Riabilitazione Ictus

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USL n2Azienda Sanitaria Regionale dellUmbria

Linea Guida

Diagnostico - Terapeutica

La riabilitazione della persona con ictus cerebrale:prove di efficacia e percorsiOttobre 2003

Azienda Sanitaria Locale n.2 dell'Umbria

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Gruppo di lavoro per la Linea GuidaGiaimo Maria Donata - Medico - Coordinatore del gruppo Antonini Rita - Medico Centro di Salute (Distr. n. 2) Barzanti Daniela - Psicologa - Sezione Informazione ed Educazione per la Salute Caramella Marcella - Medico Centro di Salute (Distr. n. 3) Celani Maria Grazia - Neurologo Stroke Service, Ospedale Citt della Pieve Convito Luciano - A.L.I.C.E. (Associazione per la Lotta contro lIctus Cerebrale) Costantini Giuliana - Fisioterapista Centro di Riabilitazione Territoriale (Distr. n.1) Dalla Costa Sandro - Fisioterapista Centro di Riabilitazione Territoriale (Distr. n. 3) Dondi Manuela - Fisioterapista Centro di Riabilitazione Territoriale (Distr. n. 4) Gambuli Cintia - Fisioterapista Centro di Riabilitazione Territoriale (Distr. n. 1) Germini Fabrizio - Medico di Medicina Generale La Medica Alessandro - Medico Fisiatra Azienda USL 2 (Distr. n.1) Lepri Bruno - Medico Fisiatra Azienda USL 2 (Distr. n. 2) Marchegiani Italo - Infermiere Ospedale di Citt della Pieve Marroni Beatrice - Fisioterapista Centro di Riabilitazione Territoriale (Distr. n.1) Musio Luigi - Fisioterapista Centro di Riabilitazione Territoriale (Distr. n.1) Ottaviani Carlo - Infermiere Professionale Stroke Service, Ospedale Citt della Pieve Panciarola Manuela - Infermiera Professionale (Distr. n. 4) Piacentini Stefania - Medico Centro di Salute (Distr. n.1) Rossi Maria - Medico Centro di Salute (Distr. n. 4) Susta Maria Adelaide - Medico di Medicina Generale Vizioli Anna - Logopedista (Distr. n. 2) Zampolini Mauro - Medico Responsabile Centro Ospedaliero di Riabilitazione Intensiva di Passignano

Gruppo redazionaleZampolini Mauro - Medico Responsabile C.O.R.I. di Passignano Celani Maria Grazia - Neurologo Stroke Service, Ospedale Citt della Pieve Bovo Daniela - Staff Qualit e Promozione della Salute Ranocchia Daniela - Staff Qualit e Promozione della Salute

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PresentazioneIl lavoro in quipe dei vari professionisti che intervengono su specifici percorsi di diagnosi, cura e riabilitazione uno dei presupposti affinch i Servizi Sanitari diano risposte di qualit, ma questa modalit di lavoro rende ancora pi difficile e complesso attuare linsieme di prestazioni che ognuno chiamato a compiere. Oltre ad unelevata professionalit di ciascuno necessario quindi poter contare su strumenti condivisi che consentano comportamenti clinici scientificamente supportati allo scopo di assistere gli operatori e i pazienti nel decidere quali siano le modalit di assistenza pi appropriate in specifiche circostanze cliniche. Le linee guida si situano, quindi, in una strategia aziendale pi ampia, tendente ad un vero e proprio modello di governo clinico, inteso come il contesto in cui i servizi sanitari si rendono responsabili del miglioramento continuo della qualit dellassistenza e mantengono elevati livelli di prestazioni, creando un ambiente che favorisce lespressione delleccellenza clinica nel limite delle risorse disponibili (NHS White Paper 1999). E in tal senso che questAzienda Sanitaria vuole riproporre con forza azioni di miglioramento che, attraverso il lavoro di gruppi multiprofessionali, giungono oggi a consegnare agli operatori questo importante documento sul trattamento riabilitativo del paziente con ictus. Questo traguardo, che stato raggiunto grazie al contributo di medici, terapisti, infermieri, ed altri professionisti, importante non solo per i Servizi di riabilitazione della nostra Azienda USL 2, ma pu suscitare interesse pi generale, in quanto in Italia largomento della riabilitazione dei pazienti con ictus, non stato, a quanto ci risulta, ancora affrontato. Sono quindi particolarmente soddisfatto nel vedere lesito dellimpegno di tutti quegli operatori che, adoperandosi per lavorare al meglio, hanno prodotto questo documento; sar nostra cura diffonderlo affinch venga applicato e valutato in ogni servizio. Ringrazio quanti hanno collaborato alla redazione di questa Linea Guida e, nella convinzione che sar uno strumento particolarmente efficace per migliorare la qualit dellassistenza in questo campo, invito i professionisti a utilizzarlo al meglio, al fine di aiutare i pazienti a trarre il massimo beneficio dalla riabilitazione nel loro percorso di reinserimento nella normalit possibile.

Il Direttore Generale Alessandro Truffarelli

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IndiceGruppo di lavoro per la linea guida Presentazione Introduzione Lo scopo di questa linea guida Elenco revisori esterni Criteri metodologici Premessa generale

1.Epidemiologia e storia naturale dell ictus 1.1 1.2 1.3 1.4 Incidenza e prevalenza Prognosi Storia naturale del recupero Fattori predittivi del recupero

pag. 14 pag. 14 pag. 14 pag. 15 pag. 16 pag. 18 pag. 18 pag. 19 pag. 19 pag. 20 pag. 20

2. La valutazione 2.1 2.2 2.3 2.4 2.5 Premessa Obiettivi della valutazione Valutazione della menomazione Valutazione della disabilit Valutazione della qualit della vita

3. Lintervento riabilitativo 3.1 3.2 3.3 3.4 3.5 Il ruolo del gruppo multidisciplinare La valutazione Il progetto riabilitativo La definizione degli obiettivi Il programma riabilitativo

pag. 21 pag. 21 pag. 22 pag. 23 pag. 23 pag. 24

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4.La gestione del paziente con ictus 4.1 4.2 Il programma di gestione clinica in fase acuta 4.1.1 Il monitoraggio delle funzioni vitali La presa in carico dei bisogni essenziali 4.2.1 La nutrizione e lidratazione 4.2.2 La disfagia 4.2.3 La funzionalit vescicale 4.2.4 La funzionalit intestinale Le posture 4.3.1 Il posizionamento 4.3.2 La mobilizzazione La comunicazione La prevenzione delle complicanze 4.5.1 La prevenzione delle infezioni polmonari 4.5.2 La conservazione dellintegrit cutanea 4.5.3 La prevenzione della trombosi venosa profonda e polmonare 4.5.4 La prevenzione della spalla dolorosa Aspetti riabilitativi e trattamento 4.6.1 La prevenzione delle cadute 4.6.2 Il controllo o la prevenzione delle crisi epilettiche 4.6.3 Sessualit ed ictus Linformazione, leducazione del paziente e della famiglia Il trattamento riabilitativo intensivo 4.8.1 Trattamento riabilitativo: le differenti scuole 4.8.2 Lefficacia del trattamento intensivo La riabilitazione delle funzioni cognitive La riabilitazione di deficit di comunicazione: afasia, disartria e aprassia buccofacciale La riabilitazione delle funzioni motorie 4.11.1 La spasticit La riabilitazione delle funzioni sensitive e dolore 4.12.1 Il dolore Altri deficit sensitivi La riabilitazione dellarto superiore La rieducazione del cammino I disturbi dellumore 4.16.1 La depressione

pag.25 pag. 25 pag. 25 pag. 26 pag. 26 pag. 27 pag. 29 pag. 31 pag. 32 pag. 32 pag. 32 pag. 33 pag. 35 pag. 36 pag. 36 pag. 36 pag. 37 pag. 39 pag. 39 pag. 40 pag. 40 pag. 40 pag. 42 pag. 43 pag. 43 pag. 43 pag. 44 pag. 45 pag. 46 pag. 48 pag. 48 pag. 49 pag. 49 pag. 49 pag. 50 pag. 50

4.3

4.4 4.5

4.6

4.7 4.8

4.9 4.10 4.11 4.12 4.13 4.14 4.15 4.16

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4.17 4.18 4.19 4.20

4.16.2 Lansia La dimissione 4.17.1 La dimissione precoce Lutilizzo di ausili Gli adattamenti ambientali La rieducazione delle attivit della vita quotidiana

pag. 51 pag. 51 pag. 53 pag. 54 pag. 54 pag. 55 pag. 56 pag. 56 pag. 57 pag. 58 pag. 58 pag. 58 pag. 59 pag. 60 pag. 61 pag. 62 pag. 62 pag. 63 pag. 64 pag. 65 pag. 65 pag. 67 pag. 68 pag. 68 pag. 68 pag. 69

5.Percorsi clinico riabilitativi del paziente con ictus 5.1 5.2 La riabilitazione nella fase acuta La riabilitazione nella fase postacuta 5.2.1 La tipologia degli interventi 5.2.2 I vari ambienti riabilitativi 5.2.3 I criteri di scelta dellambiente riabilitativo La riabilitazione intensiva 5.3.1 Riabilitazione intensiva ospedaliera a ciclo continuativo 5.3.2 Riabilitazione intensiva delle gravi cerebrolesioni acquisite 5.3.3 Riabilitazione intensiva in regime di day hospital Riabilitazione estensiva 5.4.1 Strutture di degenza riabilitativa estensiva 5.4.2 Riabilitazione domiciliare o ambulatoriale? 5.4.3 Riabilitazione territoriale domiciliare 5.4.4 Riabilitazione territoriale ambulatoriale 5.4.5 Le fasi della presa in carico 5.4.6 La valutazione del domicilio La riabilitazione nella fase cronica 5.5.1 La valutazione e il monitoraggio degli esiti 5.5.2 Lutilit dei ricicli riabilitativi

5.3

5.4

5.5

Allegati Glossario Bibliografia Appendice

pag. 70 pag. 74 pag. 79

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IntroduzioneLa decisione di sviluppare linee guida specifiche per la nostra azienda nata dalla valutazione dei limiti presenti nelle Linee Guida gi preesistenti: sia infatti quelle straniere sia quelle italiane non sono immediatamente applicabili alla nostra realt locale, nella quale esiste una realt riabilitativa da anni caratterizzata da una rete di servizi territoriali ben consolidata, uno stroke service di recente istituzione e un centro di riabilitazione intensiva, che ha un anno di attivit. La necessit di sviluppare linee guida locali per la riabilitazione dellictus nata per anche dallesigenza di strutturare la rete dei servizi per il trattamento (dellictus) secondo criteri basati sulle prove di efficacia. Infatti la strutturazione della rete riabilitativa se non regolata da criteri univoci di gestione della patologia e articolata secondo criteri di efficienza e di efficacia, rischia di rimanere un buon esercizio teorico senza ricaduta pratica per il paziente. Infine, altro obiettivo di queste linee guida quello di raggiungere tutti gli operatori intra ed extraospedalieri per promuovere la cultura del lavoro multidisciplinare, in cui pi professionalit si incontrano per articolare un efficace progetto per la cura del paziente, tenendo presente che lobiettivo finale il raggiungimento della miglior qualit della vita del paziente e dei familiari.

Lo scopo di questa linea guidaScopo di queste linee guida aziendali quello di assistere i medici, gli operatori degli ospedali e dei servizi territoriali nella gestione del paziente con ictus dal momento dellevento sino al ritorno della miglior qualit della vita possibile, delineando il percorso pi idoneo alle sue caratteristiche sia come persona malata sia come individuo, attraverso i seguenti processi: 1. Prevenire e gestire le complicanze correlate allictus (precoci e tardive); 2. Organizzare in maniera multidisciplinare lintervento ponendo il paziente al centro del proprio lavoro; 3. Individuare nella fase precoce appropriate strategie riabilitative per coloro che presentano una disabilit residua dopo levento ictus; 4. Definire un progetto riabilitativo che preveda il coordinamento e lintegrazione delle diverse figure professionali, che prendono in carico il paziente nelle diverse fasi temporali del programma riabilitativo.

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Elenco revisori esterniProf.ssa Livia Candelise Dip. Scienze Neurologiche Osp. Maggiore Policlinico Via Sforza, 35 Padiglione Ponti - Milano Dott.ssa Anna Teresa Cantisani Neurofisiopatologia Ospedale Silvestrini SantAndrea delle Fratte - Perugia Dott. Antonio De Tanti Ospedale Valduce Centro di riabilitazione Villa Beretta Via N. Sauro,7 Costamasnaga - Lecco Dott. Marco Franceschini Azienda Ospedaliera di Parma U.O. complessa di Medicina riabilitativa Via Gramsci, 14 - Parma Dott. Maurizio Massucci U.O. di Riabilitazione Intensiva Neuromotoria USL 3, Regione dellUmbria Piazza Garibaldi, 5 Trevi - Perugia Dott.ssa Maria Cristina Pagliacci Unit Spinale Unipolare Ospedale Silvestrini SantAndrea delle Fratte - Perugia Prof. Leandro Provinciali Clinica di Neuroriabilitazione Ospedale Regionale Torrette - Ancona Dott. Roberto Sterzi Ospedale SanAnna Dipartimento di Neurologia Via Napoleona, 60 - Como Dott.ssa Mariangela Taricco Azienda Ospedaliera G. Salvini U.O. di Recupero e Rieducazione Funzionale Via Settembrini, 1 Passirana di Rho - Milano

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Criteri metodologiciQuesta Azienda ha gi pubblicato diverse Linee Guida per le principali patologie tutte realizzate da gruppi multidisciplinari e multiprofessionali. La stessa metodologia stata utilizzata per le linee guida della riabilitazione dellictus. Il gruppo ha visto la partecipazione di diversi professionisti: Coordinatore del Servizio Qualit Infermieri Professionali del territorio e degli ospedali Fisiatri Fisioterapisti Logopedista Medici di Medicina Generale Neurologo esperto della fase acuta dellictus Medici responsabili dei Centri di Salute Psicologa Rappresentanti dellassociazione ALICE Dopo una riunione relativa alla metodologia, sono stati assegnati compiti di ricerca delle prove di efficacia distinte per le varie professionalit. Ogni gruppo aveva il compito di scrivere dei contributi basandosi su uno schema di sommario generale precostituito. Successivamente i vari contributi sono stati inseriti in un unico documento che costituiva la bozza di lavoro da restituire ai vari componenti. Ad ogni avanzamento si svolgeva una riunione generale dove venivano discussi i punti critici anche leggendo i vari capitoli. Nella fase finale un gruppo pi ristretto ha svolto un lavoro di controllo e supervisione cercando di schematizzare e graduare le raccomandazioni. Le prove di efficacia sono state ricavate dalla lettura di: Linee guida disponibili sulla riabilitazione dellictus, ricorrendo anche ad internet attraverso i vari motori di ricerca e soprattutto attraverso il sito della National Guidelines Clearinghouse (www.guidelines.com); Report di valutazione tecnica dei servizi sanitari esteri; Banche dati quali The Cochrane Library e Clinical Evidence; Ricerca in Medline e analisi degli abstracts e degli articoli di maggior rilevanza: parola chiave stroke and rehabilitation; Lavori originali ricavati dalla lettura delle principali riviste. Classificazione dei livelli di evidenza La graduazione delle raccomandazioni stata articolata secondo il seguente schema: Ia Prove di efficacia ottenute da meta-analisi di studi randomizzati controllati; Ib Prove di efficacia ottenute da almeno uno studio randomizzato controllato; IIa Prove di efficacia ottenute da almeno uno studio ben disegnato controllato non

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randomizzato; IIb Prove di efficacia ottenute da almeno uno studio ben disegnato; III Prove di efficacia ottenute da almeno uno studio ben disegnato non sperimentale descrittivo come studi comparativi, di correlazione e studio di casi; IV Prove di efficacia ottenute da un comitato di esperti o opinioni di autorit scientifiche rispettate. Livelli di raccomandazione Grado A Corrisponde ai livelli di evidenza Ia, Ib Grado B Corrisponde ai livelli di evidenza IIa, IIb, III Grado C Corrisponde ai livelli di evidenza IV Valutazione da parte di revisori esterni Nella fase finale le linee guida sono state sottoposte a revisione esterna da parte di esperti nazionali individuati dal gruppo multidisciplinare. I revisori hanno proposto delle modifiche che sono state in parte implementate. Aggiornamento Linee Guida E previsto laggiornamento a due anni. Implementazione Pur non esistendo una specifica strategia di implementazione, le Linee Guida costituiscono la base per una serie di operazioni. In primo luogo costituiscono il riferimento per ridefinire i percorsi assistenziali e riabilitativi della persona colpita da ictus. A questo proposito sono stati costituiti due gruppi: uno per la definizione dei percorsi attuali ed un altro per la definizione del percorso ideale come sintesi tra le condizioni locali di funzionamento della rete riabilitativa e quelle suggerite dalle prove di efficacia. E in corso di realizzazione uno specifico aggiornamento dei Medici di Medicina Generale sulla riabilitazione della persona con ictus, nel quale vengono presentate anche queste Linee Guida. Le Linee Guida per la riabilitazione della persona con ictus cerebrale vedranno una diffusione capillare tra tutti i professionisti che intervengono su questo problema.

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Premessa generaleLestrema variabilit nel grado di disabilit, di handicap e di qualit della vita che si pu verificare dopo un ictus, rende necessario definire per ogni singolo paziente uno specifico progetto riabilitativo e organizzare i servizi delle aziende USL in modo da offrire risposte diversificate ai bisogni dei pazienti. Tali bisogni sono a loro volta determinati non solo dalle condizioni cliniche, ma anche dal contesto familiare, da quello sociale, nonch dalle capacit e aspettative del paziente prima della malattia. Un rapporto dell'OMS del 1989 suddivideva i pazienti rispetto alla prognosi riabilitativa in 3 gruppi: 1. Pazienti che recuperano anche senza intervento riabilitativo 2. Pazienti che possono migliorare solo grazie ad un intervento riabilitativo 3. Pazienti con ridotte possibilit di miglioramento a prescindere da qualsiasi tipo di intervento riabilitativo. In questa linea guida vengono quindi descritti gli elementi fondamentali di un percorso riabilitativo, ovvero tutti gli elementi che in base alla letteratura scientifica risultano supportati da prove di efficacia. Deve per essere ricordato che le evidenze pi forti si ritrovano proprio quando si affronta il tema della stroke unit, in ragione del fatto che tale organizzazione stata pi a lungo sperimentata nei paesi anglosassoni. In questa linea guida si per cercato di porre particolare attenzione agli snodi, ovvero alle fasi di passaggio da una struttura all'altra, proprio perch in queste fasi che il paziente risente maggiormente di carenze o disfunzioni organizzative. Va infine ricordato che,come sottolineato dallOMS, non tutti i pazienti necessitano di un intervento riabilitativo che si sviluppi lungo tutto larco dei servizi erogabili, ma una rete ben funzionante deve essere in grado di modulare la propria risposta in base alle specifiche esigenze del singolo malato.

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Epidemiologia e storia naturale dellIctus

1. EPIDEMIOLOGIA E STORIA NATURALE DELLICTUS1.1 Incidenza e prevalenzaSi intende per ictus un deficit neurologico focale o generalizzato (coma), i cui sintomi e segni persistono per almeno 24 ore. E una malattia a elevato tasso di incidenza e mortalit, che coinvolge un gran numero di persone, particolarmente anziani. I sopravvissuti spesso presentano significative limitazioni fisiche, cognitive e psicologiche. Il progressivo invecchiamento della popolazione comporta un aumento di incidenza degli eventi, anche se gli interventi farmacologici della fase acuta e il trattamento precoce delle complicanze potrebbero determinare un aumento di sopravvissuti e quindi un maggior numero di soggetti con nuovo handicap. Uno studio prospettico su popolazione, definito ideale, condotto in Umbria (SEPIVAC 1986-1989) mostra che lincidenza dellictus cerebrale ha un tasso grezzo di 254 per 100000 residenti per anno (Ricci, Celani et al. 1991). Standardizzando il dato alla popolazione italiana si ha un incidenza di 181 nuovi casi per 100000/anno (circa 120.000 casi di nuovo ictus) come nel caso di altri studi ideali analoghi (Sudlow and Warlow 1997) - Tab. 1.Tab.1

Incidenza/anno/per la popolazione italianaIctus ischemico Ictus emorragico Emorragia subaracnoidea 136/100.000/anno 24/100.000/anno 6-8/100.000/anno

1.2 PrognosiCirca il 10% dei pazienti con ictus ischemico muore entro 30 giorni; la mortalit molto pi alta se si considerano anche gli ictus emorragici (intraparenchimali e le emorragie subaracnoidee), arrivando al 20% circa; ad un anno raggiunge il 30% (Ricci, Celani et al. 1991). La principale causa di morte nella prima settimana direttamente conseguente al danno cerebrale; seguono poi le cause di morte secondarie allimmobilizzazione. Tra queste sono pi frequenti le polmoniti e le embolie polmonari.

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Anche piaghe da decubito, infezioni e malnutrizione possono essere cause di morte se non prevenute e trattate in modo adeguato. Le complicanze relative alla fase acuta possono coinvolgere fino al 60% dei pazienti ospedalizzati e nei 2/3 dei casi possono essere multiple. Per quanto riguarda lhandicap residuo dopo un mese dallevento il 55% dei pazienti ha perso lo stile di vita precedente ed dipendente da altri negli atti della vita quotidiana. Tale percentuale pu diventare molto pi alta (fino al 95%) nel caso degli ictus ischemici gravi, mentre considerevolmente pi bassa (fino al 45,5%) nelle sindromi lacunari e nelle sindromi del circolo posteriore.

1.3 Storia naturale del recuperoIl paziente affetto da ictus presenta un recupero spontaneo che pu essere facilitato da un intervento riabilitativo. La storia naturale della malattia prevede che la maggior parte del recupero sensitivomotorio e cognitivo avvenga nei primi 3 mesi (Wade and Hewer 1987), (Andrews, Brocklehurst et al. 1981), (Duncan, Goldstein et al. 1992); (Kotila, Waltimo et al. 1984), (Skilbeck, Wade et al. 1983), (Nakayama, Jorgensen et al. 1994). Le capacit funzionali migliorano ulteriormente, sia pure con minore intensit e rapidit nei successivi tre mesi, per poi stabilizzarsi entro larco dellanno (Ferrucci, Bandinelli et al. 1993). Il recupero della disabilit sembra avvenire nel 50% dei pazienti affetti da afasia entro il primo mese, ma prosegue oltre i primi sei (Wade and Hewer 1987). La maggior parte del recupero della menomazione raggiunto in media in 11 settimane, mentre il miglior recupero dell'auto-accudimento e della capacit di movimento si ottiene in 12,5 settimane (Jorgensen, Nakayama et al. 1995)-Tab. 2.Tab. 2

Settimane di recuperoLieve Intermedio Grave Molto grave

Cammino 6

ADL 8,5 13

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1.4 Fattori predittivi del recuperoLa possibilit di prevedere i tempi di recupero fondamentale per il progetto riabilitativo e per il corretto percorso terapeutico. La difficolt di individuare i fattori che agiscono in modo indipendente sul recupero ne ha reso difficile la sicura definizione. Et Let avanzata un fattore prognostico negativo anche se non chiaro se questo agisca in ragione dellaumento delle comorbilit (Kotila, Waltimo et al. 1984), (Waltimo, Kaste et al. 1976), (Kalra 1994), (Paolucci, Antonucci et al. 1998), (Wade, Langton-Hewer et al. 1984), (Wade, Skilbeck et al. 1983), (Kwakkel, Wagenaar et al. 1996), (Alexander 1994), (Granger, Hamilton et al. 1992), (Macciocchi, Diamond et al. 1998). Sesso I soggetti di sesso femminili vengono ricoverati in residenze protette con una frequenza doppia rispetto ai soggetti di sesso maschile (Kelly-Hayes, Wolf et al. 1988); i maschi sposati hanno una probabilit pi bassa di essere istituzionalizzati. In generale le donne hanno un recupero della menomazione e della disabilit pi limitato rispetto alluomo a causa di una pi grave menomazione (Wyller, Sodring et al. 1997). Le variabilit di questo obiettivo di prognosi sono condizionate dai paesi in cui sono stati fatti i singoli studi; listituzionalizzazione infatti pu essere condizionata da cultura e tradizione locali. Sede e tipo di lesione Le lesioni lacunari hanno una prognosi migliore rispetto a lesioni pi estese (Clavier, Hommel et al. 1994; Samuelsson, Soderfeldt et al. 1996, Adams 1999). Le lesioni dei nuclei della base e della capsula interna producono una flaccidit prolungata e sono correlate con una prognosi negativa (Miyai, Blau et al. 1997; Miyai, Suzuki et al. 2000). Le lesioni corticali sono correlate con una peggior disabilit se confrontate con le lesioni sottocorticali. Le lesioni corticali, inoltre, correlano con il peggior recupero in base alle dimensioni dellarea cerebrale colpita (Beloosesky, Streifler et al. 1995). Gravit del danno sensitivo-motorio La gravit della menomazione influenza negativamente il recupero (Macciocchi, Diamond et al. 1998). Tra i pazienti con ictus grave hanno pi probabilit di recupero quelli pi giovani, con una moglie e la precocit del recupero (Jorgensen, Reith et al. 1999). Uno scarso controllo del tronco misurato con il Trunk Control Test allingresso in riabilitazione predittivo di scarso recupero motorio (Franchignoni, Tesio et al. 1997).

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I deficit sensitivi, in particolare quello propriocettivo, sono correlati con una minor possibilit di recupero (Feigenson, McDowell et al. 1977) e in particolare del recupero della deambulazione (Moskowitz, Lightbody et al. 1972). Anche i deficit campimetrici diminuiscono le possibilit di recupero (Wade, Skilbeck et al. 1983) (Feigenson, McDowell et al. 1977) (Sanchez-Blanco, 1999), soprattutto se i pazienti sono anziani (Kalra, Smith et al. 1993). I deficit di campo visivo sono associati a una minor sopravvivenza e condizionano il successo del ritorno allattivit sociale e lavorativa (Kerkhoff 2000). Deficit cognitivi e livello di coscienza La diminuzione del livello di coscienza in fase acuta un altro indice predittivo negativo (Kwakkel, Wagenaar et al. 1996), (Kwak, Kadoya et al. 1983), (Stegmayr, Asplund et al. 1999), (Bushnell, 1999). Anche il deficit cognitivo in generale influenza negativamente il recupero (Paolucci, Antonucci et al. 1996). Lafasia iniziale non correlata con il recupero motorio ma la gravit dellafasia predittiva di un peggior recupero dellafasia stessa (Pedersen, Jorgensen et al. 1995), (Pedersen, Jorgensen et al. 1997). Il neglect si associa ad un minor recupero funzionale anche se non dimostrato quanto sia importante il suo ruolo in assenza di altri fattori (Kalra, Perez et al. 1997), (Paolucci, Antonucci et al. 1998), (Pedersen, Jorgensen et al. 1997). Pu favorire ripetuti incidenti (Diller and Weinberg 1970) e correla con un maggior deficit nelle attivit della vita quotidiana (Walker and Lincoln 1991). In termini di handicap (valutato con la Oxford Handicap Scale) non stata dimostrata differenza tra ictus emisferici destri e sinistri pur essendoci maggiore incidenza di deficit sensitivo motori, di neglect e deficit di campo visivo per gli ictus emisferici destri (Sterzi, Bottini et al. 1993). Incontinenza sfinterica Lincontinenza sfinterica si correla negativamente con il recupero della disabilit e dellhandicap (Di Carlo, Lamassa et al. 1999), (Roth, Lovell et al. 2002). Depressione e motivazione La motivazione un elemento importante nel processo di recupero. Quando mediocre, aumenta la dipendenza a lungo termine nelle attivit della vita quotidiana (Zippel 1984), (Grimby, Andren et al. 1998). La depressione correla negativamente con le possibilit di recupero (Kotila, Waltimo et al. 1984), (Angeleri, Angeleri et al. 1993), (Singh, Black et al. 2000), (Paolucci, Antonucci et al. 1998), (Herrmann, Black et al. 1998) ed influenza negativamente il processo riabilitativo (Sinyor, Amato et al. 1986).

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La valutazione

2. LA VALUTAZIONE2.1 PremessaLo stato di salute una condizione relativa, dipendente anche dalle condizioni soggettive e socioculturali della persona stessa. In accordo con le nuove definizioni ICF (International Classification of Functioning, Activities and Participation) la condizione di salute caratterizzata da 3 dimensioni: 1.La dimensione del corpo articolata in 2 aspetti: - Le funzioni del corpo: fisiologiche e psicologiche - Le strutture del corpo: le parti anatomiche. 2.La dimensione delle attivit cio la capacit di svolgere un compito 3.La dimensione della partecipazione cio il coinvolgimento nella vita quotidiana La classificazione ICF costituisce un linguaggio nuovo che identifica uno schema moderno di concepire lo stato di salute, esplorando la persona disabile su un modello multidimesionale. Tale classificazione non rappresenta nemmeno una nuova forma di valutazione anche se in essa sono contenuti aspetti di quantificazione.

Condizione di salute (Malattia) Funzioni del Corpo (Menomazione) Attivit (Limitazione Attivit) Fattori Personali Partecipazione (Restrizione partecip.)

Fattori Ambientali

Un evento patologico produce una serie di alterazioni che determinano modifiche della condizione di salute: 1.La menomazione rappresenta la conseguenza funzionale del danno; 2.La disabilit un termine comprensivo della limitazione funzionale con la limitazione dellattivit e la restrizione della partecipazione; 3.Lhandicap un termine che superato dal concetto di limitazione della partecipazione in relazione ai fattori ambientali.

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La valutazione

La valutazione in riabilitazione deve quindi esplorare tutte e tre le dimensioni tenendo conto di tutti gli aspetti sottoelencati: 1. la limitazione funzionale; 2. la restrizione della partecipazione e la limitazione delle attivit; 3. I fattori ambientali facilitanti e limitanti che influenzano le attivit e la partecipazione; 4. I fattori personali che intervengono.

2.2 Obiettivi della valutazioneCostituiscono obiettivi generali della valutazione: - documentare la diagnosi di ictus, leziologia, larea cerebrale coinvolta, le manifestazioni cliniche, le comorbilit, lo stato clinico e funzionale prima dellevento; - stabilire i trattamenti necessari durante le fasi della malattia acuta; - stabilire quanto il paziente possa beneficiare della riabilitazione; - definire il progetto riabilitativo pi appropriato; - monitorare i progressi durante la riabilitazione e facilitare la dimissione; - monitorare i progressi dopo il ritorno alla vita sociale. Perch tali obiettivi siano concretamente raggiunti necessario che : 1. la valutazione avvenga in modo standardizzato per facilitare la riproducibilit sia per lo stesso operatore in tempi diversi sia tra diversi operatori; 2. la valutazione venga documentata nella cartella clinica; 3. le tre dimensioni vengano sottoposte a valutazione pi volte lungo il percorso riabilitativo e almeno ogniqualvolta il paziente passa da un ambiente di cura allaltro.

2.3 Valutazione della menomazioneI principali punti da valutare sono: 1. Stato di coscienza 2. Deficit motori forza muscolare anormalit del tono muscolare e sinergie patologiche 3. Deficit somatosensoriali 4. Deficit delle funzioni cognitive Attenzione Memoria Aprassia

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La valutazione

Neglect Afasia Agnosia Funzioni esecutive 5. Deficit della coordinazione e dellequilibrio (compreso il cammino) 6. Disartria 7. Deficit della visione (acuit visiva, campo visivo e visione binoculare) 8. Disturbi comportamentali e dellumore 9 Aspetti funzionali: Nutrizione Idratazione Deglutizione Continenza degli sfinteri Ritmo sonno - veglia

2.4 Valutazione della disabilitLa valutazione della disabilit consiste nella quantificazione della capacit di svolgere le attivit quotidiane nellambiente di vita della persona disabile. Tale valutazione pu essere fatta in senso assoluto esaminando la performance nello svolgere le singole azioni (lavarsi, mangiare, camminare, vestirsi, avere cura di s etc.) oppure in senso relativo dando importanza ad attitudini personali e sociali, ad esempio la disabilit reale derivante dal disturbo di comunicazione diversa tra chi esercita lavori manuali (muratore, artigiano, etc) e chi esercita lavori che prevedono abilit comunicative (avvocato, venditore ambulante, insegnante etc), oppure la difficolt di preparare bevande calde un problema per un inglese, lo molto meno per un italiano. In questo caso il concetto di disabilit assimilabile, per certi aspetti al concetto di handicap. Per la quantificazione della disabilit le scale pi usate sono: lindice di Barthel e la FIM (Functional Indipendance Measure) mentre la scala pi conosciuta per quantificare lhandicap un scala mista di disabilit/handicap (Oxford Handicap Scale).

2.5 Valutazione della qualit della vitaLa valutazione della qualit della vita correlata allictus ancora materia di discussione, in quanto misura di prognosi solo recentemente studiata (Mackenzie and Chang 2002), (Secrest and Thomas 1999), (de Haan, Aaronson et al. 1993). Le scale pi comunemente usate sono lEuroQol e lSF-36 (Hobart, Williams et al. 2002), (Dorman, Slattery et al. 1998). LEuroQol valuta 6 condizioni (mobilit, cura di s, attivit usuali, dolore, aspetti psicologici, autoquantificazione della qualit della vita correlata alla salute). LSF-36 valuta 8 condizioni (la funzione fisica in assoluto e legata al ruolo, la funzione sociale, il dolore, la salute mentale, la funzione psicologica relativa al ruolo, la vitalit e la salute generale).

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Lintervento riabilitativo

3. LINTERVENTO RIABILITATIVOLa riabilitazione, accanto agli interventi farmacologici della fase acuta, si pu ritenere la principale forma di intervento per i pazienti che hanno subito un ictus. E finalizzata ad ottenere il recupero della menomazione, lottimizzazione delle abilit residue e il miglioramento della partecipazione. Lobiettivo quello di migliorare la qualit della vita attraverso il recupero del miglior livello fisico, cognitivo, psicologico, funzionale e delle relazioni sociali nellambito dei bisogni e delle aspirazioni dellindividuo e della sua famiglia (RCPE 2000). Si sviluppa attraverso 5 linee di intervento (Sacco, Benjamin et al. 1997): 1. prevenzione, individuazione e trattamento delle malattie associate e delle complicazioni legate alla fase acuta; 2. sostegno al paziente ed a quanti si occupano di lui, finalizzato a sopportare il peso psicologico della malattia e a facilitare ladattamento; 3. prevenzione della disabilit secondaria, promuovendo la reintegrazione nella famiglia, come nucleo essenziale della comunit in cui il soggetto viveva, ma anche se possibile, nelle attivit lavorative e ricreative; 4. miglioramento della qualit della vita ottimizzando la gestione della disabilit residua 5. prevenzione delle recidive e delle altre patologie vascolari associate. La riabilitazione dellictus quindi un processo attivo che inizia fin dallevento acuto e che procede, per coloro che presentano un danno residuo, attraverso uno specifico progetto.

E possibile suddividere tale processo in 3 stadi che si succedono cronologicamente:1. Il primo stadio ha inizio al momento dellinsorgenza dellictus e dura per tutta la fase acuta; 2. II secondo prende avvio in funzione delle disabilit che residuano, non appena superata la fase acuta di malattia; pu comportare lintervento sia delle strutture ospedaliere sia di quelle extraospedaliere di riabilitazione; 3. Il terzo stadio richiede interventi sanitari meno sistematici (in quanto rivolti ad una condizione di disabilit stabilizzata) e finalizzati al mantenimento del livello di autonomia raggiunto dal soggetto e alla prevenzione delle possibili ulteriori involuzioni.

3.1 Il ruolo del gruppo multidisciplinareLa riabilitazione del paziente con ictus un processo multidisciplinare in cui un insieme di professionalit diverse contribuisce alla gestione globale del paziente,

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ponendolo al centro del proprio lavoro quotidiano. Per tale ragione assume estrema importanza unorganizzazione dei servizi che permetta il lavoro di gruppo, in ogni fase del percorso riabilitativo.

Per lavoro di gruppo si intende il modo di lavorare integrato di un insieme di figure professionali che operano allinterno di ununit funzionale, ottenendo risultati superiori a quelli riconducibili alla semplice somma dei singoli interventi.

Il gruppo multidisciplinare si compone prevalentemente di medici, infermieri, fisioterapisti, terapisti occupazionali, terapisti delle funzioni cognitive e del linguaggio. Tuttavia, laddove le risorse lo consentano, sono di estrema importanza per il gruppo psicologi, dietisti e assistenti sociali. Le singole figure professionali che compongono il gruppo assumono importanza allinterno dello stesso in base alla definizione del ruolo e delle funzioni di ciascuno. Ruolo e funzioni si modificano a seconda della fase del percorso nella quale si viene a trovare il paziente. Ci avviene per esempio anche per il neurologo con competenza nellictus e il medico esperto di riabilitazione: il ruolo di questi due professionisti cambia infatti a seconda delle fasi. Il neurologo responsabile della gestione del paziente in fase acuta, ma si avvale delle competenze del medico esperto in riabilitazione, che responsabile del progetto riabilitativo. Viceversa nella fase riabilitativa vera e propria il neurologo fornisce il proprio supporto, rispetto agli aspetti clinici specifici, al medico competente in riabilitazione, che responsabile della gestione del malato. Spetta al gruppo multidisciplinare la presa in carico del paziente, che avviene attraverso la valutazione, la gestione e la definizione di una dimissione programmata.

3.2 La valutazioneFin dalla fase acuta, il gruppo multidisciplinare ha come primo obiettivo la valutazione di ogni paziente con ictus che si ricovera allo scopo di inquadrare le condizioni cliniche e definire il progetto riabilitativo. La valutazione deve essere il pi precoce possibile. Per tale ragione pu essere effettuata anche singolarmente dalle diverse figure professionali che compongono il gruppo per poi essere ricomposta in occasione della definizione del progetto riabilitativo individuale (Wade 1998). E fondamentale che il gruppo di operatori responsabile del progetto riabilitativo discuta e valuti con periodicit stabilita allinterno di riunioni strutturate gli obiettivi da raggiungere e i progressi ottenuti. La cadenza dipende dalla durata prevista della degenza del paziente.

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Il monitoraggio quotidiano della menomazione e della disabilit va effettuata in riferimento ad una scheda strutturata che costituisce la base per aggiornare il programma (Stuck, Siu et al. 1993). Raccomandazione: la valutazione un processo multidisciplinare aggiornato periodicamente (Grado A).

3.3 Il progetto riabilitativoSi definisce progetto riabilitativo individuale 1'insieme di proposizioni, elaborate da un gruppo riabilitativo multidisciplinare, coordinato da un medico specialista competente in riabilitazione, che tenendo conto dei bisogni, delle menomazioni e delle disabilit recuperabili, delle abilit residue, nonch delle preferenze del paziente e dei suoi familiari, definisce nelle linee generali gli obiettivi, i tempi e le azioni necessarie per il raggiungimento degli esiti desiderati. Per ogni paziente con ictus deve essere elaborato un progetto riabilitativo, che preveda obiettivi multipli, tutti finalizzati al raggiungimento dellautonomia e quindi al miglioramento della qualit della vita .

3.4 La definizione degli obiettiviUno degli elementi che determina lefficacia dellintervento riabilitativo la definizione di obiettivi cio lidentificazione, da parte del gruppo multidisciplinare, di specifici obiettivi da raggiungere in un dato periodo di tempo con laccordo del paziente e della famiglia (Stolee, Rockwood et al. 1992; Rockwood, Joyce et al. 1997). Gli obiettivi debbono essere comprensibili, raggiungibili e possono essere suddivisi in obiettivi a breve, medio e lungo termine. Ciascun membro del gruppo dovrebbe condividere la terminologia, gli strumenti per la registrazione delle diverse fasi del processo e quelli per la valutazione del raggiungimento degli obiettivi. I progressi e le difficolt incontrate debbono essere adeguatamente documentate. Il progetto riabilitativo individuale deve essere modificato ogni qualvolta si verifichi un cambiamento sostanziale degli elementi in base a cui stato elaborato (bisogni, preferenze, menomazioni, abilit-disabilit residue, limiti ambientali e di risorse, aspettative, priorit) anche in relazione ai tempi, alle azioni e/o alle condizioni precedentemente definite.

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3.5 Il programma riabilitativoAll'interno del progetto riabilitativo, il programma definisce le aree di intervento specifiche, gli obiettivi a breve termine, i tempi e le modalit di erogazione degli interventi, la verifica e gli operatori coinvolti. In particolare definisce: gli interventi specifici durante il periodo di presa in carico, compresi gli obiettivi immediati e quelli a breve termine e ne prevede laggiornamento nel tempo; le modalit e i tempi di erogazione delle singole prestazioni previste negli stessi interventi; le misure di esito e i tempi di verifica pi appropriati per valutare gli interventi; i singoli operatori coinvolti negli interventi e il relativo impegno. Il programma riabilitativo deve essere puntualmente verificato e periodicamente aggiornato durante il periodo di presa in carico.

Il progetto riabilitativoindica il medico specialista responsabile del progetto stesso; tiene conto in maniera globale dei bisogni, delle preferenze del paziente (e/o dei suoi familiari, quando necessario), delle sue menomazioni, disabilit e, soprattutto, delle abilit residue e recuperabili, oltre che dei fattori ambientali, contestuali e personali; definisce gli esiti desiderati, le aspettative e le priorit de1 paziente, dei suoi familiari, quando necessario, e dell'quipe curante; deve dimostrare la consapevolezza e comprensione, da parte dell'intera quipe riabilitativa, dell'insieme delle problematiche dei paziente, compresi gli aspetti che non sono oggetto di interventi specifici, e di regola pu non. prevedere una quantificazione degli aspetti di cui sopra, ma ne d una descrizione, in, termini qualitativi e generali; definisce il ruolo dell'quipe riabilitativa, composta da personale adeguatamente formato, rispetto alle azioni da intraprendere per il raggiungimento degli esiti desiderati; definisce, nelle linee generali, gli obiettivi a breve, medio e lungo termine, i tempi previsti, le azioni e le condizioni necessarie al raggiungimento degli esiti desiderati; comunicato in modo comprensibile ed appropriato al paziente. e ai suoi familiari; comunicato a tutti gli operatori coinvolti nel progetto stesso; costituisce il riferimento per ogni intervento svolto dall'quipe riabilitativa.

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4. LA GESTIONE DEL PAZIENTE CON ICTUSGli obiettivi prioritari del gruppo multidisciplinare nella gestione del paziente in fase acuta sono: porre una accurata diagnosi eziopatogenetica; gestire il paziente in maniera globale; individuare la terapia acuta pi adeguata e prevenire recidive; gestire in modo adeguato le comorbidit; prevenire e gestire le complicanze; definire prima possibile il progetto riabilitativo. (RCPE 2000) La gestione da parte del gruppo multidisciplinare concretamente realizzabile in questa fase attraverso il ruolo prevalente dellinfermiere che rappresenta il collettore esecutivo degli interventi delle diverse professionalit. Diventa molto importante che allinterno del gruppo si mantenga unattiva comunicazione che consenta la condivisione della conoscenza dei problemi da parte delle diverse figure professionali, larmonizzazione del lavoro e laggiornamento continuo del programma. Allinterno del gruppo multidisciplinare la sostituzione di una qualunque figura professionale va preceduta da un adeguato addestramento alla nuova metodologia di lavoro (The Intercollegiate Working Party for Stroke 2000).

4.1 Il programma di gestione clinica in fase acutaLa gestione in fase acuta si articola in 4 fasi: 1) Il monitoraggio delle funzioni vitali; 2) La presa in carico dei bisogni essenziali del paziente; 3) La prevenzione e gestione delle complicanze; 4) Linformazione e leducazione del paziente e della famiglia. 4.1.1 Il monitoraggio delle funzioni vitali Linfermiere con specifiche competenze nellictus valuta: la pressione arteriosa, i parametri clinici cardiaci e polmonari, la temperatura corporea, i livelli di glicemia, la stabilit del quadro neurologico. Questi parametri sono i pi importanti e vanno monitorizzati con regolarit nei primi giorni di malattia (Indredavik, Bakke et al. 1999), (SPREAD 2000).

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Raccomandazione: la maggior parte di queste osservazioni deve essere ripetuta da 4 a 6 volte al giorno nelle prime 48/72 ore (Grado A).

4.2 La presa in carico dei bisogni essenzialiAd ogni paziente con ictus va garantita unadeguata risposta a bisogni essenziali quali muoversi, comunicare con gli altri, nutrirsi, mantenere in maniera adeguata le funzioni sfinteriche. La mancata risposta ad uno o pi di questi bisogni pu seriamente compromettere la sopravvivenza od un adeguato recupero della disabilit del paziente.

4.2.1 La nutrizione e lidratazioneDal 27% al 45% dei pazienti che giungono in ospedale per un qualunque evento acuto presentano uno stato di malnutrizione (McWhirter and Pennington 1994). Questo pu manifestarsi per la prima volta o peggiorare nel corso della degenza ospedaliera; in particolare per i pazienti con ictus acuto, la percentuale di malnutriti pu passare dal 16% dellingresso al 35% al termine della seconda settimana (Davalos, Ricart et al. 1996). La malnutrizione associata ad una prognosi peggiore e ad una minor probabilit di recupero perch pu deprimere il sistema immunitario con conseguente aumento del rischio di setticemia, favorire linsorgenza di piaghe da decubito e diminuire la funzionalit muscolare. Alcuni parametri devono essere tenuti sotto controllo: la diminuzione del peso, le misure antropometriche, i valori di albumina e prealbumina (Potter, Langhorne et al. 1998). Poich ipotizzabile che un apporto nutritivo superiore alla norma riduca la mortalit e migliori la prognosi, allo stato attuale il comportamento pi etico, laddove esiste incertezza clinica, linclusione nello studio clinico randomizzato FOOD (Feeding Or Ordinary Diet). Raccomandazioni: a) si deve valutare la stato nutritivo di tutti i pazienti con un metodo riproducibile allingresso nella stroke unit (Grado C). b) occorre personalizzare il regime dietetico in base agli aspetti clinici e alle preferenze del paziente (Grado C). c) gli infermieri devono registrare quotidianamente, su adeguate schede, le preferenze alimentari del malato e la reale assunzione giornaliera di cibo e di liquidi, calcolando lesatto bilancio calorico e idrico (Grado C).

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4.2.2 La disfagiaLa difficolt ad assumere il cibo ed i liquidi necessari, definita disfagia, una sintomatologia neurologica presente in circa il 45% dei pazienti con ictus acuto, persiste in media una settimana, a 14 giorni presente nel 14% dei casi e a 30 nel 3%. Nel 40% dei pazienti si verifica aspirazione in modo silente (Corner, riski 1988; Palmer e Dechase 1991). Non chiaro il rapporto tra aspirazione e infezioni polmonari (Smithard, O'Neill et al. 1996). La disfagia determinata dalla difficolt a far progredire il bolo dalla bocca allo stomaco per la compromissione di una o pi delle 3 fasi (orale, faringea o esofagea). La capacit di deglutire va valutata il pi presto possibile al momento del ricovero ospedaliero, sia per evitare episodi di aspirazione di cibo, con conseguente patologia ab ingestis, in pazienti con disfagia, sia per evitare restrizioni nellassunzione di cibo e di liquidi (Gordon, Hewer et al. 1987). La prova della deglutizione pi semplice e riproducibile il test di deglutizione dellacqua. Al paziente, seduto con il capo semichino, vengono fatti deglutire 5 ml di acqua (un cucchiaino): lesaminatore valuta la presenza di tosse, voce umida, perdita di acqua dalla bocca o gorgoglii. La prova deve essere ripetuta per tre volte. Nel caso di pazienti con disfagia lapporto nutritivo pu essere garantito attraverso: nutrizione parenterale limitatamente ai primi giorni e comunque da superare prima possibile; nutrizione enterale (PEG o sondino nasogastrico). Poich non ci sono prove di efficacia per preferire un tipo di via nutritiva enterale rispetto allaltro, n di quando debba iniziare la nutrizione enterale stessa (Bath, Bath et al. 2000) indicato prendere in considerazione la possibilit di inserire il paziente in studi randomizzati in corso (Davenport and Dennis 2000). E necessario pianificare un accurato programma riabilitativo con terapie non invasive che possono essere suddivise in 3 categorie. Tecniche Compensatorie Tendono ad eliminare il sintomo disfagia ma non a intervenire sul recupero. Viene effettuata: a) ricerca della posizione del capo e del corpo per poter controllare il passaggio del cibo e dei liquidi; b) modifica della consistenza e del volume del cibo; c) modifica della frequenza a cui viene normalmente somministrato il cibo; d) stimolazioni termiche con cibo o speciali apparecchiature.

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Terapia indiretta Vengono effettuati esercizi per migliorare il controllo neuromuscolare sia della masticazione che della deglutizione. Questo particolarmente importante in pazienti che non hanno il controllo della lingua, che presentano: a) lateralizzazione della lingua durante la masticazione; b) elevazione della lingua verso il palato duro; c) inarcamento della lingua sotto il bolo; d) elevazione della lingua contro il palato per trattenere il bolo; e) mobilizzazione volontaria della lingua in senso antero-posteriore; f ) coordinazione dei movimenti in senso antero-posteriore. Gli esercizi comprendono (Logemann 1991): a) esercizi di mobilizzazione e contro-resistenza della lingua e della mandibola; b) coordinazione della lingua e esercizi di masticazione utilizzando materiale con cui il paziente pu esercitare i movimenti; c) esercizi di adduzione laringea; d) esercizi di controllo del bolo: il paziente mastica il cibo e i liquidi senza deglutirli. Terapia diretta Consiste in tecniche di deglutizione che tendono a modificare la fisiologia della deglutizione: a) manovra di Mendelson: i pazienti sono addestrati a sentire la loro laringe elevata durante la deglutizione e a prolungare il pi possibile il periodo di massima elevazione; b) deglutizione sopraglottica: i pazienti volontariamente trattengono il loro respiro prima e durante la deglutizione, chiedendo in questo modo laccesso laringeo. Successivamente alla deglutizione il pazienti esegue dei colpi di tosse per liberare la faringe dai residui di cibo. Raccomandazioni: a) sia gli operatori sanitari che vengono in contatto con il paziente che chi se ne prende cura debbono essere messi precocemente a conoscenza della possibile presenza di disfagia come frequente complicanza dell ictus e della sua potenziale gravit (Grado C). b) tutti i pazienti con ictus dovrebbero essere sottoposti alla prova della deglutizione prima di ricevere cibo solido o liquido (Grado B) c) deve essere effettuata una valutazione della capacit di deglutizione mediante un test semplice e ripetibile da parte di personale specializzato del gruppo multidisciplinare (Grado C) d) per ogni paziente con difficolt nella deglutizione va valutata, con la collaborazione della dietista, la consistenza della dieta e dei fluidi che pu assumere senza rischio condividendo le informazioni con i familiari (Grado C). e) necessario stabilire la postura migliore per una deglutizione valida e non pericolosa (Grado C). f ) se non possibile nutrire il paziente per os necessario considerare lopportunit della nutrizione enterale e individuare la migliore via di somministrazione (FOOD Trial Martin Dennis Edinburg) (Grado C).

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4.2.3 La funzionalit vescicaleProblemi abbastanza comuni dopo un ictus sono lincontinenza e la ritenzione urinaria che tuttavia, generalmente, si risolvono spontaneamente nella maggior parte dei pazienti. Lincontinenza si manifesta in una proporzione variabile da 1 a 2 terzi dei pazienti ricoverati per ictus ma nel 20% di questi era gi presente prima dellevento (Borrie, Campbell et al. 1986). La ritenzione urinaria, che particolarmente frequente negli uomini, pu essere misconosciuta. E importante stabilire le condizioni del paziente rispetto alla funzione vescicale prima dellevento, attraverso unaccurata anamnesi. Possibili cause sono i deficit neurologici che portano a ipertono vescicale, lipotono con incontinenza da rigurgito (iscuria paradossa), i deficit cognitivi o di comunicazione che provocano lincapacit di riconoscere lo stimolo o chiamare in tempo utile, uninfezione urinaria. Una incontinenza persistente un segno prognostico negativo per il recupero funzionale a lungo termine (Gross 2000), (Sanchez-Blanco, Ochoa-Sangrador et al. 1999), (Loewen and Anderson 1990). Se la causa dellincontinenza non chiara e persiste dopo le prime settimane sono necessarie ricerche pi approfondite come un esame colturale e la valutazione del volume urinario residuo post-minzionale (con una ecografia vescicale o con lo svuotamento vescicale) che utile nel valutare lefficacia della contrattilit vescicale. Sia il mancato svuotamento della vescica che il catetere posizionato a permanenza rappresentano un elevato fattore di rischio infettivo per le vie urinarie. La cateterizzazione a permanenza potrebbe essere necessaria nei rari casi in cui ci sono difficolt di gestione o per la presenza di gravi lesioni cutanee, a causa delle quali possono risultare dolorosi o difficili i cambi frequenti di lenzuola o biancheria o nei pazienti nei quali lincontinenza interferisce con il monitoraggio dei liquidi e degli elettroliti. Quando necessario applicare il cateterismo a permanenza i sistemi a circuito chiuso diminuiscono il rischio di infezione delle vie urinarie, tuttavia il rapporto costo (economico) e beneficio ancora da quantificare (2000 ISSN 1329-1874). Raccomandazioni in fase acuta: a) tutti gli infermieri che si occupano di pazienti con ictus debbono raccogliere lanamnesi rispetto alla funzione vescicale mediante schemi riproducibili ed affidabili (Grado C). b) linfermiere specializzato deve valutare in tutti i pazienti con ictus lefficacia dello svuotamento vescicale. Debbono essere conosciute le possibilit di gestione sia nel caso di ritenzione che di incontinenza, con i relativi ausili (Grado C)....segue

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c) il catetere deve essere utilizzato solo dopo una precisa indicazione clinica, come parte di una gestione decisa allinterno della valutazione multidisciplinare utilizzando un protocollo condiviso (es: il pi piccolo, per le prime 48 ore etc) (Grado B). d) la ritenzione deve essere gestita con gli svuotamenti vescicali effettuati con nelaton secondo un attento programma temporale (da 4 a 6 svuotamenti al giorno) in assenza di controindicazioni (grave ipertrofia prostatica, infezioni delle vie urinarie) e con un accurato bilancio dei liquidi (Grado C). e) laddove sia necessario usare una cateterizzazione a permanenza opportuno utilizzare un sistema di drenaggio sterile a circuito chiuso per ridurre la probabilit di infezione (Grado B).

Luso di un catetere a permanenza, per un periodo di tempo che va oltre la fase acuta, aumenta il rischio di infezioni del tratto urinario e di stenosi uretrali. Si ritiene necessario un esame urinario ed una urinocoltura a cadenza settimanale. Si trattano solo le infezioni sintomatiche, ad eccezione dei casi in cui si programmi la rimozione del catetere e, poich questa deve effettuarsi in condizioni di assoluta sterilit, deve essere preceduta da trattamento antibiotico fino a negativizzazione dellurinocoltura. La rimozione del catetere vescicale a permanenza deve avvenire prima possibile, senza effettuare il periodico clampaggio. Infatti, anche in condizioni croniche, la chiusura temporizzata del catetere vescicale non migliora la compliance e predispone ai rischi di infezioni delle vie urinarie favorendo il reflusso vescico-ureterale (Gross 1990). Sono giustificate 3-4 chiusure non oltre le 12 ore per valutare se il paziente in grado di avvertire lo stimolo. Dopo la rimozione del catetere occorre verificare che il residuo post-minzionale non sia maggiore di 50cc. Rimosso il catetere dovrebbe essere effettuata la vera ginnastica vescicale, che utile nei pazienti collaboranti ma pu essere utile anche nei pazienti cognitivamente deficitari (Engel, Burgio et al. 1990), (Engel, Burgio et al. 1990); (Schnelle 1990). Tale programma consiste in minzioni programmate al bagno, dove il paziente deve essere accompagnato dal personale sanitario o dai parenti opportunamente addestrati. In caso di incontinenza maschile si deve utilizzare il condom, quando tollerato, invece del pannolone.

Raccomandazioni in fase post-acuta: a) se persiste lincontinenza si devono prendere in considerazione esami strumentali utili per indagarne le cause (esame urodinamico e flussometria) (Grado C) b) i pazienti con incontinenza non debbono essere dimessi senza aver pianificato prima la gestione familiare ed in particolare domiciliare (Grado C). c) si debbono prendere in considerazione eventuali problemi sessuali correlati al catetere posizionato a permanenza. Pertanto necessario considerare un adeguato supporto psicologico (Grado C).

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4.2.4 La funzionalit intestinaleIl mantenimento della regolarit dellalvo un obiettivo riabilitativo. I due problem critici sono lincontinenza e la costipazione. Lincontinenza fecale si verifica nel 25% dei casi, generalmente nei pazienti con livello di coscienza depresso, immobili o incapaci di comunicare, ma diventa molto rara dopo 2 settimane (Brocklehurst, Andrews et al. 1985). La costipazione una condizione comune nella maggioranza dei pazienti e le cause principali sono rappresentate dallimmobilit, dallo scarso apporto di liquidi e cibo e dallassunzione di analgesici (Warlow, Dennis et al. 1996). La prima modalit di intervento la prevenzione e se questo non fosse sufficiente necessario ricorrere al trattamento. Nei pazienti allettati utile il trattamento osmotico o lassativo stimolante (BestPractice Vol 4 Issue 1, 2000).

Raccomandazioni: a) e importante la registrazione della frequenza delle defecazioni per poter intervenire in maniera adeguata b) occorre educare il paziente rendendolo consapevole dei fattori che condizionano la costipazione (Grado C). c) curare la dieta (ricca di fibre) e ladeguata assunzione di liquidi (Grado C) d) ricostituire le normali abitudini del paziente rispetto alla evacuazione: bagno adeguato (mantenimento privacy, altezza water etc) (Grado C). e) se dopo 3 giorni il paziente non ha evacuato occorre intervenire iniziando con lutilizzo di agenti osmotici (Grado C). f ) usare agenti osmotici o lassativi in particolare per i pazienti allettati (Grado A). g) comunque sia in caso di costipazione che di incontinenza va stabilito un programma di riabilitazione della funzione intestinale (Grado C).

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4.3 Le postureLa mobilizzazione e il posizionamento sono attivit fondamentali fin dalla fase acuta (Indredavik, Bakke et al. 1999). Pur essendo questarea di bisogno di competenza del fisioterapista e del terapista occupazionale, tutto il gruppo dovrebbe conoscere e condividere il programma e le tecniche. Questo particolarmente importante per linfermiere che la figura che interagisce pi a lungo con il paziente. La maggior parte dei pazienti presenta un deficit di mobilit, ragione per cui la mobilizzazione rappresenta lelemento fondamentale dellintervento riabilitativo motorio in fase acuta. E importante da parte del gruppo multidisciplinare valutare la capacit di mobilit attiva del paziente. Questa inizia con losservazione della capacit del paziente a compiere da solo: il cambio di postura nel letto (girarsi su entrambi i lati); il passaggio posturale disteso-seduto per sedere sul letto; la capacit di sedersi con le gambe fuori dal letto.

4.3.1 Il posizionamentoI frequenti cambi di posizione a letto, eseguiti dagli infermieri sulla base del programma riabilitativo fanno parte degli interventi assistenziali sin dal momento del ricovero. Raccomandazioni: a) Gli infermieri dovrebbero posizionare i pazienti per ridurre al minimo i rischi di complicanze quali contratture, affezioni respiratorie e piaghe da decubito (Grado C). b) Tutti i componenti del gruppo multidisciplinare, compresi i familiari, dovrebbero essere addestrati da un terapista motorio od occupazionale (Grado C).

4.3.2 La mobilizzazionePer mobilizzazione si intende sia quella passiva, effettuata dagli operatori sul paziente, sia quella attiva che il paziente in grado di effettuare con lassistenza del personale. La frequenza e lentit della mobilizzazione dipendono dalle condizioni del paziente a partire dallobiettivo minimo di alzarlo due volte al giorno oltrech per le cure igieniche personali. Le strategie per il posizionamento e la mobilizzazione debbono essere proposte dal: fisioterapista che ha il compito di agire prevalentemente sulla menomazione, favorendo il recupero del movimento funzionale, della postura e dellautonomia nelle attivit di vita quotidiana e prevenendo complicanze secondarie legate allimmobilit (ad esempio retrazioni legamentose ed infezioni polmonari).

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Questo si realizza attraverso lapplicazione di un preciso programma consistente in esercizi e attivit specifiche. terapista occupazionale che ha lobiettivo di minimizzare la disabilit. Esso utilizza una serie di strategie per esaltare la funzionalit residua, rieducare il paziente alla gestione della propria persona e alle attivit della vita quotidiana (ADL). Una volta impostato il programma di mobilizzazione tale attivit viene comunque svolta dallinfermiere esperto nella gestione dei pazienti con ictus. I fisioterapisti ed i terapisti occupazionali devono addestrare e condividere con gli infermieri dedicati le tecniche pi idonee per ciascun paziente (Forster, Dowswell et al. 1999). E importante sorvegliare il paziente che in grado di muoversi per il pericolo di cadute che possono essere dovute a ipotensione ortostatica, a deficit neurologici conseguenti allictus o a terapie farmacologiche (Nyberg and Gustafson 1997). Il programma di mobilizzazione prosegue con il trasferimento sulla sedia a rotelle personalizzata ed infine con lassunzione della posizione eretta, con la simmetrizzazione e con il cammino. Raccomandazioni: a) Ogni paziente dovrebbe essere posizionato seduto in una sedia a rotelle standard o con schienale reclinato entro le prime 24 ore, senza alcuna differenza tra paziente affetto da ischemia o da emorragia (Grado C). b) Anche i pazienti in coma, gravemente disorientati, con segni o sintomi di aggravamento progressivo, con emorragia cerebrale o subaracnoidea, ipotensione ortostatica grave o persistente ed infarto miocardico acuto, debbono essere posizionati seduti entro le prime 24 ore monitorando attentamente i parametri vitali (Grado C).

4.4 La comunicazioneLa difficolt di comunicazione in genere dovuta ad un deficit del linguaggio che pu essere condizionato negativamente dai disturbi di attenzione o di memoria. Ci sono condizioni molto pi rare di grave compromissione dellattivazione motoria che condizionano la comunicazione (es. sindrome locked-in). Tutti i pazienti affetti da afasia o da problemi di comunicazione devono essere valutati entro i primi giorni dal logopedista o neuropsicologo, che deve impostare il piano di trattamento, con la condivisione del gruppo multidisciplinare, e definire le strategie di comportamento individuale, sia per i componenti del gruppo che per ogni altra persona che in contatto con il paziente. L obiettivo quello di : ridurre le difficolt di linguaggio; migliorare la comunicazione con conseguentemente riduzione della disabilit. E di estrema importanza, quindi, linformazione, la discussione e laddestramento del personale medico e paramedico e dei familiari o di chi si prende cura del paziente per migliorare la comunicazione, la comprensione della nuova disabilit, ridurre lisolamento emozionale e sociale e prevenire leventuale depressione.

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Strategie alternative al linguaggio parlato includono una variet di approcci come lutilizzo di gesti, di disegni, di tabelle di comunicazione e di sistemi computerizzati. Ci pu avvenire sia nelle prime fasi che quando il recupero della capacit di comunicare con la parola rappresenta un obiettivo non percorribile. Raccomandazioni: a) Ciascun paziente con un ictus nellemisfero dominante deve essere sottoposto ad una valutazione del linguaggio da un logoterapista (grado B) - o da un altro componente del gruppo competente nel linguaggio - effettuata con metodi validi e riproducibili (Grado C); b) Se sono presenti deficit di linguaggio gli infermieri, i componenti del gruppo multidisciplinare ed i parenti devono essere messi al corrente della tecnica di comunicazione pi appropriata rispetto allo specifico danno (Grado A); c) Qualora al termine della valutazione possono essere individuati obiettivi minimi ed ottenuta la conferma di progressi, il paziente va sottoposto ad un trattamento riabilitativo completo da proseguire nel tempo. (Grado C) La disartria presente nel 20% degli ictus in fase acuta (Warlow, Dennis et al. 1996) e rappresenta laltro deficit neurologico responsabile di una difficolt di comunicazione. Pu essere definita come una compromissione degli aspetti motori del linguaggio, caratterizzata da una alterazione dei movimenti (labio-glosso-velari e facciali) necessaria alla produzione verbale, che divengono rallentati, non coordinati, imprecisi con ipostenia dei muscoli coinvolti e che potrebbe coinvolgere la respirazione, la fonazione, la risonanza e/o la articolazione della fase orale. Una prima valutazione e la successiva scelta delle misure necessarie a ridurre i problemi comunicativi vengono effettuate dal logopedista o dal neuropsicologo fin dalla fase ospedaliera per poi proseguire con una rivalutazione e un nuovo piano di trattamento nel periodo della riabilitazione intensiva, quando necessario, e spesso anche successivamente ad esso. Valgono le considerazioni e le raccomandazioni fatte per lafasia. Nello specifico, il terapista del linguaggio stabilir la migliore strategia per gestire il singolo paziente che verr applicata in particolar modo dall infermiere ma anche da tutti gli altri componenti del gruppo. Raccomandazione: Informazioni e indicazioni specifiche debbono sempre essere tempestivamente fornite anche ai familiari o alle persone che si relazionano con il paziente disartrico (Grado C) Le tecniche da prendere in considerazione comprendono: lavoro per normalizzare il tono muscolare e/o migliorare la forza e la precisione del movimento e della coordinazione dei muscoli coinvolti compensazione attraverso modifiche del comportamento riducendo la produzione del linguaggio al fine di aumentare la comprensione addestramento nella eliminazione di risposte affrettate che comportano laumento di produzione del linguaggio che verrebbe successivamente percepito come lento e poco comprensibile addestramento a compiere strategie ausiliarie come ad esempio sollevamento

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del palato per ridurre la nasalit delle parole prodotte suggerimento ed addestramento nellutilizzo di strumenti alternativi che possono variare da semplici: lo scrivere con carta e penna, lutilizzo di lavagnetta con lettere magnetiche; a raffinati: strumenti computerizzati riduzione dellhandicap modificando lambiente tramite lutilizzo di persone con attitudine a comprendere pazienti disartrici Non esiste una indicazione ad oggi dellutilizzo di una singola strategia rieducativa di efficacia superiore alle altre (Greener, Enderby et al. 2000). La compromissione delle funzioni cognitive, che frequentemente vengono interpretate come disorientamento, relativamente frequente e ne affetto circa il 25% dei sopravvissuti. Le condizioni specifiche pi frequenti, se si esclude lafasia, sono il neglect visuspaziale, laprassia, la compromissione dellapprendimento, la riduzione delle capacit attentive. La loro presenza pu giustificare in parte una disabilit come ad esempio una incapacit del paziente a lavarsi o mangiare autonomamente. La riabilitazione cognitiva del neglect visuspaziale ha prove di efficacia nel migliorare lesecuzione di tests utilizzati comunemente nella valutazione neuropsicologica, ma non noto quanto questo si traduca anche in un miglioramento della disabilit (Bowen, Lincoln et al. 2002). Raccomandazioni: a) Ciascun paziente dovrebbe essere valutato non appena possibile anche per le funzioni cognitive e nel periodo della fase acuta dovrebbe essere almeno sottoposto al Mini Mental State Examination in assenza di afasia franca. (Test di Raven 47 PMC) in assenza di grave neglect (Grado C) b) I pazienti con neglect visuospaziale o con deficit di campo visivo devono essere sottoposti a strategie specifiche di addestramento (Grado B).

4.5 La prevenzione delle complicanzeLe complicanze nellictus sono particolarmente frequenti e variano a seconda della gravit dei pazienti, con unincidenza intorno al 60%. Superata la prima settimana dallevento acuto, in cui molto probabile che la morte dipenda dallevento neurologico in s, le complicanze correlate allimmobilit rappresentano la maggior parte delle cause di decesso (le polmoniti o lembolia polmonare seguite dagli altri problemi vascolari come le recidive di ictus o eventi cardiaci). Le complicanze dellictus rappresentano un costo sanitario non trascurabile poich determinano un prolungamento dei tempi di ricovero nella fase acuta e dei tempi di recupero in ambiente riabilitativo. La prevenzione, lindividuazione precoce ed il trattamento tempestivo delle complicanze sono cruciali e sono meglio garantite al paziente con ictus attraverso la gestione di cure organizzata. In considerazione del fatto che le manifestazioni febbrili influenzano negativamente levoluzione clinica dopo lictus, tutte le complicanze di tipo infettivo devono essere riconosciute precocemente (Jorgensen, Reith et al. 1999).

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4.5.1 La prevenzione delle infezioni polmonariSono le pi comuni cause di morte nelle prime settimane dopo lictus. Le condizioni respiratorie sono spesso compromesse, soprattutto negli ictus pi gravi, sia in relazione alla preesistenza dei disturbi ventilatori, che alla concomitanza di infezioni favorite dalla ridotta mobilit toracica con conseguente stasi delle secrezioni bronchiali. Le infezioni polmonari correlano infatti con limmobilit, con il riflesso della tosse poco valido e con la disfagia.La prevenzione pi importante rappresentata da una valutazione molto precoce della disfagia al fine di ridurre la possibilit di aspirazione. Lassistenza inoltre dovrebbe essere finalizzata a promuovere unadeguata ventilazione, a controllare la saturazione di ossigeno e la pCO2, a favorire la clearance bronchiale e ad utilizzare precocemente un trattamento antibiotico in caso di infezione. Il nursing finalizzato alla prevenzione delle complicanze respiratorie basato su alcune semplici procedure, quali il posizionamento seduto e la precoce mobilizzazione (entro le prime 24 ore), lesecuzione di respiri profondi, laerosolterapia e la disostruzione bronchiale mediante clapping, che vanno integrati con lassunzione di specifiche posture e lesecuzione di esercizi di riabilitazione respiratoria.

4.5.2 La conservazione dell'integrit cutaneaLe piaghe da decubito sono una complicanza completamente evitabile, quando si verificano sono dolorose e rallentano il recupero del paziente (ed esempio favorendo la spasticit) (vedi Linee Guida Prevenzione e trattamento delle lesioni da decubito dellAzienda USL2 dellUmbria). Raccomandazioni: a) Precoce valutazione del rischio individuale del paziente (vedi allegato 2 scala di Norton) (Grado C) b) Gestione infermieristica esperta con temporizzate variazioni di posizionamento (Grado C). c) Utilizzo di materassi antidecubito (Grado A).

4.5.3 La prevenzione della trombosi venosa profonda e della embolia polmonareLincidenza della Trombosi Venosa Profonda (TVP) riportata in letteratura, in pazienti con ictus varia dal 25 al 66 % (Warlow, Ogston et al. 1976; Warlow, Ogston et al. 1976), (Gubitz, Counsell et al. 2000), (Mazzone, Chiodo Grandi et al. 2002) mentre quella dellembolia polmonare elevata in casistiche post-mortem (Warlow 1978) e raggiunge il 2% se ci si attiene alla valutazione clinica (McClatchie 1980). Rappresenta il 15% delle cause di morte a 5 settimane dallevento (Kamran, Downey et al. 1998).

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Lincidenza pi elevata si registra nella prima settimana. Il rischio sembra essere maggiore se larto plegico. La diagnosi clinica della TVP diviene particolarmente difficile sia per lelevata probabilit che larto paretico per ictus sia comunque edematoso e dolente (segni che comunemente inducono il sospetto), sia per la presenza di TVP asintomatiche. Il gold standard per la diagnosi rappresentato dalla flebografia, anche se lecodoppler a compressione degli arti inferiori rappresenta, assieme alla pletismografia, una procedura diagnostica ragionevolmente accurata e facilmente effettuabile. Attualmente raccomandato in associazione con una eventuale terapia farmacologica (SPREAD 2000) lutilizzo delle calze antitrombotiche; l efficacia stata provata in studi su altre patologie, di tipo chirurgico o traumatico. Ad oggi non esistono evidenze rispetto alluso della calza antitrombotica n indicazioni sul tipo di calza (lunga o corta) da utilizzare, sul livello di pressione, sulla gravit dellipostenia che richiede la calza o sulla necessit di posizionare la calza su uno o entrambi gli arti (Mazzone, Chiodo Grandi et al. 2002). A tale scopo in corso lo studio clinico randomizzato controllato Clots Trial 1 e 2 coordinatao da Martin Dennis, Western General Hospital Edinburg. Raccomandazioni: a) Fare indossare calze antitrombotiche (18 mmHg) a pazienti costretti a letto per ipostenia o, in caso di ipostenia lieve, se sono presenti fattori di rischio come disidratazione, et avanzata, vene varicose etc. (Grado C). b) Rimuovere le calze allinizio della deambulazione (Grado C). Controindicazioni alluso delle calze sono rappresentate da eventuali lesioni ulcerose del piede, frequenti in pazienti diabetici e/o da arteriopatia grave degli arti inferiori. Le calze possono essere tolte in una finestra temporale di 2-4 ore per le cure igieniche e per il controllo di eventuali effetti collaterali (lesioni cutanee, segni costrittivi).

4.5.4 La prevenzione della spalla dolorosaQuesto tipo di complicanza interferisce negativamente con il programma riabilitativo e, in generale, con le possibilit di recupero (Wyller 1997 ). Durante il primo anno dopo lictus i pazienti con emiplegia soffrono di dolore alla spalla (Wanklyn, Forster et al. 1996). Tra i pazienti che presentano dolore entro la prima settimana dallevento i 2/3 continueranno ad averlo ad un anno dopo lictus. Sono state riconosciute diverse condizioni patogenetiche che possono causare questa sindrome che , molto probabilmente multifattoriale (Wanklyn, Forster et al. 1996): sublussazione acromionomerale (Zorowitz, Hughes et al. 1996), lesione della cuffia dei rotatori spalla congelata sindrome da conflitto delle strutture articolari della spalla con tendinite del bicipite tendinite del sovraspinoso ed ipertono in intrarotazione

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artrite acromioclavicolare artrite glenomerale Alla spalla dolorosa si associano frequentemente le seguenti condizioni neurologiche: ipotonia dei muscoli della spalla che favorisce una sublussazione glenomerale spasticit perdita della sensibilit propriocettiva profonda neglect deficit di campo visivo Una piccola proporzione di pazienti presenta la sindrome dolorosa complessa regionale, con connotazione algo-distrofica o sindrome della spalla mano, le cui caratteristiche sono: dolore nellabduzione, nella rotazione esterna e flessione omerale, edema e dolore nella regione carpale, edema della mano, modifiche della temperatura, del colore e della secchezza della cute della regione coinvolta, osteoporosi. E importante porre una diagnosi eziologica per riconoscere le lesioni trattabili (fratture, tendinite, etc) in modo efficace da quelle per le quali non si ancora certi di quale sia il trattamento pi appropriato. La prevenzione di questa sindrome avviene nella fase acuta allinterno di un programma di mobilizzazione e posizionamento con coinvolgimento del paziente e dei parenti (Braus, Krauss et al. 1994). Raccomandazioni: a)Sostenere larto flaccido per ridurre la possibilit di sublussazione; b) Insegnare al paziente a non tenere larto penzoloni quando seduto o in piedi; c) Coinvolgere il paziente e i parenti nelle tecniche di prevenzione (Grado B); d) Quando il paziente seduto sostenere larto con sostegni che siano pi stabili dei cuscini; e) Evitare di esercitare trazione sullarto negli spostamenti del paziente; f) Individuare modalit degli spostamenti definite dal terapista, comunicate a tutto il personale e a chi si occupa dellassistenza del paziente; g) Eseguire riabilitazione passiva alla spalla.Le seguenti procedure sono importanti, anche se non supportate da prove di efficacia (quindi tutte di grado C).

Lassenza di prove di efficacia estesa anche alle altre strategie di prevenzione. Supporti per la spalla: non stato dimostrato che sostenere larto con ortesi/spalla braccio nella fase acuta prevenga il dolore anche se pu prevenire la sublussazione (Brooke, de Lateur et al. 1991). Inoltre non esistono prove di efficacia di un tipo di supporto rispetto ad un altro (Zorowitz, Idank et al. 1995). Stimolazione elettrica funzionale: viene praticata nellipotesi di facilitare il recupero della forza muscolare provocando una contrazione in maniera organizzata, riduce la probabilit di sublussazione dellarticolazione e la spasticit. Viene applicata

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al braccio e allavambraccio nel tentativo di ridurre ledema, le contratture e la funzionalit persa (Faghri, Rodgers et al. 1994). Non ci sono evidenze per raccomandare o sconsigliare questa tecnica per la prevenzione della spalla dolorosa. Appare significativo solo la riduzione della sublussazione che non incide sulla qualit della vita. (Price and Pandyan 2000).

4.6 Aspetti riabilitativi e trattamentoLa riabilitazione deve essere per quanto possibile mirata e necessariamente articolata in pi tipologie di intervento. La pi comune tecnica di intervento riabilitativo in questa condizione finalizzata al ribilanciamento muscolare. Infatti, quando presente flaccidit si pu verificare sublussazione della testa dellomero e stiramento capsulare. In caso di successiva spasticit, la prevalenza dei muscoli anteriori della cuffia dei rotatori a volte pu provocare la risalita della testa dellomero sulla cavit glenoidale, con conseguente sindrome da impingement dovuta ad attrito tra la testa omerale e lacromion. Pur non essendoci una dimostrata correlazione tra la sublussazione e la spalla dolorosa, i trattamenti riabilitativi che agiscono sul ribilanciamento non si sono dimostrati di provata efficacia. La tecnica Bobath ha dimostrato qualche vantaggio non statisticamente significativo nei confronti della crioterapia, anche se in uno studio metodologicamente discutibile. La stimolazione elettrica funzionale e in particolare le TENS, comunemente utilizzate per trattare il dolore, sembrano essere di qualche efficacia (Leandri, Parodi et al. 1990) (Price and Pandyan 2000). Raccomandazioni: a) Iniziare con antinfiammatori per os (Grado C); b) In caso di inefficacia effettuare 3 iniezioni intrarticolari di triamcinolone 40 mg (Grado C); c) In caso di ulteriore inefficacia usare le TENS (Grado B).

4.6.1 La prevenzione delle caduteIl rischio di caduta dovrebbe essere valutato allingresso del paziente e monitorato durante tutta la fase del ricovero. I deficit sensitivi sia corticali che sottocorticali aumentano il rischio di caduta. In particolare pazienti agitati, di et avanzata, in trattamento con farmaci sedativi, anosognosici, con neglect visivo e emiplegici sinistri hanno un elevato rischio di caduta (Rapport, Webster et al. 1993). Raccomandazioni: a) Identificare i pazienti a rischio di caduta (Grado C). b)Formalizzare un programma di prevenzione delle cadute (Grado C).

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4.6.2 Il controllo o la prevenzione delle crisi epiletticheEpisodi critici comiziali entro le prime settimane si verificano nel 5% dei casi. Sono particolarmente frequenti nei pazienti affetti da ictus emorragico e da ictus ischemico con interessamento della corteccia cerebrale. Occorre ricordare che spesso si verificano per il sopraggiungere di fattori precipitanti come ad esempio la brusca sospensione dellalcool in paziente precedentemente dipendenti, lutilizzo di farmaci che modificano la soglia epilettogena, disturbi metabolici ed infezioni. Secondo il Copenaghen Stroke Study il rischio di epilessia correlato con la gravit dellictus. Inoltre le crisi non sono correlate con la mortalit e, sorprendentemente i pazienti con epilessia hanno una prognosi migliore (Reith, Jorgensen et al. 1997).

Raccomandazioni: a) Si raccomanda di iniziare una profilassi anticomiziale solo dopo la prima crisi avvenuta in fase post acuta (2 settimane dopo levento acuto) (Grado C). b) Nel caso di profilassi anticomiziale gi iniziata senza episodi critici certi, considerata linfluenza negativa del farmaco anticomiziale sulle funzioni cognitive, se ne raccomanda la graduale sospensione (Grado C).

4.6.3 Sessualit ed ictusUna persona su 4 necessita di aiuto per problemi che concernono la sessualit dopo lictus. Le funzioni sessuali e relazionali sono strettamente correlate e la disfunzione delle prime predice la disfunzione delle seconde (Chandler and Brown 1998).

Raccomandazione: Ogni servizio di riabilitazione dovrebbe porre attenzione alla salute sessuale e valutare gli aspetti relazionali (Grado C).

4.7 Linformazione, leducazione del paziente e della famigliaLinformazione parte integrante dei processi di cura e di riabilitazione, in quanto agisce: sulla compliance al trattamento sul processo di adattamento alla malattia sulla attivazione delle risorse del paziente

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sullottimizzazione della rete di supporto (famiglia, servizi) Nel caso del paziente con ictus necessario ricordare che la naturale esigenza del malato e dei familiari di essere costantemente informati e coinvolti uno degli elementi del successo del processo riabilitativo (Evans, Matlock et al. 1988). Lutilizzo di materiale informativo specifico potrebbe migliorare la prognosi del paziente e la salute mentale di chi lo assiste (Mant, Carter et al. 1998) , mentre vi sono evidenze lievemente pi consistenti nei confronti delleducazione dei malati e dei parenti alla malattia tramite sedute in cui viene considerata rilevante la discussione (Forster, Smith et al. 2001). Lictus una malattia della famiglia. Inizialmente, come in altre malattie acute i parenti hanno bisogno di informazione e supporto a causa dellevento acuto, ma a differenza di altre malattie la possibile disabilit residua del loro caro richiede un supporto dal punto di vista pratico, economico, emozionale e sociale. La complessit delle informazioni da dare tale che opportuno che la comunicazione non venga lasciata al caso, ma si provveda a codificare tempi, modi e spazi adeguati, perch la stessa avvenga in modo proficuo tra il team che gestisce il paziente in ospedale e chi poi avr in carico lassistenza del paziente a domicilio. E fondamentale che il gruppo riabilitativo mantenga, attraverso un proprio referente, un flusso costante di informazioni nei confronti della famiglia, che sebbene debba essere considerata parte integrante del gruppo, necessita di tempi e modalit di approccio assolutamente specifici in ragione della mancanza di competenza e del coinvolgimento emotivo. I risultati di focus-group condotti con parenti di pazienti colpiti da ictus hanno messo in evidenza limportanza del fatto che linformazione e la comunicazione venga garantita soprattutto in alcuni momenti critici del percorso terapeutico, a conferma, peraltro, di studi effettuati in altre nazioni e ambienti culturali diversi (Evans, Matlock et al. 1988): al momento della diagnosi necessario che vengano fornite informazioni chiare e complete su: quadro clinico, percorso diagnostico che si sta sviluppando, prognosi, per aiutare il malato e i familiari a prendere coscienza della malattia e contribuire a rassicurarlo sullattenzione prestatagli; durante la degenza opportuno: - che sia fornito il quadro complessivo dei problemi di salute e dellapproccio terapeutico usando un linguaggio comprensibile - che vengano forniti orientamenti per consentire la assunzione di eventuali decisioni - che vengano condivisi gli obiettivi del progetto riabilitativo e illustrati ai familiari i compiti di supporto alla riabilitazione. alla dimissione, allorquando il nucleo familiare corre il maggior rischio di sentirsi solo ad affrontare i complessi e molteplici problemi posti dalla malattia, occorre che al malato ed ai familiari: - venga assicurato il passaggio di informazioni tra Ospedale e Medico di Medicina Generale per favorire la presa in carico e attenuare il senso di abbandono; lo strumento privilegiato per garantire questo passaggio rappresentato dalla lettera

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di dimissione per il M.M.G.; - vengano illustrati gli obiettivi ed i tempi di realizzazione del progetto di riabilitazione, tramite colloqui con il referente del team riabilitativo; - vengano fornite informazioni su: la normativa per la disabilit; le modalit per usufruire di ausili sanitari; le strutture e servizi per i disabili. - vengano illustrati, tramite colloqui e dimostrazioni pratiche, i compiti di supporto alla riabilitazione che i familiari possono svolgere. nella fase della riabilitazione post-acuta, allorquando le aspettative di miglioramento tramite la riabilitazione diventano alte, la comunicazione deve assolvere il compito : a) nei confronti della famiglia: - di fornire orientamenti per assumere decisioni, in vista dei lunghi tempi di recupero; b) nei confronti del paziente di sostenerlo nella scoperta progressiva della nuova realt e nel favorirne la capacit di adattamento alla malattia; di illustrare periodicamente il decorso della malattia, valorizzando i successi raggiunti; in questa direzione particolarmente importante risulta, oltre alla figura del referente del team riabilitativo assistenziale, la figura del M.M.G. Raccomandazioni: a) Occorre considerare il bisogno della famiglia e del paziente di essere informati sul quadro clinico, sulla prognosi della malattia, di essere coinvolti nel programma riabilitativo ed educati alla malattia (Grado C). b) Individuare fin da subito un referente del team e un interlocutore privilegiato tra i familiari, in modo da facilitare la trasmissione delle informazioni e la acquisizione di consapevolezza rispetto al ruolo fondamentale che la famiglia dovr svolgere (Grado C). c) La comunicazione con la famiglia deve necessariamente essere diversificata nei contenuti a seconda della fase evolutiva della malattia e della cultura della famiglia (Grado C).

4.8 Il trattamento riabilitativo intensivoGli obiettivi del trattamento riabilitativo intensivo debbono essere: realistici: obiettivi troppo ambiziosi creerebbero frustrazione e demotivazione per il paziente e i parenti. Per stabilire gli obiettivi va tenuto conto del tempo trascorso dallictus e dei fattori prognostici identificabili in base al quadro clinico; condivisi: la condivisione e la consapevolezza degli obiettivi da parte del paziente o dei parenti molto importante per il successo del programma riabilitativo; aggiornati: con il progredire dellattivit riabilitativa il progetto e il programma vanno aggiornati e ridefiniti in base ai progressi del paziente.

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