L’incubo del nucleare in mano all’Isis n - ilsole24ore.com · Argentina. Il Senato di Buenos...

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Nota: il punteggio 100 indica le migliori condizioni di sicurezza Fonte: NTI, Nuclear Threat Initiative Il Nuclear Security Index - curato dall’organismo voluto da Barack Obama sei anni fa per affrontare la minaccia di catastrofi legate al terrorismo nucleare – valuta le condizioni di sicurezza nel mondo, considerando il rischio di furto di materiale radioattivo o di sabotaggio. Il punteggio è attribuito in base al rispetto di determinate condizioni in diverse categorie. Nella classifica qui riportata è considerato il rischio di furto di materiale nucleare utilizzabile in armamenti nei Paesi che posseggono almeno un kg di materiale radioattivo. Le conclusioni dell’Indice 2016 evidenziano un rallentamento del processo di riduzione della quantità di materiale nucleare a rischio nel mondo e della messa in sicurezza degli stock esistenti Variaz. dal ’14 Variaz. dal ’12 +3 0 0 20 40 60 80 100 Nord Corea 24 -4 -4 24 Iran 35 0 0 23 Pakistan 42 +4 0 22 India 46 +4 +2 21 Israele 55 +1 0 20 Cina 60 +3 +1 19 Russia 64 +2 +2 18 Kazakhstan 66 0 0 17 Sud Africa 71 +3 +3 16 Argentina 73 +4 0 15 Italia 75 +3 +3 14 Giappone 78 +12 +4 13 Regno Unito 79 +2 +2 =11 Olanda 79 0 -1 =11 Stati Uniti 80 +2 +3 10 Francia 81 +3 +1 =8 Bielorussia 81 +7 0 =8 Norvegia 83 +5 +2 =5 Germania 83 +6 +1 =5 Belgio 83 +13 +3 =5 Polonia 84 +7 +3 4 Canada 87 +8 +2 3 Svizzera 91 +4 +2 2 Australia 93 1 Il grado di sicurezza nucleare nel mondo

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12 Mondo Il Sole 24 OreVenerdì 1 Aprile 2016 ­ N. 89

Il summit di Washington. Al vertice ospitato da Obama la preoccupazione che il materiale atomico possa essere usato dai terroristi

L’incubo del nucleare in mano all’IsisIl Belgio è tra i Paesi vulnerabili che più allarmano l’amministrazione americana

Marco ValsaniaNEW YORK

pNon si è riunito all’ombra diun fungo atomico. Ma la minac­cia resta: quella di “cocci” radio­attivi sparati all’impazzata daun rudimentale ordigno esplo­sivo. Di una dirty bomb, di una bomba  sporca,  che  sfidando sforzi e promesse degli ultimianni ora potrebbe essere a por­tata di mano ­ o di guanto ­ di gruppi terroristi a cominciare da fanatici decisi a immolarsiper lo Stato Islamico.

Il Nuclear Security Summitinternazionale di Washington, convocato da Barack Obama e alquale partecipano da ieri oltre 50 capi di Stato e di governo dallaCina all’Italia, dal Giappone alla Corea del Sud, prende le mosse dalla memoria fresca degli at­tentati di Bruxelles e prima an­cora di Parigi e San Bernardino. E guarda con preoccupazione allo spettro delle tragedie anco­ra più devastanti che avrebbero provocato se i terroristi fossero stati in possesso di simili mate­riali. Se avessero cioè detonato uranio o plutonio radioattivi, ra­strellati sul mercato nero o ru­bati  dagli  innumerevoli  siti spesso civili ­ da depositi a reat­tori e ospedali ­ tuttora malpro­tetti e sparsi per il mondo.

L’allarme si è fatto strada nel­l’agenda  esplicita  del  vertice: per la prima volta dal suo debut­to nel 2010 organizza una sessio­ne interamente alle risposte al terrorismo urbano e a simula­zioni di strategie per affrontare imminenti attentati atomici. E proprio il Belgio, teatro dell’ulti­mo massacro, è una delle fron­tiere  atomiche  più  allarmanti agli occhi dell’amministrazione americana: i consiglieri per la si­curezza  nazionale  della  Casa Bianca denunciano disorganiz­zazione e incapacità nelle inda­gini da parte dalle autorità locali,che ora stanno aiutando. E ricor­dano come la vulnerabilità del Paese nel cuore dell’Europa siaemersa fin dal 2014: da allora un impianto nucleare è finito vitti­ma di sabotaggio, uno scienziatoè stato spiato ed è venuto alla lu­ce l’esodo di dipendenti del set­tore alla volta di Siria e Iraq per 

combattere sotto le bandiere di Isis. Assieme a Pechino e altri seiPaesi, Bruxelles riceve il voto più basso dagli esperti per la ci­ber­sicurezza dei suoi impianti.

Altri gravi focolai di preoccu­pazione sono la Russia, che ha disertato il vertice e mette oggi all’indice qualunque negoziatosulla neutralizzazione di mate­riale atomico sotto la leadershipstatunitense.  La  Corea  del Nord, con la sua escalation diesperimenti atomici. E il Paki­stan, un alleato scomodo che ha sposato una nuova generazionedi armi nucleari tattiche di pic­cole dimensioni più difficili datenere sotto chiave. Islamabadnon viene più considerata una capitale sicura quando si tratta di arsenali atomici.

I grandi numeri del nuclearetradiscono i passi avanti incom­pleti. L’amministrazione Oba­

ma, oggi al tramonto, in sei anni può vantare  l’eliminazione di quasi  tremila  chilogrammi  di uranio arricchito utilizzabile ascopi militari e successi in Paesiche  vanno  dall’Ucraina,  dove sono stati resi innocui 250 chili di uranio buono per otto bombe,al Giappone, dove sono stati ri­mossi uranio e plutonio equiva­lenti a 40 bombe. Fino al Cile, al­l’Ungheria, al Vietnam, all’Au­stria, alla Libia, alla Turchia. Ma il budget della Casa Banca per questa campagna contro il ri­schio del “nucleare diffuso”, unadelle ragioni valse il premio No­bel per la pace a Obama nel 2008,è stato dimezzato a 400 milioni di dollari l’anno rispetto agli al­bori. E meno della metà delle na­zioni che hanno partecipato al precedente summit due anni or sono ­ già solo il 15% dei membri della  International  Atomic Energy Agency ­ hanno sotto­scritto impegni a “disinnescare”le loro scorte radioattive.

Gruppi quali il Nuclear Thre­at Initiative mettono oggi più che mai in guardia dai troppi ma­teriali  nucleari  tuttora  inade­guatamente  supervisionati  su scala globale e che fanno temerela comparsa di una bomba spor­ca. «L’obiettivo di un sistema di sicurezza nucleare globale ri­mane  inevaso»,  afferma,  con scarsi progressi nell’ultimo bi­ennio. A dodici Paesi che, spro­nati dalla leadership di Obama nonostante i summit siano stati criticati per propositi troppo va­ghi, hanno accettato la completarimozione di “magazzini” pari a 130 armi atomiche, si contrap­pongono  almeno  altri  25  che hanno a disposizione senza re­more quantità di materiali peri­colosi capaci nelle mani sbaglia­te di dar vita a migliaia di ordigniesplosivi in grado di far strage dicentinaia di migliaia di persone. La combinazione con il deside­rio di Isis, intercettato dall’intel­ligence, di impadronirsi e utiliz­zare simili strumenti di distru­zione di massa fa impallidire le tragedie finora sofferte ad operadel terrorismo. Un’eredità pe­sante per il prossimo presidenteamericano americano.

© RIPRODUZIONE RISERVATA Nota: il punteggio 100 indica le migliori condizioni di sicurezza Fonte: NTI, Nuclear Threat Initiative

Il Nuclear Security Index - curato dall’organismo voluto da Barack Obama sei anni fa per affrontare la minaccia di catastrofi legate al terrorismo nucleare – valuta le condizioni di sicurezza nel mondo, considerando il rischio di furto di materiale radioattivo o di sabotaggio. Il punteggio è attribuito in base al rispetto di determinate condizioni in diverse categorie. Nella classifica qui riportata è considerato il rischio di furto di materiale nucleare utilizzabile in armamenti nei Paesi che posseggono almeno un kg di materiale radioattivo. Le conclusioni dell’Indice 2016 evidenziano un rallentamento del processo di riduzione della quantità di materiale nucleare a rischio nel mondo e della messa in sicurezza degli stock esistenti

Variaz. dal ’14 Variaz. dal ’12

+300 20 40 60 80 100

Nord Corea 24 -4-424

Iran 35 0023

Pakistan 42 +4022

India 46 +4+221

Israele 55 +1020

Cina 60 +3+119

Russia 64 +2+218

Kazakhstan 66 0 017

Sud Africa 71 +3+316

Argentina 73 +4015

Italia 75 +3+314

Giappone 78 +12+413

Regno Unito 79 +2+2=11

Olanda 79 0-1=11

Stati Uniti 80 +2+310

Francia 81 +3+1=8

Bielorussia 81 +70=8

Norvegia 83 +5+2=5

Germania 83 +6+1=5

Belgio ??,? 83 +13+3=5

Polonia 84 +7+34

Canada 87 +8+23

Svizzera 91 +4+22

Australia 931

Il grado di sicurezza nucleare nel mondo

Argentina. Il Senato di Buenos Aires ha approvato l’intesa con i creditori che non avevano accettatto la ristrutturazione del debito. Il Paese uscirà così dal default tecnico

Tango bond, sì all’accordo con gli Usadi Roberto Da Rin

È la prima vittoria politicadel neo presidente Mau­ricio Macri. L’Argentina

volta pagina e chiude il con­tenzioso con i fondi avvoltoioamericani, avviando così unanuova fase nelle relazioni in­ternazionali.

Il Senato di Buenos Aires haapprovato  il nuovo accordocon i creditori, che prevedeappunto il rimborso ai famige­rati  Fondos  buitres,  avvol­toi(così vengono chiamati inArgentina). Dopo 15 ore di di­battito il Senato ha dato il vialibera al provvedimento fina­le con 54 sì e 16 no.

L’intesa, già passata alla Ca­

mera, sblocca la lite che da 15anni vede il governo argenti­no contrapporsi ai detentoridi  obbligazioni  in  default,  itango bond. 

Mauricio Macri,  insediato

alla Casa Rosada da pochi me­si, immette un elemento di for­te discontinuità con i passati governi di Nestor Kirchner e

della moglie Cristina Fernan­dez de Kirchner. 

Già pochi giorni dopo il suoincarico presidenziale, Macriavviò un negoziato con i credi­tori holdouts americani, quel­li che non avevano accettato laristrutturazione sul debito de­cisa da Buenos Aires dopo il default del 2001 e avevano pre­teso il rimborso totale dei lorocrediti. Dopo una lunga tratta­tiva gli hedge fund americani hanno accettato un compro­messo e l’Argentina acquisi­sce le condizioni per rientraresul mercato dei capitali.

Il ministro delle Finanze ar­gentino, Alfonso Prat­Gay, hasalutato con grande soddisfa­zione l’accordo con i Fondos

buitres che consentirà all’Ar­gentina di uscire da quel de­fault tecnico in cui era cadutail 31 luglio 2014. Il default ha impedito di pagare le cedoleagli obbligazionisti per un ca­villo giuridico imposto dalla legislazione americana, com­petente  per  giurisdizione.Una beffa per il governo diBuenos Aires che avrebbe vo­luto e potuto pagare ma unasentenza del giudice america­no Thomas Griesa ne impedìl’erogazione. 

L’accordo  prevede  chel’Argentina paghi 4,65 miliar­di di dollari ai creditori hol­douts  tra cui  figurano NmlCapital  (divisione  di  ElliotManagement) e Aurelius Ca­

pital management.L’intesa raggiunta a Buenos

Aires  con  i  Fondos  buitrescomporta  due  conseguenzepositive: la prima è appunto ilrientro  dell’Argentina  sul mercato dei capitali, preclusofinora. La seconda riguarda ilprobabile “ok” del Senato ar­gentino  all’accordo  con  i50mila  risparmiatori  italiani che non avevano accettato loswap del 2005 e del 2010.

La prossima votazione diCamera  e  Senato  riguardaproprio i risparmiatori italia­ni: quelli che, 14 anni dopo il default del 2001, dovrebberoincassare un risarcimento re­cord. Due mesi fa è stata infat­ti annunciata la chiusura del

contenzioso tra l’Argentina egli oltre 50mila che avevanoinvestito 900 milioni di dolla­ri nei tango bond e che nonavevano accettato le due suc­cessive  ristrutturazioni  del 2005 e del 2010.

Con  un’intesa  bilateralepreliminare fra l’Esecutivo ela Tfa (la Task force argenti­na), quella delle banche, il go­verno di Buenos Aires ha ac­cettato di pagare in contanti ilvalore  nominale  dell’obbli­gazione e il 50% degli interes­si dal default a oggi. Insom­ma, chi ha investito 100 incas­sa il 150 per cento. L’operazio­ne ha un controvalore di 1,35miliardi. La Tfa, qualche set­timana fa, si è spinta a preve­dere  i  tempi  del  rimborso.«Entro giugno i risparmiatoriitaliani dovrebbero incassarela somma».

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ORA TOCCA AGLI ITALIANIVittoria politica del presidente Macri. A giugno dovrebbe arrivare l’intesa con i detentoridi obbligazioni italiani, che saranno pagati in contanti

L’ANALISI

Ugo Tramballi

Russia e Iran,se a Washingtonmancanoi protagonisti

Nel 2017 gli Emiratisaranno il primoPaese arabo ad avere

una centrale nucleare: 6,5 gigawatt, a pieno regime nel 2020 garantirà un quarto dell’elettricità che serve al consumo nazionale. È un altro passo verso la diversificazione dal petrolio, una scelta economica – quella della diversificazione, non esattamente del nucleare ­ che la comunità ha sempre auspicato per la stabilità e il futuro del Golfo.

Poi toccherà all’Arabia Saudita: un piano d’investimenti da 80 miliardi di dollari che nel 2032 avrà a regime 16 reattori nucleari, il primo fra sei anni. Anno più, anno meno, l’energia nucleare la produrrà anche la Giordania che ha già fatto un accordo con Rosatom russa; poi l’Egitto, il Marocco, la Tunisia e l’Algeria. Solo Qatar, Kuwait e Oman hanno rinunciato ai loro programmi dopo Fukushima. È tutto in regola: secondo i canoni del Trattato sulla non proliferazione, questi Paesi riceveranno in modo trasparente dalla comunità internazionale il plutonio e l’uranio arricchito necessari.

Ma prima della trattativa con l’Iran, le cinque potenze atomiche “storiche” (Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia) tentavano sempre di dissuadere i Paesi che aspiravano al nucleare: soprattutto in Medio Oriente. Possedere la versione civile di quell’energia non significa essere a un passo da quella militare. Ma chi ha la prima, è tecnicamente sulla buona strada per la seconda. E quello che è stato concesso all’Iran dal trattato 5+1 – sviluppo del civile in cambio della rinuncia ai programmi militari – rende ora impossibile cercare di 

negarlo agli arabi. Anche se gli uni e l’altro sono i principali responsabili dell’attuale caos mediorientale.

La proliferazione del nucleare civile presuppone la moltiplicazione delle scorie e in questa regione più che nelle altre è alta la minaccia che i terroristi se ne impossessino per creare il loro Sacro Graal: la bomba sporca. Oltre al Medio Oriente, sono due i punti critici della questione nucleare: la Corea del Nord e, ancora più pericoloso, il Subcontinente indiano nel quale Pakistan e India stanno rafforzando i loro arsenali in totale assenza di accordi sulla proliferazione. 

A cosa può servire dunqueun vertice mondiale sulla sicurezza nucleare, il quarto nei due mandati di Barack Obama: lo stesso presidente che nel 2009 a Praga aveva promesso un mondo libero dalla bomba atomica? A poco. Soprattutto se saranno assenti due protagonisti in modo diverso della scena nucleare: gli iraniani e ancor più i russi. 

Un vertice su questo temasenza Vladimir Putin è come recitare Macbeth senza il fantasma di Banquo. Nel mondo oggi esistono 19.500 testate nucleari: il 93% le possiedono gli americani e i russi. In realtà le due superpotenze atomiche ne hanno di operative “solo” 1.550 ciascuno. Le altre, obsolete, smantellate o in attesa di esserlo, restano negli arsenali. Ma per i terroristi di ogni categoria sono una miniera di materiale radioattivo utile per fare migliaia di piccole bombe sporche: non distruttive come quelle degli arsenali delle grandi potenze ma abbastanza per i propositi del terrore internazionale. Quando la Guerra fredda finì, Washington approvò un programma di cooperazione, la legge Nunn­Lugar dai nomidel senatore democratico e repubblicano che la promossero. Con i soldi americani furono smantellate centinaia di vecchie testate degli arsenali sovietici. Ma oggi è impensabile: c’è di nuovo aria di Guerra fredda.

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Pesos argentini per dollari Usa, scala invertita

3,5

6,0

8,5

11,0

13,5

16,0

2014 2015 ‘1620132012

4,29

14,60

La fine delle restrizioni sui cambi

L’OMBRA DI BRUXELLESLe tragedie avvenute finora impallidirebbero di fronte alla possibilità che gli estremisti facessero detonare uranio o plutonio radioattivi

LA COREA DEL NORD

Riunione a tren Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha sottolineato l’impegno di Usa, Giappone e Corea del Sud nel rendere la penisola coreana “libera” da armi nucleari. Lo ha detto ieri a conclusione di una riunione trilaterale con il primo ministro giapponese Shinzo Abe e con la presidente sudcoreana Park Geun­hye, a margine del summit sulla sicurezza nucleare ospitato da Obama a Washington, dove ha convocato oltre 50 delegazioni internazionali. n Al centro degli incontri con i colleghi provenienti da Tokyo e Seul le “provocazioni” della Corea del Nord attraverso i suoi ripetuti test e lanci missilistici.

Guerra alla jihad. Risposta positiva della magistratura belga alla richiesta francese ­ L’autore delle stragi di Parigi sarà trasferito entro due settimane

Abdeslam sarà estradato in FranciaMarco MoussanetPARIGI. Dal nostro corrispondente

pEntro un paio di settimane, iltempo di definire i dettagli del­l’operazione,  Salah  Abdeslam verrà consegnato alla Francia.L’istanza competente della ma­gistratura belga (la Camera diconsiglio) ha infatti risposto po­sitivamente alla  richiesta pre­sentata da Parigi con l’emissionedel mandato di cattura europeo. La procedura, che può durare al massimo 90 giorni, è stata acce­lerata dalla decisione di Abde­slam, comunicata dal suo avvo­cato, di non opporsi al trasferi­mento e di essere anzi «disponi­bile a collaborare con le autoritàinquirenti francesi».

Una volta in Francia – incarce­rato probabilmente nella prigio­ne di massima sicurezza di Fre­

snes – i magistrati dovranno cer­care di strappare ad Abdeslam tutte le informazioni che certa­mente possiede, anche se conti­nua a minimizzare il ruolo che haavuto negli attacchi del 13 no­vembre a Parigi.

Unico sopravvissuto dei com­mando dello Stato islamico che hanno fatto 130 vittime nella capi­tale francese, Abdeslam, secon­do  il  procuratore  di  Parigi François Molins, «ha avuto un ruolo centrale nell’organizzazio­ne delle squadre» della morte, «contribuendo direttamente al­l’arrivo in Europa di molti dei ter­roristi», e nella «preparazione logistica degli attentati».

Di sicuro è che fosse in contat­to con uno dei membri del “com­mando dei dehors”, ucciso dalla polizia a Saint­Denis, e ovvia­

mente con il fratello Brahim, che si è fatto saltare in aria nella ter­razza di un caffè. Inoltre è stato lui a portare a Saint­Denis i tre ka­mikaze dello stadio. Quanto alla sua personale missione, Abde­slam sostiene che avrebbe dovu­to farsi esplodere allo stadio e cheall’ultimo momento ha rinuncia­to, ma c’è il sospetto che avesse invece dovuto realizzare un at­tentato nel diciottesimo arron­dissement di Parigi, come riven­dicato dall’Isis, mai avvenuto.

Gli inquirenti francesi dovran­no però collaborare con i colleghibelgi, perché è molto probabile che Abdeslam fosse in qualche modo coinvolto negli attentati del 22 marzo scorso a Bruxelles.Che sapesse che qualcosa si stavapreparando e che conoscesse al­meno due dei terroristi. Forse 

“l’uomo con il cappello” – il terzodel commando dell’aeroporto – al quale non è stato ancora dato un nome certo e che è tutt’ora ri­cercato. Sicuramente Najim Laa­chraoui – uno dei kamikaze di Za­ventem – che era andato a recu­perare in Ungheria in settembre (al ritorno dalla Siria) per ripor­tarlo a Bruxelles.

Alcuni, almeno in Francia, ri­tengono persino che un interro­gatorio “un po’ più aggressivo” diAbdeslam il giorno dopo il suo arresto  a  Molenbeek,  avrebbe forse potuto consentire di otte­nere delle informazioni utili su­gli attentati che stavano per esse­re compiuti.

In relazione poi all’arresto – adArgenteuil, nella cintura parigi­na – di Reda Kriket, formalmenteincriminato perché ritenuto in 

procinto di compiere un attenta­to in Francia e nel cui apparta­mento è stato trovato un vero eproprio arsenale, poliziotti belgi e francesi hanno effettuato ieri una perquisizione a Courtrai, in Belgio, senza però trovare nulla.

Sul fronte politico c’è inveceda segnalare il varo, da parte del Governo belga, di una legge (dal­la dubbia efficacia) che prevede la firma di un “contratto” in base al quale ogni cittadino di un Pae­se extra­Ue che entra in Belgio per restarci più di un mese si im­pegna a integrarsi, a rispettare usi e costumi locali, a imparare lelingue ufficiali del Paese e comu­nicare ogni informazione di cui entra in possesso legata in qual­che modo al terrorismo. In casodi violazione del “contratto” ver­rà espulso.

Quanto  infine all’operativitàdell’aeroporto, la ripresa dei voli è prevista per domani mattina.

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Diyarbakir, bomba uccide 7 poliziottiE’ di sette poliziotti morti e 27 feriti di cui 13 agenti di polizia, il tragico bilancio dell'esplosione avvenuta nei pressi della stazione degli autobus di Diyarbakir, la più grande città curda nel sud est della Turchia, nel pomeriggio di ieri. La deflagrazione è avvenuta al momento del passaggio di un mezzo delle forze speciali turche.

Tensione nel Sud­est della Turchia EPA

AFP

A Parigi. Saleh Abdeslam