L’IMMACOLATA LA INMACULADA SPAGNOLA NEL … · Pero hay algo más que yo no sabía sobre ... una...
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1
L’IMMACOLATA
SPAGNOLA NEL CUORE
DEL LAZIO
- Benché l’autore sia
italiano, l’immagine è
tipicamente spagnola.
È quello che dico in
primo luogo, amico lettore,
quando devo spiegare il qua-
dro che presiede la Cappella
dell’Immacolata della nostra
Basilica dei Santi XII Apostoli,
una notizia che suolo dare a
spagnoli e ispanoamericani. E
gli uni e gli altri la salutano con
piacere, mentre gli italiani
suolino salutarla con sorrisi di
scetticismo. In ogni modo, io
mi limito a dare ragione della
mia affermazione:
- Poiché il vestito della
Madonna è bianco e il manto
azzurro chiaro, che questi sono
i colori delle Immacolate
spagnole; cioè, come i colori
della bandiera dell’Argentina.
Dopo, là ci sono le sue mani alla altezza del
petto e, più o meno conforme alla descrizione
della “Donna dell’Apocalissi”, l’aura e le stelle
intorno la sua testa, la luna sotto i suoi piedi, il
globo terracqueo da piedistallo sul quale è
calpestato il serpente o drago e, completando il
marco scenico, il seguito di angeli e angelini
che ascendono verso il cielo. Ecco, proprio
come si fosse un’Immacolata di Murillo.
Come contrasto, le Immacolate italiane
suolino vestire di azzurro oscuro e rosso. Più
ancora, nel caso della nostra Basilica, abbiamo
una “CONCEPTA ABSQUE ULLA LABE” o
“Immacolata ortodossa” del s. XV -regalo del
Cardinale Bessarione-, con
il Bambino in braccia, cosa
insolita in un’Immacolata
spagnola, poiché il
Bambino, caso mai, nel
suo “seno benedetto”.
LA INMACULADA
ESPAÑOLA EN EL
CORAZÓN DEL LAZIO
- Aunque el autor es
italiano, la imagen es
típicamente española.
Es lo primero que digo,
amigo lector, cuando tengo que
explicar el cuadro que preside la
Capilla de la Inmaculada de
nuestra Basílica de los Santos
XII Apóstoles, noticia que suelo
dar a españoles e hispanoameri-
canos. Y unos y otros la saludan
con agrado, mientras que los
italianos suelen saludarla con
risitas de escepticismo. En
cualquier caso, yo me ciño a dar
razón de mi afirmación:
- Porque el vestido de la
Virgen es blanco y el manto azul
claro, que son los colores típicos
de las Inmaculadas españolas;
vamos, como los colores de la
bandera de Argentina. Luego ahí
están sus manos a la altura del
pecho y, más o menos conforme a la
descripción de “La Mujer del Apocalipsis”, el
aura y las estrellas en torno a su cabeza, la
luna bajo sus pies, el globo terráqueo por
pedestal sobre el que es aplastada la serpiente
o dragón y, completando el marco escénico, el
séquito de ángeles y angelitos que ascienden
hacia el cielo. Vamos, ni que fuera una
Inmaculada de Murillo.
Como contraposición, las Inmaculadas ita-
lianas suelen vestir de azul oscuro y rojo. Más
aún, en el caso de nuestra basílica, tenemos
una “CONCEPTA ABSQUE ULLA LABE” o
“Inmaculada ortodoxa” del s. XV -regalo del
Cardenal Bessarione-,
con el Niño en brazos,
algo insólito en una
Inmaculada española,
pues el Niño, si acaso, en
su “bendito vientre”.
2
Comunque, poiché conosco che l’autore
dell’Immacolata è stato il pugliese Corrado
Giaquinto, sempre sono stato nel dubbio se non
si trattasse di una forma di rappresentazione
anche italiana. Infatti, Tiepolo anche ha delle
immagini dello steso tipo.
Con questi dubbi, il 14 aprile del presente
2015, il professore Carlo Strinati, profondo
conoscitore della nostra Immacolata, venne
dare una conferenza, e ci assicurò che, dopo
essere stata perduta per un tempo, lui stesso
l’aveva ritornato al suo marco originale
(piuttosto fu fr. Isidoro) e che, con la
ricuperazione di tale immagine, tutto senza
eccezione, nella nostra Basilica, è barroccio
“dal 700”. Di fronte a tale notizia, approfittai
un momento per esporre allo specialista
quanto il lettore già conosce. Lui ascoltava
perplesso e, fronte al mio dubbio sulla
possibile spagnolità della detta Immacolata…
- Non so -disse-, ma l’autore è stato per
alcuni anni a Madrid, alla Corte, dove ha dipinto
per i Borboni.
- Ah, capisco -dissi al punto-, là Giaquinto
ha imparato a dipingere le Immacolate
spagnole.
E il professore acconsentì in accettare la
mia rivelazione.
Con todo, sabiendo que el autor de la
Inmaculada descrita fue el pullés Conrado
Giaquinto, siempre me quedaba la duda de si
no se tratara de una forma de representación
también italiana. De hecho, Tiépolo también
tiene imágenes del mismo tipo
Estando en éstas, el 14 de abril del
presente 2015, vino a hablarnos el profesor
Carlos Strinati, profundo conocedor de nuestra
Inmaculada, quien nos aseguró que, tras haber
estado perdida por un tiempo, él mismo la
había devuelto a su marco original (más bien
fue fr. Isidoro) y que, con la recuperación de tal
imagen, todo sin excepción, en nuestra
Basílica, es barroco “del 700”. Ante tal
noticia, aproveché un momento para
exponer al especialista cuanto el lector
ya sabe. Él escuchaba perplejo y, ante
mi duda sobre la posible españolidad
de dicha Inmaculada…
- Pues no sé -dijo-, pero el autor estuvo
algunos años en la Corte de Madrid pintando
para los Borbones.
- Ah, mira -salté-, allí es donde Giaquinto
aprendió a pintar Inmaculadas españolas.
Y el Profesor consintió en aceptar mi
revelación.
3
Ci sono però, alcune cose che io non
sapevo sulle Immacolate spagnole e ho
imparato adesso da Jorge María Rivero-
Meneses, il quale mi onora con la sua amicizia.
È qualcosa che se lo dicesse al professore
Strinati rimarrebbe di pietra, ma passo a
rivelarle a te, lettore che mi leggerai, anche a
rischio che gli italiani mi scomunichino e che
qualcun altro svizzero lo intenti.
Il mito greco sulla nascita della dea Venus
nell’Oceano, entro una conchiglia, è una prova
che il cammino della specie umana si è iniziato
proprio nella regione Cantabrica, al Nord della
Penisola Ispanica: Le più antiche ritrovamenti
archeologici e un profondo analisi linguistico-
toponimico lo confermano. La detta deità, con
altri nomi molto più antichi (Ballanzia, Berniz,
Azina, Zibeles, o quei di Palas, Minerva…), era
considerata dai nostri antenati come la madre
di tutti gli uomini, per quanto era la
raffigurazione del primo essere umano dal
quale tutti gli altri discendevano. E qui viene
quello più grazioso:
La Dea non era immaginata per quelle
menti primigenie come l’immaginasse ad
esempio Botticelli -vedere immagini-, ma
come una sirena, in degna deferenza al suo
origine marino. Così appare in tante
immagine preistoriche e, per pura inerzia
storica, anche segue presente in tanti capiteli
romanici, in tanti altari e altri luoghi di non
poche chiese e in tanti monumenti antichi e
moderni, come in certa abazia d’Irlanda, da
dove prendiamo il seguente bassorilievo; e
annotiamo che neanche mancano
rappresentazioni in doppio, che sono
un’allusione ad Adamo ed Eva. Analizziamo
l’immagine della sirena irlandese:
Pero hay algo más que yo no sabía sobre
las Inmaculadas españolas y que acabo de
aprender de Jorge Mª Ribero-Meneses, que me
honra con su amistad. Algo que si se lo dijera el
Prof. Strinati se quedaría de piedra, pero que
paso a revelarte a ti, lector que me leerás, aun
a riesgo de que los italianos me excomulguen y
de que algún que otro suizo lo intente:
El mito griego del nacimiento de la diosa
Venus en el Océano, dentro de una concha, es
una prueba de que la andadura de la especie
humana se inició justo en la zona Cantábrica, al
norte de la Península Hispánica: Los más
antiguos hallazgos arqueológicos y un profundo
análisis lingüístico-toponímico lo confirman.
Dicha diosa, con otros nombres muchísimo más
antiguos (Ballanzia, Berniz, Azina, Zibeles, o los
de Palas, Minerva…), era considerada por
nuestros ancestros como la madre de todos los
hombres, en cuanto que era la plasmación del
primer ser humano del que todos los demás
descendían. Y aquí viene lo más gracioso:
La diosa no era imaginada por aquellas
mentes primigenias como la imaginara por
ejemplo Botticelli -ver imágenes-, sino como
una sirena, en digna deferencia a su origen
marino. Así aparece en muchas imágenes
prehistóricas y, por pura inercia histórica,
aún sigue presente en muchos capiteles
románicos, en altares y otros lugares de no
pocas iglesias y en tantos monumentos
antiguos y modernos, como en cierta abadía
de Irlanda, de donde tomamos el siguiente
bajorrelieve; y anotamos que tampoco
faltan representaciones a pares, que son un
guiño a Adán y Eva. Analizamos la imagen
de la sirena irlandesa:
4
Vediamo che porta una coppa o calice in
una mano e uno “specchio” nell’altra. Che cosa
possono dignificare questi oggetti?
- Allora, la coppa -posizionata all’altezza
dei seni-, è il consuetudinario Santo Graal
contenenti il seme del Sole, o il latte -nella
versione matriarcale- che avrebbe dato origine
alla vita... e ai mari, in uno dei cui punti, quello
“dell’Oceano”, è venuta a nascere la nostra
"Madre Sirena". Da questa coppa è
un'immagine il calice “dell’'ultima Cena", o
viceversa, in quanto raccolse il sangue di
Cristo, versato per salvare il mondo. E dico
viceversa perché si parla "dell'Agnello”
come immagine di Cristo e non al rovescio.
- Dopo c’è il supposto “specchio”, che non
è tale cosa, ma un simbolo della dea Luna, e
annotiamo che questa, chiamata Illiana (la Di-
ana greca), è evocata in Santa Ana, la madre
della Vergine Maria. Non per caso Santa Ana è
la patrona del paese di Llanes, dopo avere de-
tronizzato alla sua predecessora, la Luna rego-
latrice delle maree. Cioè, che in buona ragione
mito-logica, la Luna è la nonna dell’umanità.
Nel fondo, a dispetto espressioni, forme o
aspetti scultrici, questo viene a dire lo stesso
che oggi afferma la scienza: Che la vita è nata
nei mari, non senza il concorso degli astri e
che, per tanto, da quella parte veniamo anche
noi. “Elementale, carissimi nipoti”, direbbero a
noi i nostro antenati. E buono sia aggiungere
che la baia di Santander, di fronte al primigenio
“Oceano”, è la più degna candidata a ostentare
una degna scultura della nostra Sirenetta Ma-
dre, per essere stato il primo luogo del mondo
dove essa è venuta a vararsi, prima di Copena-
Vemos que lleva una copa o cáliz en una
mano y un “espejo” en la otra. ¿Qué pueden
significar tales objetos?
- Pues la copa -puesta a la altura de los
senos-, es el tan traído y llevado Santo Grial
que contiene el semen del Sol, o la leche -en
versión matriarcal- que habría dado origen a la
vida… y a los mares, en uno de cuyos puntos,
el del “Océano”, vino a nacer nuestra “Madre
Sirena”. De esta copa es una imagen el
cáliz de “La Última Cena”, o viceversa, en
cuanto que recogió la Sangre de Cristo,
vertida para salvar el mundo. Y digo
viceversa porque se habla del “Cordero”
como imagen de Cristo y no al revés.
- Luego está el supuesto “espejo”, que no
es tal, sino un símbolo de la diosa Luna, y
anotamos que ésta, también llamada Illiana (la
Diana griega), es evocada en Santa Ana, madre
de la Virgen María. No por nada, Santa Ana es
la patrona de Llanes, tras destronar a su
predecesora, la Luna reguladora de las mareas.
O sea que, en buena razón mito-lógica, la Luna
es la abuela de la humanidad.
En el fondo, aparte expresiones, formas o
aspectos escultóricos, esto viene a decir lo mis-
mo que hoy día confirma la ciencia: Que la vida
nació en los mares, no sin el concurso de los
astros y que, por lo tanto, de allí venimos
también nosotros. “Elemental, queridos nietos”,
nos dirían nuestros ancestros. Y vale la pena
añadir que la bahía de Santander, frente al pri-
migenio “Océano”, es la más digna candidata a
ostentar una digna escultura de nuestra Sirenita
Madre, por haber sido el primer lugar del mun-
do donde vino a “varar”, antes que en Copen-
5
ghen e Busan (Corea del Sud). In effetti:
La detta baia ricevete il nome di Galiza >
Cáliz > Cádiz, dalla quale -a disparte essere
stata sbagliata dagli storici con la omonima del
Sud della Spagna- non mancano testi antichi
che la documentano come la città più antica del
mondo. Cioè, che in essa inquadrarono i nostri
antenati il luogo della nascita (“Venezia” o
“Belé”) della nostra Sirenetta.
- Dopo, là ci sono quei due pesci che
rendono omaggio alla “Sirena coronata” (nota-
re la cavità che, come aura solare, incornicia la
sua testa), i quali vengono a dire che la
riconoscono come la sua Signora, come Signora
del Mare. Più ancora: A dispetto di trattarsi di
un bassorilievo in pietra, nata la nostra sirena
del acqua e della schiuma, posiamo immaginare
i colori bianco e azzurro come fondo scenico. Se
oggi diamo il titolo di “Signora del Mare” o
“Stella dei Mari” alla Vergine Maria, è per
traslazione del titolo che prima
ostentò la nostra sirenetta.
Per certo che alla Madonna
del Monte Carmelo, patrona del mio
paese -per causa dei Carmelitani-,
bene accolta sta dai romani sotto
un conchiglia nella chiesa di “Santa
Maria del Carmelo in Traspontina”,
in Via della Conciliazione. Ce n’è una
buona ragione.
Comunque, verso dove veramente
vogliamo andare, saputo quello che sappiamo
dei colori dell’Immacolata spagnola, è a
contemplare la Sirena come all’antica patrona
della Spagna, come all’Immacolata di quel che
io chiamo l’Antico Testamento spagnolo, dal
quale i romani ci svincolarono e la Chiesa
condannò all’ostracismo, per “pagano”. Di esso,
il “Testamento” giudeo è soltanto una versione
moderna, un tanto adulterata. Illustrerò questo
punto:
Ieri, 27 settembre 2015 -giorno del
“plebiscito nazionalista” di Mas-, passeggiavo
per la nostra Basilica e mi fermai fronte alla tela
dipinta dal bolognese Domenico Muratori (la più
grande di Roma: 14 x 6, 70 m.) che
rappresenta i santi Giacomo e Filippo. E vedi in
essa la bandiera dell’Argentina.
hague y Busan (Corea del Sur). En efecto:
Dicha bahía recibió el nombre de Galiza >
Cáliz > Cádiz, de la que -aparte haberla
confundido los historiadores con la homónima
del sur de España- no faltan textos antiguos
que la documentan como la ciudad más antigua
del mundo. O sea, que en ella enmarcaron
nuestros ancestros el lugar de nacimiento
(“Venecia” o “Belén”) de nuestra Sirenita.
- Después están esos dos peces que
rinden homenaje a la “Sirena coronada” (notar
la cavidad que, como aura solar, rodea su
cabeza), los cuales vienen a decir que la
reconocen como a su Señora, como a Señora
del Mar. Más aún: Pese a tratarse de un
bajorrelieve en piedra, nacida nuestra sirena
del agua y de la espuma, podemos imaginar los
colores blanco y azul como fondo escénico. Si
hoy damos el título de “Señora del Mar” o
“Estrella de los Mares” a la Virgen María es por
traslación del título que antes
ostentara nuestra sirenita.
Por cierto que a la
Virgen del Carmen, patrona
de mi pueblo castellano -por
mor de los carmelitas-, bien
cobijada la tienen los
romanos bajo una concha en
la Iglesia de Santa María del
Carmelo “in Traspontina”, en
la Vía de la Conciliación. Por algo será.
Pero hacia donde realmente queremos ir,
sabido lo que sabemos sobre los colores típicos
de la Inmaculada española, es a contemplar la
Sirena como a la antigua patrona de España,
como a la Inmaculada del que yo llamo Antiguo
Testamento español, del que los romanos nos
desvincularon y la Iglesia condenó al ostracis-
mo, por “pagano”. De él, el “Testamento” judío
es tan sólo una versión moderna un tanto
adulterada. Ilustraré este punto:
Ayer, 27 de septiembre del 2015 -día del
“plebiscito separatista” de Mas-, paseando por
nuestra basílica me detuve ante el lienzo
pintado por el boloñés Domingo Muratori (el
más grande de Roma: 14 x 6,70 m.), que
representa a los santos Santiago y Felipe. Y
detecté en él la bandera de Argentina.
6
Glielo dissi a fr. Iulia, il
sacrestano, il quale mi assicurò
che si trattava della bandiera del
Lazio.
La bandiera però del
Lazio è soltanto azzurra,
mentre quella della tela è
azzurra e bianca, proprio
come quella dell’Argentina.
E se fosse uno stemma?
Ebbene, potrebbe essere
l’uno e l’altro perché, a dispetto
della tante volte iconoclasta,
endemica e arbitraria libertà dei
nostri giorni per cambiare tutto,
ancora rimangono dei simboli nel
Lazio con questi colori; ad
esempio la bandiera e lo stemma
del Club Sportivo di questa regione italiana…,
addirittura di quel della nostra Basilica.
La persistenza nel Lazio di questi due
colori verrebbe a dimostrare, tra altre cose, la
figliazione ispanica dei latini, a dispetto la
generale chiusura italiana in pretendere essere
nostri padri, lo quale, se non è ignoranza, è
qualcosa di peggio: perversione atavica e capa-
cità per adulterare menti e storia, che ancora in
nostri giorni seguono a trascinare. Là c’è, ad
esempio, l’audacia di continuare a dare suo
nome latino ai figli della Spagna nelle Americhe,
se non agli stessi spagnoli. Ma qualche giorno
impareranno -spero- che, al contrario di
quello che credono, il primo Lazio, e la prima
Roma, sono stati in Spagna, come può testi-
moniare il Lazio dal quale ancora lasciarono
delle tracce nelle prossimità di Burgos. Cioè,
che anche loro -non soltanto gli subizeri >
svizzeri, amico Max- sono spagnoli.
Questo, lasciando da parte i pelasghi,
provenienti dalla Spagna e antenati dei greci -
se non dai romani-, evocatori dei baski o
ballaski > velaschi, spagnoli di Castiglia la
Balleskia > la Bellexia > la Viella o Vieja.
Se lo dije a fr. Julián, el
sacristán, quien me aseguró
que se trataba la
bandera del Lacio.
Pero la ban-
dera del Lacio es
sólo azul, mientras que la del
lienzo es azul y blanca, justo
como la de Argentina.
¿Y si fuera un escudo?
Pues lo uno o lo otro po-
dían ser porque, pese a la tan-
tas veces iconoclasta, endémica
y arbitraria libertad de nuestros
días para cambiarlo todo, aún
quedan símbolos en el Lacio
con estos dos colores; por
ejemplo la bandera y el escudo
del Club Deportivo de esta región italiana…
además del declarado de nuestra Basílica.
La persistencia en el Lacio de estos dos
colores vendría a demostrar, entre otras cosas,
la filiación hispana de los latinos, pese a la
general cerrazón italiana en pretender ser
nuestros padres lo cual, si no es ignorancia, es
algo peor: perversión atávica y capacidad para
adulterar mentes e historia, que aún en
nuestros días siguen arrastrando. Ahí está, por
ejemplo, la osadía de seguir dando su nombre
latino a los hijos de España en las Américas, si
no a los mismos españoles. Pero algún día
aprenderán -espero- que, al contrario de
lo que creen, el primer Lacio, y la prime-
ra Roma, estuvieron en España, como
puede testificar el Lacio del que aún
dejaron rastros cerca de Burgos. O sea,
que también ellos -no sólo los subizeros
> suizos, amigo Max- son españoles.
Eso sin contar con los pelasgos, oriundos
de España y antepasados de los griegos -si no
de los romanos-, evocadores de los baskos o
ballaskios > velascos, españoles de Castilla la
Balleskia > la Bellexia > la Viella o Vieja.
7
Proprio dai velaschi -che sfoggiano dell’ar-
me bianchi e azzurri- sentenziò un Vescovo
da Salamanca, non senza ragione, che…
Prima che Dio fosse Dio
e i macigni, macigni
i Kirioi eran Kirioi
e i Velaschi, Velaschi.
Serva dire, in appoggio di questa
episcopale tesi teologica, che in un’Acropoli
chiamata “Cadiz”, su Peñacastillo (Cantabria), la
quale servì di modello a tante altre in Eurasia e
in Africa, è dell’ordine di 50.000 anni più antica
che quell’ancora oggi
visibile in Grecia, e ancora
ce n’è un’altra più antica,
localizzata sul monte Castril
Negro, dopo essere stato
segnalata dal mio amico
Jorge Maria. Cioè, che se i
greci non possono vantarsi
di essere anteriori ai suoi dei, ecco un Vescovo
-e un linguista e archeologo- che confermano la
precedenza dei castellani vecchi su deità
proprie e strane che, nel fondo sono l stesse.
Anche Jorge Maria mi ha rivelato che,
nella biblioteca del Museo Britannico, c’è un
manoscritto antico che parla di una profonda
fessura nella detta Peñacastillo, dove una
donna con cola di pesce custodisce un grande
tesoro. Questa leggenda allude alla “bocca
dell’inferno”, chiamata “Tanagra”, localizzata
nell’Occidente iberico, come documenta l’antica
mitologia greca e una non così antica fabbrica
di porcellana istallata nel detto luogo con il
nome di “IBERO TANAGRA”.
Lasciamo però teologie ispaniche che Max
sdegnerebbe e seguiamo con le bandiere del
Lazio, perché lo stesso che per questa regione,
la nostra osservazione potrebbe servire per
Basilicata, o il Trentino, che anche conservano i
soliti colori, e per Grecia, e per Israele (con la
stella di sei punte non meno ispana che i suoi
colori immacolata), e per Baviera e tante altre
nazioni che lascio alla tua ricerca, lettore
assiduo, a dispetto dei cieli bianchi-azzurri,
come è il caso d’Argentina, o dei cieli e laghi
regionali, come è il caso di Baviera… proprio
come quelli della Spagna. Anche in questi ultimi
potresti vedere riflesso il tuo attuale bel sorriso.
Precisamente de los Velasco -que lucen
armas blanquiazules- sentenció un Obispo
salmantino, no sin razón, que…
Antes que Dios fuera Dios
y los peñascos, peñascos,
los Kirós eran Kirós
y los Velasco, Velasco.
Valga decir, en apoyo a esta episcopal
tesis teológica, que una Acrópolis llamada
“Cádiz”, sobre Peñacastillo (Cantabria), que
sirvió de modelo a muchas otras de Eurasia y
África, es del orden de 50.000 años
más antigua que la aún hoy visible
en Grecia, y aún hay otra más
antigua, localizada sobre el monte
Castril Negro, tras haberla
señalado mi amigo Jorge María. O
sea, que si los griegos no pueden
presumir de ser anteriores a sus
dioses, he ahí a un obispo -y a un lingüista
y arqueólogo- confirmando la precedencia de
los castellanos viejos sobre dioses propios y
ajenos que, en el fondo, son los mismos.
También Jorge María me ha revelado que,
en la Biblioteca del Museo Británico, hay un
antiguo manuscrito que habla de una profunda
grieta en la citada Peñacastillo, donde una
mujer con cola de pez custodia un gran tesoro.
Esta leyenda alude a la “boca del infierno”,
llamada “Tanagra”, localizada en el occidente
ibérico, como documenta la antigua mitología
griega y una no tan antigua fábrica de
porcelana instalada en dicho lugar con el
nombre de “IBERO TANAGRA”.
Pero dejemos teologías hispanas que Max
desdeñaría y sigamos con las banderas del
Lacio, porque lo mismo que para esta región,
nuestra observación podría valer para
Basilicata, o el Trentino, que también conservan
los colores de marras, y para Grecia, y para
Israel (con la estrella de seis puntas no menos
hispana que sus colores inmaculada), y para
Baviera y tantas otras naciones que dejo a tu
búsqueda, lector asiduo, a despecho de cielos
blanquiazules, como es el caso de Argentina, o
de cielos y lagos regionales, como es el caso de
Baviera… igualitos que los de España. También
en el espejo azul de estos últimos podrías ver
reflejada tu actual sonrisa.
8
Perché l’origine dei colori -trovato per
Jorge Maria- non è altro che quel
dell’Immacolata del nostro Antico Testamento,
nata -possono ridere svizzeri e italiani- dal seme
del Sole e la schiuma delle acque, tra le onde
del mare…, alla riva “dell’Oceano”.
E, alla luce di quanto adesso sappiamo
sulla nostra sirenetta, finiamo facendo una
nuova occhiata al quadro dell’Immacolata
spagnola dei Santi XII Apostoli e, senza
maggiori spiegazioni, osserva, amico lettore,
che è una replica ricalcata della sirenetta del
nostro Antico Testamento:
- In primo luogo là ci sono i colori bianco
e azzurro che viste l’Immacolata, i quali ci
rimandano alle acque e alla schiuma del mare.
- Osserva che tanto la Sirena come
l’Immacolata sono “coronate dal sole” e,
se questa non porta specchio, è perché
nessuno pensi che sia una coquette,
qualcosa che si pensa della sirenetta senza
nessun fondamento. Comunque, non
mancano sculture romaniche nelle quali
già la Madonna, già il Bambino l’hanno
cambiato per una palla, una frutta -che
per niente è quella del “paradiso”-, o
un’ave, come la Madonna del Pilar.
- Anche l’immacolata porta le
mani all’altezza del petto e, se non porta
“calice”, è perché, come
abbiamo puntato, glielo
lasciò a suo Figlio.
Comunque -come non
poteva essere di meno-
non mancano tipiche
immagini di
allattamento nelle quali
la Madonna avvicina il
suo seno al Bambino,
e incluso slancia un
getto a qualche santo.
Porque el origen de sus colores -hallado
por Jorge María-, no es otro que del de la
Inmaculada de nuestro Antiguo Testamento,
nacida -ríanse suizos e italianos- del semen del
Sol y la espuma de las aguas, entre las ondas
del mar…, a la orilla del “Océano”.
Y, a la luz de cuanto ahora sabemos
sobre nuestra sirenita, terminemos echando
una nueva ojeada al cuadro de la Inmaculada
española de los Santos XII Apóstoles y, sin
mayores explicaciones, observa, amigo lector,
que es una réplica calcada de la sirenita de
nuestro Antiguo Testamento:
- En primer lugar ahí están los colores
blanco y azul que viste la Inmaculada, los
cuales nos remiten a las aguas y a la
espuma del mar.
- Observa que tanto la Sirena
como la Inmaculada están
“coronados de sol” y, si ésta no lleva
“espejo”, es para que nadie piense
que es una coqueta, algo que se
piensa de la sirenita sin ningún
fundamento. Con todo, no faltan tallas
románicas en las que bien la Virgen, bien
el Niño lo cambian por una bola, una
fruta -que para nada es la del “paraíso”-,
o un ave, como la Virgen del Pilar.
- También la Inmaculada lleva las manos
a la altura del pecho y, si no lleva “cáliz”, es
porque, como
apuntamos, se lo dejó
a su Hijo. Con todo -
como no podía ser
menos- no faltan
típicas imágenes de
“lactación”, en las que
la Virgen acerca su
seno al Niño, e incluso
lanza un chorrete a
algún que otro santo.
9
- Dopo, nella parte inferiore del nostro
quadro, c’è il mare di nuvole, che anche gioca
in bianchi-azzurro, come il seme-latte, la
schiuma e le acque primigenie che fecero
nascere la vita. E chiarisco che nemmeno i più
neofiti dei nostri antenati credevano queste
cose in senso letterale, come qualcuno
potrebbe pensare che le prenda io. Né loro
erano così dogmatici né io sono tanto pazzo.
- Tra le nuvole e “la Terra”, c’è il serpente
o drago infernale, simbolo delle tenebrose,
pericolose profondità marine.
- Da questo insieme sorge la
Donna biancoazzurra salvata e
salvatrice, in quanto che Lei da a luce la
Vita, a traverso suo Figlio. La morte, in
questo caso, sarebbe l’eredità di Adamo,
rappresentata nella mela che suole
portare il serpente nella bocca, vinta per
l’erede della Sirena.
- Anche c’è la luna -specchio del Sole-
che, da divinità Madre, regolatrice delle Maree,
si trasforma in creatura esaltatrice della virtù e
eccellenza di Maria Immacolata.
- E che cosa dire degli angeli e angelini
del seguito dell’Immacolata?
Ebbene che, nel caso della Sirena, la sua
antecessora, dobbiamo immaginarlo formato da
“angelini acquatici”, cioè, pesci -come nel caso
del bassorilievo irlandese- e altre sirene più
piccole, senza dubbio alate, battendo le ale tra
le onde. Non per caso la Dea del mare,
chiamata Asteria (da dove deriva Astartè, e
anche Asturias), era idealizzata come Regina o
Madre delle Sirene, cioè, dei primi esseri umani,
che non delle arpie. Se
c’è qualcosa a giorno di
oggi che la scienza
ratifica non è che l’uomo
proceda della scimmia,
ma dal mare. Perché
Asteria era una
personificazione
dell’umanità, se non
“dell’Isola” dove quella
era nata: il “paradiso”,
che direbbe Max e che per
supposto, era in Spagna.
- Luego, en la parte inferior de nuestro
cuadro, está ese mar de nubes, que también
juega en blanquiazul, como el semen-leche, la
espuma y las aguas primigenias de las que
surgió vida. Y aclaro que ni siquiera los más
neófitos de nuestros ancestros tomaban estas
cosas en sentido literal, como alguno podría
pensar que las tome yo. Ni ellos eran tan
dogmáticos ni yo estoy tan loco.
- Entre las nubes y “la Tierra”, está la
serpiente o el dragón infernal, símbolo de las
tenebrosas, peligrosas profundidades marinas.
- De este conjunto surge la
Mujer blanquiazul salvada y
salvadora, en cuanto que alumbra la
Vida, a través de su Hijo. La muerte,
en este caso, sería la herencia de
Adán, representada en la manzana
que suele llevar en la boca la
serpiente, vencida por heredera de la Sirena.
- También está la luna -espejo del Sol-
que, de divinidad Madre, reguladora de las
Mareas, se transforma en criatura exaltadora de
la virtud y excelencia de María Inmaculada.
- ¿Y qué decir de los ángeles y angelitos
del séquito de la Inmaculada?
Pues que, en el caso de la Sirena, su
antecesora, debemos imaginarlo formado por
“angelitos acuáticos”, o sea, peces -como es el
caso del bajorrelieve irlandés- y otras sirenas
más pequeñas, sin duda aladas, aleteando -ala
= aleta- entre las ondas. No en vano la Diosa
del mar, llamada Asteria (de donde deriva
Astarté, y también Asturias), era idealizada
como Reina o Madre de las Sirenas, o sea, de
los primeros seres humanos,
que no de las harpías. Si
hay algo a día de hoy que la
ciencia ratifica no es que el
hombre proceda del mono,
sino del mar. Porque
Asteria era una personifi-
cación de la humanidad, si
no de la “Isla” donde
aquélla había nacido: el
“paraíso”, que diría Max y
que, por supuesto, estaba
en España.
11
Tutto questo in va coerenza con il
titolo di “Madre delle Sirene”, dalle quali
discendiamo gli uomini, se non della
“occa”, perché a Darwin “nessuno gli da
cero in quest’inumazione”. A questa
Regina o Madre delle Sirene è venuta a
soppiantare la Vergine come Regina
degli angeli, benché anche Lei sia una
personificazione dell’umanità definitivamente
“redenta e salvata”, o nuovamente concetta,
come anche Lei, “senza peccato originale”. In
ogni modo, la figlia del Sole, a traverso il seme
e la schiuma -l’Asteria delle sirene-, e la Figlia di
Dio per pura grazia -l’Immacolata degli angli-,
ambedue si ripartono il
titolo di Madre degli
uomini.
- Finalmente, là c’è
l’ascensione dell’insieme
scenico che riproduce quel
di Asteria per convertirsi in
costellazione o stella con il
significativo nome di Virgo.
Come la Vergine Maria!
Ebbene: Se tutti
sapevamo che
l’Immacolata Concezione è
la Patrona della Spagna,
adesso sappiamo perché:
Perché fu in la Spagna
dove si originò tale mito,
oggi diventato dogma. Se però gli italiani non lo
sapevano, aprano già gli occhi e gli orecchi per
vedere, e udire, e ascoltare e attendere alla
predica che, dai campi sportivi ai balconi
istituzionali, o le sue
belle basiliche, li
istruiscono sula sua
figliazione ispanica, che
adesso non parliamo
dell’Ispanità d’Ispanoa-
merica. Altrimenti,
vengano in Piazza
Spagna, nel cuore di
Roma, dove, come Virgo
Assunta in cielo, un’altra
bellissima Immacolata fa la
stessa predica dal suo più
alto pulpito.
Todo esto está en
coherencia con el título de
“Madre de las Sirenas”, de
las que procedemos los
hombres, si no de “la oca”.
Porque a Darwin “nadie le da
vela en este entierro”. A esta
Reina o Madre de las Sirenas
vino a suplantar la Virgen como Reina de los
ángeles aunque también ella es una
personificación de la humanidad
definitivamente “redimida y salvada”, o
nuevamente concebida, lo mismo que ella, “sin
pecado original”. De cualquier modo, la hija del
Sol, a través del semen y la
espuma -la Asteria de las sirenas-,
y la Hija de Dios por pura gracia -
la Inmaculada de los ángeles-,
ambas se reparten el título de
Madre de los hombres.
- Por fin, ahí está la
ascensión del conjunto escénico
que reproduce el de Asteria para
convertirse en constelación o
estrella con el significativo nombre
de Virgo. ¡Como la Virgen María!
Pues bien: Si todos sabíamos
que la Inmaculada Concepción es
la Patrona de España, ahora
sabemos por qué: Porque en
España se originó tal mito, hoy
convertido en dogma. Pero si los italianos no lo
sabían, abran ya ojos y oídos para ver, oír,
escuchar y atender a la prédica que, desde las
canchas deportivas a los balcones
institucionales, o sus bellas
basílicas, les instruye sobre
su filiación hispana, que
ahora no hablamos de la
“Hispanidad de Hispanoa-
mérica”. Y si no, que
vayan a la Plaza de
España, en el corazón de
roma, donde, como Virgo
Asunta al cielo, otra
bellísima Inmaculada
predica el mismo sermón
desde su más alto
púlpito.
12
Vada, infine, un meraviglioso
regalo per Max, direttamente da
parte di Jorge Maria:
L’isola dell’Atlantida, chiamata
anche Asteria, si stendeva parallela
ai Pichi dell’Europa, dall’altezza di
San Vicente de Labarzera -prima
capitale di Asturias- fino a un punto
tra le popolazioni di Llanes e
Ribadesella. Ebbene, detta isola, che
fu la prima patria degli spagnoli e dei
suoi figli -tra di loro gli svizzeri-, fu
idealizzata come “l’Immacolata Concezione”.
Questo si sa per un documento antico
conservato in San Vicente de Labarzera, il quale
relaziona questa popolazione con una provincia
della quale nessuno ha mai sentito parlare e
alla quale da il nome
di “Provincia della
Concezione”, che è
sinonimo di “Conchia”
-conchiglia- e “sin
mancilla” -senza
macchia-, cioè,
“Immacolata”. Il
Paradiso perduto… e
a ricuperare, amico
Max! E finisco:
Se attraverso di
una bandiera possiamo fare riconoscere -spero-
a alcune regioni dell’Italia la sua figliazione
ispanica, attraverso la coppa della Sirena, con il
latte della creazione, o galaktos, possiamo
aprire la porta alla casa paterna a una buona
lista di paesi: Gales, Galia, Angalaterra >
Inglaterra, Portugalia > Portugal, la Gallacia
ungherese, Bizkaya, Senegal, Angala > Angola,
senza dimenticare l’Angaluzia > Andalucía né,
naturalmente, alla madre di tutte, la Angallazia
> Gallacia santanderina.
E a te, lettore paziente, che sei arrivato a
questo punto, nemmeno insinuerò, perché già
glielo immagini, che non soltanto
quelle bianchi-azzurri, ma tutte le
Immacolate, da rosso o viola, da
verde o giallo, con Bambino o senza
di Lui…, dal cuore del Lazio o
dell’ispana Argentina -lo sappia Sua
Santità-, tutte sono spagnole.
Vaya, en fin, un asombroso
regalito para Max, directamente
de parte de Jorge María:
La isla de la Atlántida,
llamada también Asteria, se
extendía paralela a los Picos de
Europa, desde la altura de San
Vicente de Labarzera -primera
capital de Asturias- hasta un
punto entre las poblaciones de
Llanes y Ribadesella. Pues bien:
Dicha isla, que fue la primera patria de los
españoles y de sus descendientes -entre ellos
los suizos-, fue idealizada como la “Inmaculada
Concepción”. Esto se sabe por un documento
antiguo conservado en San Vicente de
Labarzera, que relaciona esta población con
una provincia de la que
nadie ha oído hablar
jamás y a la que da el
nombre de “Provincia
de la Concepción”, que
es sinónimo de
“Concha” y “sin
mancilla”, o sea,
“Inmaculada”. ¡El
Paraíso perdido… y a
recuperar, amigo Max!
Y termino:
Si a través de una bandera podemos
hacer reconocer -espero- a algunas regiones de
Italia su filiación hispana, a través de la copa de
la Sirena, con la leche de la creación, o
galaktos, podemos abrir la puerta a la casa
paterna a una buena lista de países: Gales,
Galia, Angalaterra > Inglaterra, Portugalia >
Portugal, la Gallacia húngara, Bizkaya, Senegal,
Angala > Angola, sin olvidar a Angaluzia >
Andalucía ni, por supuesto, a la madre de
todas, la Angallazia > Gallacia santanderina.
Y a ti, lector paciente, que has llegado a
este punto, ni siquiera te insinuaré, porque ya
te lo imaginas, que no ya las
blanquiazules, sino todas las
Inmaculadas, de rojo o violeta, de
verde o amarillo, con Niño o sin
Él…, del corazón del Lacio o de la
hispana Argentina -sépalo Su
Santidad-, todas son españolas.