incapacità di riconoscere lo stimolo o chiamare intempo utile, un’infezione urinaria.Una incontinenza persistente è un segno prognostico negativo per il recuperofunzionale a lungo termine (Gross 2000), (Sanchez-Blanco, Ochoa-Sangrador et al.1999), (Loewen and Anderson 1990).

Se la causa dell’incontinenza non è chiara e persiste dopo le prime settimane sononecessarie ricerche più approfondite come un esame colturale e la valutazione delvolume urinario residuo post-minzionale (con una ecografia vescicale o con losvuotamento vescicale) che è utile nel valutare l’efficacia della contrattilità vescicale.Sia il mancato svuotamento della vescica che il catetere posizionato a permanenzarappresentano un elevato fattore di rischio infettivo per le vie urinarie.La cateterizzazione a permanenza potrebbe essere necessaria nei rari casi in cui cisono difficoltà di gestione o per la presenza di gravi lesioni cutanee, a causa dellequali possono risultare dolorosi o difficili i cambi frequenti di lenzuola o biancheriao nei pazienti nei quali l’incontinenza interferisce con il monitoraggio dei liquidie degli elettroliti.Quando è necessario applicare il cateterismo a permanenza i sistemi a circuitochiuso diminuiscono il rischio di infezione delle vie urinarie, tuttavia il rapportocosto (economico) e beneficio è ancora da quantificare (2000 ISSN 1329-1874).

Raccomandazioni in fase acuta:a) tutti gli infermieri che si occupano di pazienti con ictus debbono raccoglierel’anamnesi rispetto alla funzione vescicale mediante schemi riproducibili ed affidabili(Grado C).b) l’infermiere specializzato deve valutare in tutti i pazienti con ictus l’efficacia dellosvuotamento vescicale. Debbono essere conosciute le possibilità di gestione sia nelcaso di ritenzione che di incontinenza, con i relativi ausili (Grado C).

...segue

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c) il catetere deve essere utilizzato solo dopo una precisa indicazione clinica, comeparte di una gestione decisa all’interno della valutazione multidisciplinare utilizzandoun protocollo condiviso (es: il più piccolo, per le prime 48 ore etc) (Grado B).d) la ritenzione deve essere gestita con gli svuotamenti vescicali effettuati con nelatonsecondo un attento programma temporale (da 4 a 6 svuotamenti al giorno) in assenzadi controindicazioni (grave ipertrofia prostatica, infezioni delle vie urinarie) e conun accurato bilancio dei liquidi (Grado C).e) laddove sia necessario usare una cateterizzazione a permanenza è opportunoutilizzare un sistema di drenaggio sterile a circuito chiuso per ridurre la probabilitàdi infezione (Grado B).

L’uso di un catetere a permanenza, per un periodo di tempo che va oltre la faseacuta, aumenta il rischio di infezioni del tratto urinario e di stenosi uretrali.Si ritiene necessario un esame urinario ed una urinocoltura a cadenza settimanale.

Si trattano solo le infezioni sintomatiche, ad eccezione dei casi in cui si programmila rimozione del catetere e, poiché questa deve effettuarsi in condizioni di assolutasterilità, deve essere preceduta da trattamento antibiotico fino a negativizzazionedell’urinocoltura.La rimozione del catetere vescicale a permanenza deve avvenire prima possibile,senza effettuare il periodico clampaggio. Infatti, anche in condizioni croniche, lachiusura temporizzata del catetere vescicale non migliora la compliance e predisponeai rischi di infezioni delle vie urinarie favorendo il reflusso vescico-ureterale (Gross1990). Sono giustificate 3-4 chiusure non oltre le 12 ore per valutare se il pazienteè in grado di avvertire lo stimolo. Dopo la rimozione del catetere occorre verificareche il residuo post-minzionale non sia maggiore di 50cc. Rimosso il catetere dovrebbeessere effettuata la vera ginnastica vescicale, che è utile nei pazienti collaborantima può essere utile anche nei pazienti cognitivamente deficitari (Engel, Burgio etal. 1990), (Engel, Burgio et al. 1990); (Schnelle 1990). Tale programma consiste inminzioni programmate al bagno, dove il paziente deve essere accompagnato dalpersonale sanitario o dai parenti opportunamente addestrati. In caso di incontinenzamaschile si deve utilizzare il condom, quando tollerato, invece del pannolone.

Raccomandazioni in fase post-acuta:a) se persiste l’incontinenza si devono prendere in considerazione esami strumentaliutili per indagarne le cause (esame urodinamico e flussometria) (Grado C)b) i pazienti con incontinenza non debbono essere dimessi senza aver pianificatoprima la gestione familiare ed in particolare domiciliare (Grado C).c) si debbono prendere in considerazione eventuali problemi sessuali correlati alcatetere posizionato a permanenza. Pertanto è necessario considerare un adeguatosupporto psicologico (Grado C).

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4.2.4 La funzionalità intestinale

Il mantenimento della regolarità dell’alvo è un obiettivo riabilitativo. I due problemcritici sono l’incontinenza e la costipazione.L’incontinenza fecale si verifica nel 25% dei casi, generalmente nei pazienti conlivello di coscienza depresso, immobili o incapaci di comunicare, ma diventa moltorara dopo 2 settimane (Brocklehurst, Andrews et al. 1985).La costipazione è una condizione comune nella maggioranza dei pazienti e le causeprincipali sono rappresentate dall’immobilità, dallo scarso apporto di liquidi e ciboe dall’assunzione di analgesici (Warlow, Dennis et al. 1996).La prima modalità di intervento è la prevenzione e se questo non fosse sufficienteè necessario ricorrere al trattamento. Nei pazienti allettati è utile il trattamentoosmotico o lassativo stimolante (BestPractice Vol 4 Issue 1, 2000).

Raccomandazioni:a) e’ importante la registrazione della frequenza delle defecazioni per poter intervenirein maniera adeguatab) occorre educare il paziente rendendolo consapevole dei fattori che condizionanola costipazione (Grado C).c) curare la dieta (ricca di fibre) e l’adeguata assunzione di liquidi (Grado C)d) ricostituire le normali abitudini del paziente rispetto alla evacuazione: bagnoadeguato (mantenimento privacy, altezza water etc) (Grado C).e) se dopo 3 giorni il paziente non ha evacuato occorre intervenire iniziando conl’utilizzo di agenti osmotici (Grado C).f ) usare agenti osmotici o lassativi in particolare per i pazienti allettati (Grado A).g) comunque sia in caso di costipazione che di incontinenza va stabilito un programmadi riabilitazione della funzione intestinale (Grado C).

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La mobilizzazione e il posizionamento sono attività fondamentali fin dalla faseacuta (Indredavik, Bakke et al. 1999). Pur essendo quest’area di bisogno di competenzadel fisioterapista e del terapista occupazionale, tutto il gruppo dovrebbe conosceree condividere il programma e le tecniche. Questo è particolarmente importante perl’infermiere che è la figura che interagisce più a lungo con il paziente.La maggior parte dei pazienti presenta un deficit di mobilità, ragione per cui lamobilizzazione rappresenta l’elemento fondamentale dell’intervento riabilitativomotorio in fase acuta. E’ importante da parte del gruppo multidisciplinare valutarela capacità di mobilità attiva del paziente.Questa inizia con l’osservazione della capacità del paziente a compiere da solo:

� il cambio di postura nel letto (girarsi su entrambi i lati); � il passaggio posturale disteso-seduto per sedere sul letto; � la capacità di sedersi con le gambe fuori dal letto.

4.3.1 Il posizionamento

I frequenti cambi di posizione a letto, eseguiti dagli infermieri sulla base delprogramma riabilitativo fanno parte degli interventi assistenziali sin dal momentodel ricovero.

Raccomandazioni:a) Gli infermieri dovrebbero posizionare i pazienti per ridurre al minimo i rischi dicomplicanze quali contratture, affezioni respiratorie e piaghe da decubito (Grado C).b) Tutti i componenti del gruppo multidisciplinare, compresi i familiari, dovrebberoessere addestrati da un terapista motorio od occupazionale (Grado C).

4.3.2 La mobilizzazione

Per mobilizzazione si intende sia quella passiva, effettuata dagli operatori sulpaziente, sia quella attiva che il paziente è in grado di effettuare con l’assistenza delpersonale.

La frequenza e l’entità della mobilizzazione dipendono dalle condizioni del pazientea partire dall’obiettivo minimo di alzarlo due volte al giorno oltreché per le cureigieniche personali.Le strategie per il posizionamento e la mobilizzazione debbono essere proposte dal:

� fisioterapista che ha il compito di agire prevalentemente sulla menomazione, favorendo il recupero del movimento funzionale, della postura e dell’autonomia nelle attività di vita quotidiana e prevenendo complicanze secondarie legate all’immobilità (ad esempio retrazioni legamentose ed infezioni polmonari).

4.3 Le posture

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Questo si realizza attraverso l’applicazione di un preciso programma consistentein esercizi e attività specifiche.

� terapista occupazionale che ha l’obiettivo di minimizzare la disabilità. Esso utilizza una serie di strategie per esaltare la funzionalità residua, rieducare il paziente alla gestione della propria persona e alle attività della vita quotidiana (ADL).Una volta impostato il programma di mobilizzazione tale attività viene comunquesvolta dall’infermiere esperto nella gestione dei pazienti con ictus.

I fisioterapisti ed i terapisti occupazionali devono addestrare e condividere con gliinfermieri dedicati le tecniche più idonee per ciascun paziente (Forster, Dowswellet al. 1999). E’ importante sorvegliare il paziente che è in grado di muoversi per ilpericolo di cadute che possono essere dovute a ipotensione ortostatica, a deficitneurologici conseguenti all’ictus o a terapie farmacologiche (Nyberg and Gustafson1997). Il programma di mobilizzazione prosegue con il trasferimento sulla sedia arotelle personalizzata ed infine con l’assunzione della posizione eretta, con lasimmetrizzazione e con il cammino.

Raccomandazioni:a) Ogni paziente dovrebbe essere posizionato seduto in una sedia a rotelle standardo con schienale reclinato entro le prime 24 ore, senza alcuna differenza tra pazienteaffetto da ischemia o da emorragia (Grado C).b) Anche i pazienti in coma, gravemente disorientati, con segni o sintomi diaggravamento progressivo, con emorragia cerebrale o subaracnoidea, ipotensioneortostatica grave o persistente ed infarto miocardico acuto, debbono essere posizionatiseduti entro le prime 24 ore monitorando attentamente i parametri vitali (Grado C).

4.4 La comunicazione

La difficoltà di comunicazione è in genere dovuta ad un deficit del linguaggio chepuò essere condizionato negativamente dai disturbi di attenzione o di memoria. Cisono condizioni molto più rare di grave compromissione dell’attivazione motoriache condizionano la comunicazione (es. sindrome locked-in).Tutti i pazienti affetti da afasia o da problemi di comunicazione devono esserevalutati entro i primi giorni dal logopedista o neuropsicologo, che deve impostareil piano di trattamento, con la condivisione del gruppo multidisciplinare, e definirele strategie di comportamento individuale, sia per i componenti del gruppo che perogni altra persona che è in contatto con il paziente.

L’ obiettivo è quello di :� ridurre le difficoltà di linguaggio;� migliorare la comunicazione con conseguentemente riduzione della disabilità.

E’ di estrema importanza, quindi, l’informazione, la discussione e l’addestramentodel personale medico e paramedico e dei familiari o di chi si prende cura del pazienteper migliorare la comunicazione, la comprensione della nuova disabilità, ridurrel’isolamento emozionale e sociale e prevenire l’eventuale depressione.

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Strategie alternative al linguaggio parlato includono una varietà di approcci comel’utilizzo di gesti, di disegni, di tabelle di comunicazione e di sistemi computerizzati.Ciò può avvenire sia nelle prime fasi che quando il recupero della capacità dicomunicare con la parola rappresenta un obiettivo non percorribile.

Raccomandazioni:a) Ciascun paziente con un ictus nell’emisfero dominante deve essere sottoposto aduna valutazione del linguaggio da un logoterapista (grado B) - o da un altrocomponente del gruppo competente nel linguaggio - effettuata con metodi validi eriproducibili (Grado C);b) Se sono presenti deficit di linguaggio gli infermieri, i componenti del gruppomultidisciplinare ed i parenti devono essere messi al corrente della tecnica dicomunicazione più appropriata rispetto allo specifico danno (Grado A);c) Qualora al termine della valutazione possono essere individuati obiettivi minimied ottenuta la conferma di progressi, il paziente va sottoposto ad un trattamentoriabilitativo completo da proseguire nel tempo. (Grado C)

La disartria è presente nel 20% degli ictus in fase acuta (Warlow, Dennis et al. 1996)e rappresenta l’altro deficit neurologico responsabile di una difficoltà dicomunicazione. Può essere definita come una compromissione degli aspetti motoridel linguaggio, caratterizzata da una alterazione dei movimenti (labio-glosso-velarie facciali) necessaria alla produzione verbale, che divengono rallentati, noncoordinati, imprecisi con ipostenia dei muscoli coinvolti e che potrebbe coinvolgerela respirazione, la fonazione, la risonanza e/o la articolazione della fase orale.Una prima valutazione e la successiva scelta delle misure necessarie a ridurre iproblemi comunicativi vengono effettuate dal logopedista o dal neuropsicologo findalla fase ospedaliera per poi proseguire con una rivalutazione e un nuovo pianodi trattamento nel periodo della riabilitazione intensiva, quando necessario, espesso anche successivamente ad esso. Valgono le considerazioni e leraccomandazioni fatte per l’afasia. Nello specifico, il terapista del linguaggio stabiliràla migliore strategia per gestire il singolo paziente che verrà applicata in particolarmodo dall’ infermiere ma anche da tutti gli altri componenti del gruppo.

Raccomandazione:Informazioni e indicazioni specifiche debbono sempre essere tempestivamente forniteanche ai familiari o alle persone che si relazionano con il paziente disartrico (Grado C)

Le tecniche da prendere in considerazione comprendono:� lavoro per normalizzare il tono muscolare e/o migliorare la forza e la precisione del movimento e della coordinazione dei muscoli coinvolti� compensazione attraverso modifiche del comportamento riducendo la produzione del linguaggio al fine di aumentare la comprensione� addestramento nella eliminazione di risposte affrettate che comportano l’aumento di produzione del linguaggio che verrebbe successivamente percepito come lento e poco comprensibile� addestramento a compiere strategie ausiliarie come ad esempio sollevamento

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del palato per ridurre la nasalità delle parole prodotte� suggerimento ed addestramento nell’utilizzo di strumenti alternativi che possono variare da semplici: lo scrivere con carta e penna, l’utilizzo di lavagnetta con lettere magnetiche; a raffinati: strumenti computerizzati� riduzione dell’handicap modificando l’ambiente tramite l’utilizzo di persone con attitudine a comprendere pazienti disartriciNon esiste una indicazione ad oggi dell’utilizzo di una singola strategia rieducativadi efficacia superiore alle altre (Greener, Enderby et al. 2000). La compromissionedelle funzioni cognitive, che frequentemente vengono interpretate come“disorientamento”, è relativamente frequente e ne è affetto circa il 25% deisopravvissuti. Le condizioni specifiche più frequenti, se si esclude l’afasia, sono ilneglect visuspaziale, l’aprassia, la compromissione dell’apprendimento, la riduzionedelle capacità attentive. La loro presenza può giustificare in parte una disabilità comead esempio una incapacità del paziente a lavarsi o mangiare autonomamente.La riabilitazione cognitiva del neglect visuspaziale ha prove di efficacia nel migliorarel’esecuzione di tests utilizzati comunemente nella valutazione neuropsicologica, manon è noto quanto questo si traduca anche in un miglioramento della disabilità(Bowen, Lincoln et al. 2002).

Raccomandazioni:a) Ciascun paziente dovrebbe essere valutato non appena possibile anche per le funzionicognitive e nel periodo della fase acuta dovrebbe essere almeno sottoposto al MiniMental State Examination in assenza di afasia franca. (Test di Raven 47 PMC) inassenza di grave neglect (Grado C)b) I pazienti con neglect visuospaziale o con deficit di campo visivo devono esseresottoposti a strategie specifiche di addestramento (Grado B).

4.5 La prevenzione delle complicanze

Le complicanze nell’ictus sono particolarmente frequenti e variano a seconda dellagravità dei pazienti, con un’incidenza intorno al 60%.Superata la prima settimana dall’evento acuto, in cui è molto probabile che la mortedipenda dall’evento neurologico in sé, le complicanze correlate all’immobilitàrappresentano la maggior parte delle cause di decesso (le polmoniti o l’embolia polmonareseguite dagli altri problemi vascolari come le recidive di ictus o eventi cardiaci).

Le complicanze dell’ictus rappresentano un costo sanitario non trascurabile poichédeterminano un prolungamento dei tempi di ricovero nella fase acuta e dei tempidi recupero in ambiente riabilitativo. La prevenzione, l’individuazione precoce edil trattamento tempestivo delle complicanze sono cruciali e sono meglio garantiteal paziente con ictus attraverso la gestione di cure organizzata.

In considerazione del fatto che le manifestazioni febbrili influenzano negativamentel’evoluzione clinica dopo l’ictus, tutte le complicanze di tipo infettivo devono esserericonosciute precocemente (Jorgensen, Reith et al. 1999).

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4.5.1 La prevenzione delle infezioni polmonari

Sono le più comuni cause di morte nelle prime settimane dopo l’ictus.Le condizioni respiratorie sono spesso compromesse, soprattutto negli ictus piùgravi, sia in relazione alla preesistenza dei disturbi ventilatori, che alla concomitanzadi infezioni favorite dalla ridotta mobilità toracica con conseguente stasi dellesecrezioni bronchiali. Le infezioni polmonari correlano infatti con l’immobilità,con il riflesso della tosse poco valido e con la disfagia.La prevenzione più importanteè rappresentata da una valutazione molto precoce della disfagia al fine di ridurrela possibilità di aspirazione. L’assistenza inoltre dovrebbe essere finalizzata apromuovere un’adeguata ventilazione, a controllare la saturazione di ossigeno e lapCO2, a favorire la clearance bronchiale e ad utilizzare precocemente un trattamentoantibiotico in caso di infezione.

Il nursing finalizzato alla prevenzione delle complicanze respiratorie è basato su alcunesemplici procedure, quali il posizionamento seduto e la precoce mobilizzazione (entrole prime 24 ore), l’esecuzione di respiri profondi, l’aerosolterapia e la disostruzionebronchiale mediante clapping, che vanno integrati con l’assunzione di specificheposture e l’esecuzione di esercizi di riabilitazione respiratoria.

4.5.2 La conservazione dell'integrità cutanea

Le piaghe da decubito sono una complicanza completamente evitabile, quando siverificano sono dolorose e rallentano il recupero del paziente (ed esempio favorendola spasticità) (vedi Linee Guida “Prevenzione e trattamento delle lesioni da decubito”dell’Azienda USL2 dell’Umbria).

Raccomandazioni:a) Precoce valutazione del rischio individuale del paziente (vedi allegato 2 “scala di Norton”)(Grado C)b) Gestione infermieristica esperta con temporizzate variazioni di posizionamento(Grado C).c) Utilizzo di materassi antidecubito (Grado A).

4.5.3 La prevenzione della trombosi venosa profonda e dellaembolia polmonare

L’incidenza della Trombosi Venosa Profonda (TVP) riportata in letteratura, in pazienticon ictus varia dal 25 al 66 % (Warlow, Ogston et al. 1976; Warlow, Ogston et al. 1976),(Gubitz, Counsell et al. 2000), (Mazzone, Chiodo Grandi et al. 2002) mentre quelladell’embolia polmonare è elevata in casistiche post-mortem (Warlow 1978) e raggiungeil 2% se ci si attiene alla valutazione clinica (McClatchie 1980). Rappresenta il 15%delle cause di morte a 5 settimane dall’evento (Kamran, Downey et al. 1998).

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L’incidenza più elevata si registra nella prima settimana. Il rischio sembra esseremaggiore se l’arto è plegico.La diagnosi clinica della TVP diviene particolarmente difficile sia per l’elevataprobabilità che l’arto paretico per ictus sia comunque edematoso e dolente (segniche comunemente inducono il sospetto), sia per la presenza di TVP asintomatiche.Il gold standard per la diagnosi è rappresentato dalla flebografia, anche sel’ecodoppler a compressione degli arti inferiori rappresenta, assieme allapletismografia, una procedura diagnostica ragionevolmente accurata e facilmenteeffettuabile.Attualmente è raccomandato in associazione con una eventuale terapiafarmacologica (SPREAD 2000) l’utilizzo delle calze antitrombotiche; l’ efficacia èstata provata in studi su altre patologie, di tipo chirurgico o traumatico. Ad oggi nonesistono evidenze rispetto all’uso della calza antitrombotica né indicazioni sul tipodi calza (lunga o corta) da utilizzare, sul livello di pressione, sulla gravità dell’iposteniache richiede la calza o sulla necessità di posizionare la calza su uno o entrambi gliarti (Mazzone, Chiodo Grandi et al. 2002). A tale scopo è in corso lo studio clinicorandomizzato controllato Clots Trial 1 e 2 coordinatao da Martin Dennis, WesternGeneral Hospital Edinburg.

Raccomandazioni:a) Fare indossare calze antitrombotiche (18 mmHg) a pazienti costretti a letto peripostenia o, in caso di ipostenia lieve, se sono presenti fattori di rischio comedisidratazione, età avanzata, vene varicose etc. (Grado C).b) Rimuovere le calze all’inizio della deambulazione (Grado C).

Controindicazioni all’uso delle calze sono rappresentate da eventuali lesioni ulcerosedel piede, frequenti in pazienti diabetici e/o da arteriopatia grave degli arti inferiori. Le calze possono essere tolte in una finestra temporale di 2-4 ore per le cure igienichee per il controllo di eventuali effetti collaterali (lesioni cutanee, segni costrittivi).

4.5.4 La prevenzione della spalla dolorosa

Questo tipo di complicanza interferisce negativamente con il programma riabilitativoe, in generale, con le possibilità di recupero (Wyller 1997 ).Durante il primo anno dopo l’ictus i pazienti con emiplegia soffrono di dolore allaspalla (Wanklyn, Forster et al. 1996). Tra i pazienti che presentano dolore entro laprima settimana dall’evento i 2/3 continueranno ad averlo ad un anno dopo l’ictus.Sono state riconosciute diverse condizioni patogenetiche che possono causarequesta sindrome che è, molto probabilmente multifattoriale (Wanklyn, Forster etal. 1996):� sublussazione acromionomerale (Zorowitz, Hughes et al. 1996),� lesione della cuffia dei rotatori� spalla congelata� sindrome da conflitto delle strutture articolari della spalla con tendinite del bicipite� tendinite del sovraspinoso ed ipertono in intrarotazione

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� artrite acromioclavicolare� artrite glenomerale

Alla spalla dolorosa si associano frequentemente le seguenti condizioni neurologiche:� ipotonia dei muscoli della spalla che favorisce una sublussazione glenomerale� spasticità� perdita della sensibilità propriocettiva profonda� neglect� deficit di campo visivo

Una piccola proporzione di pazienti presenta la sindrome dolorosa complessaregionale, con connotazione algo-distrofica o sindrome della spalla mano, le cuicaratteristiche sono: dolore nell’abduzione, nella rotazione esterna e flessioneomerale, edema e dolore nella regione carpale, edema della mano, modifiche dellatemperatura, del colore e della secchezza della cute della regione coinvolta,osteoporosi.

E’ importante porre una diagnosi eziologica per riconoscere le lesioni trattabili(fratture, tendinite, etc) in modo efficace da quelle per le quali non si è ancora certidi quale sia il trattamento più appropriato.

La prevenzione di questa sindrome avviene nella fase acuta all’interno di unprogramma di mobilizzazione e posizionamento con coinvolgimento del pazientee dei parenti (Braus, Krauss et al. 1994).

Raccomandazioni:a)Sostenere l’arto flaccido per ridurre la possibilità di sublussazione;b) Insegnare al paziente a non tenere l’arto penzoloni quando è seduto o in piedi;c) Coinvolgere il paziente e i parenti nelle tecniche di prevenzione (Grado B);d) Quando il paziente è seduto sostenere l’arto con sostegni che siano più stabili deicuscini;e) Evitare di esercitare trazione sull’arto negli spostamenti del paziente;f) Individuare modalità degli spostamenti definite dal terapista, comunicate a tuttoil personale e a chi si occupa dell’assistenza del paziente;g) Eseguire riabilitazione passiva alla spalla.Le seguenti procedure sono importanti, anche se non supportate da prove di efficacia(quindi tutte di grado C).

L’assenza di prove di efficacia è estesa anche alle altre strategie di prevenzione.� Supporti per la spalla: non è stato dimostrato che sostenere l’arto con ortesi/spalla braccio nella fase acuta prevenga il dolore anche se può prevenire la sublussazione (Brooke, de Lateur et al. 1991). Inoltre non esistono prove di efficacia di un tipo di supporto rispetto ad un altro (Zorowitz, Idank et al. 1995).� Stimolazione elettrica funzionale: viene praticata nell’ipotesi di facilitare il recupero della forza muscolare provocando una contrazione in maniera organizzata, riduce la probabilità di sublussazione dell’articolazione e la spasticità. Viene applicata

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al braccio e all’avambraccio nel tentativo di ridurre l’edema, le contratture e lafunzionalità persa (Faghri, Rodgers et al. 1994). Non ci sono evidenze perraccomandare o sconsigliare questa tecnica per la prevenzione della spalla dolorosa.Appare significativo solo la riduzione della sublussazione che non incide sullaqualità della vita. (Price and Pandyan 2000).

4.6 Aspetti riabilitativi e trattamento

La riabilitazione deve essere per quanto possibile mirata e necessariamente articolatain più tipologie di intervento.La più comune tecnica di intervento riabilitativo in questa condizione è finalizzataal ribilanciamento muscolare. Infatti, quando è presente flaccidità si può verificaresublussazione della testa dell’omero e stiramento capsulare. In caso di successivaspasticità, la prevalenza dei muscoli anteriori della cuffia dei rotatori a volte puòprovocare la risalita della testa dell’omero sulla cavità glenoidale, con conseguentesindrome da impingement dovuta ad attrito tra la testa omerale e l’acromion.Pur non essendoci una dimostrata correlazione tra la sublussazione e la spalladolorosa, i trattamenti riabilitativi che agiscono sul ribilanciamento non si sonodimostrati di provata efficacia. La tecnica Bobath ha dimostrato qualche vantaggionon statisticamente significativo nei confronti della crioterapia, anche se in unostudio metodologicamente discutibile.La stimolazione elettrica funzionale e in particolare le TENS, comunemente utilizzateper trattare il dolore, sembrano essere di qualche efficacia (Leandri, Parodi et al.1990) (Price and Pandyan 2000).

Raccomandazioni:a) Iniziare con antinfiammatori per os (Grado C);b) In caso di inefficacia effettuare 3 iniezioni intrarticolari di triamcinolone 40 mg(Grado C);c) In caso di ulteriore inefficacia usare le TENS (Grado B).

4.6.1 La prevenzione delle cadute

Il rischio di caduta dovrebbe essere valutato all’ingresso del paziente e monitoratodurante tutta la fase del ricovero. I deficit sensitivi sia corticali che sottocorticaliaumentano il rischio di caduta. In particolare pazienti agitati, di età avanzata, intrattamento con farmaci sedativi, anosognosici, con neglect visivo e emiplegicisinistri hanno un elevato rischio di caduta (Rapport, Webster et al. 1993).

Raccomandazioni:a) Identificare i pazienti a rischio di caduta (Grado C).b)Formalizzare un programma di prevenzione delle cadute (Grado C).

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4.6.2 Il controllo o la prevenzione delle crisi epilettiche

Episodi critici comiziali entro le prime settimane si verificano nel 5% dei casi. Sonoparticolarmente frequenti nei pazienti affetti da ictus emorragico e da ictus ischemicocon interessamento della corteccia cerebrale. Occorre ricordare che spesso siverificano per il sopraggiungere di fattori precipitanti come ad esempio la bruscasospensione dell’alcool in paziente precedentemente dipendenti, l’utilizzo di farmaciche modificano la soglia epilettogena, disturbi metabolici ed infezioni.Secondo il Copenaghen Stroke Study il rischio di epilessia è correlato con la gravitàdell’ictus. Inoltre le crisi non sono correlate con la mortalità e, sorprendentementei pazienti con epilessia hanno una prognosi migliore (Reith, Jorgensen et al. 1997).

Raccomandazioni:a) Si raccomanda di iniziare una profilassi anticomiziale solo dopo la prima crisiavvenuta in fase post acuta (2 settimane dopo l’evento acuto) (Grado C).b) Nel caso di profilassi anticomiziale già iniziata senza episodi critici certi, consideratal’influenza negativa del farmaco anticomiziale sulle funzioni cognitive, se neraccomanda la graduale sospensione (Grado C).

4.6.3 Sessualità ed ictus

Una persona su 4 necessita di aiuto per problemi che concernono la sessualità dopol’ictus. Le funzioni sessuali e relazionali sono strettamente correlate e la disfunzionedelle prime predice la disfunzione delle seconde (Chandler and Brown 1998).

Raccomandazione:Ogni servizio di riabilitazione dovrebbe porre attenzione alla salute sessuale e valutaregli aspetti relazionali (Grado C).

4.7 L’informazione, l’educazione del paziente e della famiglia

L’informazione è parte integrante dei processi di cura e di riabilitazione, in quantoagisce:

� sulla compliance al trattamento� sul processo di adattamento alla malattia� sulla attivazione delle risorse del paziente

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� sull’ottimizzazione della rete di supporto (famiglia, servizi)

Nel caso del paziente con ictus è necessario ricordare che la naturale esigenza delmalato e dei familiari di essere costantemente informati e coinvolti è uno deglielementi del successo del processo riabilitativo (Evans, Matlock et al. 1988). L’utilizzodi materiale informativo specifico potrebbe migliorare la prognosi del paziente ela salute mentale di chi lo assiste (Mant, Carter et al. 1998) , mentre vi sono evidenzelievemente più consistenti nei confronti dell’educazione dei malati e dei parentialla malattia tramite sedute in cui viene considerata rilevante la discussione (Forster,Smith et al. 2001).L’ictus è una malattia della famiglia. Inizialmente, come in altre malattie acute iparenti hanno bisogno di informazione e supporto a causa dell’evento acuto, maa differenza di altre malattie la possibile disabilità residua del loro caro richiede unsupporto dal punto di vista pratico, economico, emozionale e sociale.La complessità delle informazioni da dare è tale che è opportuno che lacomunicazione non venga lasciata al caso, ma si provveda a codificare tempi, modie spazi adeguati, perché la stessa avvenga in modo proficuo tra il team che gestisceil paziente in ospedale e chi poi avrà in carico l’assistenza del paziente a domicilio.E’ fondamentale che il gruppo riabilitativo mantenga, attraverso un proprio referente,un flusso costante di informazioni nei confronti della famiglia, che sebbene debbaessere considerata parte integrante del gruppo, necessita di tempi e modalità diapproccio assolutamente specifici in ragione della mancanza di competenza e delcoinvolgimento emotivo.I risultati di focus-group condotti con parenti di pazienti colpiti da ictus hannomesso in evidenza l’importanza del fatto che l’informazione e la comunicazionevenga garantita soprattutto in alcuni “momenti critici” del percorso terapeutico, aconferma, peraltro, di studi effettuati in altre nazioni e ambienti culturali diversi(Evans, Matlock et al. 1988):

� al momento della diagnosi è necessario che vengano fornite informazioni chiare e complete su: quadro clinico, percorso diagnostico che si sta sviluppando, prognosi, per aiutare il malato e i familiari a prendere coscienza della malattia e contribuire a rassicurarlo sull’attenzione prestatagli;

� durante la degenza è opportuno:- che sia fornito il quadro complessivo dei problemi di salute e dell’approccio terapeutico usando un linguaggio comprensibile- che vengano forniti orientamenti per consentire la assunzione di eventuali decisioni

- che vengano condivisi gli obiettivi del progetto riabilitativo e illustrati ai familiari i compiti di supporto alla riabilitazione.

� alla dimissione, allorquando il nucleo familiare corre il maggior rischio di “ sentirsi solo” ad affrontare i complessi e molteplici problemi posti dalla malattia, occorre che al malato ed ai familiari:- venga assicurato il passaggio di informazioni tra Ospedale e Medico di Medicina Generale per favorire la presa in carico e attenuare il senso di abbandono; lo strumento privilegiato per garantire questo passaggio è rappresentato dalla lettera

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di dimissione per il M.M.G.;- vengano illustrati gli obiettivi ed i tempi di realizzazione del progetto di riabilitazione, tramite colloqui con il referente del team riabilitativo;- vengano fornite informazioni su: la normativa per la disabilità; le modalità per usufruire di ausili sanitari; le strutture e servizi per i disabili.- vengano illustrati, tramite colloqui e dimostrazioni pratiche, i compiti di supporto alla riabilitazione che i familiari possono svolgere.

� nella fase della riabilitazione post-acuta, allorquando le aspettative di miglioramento tramite la riabilitazione diventano alte, la comunicazione deve assolvere il compito :a) nei confronti della famiglia:- di fornire orientamenti per assumere decisioni, in vista dei lunghi tempi di recupero;b) nei confronti del paziente� di sostenerlo nella scoperta progressiva della nuova realtà e nel favorirne la capacità di adattamento alla malattia;� di illustrare periodicamente il decorso della malattia, valorizzando i successi raggiunti; in questa direzione particolarmente importante risulta, oltre alla figura del referente del team riabilitativo assistenziale, la figura del M.M.G.

Raccomandazioni:a) Occorre considerare il bisogno della famiglia e del paziente di essere informati sulquadro clinico, sulla prognosi della malattia, di essere coinvolti nel programmariabilitativo ed educati alla malattia (Grado C).b) Individuare fin da subito un referente del team e un interlocutore privilegiato trai familiari, in modo da facilitare la trasmissione delle informazioni e la acquisizionedi consapevolezza rispetto al ruolo fondamentale che la famiglia dovrà svolgere(Grado C).c) La comunicazione con la famiglia deve necessariamente essere diversificata neicontenuti a seconda della fase evolutiva della malattia e della cultura della famiglia(Grado C).

4.8 Il trattamento riabilitativo intensivo

Gli obiettivi del trattamento riabilitativo intensivo debbono essere:

� realistici: obiettivi troppo ambiziosi creerebbero frustrazione e demotivazione per il paziente e i parenti. Per stabilire gli obiettivi va tenuto conto del tempo trascorso dall’ictus e dei fattori prognostici identificabili in base al quadro clinico;� condivisi: la condivisione e la consapevolezza degli obiettivi da parte del paziente o dei parenti è molto importante per il successo del programma riabilitativo;� aggiornati: con il progredire dell’attività riabilitativa il progetto e il programma vanno aggiornati e ridefiniti in base ai progressi del paziente.

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4.8.1 Trattamento riabilitativo: le differenti scuole

Si possono schematizzare gli interventi riabilitativi in 3 modelli principali:facilitazione, compenso e controllo motorio orientato al compito (task oriented).

La facilitazione è il più classico approccio fisioterapico. Consiste in esercizi miratialla diminuzione della menomazione con miglioramento della forza muscolare edegli schemi sensitivo-motori. Pur fondandosi anche su attività passive ha comunquebisogno della collaborazione del paziente.

Il modello compensatorio agisce fondamentalmente sul miglioramento delladisabilità, utilizzando le capacità residue: si tende ad addestrare il paziente perminimizzare le difficoltà nelle attività della vita quotidiana.

Il modello controllo motorio orientato al compito si basa sul principio che ilmovimento è frutto di meccanismi di apprendimento legati strettamente al contesto.

Non ci sono prove che un approccio sia più efficace dell’altro anche se in un recentestudio RCT l’approccio task-oriented è risultato più efficace nel miglioramentodell’equilibrio e del controllo del tronco (Dean and Shepherd 1997).

4.8.2 L’efficacia del trattamento intensivo

La riabilitazione dell’ictus può essere effettuata con diverse intensità di trattamento.Poiché la fisioterapia è in rapporto 1 a 1 tra fisioterapista e paziente l’intensità diintervento è misurata con il tempo di trattamento riabilitativo o le sessioni ditrattamento applicate in uno specifico periodo di tempo.In una metanalisi di 7 RCT (597 pazienti) dove è stato valutato l’effetto di diverseintensità di trattamento non è stata evidenziata una significativa diminuzione didecessi mentre c’era una significativa riduzione nell’outcome combinato di decessio dipendenza nei gruppi sottoposti a trattamento intensivo (Langhorne 1996).Kwakkel et al. (1997) hanno effettuato una metanalisi su 8 RCT (623 pazienti) e unonon randomizzato per valutare l’effetto dell’intensità del trattamento. In questametanalisi è stato trovato un piccolo ma significativo effetto positivo dell’intensitàdel trattamento nel recupero dell’autonomia delle attività della vita quotidiana.In una review pubblicata da van der Lee et al. (2001) è stato valutato l’effettodell’intensità del trattamento riabilitativo sul recupero funzionale dell’arto superiore,anche in questo caso si enfatizza come l’intensità dell’intervento può esserevantaggiosa anche al follow-up ad 1 anno.

4.9 La riabilitazione delle funzioni cognitive

Una grave compromissione delle capacità di apprendimento può rappresentare unalimitazione al trattamento riabilitativo (Grado C) (1995). Il training potrebbe migliorarelo “stato di allerta” e l’”attenzione sostenuta” ma non vi sono prove che sostengano

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l’efficacia o la non efficacia di tale trattamento (Lincoln, Majid et al. 2000).Il trattamento dei deficit cognitivi si basa più su strategie compensatorie che sullariduzione della menomazione. Non ci sono significative modificazioni nel recuperodella memoria tra i soggetti trattati rispetto a quelli non trattati e quindi non si puòsostenere o negare l’efficacia della riabilitazione cognitiva per i deficit di memoria.(Majid, Lincoln et al. 2000).

Ci sono indicazioni per il trattamento dei pazienti con emianopsia e neglect peruna specifica riabilitazione cognitiva neurovisiva (Kerkhoff, Munssinger et al. 1994;Kerkhoff 2000).Le tecniche di riabilitazione possono essere schematizzate in:� tecniche di recupero: con azioni dirette sul recupero della funzione con abilità visive di base (training sul campo visivo, training di inseguimento o movimenti saccadici, feeback per la percezione spaziale etc.) e con attività visive nella vita quotidiana (orientamento visivo nell’ambiente);� tecniche di compensazione: strategie di ricerca visiva, movimenti oculari per la lettura, etc.� tecniche di sostituzione: con dispositivi ottici o protesici (prismi ottici, software per ingrandire durante il lavoro al computer, lettura etc.) o con modifiche dell’ambiente (semplificazione, modulazione o arricchimento).

Raccomandazioni:a) Ogni centro per la riabilitazione dell’ictus dovrebbe offrire la valutazione espertain ambito neuropsicologico (Grado C);b) Pazienti con permanente neglect visivo e emianopsia dovrebbero essere sottopostia specifico addestramento (Grado A).

4.10 La riabilitazione di deficit di comunicazione: afasia, disartria e aprassia bucco-facciale

Tutti i pazienti affetti da afasia o da problemi di comunicazione devono esserevalutati entro i primi giorni dal logopedista o dal neuropsicologo, che deve impostareil piano di trattamento, con la condivisione del gruppo multidisciplinare e definirele strategie di comportamento individuale, sia per i componenti del gruppo cheper ogni altra persona che è in contatto con il paziente.

L’ obiettivo è quello di :� ridurre le difficoltà di linguaggio;� migliorare la comunicazione con conseguentemente riduzione della disabilità.

Una diagnosi accurata è fondamentale per organizzare un piano di trattamento peril team e per la famiglia.Al momento non vi è evidenza dell’efficacia (né evidenza della non efficacia) del

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trattamento effettuato da personale dedicato non specialista o da un terapista dellinguaggio, nè rispetto a quale sia il tipo di trattamento migliore (individuale, digruppo) per migliorare il linguaggio, nè di quale sia il periodo più opportuno diinizio del trattamento (Greener, Enderby et al. 2000).

Le incertezze relative all’efficacia del trattamento specifico delle afasie derivano dalfatto che prevalgono gli studi sul singolo caso piuttosto che ampi studi clinici controllati.Il trattamento del singolo paziente sembra necessitare di intervento specifico conpersonale specializzato (The Intercollegiate Working Party for Stroke 2000).

Gli obiettivi del trattamento sono:1. ripristinare la capacità di parlare, comprendere, leggere e scrivere;2. assistere il paziente nello sviluppo di strategie compensatorie per l’utilizzo di circonlocuzioni;3. identificare problemi psicologici associati che condizionano la qualità della vita del paziente afasico e dei propri familiari;4.aiutare la famiglia e chi se ne prende cura a comunicare con il paziente.

L’afasia può coesistere con l’aprassia e la disartria rendendo più complessa ladefinizione degli obiettivi. Ad esempio in caso di aprassia occorre focalizzarel’attenzione sulla contestualizzazione degli stimoli e sulla facilitazione della sequenzadei gesti. In caso di disartria occorre operare un rinforzo muscolare e una stimolazionesensitiva oltre che individuare eventuali disturbi della coordinazione.

Raccomandazioni:a) Il periodo di trattamento intensivo dovrebbe essere di almeno 4-8 settimane (Grado B)b) Per i pazienti con difficoltà di linguaggio croniche, soprattutto per la lettura, dovrebberoessere previsti periodi di retraining (Grado B).c) Un paziente con gravi disturbi di comunicazione ma con un linguaggio e funzionicognitive ragionevolmente integre è candidato ad ausili specifici per migliorare lacomunicazione (Grado C).

4.11 La riabilitazione delle funzioni motorie

Il trattamento riabilitativo si è dimostrato efficace nel ridurre la disabilità e lamortalità (Collaboration 2000). Meno prove esistono per quanto riguarda l’azionesulla menomazione. In questo senso occorre evidenziare tecniche e aspetti clinicispecifici. C’è accordo tra gli esperti che il trattamento riabilitativo nel paziente conictus sia affidato a un fisioterapista con specifica competenza nell’ictus (Associationof Chartered Physiotherapists in Neurology, 1995 http://www.acpin.net/).

Raccomandazione:Il programma di trattamento riabilitativo dell’ictus dovrebbe essere coordinato da unterapista esperto in trattamento neurologico ed in particolare esperto nell’ictus (GradoC.)

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4.11.1 La spasticità

La spasticità è un insieme di segni e sintomi legato all’aumento del riflesso dastiramento e ad alterati schemi motori conseguenti a ictus. La conseguenzaprincipale è rappresentata da una diminuzione della escursione articolare e dallacontrattura muscolare che può produrre rilevante disabilità.La spasticità è caratterizzata oltre che dall’ipertono anche dai movimenti patologiciche interferiscono negativamente sull’autonomia, impedendo i movimentisegmentari fisiologici. In rari casi questi movimenti patologici possono essereutilizzati per migliorare l’autonomia. Un esempio, in questo senso, può essere loschema estensorio dell’arto inferiore che, in assenza di movimenti più fini, puòcostituire l’unico modo di mantenere la stazione eretta e di camminare. Occorretenere presente che gli spasmi (parte del quadro clinico della spasticità) possonoessere causa di dolore, soprattutto notturno, con ulteriore compromissione delrecupero.La spasticità può essere controllata con tecniche riabilitative, con farmaci o ausili.Nessuno di questi approcci è risolutivo e il problema va quindi affrontato in modomultidimensionale, dal controllo motorio all’educazione dei pazienti.

Tecniche riabilitative

Il controllo della spasticità è uno degli obiettivi delle tecniche riabilitative allo scopodi migliorare la funzionalità motoria. Questo avviene principalmente attraversol’intervento sul tono muscolare e sugli schemi motori. Diversi approcci sono utilizzatianche se c’è una mancanza di prove di efficacia circa la superiorità di un metodorispetto ad un altro (Basmajian, Gowland et al. 1987). Vengono utilizzate tecnichecon approcci concettualmente opposti. La tecnica di Bobath tende a ridurre laspasticità e i riflessi posturali primitivi attraverso tecniche inibitorie, mentre la tecnicadi Brunnstom promuove l’attività anche dei muscoli spastici e dei riflessi primitivi(Bobath 1979). C’è da considerare che in rapporto all’approccio attuato le tecnichepossono condizionare periodi più o meno lunghi di trattamento con evidenti ricadutesull’organizzazione riabilitativa. Per definire meglio l’efficacia di una tesi specificaè quindi necessario ricorrere ad ulteriori studi.

Baclofene e altri farmaci antispastici

Malgrado l’uso diffuso da molti anni non ci sono chiare evidenze di efficacia delbaclofene e di altri farmaci antispastici. Il baclofene, le benzodiazepine e la tizanidinahanno un’azione centrale, con potenziale azione diretta sulla spasticità. Non ci sonoRCT vasti e i confronti sono soltanto tra i farmaci disponibili. Il baclofene si èdimostrato di uguale efficacia rispetto al diazepam nel ridurre la spasticità masembra avere effetti positivi nel migliorare la capacità di deambulazione. Anche latizanidina insieme al baclofene riduce la spasticità con lieve vantaggio per latizanidina (Medici, Pebet et al. 1989). L’utilizzo dell’infusione intratecale, riservatoalle condizioni di gravi sindromi diatonico-spastiche non è stata ben studiatanell’ictus. Un recente studio non controllato su pochi casi ha dimostrato unariduzione della spasticità senza ipostenia dal lato sano (Meythaler, Guin-Renfroe

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et al. 1999). Il dantrolone ha un’azione periferica, a livello del muscolo e vieneutilizzato senza prove di efficacia.

Raccomandazioni:a) La terapia farmacologica va somministrata nell’ambito di un trattamentomultidisciplinare (Grado C).b) La terapia dovrebbe essere attuata solo nell’ambito di un trattamento riabilitativocon identificazione di specifici obiettivi (Grado B).c) L’uso del dantrolene dovrebbe essere fortemente limitato considerato l’effettonegativo sulla forza muscolare (Grado C).

Tossina botulinica

La tossina botulinica è potenzialmente un trattamento efficace per la spasticitàfocale (ben identificati gruppi muscolari) con pochi effetti collaterali. Ha duepotenziali svantaggi: il costo e la perdita di efficacia dopo circa 3 mesi che, peraltropuò essere sfruttata vantaggiosamente. Non ci sono prove di efficacia della tossinabotulinica riguardo alla riduzione della disabilità se confrontata con placebo o contutori. Questo potrebbe essere attribuibile alla ampia disomogeneità metodologicadegli studi.Non ci sarebbero vantaggi con l’iniezione EMG guidata rispetto a quella normale(Childers, Stacy et al. 1996). Basse dosi di Bta nell’arto inferiore associata a specificafasciatura hanno lo stesso effetto rispetto a dosi maggiori iniettate in muscolidiversi (Reiter, Danni et al. 1998). Recentemente è stata dimostrata l’efficacia dopoiniezione negli arti superiori anche se l’effetto è sulla menomazione e non sulladisabilità (Smith, Ellis et al. 2000).Anche in questo ambito i dati sono contraddittori e l’efficacia è discutibile (Lagalla,Danni et al. 2000). Le differenze riscontrate indicano comunque che è critica perl’efficacia una attenta valutazione funzionale dei muscoli da iniettare e che, nelladecisione, il paziente e chi se ne prende cura debbono essere ascoltati (Bhakta,Cozens et al. 2000).

Raccomandazioni:a) La terapia con tossina botulinica va considerata nel ridurre la spasticità focale (Grado A).b) Tale terapia dovrebbe essere applicata con obiettivi riabilitativi specifici (Grado C).

Il biofeedback

Le metanalisi effettuate non sono riuscite a mettere in evidenza in modo chiarol'efficacia del biofeedback.In effetti tale approccio può essere di diverso tipo in base ai diversi distretti o funzioni(Schleenbacker 1993), (Moreland 1998), (Glantz, 1995). Ci sono prove circa l’ efficaciadel biofeedback nel velocizzare il recupero della simmetrizzazione di carico (Dursun,Hamamci et al. 1996), (Sackley and Lincoln 1997).

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Raccomandazioni:a) Questa tecnica non dovrebbe essere usata di routine ma mirata al raggiungimentodi obiettivi specifici (Grado A).b) Il biofeedback dovrebbe essere considerato come terapia aggiuntiva, in particolareper la rieducazione della postura eretta (Grado A).

L’elettrostimolazione

L’elettrostimolazione (ES) può essere utilizzata come un trattamento terapeutico,in particolare per diminuire la spasticità, o in modo funzionale per migliorare laforza anche con eventuali ortesi (Burridge, Taylor et al. 1997). In una recentemetanalisi si è messo in evidenza un ruolo dell’elettrostimolazione nel recupero(Glanz, Klawansky et al. 1996).

Raccomandazioni:a) L’ES dovrebbe essere usata solo nell’ambito di specifici obiettivi (Grado A).b) La FES dovrebbe essere utilizzata se la dorsiflessione del piede facilitata puòmigliorare il cammino (Grado A).

4.12 La riabilitazione delle funzioni sensitive e dolore

Le funzioni sensitive sono spesso alterate dopo un ictus, e possono costituire unsostanziale impedimento al recupero funzionale. Tra queste il dolore costituisce unulteriore problema, per la componente affettiva che contiene e che può interferiremolto negativamente con il programma riabilitativo.

4.12.1 Il dolore

Il dolore può avere diverse cause: alcune dipendono direttamente dal danno delSNC ed altre sono conseguenti a complicanze secondarie e terziarie. Nel primocaso, il dolore è conseguenza dell’alterata elaborazione del segnale da parte delcervello e viene per questo definito di tipo centrale. L’altro dolore è generalmenteprovocato da condizioni articolari, che si possono sommare a condizionipremorbose. Tipica di questa situazione è la spalla dolorosa con le sue diverse cause,ma vi sono anche altre condizioni di artropatia.

Raccomandazioni:a) Dovrebbe essere effettuata una valutazione sistematica del dolore in ogni pazienteaffetto (Grado C).b) Tutti i tipi di dolore dovrebbero essere trattati in accordo con il paziente (Grado C).c) Il dolore centrale dovrebbe essere trattato con gli antidepressivi triciclici in primaistanza e, quindi, prima possibile, con gli antiepilettici successivamente (Grado A).d) Pazienti con dolore intrattabile dovrebbero essere inviati da specialisti del dolore

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(Grado C).

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4.13 Altri deficit sensitivi

Le tecniche riabilitative non hanno azione specifica sul danno sensitivo, ma piuttostosul complessivo deficit sensitivo-motorio. Più recentemente è stata dimostratal’efficacia della elettrostimolazione transcutanea (TENS) e dell’agopuntura, vistecome attività di stimolazione. Questa definizione appare comunque troppogrossolana e c’è da considerare che, ad esempio, le TENS, possono agire anche sullaspasticità e sul dolore, così come l’agopuntura possa ridurre il dolore. E’ quindidifficile generalizzare i risultati positivi di alcuni RCT.I dati sull’agopuntura sono contraddittori, variando tra prove di efficacia e dievidenza di non effetto (Kjendahl, Sallstrom et al. 1997), (Gosman-Hedstrom,Claesson et al. 1998). La TENS in un RCT sembra efficace sia sulla menomazioneche sulla disabilità, anche se lo studio può essere condizionato dalla non omogeneitàdei 2 gruppi (Tekeoglu, Adak et al. 1998).

Raccomandazioni:a) L’agopuntura andrebbe utilizzata solo in ambito specifico in studi RCT (Grado A).b) La TENS andrebbe usata in modo specifico in studi RCT stratificando per obiettivi(Grado A).

4.14 La riabilitazione dell’arto superiore

Di solito, nei pazienti con ictus è più difficoltoso recuperare la funzionalità dell’artosuperiore, che è compromessa in fase acuta nell’85% dei pazienti. Nei 3-6 mesisuccessivi una percentuale variabile tra il 55 e il 75% dei casi presenta ancora taleinteressamento. Il trattamento intensivo può migliorare a 6 mesi la funzionalità neisoggetti a media gravità mentre non ci sono effetti nei soggetti gravi (Sunderland,Tinson et al. 1992), (Sunderland, Fletcher et al. 1994). La differenza comunque nonsi evidenzia a distanza di 1 anno. Più recentemente è stato dimostrato come unesercizio intensivo per l’arto superiore produce benefici anche ad un anno dall’eventoacuto. L’efficacia era maggiore nelle condizioni motorie più gravi e nei soggetti conemianopsia o eminattenzione (Feys, De Weerdt et al. 1998).Non c’è quindi chiarezza sull’efficacia del trattamento intensivo nel recupero dellafunzionalità dell’arto superiore.

Raccomandazione:Il trattamento dell’arto superiore dovrebbe essere precoce e intensivo (Grado B).

4.15 La rieducazione del cammino

La rieducazione precoce del cammino con carico parziale su un tappeto rotantesembra essere una tecnica promettente, anche se gli studi sono tutt’ora pochi e conpochi pazienti arruolati. In un studio recente su 50 pazienti è stato dimostrato che

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la riduzione di carico migliora la capacità di camminare sia dopo 6 settimane chea 3 mesi. Lo studio è, però, limitato alla metodologia, poiché non è randomizzato(Visintin, Barbeau et al. 1998). Anche un altro studio su una minore casisticadimostrerebbe qualche beneficio (Hesse, Bertelt et al. 1995; Hesse,Konrad et al. 1999).

Raccomandazioni:a) L’uso del treadmill dovrebbe essere considerato soprattutto in pazienti dove permanela difficoltà nel cammino (Grado A).b) La rieducazione al cammino va comunque inserita nel programma riabilitativoanche se le tecniche non si sono dimostrate l’una più efficace dell’altra (Grado B)

4.16 I disturbi dell’umore

I disturbi dell’umore sono una comune sequela dell’ictus. Questi possono variaredalla depressione all’ansietà e possono interferire con il programma riabilitativonel caso in cui si sovrappongono al deficit cognitivo, rendendo difficile la diagnosi.

4.16.1 La depressione

Interessa circa il 27% dei pazienti affetti da ictus e questo valore è significativamentesuperiore alla prevalenza nella popolazione (OR 2.28, 95% CI 1.61-3.24) (Beekman,Penninx et al. 1998), (Burvill, Johnson et al. 1995).E’ particolarmente frequente nei primi mesi dall’evento (Burvill, Johnson et al.1995); 1/3 dei pazienti affetti hanno un quadro depressivo che persiste oltre il primoanno dopo l’ictus (Herrmann, Black et al. 1998).La depressione può interferire negativamente sul successo del programmariabilitativo (Morris, Raphael et al. 1992), (Sinyor, Amato et al. 1986) e in generalepotrebbe condizionare il recupero (Angeleri, Angeleri et al. 1993).Questa condizione aumenta i tempi di degenza in ospedale (Schubert, Taylor et al.1992). Il trattamento con farmaci antidepressivi è efficace nella depressione post-ictus in maniera significativa con un netto miglioramento nelle attività di vitaquotidiana (Skegg 1999; Smith, Silver et al. 1999; Townsend, Courchesne et al. 1999;Silver, Macko et al. 2000; Nelles, Jentzen et al. 2001; Bailey, Riddoch et al. 2002).

I nuovi farmaci serotoninergici sono efficaci nel trattamento della depressione post-ictus anche se non si può affermare che un antidepressivo sia superiore all’altro.La fluoxetina sembra migliorare sia la menomazione che la disabilitàindipendentemente dal miglioramento depressivo (Dam, Tonin et al. 1996).Più recentemente è stato dimostrata l’efficacia antidepressiva della fluoxetina senzaalcuna influenza sul processo di recupero (Wiart, Petit et al. 2000). La fluoxetina,confrontata con la nortriptilina risulta meno efficace (Robinson, Schultz et al. 2000).

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4.16.2 L’ansia

Anche l’ansia può interferire negativamente con il processo di recupero. Infatti lapaura di cadere durante i trasferimenti o la deambulazione o di non riuscire asvolgere determinate attività, può provocare una strategia di evitamento e quindiimpedire il processo di recupero.

Raccomandazioni:a) I pazienti devono essere informati sull’impatto che la malattia produce sulla lorovita (Grado B).b) Si devono valutare i bisogni psicosociali del paziente (Grado C).c) Tutti i pazienti devono essere valutati e tenuti sotto osservazione per la depressionee l’ansia (Grado C).d) I pazienti con grave depressione dovrebbero essere trattati con antidepressivi (Grado A)e) I pazienti con disturbo depressivo dovrebbero essere presi in considerazione perinserimento in uno studio controllato (Grado A).f) I pazienti con disturbi gravi che producono una resistenza alla terapia e peggioranola disabilità dovrebbero essere trattati con l’aiuto di uno psicologo o psichiatra diesperienza (Grado C).

4.17 La dimissione

Il momento della dimissione rappresenta, assieme alla presa in carico, uno deglisnodi a maggiore criticità lungo il percorso riabilitativo del paziente con ictus.E’ infatti il momento in cui il paziente e la sua famiglia possono avvertire il disagiodi passare da una condizione protetta a una situazione che può esaltare la disabilitàrispetto alla condizione premorbosa.

Per questa ragione la dimissione deve essere pianificata e programmata con estremaattenzione, qualunque sia l’ambiente di cura dal quale il paziente viene dimesso,attraverso la definizione di un vero e proprio piano, il più precocemente possibile.Si deve quindi tenere conto dello stato funzionale, delle condizioni ambientali,psicologiche e sociali del paziente, che necessariamente condizionano la sceltadell’ambiente riabilitativo e/o del reinserimento domiciliare.

In questa fase assumono importanza diverse figure:

1. il medico di medicina generale, in quanto gli compete, accanto alla responsabilità della gestione clinica del paziente una volta tornato a casa, il supporto della famiglia, mantenendo un’informazione costante rispetto ai problemi di salute e di prognosi e rispetto alle diverse complicanze. Il medico deve inoltre chiarire le conseguenze che le nuove condizioni del paziente possono avere nel comportamento e nelle relazioni sociali;2. l’assistente sociale, cui spetta di fornire informazioni circa i supporti di cui

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possono usufruire coloro che si prendono cura del paziente con ictus e le strutture messe a disposizione dal Servizio Sanitario. E’ necessario che il medico di famiglia si faccia carico anche di questa funzione laddove non vi è disponibilità di tale figura professionale;3. il responsabile del Centro di Salute che deve farsi carico di garantire gli aspetti organizzativi della gestione del paziente una volta dimesso dalla struttura di ricovero a ciclo continuativo.

Tutti i pazienti che hanno subito un ictus cerebrale necessitano di un piano didimissione strutturato, anche allo scopo di creare un collegamento tra le diversefasi assistenziali e riabilitative.

Nella fase acuta è necessario garantire:

� l’elaborazione all’interno del gruppo multidisciplinare del progetto riabilitativo e conseguentemente di programmi con obiettivi da raggiungere a breve, medio e lungo termine;� l’identificazione dei problemi potenziali: es. il paziente vive da solo? presenta una grave disabilità premorbosa ?� la compilazione di una specifica scheda-paziente, dalla quale sia possibile evincere gli obiettivi stabiliti, i risultati raggiunti, le difficoltà incontrate, le riunioni multidisciplinari effettuate e i partecipanti alle stesse.

Appena è possibile, quando si è stabilizzata la fase acuta, è necessario effettuare:

� la definizione del profilo prognostico sulla base del quadro clinico;� la revisione ed eventualmente la conferma degli obiettivi attesi da condividere con il paziente e con i suoi parenti;� la attivazione dei collegamenti verso le strutture ospedaliere di riabilitazione o verso residenze protette o servizi territoriali del Centro di Salute dove risiede il paziente, garantendo la trasmissione delle informazioni sul quadro clinico e i bisogni assistenziali;� la richiesta alle strutture territoriali di riferimento della valutazione del domicilio, per favorirne un eventuale adeguamento, qualora si preveda che il paziente possa ritornare a casa;� la valutazione della necessità temporanea di ausili, in base al programma riabilitativo e l’eventuale prescrizione;� la verifica delle capacità del paziente, o di chi lo accudisce, di comprendere e gestire particolari terapie o procedure;� il coinvolgimento dell’assistente sociale per i bisogni finanziari, di comunità e/o lavorativi, e per l’attivazione delle pratiche di invalidità laddove le condizioni cliniche lo richiedano;� la distribuzione di materiale informativo sui servizi in comunità, ambulatori medici, servizi di riabilitazione, supporto di volontariato e collegamento con le associazioni dei malati.

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Alla conferma della dimissione:

� la comunicazione va data almeno 72 ore prima della dimissione nel reparto per acuti, e 14 giorni prima nell’unità di riabilitazione intensiva, ai parenti del paziente o a coloro che se ne prendono cura; va confermata l’ organizzazione dell’eventuale trasporto;� l’attivazione del medico responsabile del Centro di Salute, che ha il compito di organizzare le attività assistenziali e/o riabilitative qualora il paziente non venga trasferito in strutture ospedaliere di riabilitazione;� la comunicazione con il medico di medicina generale che deve essere portato a conoscenza delle condizioni cliniche del paziente al momento della dimissione, ma anche del programma e del percorso riabilitativo scelto.

4.17.1 La dimissione precoce

Il programma riabilitativo, in linea teorica, può prevedere 2 opzioni: continuare ilprogramma fino al raggiungimento del massimo recupero possibile oppure dimettereprecocemente dopo aver raggiunto un livello accettabile di gestibilità del pazientea domicilio. In questo caso il programma riabilitativo sarà completato in regime diday hospital o a livello territoriale.Una dimissione precoce non sembra presentaredifferenze rispetto a un ricovero prolungato in termini di migliore prognosi mentreha il vantaggio di favorire un riadattamento precoce alle attività della vita quotidiana(Rudd, Wolfe et al. 1997), (Rodgers, Soutter et al. 1997).

Raccomandazioni:a) E’ assolutamente fondamentale impostare il programma di dimissione fin dal momentodella diagnosi clinica, all’ingresso del paziente nell’ospedale per acuti (Grado C)b) La dimissione precoce deve essere considerata se esiste un gruppo territoriale perla riabilitazione dell’ictus e se il paziente è capace di essere trasferito in sicurezza dalletto alla carrozzina (Grado A)c) La dimissione non dovrebbe essere effettuata con l’invio a servizi generici diriabilitazione (Grado A)d) Chi assiste i pazienti dovrebbe disporre di tutti gli ausili necessari per posizionare,trasferire e aiutare il paziente minimizzando i rischi (Grado B)e) I servizi ospedalieri dovrebbero avere un protocollo e linee guida locali di dimissioneed allertare il centro di riabilitazione intensiva o il servizio territoriale di riferimentoil più precocemente possibile (Grado A)f) Prima della dimissione occorre verificare che:- Il paziente e la famiglia sono preparati e pienamente coinvolti (Grado C)- Il medico di medicina generale, il team dei centri di salute e i servizi sociali sonoinformati (Grado C)- Gli ausili necessari sono stati individuati ed eventualmente prescritti (Grado C)- Non ci sono ritardi nel proseguire il trattamento in day hospital o sul territorio (Grado A)- I pazienti sono informati sulla presenza di associazioni e gruppi di volontariato(Grado C)

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4.18 L’utilizzo di ausili

L’ausilio non deve essere utilizzato solo nella fase di stabilizzazione degli esiti matrova una specifica utilità in tutte le fasi del processo rieducativo e in particolare inquello intensivo. In questa fase, infatti, l’ausilio è utile per sostenere, anche transitoriamente, i variprogrammi riabilitativi posti in atto. Inoltre anche un ausilio permanente può essereutilmente adattato e personalizzato durante il programma di riabilitazione intensiva.Questo vale, ad esempio, per ausili come la carrozzina che può richiedere specificiadattamenti, o le ortesi di caviglia che andrebbero prescritte dopo una accuratavalutazione della menomazione.

Raccomandazioni:

a) La necessità di un ausilio specifico dovrebbe essere costantemente valutata(Grado B)b) I pazienti dovrebbero essere dotati degli ausili prima possibile (Grado A)c) Tutti i pazienti dovrebbero disporre rapidamente degli ausili necessari (Grado C)d) La prescrizione dell’ausilio deve essere fatta in accordo con il paziente e la famigliain base alle loro aspettative (Grado C)e) Le ortesi di caviglia sono utili in pazienti selezionati (Grado B)f) Laddove necessarie, le ortesi di caviglia vanno personalizzate (Grado C)g) Il bastone o il tripode possono migliorare la stabilità in stazione eretta e nelcammino in pazienti con grave disabilità (Grado B).

4.19 Gli adattamenti ambientali

Una volta ottimizzata la funzionalità della menomazione residua possono esserenecessari adattamenti dell’ambiente nel quale il paziente andrà a vivere, che hannolo scopo di migliorare le attività e la partecipazione dei pazienti alla vita nel lorocontesto ambientale reale.Parlare di questo argomento non è improprio durante la fase intensiva in quantofin da questo momento vanno previste eventuali modifiche.

Raccomandazioni:a) Per ogni paziente, sia esso ricoverato o già al proprio domicilio, andrebbero valutatieventuali adattamenti ambientali che possano migliorarne l’indipendenza (Grado A)b) La prescrizione dovrebbe essere effettuata dopo un’attenta valutazione tenendoconto del paziente e del suo contesto sociale (Grado B)c) Il paziente e chi se ne prende cura dovrebbero essere addestrati all’utilizzo (Grado C)d) L’utilizzo e la necessità degli adattamenti e degli ausili dovrebbe essere regolarmentevalutati e eventualmente cambiati ove necessario (Grado B)

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4.20 La rieducazione alle attività della vita quotidiana

Il miglioramento della disabilità dipende sia dal miglioramento della menomazione,su cui agiscono alcune delle tecniche precedentemente descritte, sia dalle strategiedi compenso, una volta stabilizzato il danno. Tuttavia le attività mirate a questoscopo devono iniziare precocemente ed estendersi anche dopo il trattamentoriabilitativo intensivo, per facilitare non solo le abilità della cura personale, maanche quelle relativa alla vita domiciliare e sociale. Il personale che si occupa diqueste tecniche è costituito principalmente dal terapista occupazionale e dagliinfermieri, che nelle loro pratiche quotidiane rivestono un ruolo cruciale nel facilitarel’indipendenza del paziente per l’autoaccudimento. Gli studi disponibili mostranoperaltro che la riabilitazione agisce sicuramente nel migliorare le attività della vitaquotidiana pur non essendo disponibili studi relativi a tecniche specifiche.

Raccomandazioni:a) Tutti i pazienti con difficoltà nelle attività della vita quotidiana dovrebbero esserevalutati da un terapista occupazionale con specifica esperienza in disabilitàneurologiche (Grado A)b) Un paziente con persistente difficoltà nelle attività della vita quotidiana dovrebbeessere rivalutato per eventuali menomazioni percettive non precedentementeevidenziate (Grado B)c) Pazienti con difficoltà nelle attività della vita quotidiana dovrebbero essere trattatidal gruppo multidisciplinare (Grado A)d) Il paziente dovrebbe essere coinvolto sugli obiettivi del trattamento per le attivitàdella vita quotidiana (Grado C)

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5. PERCORSI CLINICO RIABILITATIVI DELPAZIENTE CON ICTUS

5.1 La riabilitazione nella fase acuta

Stroke Unit e Servizi Ospedalieri per Acuti

Come dimostrato precedentemente è più appropriato che l’ictus venga trattatopresso una stroke unit o in una altro reparto dedicato alla cura dell’ictus in quanto,tale organizzazione di cura riduce la mortalità e la disabilità. Qualora il pazientecon ictus venga ricoverato in un reparto di medicina generale, o in una unità organicanon specializzata, occorre garantire uno standard di assistenza che si avvicini quantopiù possibile a quello della stroke unit.

Raccomandazione:Il paziente con ictus acuto va ricoverato in una stroke unit, indipendentemente dallagravità del quadro clinico. (Grado A)

Implicazione Organizzativa

Se non è possibile raggiungere questo livello di organizzazione è necessario garantireche i pazienti con ictus:� vengano ricoverati in una zona del reparto per acuti dedicata;� vengano assistiti da infermieri e fisioterapisti con esperienza e competenza specifica secondo una metodologia di lavoro che, pur in assenza di un gruppo multidisciplinare strutturato, preveda la definizione di una strategia di intervento, il coinvolgimento dei familiari, la focalizzazione dei problemi specifici e la diffusione di materiale informativo.

La stroke unit

In Italia i pazienti con ictus in fase acuta possono essere ricoverati sia in reparti conun elevato livello di specializzazione, organizzati per fornire un’assistenzamultidisciplinare, che in reparti tradizionali.

Pur non esistendo una definizione univoca di stroke unit, le caratteristiche di questiservizi dedicati, rispetto ai centri di cura convenzionali sono:� il lavoro in gruppo multidisciplinare ad elevata specializzazione;� il continuo aggiornamento del personale coinvolto che presenta esperienza nella gestione dell’ictus;

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� l’attività di ricerca associata alla attività clinica;� il coinvolgimento, l’informazione e l’educazione del paziente e dei suoi familiari;� l’organizzazione in uno spazio dedicato.

Per stroke unit si intende un reparto in cui si pratica assistenza clinica intensiva.Un’unità di 10 posti letto prevede:� 3-5 infermieri per turno (da 1 ogni 2 letti a 1 ogni 4)� 1-2 fisioterapisti (da 1 ogni 5 pazienti a 1 ogni 3)� 1 terapista occupazionale� 0,5 terapisti del linguaggio e delle funzioni cognitive

E’ stata dimostrata l’applicabilità del modello organizzativo della stroke unit nellarealtà clinica (Stegmayr, Asplund et al. 1999) e la riduzione dei costi rispetto aireparti tradizionali (RCPE 2000).

I pazienti ricoverati sia in una stroke unit per acuti che in una riabilitazione intensivain fase precoce (entro il primo mese) hanno più probabilità di tornare ad una vitaindipendente e di non essere istituzionalizzati se paragonati ai pazienti ricoveratinei reparti conventionali (Collaboration 2000).

La superiorità, rispetto alle cure non specialistiche, si concretizza nella prevenzionedi 1 decesso ogni 25 pazienti trattati e nel rientro a domicilio, in condizioni diautonomia, di 1 caso in più ogni 20 trattati. Ciò si traduce nella prevenzione di 67morti e disabili ogni 1000 pazienti ricoverati. La differenza tra i pazienti ricoveratiin stroke unit e pazienti ricoverati in reparti convenzionali è statisticamentesignificativa.

Non esiste ad oggi una organizzazione con maggiori prove di efficacia per offrireuna cura migliore degli ictus che non sia il ricovero in una stroke unit, né esiste uncriterio provato per poter selezionare i pazienti che ne possano giovare di più.

5.2 La riabilitazione nella fase postacuta

Come la stroke unit per acuti e meglio del reparto di medicina generale nel ridurrela mortalità e la disabilità anche le cosiddette stroke unit riabilitative (dedicateesclusivamente all’ictus) o le strutture riabilitative miste (non specificamentededicate all’ictus) sono vantaggiose rispetto ai reparti di medicina generale (StrokeUnit Trialist, 2002).

La fase post acuta deve svilupparsi lungo un percorso che tenga conto delle diversecomponenti cliniche, personali e sociali della persona ammalata, in modo tale dapoter applicare il progetto riabilitativo, ottenendo il miglior rapporto costo beneficio.Se è vero che il programma riabilitativo può produrre effetti positivi anche in soggetticon disabilità minimali, occorre definire criteri di priorità di intervento per individuarechi può trarne maggior beneficio. Un punto critico è rappresentato dai tempi riferiti al

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passaggio da un ambito riabilitativo ad un altro. Ad esempio il passaggio tra l’ospedaledell’acuzie a quello riabilitativo o al territorio deve avvenire in tempi rapidi (non oltrela settimana) per garantire un’appropriata prosecuzione del programma definito.

5.2.1 La tipologia degli interventi

Le attività sanitarie di riabilitazione possono essere distinte sia in relazione all'intensitàe alla complessità che alla quantità e alla qualità di risorse assorbite in:

a) attività di riabilitazione intensiva: dirette al recupero di disabilità importanti,modificabili, che richiedono un impegno medico specialistico ad indirizzo riabilitativoparticolarmente elevato per complessità e durata dell'intervento (oltre 3 ore al giorno).

b) attività di riabilitazione estensiva: caratterizzate da un moderato impegno terapeuticoa fronte di un forte intervento di supporto assistenziale verso i soggetti in trattamento.L'impegno clinico e terapeutico è comunque tale da richiedere una presa in caricospecificamente riabilitativa e complessivamente le attività terapeutiche sono valutabilitra una e tre ore giornaliere.

Gli interventi di riabilitazione intensiva sono erogabili in regime di:1. Ricovero a ciclo continuativo (degenza ordinaria)2. Ricovero a ciclo diurno (day hospital)

Gli interventi di riabilitazione estensiva sono erogabili presso le seguenti strutture(SSN 1998):1. le strutture ospedaliere di lungodegenza riabilitativa;2. i presidi ambulatoriali di recupero e rieducazione funzionale territoriali e ospedalieri;3. i presidi di riabilitazione extraospedaliera a ciclo diurno e/o continuativo;4. i centri ambulatoriali di riabilitazione;5. le residenze sanitarie assistenziali (RSA);6. le strutture residenziali o semiresidenziali di natura socio-assistenziale, i centri socio- riabilitativi e il domicilio.

5.2.2 I vari ambienti riabilitativi

In generale le attività di riabilitazione sono erogate mediante una rete di serviziospedalieri ed extraospedalieri in regime:

� di ricovero ospedaliero a ciclo continuativo e/o diurno;� residenziale a ciclo continuativo e/o diurno;� ambulatoriale, extramurale, domiciliare o RSA.

5.2.3 I criteri di scelta dell’ambiente riabilitativo

La decisione relativa all’invio del paziente verso un programma di riabilitazionedeve basarsi su criteri quanto più possibile oggettivi. Questi debbono prevedere

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livelli di priorità al fine di privilegiare coloro che possono trarre maggior beneficioda un progetto riabilitativo.

Per una corretta scelta dell’ambiente riabilitativo è necessario che la valutazionestandardizzata si basi sia su dati clinici che su dati di contesto (personali, familiarie sociali).

Per la scelta dell’ambiente riabilitativo i parametri di valutazione dovrebbero esserei seguenti:

Condizioni Cliniche:� Deficit neurologici;� Complicanze e comorbilità;� Aspetti funzionali (deficit nutrizionali, integrità cutanea, etc).

Elementi di rilievo:� Condizioni fisiche premorbose;� Condizioni mentali e capacità di apprendimento;� Stato emotivo e motivazione.

Fattori sociali e ambientali:� Presenza di sostegno familiare;� Qualità della vita precedente all’ictus;� Etnia e lingua madre;� Accettazione dell’ictus da parte del paziente e dei familiari;� Preferenze e aspettative del paziente e dei familiari;� Caratteristiche della casa e dell’ambiente.

5.3 La riabilitazione intensiva

Gli interventi inquadrabili come riabilitazione intensiva sono rivolti al trattamentodi menomazioni molto gravi e disabilità complesse con eventuali patologie associate,che richiedono la permanenza in ambiente riabilitativo dedicato e 1'interazionecon altre discipline specialistiche. Possono essere erogati in regime di ricoveroordinario continuativo o in regime di day hospital.

Il programma di riabilitazione intensiva prevede un intervento di almeno 3 oregiornaliere di trattamento individuale, erogato direttamente da personale tecnicospecializzato in riabilitazione che lavora come gruppo multidisciplinare.

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5.3.1 Riabilitazione intensiva ospedaliera a ciclo continuativo

Il ricovero ordinario in riabilitazione intensiva è appropriato se:

� il paziente può andare incontro a miglioramenti della menomazione e della disabilità durante il ricovero, che gli consentiranno di essere reinserito nella comunità o affidato a servizi che lo sottoporranno a cure riabilitative meno intensive;� le condizioni del paziente richiedono un ricovero con disponibilità continuativa, nell'arco delle 24 ore, di prestazioni diagnostico-terapeutico-riabilitative a elevata intensità e un trattamento riabilitativo indifferibile e non erogabile in altri regimi.

Raccomandazione:Il paziente ammesso nel reparto di riabilitazione intensiva deve essere stabile omoderatamente stabile, comunque con una complessità di problematiche tali darichiedere il monitoraggio clinico 24 ore su 24 (grado C).

Il livello di STABILITA' CLINICA è quindi il criterio principale in base al quale sidecide se sia opportuno avviare un paziente alla riabilitazione intensiva ospedaliera.

Si riporta la scala utilizzata per tale definizione:

a) StabilitàIl paziente non presenta febbre, ha parametri vitali stabili, non presenta cambiamentiimportanti nelle condizioni generali, non richiede cambiamenti nel trattamentodurante le prime 48 ore. I deficit neurologici sono stabili o in regressione, il pazientepuò ricevere adeguata nutrizione per via orale o può essere attuata una nutrizioneed idratazione per via enterale.

b) Moderata stabilitàUno o più problemi clinici hanno richiesto un cambio di terapia nelle prime 48 orema i sintomi o l’esame obiettivo non presentano significativi cambiamenti. Non èstata stabilita una via di nutrizione e di idratazione permanente. I deficit neurologicisono invariati o migliorano.

c) InstabilitàIl paziente ha condizioni che richiedono di essere diagnosticate e trattate pressoun'unità di terapia intensiva, perché minacciano la vita del paziente e potrebberocausare stati patologici gravi se non prontamente trattati. Deficit neurologici e statodi coscienza fluttuanti nelle prime 48 ore.E' quindi evidenziato come lo stato di instabilità richieda il ricovero in unità peracuti di terapia intensiva.

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Quale paziente ricoverare in riabilitazione intensiva?

La riabilitazione intensiva deve essere quindi riservata a chi può sostenere almeno 3ore di riabilitazione al giorno su un piano fisico, cognitivo e motivazionale.

In generale, un primo aspetto da tenere in considerazione è l’intervallo dall’eventoacuto. Come è stato detto, la riabilitazione intensiva deve essere iniziata prima possibileed esercitata nelle prime settimane dall’evento acuto. Ricoveri a distanza di anni dalfatto acuto in genere non sono appropriati a meno che non ci sia un deterioramentodella disabilità.

Non ci sono evidenze circa il fatto che l’efficacia del trattamento riabilitativo sia inrelazione alla gravità del quadro clinico (Alexander 1994), (Ronning and Guldvog 1998).

La sindrome clinica è un altro criterio di scelta. L’ictus lacunare ha le possibilità direcupero migliori e può non richiedere un trattamento intensivo quando la menomazioneè particolarmente lieve (Ween, Alexander et al. 1996), (Adams, Davis et al. 1999).

Altro criterio è la sostenibilità di un programma riabilitativo intensivo. Se il pazientenon è in grado di sopportare un trattamento riabilitativo intensivo per la gravitàdel quadro clinico, le comorbilità, l’età, etc., può non essere ammesso allariabilitazione intensiva (1995). La gravità della patologia può essere temporanea,e in questo caso il paziente può essere inviato in riabilitazione estensiva per poiessere eventualmente indirizzato, nel caso in cui ci sia un miglioramento dellecondizioni cliniche, alla riabilitazione intensiva. Pazienti con condizioni difficilmentereversibili quali gravi cardiopatie, demenze, neoplasie a decorso rapidamenteinfausto, malattie degenerative del SNC, etc., devono avere un trattamentoassistenziale-riabilitativo più che riabilitativo specifico.

Il paziente può accedere al reparto di riabilitazione intensiva proveniente dal repartoper acuti; in un minor numero di casi l’accesso può avvenire come trasferimentoda altri reparti (riabilitativi o non) o dal proprio domicilio. Al fine di garantirel’appropriatezza del ricovero è opportuno utilizzare una scheda di richiestastandardizzata che consenta di conoscere le caratteristiche cliniche del paziente.Meglio ancora sarebbe poter garantire che la valutazione venga effettuata dalmedico competente in riabilitazione nei vari nodi della rete.

5.3.2 Riabilitazione intensiva delle gravi cerebrolesioni acquisite

Dove ricoverare il paziente con grave cerebrolesione acquisita?

Il concetto di grave cerebrolesione acquisita è correlata alla gravità del coma (GCS <8),in genere dovuta alla sofferenza cerebrale diffusa conseguente al trauma. In pazienti conictus ischemico o emorragico si possono avere condizioni di gravità tale che non silimitano al danno focale, ma producono un danno cerebrale diffuso spesso legatoall’edema, alla vastità del danno, all’eventuale idrocefalo etc.

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Percorsi clinico riabilitativi del paziente con ictus

Il razionale della collocazione in specifiche strutture di questi pazienti è dato dallapeculiarità determinata dal danno diffuso. In questo caso infatti i tempi di recupero sidilatano rispetto alla tipica curva di recupero dell’ictus e necessitano di uno specificoapproccio multidisciplinare simile a quello che si attua nei traumi cranici gravi.Per trattare questi pazienti (coma grave nelle prime 24 ore con GCS <8) sono individuatedalle linee guida nazionali strutture di alta specializzazione, le Unità per le GraviCerebrolesioni acquisite e i Gravi Traumi Cranio-Encefalici (SSN 1998).

5.3.3 Riabilitazione intensiva in regime di day hospital

Il paziente che è gestibile al proprio domicilio ma ha ancora bisogno di riabilitazioneintensiva e di un supporto clinico complesso è candidato a passare in regime diday hospital.

Il ricovero in day hospital è appropriato se il paziente:a) è clinicamente stabile in misura tale da non aver bisogno di assistenza sanitariacontinuativa per 24 ore al giorno;b) è suscettibile di significativi miglioramenti funzionali e della qualità di vita in unragionevole lasso di tempo;c) ha indicazione per un intervento riabilitativo di elevata intensità o comunqueprolungato nell'ambito della stessa giornata, da somministrarsi con 1'approcciomultiprofessionale più adeguato spesso anche plurispecialistico;d) presenta condizioni cliniche generali che gli permettono di tollerare sia taleintervento sia i trasferimenti quotidiani da e per il proprio domicilio.

5.4 Riabilitazione estensiva

Le linee guida nazionali (SSN 1998) prevedono che gli interventi di riabilitazioneestensiva siano rivolti al trattamento di:1. disabilità transitorie e/o minimali che richiedono un semplice e breve programma riabilitativo;2. disabilità importanti con possibili esiti permanenti che richiedono una presa in carico a lungo termine e un "progetto riabilitativo".

L’intervento di riabilitazione estensiva implica comunque un progetto riabilitativoe può essere erogato nelle seguenti strutture:1. Strutture di riabilitazione estensiva2. Presidi ambulatoriali3. Centri ambulatoriali di riabilitazione4. RSA5. Domicilio

chi assiste il paziente può rappresentare un punto cruciale per il successo delprogetto riabilitativo. Infatti uno dei compiti dei vari setting riabilitativi è quello diaddestrare il paziente e le assistenze ad attività autogestite nel corso della giornataper migliorare o almeno mantenere il livello di autonomia.

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Il trattamento domiciliare subintesivo con tecniche fisioterapiche classichevadiscusso in termini di costi benefici.

I potenziali vantaggi della riabilitazione domiciliare sono:� la convenienza per il paziente che non deve spostarsi;� l’importanza nel caso di disturbi cognitivi;� l’assenza di costi per il trasporto del paziente� il migliore adeguamento dell’ambiente alla disabilità del paziente aumentando le attività autonome e riducendo i rischi

I potenziali svantaggi sono:1. la difficoltà di coordinare il progetto riabilitativo;2. la mancanza di attrezzature necessarie, soprattutto per alcune tecniche riabilitative (ad es. il letto rigido e ampio per gli esercizi e la disponibilità di diversi ausili da provare);3. la perdita di tempo negli spostamenti degli operatori, con diminuzione o del numero di pazienti trattati nel tempo di intervento

5.4.1 Strutture di degenza riabilitativa estensiva

Pazienti gravi che non possono sostenere la riabilitazione intensiva o non possonoessere reinseriti a domicilio, anche temporaneamente, dovrebbero essere indirizzatiin strutture dove sia garantita una buona assistenza infermieristica e un programmariabilitativo a bassa intensità. Il modello di riferimento è quello delle “nursinghome”. Le linee guida SSN del 1998 individuano un modello di questo tipo cheviene chiamato impropriamente lungodegenza riabilitativa.Tali strutture “…assistono in regime di ricovero pazienti, provenienti abitualmentedalle diverse aree assistenziali mediche e chirurgiche, non autosufficienti affetti dapatologie ad equilibrio instabile e disabilità croniche non stabilizzate o in faseterminale, abbisognevoli di trattamenti sanitari rilevanti, anche orientati al recupero,e di sorveglianza medica continuativa nelle 24 ore, nonché di nursing infermieristiconon erogabile in forme alternative. La fase di assistenza post-acuzie è resa in Unitào aree di degenza specificatamente organizzate per garantire la continuità terapeuticacon l'équipe che li ha avuti in carico nella fase acuta dell'episodio di malattia. Essesono funzionalmente organizzate per garantire il "progetto riabilitativo di struttura".Le strutture ospedaliere di lungodegenza assistono altresì, in regime di ricovero,soggetti disabili non autosufficienti, a lento recupero, non in grado di parteciparead un programma di riabilitazione intensiva od affetti da grave disabilità richiedentiun alto supporto assistenziale ed infermieristico ed una tutela medica continuativanelle 24 ore, per i quali è da prevedersi un progetto riabilitativo individuale… “Tali strutture potrebbero essere assimilabili ad una RSA a carattere riabilitativo, adun ospedale di comunità organizzato in senso riabilitativo o strutture di degenzariabilitative a bassa intensita specificamente progettate.La realizzazione di queste strutture permetterebbe di migliorare l’appropriatezzadell’intervento, sollevando, per un periodo limitato nel tempo, le strutture diassistenza territoriale.

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5.4.2 Riabilitazione domiciliare o ambulatoriale?

Il problema della scelta tra riabilitazione ambulatoriale o domiciliare è moltodibattuto, e sono stati effettuati diversi studi, alcuni dei quali hanno prodottorisultati contrastanti, in quanto condizionati da differenze organizzative tra i diversisistemi sanitari e da differenze di selezione dei pazienti ed altri fattori.

Gli studi riguardano 3 elementi principali: efficacia - costi - tipo di intervento.

Efficacia

Ad oggi non ci sono forti prove di efficacia che supportino la scelta di un determinatoambiente riabilitativo. In particolare, non esistono studi randomizzati controllati chevalutino l’efficacia della riabilitazione ambulatoriale rispetto a quella domiciliare. Visono prove dell’efficacia del trattamento domiciliare nel ridurre la disabilità eaumentare la qualità della vita rispetto al trattamento in regime di day hospital, acosto, però, di una maggiore ansia dei parenti (Young and Forster 1992, Gladman,Lincoln et al. 1993), (Anderson, Rubenach et al. 2000). Non ci sono differenze diefficacia tra il trattamento prolungato in regime di ricovero continuativo ed a domicilio,né in termini di mortalità, né di disabilità (Anderson, Mhurchu et al. 2000; Anderson,Rubenach et al. 2000) (Widen Holmqvist, Von Koch et al. 1998) (Gladman, Lincoln etal. 1993; Gladman, Whynes et al. 1994; Gladman and Lincoln 1994; Gladman, Forsteret al. 1995), (Rudd, Wolfe et al. 1997). E’ possibile effettuare un precoce reinserimentoa domicilio con supporto integrato dello stroke service, con il vantaggio di diminuireil numero di pazienti disabili (Indredavik, Fjaertoft et al. 2000), (Anderson, Rubenachet al. 2000). Il confronto tra l’ospedalizzazione e il trattamento domiciliare non portaa differenze di prognosi, ma mette in evidenza differenze di costi. Il problema si spostaquindi ad una valutazione di costi-benefici tra i 3 setting (domicilio, Ambulatorio-Day Hospital e ricovero) che il paziente può sfruttare una volta dimesso.

Costi

Si calcola che la terapia domiciliare costi il 27%, in più rispetto al ricovero, 2,6 voltedi più rispetto al trattamento ambulatoriale e il 25 % in meno rispetto al day hospital(Gladman, Lincoln et al. 1993; Gladman, Whynes et al. 1994; Gladman and Lincoln1994; Gladman, Forster et al. 1995). Un altro recente studio ha confrontato il trattamentoin regime di day hospital con il trattamento in riabilitazione domiciliare dimostrandoun lieve vantaggio per la seconda con un significativo minore costo (Young and Forster1992; Young and Forster 1993). Altri studi non mostrano differenze né in termini diprognosi, né in costi. Probabilmente il miglior rapporto costo-benefecio può essereottenuto con un sistema misto domiciliare/day hospital (Roderick, Low et al. 2001).

Raccomandazioni:a) L’attività di riabilitazione domiciliare è indicata sotto forma di terapiaoccupazionale per brevi periodi (Grado A).b) Una modalità di riabilitazione domiciliare consiste nell’attività di insegnamentoal paziente e alle assistenze per esercizi e mobilizzazioni autogestite (Grado B).

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Percorsi clinico riabilitativi del paziente con ictus

5.4.3 Riabilitazione territoriale domiciliare

L’esecuzione di esercizi a domicilio dopo la dimissione, con la supervisione di unterapista, nel caso di pazienti con danno lieve, è risultata più efficace rispetto alnon fare alcun esercizio mirato al recupero funzionale (Duncan, Richards et al.1998). In un RCT la visita di un terapista 1 volta alla settimana con un programmadi esercizi autogestiti, ha la stessa efficacia della riabilitazione ambulatoriale o diday hospital (Baskett, Broad et al. 1999).Recenti studi enfatizzano come a domicilio, piuttosto che fare un trattamentoneuromotorio occorra effettuare un programma adeguato di terapia occupazionale,con un numero limitato di sedute (Gilbertson, Langhorne et al. 2000), (Logan, Ahernet al. 1997), (Walker, Gladman et al. 1999).In una recente revisione della letteratura inglese (Rice-Oxley and Turner-Stokes1999) viene indicato come più appropriato per i pazienti giovani il trattamentoambulatoriale (purché prolungato e specifico) mentre per l’anziano sembra adeguatoun più generico programma di riattivazione funzionale a domicilio.La definizione di un piano assistenziale-riabilitativo attraverso l’istruzione di coloroche assistono il paziente può rappresentare un punto cruciale per il successo delprogetto riabilitativo. Infatti uno dei compiti dei vari setting riabialitativi è quellodi addestrare il paziente e coloro che assistono ad attività autogestite nel cors dellagiornata per migliorare o almeno mantenere il livello di autonomia.

Il trattamento domiciliare subintesivo con tecniche fisioterapiche classiche vadiscusso in termini di costi benefici.

I potenziali vantaggi della riabilitazione domiciliare sono:� la convenienza per il paziente che non deve spostarsi;� l’importanza nel caso di disturbi cognitivi;� l’assenza di costi per il trasporto del paziente� il migliore adeguamento dell’ambiente alla disabilità del paziente aumentando le attività autonome e riducendo i rischi

I potenziali svantaggi sono:1. la difficoltà di coordinare il progetto riabilitativo;2. la mancanza di attrezzature necessarie, soprattutto per alcune tecniche riabilitative (ad es. il letto rigido e ampio per gli esercizi e la disponibilità di diversi ausili da provare);3. la perdita di tempo negli spostamenti degli operatori, con diminuzione o del numero di pazienti trattati nel tempo di intervento

5.4.4 Riabilitazione territoriale ambulatoriale

Le disabilità di interesse territoriale possono essere distinte in 2 categorie: disabilitàminimali, spesso transitorie, e disabilità gravi con possibili esiti permanenti. Pertantol’intervento riabilitativo si rivolge a:

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Percorsi clinico riabilitativi del paziente con ictus

Tale équipe, ove la complessità della disabilità trattata imponga la presa in caricopiù estesa del paziente, deve essere allargata ad altre figure professionali chenevengono a costituire così parte integrante:� Assistente Sociale� Psicologo� Neurologo esperto in ictus.� Medici specialisti (in regime di consulenza polispecialistica)

L’équipe riabilitativa deve essere sempre il punto di riferimento dell’utente, che neviene preso in carico. Il lavoro d’équipe si basa anche in questo caso sulla stesuradi un progetto riabilitativo articolato secondo fasi ed obiettivi riabilitativi chiari econcordati e sulla verifica del loro raggiungimento nei tempi prefissati.Si devono per questo prevedere riunioni strutturate periodiche in cui tutti i membridell’équipe possono confrontarsi sia sui piani d’intervento riabilitativo che sugliaspetti organizzativi. Nel caso della presa in carico del paziente il medico coordinatoredell’équipe è uno specialista in riabilitazione.

In ogni caso l’équipe riabilitativa del territorio deve:� dare risposte celeri ai bisogni dell’utente e/o una rapida presa in carico (ove necessario, nei casi più complessi)� usufruire, ove necessario, di una diagnostica riabilitativa strumentale accessibile in tempi brevi� operare in sinergismo con l’équipe riabilitativa dell’ospedale

1. disabilità transitorie e/o minimali che richiedono un semplice e breve programma terapeutico-riabilitativo, in genere, anche senza la completa presa in carico dell’equipe riabilitativa;2. disabilità importanti con possibili esiti permanenti, spesso multiple, che richiedono una presa in carico nel lungo termine richiedenti un "progetto riabilitativo" individuale. In questo caso è necessaria una presa in carico da parte dell’equipe multidisciplinare.

Il tipo di menomazione alla base della disabilità deve orientare specifici percorsid’intervento e protocolli terapeutici cui si associa la necessità di coinvolgere specifichefigure professionali nell’équipe riabilitativa.

Anche in caso di riabilitazione territoriale occorre elaborare un programmariabilitativo individuale con presa in carico da parte dell’équipe riabilitativa instretto rapporto con il Medico di Medicina Generale (MMG), il Medico Responsabiledel Centro di Salute e lo specialista neurologo esperto in malattie cerebrovascolari.

Il gruppo multidisciplinare riabilitativo o équipe riabilitativa è composto da:� Medico specialista in Riabilitazione coordinatore dell’équipe e responsabile del progetto riabilitativo� Terapista della Riabilitazione (Terapista Neuromotorio e/o Logopedista) responsabili dello specifico programma riabilitativo applicato� Infermiere Professionale

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Percorsi clinico riabilitativi del paziente con ictus

L'intervento riabilitativo territoriale assolve le funzioni di:- monitoraggio periodico della disabilità;- prosecuzione o inizio del progetto riabilitativo;- prevenzione delle situazioni di svantaggio sociale conseguente alla disabilità;- valutazione, prescrizione, addestramento relativo ad ausili, protesi, ortesi;- assistenza e consulenza nelle azioni di reinserimento sociale e professionale del disabile.

Gli interventi della riabilitazione territoriale possono essere erogati sia a livelloambulatoriale che al domicilio dei pazienti con:

A - Disabilità lieve:Il paziente é capace di accedere alla propria abitazione (scale o ascensore)autonomamente, con sorveglianza o con aiuto.

B - Disabilità medio-grave:Il paziente può mantenere la posizione seduta per almeno due ore e può esseretrasportabile.

C - Disabilità grave:Il paziente non mantiene la posizione seduta. Non è trasportabile.- Viene attivata la consulenza riabilitativa domiciliare.

Per la realizzazione di tale modalità operativa è importante che ogni servizio sipossa avvalere di un adeguato servizio di trasporto per disabili.

5.4.5 Le fasi della presa in carico

Le fasi fondamentali della presa in carico sono:

1.Invio dal gruppo multidisciplinare del reparto ospedaliero o dal medico di base all’equipe riabilitativa territoriale.

2.Valutazione dell'équipe riabilitativa in ambulatorio, o a domicilio quando le condizioni cliniche del paziente non consentono di trasportarlo.

3.Presa in carico da parte del servizio con definizione di:

- programma riabilitativo ambulatoriale- programma riabilitativo domiciliare, attraverso un breve training (massimo 3 accessi) per fornire indicazioni ai familiari o a chi si occupa del malato, per il supporto assistenziale e riabilitativo. Il training ha lo scopo principale di favorire al massimo il recupero della trasportabilità- programma di autonomia domiciliare per i pazienti non candidati all’intervento riabilitativo ambulatoriale- altri tipi di intervento, in relazione ai criteri sopra menzionati, nel caso che non sia ritenuto appropriato un programma riabilitativo.

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Percorsi clinico riabilitativi del paziente con ictus

Raccomandazione:Laddove l’équipe territoriale offra prestazioni anche nell’ospedale per acuti è opportunoe utile stabilire uno stretto collegamento tra trattamento per acuti e programmariabilitativo territoriale. (Grado C)

5.4.6 La valutazione del domicilio

E’ compito dell’équipe territoriale anche la valutazione del domicilio del pazienteper verificare la possibilità che viva in autonomia, o, comunque, con l’aiuto di chisi occupa di lui, all’interno dell’ambiente familiare .La verifica delle caratteristiche della casa del paziente va fatta appena stabilizzatala fase acuta ed ha lo scopo di individuare i problemi che il paziente potrebbeincontrare al rientro presso il proprio domicilio.Generalmente le aree da prendere in considerazione sono:� possibilità di spostamenti, accessi, sicurezza, mobilio della cucina� trasferimenti sedia - letto-poltrona - posizione in piedi� accesso in bagno e possibilità di fare il bagno o la doccia.Dopo aver valutato la situazione e fatto una lista dei problemi vengono dateraccomandazioni circa le soluzione possibili al paziente e a chi lo assiste. Laddovenecessario, il nucleo familiare sarà aiutato nella stesura di un progetto diristrutturazione.Sebbene non ci siano studi che forniscano prove di efficacia di tale intervento,sembra tuttavia che questo abbia un ruolo importante nell’evitare dimissioniimproprie ed istituzionalizzazioni.

5.5 La riabilitazione nella fase cronica

5.5.1 La valutazione e il monitoraggio degli esiti

Una volta stabilizzato il quadro clinico e raggiunti gli obiettivi riabilitativi occorreagire per minimizzare le difficoltà alla partecipazione alla vita attiva. Questa è unafase piuttosto delicata perché coinvolge la sfera personale e sociale del paziente.Sul piano individuale, il problema centrale è quello della non accettazione da partedel paziente della sua disabilità. Questo porta spesso alla convinzione checontinuando il programma riabilitativo si continuerà a migliorare. In realtà è questoun modo di allontanare il problema della propria disabilità e di fare il “malato diprofessione”, anziché affrontare il difficile reinserimento nella vita quotidiana.Spesso mancano strutture che possano facilitare il reinserimento lavorativo e sociale,per cui la tendenza è quella di proseguire il programma, come sbocco palliativoalla esigenze sociali del malato. L’approccio più corretto è quindi, in generale, diinterrompere il programma riabilitativo in assenza di obiettivi di ulteriore

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Percorsi clinico riabilitativi del paziente con ictus

miglioramento e delegare al paziente e a chi lo assiste le attività per mantenere laabilità riacquisite. E’ indicato monitorare nel tempo il paziente allo scopo diindividuare le variazioni delle condizioni cliniche e valutare se ci sono margini perriprendere un programma riabilitativo. La valutazione verrà effettuata dal gruppomultidisciplinare territoriale sopra descritto.

5.5.2 L’ utilità dei “ricicli riabilitativi”

L’utilità dei cicli riabilitativi nel mantenere le abilità acquisite nel paziente con ictusè un tema ancora dibattuto anche se l’utilità a lungo termine è discutibile.Esistono indicazioni secondo le quali i pazienti trattati a lungo termine miglioranola velocità del cammino.Tali vantaggi, descritti in un singolo studio non randomizzato, erano perduti alla finedel trattamento senza sostanziale variazione di disabilità (Wade, Collen et al. 1992).Vantaggi sulla disabilità sembra vengano descritti da un altro studio in cui i pazienticronici trattati con attività finalizzate al singolo compito miglioravano la velocitàdel cammino e la mantenevano a 2 mesi di distanza (Dean, Richards et al. 2000).Alla luce di quanto presente in letteratura si può avere qualche certezza rispetto aivantaggi che possono essere ottenuti con il trattamento del paziente stabilizzato,ma non è affatto certo che questi possano essere mantenuti.In particolare, occorre verificare che i pazienti che deteriorano non siano quelli chenon hanno mantenuto le attività prescritte alla fine del programma riabilitativo.

Raccomandazioni:a) I cicli di mantenimento assumono una bassa priorità, a vantaggio dell’interventoin fase acuta e post-acuta, dove sembra che un adeguato programma riabilitativodia maggiori benefici (Grado C).b) Il gruppo multidisciplinare territoriale deve monitorare periodicamente (ogni 6mesi) il mantenimento delle abilità (Grado C).c) Un nuovo programma riabilitativo (assistenziale, occupazionale, motorio etc.) puòessere impostato qualora si riscontri un peggioramento della disabilità (Grado C)

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Allegato

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FIGURA 3Percorso del paziente con Ictus in base alla gravità

Gruppo A Gruppo B Gruppo CPz con menomazioni minimeche richiedono solo unasupervisione o modesto aiutoper la mobilità o nellenormali attività della vitaquotidiana (Grado C)

Pz con menomazioni medieo gravi che possono tollerarealmeno 3 ore di riabilitazioneal giorno che devono essereassistiti in parte o totalmenteper la mobilità (GradoB)

Pz con poca resistenza allosforzo, cognitivamenteincapaci di parteciparea d u n p r o g r a m m a d iriabilitazione ospedaliera(Grado C)

RiabilitazioneTerritoriale

RiabilitazioneIntensiva Ospedaliera

RiabilitazioneEstensiva Ospedaliera

Casa StrutturaProtetta

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Allegato

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Riabilitazione Territoriale

Centro Ambulatorialedi Riabilitazione

Domicilio

Centro di Salute

Disabilità lievi o piùcomplesse in continuità con

il progetto riabilitativoiniziato in ospedale

Interventomultidisciplinare

Alcune sedute diriabilitazioneneuromotoria

Sedute di terapiaoccupazionale

Attività educativaverso le assistenze

e i familiari

- Disabilità gravi in ambito ADI

- Disabilità gravi senza possibilità di recuperocon intervento educativo per i caregiver- Disabilità complesse che necessitano di attivitàoccupazionale

FIGURA 4Percorsi di riabilitazione territoriale

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Allegato

4 3 2 1

CondizionigeneraliLivelli diassistenza richiestiper ADL* relativi a:igiene,alimentazione,movimenti

BuoneAbile ad eseguirele proprie ADL*

ScadentiRichiedeassistenza per piùADL*

PessimeTotalmentedipendente pertutte le ADL*

ApaticoOrientato neltempo, spazio epersone, marichiederipetizione delledomande

Stato mentaleRisponde alledomande relativeal tempo, spazio epersone in modosoddisfacente eveloce

LucidoOrientato neltempo, spazio epersone. Rispostarapida

ConfusoParzialmenteorientato neltempo, spazio epersone. Larisposta puòessere rapida

StuporosoTotalmentedisorientato.La risposta puòessere lenta orapida. Il pazientepuò essere incoma.

DiscreteRichiedeassistenza peralcune ADL*

Deambulazione NormaleCammina da soloo con l’aiuto dipresidi

Costretto su sediaSi muove solo susedia

AllettatoConfinato a lettoper tutte le 24 ore

LimitataPuò usare econtrollare leestremità con laminima assistenzadi una altrapersona. Può o nousare un presidio

MobilitàQuantità econtrollo delmovimento di unaparte del corpo

PienaPuò muovere econtrollare leestremità comevuole. Può o nousare un presidio.

Molto limitataLimitataindipendenza nelcontrollo e neimovimenti delleestremità.Richiede sempreassistenza diun’altra persona.Può o no usare unpresidio

ImmobileNon haindipendenza nelmovimento ocontrollo delleestremità.Richiedeassistenza per ilmovimento diogni estremità

OccasionaleIncontinenza diurine 1-2 volte/diee o feci 1 volta/die

IncontinenzaValutazione dell’insufficenza delcontrollo di urinee feci

AssenteNon incontinentedi urine e /o feci.Può avere uncatetere

Abituale urineIncontinenzaurine più di 2volte/die, ma nonsempre e/o feci2-3 volte /die

DoppiaTotaleincontinenza aurine e feci

Paziente

Data di nascita Patologie

Presa in carico 1° controllo 2° controllo 3° controllo

Data

Punteggio**Punteggio**

Firma compilatore

* ADL: activity of daily living= attività basilari di cura della persona** da 4 a 11 rischio elevato; da 12 a 14 rischio lieve; oltre 14 rischio nullo

Scheda di Norton modificata (secondo Nancy A. Stotts)

Cammina conaiutoCammina solo conl’aiuto di unapersona

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Allegato

Scheda personale del paziente per la localizzazione delle lesioni

Utente

Localizzazione

Valutazione iniziale

Lunghezza/ampiezza(cm)

Profondità(cm)

aspetto(granul-crosta-escara)

Localiz. stadio

1 2 3 41

1 2 3 43

1 2 3 45

1 2 3 47

1 2 3 410

1 2 3 412

1 2 3 415

1 2 3 416

1 2 3 418

1 2 3 423

1 2 3 422

stadio

1 2 3 4

1 2 3 4

1 2 3 4

1 2 3 4

1 2 3 4

1 2 3 4

1 2 3 4

1 2 3 4

1 2 3 4

1 2 3 4

1 2 3 4

Localiz.

2

4

6

8

9

11

13

14

17

19

21

1 2 3 4 20

1 orecchio

3 occipite

5 seno

7 gomito

10 cresta iliace

12 gluteo

15 coscia

16 ginocchio

18 malleolo esterno

23 alluce

20 malleolo interno

22 calcagno

2zigomo

4spalla

6scapola

8colonna

9sacro

11

13

14genitali

17polpaccio

19tendine Achille

21pianta

LegendaLesioni 1° stadio - Arrossamento stabile (rossore che permane anche dopo 15’ dalladecomposizione della zonaLesioni 2° stadio - Escoriazioni e/o vescicole. E’ coinvolto l’epidermide e il derma.Lesione 3° stadio - Ulcerazione a carico di tutto lo spessore della cute con esposizione deltessuto sottocutaneo.Lesioni 4° stadio - Ulcerazione profonda con esposizione dei muscoli e delle ossa.Aspetto: tessuto di granulazione, chiaro e sano - crosta o tessuto fibrotico - escara

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GlossarioLa riabilitazione può essere definita come una fondamentale forma di intervento peri pazienti che hanno subito un ictus, accanto agli interventi medici e chirurgici di provataefficacia.E’ finalizzata ad ottenere il recupero del miglior livello fisico, cognitivo, psicologico,funzionale e delle relazioni sociali nell’ambito dei bisogni e delle aspirazioni dell’individuocolpito e della sua famiglia.

Si definiscono quali "attività sanitarie di riabilitazione" gli interventi valutativi, diagnostici,terapeutici e le altre procedure finalizzate a portare il soggetto affetto da menomazionea contenere o minimizzare la sua disabilità, e il soggetto disabile a muoversi, camminare,parlare, vestirsi, mangiare, comunicare e relazionarsi efficacemente nel proprio ambientefamiliare, lavorativo, scolastico a sociale.

Si definiscono "attività di riabilitazione sociale" le azioni e gli interventi finalizzati agarantire al disabile la massima partecipazione possibile alla vita sociale, con la minorrestrizione possibile delle sue scelte operative, indipendentemente dalla gravità dellemenomazioni a delle disabilità irreversibili, al fine di contenere la condizione di handicap.

Termini

ADL (Attività di vita quotidiana). Attività quotidiane basilari come nutrirsi, rassettarsi,lavarsi e vestirsi.Afasia. Perdita della capacità di comunicare oralmente, per segni o per iscritto, oppureincapacità di comprendere tali forme di comunicazione; la perdita della capacità diusare il linguaggio.Affidabilità, dei test di controllo. Procedura di valutazione che permette di giungere allemedesime conclusioni diagnostiche o valutative su di un determinato paziente in tempidiversi, in condizioni cliniche di stabilità.Affidabilità, fra osservatori. Procedura di valutazione che permette a differenti osservatoridi giungere alle medesime conclusioni diagnostiche o valutative su di un determinatopaziente, le cui condizioni cliniche sono stabili.Agrafia. Incapacità di esprimere per iscritto il proprio pensiero.Alessia. Incapacità di comprendere il linguaggio scritto.Anteriore. Parte frontale di un organo o del corpo.Aprassia. Patologia del movimento appreso non correlata con deficit di forza,coordinazione, sensibilità o comprensione.Astereognosia. Incapacità di riconoscere o caratterizzare oggetti al tatto.Atassia. Patologia del movimento in cui l'attività muscolare non è coordinata.Attacco ischemico transitorio (TIA). Rapida insorgenza di un deficit neurologico focaleche regredisce spontaneamente in pochi minuti o in poche ore, ma sempre entro 24 oree che dopo adeguate indagini si ritiene causato da ischemiaAttivazione. Stimolazione del sistema nervoso ottenuta incoraggiando il paziente conesiti di ictus a divenire mentalmente e fisicamente attivo.Attività. Prestazione di un individuo nell’eseguire un compito od un attivitàAutosufficienza. Capacità di provvedere a se stessi svolgendo le normali attività di vitaquotidiana.

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Biofeedback. Utilizzo di retroazione visiva o uditiva sullo stato di una funzione fisiologica(come il battito cardiaco) o sulla posizione di una parte del corpo (come il braccio o lagamba) con il proposito di aiutare l'individuo ad ottenere un miglior controllo dellafunzionalità e della posizione.Cardiovascolare. Pertinente al cuore e ai vasi sanguigniCaregiver. Persona che fornisce supporto diretto ad un disabile, generalmente al domicilio.Cervello. Principale porzione dell’encefalo che comprende i due emisferi cerebrali;termine spesso utilizzato come sinonimo di encefaloCognitività/cognitivo. Processo del conoscere, che comprende coscienza, percezione,ragionamento, ricordo e capacità di soluzione dei problemi.Comorbilità. Una o più malattie croniche addizionali in un individuo che ha avuto unoictus, come patologie cardiache o polmonari.Compensazione. Abilità di un individuo con invalidità residua da ictus a svolgere uncompito sia utilizzando l'arto colpito attraverso un approccio adatto (differente), sial'arto sano direttamente; indica anche un approccio riabilitativo con cui il paziente siadatta alle invalidità residue e le compensa.Continenza. Capacità di controllo sfinterico (minzione e alvo).Contrattura. Condizione di blocco ad alta resistenza allo stiramento muscolare passivoper fibrosi e retrazione dei tessuti di sostegno di muscoli e articolazioni.Controlaterale. Lato opposto.Controllo motorio. Capacità di controllare i movimenti del corpo.Coronaropatia. Patologia cardiaca caratterizzata da restringimento o occlusione dellearterie che irrorano il muscolo cardiaco, che esita in dolore toracico, miocardiopatiaacuta e lesioni cardiacheCounseling. Interventi di supporto e di istruzione volti ad assistere il paziente o lafamiglia nell'identificazione delle questioni fondamentali e nella soluzione dei problemia esse collegati.Deambulazione. Atto del camminare.Decadimento fisico. Perdita di forma fisica o cardiovascolare come risultato dell'inattività.Deficit. Perdita di abilità; in caso di ictus, perdita delle funzioni neurologiche.Demenza. Patologia mentale caratterizzata da deficit cognitivo e frequentemente dadisturbo di personalità da deterioramento cerebrale; un esempio è il morbo di AlzheimerDepressione. Patologia mentale caratterizzata da disperazione, scoraggiamento e tristezza.Deterioramento. Perdita o anormalità di capacità fisiche o psicologiche.Diagnosi. Determinazione dell'esatta natura di una specifica patologiaDisartria. Difficoltà all'articolazione corretta del linguaggio.Disfagia. Difficoltà a deglutire.Embolo/embolia. Coagulo o sostanza estranea nel circolo ematico che occlude un'arteriao una vena.Emianopsia omonima. Deficit visivo o cecità della metà destra o sinistra del campovisivo di entrambi gli occhi.Eminattenzione o Negligenza Spaziale Unilaterale (NSU). Ridotta capacità ad orientarsiverso lo spazio (Personale, peripersonale, extrapersonale) controlaterale.Emiparesi. Debolezza muscolare o paralisi parziale di un lato del corpo.Emiplegia. Paralisi di un lato del corpo.Emorragia cerebrale. Emorragia che si manifesta nel tessuto cerebrale.Emorragia sub-aracnoidea. Emorragia dello spazio sub-aracnoideo che causacompressione o emorragia a livello dell’encefalo.Emorragia. Sanguinamento da rottura di un vaso.Epidemiologia. Studio dei fattori che influenzano la frequenza e la distribuzione di unamalattia nella popolazione.

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Esercizi di escursione. Esercizi durante i quali le articolazioni sono sollecitate al limitedi flessione, estensione o rotazione; gli esercizi sono attivi se il paziente si impegna conla forza necessaria alla loro esecuzione o passivi se il terapista provvede in tal senso.Famiglia. Parenti o amici che vivono con il paziente o che comunque gli sono vicini.Fattore di rischio. Caratteristica individuale o ambientale che predispone o favoriscela condizione patologica considerata.Fibrillazione atriale. Rapida ed irregolare contrazione atriale che genera ritmo ventricolarerapido ed irregolare.Funzioni del Corpo. Sono le funzioni fisiologiche o psicologiche dei sistemi corporeiGastrostomia nutrizionale. Intervento chirurgico che apre un ingresso diretto allostomaco, attraverso cui si nutre il paziente.Grafestesia. Capacità di riconoscere figure o numeri disegnati sulla pelle con una puntarigida.Handicap. Svantaggio che risulta da un deficit o da una da inabilità, che limital'adempimento di un ruolo che è normale per gli individui colpiti.IADL (Attività strumentali di vita quotidiana). Complesso delle attività richieste pervivere indipendentemente, come usare il telefono, gestire la casa, cucinare, utilizzare imezzi pubblici o gestire le proprie risorse economiche.Ictus emorragico. Ictus da rottura di un vaso cerebrale.Ictus ischemico. Ictus causato da un insufficiente apporto ematico e di ossigenazione.Ictus. Patologia acuta neurologica di origine vascolare con sintomi e segni checorrispondono al coinvolgimento di un'area focale del cervello; oppure, rapida comparsadi un deficit neurologico che persiste per almeno 24 ore ed è causato da una emorragiacerebrale o sub-aracnoidea o dall'occlusione di un vaso che irrora o drena un territorioencefalico.Inabilità. Ridotta abilità o perdita dell'abilità di un individuo a svolgere le attività di vitaquotidiana.Incidenza. Frequenza con cui si manifestano nuovi casi di una patologia in undeterminato lasso di tempo.Incontinenza. Perdita del controllo sfinterico.Indipendenza. Capacità di compiere tutte le normali attività senza aiuto o supervisione.Infarto. Morte di una parte di un organo per mancanza di ossigenazione e di nutrizione.Ingestione per aspirazione (ab ingestis). Atto di ingerire materiali liquidi o solidi nellevie aeree.Ipertensione. Elevata pressione sanguigna.Ipotensione ortostatica. Abbassamento della pressione sanguigna dal clinostatismoall'ortostatismo.Istituzionalizzazione. Ricovero a tempo indeterminato di un paziente con patologiecroniche in una struttura residenziale protetta.Limitazione funzionale. Ridotta abilità o assenza di abilità a svolgere un'azione o uncompito in un range fisiologico di attività.Limitazioni di Attività. Le difficoltà che un individuo può avere nel compiere delle attività.Medico responsabile. Il medico che è responsabile del trattamento clinico di un pazientee del coordinamento dei diversi specialisti necessari; si tratta in genere di un internista,di un medico di famiglia, di un pediatra, anche se può avere altre specializzazioni.Menomazioni. problemi nelle funzioni o nelle strutture del corpo, perdita o significativadeviazione dalla normaMetanalisi. Revisione sistematica; valutazione clinica e statistica di più studi clinicirandomizzati che indagano la stessa patologia.Mobilità. Capacità di muoversi liberamente.Mobilizzazione. Atto di aiutare un paziente a muoversi nel letto, sedersi, alzarsi ed

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eventualmente camminare.Monitoraggio. Controlli ripetuti delle condizioni cliniche, neurologiche e funzionali diun paziente.Neurologia. Branca della medicina che studia il sistema nervoso.Occlusione. Blocco.Omolaterale. Stesso lato.Ortesi. Apparecchi meccanici che esercitano una pressione su parti del corpo persorreggere, correggere o aiutare una funzione.Partecipazione. Il coinvolgimento di un individuo nelle situazioni relative allo Stato diSalute, Funzioni e Strutture del Corpo, Attività e fattori ContestualiPatologia. Interruzione delle normali funzioni organiche o strutture, o interferenza conle stesse da parte di una malattia.Paziente ambulatoriale. Persona che riceve il trattamento in una struttura sanitariasenza esservi ricoverata continuativamente, anche in regime di day-hospital.Paziente degente. Individuo sottoposto a trattamento durante il ricovero in ambienteospedaliero.Percezione. Riconoscimento conscio di uno stimolo sensoriale.Perseverazione. Involontaria e patologica persistenza di una risposta verbale o motoriaindipendente dallo stimolo e dalla sua durata.Piaga da decubito. Ulcerazione cutanea da prolungata pressione in pazienti costrettia letto o in carrozzina.Profilassi. Trattamento atto a prevenire malattie.Propriocezione. Percezione del movimento o della posizione spaziale del corpo.Psicoterapia. Intervento psicologico continuativo.Restrizioni della Partecipazione. Problemi incontrati da un individuo nel modo o nelgrado di coinvolgimento nelle varie situazioni della vitaRiabilitazione acuta. Termine utilizzato da alcune fonti per indicare una riabilitazioneintensa a cui viene sottoposto un paziente degente in una struttura specializzata nellariabilitazioneRiabilitazione allargata. Approccio riabilitativo che coinvolge tutti i servizi e le disciplineriabilitative (fisioterapia, terapia occupazionale, animazione, servizi di igiene mentale, ecc.).Riabilitazione estensiva. Attività riabilitativa applicata con un’intensità compresatra 1 e 3 ore.Riabilitazione intensiva. Generalmente riconosciuta come attività riabilitativa checomprende 3 o più ore quotidiane di fisioterapia e terapia occupazionale, psicologicao logopedica per 5 o più giorni alla settimana.Riabilitazione. Recupero all'autosufficienza di un disabile o comunque ottimizzazionedella sua indipendenza funzionale.Screening. Valutazione tesa ad individuare condizioni cliniche iniziali o prima della loromanifestazione, spesso con lo scopo di attuare trattamenti di prevenzione omiglioramento del problema.Sensibilità ai cambiamenti. Abilità di una procedura di valutazione o di uno strumentodi individuare cambiamenti clinici minimi.Sensibilità. Caratteristiche di una procedura di valutazione o di uno strumento che siriferiscono alla sua ragionevolezza, importanza e facilità di utilizzo.Sopore. Riduzione dello stato di allerta o di veglia.Spasticità. Anormale incremento del tono muscolare.Stabilità clinica. Mantenimento di condizioni di salute stabili nonostante lamalattia in atto.Stereognosia. Capacità di percepire natura e forma di un oggetto al tatto.Stimolazione elettrica funzionale. Scariche elettriche applicate ai nervi o ai muscoli

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colpiti da ictus con l'intento di rafforzare la contrattilità muscolare e migliorare ilcontrollo motorio. A minore intensità (TENS, Stimolazione elettrica trans-cutanea) laprocedura è anche utilizzata per il controllo del dolore.Struttura residenziale protetta. Struttura con assistenza sanitaria continuativa.Struttura riabilitativa. Struttura sanitaria organizzata e gestita per assicurare cicliintensivi e completi di riabilitazione.Strutture del Corpo. Sono i componenti anatomici del corpo come gli organi, gli arti ele loro parti.Studio di osservazione. Studio in merito a un trattamento che giunge a conclusionibasate sull'osservazione di soggetti in un determinato lasso di tempo.Studio prospettico. Studio basato su dati raccolti prospettivamente dall'inizio del trial.Studio randomizzato controllato. Studio in cui i pazienti sono casualmente assegnatial gruppo di controllo o di trattamento sulla base di una selezione effettuata prima diraccogliere i dati.Studio retrospettivo. Studio basato su dati raccolti in precedenza, generalmente peraltre finalità di ricerca.Studio sperimentale. Studio in cui un trattamento è confrontato con un altro.Tasso di mortalità. Frequenza dei decessi per una determinata patologia.TENS. Stimolazione elettrica transcutanea.Tolleranza ortostatica. Capacità di mantenere costante la pressione sanguigna inposizione eretta.Trattamento interdisciplinare. Trattamento fornito ad un paziente da due o più disciplinemediche o riabilitative, in collaborazione.Trial. Studio clinico.Tromboembolia. Embolo che origina da un coagulo vasale e che si manifesta in un altroterritorio vascolare.Trombosi venosa profonda (TVP). Coagulazione intravasale di una vena profondadegli arti.Trombosi. Coagulazione intravasale.Vescica neurologica. Anomala funzione vescicale da danno del sistema nervoso.

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Appendice 1

La prescrizione degli ausili

Il ruolo degli ausili rappresenta una componente essenziale che s’inserisce nelprogramma:

� di prevenzione delle complicazioni in fase post - acuta (decubiti, TVP, problemipolmonari ecc.);� d’aiuto nel superamento delle barriere architettoniche, ambientali e domestichenel momento del ritorno e reinserimento, alla dimissione, nel proprio ambientefamiliare;� di miglioramento delle possibilità di recupero della disabilità, nel periodo diriabilitazione ambulatoriale presso le strutture di II livello;� d’aiuto nell’eventuale inserimento in Residenze Sanitarie Assistenziali, legatospesso oltre che ad un insufficiente recupero, anche a condizioni socio - familiaricarenti;� di contenimento del danno motorio stabilizzato, per incrementare la possibilitàdi reinserimento nell’ambiente socio - familiare e, quando possibile, lavorativo.

In fase acuta e immediatamente post - acuta gli ausili, necessari alla prevenzionedelle complicanze, sono di proprietà e pertinenza delle strutture di ricovero in cuiil paziente giunge dopo l’ictus e solo raramente hanno bisogno di personalizzazioneper particolari esigenze del paziente.E’ al momento della dimissione del paziente che si deve valutare la necessità d’ausiliutili ed idonei, sia per quanto riguarda il programma riabilitativo immediato, siaconsiderando la situazione ambientale in cui il paziente si troverà alla dimissione(barriere architettoniche nelle eventuali realtà di reinserimento).

Al momento della dimissione dalla fase acuta, raramente è possibile una completavalutazione delle capacità di recupero del paziente; nella gran parte dei casi, pertanto,il compito di prescrizione degli ausili, secondo le condizioni cliniche, va demandatoal team della riabilitazione post - acuta, intensiva od estensiva. Il team deve fornireal paziente, insieme alla lettera di dimissione, una dettagliata prescrizione degliausili necessari, indicando i codici di riferimento, le modalità, i tempi d’utilizzo ele finalità della fornitura. Altrettanto importante è offrire ai familiari o, quandoquesti fossero indisponibili, alle figure che si occuperanno dell’assistenza delpaziente, una chiara indicazione su orari ed ubicazione degli uffici di prescrizionee sulla documentazione necessaria per ottenere la fornitura.

I

Appendice 1

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Appendice 1

II

Gli aspetti tecnico specialistici nella prescrizione degliausili

La prescrizione degli ausili va vista come un atto che s’inserisce nel programma disuperamento delle disabilità e non come la fornitura d’attrezzi come diritto delpaziente.

Per questa ragione la prescrizione, che deve avvenire possibilmente su un modellounico, perlomeno in ambito regionale, deve rappresentare l’atto finale di un processodi valutazione del paziente effettuato dal team che ha la responsabilità delprogramma riabilitativo dello stesso.Il medico competente in riabilitazione, insieme con il fisioterapista e le eventualialtre figure professionali che hanno in carico il paziente, deve:� elaborare la prescrizione, garantendo che la stessa avvenga all’interno di un pianoriabilitativo personalizzato;� seguire, se richiesto, le fasi di realizzazione dell’ausilio in collaborazione conl’officina ortopedica incaricata della fornitura;� verificare, al momento del collaudo, che quanto previsto corrispondaeffettivamente alle esigenze riabilitative del paziente e non semplicemente che icodici e/o i materiali corrispondano alla prescrizione iniziale.

Istituzione e ruolo dei centri ausili

Partendo dal presupposto che per gli operatori coinvolti nella definizione di unospecifico progetto riabilitativo oggi la maggiore difficoltà nella scelta di un ausilionon è tanto dovuta alla mancanza dello stesso (visto il grande sviluppo dell’offertada parte delle aziende del settore, sia a livello nazionale sia internazionale), quantoalla difficoltà di identificarlo, selezionarlo ed eventualmente personalizzarlo, neconsegue l’esigenza di proporre la creazione a livello di Azienda USL di un “CENTROAUSILI” (con competenza per infanzia e adulti).

Tale struttura organizzativa deve assolvere alle seguenti funzioni essenziali:

� informazione e documentazione sugli ausili, sui supporti per il superamentodelle barriere architettoniche e l’ottimizzazione della mobilità, con l’utilizzo di unabanca dati per l’aggiornamento costante e l’informazione degli operatori dellariabilitazione, dei soggetti con disabilità e menomazioni funzionali congenite oacquisite e di chi li assiste;� supporto e consulenza ai servizi di riabilitazione;� assistenza tecnica alle strutture sociali che partecipano al progetto riabilitativo(servizi sociali dei comuni, centri di riqualificazione professionale, centri diformazione e perfezionamento degli operatori socio – sanitari, laboratori protetti,strutture d’accoglienza, ecc.);� promozione, informazione e supporto alle realtà associative dei disabili e del

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Appendice 1

III

volontariato;� promozione d’iniziative volte ad una maggiore conoscenza e sensibilizzazionerispetto alle opportunità ed alle potenzialità degli “AUSILI” per il reintegro socialedel disabile (adattamenti per la guida di veicoli, informazioni sui contributi perl’eliminazione delle barriere architettoniche, ecc.);� attività di ricerca e studio, in particolare per la costruzione di nuovi edifici pubblicio adibiti ad abitazione, alle applicazioni delle nuove tecnologie elettroniche edinformatiche (Domotica: telecontrollo d’elettrodomestici ed altri automatismi nelproprio domicilio) ed alle nuove tecniche per la mobilità dei disabili nei servizipubblici di trasporto (autobus, treni, ecc.);� prescrizione, collaudo e verifica dell’efficacia ed efficienza degli ausili fornitinell’ambito del “NOMENCLATORE TARIFFARIO DELLE PROTESI”, rafforzando lapersonalizzazione del servizio con adeguatezza qualitativa e tecnologicamenteaggiornata;� offerta di consulenza tecnica per la costruzione e la sperimentazione d’ausili,protesi ortesi, strutture facilitanti l’autonomia, la mobilità e l’operatività in genere,sia ludica sia lavorativa, del soggetto con disabilità.

Si ritiene di individuare il centro ausili in un’unica struttura funzionale di riferimentocon un responsabile tecnico-amministrativo esperto e due operatori dellariabilitazione, un fisiatra ed un fisioterapista, con specifica conoscenza ed esperienzanel campo della realizzazione, funzionalità ed utilizzo degli ausili, che operi instretto contatto con le realtà riabilitative territoriali dell’intera Azienda USL e tuttele altre realtà in qualunque modo interessate alla tematica specifica degli ausili perl’autonomia e la mobilità del soggetto con disabilità funzionali.

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