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1 L’IMMACOLATA SPAGNOLA NEL CUORE DEL LAZIO - Benché l’autore sia italiano, l’immagine è tipicamente spagnola. È quello che dico in primo luogo, amico lettore, quando devo spiegare il qua- dro che presiede la Cappella dell’Immacolata della nostra Basilica dei Santi XII Apostoli, una notizia che suolo dare a spagnoli e ispanoamericani. E gli uni e gli altri la salutano con piacere, mentre gli italiani suolino salutarla con sorrisi di scetticismo. In ogni modo, io mi limito a dare ragione della mia affermazione: - Poiché il vestito della Madonna è bianco e il manto azzurro chiaro, che questi sono i colori delle Immacolate spagnole; cioè, come i colori della bandiera dell’Argentina. Dopo, là ci sono le sue mani alla altezza del petto e, più o meno conforme alla descrizione della “Donna dell’Apocalissi”, l’aura e le stelle intorno la sua testa, la luna sotto i suoi piedi, il globo terracqueo da piedistallo sul quale è calpestato il serpente o drago e, completando il marco scenico, il seguito di angeli e angelini che ascendono verso il cielo. Ecco, proprio come si fosse un’Immacolata di Murillo. Come contrasto, le Immacolate italiane suolino vestire di azzurro oscuro e rosso. Più ancora, nel caso della nostra Basilica, abbiamo una CONCEPTA ABSQUE ULLA LABE” o “Immacolata ortodossa” del s. XV -regalo del Cardinale Bessarione-, con il Bambino in braccia, cosa insolita in un’Immacolata spagnola, poiché il Bambino, caso mai, nel suo “seno benedetto”. LA INMACULADA ESPAÑOLA EN EL CORAZÓN DEL LAZIO - Aunque el autor es italiano, la imagen es típicamente española. Es lo primero que digo, amigo lector, cuando tengo que explicar el cuadro que preside la Capilla de la Inmaculada de nuestra Basílica de los Santos XII Apóstoles, noticia que suelo dar a españoles e hispanoameri- canos. Y unos y otros la saludan con agrado, mientras que los italianos suelen saludarla con risitas de escepticismo. En cualquier caso, yo me ciño a dar razón de mi afirmación: - Porque el vestido de la Virgen es blanco y el manto azul claro, que son los colores típicos de las Inmaculadas españolas; vamos, como los colores de la bandera de Argentina. Luego ahí están sus manos a la altura del pecho y, más o menos conforme a la descripción de “La Mujer del Apocalipsis”, el aura y las estrellas en torno a su cabeza, la luna bajo sus pies, el globo terráqueo por pedestal sobre el que es aplastada la serpiente o dragón y, completando el marco escénico, el séquito de ángeles y angelitos que ascienden hacia el cielo. Vamos, ni que fuera una Inmaculada de Murillo. Como contraposición, las Inmaculadas ita- lianas suelen vestir de azul oscuro y rojo. Más aún, en el caso de nuestra basílica, tenemos una CONCEPTA ABSQUE ULLA LABE” o “Inmaculada ortodoxa” del s. XV -regalo del Cardenal Bessarione-, con el Niño en brazos, algo insólito en una Inmaculada española, pues el Niño, si acaso, en su “bendito vientre”.

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L’IMMACOLATA

SPAGNOLA NEL CUORE

DEL LAZIO

- Benché l’autore sia

italiano, l’immagine è

tipicamente spagnola.

È quello che dico in

primo luogo, amico lettore,

quando devo spiegare il qua-

dro che presiede la Cappella

dell’Immacolata della nostra

Basilica dei Santi XII Apostoli,

una notizia che suolo dare a

spagnoli e ispanoamericani. E

gli uni e gli altri la salutano con

piacere, mentre gli italiani

suolino salutarla con sorrisi di

scetticismo. In ogni modo, io

mi limito a dare ragione della

mia affermazione:

- Poiché il vestito della

Madonna è bianco e il manto

azzurro chiaro, che questi sono

i colori delle Immacolate

spagnole; cioè, come i colori

della bandiera dell’Argentina.

Dopo, là ci sono le sue mani alla altezza del

petto e, più o meno conforme alla descrizione

della “Donna dell’Apocalissi”, l’aura e le stelle

intorno la sua testa, la luna sotto i suoi piedi, il

globo terracqueo da piedistallo sul quale è

calpestato il serpente o drago e, completando il

marco scenico, il seguito di angeli e angelini

che ascendono verso il cielo. Ecco, proprio

come si fosse un’Immacolata di Murillo.

Come contrasto, le Immacolate italiane

suolino vestire di azzurro oscuro e rosso. Più

ancora, nel caso della nostra Basilica, abbiamo

una “CONCEPTA ABSQUE ULLA LABE” o

“Immacolata ortodossa” del s. XV -regalo del

Cardinale Bessarione-, con

il Bambino in braccia, cosa

insolita in un’Immacolata

spagnola, poiché il

Bambino, caso mai, nel

suo “seno benedetto”.

LA INMACULADA

ESPAÑOLA EN EL

CORAZÓN DEL LAZIO

- Aunque el autor es

italiano, la imagen es

típicamente española.

Es lo primero que digo,

amigo lector, cuando tengo que

explicar el cuadro que preside la

Capilla de la Inmaculada de

nuestra Basílica de los Santos

XII Apóstoles, noticia que suelo

dar a españoles e hispanoameri-

canos. Y unos y otros la saludan

con agrado, mientras que los

italianos suelen saludarla con

risitas de escepticismo. En

cualquier caso, yo me ciño a dar

razón de mi afirmación:

- Porque el vestido de la

Virgen es blanco y el manto azul

claro, que son los colores típicos

de las Inmaculadas españolas;

vamos, como los colores de la

bandera de Argentina. Luego ahí

están sus manos a la altura del

pecho y, más o menos conforme a la

descripción de “La Mujer del Apocalipsis”, el

aura y las estrellas en torno a su cabeza, la

luna bajo sus pies, el globo terráqueo por

pedestal sobre el que es aplastada la serpiente

o dragón y, completando el marco escénico, el

séquito de ángeles y angelitos que ascienden

hacia el cielo. Vamos, ni que fuera una

Inmaculada de Murillo.

Como contraposición, las Inmaculadas ita-

lianas suelen vestir de azul oscuro y rojo. Más

aún, en el caso de nuestra basílica, tenemos

una “CONCEPTA ABSQUE ULLA LABE” o

“Inmaculada ortodoxa” del s. XV -regalo del

Cardenal Bessarione-,

con el Niño en brazos,

algo insólito en una

Inmaculada española,

pues el Niño, si acaso, en

su “bendito vientre”.

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Comunque, poiché conosco che l’autore

dell’Immacolata è stato il pugliese Corrado

Giaquinto, sempre sono stato nel dubbio se non

si trattasse di una forma di rappresentazione

anche italiana. Infatti, Tiepolo anche ha delle

immagini dello steso tipo.

Con questi dubbi, il 14 aprile del presente

2015, il professore Carlo Strinati, profondo

conoscitore della nostra Immacolata, venne

dare una conferenza, e ci assicurò che, dopo

essere stata perduta per un tempo, lui stesso

l’aveva ritornato al suo marco originale

(piuttosto fu fr. Isidoro) e che, con la

ricuperazione di tale immagine, tutto senza

eccezione, nella nostra Basilica, è barroccio

“dal 700”. Di fronte a tale notizia, approfittai

un momento per esporre allo specialista

quanto il lettore già conosce. Lui ascoltava

perplesso e, fronte al mio dubbio sulla

possibile spagnolità della detta Immacolata…

- Non so -disse-, ma l’autore è stato per

alcuni anni a Madrid, alla Corte, dove ha dipinto

per i Borboni.

- Ah, capisco -dissi al punto-, là Giaquinto

ha imparato a dipingere le Immacolate

spagnole.

E il professore acconsentì in accettare la

mia rivelazione.

Con todo, sabiendo que el autor de la

Inmaculada descrita fue el pullés Conrado

Giaquinto, siempre me quedaba la duda de si

no se tratara de una forma de representación

también italiana. De hecho, Tiépolo también

tiene imágenes del mismo tipo

Estando en éstas, el 14 de abril del

presente 2015, vino a hablarnos el profesor

Carlos Strinati, profundo conocedor de nuestra

Inmaculada, quien nos aseguró que, tras haber

estado perdida por un tiempo, él mismo la

había devuelto a su marco original (más bien

fue fr. Isidoro) y que, con la recuperación de tal

imagen, todo sin excepción, en nuestra

Basílica, es barroco “del 700”. Ante tal

noticia, aproveché un momento para

exponer al especialista cuanto el lector

ya sabe. Él escuchaba perplejo y, ante

mi duda sobre la posible españolidad

de dicha Inmaculada…

- Pues no sé -dijo-, pero el autor estuvo

algunos años en la Corte de Madrid pintando

para los Borbones.

- Ah, mira -salté-, allí es donde Giaquinto

aprendió a pintar Inmaculadas españolas.

Y el Profesor consintió en aceptar mi

revelación.

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Ci sono però, alcune cose che io non

sapevo sulle Immacolate spagnole e ho

imparato adesso da Jorge María Rivero-

Meneses, il quale mi onora con la sua amicizia.

È qualcosa che se lo dicesse al professore

Strinati rimarrebbe di pietra, ma passo a

rivelarle a te, lettore che mi leggerai, anche a

rischio che gli italiani mi scomunichino e che

qualcun altro svizzero lo intenti.

Il mito greco sulla nascita della dea Venus

nell’Oceano, entro una conchiglia, è una prova

che il cammino della specie umana si è iniziato

proprio nella regione Cantabrica, al Nord della

Penisola Ispanica: Le più antiche ritrovamenti

archeologici e un profondo analisi linguistico-

toponimico lo confermano. La detta deità, con

altri nomi molto più antichi (Ballanzia, Berniz,

Azina, Zibeles, o quei di Palas, Minerva…), era

considerata dai nostri antenati come la madre

di tutti gli uomini, per quanto era la

raffigurazione del primo essere umano dal

quale tutti gli altri discendevano. E qui viene

quello più grazioso:

La Dea non era immaginata per quelle

menti primigenie come l’immaginasse ad

esempio Botticelli -vedere immagini-, ma

come una sirena, in degna deferenza al suo

origine marino. Così appare in tante

immagine preistoriche e, per pura inerzia

storica, anche segue presente in tanti capiteli

romanici, in tanti altari e altri luoghi di non

poche chiese e in tanti monumenti antichi e

moderni, come in certa abazia d’Irlanda, da

dove prendiamo il seguente bassorilievo; e

annotiamo che neanche mancano

rappresentazioni in doppio, che sono

un’allusione ad Adamo ed Eva. Analizziamo

l’immagine della sirena irlandese:

Pero hay algo más que yo no sabía sobre

las Inmaculadas españolas y que acabo de

aprender de Jorge Mª Ribero-Meneses, que me

honra con su amistad. Algo que si se lo dijera el

Prof. Strinati se quedaría de piedra, pero que

paso a revelarte a ti, lector que me leerás, aun

a riesgo de que los italianos me excomulguen y

de que algún que otro suizo lo intente:

El mito griego del nacimiento de la diosa

Venus en el Océano, dentro de una concha, es

una prueba de que la andadura de la especie

humana se inició justo en la zona Cantábrica, al

norte de la Península Hispánica: Los más

antiguos hallazgos arqueológicos y un profundo

análisis lingüístico-toponímico lo confirman.

Dicha diosa, con otros nombres muchísimo más

antiguos (Ballanzia, Berniz, Azina, Zibeles, o los

de Palas, Minerva…), era considerada por

nuestros ancestros como la madre de todos los

hombres, en cuanto que era la plasmación del

primer ser humano del que todos los demás

descendían. Y aquí viene lo más gracioso:

La diosa no era imaginada por aquellas

mentes primigenias como la imaginara por

ejemplo Botticelli -ver imágenes-, sino como

una sirena, en digna deferencia a su origen

marino. Así aparece en muchas imágenes

prehistóricas y, por pura inercia histórica,

aún sigue presente en muchos capiteles

románicos, en altares y otros lugares de no

pocas iglesias y en tantos monumentos

antiguos y modernos, como en cierta abadía

de Irlanda, de donde tomamos el siguiente

bajorrelieve; y anotamos que tampoco

faltan representaciones a pares, que son un

guiño a Adán y Eva. Analizamos la imagen

de la sirena irlandesa:

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Vediamo che porta una coppa o calice in

una mano e uno “specchio” nell’altra. Che cosa

possono dignificare questi oggetti?

- Allora, la coppa -posizionata all’altezza

dei seni-, è il consuetudinario Santo Graal

contenenti il seme del Sole, o il latte -nella

versione matriarcale- che avrebbe dato origine

alla vita... e ai mari, in uno dei cui punti, quello

“dell’Oceano”, è venuta a nascere la nostra

"Madre Sirena". Da questa coppa è

un'immagine il calice “dell’'ultima Cena", o

viceversa, in quanto raccolse il sangue di

Cristo, versato per salvare il mondo. E dico

viceversa perché si parla "dell'Agnello”

come immagine di Cristo e non al rovescio.

- Dopo c’è il supposto “specchio”, che non

è tale cosa, ma un simbolo della dea Luna, e

annotiamo che questa, chiamata Illiana (la Di-

ana greca), è evocata in Santa Ana, la madre

della Vergine Maria. Non per caso Santa Ana è

la patrona del paese di Llanes, dopo avere de-

tronizzato alla sua predecessora, la Luna rego-

latrice delle maree. Cioè, che in buona ragione

mito-logica, la Luna è la nonna dell’umanità.

Nel fondo, a dispetto espressioni, forme o

aspetti scultrici, questo viene a dire lo stesso

che oggi afferma la scienza: Che la vita è nata

nei mari, non senza il concorso degli astri e

che, per tanto, da quella parte veniamo anche

noi. “Elementale, carissimi nipoti”, direbbero a

noi i nostro antenati. E buono sia aggiungere

che la baia di Santander, di fronte al primigenio

“Oceano”, è la più degna candidata a ostentare

una degna scultura della nostra Sirenetta Ma-

dre, per essere stato il primo luogo del mondo

dove essa è venuta a vararsi, prima di Copena-

Vemos que lleva una copa o cáliz en una

mano y un “espejo” en la otra. ¿Qué pueden

significar tales objetos?

- Pues la copa -puesta a la altura de los

senos-, es el tan traído y llevado Santo Grial

que contiene el semen del Sol, o la leche -en

versión matriarcal- que habría dado origen a la

vida… y a los mares, en uno de cuyos puntos,

el del “Océano”, vino a nacer nuestra “Madre

Sirena”. De esta copa es una imagen el

cáliz de “La Última Cena”, o viceversa, en

cuanto que recogió la Sangre de Cristo,

vertida para salvar el mundo. Y digo

viceversa porque se habla del “Cordero”

como imagen de Cristo y no al revés.

- Luego está el supuesto “espejo”, que no

es tal, sino un símbolo de la diosa Luna, y

anotamos que ésta, también llamada Illiana (la

Diana griega), es evocada en Santa Ana, madre

de la Virgen María. No por nada, Santa Ana es

la patrona de Llanes, tras destronar a su

predecesora, la Luna reguladora de las mareas.

O sea que, en buena razón mito-lógica, la Luna

es la abuela de la humanidad.

En el fondo, aparte expresiones, formas o

aspectos escultóricos, esto viene a decir lo mis-

mo que hoy día confirma la ciencia: Que la vida

nació en los mares, no sin el concurso de los

astros y que, por lo tanto, de allí venimos

también nosotros. “Elemental, queridos nietos”,

nos dirían nuestros ancestros. Y vale la pena

añadir que la bahía de Santander, frente al pri-

migenio “Océano”, es la más digna candidata a

ostentar una digna escultura de nuestra Sirenita

Madre, por haber sido el primer lugar del mun-

do donde vino a “varar”, antes que en Copen-

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ghen e Busan (Corea del Sud). In effetti:

La detta baia ricevete il nome di Galiza >

Cáliz > Cádiz, dalla quale -a disparte essere

stata sbagliata dagli storici con la omonima del

Sud della Spagna- non mancano testi antichi

che la documentano come la città più antica del

mondo. Cioè, che in essa inquadrarono i nostri

antenati il luogo della nascita (“Venezia” o

“Belé”) della nostra Sirenetta.

- Dopo, là ci sono quei due pesci che

rendono omaggio alla “Sirena coronata” (nota-

re la cavità che, come aura solare, incornicia la

sua testa), i quali vengono a dire che la

riconoscono come la sua Signora, come Signora

del Mare. Più ancora: A dispetto di trattarsi di

un bassorilievo in pietra, nata la nostra sirena

del acqua e della schiuma, posiamo immaginare

i colori bianco e azzurro come fondo scenico. Se

oggi diamo il titolo di “Signora del Mare” o

“Stella dei Mari” alla Vergine Maria, è per

traslazione del titolo che prima

ostentò la nostra sirenetta.

Per certo che alla Madonna

del Monte Carmelo, patrona del mio

paese -per causa dei Carmelitani-,

bene accolta sta dai romani sotto

un conchiglia nella chiesa di “Santa

Maria del Carmelo in Traspontina”,

in Via della Conciliazione. Ce n’è una

buona ragione.

Comunque, verso dove veramente

vogliamo andare, saputo quello che sappiamo

dei colori dell’Immacolata spagnola, è a

contemplare la Sirena come all’antica patrona

della Spagna, come all’Immacolata di quel che

io chiamo l’Antico Testamento spagnolo, dal

quale i romani ci svincolarono e la Chiesa

condannò all’ostracismo, per “pagano”. Di esso,

il “Testamento” giudeo è soltanto una versione

moderna, un tanto adulterata. Illustrerò questo

punto:

Ieri, 27 settembre 2015 -giorno del

“plebiscito nazionalista” di Mas-, passeggiavo

per la nostra Basilica e mi fermai fronte alla tela

dipinta dal bolognese Domenico Muratori (la più

grande di Roma: 14 x 6, 70 m.) che

rappresenta i santi Giacomo e Filippo. E vedi in

essa la bandiera dell’Argentina.

hague y Busan (Corea del Sur). En efecto:

Dicha bahía recibió el nombre de Galiza >

Cáliz > Cádiz, de la que -aparte haberla

confundido los historiadores con la homónima

del sur de España- no faltan textos antiguos

que la documentan como la ciudad más antigua

del mundo. O sea, que en ella enmarcaron

nuestros ancestros el lugar de nacimiento

(“Venecia” o “Belén”) de nuestra Sirenita.

- Después están esos dos peces que

rinden homenaje a la “Sirena coronada” (notar

la cavidad que, como aura solar, rodea su

cabeza), los cuales vienen a decir que la

reconocen como a su Señora, como a Señora

del Mar. Más aún: Pese a tratarse de un

bajorrelieve en piedra, nacida nuestra sirena

del agua y de la espuma, podemos imaginar los

colores blanco y azul como fondo escénico. Si

hoy damos el título de “Señora del Mar” o

“Estrella de los Mares” a la Virgen María es por

traslación del título que antes

ostentara nuestra sirenita.

Por cierto que a la

Virgen del Carmen, patrona

de mi pueblo castellano -por

mor de los carmelitas-, bien

cobijada la tienen los

romanos bajo una concha en

la Iglesia de Santa María del

Carmelo “in Traspontina”, en

la Vía de la Conciliación. Por algo será.

Pero hacia donde realmente queremos ir,

sabido lo que sabemos sobre los colores típicos

de la Inmaculada española, es a contemplar la

Sirena como a la antigua patrona de España,

como a la Inmaculada del que yo llamo Antiguo

Testamento español, del que los romanos nos

desvincularon y la Iglesia condenó al ostracis-

mo, por “pagano”. De él, el “Testamento” judío

es tan sólo una versión moderna un tanto

adulterada. Ilustraré este punto:

Ayer, 27 de septiembre del 2015 -día del

“plebiscito separatista” de Mas-, paseando por

nuestra basílica me detuve ante el lienzo

pintado por el boloñés Domingo Muratori (el

más grande de Roma: 14 x 6,70 m.), que

representa a los santos Santiago y Felipe. Y

detecté en él la bandera de Argentina.

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Glielo dissi a fr. Iulia, il

sacrestano, il quale mi assicurò

che si trattava della bandiera del

Lazio.

La bandiera però del

Lazio è soltanto azzurra,

mentre quella della tela è

azzurra e bianca, proprio

come quella dell’Argentina.

E se fosse uno stemma?

Ebbene, potrebbe essere

l’uno e l’altro perché, a dispetto

della tante volte iconoclasta,

endemica e arbitraria libertà dei

nostri giorni per cambiare tutto,

ancora rimangono dei simboli nel

Lazio con questi colori; ad

esempio la bandiera e lo stemma

del Club Sportivo di questa regione italiana…,

addirittura di quel della nostra Basilica.

La persistenza nel Lazio di questi due

colori verrebbe a dimostrare, tra altre cose, la

figliazione ispanica dei latini, a dispetto la

generale chiusura italiana in pretendere essere

nostri padri, lo quale, se non è ignoranza, è

qualcosa di peggio: perversione atavica e capa-

cità per adulterare menti e storia, che ancora in

nostri giorni seguono a trascinare. Là c’è, ad

esempio, l’audacia di continuare a dare suo

nome latino ai figli della Spagna nelle Americhe,

se non agli stessi spagnoli. Ma qualche giorno

impareranno -spero- che, al contrario di

quello che credono, il primo Lazio, e la prima

Roma, sono stati in Spagna, come può testi-

moniare il Lazio dal quale ancora lasciarono

delle tracce nelle prossimità di Burgos. Cioè,

che anche loro -non soltanto gli subizeri >

svizzeri, amico Max- sono spagnoli.

Questo, lasciando da parte i pelasghi,

provenienti dalla Spagna e antenati dei greci -

se non dai romani-, evocatori dei baski o

ballaski > velaschi, spagnoli di Castiglia la

Balleskia > la Bellexia > la Viella o Vieja.

Se lo dije a fr. Julián, el

sacristán, quien me aseguró

que se trataba la

bandera del Lacio.

Pero la ban-

dera del Lacio es

sólo azul, mientras que la del

lienzo es azul y blanca, justo

como la de Argentina.

¿Y si fuera un escudo?

Pues lo uno o lo otro po-

dían ser porque, pese a la tan-

tas veces iconoclasta, endémica

y arbitraria libertad de nuestros

días para cambiarlo todo, aún

quedan símbolos en el Lacio

con estos dos colores; por

ejemplo la bandera y el escudo

del Club Deportivo de esta región italiana…

además del declarado de nuestra Basílica.

La persistencia en el Lacio de estos dos

colores vendría a demostrar, entre otras cosas,

la filiación hispana de los latinos, pese a la

general cerrazón italiana en pretender ser

nuestros padres lo cual, si no es ignorancia, es

algo peor: perversión atávica y capacidad para

adulterar mentes e historia, que aún en

nuestros días siguen arrastrando. Ahí está, por

ejemplo, la osadía de seguir dando su nombre

latino a los hijos de España en las Américas, si

no a los mismos españoles. Pero algún día

aprenderán -espero- que, al contrario de

lo que creen, el primer Lacio, y la prime-

ra Roma, estuvieron en España, como

puede testificar el Lacio del que aún

dejaron rastros cerca de Burgos. O sea,

que también ellos -no sólo los subizeros

> suizos, amigo Max- son españoles.

Eso sin contar con los pelasgos, oriundos

de España y antepasados de los griegos -si no

de los romanos-, evocadores de los baskos o

ballaskios > velascos, españoles de Castilla la

Balleskia > la Bellexia > la Viella o Vieja.

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Proprio dai velaschi -che sfoggiano dell’ar-

me bianchi e azzurri- sentenziò un Vescovo

da Salamanca, non senza ragione, che…

Prima che Dio fosse Dio

e i macigni, macigni

i Kirioi eran Kirioi

e i Velaschi, Velaschi.

Serva dire, in appoggio di questa

episcopale tesi teologica, che in un’Acropoli

chiamata “Cadiz”, su Peñacastillo (Cantabria), la

quale servì di modello a tante altre in Eurasia e

in Africa, è dell’ordine di 50.000 anni più antica

che quell’ancora oggi

visibile in Grecia, e ancora

ce n’è un’altra più antica,

localizzata sul monte Castril

Negro, dopo essere stato

segnalata dal mio amico

Jorge Maria. Cioè, che se i

greci non possono vantarsi

di essere anteriori ai suoi dei, ecco un Vescovo

-e un linguista e archeologo- che confermano la

precedenza dei castellani vecchi su deità

proprie e strane che, nel fondo sono l stesse.

Anche Jorge Maria mi ha rivelato che,

nella biblioteca del Museo Britannico, c’è un

manoscritto antico che parla di una profonda

fessura nella detta Peñacastillo, dove una

donna con cola di pesce custodisce un grande

tesoro. Questa leggenda allude alla “bocca

dell’inferno”, chiamata “Tanagra”, localizzata

nell’Occidente iberico, come documenta l’antica

mitologia greca e una non così antica fabbrica

di porcellana istallata nel detto luogo con il

nome di “IBERO TANAGRA”.

Lasciamo però teologie ispaniche che Max

sdegnerebbe e seguiamo con le bandiere del

Lazio, perché lo stesso che per questa regione,

la nostra osservazione potrebbe servire per

Basilicata, o il Trentino, che anche conservano i

soliti colori, e per Grecia, e per Israele (con la

stella di sei punte non meno ispana che i suoi

colori immacolata), e per Baviera e tante altre

nazioni che lascio alla tua ricerca, lettore

assiduo, a dispetto dei cieli bianchi-azzurri,

come è il caso d’Argentina, o dei cieli e laghi

regionali, come è il caso di Baviera… proprio

come quelli della Spagna. Anche in questi ultimi

potresti vedere riflesso il tuo attuale bel sorriso.

Precisamente de los Velasco -que lucen

armas blanquiazules- sentenció un Obispo

salmantino, no sin razón, que…

Antes que Dios fuera Dios

y los peñascos, peñascos,

los Kirós eran Kirós

y los Velasco, Velasco.

Valga decir, en apoyo a esta episcopal

tesis teológica, que una Acrópolis llamada

“Cádiz”, sobre Peñacastillo (Cantabria), que

sirvió de modelo a muchas otras de Eurasia y

África, es del orden de 50.000 años

más antigua que la aún hoy visible

en Grecia, y aún hay otra más

antigua, localizada sobre el monte

Castril Negro, tras haberla

señalado mi amigo Jorge María. O

sea, que si los griegos no pueden

presumir de ser anteriores a sus

dioses, he ahí a un obispo -y a un lingüista

y arqueólogo- confirmando la precedencia de

los castellanos viejos sobre dioses propios y

ajenos que, en el fondo, son los mismos.

También Jorge María me ha revelado que,

en la Biblioteca del Museo Británico, hay un

antiguo manuscrito que habla de una profunda

grieta en la citada Peñacastillo, donde una

mujer con cola de pez custodia un gran tesoro.

Esta leyenda alude a la “boca del infierno”,

llamada “Tanagra”, localizada en el occidente

ibérico, como documenta la antigua mitología

griega y una no tan antigua fábrica de

porcelana instalada en dicho lugar con el

nombre de “IBERO TANAGRA”.

Pero dejemos teologías hispanas que Max

desdeñaría y sigamos con las banderas del

Lacio, porque lo mismo que para esta región,

nuestra observación podría valer para

Basilicata, o el Trentino, que también conservan

los colores de marras, y para Grecia, y para

Israel (con la estrella de seis puntas no menos

hispana que sus colores inmaculada), y para

Baviera y tantas otras naciones que dejo a tu

búsqueda, lector asiduo, a despecho de cielos

blanquiazules, como es el caso de Argentina, o

de cielos y lagos regionales, como es el caso de

Baviera… igualitos que los de España. También

en el espejo azul de estos últimos podrías ver

reflejada tu actual sonrisa.

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Perché l’origine dei colori -trovato per

Jorge Maria- non è altro che quel

dell’Immacolata del nostro Antico Testamento,

nata -possono ridere svizzeri e italiani- dal seme

del Sole e la schiuma delle acque, tra le onde

del mare…, alla riva “dell’Oceano”.

E, alla luce di quanto adesso sappiamo

sulla nostra sirenetta, finiamo facendo una

nuova occhiata al quadro dell’Immacolata

spagnola dei Santi XII Apostoli e, senza

maggiori spiegazioni, osserva, amico lettore,

che è una replica ricalcata della sirenetta del

nostro Antico Testamento:

- In primo luogo là ci sono i colori bianco

e azzurro che viste l’Immacolata, i quali ci

rimandano alle acque e alla schiuma del mare.

- Osserva che tanto la Sirena come

l’Immacolata sono “coronate dal sole” e,

se questa non porta specchio, è perché

nessuno pensi che sia una coquette,

qualcosa che si pensa della sirenetta senza

nessun fondamento. Comunque, non

mancano sculture romaniche nelle quali

già la Madonna, già il Bambino l’hanno

cambiato per una palla, una frutta -che

per niente è quella del “paradiso”-, o

un’ave, come la Madonna del Pilar.

- Anche l’immacolata porta le

mani all’altezza del petto e, se non porta

“calice”, è perché, come

abbiamo puntato, glielo

lasciò a suo Figlio.

Comunque -come non

poteva essere di meno-

non mancano tipiche

immagini di

allattamento nelle quali

la Madonna avvicina il

suo seno al Bambino,

e incluso slancia un

getto a qualche santo.

Porque el origen de sus colores -hallado

por Jorge María-, no es otro que del de la

Inmaculada de nuestro Antiguo Testamento,

nacida -ríanse suizos e italianos- del semen del

Sol y la espuma de las aguas, entre las ondas

del mar…, a la orilla del “Océano”.

Y, a la luz de cuanto ahora sabemos

sobre nuestra sirenita, terminemos echando

una nueva ojeada al cuadro de la Inmaculada

española de los Santos XII Apóstoles y, sin

mayores explicaciones, observa, amigo lector,

que es una réplica calcada de la sirenita de

nuestro Antiguo Testamento:

- En primer lugar ahí están los colores

blanco y azul que viste la Inmaculada, los

cuales nos remiten a las aguas y a la

espuma del mar.

- Observa que tanto la Sirena

como la Inmaculada están

“coronados de sol” y, si ésta no lleva

“espejo”, es para que nadie piense

que es una coqueta, algo que se

piensa de la sirenita sin ningún

fundamento. Con todo, no faltan tallas

románicas en las que bien la Virgen, bien

el Niño lo cambian por una bola, una

fruta -que para nada es la del “paraíso”-,

o un ave, como la Virgen del Pilar.

- También la Inmaculada lleva las manos

a la altura del pecho y, si no lleva “cáliz”, es

porque, como

apuntamos, se lo dejó

a su Hijo. Con todo -

como no podía ser

menos- no faltan

típicas imágenes de

“lactación”, en las que

la Virgen acerca su

seno al Niño, e incluso

lanza un chorrete a

algún que otro santo.

9

- Dopo, nella parte inferiore del nostro

quadro, c’è il mare di nuvole, che anche gioca

in bianchi-azzurro, come il seme-latte, la

schiuma e le acque primigenie che fecero

nascere la vita. E chiarisco che nemmeno i più

neofiti dei nostri antenati credevano queste

cose in senso letterale, come qualcuno

potrebbe pensare che le prenda io. Né loro

erano così dogmatici né io sono tanto pazzo.

- Tra le nuvole e “la Terra”, c’è il serpente

o drago infernale, simbolo delle tenebrose,

pericolose profondità marine.

- Da questo insieme sorge la

Donna biancoazzurra salvata e

salvatrice, in quanto che Lei da a luce la

Vita, a traverso suo Figlio. La morte, in

questo caso, sarebbe l’eredità di Adamo,

rappresentata nella mela che suole

portare il serpente nella bocca, vinta per

l’erede della Sirena.

- Anche c’è la luna -specchio del Sole-

che, da divinità Madre, regolatrice delle Maree,

si trasforma in creatura esaltatrice della virtù e

eccellenza di Maria Immacolata.

- E che cosa dire degli angeli e angelini

del seguito dell’Immacolata?

Ebbene che, nel caso della Sirena, la sua

antecessora, dobbiamo immaginarlo formato da

“angelini acquatici”, cioè, pesci -come nel caso

del bassorilievo irlandese- e altre sirene più

piccole, senza dubbio alate, battendo le ale tra

le onde. Non per caso la Dea del mare,

chiamata Asteria (da dove deriva Astartè, e

anche Asturias), era idealizzata come Regina o

Madre delle Sirene, cioè, dei primi esseri umani,

che non delle arpie. Se

c’è qualcosa a giorno di

oggi che la scienza

ratifica non è che l’uomo

proceda della scimmia,

ma dal mare. Perché

Asteria era una

personificazione

dell’umanità, se non

“dell’Isola” dove quella

era nata: il “paradiso”,

che direbbe Max e che per

supposto, era in Spagna.

- Luego, en la parte inferior de nuestro

cuadro, está ese mar de nubes, que también

juega en blanquiazul, como el semen-leche, la

espuma y las aguas primigenias de las que

surgió vida. Y aclaro que ni siquiera los más

neófitos de nuestros ancestros tomaban estas

cosas en sentido literal, como alguno podría

pensar que las tome yo. Ni ellos eran tan

dogmáticos ni yo estoy tan loco.

- Entre las nubes y “la Tierra”, está la

serpiente o el dragón infernal, símbolo de las

tenebrosas, peligrosas profundidades marinas.

- De este conjunto surge la

Mujer blanquiazul salvada y

salvadora, en cuanto que alumbra la

Vida, a través de su Hijo. La muerte,

en este caso, sería la herencia de

Adán, representada en la manzana

que suele llevar en la boca la

serpiente, vencida por heredera de la Sirena.

- También está la luna -espejo del Sol-

que, de divinidad Madre, reguladora de las

Mareas, se transforma en criatura exaltadora de

la virtud y excelencia de María Inmaculada.

- ¿Y qué decir de los ángeles y angelitos

del séquito de la Inmaculada?

Pues que, en el caso de la Sirena, su

antecesora, debemos imaginarlo formado por

“angelitos acuáticos”, o sea, peces -como es el

caso del bajorrelieve irlandés- y otras sirenas

más pequeñas, sin duda aladas, aleteando -ala

= aleta- entre las ondas. No en vano la Diosa

del mar, llamada Asteria (de donde deriva

Astarté, y también Asturias), era idealizada

como Reina o Madre de las Sirenas, o sea, de

los primeros seres humanos,

que no de las harpías. Si

hay algo a día de hoy que la

ciencia ratifica no es que el

hombre proceda del mono,

sino del mar. Porque

Asteria era una personifi-

cación de la humanidad, si

no de la “Isla” donde

aquélla había nacido: el

“paraíso”, que diría Max y

que, por supuesto, estaba

en España.

10

11

Tutto questo in va coerenza con il

titolo di “Madre delle Sirene”, dalle quali

discendiamo gli uomini, se non della

“occa”, perché a Darwin “nessuno gli da

cero in quest’inumazione”. A questa

Regina o Madre delle Sirene è venuta a

soppiantare la Vergine come Regina

degli angeli, benché anche Lei sia una

personificazione dell’umanità definitivamente

“redenta e salvata”, o nuovamente concetta,

come anche Lei, “senza peccato originale”. In

ogni modo, la figlia del Sole, a traverso il seme

e la schiuma -l’Asteria delle sirene-, e la Figlia di

Dio per pura grazia -l’Immacolata degli angli-,

ambedue si ripartono il

titolo di Madre degli

uomini.

- Finalmente, là c’è

l’ascensione dell’insieme

scenico che riproduce quel

di Asteria per convertirsi in

costellazione o stella con il

significativo nome di Virgo.

Come la Vergine Maria!

Ebbene: Se tutti

sapevamo che

l’Immacolata Concezione è

la Patrona della Spagna,

adesso sappiamo perché:

Perché fu in la Spagna

dove si originò tale mito,

oggi diventato dogma. Se però gli italiani non lo

sapevano, aprano già gli occhi e gli orecchi per

vedere, e udire, e ascoltare e attendere alla

predica che, dai campi sportivi ai balconi

istituzionali, o le sue

belle basiliche, li

istruiscono sula sua

figliazione ispanica, che

adesso non parliamo

dell’Ispanità d’Ispanoa-

merica. Altrimenti,

vengano in Piazza

Spagna, nel cuore di

Roma, dove, come Virgo

Assunta in cielo, un’altra

bellissima Immacolata fa la

stessa predica dal suo più

alto pulpito.

Todo esto está en

coherencia con el título de

“Madre de las Sirenas”, de

las que procedemos los

hombres, si no de “la oca”.

Porque a Darwin “nadie le da

vela en este entierro”. A esta

Reina o Madre de las Sirenas

vino a suplantar la Virgen como Reina de los

ángeles aunque también ella es una

personificación de la humanidad

definitivamente “redimida y salvada”, o

nuevamente concebida, lo mismo que ella, “sin

pecado original”. De cualquier modo, la hija del

Sol, a través del semen y la

espuma -la Asteria de las sirenas-,

y la Hija de Dios por pura gracia -

la Inmaculada de los ángeles-,

ambas se reparten el título de

Madre de los hombres.

- Por fin, ahí está la

ascensión del conjunto escénico

que reproduce el de Asteria para

convertirse en constelación o

estrella con el significativo nombre

de Virgo. ¡Como la Virgen María!

Pues bien: Si todos sabíamos

que la Inmaculada Concepción es

la Patrona de España, ahora

sabemos por qué: Porque en

España se originó tal mito, hoy

convertido en dogma. Pero si los italianos no lo

sabían, abran ya ojos y oídos para ver, oír,

escuchar y atender a la prédica que, desde las

canchas deportivas a los balcones

institucionales, o sus bellas

basílicas, les instruye sobre

su filiación hispana, que

ahora no hablamos de la

“Hispanidad de Hispanoa-

mérica”. Y si no, que

vayan a la Plaza de

España, en el corazón de

roma, donde, como Virgo

Asunta al cielo, otra

bellísima Inmaculada

predica el mismo sermón

desde su más alto

púlpito.

12

Vada, infine, un meraviglioso

regalo per Max, direttamente da

parte di Jorge Maria:

L’isola dell’Atlantida, chiamata

anche Asteria, si stendeva parallela

ai Pichi dell’Europa, dall’altezza di

San Vicente de Labarzera -prima

capitale di Asturias- fino a un punto

tra le popolazioni di Llanes e

Ribadesella. Ebbene, detta isola, che

fu la prima patria degli spagnoli e dei

suoi figli -tra di loro gli svizzeri-, fu

idealizzata come “l’Immacolata Concezione”.

Questo si sa per un documento antico

conservato in San Vicente de Labarzera, il quale

relaziona questa popolazione con una provincia

della quale nessuno ha mai sentito parlare e

alla quale da il nome

di “Provincia della

Concezione”, che è

sinonimo di “Conchia”

-conchiglia- e “sin

mancilla” -senza

macchia-, cioè,

“Immacolata”. Il

Paradiso perduto… e

a ricuperare, amico

Max! E finisco:

Se attraverso di

una bandiera possiamo fare riconoscere -spero-

a alcune regioni dell’Italia la sua figliazione

ispanica, attraverso la coppa della Sirena, con il

latte della creazione, o galaktos, possiamo

aprire la porta alla casa paterna a una buona

lista di paesi: Gales, Galia, Angalaterra >

Inglaterra, Portugalia > Portugal, la Gallacia

ungherese, Bizkaya, Senegal, Angala > Angola,

senza dimenticare l’Angaluzia > Andalucía né,

naturalmente, alla madre di tutte, la Angallazia

> Gallacia santanderina.

E a te, lettore paziente, che sei arrivato a

questo punto, nemmeno insinuerò, perché già

glielo immagini, che non soltanto

quelle bianchi-azzurri, ma tutte le

Immacolate, da rosso o viola, da

verde o giallo, con Bambino o senza

di Lui…, dal cuore del Lazio o

dell’ispana Argentina -lo sappia Sua

Santità-, tutte sono spagnole.

Vaya, en fin, un asombroso

regalito para Max, directamente

de parte de Jorge María:

La isla de la Atlántida,

llamada también Asteria, se

extendía paralela a los Picos de

Europa, desde la altura de San

Vicente de Labarzera -primera

capital de Asturias- hasta un

punto entre las poblaciones de

Llanes y Ribadesella. Pues bien:

Dicha isla, que fue la primera patria de los

españoles y de sus descendientes -entre ellos

los suizos-, fue idealizada como la “Inmaculada

Concepción”. Esto se sabe por un documento

antiguo conservado en San Vicente de

Labarzera, que relaciona esta población con

una provincia de la que

nadie ha oído hablar

jamás y a la que da el

nombre de “Provincia

de la Concepción”, que

es sinónimo de

“Concha” y “sin

mancilla”, o sea,

“Inmaculada”. ¡El

Paraíso perdido… y a

recuperar, amigo Max!

Y termino:

Si a través de una bandera podemos

hacer reconocer -espero- a algunas regiones de

Italia su filiación hispana, a través de la copa de

la Sirena, con la leche de la creación, o

galaktos, podemos abrir la puerta a la casa

paterna a una buena lista de países: Gales,

Galia, Angalaterra > Inglaterra, Portugalia >

Portugal, la Gallacia húngara, Bizkaya, Senegal,

Angala > Angola, sin olvidar a Angaluzia >

Andalucía ni, por supuesto, a la madre de

todas, la Angallazia > Gallacia santanderina.

Y a ti, lector paciente, que has llegado a

este punto, ni siquiera te insinuaré, porque ya

te lo imaginas, que no ya las

blanquiazules, sino todas las

Inmaculadas, de rojo o violeta, de

verde o amarillo, con Niño o sin

Él…, del corazón del Lacio o de la

hispana Argentina -sépalo Su

Santidad-, todas son españolas.