L''illusione della liberta

263
L'ILLUSIONE DELLA LIBERTÀ Mirco Mariucci 1 di 263

Transcript of L''illusione della liberta

L'ILLUSIONEDELLA

LIBERTÀ

Mirco Mariucci1 di 263

Quarta di copertina

L'illusione della libertà è una raccolta di saggi di caratteresocio-economico che sono stati pubblicati all'interno del blogUtopia Razionale e hanno riscosso un grande successo.

Il tema principale è la libertà negata all'umanità a causa delleassurde dinamiche inerenti al lavoro.

Lo scopo è di stimolare i lettori a ripensare la società, in modotale che il mondo possa trasformarsi in un luogo più sensatodove vivere la vita.

E per far questo l'autore suggerisce di cominciare da una nuovavisione del lavoro concepita a misura di essere umano.

Mirco Mariucci (1987) è un libero pensatore italiano, autoredel blog Utopia Razionale.

2 di 263

Dedicato a tutti quelli che a forza di lavorare non dispongonopiù del tempo necessario per vivere;

ma anche a coloro che ritengono di non avere più un futuroperché sono rimasti senza lavoro;

nella speranza che i primi comprendano l'importanza deltempo della vita, mentre i secondi non si lascino trascinare nelvortice della disperazione,

affinché ciascuno di essi possa ritrovare la lucidità e ilcoraggio per superare la follia sociale indotta dalle odiernelogiche del mondo del lavoro.

L'autoreMirco Mariucci

3 di 263

INDICE GENERALE

PREFAZIONE..............................................................................................5INTRODUZIONE........................................................................................6

L'incredibile messaggio per coloro che pensano di essere liberi........7ASPETTI SOCIO-ECONOMICI.............................................................23

Il fallimento di una vita "normale"....................................................24L'esigenza di restituire il giusto valore al tempo della vita...............35Le ferie e l'illusione della libertà.........................................................47L'ipocrisia del culto dei morti in un mondo che non rispetta i vivi. 55Essere o avere? Il valore delle cose e degli esseri umani...................59L'iper-consumo e le indesiderabili conseguenze per la società.........67Il falso mito della crescita.....................................................................77La crescita: una soluzione che non ci salverà.....................................88Le menzogne del potere sulla decrescita.............................................96Le menzogne del potere sul denaro...................................................106Il lavoro come mezzo di controllo sociale..........................................115La follia delle fontane pubbliche a pagamento.................................119Il profitto è il cancro della nostra società.........................................122Le spiacevoli conseguenze delle società basate sul merito..............128

PROPOSTE E SOLUZIONI...................................................................135L'eterna lotta tra sfruttati e sfruttatori............................................136Possiamo porre fine allo sfruttamento dell'uomo sull'uomo?........143Lavorare meno lavorare tutti mantenendo gli stipendi invariati...154I robot ci ruberanno il lavoro? Era ora!...........................................166Sulla proprietà dei mezzi di produzione...........................................179Il reddito d'esistenza e le conseguenze per l'umanità......................187Il libero pensiero salverà l'umanità?.................................................196La rivoluzione comincia da te!...........................................................206

CONCLUSIONI.......................................................................................220Riflessioni per una Nuova Società a misura di essere umano.........221

APPENDICE.............................................................................................243Automazione, disoccupazione, abbondanza e libertà......................244

BIBLIOGRAFIA - SITOGRAFIA..........................................................261

4 di 263

PREFAZIONE

Il saggio L'illusione della libertà è stato interamente auto-prodotto e auto-pubblicato.

Il testo può essere diffuso liberamente, in parte o nella suatotalità, citando la fonte, senza essere modificato né venduto.

La versione in formato pdf dell'opera può essere scaricatagratuitamente al seguente indirizzo:

http://utopiarazionale.blogspot.it/

Costacciaro,17 Gennaio 2016

L'autoreMirco Mariucci

5 di 263

INTRODUZIONE

Siamo fermamente convinti di avere la libertà d'espressione, distampa e di culto, il libero mercato, le frontiere libere, la libertàdi poter scegliere il percorso di studio preferito e di cercare, oinventare, liberamente il nostro lavoro.

La parola libertà riecheggia quotidianamente nelle case deilavoratori assopiti davanti alla Tv, insinuandosi perfino nellementi malinformate di chi legge gli articoli scritti daipennivendoli asserviti al potere.

Ma che strano: perché tutta questa necessità di rimarcare ilconcetto di libertà?

Se vivessimo realmente in condizioni di libertà che bisogno cisarebbe di sottolinearlo continuamente?

Siamo davvero così liberi come ci dicono o forse ci stiamosoltanto illudendo di esserlo?

Per cercare di rispondere a queste domande, vorrei raccontarvila storia di un normale essere umano che visse per tutta la vitacredendo di essere libero.

Una storia che riguarda da vicino un po' tutti noi...

6 di 263

L'incredibile messaggio per coloro che pensano diessere liberi

Salve, io sono un essere umano e so di essere libero, propriocome voi che state leggendo questa storia! Come faccio aesserne certo? Oh, è molto semplice: basta ripercorrere le tappefondamentali della mia vita, o meglio, della nostra vita...

La libertà permea così a fondo l'esistenza da manifestarsi sindal preciso istante nel quale veniamo al mondo.

Nostro padre è talmente libero da non riuscire a trovare iltempo necessario per veder nascere suo/a figlio/a. No, non èuna scusa! Vorrebbe essere proprio lì con noi, ma non puòperché è troppo impegnato con il lavoro.

Tornati a casa dall'ospedale, pochi mesi più tardi, anche nostramadre ci abbandona per molte ore al giorno, perché il congedodi maternità finisce, ed è di nuovo libera di tornare a lavorare.

I papà e le mamme sono talmente poco condizionati dallerispettive attività lavorative, che non possono veder crescere iloro figli se non in modo fugace, sfruttando quei rari momentidi vigore e lucidità recuperati nei giorni festivi.

Quasi sempre, in virtù esclusiva della loro libertà, i nostrigenitori sono costretti a consegnarci a delle apposite strutture:prima gli asili nido e poi gli asili d'infanzia.

Difficilmente un genitore può permettersi il lusso di rimanere acasa, perché con un solo stipendio si è liberi di non riuscire adarrivare a fine mese.

7 di 263

E per fortuna i nostri genitori ce l'avevano un lavoro, stabile esicuro, altrimenti sarebbero stati talmente liberi, che nonavrebbero neppure pensato di metterci al mondo, visto che poinon sarebbero riusciti a sfamarci.

Poco dopo aver iniziato a camminare e a proferire parola,siamo talmente liberi che i nostri genitori ci spediscono diritti ascuola.

E meno male che ci sono i rientri pomeridiani, altrimenti queglistacanovisti dei nostri genitori avrebbero dovuto assoldare inonni, bene che vada, o una baby-sitter.

A scuola siamo talmente liberi di scoprire il mondo e diformare la nostra visione personale, che fin dai primi giorni cicostringono a stare seduti per tutto il tempo, al fine d'inculcarcidelle verità precostituite, avvalendosi di meccanismi traumaticie ricattatori, come le note disciplinari o, peggio, la bocciatura.

Lo fanno a fin di bene, ovviamente! Se non fosse che iprogrammi scolastici sono stabiliti dal Ministerodell'Istruzione, un dicastero fondamentale del governo italiano,al servizio del benessere di tutti gli esseri viventi.

Scusate, mi sono confuso, quello avviene nel mondo dellefiabe! Già, perché nella realtà lo Stato è il più potentestrumento al servizio del capitale. Così, in un'economia capitalistica, i suoi mezzi sarannoliberamente utilizzati per favorire gli interessi di una élite, nondi certo della collettività.

8 di 263

A tal fine, i programmi e i metodi d'insegnamento vengonostabiliti così bene e in modo così libero, che a scuolac'insegnano che non si deve esercitare lo spirito critico, e che sidevono imparare a memoria le presunte verità che l'insegnanteci presenta esattamente come sono, senza discutere, sulla basedi un validissimo principio di autorità.

La logica, la matematica, l'approccio scettico-razionale e quelloscientifico? No, quelle sono cose inutili, ostiche, difficili, cheinteressano solo le menti geniali, che conducono alla pazzia eall'emarginazione sociale.

Nei programmi inseriscono pure qualche ora d'indottrinamentoreligioso, l'IRC, tanto per esser sicuri che i membri delle nuovegenerazioni non imparino mai a pensare, e invece credano inmodo acritico-fideistico a ogni sorta di assurdità.

Ovvio, se non fosse così, il giovane studente, divenuto adulto,potrebbe esercitare il suo spirito critico per rimettere indiscussione il potere, e questo, come tutti sanno, è bene chenon accada in una società dove regna la libertà di asservire ipropri simili esercitando il controllo sociale.

Abbiamo la libertà di culto, eppure siamo così liberi, ma cosìliberi di scegliere la nostra religione, che stranamente quasitutti praticano il medesimo credo dei propri genitori, salvo rareeccezioni.

Siamo talmente liberi che arrivati a 13/14 anni già bisognascegliere un indirizzo per la scuola superiore, senza neancheavere la più pallida idea di che cosa significhi realmente quellascelta per il nostro futuro.

9 di 263

Eppure, ci dicono, è bene che decidiamo liberamente inprospettiva del lavoro che vorremmo fare da grandi.

Siamo talmente liberi che a scuola iniziano a catalogarci e aetichettarci, impartendoci un sapere settorializzato emarchiandoci a vita con delle valutazioni.

Non esiste un corso di studio il cui scopo sia far esprimere ilvero potenziale racchiuso in ogni essere umano, perché chidetiene il potere non ha bisogno che fioriscano simili individui,ma di specifici automi, omologati e non-pensanti, disposti asacrificare la propria esistenza asservendosi liberamente alleloro necessità.

Il capitale pretende che scuola e università sfornino macchineprogrammate per svolgere un preciso ruolo, che devono essereintercambiabili l'una con l'altra, in modo da avere uno scarsovalore commerciale ed essere così maggiormente ricattabili.

Gli studenti non devono capire di essere "umani", vale a direindividui unici e irripetibili, che hanno un valore intrinsecoincommensurabile.

Non devono neanche comprendere il reale valore del tempodella vita, la straordinaria importanza della libertà, e tantomeno il fatto che la complessità dell'esistenza gli riserverà unospettro pressoché infinito di possibilità.

Ma la cosa più importante è che si convincano nella manierapiù assoluta che non possa esistere un'altra realtà, altrimentinon sarebbero più disposti ad accettare in modo libero evolontario le assurdità dell'odierna società.

10 di 263

Dopo 5 ulteriori anni di studi demotivanti, noiosi e forzosi, chefiniscono per allontanare quasi tutti gli studenti dal liberopensiero e dalla vera sete di conoscenza, saremo talmente liberida dover effettuare un'altra gravosa scelta:

andare a lavorare oppure continuare gli studi per poi andare alavorare, sempre in virtù esclusiva della libertà di poterscegliere che cosa fare della nostra vita.

Ovviamente prima d'iniziare a lavorare, sia chiaro, sempre ecomunque in modo volontario, dovremo cercare "il" lavoro chepensiamo di voler fare, che però dopo qualche mese di ricercadiventa un lavoro che vogliamo fare che, dopo un altro po' diattesa, diventa "un" lavoro, che per molti si trasforma in unapprendistato sottopagato, in un tirocinio non retribuito, inun'attività di volontariato o nella disoccupazione.

Iniziamo così a sperare liberamente di poter lavorare aqualsiasi condizione. Qualcuno è perfino eroicamente dispostoa darsi per mare per cercare fortuna in terre lontane.

Ma siamo liberi, quindi, se il lavoro non c'è possiamoinventarcelo, diventando imprenditori di noi stessi!

Esattamente, siamo talmente liberi che le attività che possiamopensare di avviare devono essere necessariamenteremunerative, altrimenti non sarebbero economicamentesostenibili.

Quindi, se per disgrazia ciò che ci piace fare non generaprofitto, l'economia di libero mercato c'impedisce di farne lanostra principale attività di vita.

11 di 263

Pazienza, chiuderemo liberamente i nostri sogni in un cassetto,perché la nostra scelta libera è di lavorare e non di fare ciò chevorremmo fare!

Così, se non possiamo vivere di rendita, né sfruttando gli altri,e siamo anche così sfortunati da non avere abbastanza capitale,o idee adatte, per avviare un'attività che generi profitto,bisognerà, sempre in tutta libertà, mendicare il lavoro da chiinvece di capitale ne possiede perfino in abbondanza, a causadella libertà d'impossessarsi di risorse e beni comuni e diaccumulare in eccesso rispetto alla media, nonostantemoltissimi esseri umani stiano liberamente vivendo in povertàda qualche altra parte del mondo.

Li chiamano imprenditori, datori di lavoro o benefattori, perchéti offrono la possibilità di poter lavorare in cambio dellamaggior parte della tua vita e del frutto del tuo lavoro, che glivengono riconosciuti grazie alla tua volontà di donarglieli.

Dopo mesi di libere ed estenuanti ricerche, finalmenteriusciremo a trovare un lavoro.

Una volta firmato un contratto, con il quale legalizzeremo epuntualizzeremo le modalità del nostro sfruttamento, saremoliberi d'iniziare a lavorare.

Per ringraziati del fatto che con il tuo lavoro manterrai lui e lasua famiglia, consentendogli perfino di vivere nel lusso, ilcapitalista, o chi per lui, sarà libero di sottoporti a ritmi dilavoro disumani, e sarà anche libero di licenziarti, se perdisgrazia ti rifiutassi di svolgere diligentemente le mansioniche ti verranno assegnate.

12 di 263

Tu invece, essendo un lavoratore subordinato, sarai libero diringraziare per la possibilità di essere sfruttato, o di rimaneresenza lavoro, rischiando di diventare povero e finire per strada.

Prima di tutto, però, per meritarti l'assunzione, dovrailiberamente sottoporti a dei ridicoli test psico-attitudinali, comese fossi una cavia da laboratorio.

Perché ci fanno questo? Siccome non c'è posto per tutti, sonocostretti a scegliere il migliore, ovvero quello che dimostra diessere più schiavo degli altri.

Ovviamente quelli che rimangono fuori sono liberi di trovarsiun altro lavoro, ammesso che ci riescano.

Proprio così! Perché in un mondo dove regna la libertà, gliesseri umani non hanno la certezza di trovare un lavorodignitoso che gli permetta di vivere serenamente la vita, no!

In un mondo veramente libero, il lavoro è mal ripartito: invecedi lavorare tutti 4-6 ore, c'è chi lavora 8-12 ore e chi niente;

così gli esseri umani devono competere per farsi assumere,provocando la disperazione degli altri e la propria - illusoria -felicità, che durerà ben poco.

Infatti, chiunque riesce a trovare un lavoro, ben presto siaccorge di essere talmente libero, ma talmente libero, da nonavere più tempo per fare niente al di fuori dell'ambito dellapropria attività lavorativa.

13 di 263

Il lavoro diventa la sua vita e la sua vita diventa il suo lavoro: èquesta la massima espressione di libertà per un lavoratoresubordinato.

Ma come ci ricorda quella scritta in ferro battuto tristementenota: «Il lavoro rende liberi». O forse no?

Di norma, chi lavora è talmente libero, ma talmente libero, chesi comporta come un carcerato temporaneo, che si rinchiudevolontariamente nella propria cella per 8-10 ore al giorno per40 anni, bene che vada.

Che lavorare sia estremamente bello, salutare e divertente è unfatto altrettanto evidente.

Lavorare piace così tanto alle persone che stranamente nonperdono occasione per allontanarsi da esso ogni qual volta sipresenti una festività.

Altri, invece, da quanto sono innamorati del proprio lavoro,inveiscono contro il governo non appena l'età pensionabileviene spostata un po' più in là.

Il lavoratore medio è così motivato, e si reca talmenteliberamente al lavoro il lunedì mattina, che i medici si sonodovuti inventare un nome per una nuova sindrome che, conmolta fantasia, hanno deciso di chiamare "sindrome dellunedì"1.

1 Si tratta di un malessere dovuto al rientro forzoso al lavoro il lunedìmattina. Nota anche come sindrome della domenica è caratterizzata daapatia, ansia, angoscia, insonnia, difficoltà di concentrazione,lacrimazione agli occhi e tensione muscolare. In Italia ne soffrono 6lavoratori su 10.

14 di 263

Quando un lavoratore si ammala, il medico gli prescrive deigiorni di riposo forzosi. Infatti, come tutti sanno, lavorare facosì bene alla salute che per guarire è meglio stargli lontano.

Ma in molti amano talmente tanto il proprio lavoro da chiedereun certificato di malattia anche quando non sono ammalati.

Lavorando, prima o poi, ci si accorge che il ruolo che pensiamodi aver scelto liberamente tra quelli disponibili e rispetto alquale abbiamo avuto la libertà di adattarci, non è statoconcepito per essere bello, piacevole o motivante, ma è statoideato per essere funzionale alla realizzazione del profitto.

Così, pur subendo volontariamente un furto da parte deicapitalisti e nonostante svolgeremo un ruolo incompatibile conla nostra natura umana e il nostro essere, avremo un miserostipendio, con il quale compreremo una bella macchina dausare tutti i giorni per andare a lavorare;

una casa, che utilizzeremo per dormire quando non saremo allavoro; del cibo per mantenerci in vita, in modo tale da poterlavorare in modo efficiente;

dei vestiti firmati, che però resteranno quasi sempre in armadioperché non avremo neanche il tempo per indossarli;

un non ben precisato numero di oggetti, anche inutili e discarsa qualità, acquistati e riacquistati di continuo a seguito dipressanti condizionamenti mentali dovuti alla pubblicità,all'invidia o ad altri meccanismi quali l'obsolescenzaprogrammata2.

2 L'obsolescenza programmata è una strategia volta a definire il ciclo

15 di 263

Già, perché i produttori sono liberi di indurre il bisogno alconsumo e di commercializzare beni appositamente concepitiper deteriorarsi rapidamente, o per guastarsi allo scadere dellagaranzia senza possibilità di essere riparati.

Lavorando saremo liberi e felici di far arricchire i nostribenefattori, coloro che ci hanno concesso la possibilità di farcirubare una parte consistente del tempo della nostra vita e delfrutto del nostro lavoro;

di pagare un mutuo, che ci costringerà "amorevolmente" alavorare per altri 20-30 anni, con somma gioia degli strozzinidella banca verso la quale ci siamo indebitati;

e di alimentare i processi consumistici, che innescheranno ritmidi produzione-consumo sempre più rapidi, in modo da generareun maggior profitto per i capitalisti, oltre che un indesiderabileinquinamento ambientale per l'intera umanità.

Con il nostro libero consumo di prodotti, che si guastano, nonsono riparabili, diventano obsoleti e fuori moda, alimenteremola crescita economica, permettendo così anche ad altri esseriumani di procurasi liberamente la propria condizione diasservimento nei confronti dei detentori dei mezzi diproduzione.

I vestiti alla moda e l'auto nuova, però, aumenteranno laprobabilità d'incontrare il/la compagno/a della vita che, inmodo del tutto libero, e non a causa di consuetudini sociali,

vitale, ovvero la durata, di un prodotto, in modo da renderne la vita utilelimitata a un periodo prefissato. Per approfondire si veda qui:https://it.wikipedia.org/wiki/Obsolescenza_programmata

16 di 263

decideremo di sposare, salvo divorziare altresì liberamentedopo un po' di anni.

Il tutto non prima di aver messo al mondo delle creatureindifese che, a loro volta, saranno liberamente costrette a subirele conseguenze dovute alla stupidità dei propri genitori e alleinevitabili complicazioni di una convivenza forzosa basata sudi un mix illusorio di fedeltà e amore eterni.

Mentre i nostri figli cresceranno, e faremo di tutto affinchéanch'essi ripetano i nostri medesimi errori, la vita andrà avantitra stress e libere privazioni dovute alla mancanza di tempo e/odi denaro, entrambi riconducibili all'attività lavorativa, manonostante tutto andremo avanti imperterriti, sperando di potercontinuare a lavorare fin quando non saremo vecchi.

Fine della storia.

Perché? È semplice: non succederà più niente di significativo.Saremo diventati dei perfetti ingranaggi della macchinaeconomica.

Strapperemo i fogli dal calendario uno dopo l'altro,conducendo giornate sempre più simili, sempre più vuote,sempre più inutili e insensate.

Il resto della nostra vita volerà via un po' come in quel film, nelquale il protagonista ogni mattina si sveglia ed è condannato arivivere la medesima giornata.

Solo che a ogni ripetizione saremo un po' più stanchi, un po'più spenti e un po' più vecchi...

17 di 263

fin quando il capitale, dopo averci sfruttato per 40 anni, cigetterà come dei rifiuti industriali perché non saremo più utiliper generare profitto.

A quel punto saremo effettivamente liberi di smettere dilavorare, percependo addirittura una misera pensione.

Ma avremo 68 anni, o forse più, e molto probabilmenteverseremo in condizioni psico-fisiche indecorose.

Impiegheremo quasi tutto il nostro denaro per acquistare imedicinali che ci faranno sopravvivere altri 10-15 anni, consomma gioia delle multinazionali del farmaco.

Prima di andare liberamente a finire in un ospizio, in un lettod'ospedale o di passare a miglior vita, dovremo decidere checosa fare di quel poco tempo libero che avremo ancora a nostradisposizione;

ma a quel punto ci renderemo conto che lo spettro delle infinitepossibilità, che da giovani si manifestava innanzi ai nostriocchi in tutta la sua magnificenza, la cui vista, però, ci venivasapientemente preclusa dai condizionamenti del sistema, si saràridotto così tanto, ma così tanto, che saremo liberi di scegliereun qualsiasi elemento di un insieme vuoto.

In quel preciso istante, ripercorrendo all'indietro la nostraesistenza, coglieremo l'inganno e realizzeremo di non avervissuto un sol giorno in condizione di libertà, ma di esserciillusi quotidianamente, tra una costrizione e l'altra, di essereliberi.

18 di 263

Il tempo a nostra disposizione sarà svanito, così come le nostreforze e non avremo vissuto neanche da vivi.

A quel punto non ci resterà che aggrapparci alla magraconsolazione derivante da un'altra illusione: quella di una vitamigliore nell'aldilà.

Inspiegabilmente lo Spirito del Tempo s'introdurrà nella nostramente e comprenderemo una sconvolgente verità:

Perché dall'infinito spettro delle possibilità che ci prospetta lacomplessità dell'esistenza, ci riduciamo a scegliere tra unamanciata di ruoli preconfezionati, che poi speriamo di svolgereper tutta la vita?

È la società che interferisce e modella i nostri comportamenti,le nostre credenze, le nostre scelte, quello che pensiamo siagiusto o sbagliato, il vero o il falso.

Non siamo veramente liberi fin tanto che non comprendiamoquesta verità, piuttosto ci convinciamo di esserlo.

Siamo certamente liberi di scegliere tra chi deciderà se sarà omeno il caso di sfruttarci; siamo liberi di comportarci secondoi dettami imposti dal sistema, ma quando proviamo a usciredagli schemi veniamo immediatamente emarginati, presi perpazzi e rischiamo di finire in povertà.

Siamo al tempo stesso guardie e prigionieri, che giudicano glialtri senza pensare alla follia della propria condizioneesistenziale.

19 di 263

Non costruiamo la nostra strada, percorriamo una di quellegià realizzate dal sistema.

La complessità di un essere umano è straordinaria, le suepotenzialità sono sterminate e noi, che cosa diventiamo? Unacommessa, un operaio, un'impiegata, un meccanico, unagiornalista, un avvocato...

Sacrifichiamo 8-12 ore al giorno per il lavoro e così non ciresta più tempo per vivere.

Le giornate si appiattiscono, diventando indistinguibili l'unadall'altra, perché non abbiamo modo di esprimere la nostraunicità.

É il capitale che delinea le scelte della nostra vita, facendocicredere che l'alternativa consista nel morire di fame o nelvivere di auto-produzione, emarginati e derisi dal resto dellasocietà.

Non è così, tutti insieme potremmo agire per ripensare ecostruire un'altra società.

Ci hanno insegnato a credere che la condizione derivante daun lavoro totalizzante e subordinato rappresenti un diritto dainvocare a gran voce per conquistare indipendenza e libertà;

ma poi, quando la sperimentiamo, conduciamo una non-esistenza, incastrati tra mille impegni e altrettanticondizionamenti, che sono innanzitutto mentali.

Dopo anni di formazione, propaganda e lavoro, la maggiorparte degli esseri umani non è più neanche in grado di pensare

20 di 263

in modo libero, ma si adatta a schemi e idee già esistenti inmodo acritico-fideistico, figuriamoci se simili individuipossono essere in grado di agire in modo libero!

Per essere liberi, prima di tutto bisogna liberare la mente dadogmi, pregiudizi e condizionamenti, e per farlo l'unica viapraticabile è quella di adottare una forma mentis scettico-razionale, allenandoci a esercitare lo spirito critico e il liberopensiero.

Non saremo liberi fin quando non ricominceremo a pensare,perché se la mente è ridotta in catene allora anche il corponon può che vivere in condizione di privazione della libertà.

Ma ormai saremo vecchi e, purtroppo, anche se avremoimparato la lezione, la nostra opportunità sarà sfumata.

Così, come unico, vero, e autentico atto eroico di un'esistenzaaltrimenti priva di significato, decideremo di raccogliere leultime forze per concepire un breve messaggio da destinare allenuove generazioni dell'intera umanità:

Siete veramente liberi?

State ben attenti, non lasciatevi ingannare!

Non gettate al vento la vostra opportunità.

Chiudete gli occhi e concentratevi. Pensate!

Rimettete in discussione il sistema sociale nel quale vivete; perfarlo, usate la logica e la razionalità.

21 di 263

Cercate di fuggire dai condizionamenti e dalle false necessità,analizzatele e smontatele una a una.

Scacciate i sentimenti di odio, di rancore e d'arrivismo.

Allontanate la sete di fama e di successo.

Ripudiate il potere e l'opulenza.

Capite la follia di sfruttare gli altri e del farsi sfruttare;l'importanza di avere il giusto, il necessario.

Ammettete l'inutilità e la follia della guerra e della violenza.

Allontanate l'ideologia del merito e della competizione.

Riconoscete la superiorità della cooperazione rispetto allacompetizione.

Aprite il vostro cuore ai sentimenti di amore e di fratellanza.

Pensate a voi stessi e alla natura che vi circonda; guardateagli altri e siate consapevoli di ciò che potreste fare permigliorare l'esistenza di tutti gli esseri viventi.

Concentratevi ancora, e riflettete... prendetevi tutto il tempo dicui avete bisogno... cercate tra le vostre passioni più sincere,tra i vostri reali interessi e domandatevi: che cosa voglio farerealmente?

Bene, ascoltate la vostra voce interiore, quella è la rispostaesatta, mettetela in atto e portate a compimento con pienezzala vostra vita.

22 di 263

ASPETTI SOCIO-ECONOMICI

23 di 263

Il fallimento di una vita "normale"

Siete appena tornati a casa dopo una lunga giornata di lavoro.La vostra macchina è in garage. Fuori sta piovendo. Vi sentitestanchi. Cenate e vi rilassate sul divano davanti alla Tv.

Terminate così la vostra routine quotidiana addormentandovinel giro di qualche minuto.

Appartenete a quei "fortunati" che hanno ancora un lavoro.Avete una casa, ma anche un mutuo. L'attività che svolgete ètotalizzante e non vi lascia tempo per vivere.

In questo modo, però, potete permettervi di pagare le tasse, lerate, qualche capo d'abbigliamento alla moda e di concederviuna vacanza comandata nei periodi di ferie.

Impiegate il vostro scarso tempo libero per uscire nei centricommerciali, nei bar o per cenare nei ristoranti.

Probabilmente credete in Dio e nel fatto che il libero mercatoimplichi la libertà dell'essere umano.

Perfetto: avete una vita normale.

Avete mai riflettuto sul concetto di normalità? Che cosasignifica essere "normali"? Perché le persone vivono secondouna certa tipologia di normalità e non un'altra?

Siete realmente voi che state scegliendo come spendere ilvostro prezioso tempo? Ha senso vivere in questo modo?Rende felici gli esseri umani?

24 di 263

La normalità non è una condizione casuale ma il riflesso delleesigenze del sistema nel quale un individuo sperimenta lapropria esistenza.

In un mondo dove predomina il credo della dottrinaneoliberista, risulta "normale" tutto ciò che è utile al capitale.

La società in cui viviamo, con le sue regole e le sue prassi, ciappare normale perché siamo cresciuti al suo interno.

Ma se avessimo avuto la possibilità di crescere in un'altrasocietà, quella attuale ci sembrerebbe del tutto folle, anche sein effetti, soffermandoci a pensare, bisogna ammettere che ciapparirebbe folle perché in fondo lo è.

Oggi la maggior parte dei lavori non vengono scelti dailavoratori in modo volontario, ma è il sistema che costringe asvolgere determinate mansioni e a subordinarsi nei confronti dialtri esseri umani, per mezzo di un potente ricatto economico ed'incessanti processi di condizionamento mentale.

Se il capitale per raggiungere i suoi fini ha bisogno di saldaredelle parti metalliche alcuni si specializzeranno nelle saldature,se necessita di software nasceranno i programmatori, se invecedeve realizzare disegni tecnici ecco che si svilupperà la figuradel disegnatore. E così via...

In questo modo i lavoratori si adeguano alle necessità delleaziende, che li condanneranno a svolgere per tutto il giorno lemedesime operazioni fin quando lo riterranno utile eprofittevole.

25 di 263

Interessi e desideri dei lavoratori, così come la salute, passanoin secondo piano nella Società Capitalistica, perché quando ildio è il profitto, l'umanità deve rinnegare bisogni e volontà persottomettersi ai suoi dettami.

Anche i luoghi di ritrovo usuali risultano distorti quandol'intento è di sfruttare la socialità degli individui per ricavarneun profitto.

Non è affatto casuale che invece di riunirsi in un parco, acamminare in un bosco o in riva a un fiume, le personepreferiscano passeggiare in un centro commerciale.

Nel sistema capitalistico gli individui vengono appositamenteindotti a preferire la squallida opulenza dei negozi allosplendore della natura.

Osservando una via affollata, un elevato numero di personeindossa puntualmente il medesimo modello di scarpe, che peròvaria di stagione in stagione e di anno in anno.

Quelle calzature rispecchiano in modo palese la strategia dellamassificazione utile ad accrescere il profitto delle aziende.

Gli stili e le mode sono stabiliti dalle grandi marche e dallagrande distribuzione.

Alcuni non utilizzano più i capi dell'anno precedente, nonperché inefficienti, bensì perché fuori moda.

Se ne deduce che costoro non stanno scegliendo neanche cosaindossare, perché in realtà è il sistema che glielo suggerisce.

26 di 263

Anche i percorsi di studio sono fortemente influenzati dalleesigenze del mercato del lavoro, perché all'interno della SocietàCapitalistica lo scopo della scuola non è di fornire agli studentigli strumenti cognitivi necessari per maturare un sano spiritocritico, né di aiutarli a coltivare e sviluppare le proprie passionipiù autentiche, ma di sfornare lavoratori docili e ubbidienti,disposti a credere alle presunte verità diffuse dal potere, e asubordinarsi spontaneamente per 8-12 ore al giorno, svolgendodiligentemente i ruoli utili al capitale, senza lamentarsi, néavere pretese rivoluzionarie.

E via che ci si iscrive agli indirizzi tecnici e alle facoltàd'ingegneria, che notoriamente consentono di ottenere moltopiù facilmente di altre un contratto di schiavitù legalizzata;

ed ecco che in molti sognano di fare il medico non perpassione, ma per il prestigio sociale e in virtù dell'altaremunerazione assicurata da quella professione.

Altri, improvvisamente, diventano desiderosi di apprendere lelingue orientali, perché credono che in questo modo avrannodelle ottime opportunità lavorative.

Si tratta di palesi distorsioni indotte dal sistema, ovvero scelteche solo raramente scaturiscono da una passione sincera e chetroppo spesso sono il risultato dei condizionamenti sociali.

La maggioranza delle persone risulta fortemente influenzatanella scelta del lavoro, dell'abbigliamento, del corso di studio,dei luoghi di svago e persino nel modo di pensare, perché ilsistema ha il potere di stabilire l'ordine naturale delle cose,quello che per l'appunto in molti chiamano "normalità".

27 di 263

Quegli individui non scelgono come vivere la propria vita, masi arrendono inconsapevolmente a un modello, lasciandositrasportare da quello che gli appare come il fisiologico decorsodegli eventi, ma che in realtà è stato subdolamente delineato esuggerito dai condizionamenti sociali che essi hanno subìto.

In realtà le imposizioni dell'odierna società sono ben evidenti einiziano fin dalla tenera età:

obbedisci, vai alla messa, vai a scuola, vai a lavorare, sposati,fai dei figli, compra una casa, compra una bella macchina, pagail mutuo, paga le tasse, segui la moda, guarda la Tv, leggi igiornali, vai a votare, non lamentarti, non protestare, evita dipensare e soprattutto non dimenticarti mai di ripetere:

«Io sono libero, io sono libero, io sono libero, io sono libero...»

Si potrebbe ritenere ingenuamente che i condizionamenti sianofinalizzati ad assicurare delle buone condizioni di vita perl'umanità.

Purtroppo, però, oggi il sistema socio-economico-culturale noninsegue la libertà, né la felicità o il benessere degli esseriumani, ma è orientato a soddisfare la brama di potere e diprofitto dei membri di una minoranza.

Il sistema ha bisogno d'individui disposti a schiavizzarsi per 8-12 ore al giorno, di consumatori incalliti che vestono alla modae di menti stanche, distratte e assonnate davanti alla Tv.

Il sistema ha bisogno di cervelli non allenati al pensiero critico,che credano nei dogmi religiosi, economici e politici, necessariper ottenere gli obiettivi delle élites.

28 di 263

Il sistema ha bisogno d'individui docili, ubbidienti e incapaci diribellarsi, che vadano a votare chi userà il potere dello Statocontro di loro.

Il sistema ha diffuso un insieme di valori e inscenatoun'esistenza stereotipata sulla base delle esigenze del profitto,suggerendo di tollerare l'ingiustizia dello sfruttamentodell'uomo sull'uomo e del divario sociale, causando unevitabile iper-consumo che a sua volta ha portato a unconsiderevole incremento dell'inquinamento ambientale, oltread aver condannato l'umanità a un iper-lavoro.

La legittimazione dei processi d'accumulazione stratifica lasocietà. Gli individui si dividono in classi, in base al lororeddito o al ruolo sociale.

Non ci sono esseri umani che condividono comparabilicondizioni di benessere e ricchezza, ma sfruttati e sfruttatori,schiavi e schiavisti, parassiti e lavoratori, ricchi e poveri,occupati e disoccupati...

A forza d'inseguire il profitto si è concretizzata una sorta difollia sociale. Ed ecco che per poter accettare un simile destinogli esseri umani devono convincersi del fatto che tutto ciò sia"normale".

A tal fine il sistema insidia le menti con l'istruzione e lapropaganda, distrae e disorienta impedendo di pensare, ancheper mezzo di un lavoro alienante e totalizzante.

Ci si deve convincere che la normalità rappresenti la miglioredelle condizioni possibili, che dev'essere addirittura difesa ericercata, in quanto considerata come una "nobile" aspirazione.

29 di 263

Il sistema spinge gli individui ad ambire all'insignificanzadovuta a una vita "normale".

È così che la massa viene condannata a una routine meccanica,vuota e priva di significato, nella quale viene negato il tempoper vivere la vita e cessano le condizioni necessarie peresprimere l'unicità tipica di ogni individuo non condizionato.

La massima espressione della naturalezza e della spontaneità diun essere umano si può osservare nei primi anni dell'esistenzadi ogni bambino, quando il loro stile di vita è ancora puro,perché non ha ricevuto stimoli sufficienti a snaturarlo erenderlo normalizzato.

Il bambino è gioioso, iperattivo, curioso, esplorativo, creativo,non ha paura, è libero, la sua casa è il mondo...

se per caso queste caratteristiche venissero mantenute integreanche in età adulta, gli esseri umani minerebbero dallefondamenta l'odierno sistema sociale, che sfrutta, opprime eannulla gli individui, trasformandoli in semplici ingranaggiappositamente forgiati per soddisfare al meglio le necessità delcapitale.

Per mantenere la sua stabilità il sistema non può permettere chefioriscano esseri umani gioiosi, energici e vitali, né testepensanti, critiche, scettiche e razionali, ancor meno menticreative, originali e stravaganti, né individui rivoltosi,disubbidienti e rivoluzionari, che pretendono la libertà per sé eper gli altri:

il sistema ha bisogno di esseri "normali".

30 di 263

Da qui discende la necessità del controllo dei processiformativi e informativi condotto in concomitanza di appositetecniche di condizionamento, note ai più come istruzione,indottrinamento e propaganda.

Quando un individuo cede adattandosi alla normalità, il sistemaha vinto. L'essere umano sperimenta così un fallimento che siriassume con la parola sopravvivere, anziché vivere.

Il doppio ruolo di lavoratore-consumatore che il capitale haideato per la massa, non contribuisce a migliorare l'esistenzadegli individui che lo sperimentano, semmai causasmarrimento e malesseri, sminuendo il senso della vita.

Il bisogno di consumare viene artificialmente creato e indottomediante apposite campagne pubblicitarie e precise strategie dimarketing, che riescono a influenzare gusti e abitudini.

Affinché il consumatore si trasformi in un perfetto strumentoper il profitto deve perennemente vivere nell'insoddisfazione enell'invidia, pensando di poter trovare sollievo acquistandoancora, ancora e ancora di più.

Ma il consumismo non riuscirà mai a colmare le profondità diun'esistenza svuotata di significato, perché in realtà gli esseriumani non hanno bisogno di iper-consumare, mentre inveceavrebbero un forte bisogno di vivere.

La felicità non è una questione di consumo, ma di tempo inabbondanza da vivere in libertà per sviluppare il proprio essereal riparo da ricatti, costrizioni e povertà.

31 di 263

Oggi invece gli individui dividono il loro inestimabile tempodella vita tra la disperazione dovuta alla disoccupazione el'asservimento del lavoro, quando non sono costretti a cercaredi riparare il fisico o la mente dai danni dovuti a un'attivitàlavorativa che di certo non è concepita per essere salutare.

Il lavoro protratto e forzoso, tipico dell'odierna SocietàCapitalistica, infatti, è da sempre causa di infortuni, stress,depressione, ansia e altre malattie sia fisiche che mentali.

Nella Società Capitalistica le relazioni umane vere e sincere, irapporti disinteressati, il tempo per l'arte, la scienza, il gioco,l'ozio e l'amore, vengono sacrificati per una dimensioneeconomica ipertrofica, che è divenuta totalizzante e che nonriesce a concepire altra meta se non quella d'inseguire ilprofitto, invece che la felicità degli esseri umani.

Ecco che cos'è oggi, in estrema sintesi, la normalità: una massad'individui normalizzati che lavora e consuma senza rimetterein discussione il paradigma dominante, alimentando il sistemache li sfrutta, li opprime e annulla il senso della loro vita.

La normalità è un insieme di costrizioni travestite da falsenecessità sociali utili al profitto, ma non di certo agli esseriumani.

La normalità è ciò che consente a chi detiene il potere diottenere i suoi fini, sacrificando le esistenze degli altri membridella società.

Mentre l'inestimabile tempo della vita, la libertà e perfino lasostenibilità ambientale, vengono sacrificati in nome della

32 di 263

ricchezza di una élite, miliardi d'individui vedono sfumare lapossibilità di condurre un'esistenza di felicità.

Cedere ai condizionamenti e adattarsi alla normalità, invece diribellarsi, opporsi, disubbidire e impegnarsi per cercare diideare e costruire una società migliore, è esattamente quelloche il sistema vuole che la massa faccia, perché in questo modociascun individuo contribuirà a mantenere in essere l'ordinedelle cose mediante l'esercizio della propria normalità.

Chi accetta di essere sfruttato dal capitale e invita gli altri aseguire il suo esempio, invece di cercare di superare quellamisera condizione affinché non avvenga più né per sé, né pergli altri, deve essere anche consapevole del fatto che stagettando le basi per lo sfruttamento della propria generazione edi quella che verrà.

Per superare le imposizioni e le ingiustizie, e liberarsi dallecostrizioni che ancora oggi caratterizzano le vite di miliardi diesseri umani, creando così le condizioni necessarie perrealizzare una Nuova Società, la massa deve fuggire dallanormalità, cercando di esprimere la propria unicità.

Le più grandi menti, gli artisti più talentuosi e i più formidabiliatleti di tutti i tempi, sono da sempre stati tutt'altro cheindividui normali.

La normalità dettata dal sistema stermina le capacità,impedendo agli individui di realizzarsi sprigionando lepotenzialità racchiuse nel loro essere.

L'avere una vita normale rappresenta una meta subdolamentesuggerita dal sistema, perpetrata con il preciso scopo di

33 di 263

relegare alla massa specifiche funzionalità, riducendola incondizione di asservimento e privazione di libertà. Un processodeleterio e limitante, che a cascata condanna l'intera umanità.

Per riappropriarsi del tempo necessario alla vita è doverososottrarre terreno a quella normalità economica che oggi èdivenuta totalizzante, per restituire spazio alla creatività, algioco, ai sentimenti e all'ozio.

Per fuggire dalla trappola che attanaglia l'umanità, è necessariospezzare la normalità della forma mentis fideistica, iniziando aesercitare lo scetticismo e la razionalità;

studiare, informarsi e criticare in modo costruttivo ledinamiche sociali, al fine di smontare pezzo dopo pezzo tutti idogmi e i luoghi comuni utili al sistema ma non all'umanità.

Superando quella normalità fatta di egoismo e di ricerca delprofitto, gli esseri umani potrebbero iniziare a cooperare percostruire un sistema sociale nel quale "normalità" significhiessere liberi di esprimere la propria unicità, senza piùcondizionamenti e false necessità, che riducono gli individui ameri schiavi al servizio delle esigenze del sistema economico edi una élite sfruttatrice e parassitaria.

La strada della rinascita dell'umanità passa per il rifiuto dellanormalità.

34 di 263

L'esigenza di restituire il giusto valore al tempodella vita

Ogni essere vivente possiede una certa quantità di un benescarso per eccellenza, che potremmo senza alcun dubbioannoverare tra i più preziosi in assoluto.

Si tratta di una dimensione in grado di contrarsi e dilatarsi, mache pur sempre resterà finita per ogni essere umano.

Potremmo anche cercare d'intenderla come una variabilefondamentale per la nostra percezione della realtà, che puòscorrere via veloce ma che può anche rallentare.

Si può spendere, ma non si può acquistare, ed è sempreaccompagnata da un'intrinseca incertezza sulla sua futuradisponibilità: si tratta del tempo della vita.

Alcuni affermano che il tempo sia denaro, eppure io non riescoa togliermi dalla mente che prima di tutto per un essere umanoil tempo significhi vivere.

Bisogna porre molta attenzione su questo aspetto, perchéchiunque tenti di fondare una società senza attribuire al tempoil giusto significato, rischia di commettere dei grossolani errori,che si ripercuoteranno inevitabilmente sulla qualitàdell'esistenza degli individui.

Nell'attuale società, per poter sopravvivere, si deve svolgere unlavoro al fine di procurarsi uno stipendio, ma ogni ora destinataa un'attività lavorativa corrisponde anche a un'ora d'esistenzaconsumata, che nessuno potrà restituirci.

35 di 263

Comprendiamo così che il salario assume un significato dualecome valore del lavoro svolto e valore del tempo della vita.

Il fatto che in Italia lo stipendio medio sia di 1.330 € al mese3,equivale ad affermare che la vita d'un essere umano valeesattamente 8,31 € all'ora, perlomeno se si tratta di un operaio.

Il compenso, infatti, può salire fino a quota 2.077,00 € all'ora,nel caso di manager e amministratori, con un eclatante eingiustificabile rapporto di 1 a 250.

Un valore che può salire ancora più su per alcuni milionari,sottolineando che all'interno dell'attuale società il valoredell'esistenza in termini monetari non è uguale per tutti, tant'èche si potrebbe orwellianamente affermare che gli esseri umanisono tutti uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri.

E nel mondo c'è chi sta decisamente peggio degli italiani,anche se non per molto, a causa della crisi economicascientemente attuata e strumentalizzata per far diminuire salarie diritti dei lavoratori, oltre che per realizzare dei grandi affariprivatizzando i settori pubblici.

Lo stipendio medio in Polonia è di 630 € al mese4, in Serbia siguadagnano 414 €, anche se i dipendenti dell'azienda Fiat-

3 Repubblica: "Lo stipendio medio italiano a 1.327 euro. Quasi sette milioni sotto mille euro al mese", 13 settembre 2014 http://www.repubblica.it/economia/2014/09/13/news/stipendio_medio_italiani-95640424/

4 Quipoloniaeitalia: "Quanto costa la vita in Polonia", 22 settembre 2013 https://quipoloniaeitalia.wordpress.com/2013/09/22/quanto-costa-la-vita-in-polonia/

36 di 263

Serbia percepiscono una retribuzione di 300 € al mese per 12ore di lavoro al giorno5;

lo stipendio mensile di un operaio Foxconn, l'azienda cheproduce gli iPhone per i ricchi, è di circa 200 € con turni dilavoro estenuanti6.

Ciò significa che la vita di un operaio polacco vale in media3,94 €/h, quella di uno serbo 2,59 €/h, mentre quella deidipendenti della Foxconn 1,25 €/h7.

Il tempo relativo a un'ora di vita si avvicina al suo reale valoresolo per una sparuta minoranza, una élite, mentre per lamaggioranza della popolazione tende a essere prossimo allozero.

Ma come si può anche solo pensare di far corrispondere altempo della vita un così infimo equivalente monetario?

L'assegnazione di un valore per la cessione di una quota dellapropria esistenza rappresenta una delle aberrazioni che possono

5 Libero Quotidiano: "Trecento euro per dodici ore di lavoro. Operaioserbo della Fiat si ribella. Incide sulle 500: "Italiani andate via"", 28maggio 2013http://www.liberoquotidiano.it/news/lavoro/1250891/Trecento-euro-per-dodici-ore-di-lavoro--Operai-serbo-della-Fiat-si-ribella--Incide-sulle-500---Italiani-andate-via---.html

6 Tempi.it : La Foxconn in Cina aumenta gli stipendi? Solo in teoria e nonper merito dei giornali, 22 febbraio 2012,http://www.tempi.it/la-foxconn-cina-aumenta-gli-stipendi-solo-teoria-e-non-merito-dei-giornali#.VlXpGnYvdeh

7 Calcoli effettuati supponendo un orario di lavoro pari a 8h al dì, su 5 giorni alla settimana per 4 settimane.

37 di 263

scaturire da un'errata interpretazione del significato del tempoesistenziale, che si concretizza all'interno di una società deditaal profitto, dove tutto diventa merce, persino gli esseri umanicon il loro inestimabile tempo della vita.

Anche la tipica equazione tempo uguale denaro è un chiaroriflesso delle esigenze di un mondo malato di profitto, dove gliindividui hanno ceduto la propria dimensione umana per quellaeconomica.

Dal fatto che un'ora di vita trascorsa lavorando equivale anchea un'ora di vita vissuta per tutti, deriva un'altra importanteriflessione: se ammettiamo che tutti gli esseri umani, in quantotali, sono simili fra loro, per quale motivo un'ora di vita spesada uno di essi dovrebbe essere retribuita in modo maggiorerispetto a quella di un altro?

Se i mestieri esistono in quanto effettivamente utili alla societàe un'ora di lavoro equivale a un'ora di vita spesa,indipendentemente dalla mansione svolta e dalle intrinsechecapacità dei singoli individui, non c'è motivo per cui unaprofessione debba essere meglio o peggio retribuita rispettoalle altre.

Perché mai qualcuno dovrebbe avere il diritto di potersperimentare condizioni di agio superiori rispetto ai proprisimili?

È il tempo della vita che dovrebbe essere retribuito, non illavoro svolto in quel lasso di tempo, e si dà il caso che il tempodella vita speso in un'ora di lavoro rappresenti un'ora di vitaconsumata per tutti, il che pone i lavoratori sullo stesso piano.

38 di 263

Se lo scopo è fare in modo che gli esseri umani vivanonell'uguaglianza, le retribuzioni orarie dovrebbero essereidentiche, e dovrebbero anche essere sufficientemente elevateda consentire di vivere in condizione di benessere, aprescindere dalla mansione svolta e dalle intrinseche capacitàdi ciascun individuo.

Un lavoro non dovrebbe essere scelto perché consente diguadagnare una cifra maggiore rispetto a un altro, ma perché sinutre una passione vera e autentica nei suoi confronti.

A giudicare dalle retribuzioni elargite ai lavoratori, che comeabbiamo compreso poc'anzi prezzano il tempo della loro vita,l'insieme dei subordinati non sembra essere composto da esseriumani, piuttosto appare simile a un agglomerato di macchine,la cui esistenza, da meri oggetti esanimi, è effettivamente privadi valore e quindi legittimamente sacrificabile.

Peccato, però, che quei lavoratori non siano delle macchine, madegli esseri pensanti, in grado di provare sentimenti edemozioni, nonostante l'insignificante valore esistenziale a essiattribuito tenda ad affermare il contrario, assimilandoli a delleautomazioni.

Al contrario, chiunque riuscisse a comprendere che quell'ora dilavoro umano corrisponde a una frazione finita di un bene chein realtà ha un un valore inestimabile, potrebbe facilmenteintuire che non esiste alcun compenso ammissibile per lacessione del tempo della vita.

Adottando questa nuova ottica, il tempo esistenziale sitrasforma in un bene così prezioso che non può essere sprecato.

39 di 263

A maggior ragione se si tratta d'impiegarlo per ridursi inschiavitù nei confronti di qualche sfruttatore parassitariooppure, più in generale, per svolgere azioni che non sianodettate dalla propria volontà.

Al contrario, quando l'esistenza assume un valore monetariofinito tendente allo zero può sembrare sacrificabile.

Il capitale trova così la legittimazione necessaria affinché lamassa venga asservita alle sue necessità, in virtù di un'erratavalutazione sulla scala dei valori umani, secondo la quale ilprofitto prevarica perfino la salute e la felicità.

Eppure è evidente che vivere non dovrebbe significareassecondare le dinamiche utili a generare profitto, riducendogran parte degli esseri umani al livello di un'automazione.

Ogni individuo dovrebbe sperimentare la propria, unica,esistenza all'interno di una società che sia in grado digarantirgli il massimo del tempo libero possibile per svolgeretutte quelle attività che lo rendono felice, senza che questeultime interferiscano con la felicità degli altri.

Perché il senso della vita, ammesso che ci sia, non può cheessere scoperto cercando di esprimere il proprio essere incondizione di libertà.

Attualmente, invece, le attività che monopolizzano le giornatedegli esseri umani sono senza alcuna ombra di dubbio quelleinerenti la sfera economico-lavorativa.

40 di 263

Se il lavoro non c'è, ci si deve dannare lo spirito per trovarlo, equando c'è, si devono sacrificare 10-12 ore al giorno per esso,includendo spostamenti e pausa pranzo.

Ma lavorare forzosamente non significa di certo vivere la vita.

Servire il sistema sotto la spinta coercitiva di un ricattoeconomico e d'incessanti condizionamenti sociali, corrispondeall'annullamento del senso dell'esistenza, oltre che a una chiaraforma di violenza.

Obbligare le persone a dedicare la maggior parte del lorotempo alle attività lavorative non può essere considerata unaforma di libertà, ma la sua negazione.

In una società a misura d'essere umano gli individuidovrebbero avere modo di poter lavorare per vivere, senzadover vivere per lavorare.

La vita è troppo breve per essere sprecata facendo cose controla propria volontà. E invece, oggi, per la stragrandemaggioranza degli esseri umani il lavoro non è una questionedi volontà, ma una costrizione.

Il lavoro è un obbligo travestito da necessità sociale, checostringe le persone a lavorare per un orario eccessivo,svolgendo mansioni ripetitive, alienanti e logoranti.

Non tutti i lavoratori possono scegliere il proprio lavoro, i più,pur di sopravvivere, si adattano a ciò che il sistema gli mette adisposizione; la qual cosa si traduce in una palese e gravosaforma di violenza.

41 di 263

L'attività lavorativa ruba tempo ed energie psicofisiche che nonvengono impiegate per vivere la vita, ma per inseguire i fini diprofitto di qualche sfruttatore.

Le azioni necessarie al capitale non collimano con le vereesigenze dell'esistenza di un essere umano, né tanto meno sonostate concepite per essere piacevoli o per contribuire albenessere psicofisico dei lavoratori.

Rinchiudersi quotidianamente all'interno di un ufficio persmaltire futili scartoffie burocratiche, equivale a unacarcerazione temporanea, con l'ulteriore aggravio di svolgereforzosamente mansioni indesiderabili.

La stessa cosa sussiste per un qualsiasi operaio di una catena dimontaggio, ma anche per un architetto o per un progettista,perché svolgere forzosamente un'attività per 8-10 ore al giornoper 40 anni della propria esistenza, al fine di potersopravvivere, rappresenta di per sé una vera e propria torturaper ogni essere umano.

Una lunga giornata di lavoro assorbe vitalità e vigore fisico, ecosì un lavoratore non solo non ha più tempo, ma neanchevolontà e forza necessarie per dedicarsi ai propri interessi, allerelazioni umane o a tutto ciò che potrebbe contribuirerealmente a renderlo felice.

Lavorare per tutto il giorno significa non avere tempo per vedercrescere i propri figli, che devono essere parcheggiati a scuola,e ancor prima negli asili.

La follia dell'odierna società diviene del tutto evidente quandosi osserva come l'azione più naturale che ci sia, ovvero mettere

42 di 263

al mondo e crescere dei figli, si sia improvvisamentetrasformata in un "problema", perché si deve lavorare, e quindinon si ha tempo da dedicare a una eventuale famiglia, oppureperché non si ha denaro a sufficienza per poter assicurareun'esistenza dignitosa ai propri figli.

Per avere denaro a sufficienza, entrambi i genitori dovrebberolavorare, ma in questo modo, pur potendosi permettere diprocreare - economicamente parlando - non disporrebberocomunque del tempo necessario per poter crescereadeguatamente i propri bambini partecipando alla loro vitalità.

Le odierne attività lavorative stravolgono i ritmi naturali, chenon riflettono più le esigenze di salute e le caratteristiche delsingolo, ma devono adeguarsi a quelle richieste dalla propriaattività lavorativa.

Non ci si può svegliare quando il corpo sente di non aver piùbisogno di riposare, si deve far suonare una sveglia.

Se ci si sente stanchi e annoiati, non ci si può distrarre nécoricarsi per recuperare le energie, perché si deve continuare alavorare fino al termine dell'orario di lavoro.

Anche il tempo del divertimento subisce una distorsione,perché così come ci sono giorni nei quali si deve lavorare, vene sono altri nei quali si è obbligati a divertirsi.

Ma non ci si riesce a divertire quando il divertimento ècomandato, e per giunta si è anche stanchi a causa di una durasettimana di lavoro.

43 di 263

Così si ricorre facilmente all'alcol e alle droghe, per indurre ildivertimento su richiesta: una prassi assai dannosa, che invecedi migliorare la propria condizione esistenziale la peggiorerà.

Sacrificando la propria esistenza per il lavoro, la vita scorreveloce, tra rinunce e costrizioni, e quando finalmente arriva lapensione, l'essere umano realizza che è troppo tardi per viverela vita, perché deve dedicarsi a rimediare ai danni dovuti a unaesistenza fatta di lavoro; un'operazione, peraltro, quasi sempreimpossibile da fare.

Questo tipo di lavoro eccessivo, coatto, irrispettoso dei ritminaturali e personali, non può che sfociare in stress, depressionie malattie. Qualunque attività svolta per un elevato numero di ore permolti anni induce inevitabilmente ripercussioni psico-fisichenegative sull'essere umano, soprattutto quando viene compiutacontro la propria volontà.

Eppure, il massimo ideale che l'impostazione economicacapitalistica è riuscita a concepire per la società, è fatto diesseri umani che gettano via la propria esistenza svolgendoforzosamente mansioni ripetitive, logoranti e alienanti, al finedi curare gli interessi di una élite.

Senza contare che chi non riesce ad annullare la propriaesistenza con il lavoro rischia di sperimentare fame e miseria, eche queste dinamiche volte al profitto sfociano nella follia dellaguerra e in un eclatante disastro ambientale.

Si tratta di una visione della società che solo un malato dimente avrebbe il coraggio di prospettare all'umanità.

44 di 263

E invece tutto ciò è esattamente il destino che oggi, grazie a unmix micidiale d'indifferenza e accettazione generalizzata, ilsistema economico a stampo capitalistico ha messo in serbo permiliardi di esseri umani.

Un modello deleterio, che asserve i molti a vantaggio dei pochima a danno di tutti, e che vuole essere esteso all'intera umanità.

Il potere è riuscito a convincere la massa che non esisteun'alternativa, e che deve essere addirittura grata di avere lapossibilità di sacrificare la propria esistenza sull'altare di unlavoro obbligato e totalizzante, barattando un risibile compensomonetario con l'inestimabile valore del tempo della vita.

Per costruire una società a misura d'essere umano è difondamentale importanza che l'attività lavorativa non assumauna forma totalizzante.

Al contrario, è bene che sia minimizzata e che venga legata auna reale e sincera volontà.

Nella giusta ottica, ridurre il lavoro umano significherebbeaumentare la libertà, restituendo tempo all'esistenza, affinché lepersone possano vivere in modo pieno la propria vita.

Miliardi di esseri umani stanno gettando la propria esistenzalavorando per conto d'una élite di personaggi dediti al profitto,quando tutto ciò è chiaramente dannoso ed evitabile.

Si potrebbe costruire una Nuova Società cambiando le logicheeconomiche e quelle del mondo del lavoro, non tra un secolo eneanche tra un decennio, ma oggi, proprio qui, sul pianetaTerra.

45 di 263

A tal fine si potrebbe iniziare a pensare a come minimizzarel'attività lavorativa, rendendo al tempo stesso accessibili beni eservizi di elevata qualità all'intera umanità.

Un simile scopo, che i più ameranno definire con il termine diutopia, in realtà, non è altro che una squisita questione divolontà, grazie all'odierna conoscenza scientifico-tecnologica.

Di certo, condannare gli esseri umani a un destino disopravvivenza dovuto al totale diniego della libertà ottenutomediante l'organizzazione del mondo del lavoro, è un'aberrantefollia sociale figlia dell'inseguimento delle logiche di profitto,non di certo del benessere degli esseri umani;

ma fin quando non comprenderemo fino in fondo l'importanzadi restituire il giusto valore al tempo della vita, non riusciremoneanche a ribellarci a questa ignobile ingiustizia e mancheremoancora l'appuntamento con l'ambizioso obiettivo dellarealizzazione di una società a misura di essere umano.

46 di 263

Le ferie e l'illusione della libertà

Anche quest'anno le ferie sono finite e puntualmente ilavoratori ricominciano a servire i loro padroni.

Solo in pochi vorrebbero rientrare al lavoro, eppure tutti lofanno, nonostante quell'azione sia contraria ai loro più intimidesideri.

Accade come se le persone agissero sotto l'effetto di un potentesortilegio, grazie al quale il sistema riesce a manipolare così afondo il pensiero, da riuscire a convincere la massa che siagiusto e normale sacrificare il tempo della vita per un lavorocaratterizzato da modalità tutt'altro che compatibili con lanatura umana, il cui scopo è ben lungi da svolgere una verafunzione di utilità sociale, in quanto distorto dall'inseguimentodel profitto a cui è subordinato.

La vera funzione del lavoratore dipendente è quella di generareutili per conto di una minoranza d'individui parassitari, chepossono permettersi di vivere nel lusso grazie al sacrificioesistenziale di chi non vede alternative all'ingurgitare ilboccone al veleno della propria schiavitù.

Il come e il perché tutto ciò avvenga passa in secondo pianorispetto agli utili aziendali.

I lavoratori dipendenti non sono liberi, come il sistemavorrebbe fargli credere, e questa tremenda verità si rivela intutta la sua crudeltà al rientro dalle ferie, quando ciascuno diessi realizza in modo ancor più vivido di non essere neanchepadrone del proprio tempo.

47 di 263

In quel preciso istante un malessere esistenziale assale imoderni schiavi a tal punto che, per superare ansia e angoscia,iniziano a ripetere dentro di sé che sono liberi, perché la loro èuna scelta volontaria, cercando di auto-convincersi che siaeffettivamente così.

Tanto gli basta per tornare a essere degli schiavi-felici, che inrealtà sprofondano ogni giorno di più in una routine degnadell'esistenza di uno zombie lobotomizzato.

Tutto ciò per cosa? Per continuare a servire al meglio i proprisfruttatori, invece di reinventarsi la vita, guardando adalternative ben più auspicabili che gli consentirebbero diriappropriarsi della libertà.

Ma non lo faranno, perché temono la libertà.

Si tratta di un chiaro meccanismo di fuga, nel quale gli esseriumani affermano di volere la libertà, ma in realtà ne hanno unagran paura, perché pensano di non essere in grado di sostenerneil peso.

E così si convincono che sacrificare la propria esistenza incambio della sicurezza economica derivante da un lavorototalizzante rappresenti l'unica soluzione, la migliore, anchequando quella scelta li sta allontanando dal raggiungimentodella felicità.

Chi detiene il potere ne è ben consapevole e non perdeoccasione per approfittarne, condannando i più a una non-esistenza.

48 di 263

Le ferie rappresentano l'ennesima prova del fatto che ilavoratori salariati non sono altro che dei moderni schiavi.

Nella Società Capitalistica i datori di lavoro scandiscono i ritmidi vita dei propri subordinati, stabilendo sia quando essidevono lavorare che quando devono riposare,indipendentemente dalla reale volontà dei dipendenti.

Così come un vero schiavo, il lavoratore salariato non si riposaquando è stanco, non resta a casa se non ha voglia di andare allavoro o magari ha di meglio da fare, non si rifiuta di sbrigareun compito che gli è stato assegnato per quanto odioso esso sia,perché la paura di essere licenziato lo pietrifica, rendendolodocile, ubbidiente e servizievole.

Subendo queste costrizioni si creano dei gravosi conflittiinteriori tra ciò che un essere umano vorrebbe realmente fare eciò che invece è costretto a fare a causa degli obblighi derivantidal sistema sociale in cui vive, senza considerare il drammaesistenziale causato da un orario di lavoro eccessivo che nonlascia né spazi, né forze, né lucidità mentale, per vivereappieno la vita.

Di solito la sintesi non è una mediazione equilibrata, comepotrebbe suggerire la ragione, ma una vittoria schiacciantedelle imposizioni del sistema, nella quale il lavoratore ècondannato a reprimere se stesso e la propria volontà.

Questo conflitto irrisolto genera problemi sia fisici chepsicologici, che sfociano in vere e proprie malattie, nevrosi ecomportamenti autolesionisti o socialmente deviati; un aspettodi fondamentale importanza che però viene minimizzato e

49 di 263

sottovalutato, se non del tutto ignorato, perché oggi la priorità èil lavoro, non il benessere dei lavoratori.

Nella Società Capitalistica le reali esigenze di un essere umanopassano in secondo piano rispetto al lavoro, che invece assumeun ruolo centrale, perché il sistema non è finalizzato a generarebenessere, felicità e libertà ma profitto.

Già lo stesso termine "dipendente" sottolinea che la vita deilavoratori dipende dalle esigenze di qualcun altro, vale a diredei datori di lavoro, che li utilizzano come fossero degli oggettie non degli esseri umani.

Ogni anno, però, gli schiavisti concedono ai propri asserviti unbreve periodo di riposo dalla coatta e totalizzante attivitàlavorativa.

In questo breve lasso di tempo, molti lavoratori si mettonofreneticamente in viaggio, non perché ne abbiano una veranecessità o ne nutrano una sincera necessità, ma perché cosìfan tutti.

In quei periodi i luoghi turistici sono sempre affollati, e ilviaggio intrapreso con la speranza di trovare un po' di relax, sitrasforma facilmente in un incubo ancora più stressante dellaquotidianità, dal quale si torna a casa più stanchi e stravolti diquando si è partiti.

Alcuni affermano di aver bisogno di un periodo di vacanza perrilassarsi, distrarsi ed evadere;

un'affermazione che dovrebbe indurli a riflettereprofondamente, dal momento che nessun essere umano che

50 di 263

sperimenta una quotidianità appagante maturerebbe il desideriodi allontanarsene, neanche per un istante.

Sentire un'irrefrenabile necessità di staccare da tutto e andarelontano nel periodo delle ferie è un chiaro segnale dellasofferenza interiore sperimentata da quell'individuo, che cercadi super-compensare ciò che prova durante tutto il restodell'anno con un gesto plateale ed eclatante, come lo spendereil denaro che ha accantonato con tanta fatica per intraprendereun costoso viaggio dall'altra parte del mondo.

Questi gesti raramente scaturiscono da un bisogno sano esincero, assai più di frequente sono riconducibili a meccanismicompensativi attuati da chi sperimenta il fallimento diun'esistenza condotta nella mediocrità.

Si tratta di un rimedio che purtroppo non risolverà le verecause della sofferenza interiore di quegli individui, che devonoessere ricercate da tutt'altra parte se s'intende risolverle, magarimodificando radicalmente il proprio stile di vita non nelperiodo delle vacanze, ma durante tutto il resto dell'anno.

Per spingere la massa a viaggiare, il sistema sociale diffonde laconvinzione che gli schiavi che non effettuano almeno unviaggio all'anno nel periodo delle ferie siano degli sfigati.

In questo modo il fine non è più compiere il viaggio in sé, madimostrare agli altri di non essere inferiori.

La riprova di questa affermazione la si può trovare nei periodisuccessivi alle vacanze, quando improvvisamente leconversazioni degli schiavi si focalizzano totalmente suirispettivi viaggi, che vengono descritti con termini superlativi,

51 di 263

come se l'aver contribuito egoisticamente a inquinarel'ambiente viaggiando su aerei e navi per andare a visitare deiluoghi verso i quali non nutrono alcun reale interesse, fosse ungesto lodevole del quale vantarsi.

Essi non si rendono conto che non hanno scelto neanche comedisporre del proprio tempo libero, perché ancora una volta sisono conformati alle necessità consumistiche di un sistemamalato di profitto, che ha appositamente stabilito per loro dellemete di viaggio standardizzate con tanto di pacchetti turisticipronti da acquistare.

Del resto è tristemente noto come nella Società Capitalistica lamassa sia omologata e si comporti in modo stereotipato, cioèesattamente come il sistema vuole che faccia, sia nel lavoro chenei modi di consumo, vacanze turistiche incluse.

Coloro che amano veramente viaggiare, e solo per questo sispostano in giro per il mondo, rappresentano una sparutaminoranza, per gli altri fare viaggi consiste in un processomassificante, che si riduce nel dimostrare al resto della societàdi potersi permettere di spendere denaro, in modo tale da nonsentirsi inferiori.

Ma il viaggio più importante, quello che è davvero in grado dicambiare l'esistenza di un essere umano, non si può trovareall'interno di un'agenzia di viaggi e per fortuna non necessitaneanche dell'acquisto di un biglietto. Eppure quasi nessuno èdisposto a compierlo: si tratta del viaggio interiore che conducealla scoperta di se stessi e della propria umanità.

Riflettendo si comprende che un altro degli scopi delmeccanismo delle ferie forzose è quello di rendere i lavoratori

52 di 263

ancora più poveri, inducendoli a spendere quel denaro che contanta fatica sono riusciti a racimolare durante tutto il restodell'anno, così da non poter fare altrimenti che correrenuovamente nelle braccia dei capitalisti a fare gli schiavi.

Eppure, per quanto paradossale, alla stragrande maggioranzadelle persone non piace il proprio lavoro, e quindi non sicapisce per quale motivo s'impegni in modo così ostinato percontinuare a lavorare per tutta la vita, sperperando il propriodenaro anche mediante vizi futili e dannosi, quali il fumo el'alcool, invece di risparmiare per riappropriarsi della libertà.

Il fatto che ai più il proprio lavoro non piaccia, può esserefacilmente dimostrato osservando le dinamiche inerenti le ferie.

Infatti, se lavorare fosse un vero piacere, i lavoratoririfiuterebbero i giorni di riposo, mentre invece non perdonooccasione per starsene lontano dai luoghi di lavoro non appenagliene viene concessa l'opportunità.

Chi si trova bene con ciò che fa non ha bisogno né di giorni diriposo né di vacanze e non vorrebbe allontanarsi maidall'attività verso la quale nutre una passione profonda esincera, cosa che di fatto per il lavoro così non è.

Ma se nei periodi di riposo gli schiavi fuggono dal lavoro,perché il capitale gli concede questa opportunità?

È evidente che il riposo aumenti la produttività in qualchemisura, altrimenti i capitalisti avrebbero usato il loro potere perfare in modo che non fosse possibile riposare.

53 di 263

Le ferie e giorni di riposo nel fine settimana, concedono giustoil tempo di prendere quella boccata d'aria che consente aglischiavi di evitare di affogare.

Ma non si tratta solamente di una questione legata al recuperodella stanchezza fisica e mentale.

Il concedere un periodo di ferie rappresenta una strategia perindurre nei lavoratori la convinzione di possedere la libertà, inmodo tale che questi, al rientro dalle vacanze, sianomaggiormente disposti a sprecare la propria esistenzagenerando profitto per conto di altri individui.

Generalmente, non appena il cancello d'ingresso dell'aziendaviene superato, l'illusione svanisce e si ritorna alla dura realtà.

Per meritarsi un altro breve periodo di libera uscita dal carcerein cui devono sperimentare la quotidianità, gli schiavidovranno lavorare intensamente per un altro lunghissimo anno.

Lo stacco tra la libertà sperimentata nel periodo delle ferie el'obbligo del lavoro è secco, drastico e grave.

Anche in questo caso esiste una vera e propria sindrome che èstata chiamata Sindrome da stress da rientro.

Per alcuni, invece, l'ansia comincia perfino con qualche giornod'anticipo, non appena iniziano a rendersi conto dell'illusionedella loro libertà.

Una libertà che di certo il genere umano non conoscerà, finquando i lavoratori continueranno a consolarsi pensando alprossimo viaggio, invece di agire per cambiare la società.

54 di 263

L'ipocrisia del culto dei morti in un mondo che nonrispetta i vivi

Ci sono due punti fissi che accomunano tutti gli esseri viventi:

il primo è la nascita, che si colloca nelle prime fasidell'esistenza, e il secondo è la morte, posta a conclusione dellaparabola della vita.

Possiamo affermare di essere polvere di stelle che ha acquisitola consapevolezza della propria esistenza per mezzo diun'azione sintropica8, anche se questa stupefacente capacitàdurerà solamente per un lasso di tempo limitato, ovvero finquando la ribellione al disordine che consente la vita cesserà acausa dei colpi letali sferrati dal secondo principio dellatermodinamica.

Con la morte perderemo la coscienza, pur continuando a esserepolvere di stelle, ma l'informazione della nostra esistenza sipropagherà e in particolare il nostro ricordo vivrà, perlomenofin quando altri esseri umani avranno memoria delle nostregesta o del nostro pensiero. Quando gli artisti creano opere d'arte, i pensatori scrivono librie i matematici dimostrano teoremi, è come se ambisseroall'immortalità per mezzo degli esseri umani che avranno mododi vivere sulla Terra.

8 Il concetto di sintropia è un fattore di organizzazione degli elementifisici, ma anche umani e sociali, che si oppone alla tendenza naturale aldisordine, ossia all'entropia. La sintropia pertanto è entropia negativache modifica un sistema da disordinato a ordinato.

55 di 263

Il concetto della morte non induce soltanto una spinta creativaesercitata in virtù della conquista di un surrogatodell'immortalità terrena, ma significa anche dolore e sofferenzaper chi sopravvive alla perdita dei propri cari.

In ogni società si sono sviluppate forme di culto relative allepersone che non ci sono più. Noi occidentali le immaginiamoancora vive, in un certo senso, in una sorta di paradisometafisico e illusorio.

I sentimenti di affetto e amore che contraddistinguono gli esseriumani, uniti alla paura di sparire nel nulla, contribuiscono allamanifestazione di questo fenomeno sociale.

Siamo abituati fin da piccoli a partecipare ai riti funebriorganizzati dagli stregoni della Chiesa Cattolica e dedichiamoun giorno all'anno, il 2 novembre, alla commemorazione deidefunti.

Ci ricordiamo veramente del valore del tempo della vita soloquando esso svanisce. Riconosciamo l'importanza del rispettodella morte, ma tendiamo a ignorare il rispetto della vita.

È questa una delle più grandi ipocrisie della nostra società, chesi ferma per commemorare i morti, dedicandogli addiritturauna festività, quando magari quelle stesse persone da vivevenivano sfruttate giorno dopo giorno all'interno dellefabbriche, ignorate quando avevano bisogno d'affetto o lasciateaffogare nella disperazione dovuta alla disoccupazione e allapovertà.

Pratichiamo il culto dei morti, quando invece avremmo undisperato bisogno di adottare il culto dei vivi.

56 di 263

Bisognerebbe festeggiare la vita ogni giorno, trattando lepersone come meriterebbero dei veri esseri umani quando sonoancora in vita e i gesti nei loro confronti possono assumere unsignificato concreto.

E invece, tra una commemorazione e l'altra, il nostro preziosotempo scorre via veloce e inesorabile, come la sabbia d'unaclessidra.

Sprechiamo la nostra unica esistenza assecondando le esigenzedi un sistema economico malato di profitto, annegando tramille impegni e false preoccupazioni.

Conduciamo una vita meccanica, costretti a svolgere le stesseazioni, giorno dopo giorno, pur di sopravvivere, fin quando lecondizioni di salute non ci permetteranno più di essereproduttivi.

Solo allora saremo liberi di morire, dimenticati da tutti aimargini della società, ma in questo modo la nostra esistenzasarà stata inutile e insignificante.

Ci sono persone che hanno raggiunto i cento anni senza avervissuto un solo giorno, perché non hanno saputo coglierel'occasione della vita.

Per quanto ne sappiamo, abbiamo a disposizione solo questaesistenza; allora l'impegno comune dovrebbe essere di viverlaal meglio, cooperando per realizzare un sistema socio-economico-culturale che assicuri libertà, benessere e felicitàper tutti. E per far questo si potrebbe partire proprio da unanuova concezione del mondo del lavoro.

57 di 263

Invece, che cosa stiamo facendo? Abbiamo realizzato unasocietà che è il riflesso della stupidità, dell'egoismo edell'avidità, alimentando noi stessi quotidianamente imeccanismi di quella che potrebbe essere definita una folliasociale.

Legittimiamo lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo e il concettodi proprietà privata; ignoriamo la fame e la povertà;contribuiamo all'inquinamento ambientale e al malessere deglianimali sfruttandoli, tormentandoli e uccidendoli come se nonsentissero dolore.

Tolleriamo una società che non ci procura benessere, felicità elibertà, ma sfruttamento e sofferenza, e per fuggire da questadura realtà ricorriamo a vizi, abusi e dipendenze, peggiorandoulteriormente la nostra esistenza.

Ci accontentiamo delle magre consolazioni che il potere ciconcede per evitare la ribellione. Alcuni arrivanomasochisticamente a ringraziare i propri sfruttatori, altri lodanoi padroni invece di combatterli.

C'illudiamo dell'esistenza d'un paradiso ultraterreno e di un dioonnipotente in grado di donarci l'immortalità, non ora, ma dopola morte, proprio quando la nostra vita svanirà.

Barattiamo la certezza del tempo della vita su questa Terra conl'illusione d'un benessere ultraterreno, che purtroppo nonarriverà.

Eppure abbiamo già la nostra occasione di condurre unabellissima esistenza, solo che la stiamo sprecando, perché nonabbiamo più neanche il coraggio di ripensare la società.

58 di 263

Essere o avere? Il valore delle cose e degli esseriumani

Camminando per una via affollata, ci si può facilmenteaccorgere di un fatto curioso:

molte persone indossano capi d'abbigliamento sostanzialmenteidentici.

Ripetendo l'esperimento a distanza di qualche mese, ancora unavolta molti dei passanti vestiranno in modo del tutto simile.

Anche l'anno successivo avverrà la stessa identica cosa,sebbene gli indumenti non saranno più quelli dell'annoprecedente, bensì dei modelli differenti.

Eppure è chiaro che la funzione di un paio di scarpe siaesattamente la stessa a distanza di un anno.

Nonostante questa evidenza lapalissiana, molti evitanod'indossare un capo d'abbigliamento comunemente utilizzatol'anno precedente e sono propensi ad acquistare dei nuovimodelli, per quanto i vecchi in loro possesso siano ancora inpiena efficienza.

Di questi individui si dice che seguono la moda.

Nell'attuale società alcuni considerano il vestire alla moda unvalore. Il "saper vestire" aiuta a inserirsi nella società, tant'èche, statisticamente parlando, un buon vestito aumenta laprobabilità di assunzione durante un colloquio di lavoro.

59 di 263

In modo duale, una persona che "non sa vestire", o che nonsegue la moda, tende a essere derisa, emarginata e, in un certosenso, considerata "inferiore" rispetto agli altri, come se il verovalore di un essere umano dipendesse da ciò che indossa.

Un paio di scarpe va di moda perché chi le realizza fa sì che neinegozi, in un determinato periodo, quel modello siapreponderante, non prima di aver pagato qualche celebrità perindossarle durante un evento mondano, o in un film, giusto peril tempo di essere ripresi e fotografati.

Non è una questione di estetica, e men che meno di bellezza.

Chi veste alla moda, in realtà, non sta esprimendo né il suogusto né la propria personalità, ma sta acquistando un'identitàpreconfezionata adattandosi a essa.

In questo modo costoro dimostrano di avere una mente debole,facilmente influenzabile per mezzo della pubblicità e di altriprocessi di condizionamento sociale.

Chi veste alla moda lo fa perché non vuole sentirsi inferiorerispetto ai propri simili che a loro volta stanno già seguendo glistandard stilistici diffusi dal sistema, innescando una sorta diridicola competizione.

Per comprendere fino a che punto chi segue la moda èmanovrato dal sistema, basta osservare con quanta leggerezza efacilità cambi gusti e opinioni.

Lo stesso tipo di scarpette, basse e nere, comunementeutilizzate dalle donne anziane per andare a messa, che fino aqualche tempo fa venivano considerate orribili e ripugnanti da

60 di 263

quasi tutte le ragazze, improvvisamente sono diventate unoggetto irresistibile e affascinante da sfoggiare perfino il sabatosera per frequentare i locali alla moda, ovviamente!

Si pensi per un istante ai prodotti "di marca".

La medesima polo di cotone che ha un valore di mercato dicirca 10 €, improvvisamente quota un prezzo di 70 € quandopresenta una certa stampigliatura.

Ma è del tutto evidente che, a parità di qualità del tessuto, unminuscolo ricamo non può incrementare l'utilità dell'indumentodi per sé, in quanto bene studiato per coprire il corpo, ma trovala sua vera finalità nel generare maggior profitto per produttoree venditore.

Un individuo che veste capi di marca non paga un prezzomaggiore per un prodotto migliore, ma per acquistare uno statosociale;

egli vuole dimostrare d'appartenere a una categoria superiorerispetto alla futile e deprecabile scala dei falsi valori indottidall'attuale società.

Il meccanismo è basato sulla distorsione dei reali bisogni degliesseri umani sperimentati nell'odierno sistema socio-culturale,che induce a pensare che vestire di marca, o acquistare nuovescarpe a ogni stagione solo per stare al passo con la tendenza enonostante le vecchie siano ancora perfettamente funzionali,sia una cosa giusta, bella e lodevole, che fa guadagnare stima,incrementando il presunto valore di una persona.

61 di 263

Il sistema induce a pensare che avere di più sia meglio e chevestire di marca sia altresì fondamentale, perché chi puòspendere di più dimostra di essere più in alto nellastratificazione sociale.

La moda è una folle corsa al consumo creata artificialmente, lecui vele sono sospinte dall'ostentazione, dall'invidia,dall'insoddisfazione e dal senso d'inferiorità.

L'inganno consiste nell'indurre le persone a credere che averedi più le renderà migliori;

l'errore di pensare di essere perché si ha.

Una volta che le necessità di base sono soddisfatte si cominciaa entrare nella sfera del superfluo che è regolata da meccanismid'induzione del bisogno che fanno leva su stati d'animo esentimenti negativi.

Si crea un modello da imitare e si dà in pasto alla massa. Maogni volta che lo standard viene raggiunto cambia: il livelloviene spostato un po' più in là.

Il senso d'inferiorità e l'insoddisfazione ritornano, e così si devespendere di nuovo per adeguarsi ai nuovi parametri fissati dalsistema.

Se un individuo per questioni economiche non può parteciparealla stupidità di questi meccanismi rischia l'emarginazione.

Tutto ciò è chiaramente utile per incrementare i profitti, ma nonla nostra umanità e tanto meno la nostra felicità.

62 di 263

Un individuo che per essere felice crede di aver bisogno di unaborsetta firmata, di un'auto costosa o d'indossare un nuovo paiodi scarpe in ogni stagione, è assai probabile che stia cercandodi super-compensare la miseria della propria condizioneesistenziale.

In questo modo egli dimostra di aver bisogno di attirarel'attenzione su di sé mediante degli oggetti, perché nel suointimo teme che senza di essi non esisterebbe per gli altri.

Se così stanno le cose, egli non esiste comunque, perché il suoessere si riduce solo all'apparire;

quel ch'è peggio è che in questo modo non riuscirà neanche araggiungere la felicità, perché il denaro può comprare tutto,tranne ciò che rende realmente felice un essere umano.

Il «cogito ergo sum» di Cartesio è stato trasformato dalcapitalismo in «possiedo quindi sono»; ma quando unindividuo viene spogliato dei suoi averi che cosa resta del suoessere?

Il valore di un individuo, ciò che esso è realmente, non muta infunzione del vestiario, perché l'essere non coincidere conl'apparire;

tanto meno può mutare in relazione al quantitativo di oggetti dicui si dispone, semmai in funzione della capacità di sapersidonare, senza pretendere nulla in cambio.

L'avere è sintomo di egoismo e di avidità, mentre il saper dareriflette l'altruismo e la generosità.

63 di 263

Un individuo dovrebbe essere apprezzato per le sue realicapacità e per ciò che fa, non per l'aspetto o per quello che puòpermettersi d'indossare, né per i beni che possiede o chepotenzialmente potrebbe acquistare.

Spendere tempo e denaro per comperare oggetti superflui e inmodo superficiale, rappresenta l'ennesima falsa necessitàsociale indotta dal sistema capitalistico.

Se poi, per avere tanto o vestire di marca, si deve lavorare tuttoil giorno, tanto da non avere neanche più il tempo per vivere, ache cosa serviranno quegli oggetti?

Il consumismo, il seguire la moda o il vestire di marca, nonsono vere esigenze dell'umanità ma il riflesso delle necessità dichi intende realizzare profitto.

Bisognerebbe sempre ricordare che quando si acquista un benenon si sta pagando con dei soldi, ma con il tempo della vita cheè stato speso per guadagnare quel denaro, un tempo dal valoreinestimabile, che nessuno ci restituirà;

e che per guadagnare denaro si deve lavorare, che per la massasignifica ridursi in schiavitù mediante la moderna forma dellavoro salariato.

Anche da questo fatto si può comprendere l'importanza diavere il giusto, il necessario, perché è stupido sprecare la vitaper essere degli schiavi.

Il consumismo non crea dei danni solo ai singoli individui, maanche all'intera collettività.

64 di 263

La realizzazione di ogni bene materiale richiede un certoquantitativo di materie prime sottratte alla Terra e utilizzate perqualche finalità;

quella finalità può scaturire da una sana e legittima necessità, odall'induzione di un bisogno dannoso ed evitabile.

In alcuni casi la linea di demarcazione è sottile, in altri invece èdel tutto chiara ed evidente.

Chi consuma irresponsabilmente, più del necessario,contribuisce a incrementare l'inquinamento ambientale e ilconsumo delle risorse non rinnovabili;

inoltre, condanna altri esseri umani a lavorare maggiormenteper produrre oggetti la cui mancata realizzazione non avrebbediminuito il benessere collettivo ma, al contrario, l'avrebbeincrementato.

È necessario iniziare a comprendere il reale valore deglioggetti, oltre a quello degli esseri umani.

Dobbiamo comprendere che ciò che utilizziamo è statoprodotto sacrificando il tempo esistenziale di altri individui, untempo dal valore inestimabile, che quelle persone avrebberopotuto impiegare per vivere la vita in libertà, se non fosserostate costrette a lavorare per soddisfare le ridicole esigenze diiper-consumo indotte da una società malata di profitto.

Quando effettuiamo una scelta di consumo bisogna semprericordare che a ogni oggetto corrisponde un sacrificioesistenziale e anche un costo ambientale.

65 di 263

Perdere di vista queste correlazioni fondamentali significasmarrire la concezione del vero valore di un qualsiasi oggetto,distorcendo l'approccio al consumo.

Quando l'attenzione e le energie si concentrano sui meccanismidell'avere, si rischia di perdere di vista le cose più importantidella vita,

quelle che possono realmente elevare l'esistenza di ogni essereumano, come i sentimenti, le relazioni sociali sincere edisinteressate, l'aiutare gli altri, l'esercizio del libero pensiero,la sete di sapere, la creatività...

Condannarsi a lavorare 8-10 ore al giorno per poter acquistaredei beni da sfoggiare per suscitare l'ammirazione degli altri èquanto di più riduttivo si possa fare con le proprie capacità.

Il segreto per vivere con gioia e pienezza l'esistenza è diricercare, coltivare ed esprimere liberamente il proprio essere,inseguendo sogni e passioni autentiche e sincere, e non di certoquello che ci viene suggerito o imposto dal sistema.

Non si tratta di avere, ma di saper dare in modoincondizionato, né di apparire, ma di essere, esprimendo lapropria unicità.

Ma è soltanto raggiungendo la piena consapevolezza del realevalore delle cose e degli esseri umani, che l'umanità potràfinalmente riuscire ad abbandonare il mondo dell'avere, perentrare in quello dell'essere.

66 di 263

L'iper-consumo e le indesiderabili conseguenze perla società

Potremmo definire l'iper-consumo come quel consumoevitabile che se venisse eliminato non diminuirebbe la qualitàdella vita degli esseri umani.

Per comprendere al meglio questo concetto possiamo ricorreread alcuni esempi.

Stiamo iper-consumando quando sprechiamo energia, magariperché la nostra abitazione non è coibentata, o quandoutilizziamo beni scadenti, che anziché essere progettati peravere una lunga durata, sono realizzati per deteriorarsi erompersi dopo un breve utilizzo senza possibilità di essereriparati.

Iper-consumiamo anche quando fumiamo sigarette, o quandogli eserciti utilizzano le armi da guerra per accaparrarsi ilpredominio sulle risorse petrolifere con il pretesto di difendercidal terrorismo.

L'adozione dell'iper-consumo porta con sé delle spiacevoliconseguenze sia per l'ambiente che per gli esseri umani.

L'iper-consumo, infatti, necessita di un'altrettanta dannosa iper-produzione, anch'essa del tutto evitabile, in quanto la suaeliminazione, nella giusta ottica, non diminuirebbe la qualitàdella nostra vita ma, al contrario, l'aumenterebbe.

Si pensi all'assurdità dei prodotti usa e getta; o aglielettrodomestici, la cui durata di vita media, all'avanzare delle

67 di 263

conoscenze scientifico-tecnologiche, si accorcia invece diallungarsi; o a tutti quegli oggetti che hanno l'inspiegabile viziodi rompersi allo scadere della garanzia.

Non si tratta di fenomeni casuali, ma dei riflessi di una societàmalata di profitto, che cerca di aumentare i ritmi di consumo.

L'iper-produzione di beni ed energia contribuisce ad aggravarel'inquinamento ambientale e il depauperamento delle risorsedisponibili.

Oggi la fonte energetica principale a livello mondiale non èpulita e rinnovabile, come logica e buon senso vorrebbero, maè inquinante e non rinnovabile.

Per produrre beni devono essere necessariamente impiegatematerie prime, che non sempre possono essere riciclate.

Iper-consumando, quindi, sprechiamo e impieghiamo in modostupido e dannoso energia e materie prime, arrivando acompromettere l'intero l'ecosistema.

L'iper-produzione richiede anche un iper-lavoro, ovvero unadose addizionale di lavoro che non sarebbe necessaria persoddisfare i veri bisogni dell'umanità, ma che condanna milionidi esseri umani a lavorare per produrre e ri-produrre medesimioggetti, che vengono consumati dalle stesse persone, che ligettano e devono ricomprarli molto più velocemente di quantoin realtà potrebbe avvenire se quegli stessi oggetti fossero staticoncepiti e costruiti per durare a lungo.

Abbandonando l'iper-consumo, con un minor lavoro, lo stessonumero di persone potrebbe avere lo stesso numero di beni;

68 di 263

oppure, a parità di lavoro, si potrebbe garantire l'accesso a queltipo di beni a un maggior numero d'individui.

L'abbandono dell'iper-consumo consentirebbe di ridurre l'orariodi lavoro individuale e di muovere un passo fondamentale indirezione della sostenibilità globale delle attività antropiche.

Combinando questi aspetti, si potrebbe fornire un maggiornumero di beni a un maggior numero di esseri umani, in modomaggiormente sostenibile e lavorando addirittura di meno.

Il passaggio da una società fondata sull'iper-consumo a unasocietà che consuma in modo ponderato e ragionevole, ovveroche soddisfa i reali bisogni di tutti i suoi membri nel modo piùefficiente possibile, rappresenterebbe una strepitosa conquistaper il genere umano.

Senza considerare che tutto ciò oggi è un'impellente necessità,visti i cambiamenti climatici causati dai nostri stili di vita, lecondizioni di sfruttamento e di privazione di libertà in cuiversano i lavoratori e la povertà sperimentata da milioni diesseri umani.

Eppure le risorse sarebbero più che sufficienti per soddisfare iveri bisogni di tutti, se solo fossero utilizzate pensando aquesto fine e venissero impiegate nel modo più efficientepossibile, invece di guardare solo al profitto.

Quello inerente l'iper-consumo è un discorso intimamentelegato alla qualità e alla quantità di ciò che consumiamo.

Il passaggio dall'iper-consumo al consumo, però, non significadiminuire il paniere di beni a nostra disposizione - come alcuni

69 di 263

sostengono in mala fede - ma è innanzitutto una questioned'efficienza, se non d'intelligenza e di razionalità.

Se invece di acquistare una lavatrice ogni 10 anni, bene chevada, 8 paia di scarpe all'anno di scarsa qualità, un pacchetto disigarette al giorno, e usare sempre e comunque la nostra autoinquinante, le lavatrici commercializzate durassero 100 anni,acquistassimo scarpe di qualità solo in caso di vera necessità,smettessimo di fumare, e sfruttassimo le belle giornate perspostarci in bici per quanto possibile, in che modo staremmodanneggiando noi stessi, gli altri o diminuendo la qualità dellanostra vita?

Aumentando la qualità, la quantità potrebbe essere ridotta, purcontinuando a garantire l'accesso allo stesso paniere di beni eservizi, lavorando e inquinando di meno.

L'abbandono dell'iper-consumo rappresenta una strategiafondamentale in grado di garantire la fine della scarsità pertutti, perché il mio iper-consumo potrebbe soddisfare i realibisogni di chi, oggi, non ha neppure di che sopravvivere.

L'iper-consumo è anche sinonimo d'inefficienza.

Un'inefficienza che concretizza un uso stupido e unaripartizione inquina delle risorse e dei beni a nostradisposizione;

che contribuisce ad accrescere inutilmente il fenomenodell'inquinamento ambientale, e condanna assurdamente gliesseri umani a un lavoro addizionale del tutto evitabile, l'iper-lavoro, appunto.

70 di 263

Allora perché l'iper-consumo è ancora presente nella nostrasocietà nonostante sia dannoso ed evitabile, e a dispetto deinotevoli vantaggi derivanti dalla sua eliminazione?

Tutta questa inefficienza viene scientemente introdotta, indottae mantenuta in essere, perché è funzionale agli interessieconomici di chi intende aumentare le proprie ricchezze,mettendo in secondo piano le vere esigenze dell'umanità.

Nell'odierna Società Capitalistica lo spreco e l'inefficienza sonoben accetti ogni qual volta consentano di ottenere un maggiorprofitto.

Dover produrre più energia è auspicabile per chi la vende,indipendentemente dal fatto che in questo modo inquineràl'aria, l'acqua e la terra, e condannerà se stesso e gli altri allamalattia.

Vendere più prodotti, perché hanno una breve durata, è unottimo affare per le aziende, anche se questa strategiaconsumerà inutilmente le risorse non rinnovabili, e condanneràl'umanità a una vita di lavori forzati, incrementandoartificiosamente la necessità di lavorare e l'inquinamentocorrelato ai processi di iper-produzione.

Il paradosso è che le follie associate all'iper-consumocontinuino ad avvenire nonostante siano evitabili e chiaramentedannose per la maggior parte degli esseri umani.

Queste dinamiche esistono e continueranno a esistere finquando ci ostineremo a seguire le logiche del profitto, invece diattuare esclusivamente quanto di meglio sia possibile fare perassicurare il benessere della collettività.

71 di 263

Se s'intende realizzare profitto vendendo energia, è chiaro cheridurne il consumo incrementando l'efficienza rappresenti unastrategia in forte contrasto con gli interessi dei venditori,perché dal loro punto di vista più energia viene sprecata emaggiori saranno i profitti.

Una simile dinamica accade anche in ambito medico.

Se lo scopo è ottenere profitto, non c'è niente di meglio divendere sigarette che faranno ammalare gli individui, in modotale che corrano ad acquistare i rimedi commercializzati dallemultinazionali per cercare di ripristinare la loro salute.

Ma come possiamo pensare che un'azienda farmaceuticaintenda guarirci se il suo scopo è trarre profitto dalla vendita dimedicinali a individui malati?

E ancora, se lo scopo è guadagnare dalla vendita di beni, più ilconsumatore acquisterà e maggiori saranno gli utili, a parità dicosti per il produttore.

Ed ecco che si cercherà in ogni modo di aumentare i ritmi diconsumo e presto si arriverà alla follia dell'usa e getta edell'obsolescenza programmata, che indurranno chiaredinamiche di iper-consumo.

Per chi insegue il profitto, produrre e vendere armi da utilizzareper accaparrarsi il petrolio da trasformare e vendere ai ricchiconsumatori dei paesi del Primo Mondo, è preferibile rispetto arinunciare al commercio delle armi e del petrolio, rendendo gliindividui autosufficienti dal punto di vista energetico mediantedei sistemi di auto-produzione locali. E così via...

72 di 263

La strenua e ostinata ricerca del profitto induce una pericolosaderiva delle dinamiche economiche, perché non c'è niente cheassicuri che tutto ciò che è in grado di generare un utile remianche nella stessa direzione di ciò che si dovrebbeeffettivamente fare per raggiungere il benessere collettivo.

E infatti è stata proprio la corsa al profitto ad aver creato l'iper-consumo, ed è ancora l'inseguimento del profitto che,nonostante le odierne criticità sociali e ambientali, spingealcuni individui a giustificare l'inefficienza a esso correlata,perché è proprio l'esistenza di quell'inefficienza che gliconsente di realizzare guadagni altrimenti impensabili.

L'abbandono dell'iper-consumo, in gran parte, può avvenire permezzo di una scelta individuale, senza rinunciare a nulla difondamentale.

I consumatori potrebbero contribuire notevolmente a unariduzione di questo dannoso fenomeno, ad esempio evitando diseguire le mode, cercando di acquistare prodottiqualitativamente elevati e cibo a km zero, spostandosi a piedi oin bici e auto-producendo l'energia da fonti rinnovabili, perquanto possibile.

Ma fin quando l'umanità non sceglierà di abbandonare lelogiche del profitto, l'iper-consumo non svanirà, perché da esseè generato, per poi essere indotto e perpetrato medianteapposite strategie di produzione, marketing e altre metodologiedi condizionamento sociale.

Alcuni potrebbero sostenere che il passaggio da una società cheiper-consuma a una che consuma indurrebbe un'eclatantedisoccupazione che non saremmo in grado di gestire.

73 di 263

In realtà la disoccupazione non sarebbe gestibile continuando aimpiegare le odierne logiche inerenti l'economia e il mondo dellavoro, ma non c'è nulla che ci vieti di ripensarle!

Se a fronte di una riduzione del lavoro necessario, il sistemaproduttivo riuscisse comunque a costruire beni e servizi inquantità tali da poter essere forniti a tutti i membri dellasocietà, dove sarebbe il problema?

Basterebbe semplicemente diminuire l'orario lavorativo persuddividere il lavoro residuo tra tutti gli individui che possonolavorare, in modo che ciascuno contribuisca ai processiproduttivi senza restare disoccupato, trovando un modo pergarantire comunque a tutti l'accesso nei confronti dei beni e deiservizi prodotti all'interno della società.

In altre parole, si prendono le risorse della Terra, si trasformanoper realizzare beni e servizi di qualità in quantità sufficiente pertutti, per poi metterli a disposizione della comunità.

Se le risorse, la forza lavoro e la quantità di beni disponibili loconsentono, perché non può essere fatto?

L'idea che non si possa risolvere il "problema" di un'eventualediminuzione di lavoro umano esiste solo nelle menticondizionate da coloro che temono che la massa prendacoscienza delle alternative e ancor più che le metta in atto,perché evidentemente quest'ultimi stanno cercando diostacolare il superamento di un sistema economico malato, cheal costo dell'inquinamento, della povertà e dello sfruttamentodegli esseri viventi e delle risorse comuni, gli assicuraricchezza e potere.

74 di 263

La transizione da una società dell'iper-consumo a una societàdel consumo, è fortemente auspicabile in quanto rappresentauno dei punti nodali per incrementare la sostenibilitàambientale, ridurre l'asservimento nei confronti del lavoro eassicurare l'accesso a beni qualitativamente elevati all'interaumanità.

Il passaggio, però, richiede l'adozione di nuove logiche socio-economico-culturali, che siano svincolate dal profitto e dalconsumismo.

Pensare di eliminare l'iper-consumo continuando imperterritiad applicare le stesse identiche dinamiche che l'hanno generatorappresenta una follia logico-razionale.

La medesima argomentazione sussiste se s'intende realmentemigliorare le condizioni di vita degli esseri umani.

Ad oggi, la nostra società riesce a ragionare esclusivamente intermini di profitto individuale:

è questa l'essenza del capitalismo che ne mette in scena ildramma.

Alcuni sostengono che un insieme d'individui, mossi dalmotivatore dell'arricchimento personale, che agiscono incompetizione in un'economia di libero mercato, contribuiscano,come per magia, al raggiungimento del benessere collettivo.

Non mi stancherò mai di ripetere che si tratta di una meschinaassurdità:

75 di 263

se non supereremo la concezione capitalistica continueremo a"goderci" l'illusione della libertà, la disuguaglianza sociale, losfruttamento dell'uomo sull'uomo, le guerre, l'inquinamento ele malattie.

È giunto il momento di evolverci, e di comprenderel'importanza della cooperazione attuata con un fine comune,che non può che essere quello di assicurare comparabilicondizioni di benessere e di libertà all'intera umanità.

La realizzazione di una Nuova Società non sarà cosa facile, madi certo non rappresenta un'impresa impossibile: laconvinzione che non esistano alternative praticabili è soltantol'ennesimo inganno alimentato da chi detiene il potere.

Una parte della soluzione consiste nel ripensare l'economia e ilmondo del lavoro, per creare le condizioni necessarie a porrefine all'iper-consumo senza che il sistema collassi o entri incrisi;

l'altra parte, in un'azione personale, immediata e volontariavolta a modificare responsabilmente i nostri stili di vita e diconsumo, cercando di fuggire dai subdoli processi legatiall'iper-consumo, che sono utili a chi intende realizzareprofitto, ma non di certo all'umanità.

76 di 263

Il falso mito della crescita

La crescita è diventata un imperativo categorico dell'odiernapolitica economia. Ma è veramente ciò di cui abbiamo bisognoper migliorare le condizioni di vita dell'umanità?

A dispetto delle più ferme convinzioni, la crescita tout courtrappresenta un obbligo che non è scevro da pesanticonseguenze, sia per quanto riguarda il tempo e i nostri ritmi divita, che per tutto ciò che concerne l'inquinamento e lasostenibilità ambientale.

Con questo piccolo saggio intendo smentire il mito dellacrescita, cercando di mostrare i limiti del modello economicoattuale che è condannato a crescere per non fallire.

Sappiamo che l'economia non ha scelta: deve crescere. Maperché?

Badate bene, "deve crescere" significa che non può neancherimanere costante, perché una crescita nulla già metterebbe incrisi il sistema economico, figuriamoci cosa potrebbe accaderecon una decrescita!

In estrema sintesi, l'imperativo della crescita discende dalmeccanismo di moneta-debito, che viene sempre prestataprevia richiesta d'interesse.

La base monetaria viene creata dal nulla e viene emessa dallebanche centrali e a sua volta viene moltiplicata dalle banchecommerciali per mezzo dei meccanismi di riserva frazionaria9.

9 La riserva frazionaria è un moltiplicatore che consente l'espansione del

77 di 263

Le banche, però, non rispettano il consiglio di S. Luca:«Mutuum date nihil inde sperantes», che significa prestate ildenaro senza attendere nulla in cambio, e così accade che tuttoil denaro è gravato da interesse, il che ha il naturale effettocollaterale di costringere il sistema economico a crescere,perché o l'economia si espande, e quindi riescecomplessivamente a ripagare gli interessi, pur alimentando ungigantesco schema Ponzi10, o il sistema è destinato a fallire.

Il gioco può andare avanti finché la musica non cessa, maquando ciò accade qualcuno si accorge che non ci sonoseggiole per tutti e così iniziano i problemi...

In questo mondo folle, dove la politica ha delegato il controllodel denaro a banche centrali private, e in alcuni casi addiritturaindipendenti - come la BCE - non si finanziano a debito solo iprivati, come cittadini o aziende, ma anche gli Stati. Ed eccoche il sistema è obbligato a crescere.

Infatti, se malauguratamente l'economia di uno Stato noncresce sappiamo tutti benissimo che cosa accade, visti i tempiche corrono: licenziamenti, fallimenti, disoccupazione, povertà,compressione dei diritti, tagli alla sanità, svendita delleeccellenze pubbliche etc.

credito. In un sistema a riserva frazionaria diversa dal 100% il sistemabancario può accreditare del denaro in quantità superiori ai depositi dicui dispone creandolo dal nulla. Se C sono i depositi, R la riserva in %,il sistema bancario nel suo complesso può creare moneta concedendoprestiti fino a un massimo di ((1-R)/R)*C. Per approfondire si veda qui:https://it.wikipedia.org/wiki/Riserva_frazionaria

10 Lo schema Ponzi è un modello economico di vendita truffaldino chepromette forti guadagni alle vittime a patto che queste reclutino nuovi"investitori", a loro volta vittime della truffa. Per approfondire si vedaqui: https://it.wikipedia.org/wiki/Schema_Ponzi

78 di 263

In parole povere: crisi e relativa austerità dovuti al fatto chel'economia ha smesso di crescere, o almeno così ci dicono.

Ma il concetto di crescita per la crescita non ha senso.

Per comprendere questo fatto fino in fondo, è sufficienteportare il sistema economico in una situazione estrema,conducendo un piccolo esperimento mentale.

In questo modo, potremo illustrare un controesempio che saràpiù che sufficiente per smentire il mito della crescita.

Semplifichiamo al massimo, supponiamo che esistanosolamente un bene materiale e un servizio, ad esempio unosmartphone e delle cure mediche.

Se immaginiamo un sistema economico che, a forza dicrescere, sia riuscito a garantire a tutti gli esseri umanil'accesso a 1 smartphone e a 12 visite mediche all'anno, perquale motivo l'anno successivo quegli stessi individuidovrebbero necessariamente consumare 1,5 smartphone e/ofare più di 12 visite?

Molti direbbero: «io ho già uno smartphone, è ancoraperfettamente funzionante, quest'anno non ho bisogno di unnuovo smartphone».

Altri: «ma io sto benissimo, per quale motivo dovrei fare 12visite? Ne faccio una di controllo e sono a posto».

Più in generale, se tutti gli esseri umani avessero accesso aibeni materiali e ai servizi di cui hanno bisogno mediamente nel

79 di 263

corso di in un dato anno, perché l'anno successivo dovrebberoconsumarne necessariamente di più dell'anno precedente?

In generale questo è falso. Perché la produzione di beni eservizi dovrebbe aumentare? Forse perché la popolazioneaumenta? È corretto, ma se la popolazione fosse stazionaria?Magari perché sono stati introdotti nuovi prodotti...

è possibile, ma ancora una volta non è strettamente necessarioche s'introducano sempre nuovi beni e, anche se avvenisse,quest'ultimi potrebbero andare a sostituire il consumo di altri,che magari sono usciti dal mercato o che non devono essereriacquistati perché gli utilizzatori già li possiedono.

Complessivamente non è detto che la produzione e i livelli diconsumo debbano aumentare sempre e comunque aprescindere, anche nel caso che s'immettano dei nuoviprodotti/servizi.

I miei bisogni non aumentano forzosamente di anno in anno.Quest'anno ho già comprato vestiti a sufficienza, un pc, unosmartphone e ho fatto anche una piccola operazione chirurgicache rimandavo da tanto tempo.

Il prossimo anno, al netto del cibo per vivere, e poco più, nonavrò bisogno di altro.

Se il mio smartphone o il mio computer non si guasterannoirreparabilmente a causa di rotture programmate, li terrò peranni e anni, come ho fatto con il mio primo pc, che è ancoraqui vicino a me proprio mentre sto scrivendo11.

11 Nel corso degli anni ho sostituito due alimentatori, il resto è ancora ok,

80 di 263

Con sommo dispiacere degli economisti sostenitori dellacrescita, nei prossimi anni la mia necessità di consumodiminuirà drasticamente ma... vivrò benissimo!

Ho già tutto, anche ben al di sopra del necessario, e noncomprerò altro finché non ci sarà un reale bisogno.

Lo scopo della nostra vita è forse essere degli accaniticonsumatori? Oppure quel comportamento consumistico che cisembra così naturale deriva dai condizionamenti sociali?

«Si deve consumare altrimenti l'economia si blocca!».

Certamente, se il sistema economico è mal concepito dobbiamocondizionare la vita degli esseri umani per farli consumare piùdel necessario affinché l'economia funzioni? Che assurdità!

Personalmente ritengo che sia piuttosto riduttivo svolgere ilruolo del consumatore solo perché il sistema economico ne habisogno.

Noi invece, in quanto esseri umani, di che cosa avremmobisogno per essere felici?

Perché gli economisti non si pongono questa semplicedomanda?

Sinceramente ho ben altro da fare, piuttosto che sprecare il miotempo a girare nevroticamente per negozi con lo scopo diacquistare vestiti e gadget alla moda da sfoggiare durante

anche se la capacità di calcolo l'ha reso obsoleto, e quindi ne ho dovutoacquistare uno nuovo.

81 di 263

ridicoli eventi mondani, come l'andare a ballare in discoteca ariprodurre il moto browniano sbattendomi come solo un polloubriaco sa fare.

Per essere felice e sentirmi vivo, non ho bisogno di suscitarel'invidia nei confronti degli altri ostentando un look alla moda odei futili gadget, cercando di provare l'appartenenza a un livellopiù alto nella scala sociale dettata dell'apparire.

E non me ne faccio nulla di ulteriori ammennicoli che giàraccolgono polvere in abbondanza nella mia abitazione. Nonmi serve un armadio pieno di vestiti, non devo mica fare dellesfilate, devo semplicemente coprirmi per ripararmi dal freddo.

Il cappotto invernale che uso quotidianamente ha 14 anni eadempie ancora perfettamente al suo scopo, perché dovreicomprarne un altro?

Ora immaginiamo per un istante che il sistema economicometta tutti gli abitanti della Terra nelle mie stesse fortunatecondizioni, cosa accadrebbe?

Di certo, negli anni successivi in molti resterebbero senzalavoro a causa di una forte contrazione dei consumi, e in brevetempo il sistema economico capitalistico sarebbe portato alcollasso.

Ci sarebbero comunque beni/servizi da produrre/offrire, comeil cibo, l'istruzione o le cure mediche.

Ma nel complesso non ci sarebbe una crescita, bensì una fortedecrescita, al più intervallata da momenti di crescita nulla. Ladisoccupazione salirebbe alle stelle, ma sarebbe forse un male?

82 di 263

Certo, in questo sistema economico che ci costringe a correresempre più veloci, al pari di criceti intrappolati in una ruota,sarebbe un male estremo! Ma sarebbe un male per chi? Esoprattutto perché?

Con la relativa diminuzione di produzione indotta dalladiffusione del mio comportamento anticonformista d'individuosoddisfatto che non ha bisogno di iper-consumare, i posti dilavoro diminuirebbero, eppure ciò di cui avremmo realmentebisogno, ovvero tutti i beni/servizi non correlati all'iper-consumo indotto, sarebbero proprio lì a disposizione di tutti,solo che il sistema economico c'impedirebbe di usufruirneperché, ben presto, in molti resterebbero senza un lavoro,quindi senza soldi e così non potrebbero più comprare neancheil necessario, che però sarebbe proprio lì a disposizione di tutti.

È questa l'assurdità dell'odierno sistema economico, checostringe a correre sempre più veloci anche quando non ce nesarebbe una vera necessità.

Sostituendo i beni scadenti e soggetti a obsolescenzaprogrammata con altri durevoli e di elevata qualità,potenzialmente tutti potrebbero avere accesso ai beni e aiservizi di cui hanno bisogno, ma tutto ciò non può essereattuato perché nel medio-lungo termine verrebbe a mancare illavoro e quindi il pretesto per giustificare l'attribuzione didenaro mediante uno stipendio. Perché?

Perché una volta sostituiti i beni, il sistema inizierebbe adecrescere e quindi entrerebbe in crisi... ed ecco che ricominciala cantilena: c'è la disoccupazione, l'economia non cresce,come si fa?

83 di 263

A questo punto della storia arrivano gli economisti classici che,ovviamente, vorrebbero far ripartire la crescita, perchéall'università hanno studiato solo quel metodo per risolvere lecrisi e quindi non vedono alternative.

Ma scusate un attimo... perché non ripensiamo il lavoro? Omagari la gestione della moneta?

Il vero problema consiste nella mancata crescita dei consumiche induce una moltitudine di licenziamenti e quindil'impossibilità di comprare anche i beni primari, seppurdisponibili, o forse risiede nel sistema economico che non è ingrado di gestire una simile dinamica?

Perché non si potrebbero dare comunque dei soldi a quellepersone, dato che il denaro si può creare dal nulla? Non sipotrebbe suddividere il lavoro residuo diminuendo l'orariogiornaliero in modo che nessuno resti disoccupato?

«Ma diminuendo l'orario di lavoro calerebbero anche glistipendi, sarebbe una catastrofe!»

Beh, non necessariamente se si consuma di meno, e poipotremmo pensare di redistribuire un po' di ricchezza esistenteprendendola dai pochi che hanno tanto per darla ai tanti chehanno poco, o forse no?

Potremmo mettere in atto un'apposita politica monetariad'integrazione dei redditi, istituire un reddito d'esistenza, o unmix di queste soluzioni, se preferite.

84 di 263

Perché non si potrebbe cooperare per produrre ciò di cuiabbiamo bisogno in quantità tali da poter essere messo adisposizione di chi ne ha necessità, senza pretendere unprezzo? Che cos'è che c'impedisce di farlo, oltre a un bloccomentale?

Non date subito una risposta negativa, rifletteteci con calma!Ora però riprendiamo il filo del discorso, forse ho divagatotroppo. Tornando alla crescita tout court...

Qualcuno dirà che ci sono anche i beni immateriali, come iservizi, quelli non consumano risorse, quindi la crescita puòandare avanti all'infinito.

Bene, ma in realtà anche il consumo dei servizi immaterialinon può crescere all'infinito, contrariamente a quanto sipotrebbe ingenuamente pensare.

Infatti un essere umano vive 365 giorni all'anno, e non se ne faniente di un numero di servizi che cresce esponenzialmente,perché a un certo punto non avrà neanche più il tempo perusufruirne.

In astratto vale la stessa regola dei beni materiali, solo chequesta volta il limite non è dettato dalla disponibilità di risorseper realizzare quei beni, ma dal tempo per utilizzare queiservizi, anch'esso chiaramente finito.

La soluzione ottimale, al solito, non è un numero crescente diservizi o un loro consumo più rapido perché lo chiedel'economia, ma il giusto numero di servizi che sianoqualitativamente elevati ed effettivamente necessari persoddisfare le reali esigenze di tutta l'umanità.

85 di 263

I nostri bisogni non aumentano per forza di anno in anno; dalmomento che lo scopo dell'economia dev'essere quello disoddisfare al meglio le vere esigenze degli esseri umani, alloraè il sistema economico che si dovrebbe adattare alle nostre realinecessità, non il contrario.

Oggi invece accade esattamente l'opposto: il sistemaeconomico deve crescere forzosamente, allora spingiamo inalto i consumi e adattiamo la vita degli esseri umani alleesigenze del sistema economico.

Ma tutto ciò è a dir poco folle!

Un'economia davvero efficiente non dovrebbe crescerenecessariamente. Il sistema economico dovrebbe essere"dinamico", ovvero crescere quando c'è necessità di crescere,rimanere stazionario quando la domanda di beni e servizi è lamedesima dell'anno precedente, e decrescere qualora ci fosse lanecessità di decrescere, senza peggiorare le condizioni di vitadegli esseri umani.

Perché dovrebbe decrescere?

Magari a causa dell'introduzione di beni maggiormentedurevoli; o perché le persone hanno già tutto ciò di cuinecessitano e il prossimo anno non avranno bisogno diconsumare di più; o perché abbiamo raggiunto i limiti disostenibilità ambientale e quindi è arrivato il momento diattuare delle contromisure, prima di estinguerci a causa dellanostra stupidità.

Come già detto, questa elasticità del sistema economico nondovrebbe essere scaricata sul benessere delle persone, cosa che

86 di 263

invece oggi accade, perché se per disgrazia il sistema noncresce, un gran numero di esseri umani finisce in povertà.

Se l'attuale sistema economico è inefficiente, bisogna avere ilcoraggio di ammetterlo e di cambiarlo. È del tutto evidente chei fondamenti dell'economia debbano essere ripensati.

In particolar modo il capitalismo e l'economia di libero mercatodevono essere superati, perché adattarsi alle loro storture èstupido, dal momento che l'economia è solamente un costruttoche ci siamo auto-imposti e che ci sforziamo di rispettare comese fosse un vincolo ineludibile, ma che invece può sempreessere modificato a nostro piacimento, al contrario delle leggidi natura.

L'economia non è la fisica, tanto per intenderci. L'economianon descrive le equazioni dell'universo.

L'economia è un costrutto umano arbitrario che noi creiamo perregolamentare le attività all'interno della nostra società in mododa indirizzarle verso un determinato fine.

Tutto ciò dipende da noi, non è un'entità preesistente dascoprire, ma da definire;

cambiando le regole del gioco cambia l'economia e diconseguenza mutano gli effetti sulla vita degli esseri umani,sull'ambiente e sulla società.

Detto questo, passiamo a un altro aspetto cruciale che nonpossiamo trascurare: quello della sostenibilità ambientale.

87 di 263

La crescita: una soluzione che non ci salverà

L'attuale modello di sviluppo è sostenibile? Direi proprio di no.

I principali indicatori di sostenibilità ambientale ci mostranoche stiamo vivendo al di sopra del limite fisico tollerato dallaTerra, quello entro il quale l'ecosistema potrebbe rigenerarsi,compensando l'impatto antropico.

La Terra già da tempo sta lanciando dei segnali importanti; loscioglimento dei ghiacciai, le manifestazioni meteorologichesempre più violente e la moria di alcune specie di insetti,rappresentano solamente alcuni dei marcatori fondamentali delmutamento dell'ecosistema che stiamo follemente ignorando.

Eppure non si tratta della salute della Terra, no! La Terra non èin pericolo, come affermano i più distratti.

La Terra ha resistito per miliardi di anni a potenti collisioni conmeteoriti, a devastanti eruzioni vulcaniche e a violentissimiterremoti; ha superato incolume catastrofiche inondazioni,lunghe glaciazioni e l'impatto ambientale dei dinosauri.

La Terra se la caverà benissimo anche questa volta. Siamo noiinvece a essere in grave pericolo a causa delle nostre azioni!

E siamo ancora noi, che continuando su questa strada,probabilmente non riusciremo a sopravvivere alle conseguenzedella nostra stupidità.

Ora, in questo drammatico quadro generale, pur senza entrarein merito ai seppur innegabili e doverosi discorsi inerenti

88 di 263

l'inquinamento o il surriscaldamento globale, che cosaconsigliano i lungimiranti economisti di fama mondiale?

Di puntare ancor più sulla crescita. Una crescita del 2% suscala globale è quello che i capi di Stato hanno proclamatoall'ultimo G20.

E c'è anche chi vorrebbe riprodurre il medesimo modello del"miracolo" economico nei paesi del Secondo e Terzo Mondo!

Forse stanno cercando di trovare il miglior modo di provocareil primo e ultimo suicidio collettivo della storia dell'umanità?

La possibilità di lauti profitti è troppo allettante per le menti deicapitalisti - di cui i politici non sono altro che dei tirapiedi - madi questo passo il loro sogno egoistico e parassitario, fatto disfruttamento indiscriminato di esseri umani e di risorseambientali, non durerà ancora per molto. Perché?

Viviamo in un mondo dove 1/4 della popolazione mondialeattinge alle risorse dei 3/4 del pianeta per mantenere in essere ipropri consumi. Ne consegue che per estendere il medesimomodello a tutta la popolazione mondiale servirebbero 3 pianeti.

Avete forse idea di dove trovarli?

Un tasso di crescita costante maggiore di zero si traduceinevitabilmente in una crescita esponenziale, che è descritta dauna nota funzione matematica che ha il vizio di correrevelocemente verso l'infinito.

Questo tipo di crescita, se applicata alla parte di produzionerelativa ai beni materiali, si scontra inevitabilmente con i limiti

89 di 263

del pianeta nel quale viviamo; se applicata ai servizi, si scontracon la limitatezza del tempo della vita.

Viviamo in un mondo finito dalle risorse finite, e in quantoesseri umani disponiamo di un tempo finito, per questol'economia non può crescere all'infinito, per quanto alcunidesiderino ardentemente che ciò avvenga, a meno che lacrescita non si riduca a un artificio matematico che faccia inmodo che il PIL aumenti, nonostante beni e servizi noncrescano quantitativamente.

Ma non è di certo ciò a cui si oppongono i decrescitisti, bensì aun aumento materiale, obbligato e forzoso, del numero di benie servizi e dei relativi ritmi di consumo, scientemente indottocon apposite strategie, che si traduce in un aumento del PIL,ma anche in un maggior inquinamento ambientale, chesignifica insostenibilità ecologica; in un maggior lavoroumano, che implica un minor tempo per vivere la vita; ovveroin un complessivo decremento della felicità.

La crescita materiale dei beni richiede via via sempre piùmaterie prime per produrre un numero di beni crescente, unarichiesta che a un certo punto non potremmo più fisicamentesoddisfare, a prescindere dalla brama di profitto dei capitalisti.

La crescita è certamente sostenibile nel breve termine, ma alungo andare supererà necessariamente i limiti imposti dallafinitezza del pianeta, dalla disponibilità delle risorse e dai limitiche sanciscono la sostenibilità ambientale.

Un incremento della produzione di beni e servizi può avvenire,anzi, in molti casi è addirittura auspicabile che avvenga, mabisogna capire che non può correre all'infinito, e che prima o

90 di 263

poi dovrà approssimarsi asintoticamente verso il limite disostenibilità globale.

Una volta raggiunto, tale limite non può essere superato troppoa lungo se non si vuole stravolgere l'ecosistema, rischiando cosìdi mettere in dubbio la sopravvivenza della nostra specie.

A quel punto si dovrà agire in termini di aumentodell'efficienza, non d'incrementi di produzione quantitativa maqualitativa.

Non un maggior numero di beni da consumare sempre piùrapidamente, ma meno beni che durino più a lungo; nonnecessariamente uno o più beni per ogni essere umano ma,quando possibile e ragionevole, beni in comune come lavatricie trasporti pubblici. E così via...

Lo sviluppo non può essere dettato dalle esigenze di profittodel libero mercato.

Perché dovremmo crescere forzosamente se quella crescita èdovuta alle guerre, a un aumento del consumo di combustibilifossili e quindi dell'inquinamento ambientale?

Che senso ha la crescita se per crescere uccidiamo altri esseriumani o peggioriamo la nostra salute?

La crescita non può essere "libera", ma deve essere indirizzatarazionalmente verso il fine del benessere collettivo.

Ma soprattutto, come ci ricorda l'ex presidente dell'UruguayJosé Mujica: «Lo sviluppo non può essere contrario allafelicità».

91 di 263

Per questo è necessario che l'economia non venga lasciata inbalìa della brama di profitto dei capitalisti che agiscono inregime di libero mercato, ma come minimo dovrebbe essereregolamentata, se non totalmente pianificata.

Nel tempo dell'economia neoliberista, visti i disastri da essagenerati, è ora di ricominciare a esprimere questo concettofondamentale, che consiste nella regolamentazione e/o nellapianificazione dell'economia per il fine del benessere collettivo.

Perché rinunciare alla pianificazione e all'intervento in ambitoeconomico, se poi queste condizioni di presunta libertàmillantate dai neoliberisti, vanno a esclusivo vantaggio delcapitale, portano a un aumento del divario sociale, dellosfruttamento dell'uomo sull'uomo o a un incrementodell'inquinamento e dell'insostenibilità ambientale?

Altro che libero mercato, è ora di dire basta al "laissez-faire", liabbiamo lasciati fare anche troppo, e ora l'intervento ineconomia si è dimostrato essere fortemente necessario.

Così come la crescita non può essere lasciata libera da vincoliche indirizzino le attività economiche verso il benesserecollettivo, in modo duale anche la decrescita non può avvenirein condizioni di libero mercato.

Decrescere, oggi, nell'economia capitalistica, indurrebbe unfallimento eclatante di tutto il sistema, che significherebbe farmorire di fame miliardi di persone. Per carità!

Ma questo non implica che non si possa decrescere senzapeggiorare le condizioni di vita, o che non si debba decrescere.

92 di 263

Contrariamente a quello che il sistema ci induce a pensare,possiamo decrescere migliorando la qualità della vita degliesseri umani, ma è possibile farlo solo ripudiando l'ideologiadel libero mercato e l'obiettivo del profitto, ricominciando aregolamentare e/o pianificare l'economia in modo opportuno.

Decrescere sostituendo gli oggetti scadenti con altri durevoli,diminuendo le ore di lavoro necessarie per produrli, purriuscendo a garantire l'accesso a beni e servizi qualitativamenteelevati a tutti, non significa stare peggio, significa migliorare laqualità della vita dell'intera umanità.

Ma tutto ciò non è possibile all'interno dell'odierna economianeoliberista, mentre sarebbe un'operazione banale inun'economia pianificata, o in una appositamente regolamentata.

Magari sarebbe il caso di riprendersi la sovranità monetariadata alle banche private così da implementare una politicamonetaria decorosa.

E forse è giunta anche l'ora d'iniziare a rimettere in discussionel'uso del denaro e della sua utilità, chiedendoci: il denaro èveramente utile al raggiungimento del benessere degli esseriumani?

Se immaginiamo che la risposta sia positiva, come può essereimpiegato a tal fine? Se invece riteniamo che la risposta sianegativa, come possiamo ripensare il nostro sistema economicoeliminando l'utilizzo del denaro?

Bisogna capire che non ci può essere che decrescita infeliceall'interno del capitalismo ma che, al tempo stesso, la

93 di 263

decrescita può essere più che felice, regolamentando e/opianificando l'economia in modo opportuno.

Questo concetto assurdo di crescere per crescere a lungoandare sfocia in un aumento della produzione e della velocitàdi consumo, e così ingabbia gli esseri umani in un sistema cheli fa correre sempre più velocemente e non concede piùneanche il tempo necessario per vivere appieno la vita.

A causa delle attuali dinamiche economiche, se lavori non vivi,perché il lavoro è totalizzante, mentre se non lavori non vivi lostesso, perché sei afflitto dal pensiero di trovare un lavoro, opeggio, di finire a dormire per strada soffrendo il freddo e lafame.

Non alla pace, né alla libertà, non alla sostenibilità, né allafelicità, ma al profitto; ecco a cos'è finalizzato oggil'inseguimento della crescita.

Ma in questo modo l'essere umano viene ridotto a un sempliceingranaggio intercambiabile da impiegare al servizio delsistema, che deve lavorare e consumare sempre piùvelocemente, o mettersi in disparte, qualora non fosse più utileo necessario.

E così l'umanità finisce con lo smarrire se stessa e il senso dellavita, compromettendo perfino l'ambiente che gli consente divivere.

Iper-producendo stiamo inducendo una falsa necessità di lavoroperché altrimenti il sistema economico attuale salterebbe inaria, quando tutto ciò è chiaramente inutile, dannoso edevitabile.

94 di 263

Paradossalmente oggi la crescita è direttamente correlata conl'aumento dell'infelicità, dell'inquinamento ambientale, dellosfruttamento dell'uomo sull'uomo e della privazione di libertà.

Ma allora che senso ha far crescere l'economia se poi questacrescita non si traduce in un maggior tempo libero, in un minorinquinamento ambientale o in un qualche incremento difelicità?

Cresciamo per salvare l'economia.

Siamo in balìa di un'inaudita follia suicida: pur di salvarel'economia stiamo distruggendo il pianeta e siamo persinodisposti a sacrificare salute, libertà e felicità, oltre allecondizioni di vita delle generazioni che verranno.

Eppure per risolvere il problema basterebbe interveniresull'economia effettuando un cambio di paradigma, iniziando aprodurre ciò di cui abbiamo effettivamente bisogno con lamassima efficienza guardando al fine del benessere collettivo enon più ciò di cui necessita un sistema folle, guidato daindividui egoisti, miopi e parassitari, assetati di profitto.

Chissà quando diverremo sufficientemente evoluti da anteporreil benessere di tutti gli esseri viventi al profitto di alcuni;

ma soprattutto, chi avrà il coraggio di spiegare alle futuregenerazioni che ciò che è stato fatto in passato è avvenuto peril bene dell'economia e non per quello degli esseri umani?

95 di 263

Le menzogne del potere sulla decrescita

Con l'attuale livello di produzione, e con le abitudini diconsumo degli abitanti dei cosiddetti paesi del Primo Mondo,l'umanità ha già superato di gran lunga il limite che sancisce lasostenibilità ambientale.

Le più recenti simulazioni fisico-matematiche mostrano che latemperatura media della terra salirà di alcuni gradi nel corsodei prossimi decenni, portando con sé conseguenze disastroseper l'intera umanità.

È stato provato un nesso causale tra le azioni antropiche e ilverificarsi del fenomeno del surriscaldamento globale, per cui,nonostante la coltre di fumo diffusa dai negazionisti, gli arteficidi questo disastro sono stati identificati in modo inequivocabilee hanno nome e indirizzo: siamo noi, gli esseri umani.

C'è poco da discutere. Se non vogliamo mettere in atto unsuicidio su scala globale, i paesi del Primo Mondo devonodecrescere immediatamente, e i paesi emergenti devonoadottare un piano di sviluppo economico sostenibile.

Chiariti questi punti si può argomentare su come tutto ciòdebba avvenire. Per ora ci occuperemo della fase di decrescita.

Decrescere perché la finanza speculativa mette sotto attaccouna nazione, imponendo tagli ai servizi pubblici come scuola osanità, riduzione dei diritti dei lavoratori e svendite delleeccellenze pubbliche presenti sul territorio nazionale, non ècerto la stessa cosa che decrescere perché gli esseri umanidecidono di produrre di meno ma con una maggiore qualità;

96 di 263

oppure perché tutti i fumatori improvvisamente smettono diacquistare pacchetti di veleno da fumare; per non parlare diun'eventuale decrescita dovuta alla cessazione della produzionedi armi da guerra...

Nel primo caso il PIL diminuisce, le persone s'impoveriscono edevono lavorare ancora di più per guadagnare di meno,nonostante abbiano un disperato bisogno di denaro;

anche nei successivi scenari il PIL diminuisce, ma gli oggettidurano più a lungo, vale a dire che non devono esserericomprati con elevata frequenza; inoltre i fumatori non siammalano di cancro, quindi non devono spendere denaro percurarsi.

Non per ultimo, in ordine d'importanza, gli ordigni di mortenon vengono più sganciati su altri esseri umani da militari cheuccidendo i propri simili, pur di obbedire ciecamente agliordini impartiti dal potere, dimostrano chiaramente di averricevuto un cervello solo per errore.

Ma così molte persone resterebbero senza lavoro... quindi qualè la logica dell'attuale sistema?

È meglio che le persone continuino a sprecare risorse e ainquinare l'ecosistema, utilizzando enormi quantità di oggetti dibassa qualità, piuttosto che pochi beni ma di elevata fattura;

che gli esseri umani continuino a fumare, così da ammalarsi espendere denaro generando profitto per le multinazionali deltabacco e del farmaco; che popoli innocenti sperimentinomorte, sofferenza e disperazione causate dalla guerra...

97 di 263

in modo tale da continuare a dare un lavoro assurdo etotalizzante a tutti i membri della società.

No, questa non è una soluzione ma una follia sociale, figliadelle logiche di profitto attuate da individui con un'evidentedeficienza emotiva e cognitiva.

Una soluzione ben più sensata e auspicabile consiste nelcostruire un sistema economico nel quale si lavora molto dimeno ma si lavora tutti e, al tempo stesso, le persone hannoanche un minor bisogno di spendere denaro, quindi di lavorare,pur avendo accesso ai beni e ai servizi di cui necessitano pervivere più che dignitosamente.

In questo modo gli esseri umani potrebbero godere di unmaggior tempo libero per vivere la vita in libertà e conserenità: è questa la vera meta della decrescita felice.

L'ideologia imperante della crescita per la crescita è fondata sudi un dogma: l'economia deve espandersi.

Per sostenere questo folle meccanismo si è costretti a creare eindurre il bisogno di consumare, ma così facendo il consumodiviene superfluo, in quanto azione subordinata al profitto enon al reale soddisfacimento delle necessità degli esseri umani.

Ma una volta che i membri di un certo sistema socio-economico possiedono pressoché tutto ciò di cui hannobisogno, e anche molto di più del necessario, la scappatoia percontinuare ad alimentare il meccanismo è quella d'indurre unciclo produzione-consumo-ri-produzione sempre più rapido.

98 di 263

In pratica, quando le abitazioni sono stracolme di oggetti,questi devono iniziare magicamente a rompersi, oppure sipossono convincere i consumatori del fatto che tutto ciò chepossiedono sia vecchio o fuori moda e che quindi debba esseresostituito, per quanto ancora perfettamente funzionante.

Queste dinamiche vengono attuate commercializzando prodottiappositamente concepiti per non essere durevoli, per mezzod'incentivi pubblici, campagne pubblicitarie martellanti e altricondizionamenti psicologici che spingono gli individui versoatteggiamenti consumistici, dannosi e superflui.

Esempi eclatanti sono rappresentati dagli incentivi persostituire auto ancora perfettamente funzionanti con altre chesono sempre alimentate a derivati del petrolio, la tipicaobsolescenza programmata degli apparati tecnologici e leridicole mode stagionali che interessano i capi d'abbigliamento.

Si passa così da un consumo ponderato e razionale, a un iper-consumo scellerato e irrazionale tremendamente dannoso perl'ecosistema e di riflesso per ogni forma di vita presente sullaTerra.

L'iper-consumo, infatti, non comporta solamente un maggioreutilizzo di materie prime, ma introduce un'inefficienzageneralizzata, derivante da inutili incrementi di fabbisognoenergetico, di lavoro e d'inquinamento ambientale.

La maggiore velocità di consumo comporta un impiego folle eirrazionale:

1) delle risorse, che sono letteralmente sprecate per produrre eriprodurre beni che potrebbero essere realizzati per durare a

99 di 263

lungo, invece che per deteriorarsi rapidamente e guastarsiappositamente in modo irreparabile al fine di essere ricomprati;

2) dell'energia, in quanto si dovrà far fronte a una maggiorerichiesta energetica correlata ai processi produttivi addizionalima non necessari dovuti all'iper-produzione indotta dall'iper-consumo, concretizzando una dinamica dannosa, superflua edevitabile;

3) del tempo della vita degli esseri umani, un bene dal valoreinestimabile, che viene letteralmente sprecato lavorando perprodurre e riprodurre i medesimi oggetti, quando in realtà tuttociò potrebbe essere evitato, senza diminuire la qualità della vitané l'accesso al paniere dei beni.

Così facendo le risorse vengono sprecate, si ha uninquinamento più che mai immotivato, le persone si ritrovanoad avere beni scadenti, il lavoro diventa totalizzante eimpedisce di disporre del tempo necessario per vivere la vitacon pienezza.

Le continue costrizioni lavorative, da una parte, e la sistematicainduzione al consumo, dall'altra, producono un sensod'insoddisfazione utile per creare una massa di consumatoricompulsivi, che tentano invano di colmare il proprio vuotoesistenziale con i prodotti ideati dagli specialisti del marketing.

Pur ammettendo che la crescita porti ricchezza, è altresì veroche, così com'è strutturata oggi, questa corsa senza sostacomporta anche una notevole inefficienza e, quel ch'è peggio,allontana dalla felicità, oltre che dalla sostenibilità ambientale.

100 di 263

La logica della crescita non è finalizzata al raggiungimento diobiettivi utili per l'umanità, ma è subordinata alla volontà diuna élite che agisce per ottenere profitto. Il come, il perché e leconseguenze, passano in secondo piano quando si tratta del dioDenaro.

Se la crescita dei paesi del Primo Mondo fosse dovuta al fattoche stiamo sfamando, curando e istruendo i poveri del Terzomondo, oppure realizzando tecnologia verde per ripulire ilpianeta dall'inquinamento o per ripristinare gli equilibridell'ecosistema, nessuno individuo sano di mente sarebbecontrario alla crescita, perfino il più accanito decrescitista. Mapurtroppo così non è.

Oggi la crescita è largamente dovuta alle guerre e all'iper-consumo, che portano all'aumento dell'inquinamento, quindidelle malattie e della vendita di medicinali, oltre che a unaderiva dalla sostenibilità ambientale, allora è evidente che inquesto caso qualunque individuo sano di mente non può cheschierarsi dalla parte dei decrescitisti, cercando perlomeno dispezzare quella parte di crescita viziosa e dannosa checaratterizza l'economia dell'odierna società.

La crescita, qualora venisse ricercata, non dovrebbe esserelasciata in balìa della smania di profitto degli operatori cheagiscono in condizione di libero mercato, ma dovrebbe essereindirizzata razionalmente verso obiettivi utili per ilraggiungimento del benessere dell'intera umanità.

Bisogna fare attenzione: la stessa identica cosa dovrebbeavvenire anche per la decrescita. Non si deve essere cosìsciocchi da decrescere per decrescere commettendo lo stessoerrore dell'ideologia crescitista.

101 di 263

Se decrescere significasse esclusivamente trascorrere tutto ilgiorno ad auto-produrre beni per auto-consumo, che tipo divantaggio avremmo ottenuto?

Certo, il cibo sarebbe più salutare e il modello nel suocomplesso più sostenibile, ma gli esseri umani sarebberoancora vittime di una forma di lavoro totalizzante, anche se diun'altra natura.

L'ideale da raggiungere non è che ciascuno ricominci acoltivare il proprio orticello, ma che si realizzi un ortocollettivo a km zero, che produca cibo in modo quanto piùpossibile automatizzato, da distribuire gratuitamente a tutta lapopolazione locale.

Non si deve decrescere tornando a costruire a mano gli oggetti,ma si devono sfruttare le moderne conoscenze scientifico-tecnologiche per realizzare prodotti di elevata qualità e di lungadurata ricorrendo alle automazioni, in modo tale da produrre laminor quantità possibile di oggetti con il minimo lavoroumano.

La decrescita dev'essere anche una decrescita di tempodedicato alle attività lavorative. Decrescere deve significareridimensionare l'economia e il lavoro umano, per assicurareeco-sostenibilità e tempo in abbondanza per vivere la vita, purdisponendo di beni e servizi.

Per questi motivi la decrescita deve orientarsi all'efficienza eall'automatizzazione dei processi produttivi, per salvaguardarel'ambiente e assicurare la libertà nei confronti del lavoro,altrimenti salveremo il pianeta, ma condanneremo ancora unavolta l'umanità a un'altra forma di schiavitù.

102 di 263

Le scelte che conducono a un'eventuale decrescita devonoessere ponderate razionalmente e compiute tenendo semprebene in mente la meta del benessere e della libertà di tutti gliesseri viventi.

Purtroppo gli obiettivi generati dall'inseguimento del profittodimostrano sempre più di discostarsi da ciò che sarebbeestremamente utile per rendere sane, libere e felici le persone. Per questo, se intendiamo seriamente migliorare le condizionidi vita sulla Terra, bisogna innanzitutto avere il coraggio diripudiare l'obiettivo del profitto.

Questa scomoda verità è totalmente contraria ai principi dellibero mercato, e richiederebbe come alternativa unaregolamentazione o una pianificazione dell'economia,implementata in modo tale da coordinare e finalizzare gli sforzidei membri del sistema verso un cammino virtuoso, cosa chel'economia di libero mercato ha dimostrato chiaramente di nonessere in grado di fare.

Le considerazioni contenute negli ultimi capitoli sono talmenteovvie che chiunque avrebbe potuto scrivere questi saggi.

Eppure, dimostrano innegabilmente l'inefficienza intrinsecadell'attuale sistema economico, concepito sulla base di unavisione economica imbevuta dell'ideologia del libero mercato edel meccanismo di crescita per la crescita indotto dal sistemamonetario.

Adattarsi alle richieste di un'economia che non conduce allafelicità e non garantisce neanche la sostenibilità ambientale marimane in auge a causa di vincoli metafisici che ci siamo auto-

103 di 263

imposti come se fossero ineludibili, rappresenta una chiaraforma di cretinismo economico.

È evidente che tutto questo debba essere superato. Possiamoscegliere, perché in quanto esseri pensanti abbiamo il potere ele capacità per farlo.

Il sistema economico e le sue regole, in quanto meri costruttiantropici, possono essere modificati a nostro piacimento, inmodo tale da raggiungere nobili obiettivi, come ad esempio lasostenibilità ambientale e la felicità dell'intera umanità.

Chi detiene il potere vuole far credere alle persone chedecrescere significhi avere di meno e quindi vivere in povertà.Ma non è così.

Viviamo in un mondo finito che non può sostenere una crescitadei consumi di beni e servizi sempre maggiore, ed è del tuttoevidente che «solo un pazzo, oppure un economista», per dirlaalla Kenneth Boulding, potrebbe sostenere il contrario.

Decrescere significa innanzitutto aumentare l'efficienza edeliminare gli sprechi; avere oggetti di elevata qualità purlavorando di meno; ripristinare la sostenibilità ambientaleconsumando energia pulita e rinnovabile; mangiare prodottisani coltivati a km zero invece dei veleni a basso costocommercializzati dalle multinazionali.

La decrescita felice crea gli spazi necessari per consentire atutti gli esseri umani di vivere nell'abbondanza e in modosostenibile; restituisce il doveroso tempo alla vita sottraendoloa un iper-lavoro dannoso ed evitabile;

104 di 263

contribuisce a porre fine ai conflitti armati, tipicamente legatial predominio sulle risorse petrolifere.

L'unico "difetto" della decrescita è la sua chiara incompatibilitàcon le logiche di profitto dell'imperante ideologia capitalistica,che di certo non la rendono appetibile agli occhi di chi traeenormi vantaggi dall'odierno sistema economico.

Decrescere, infatti, significherebbe riconoscere il fallimentodella visione economica fondata sul dogma del libero mercato.

Una concezione economica folle che concretizza un sistemasociale pessimo; assicura dominio e profitto a una minoranzamediante lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo e degli altriesseri viventi; causa povertà e sofferenza; non mette in attocontromisure serie nei confronti dell'inquinamento ambientaleperché risulterebbero "antieconomiche"; trae vantaggio dallamalattia in quanto fonte di profitto; attua un uso inefficiente einsensato delle risorse e del tempo della vita.

Tutto ciò si traduce in una generalizzata insostenibilitàambientale, nonché in una chiara deriva dalla libertà e dallafelicità.

Ecco perché l'élite fa di tutto per far credere che la decrescitasia un male. Anche se in effetti, da un certo punto di vista, èproprio così che stanno le cose:

la decrescita è un male, certo, per chi oggi detiene ricchezza epotere, ma non per l'umanità.

105 di 263

Le menzogne del potere sul denaro

Dalla cessazione degli accordi di Bretton Woods, avvenuta nel1971, non c'è più alcun bene reale a garanzia del denaro, comeinvece avveniva in passato in special modo con l'oro.

Il concetto stesso di denaro, meramente metafisico, èesclusivamente fiduciario.

La moneta di per sé non è altro che un insieme di segnicontabili stampigliati su dei supporti cartacei(banconote/cartamoneta) e/o memorizzati in formato digitaleper mezzo di sistemi informatici (moneta elettronica), chevengono utilizzati come intermediari per gli scambi.

Non c'è nulla che sia in grado di attribuire valore a unaqualsiasi moneta al di fuori della profonda convinzione dei suoiutilizzatori che quella rappresentazione contabile, in futuro,potrà essere nuovamente scambiata con un bene reale che,pensano, sarà almeno di pari entità rispetto a quello giàscambiato in passato.

Il denaro viene creato dal nulla, a costo zero, e non c'è alcunlimite alla sua creazione in quanto unità di misura del valore,esattamente come non può esistere alcun limite alla creazionedi metri o di iarde, che sono delle unità di misura delladistanza.

Oggi invece è come se vivessimo in un mondo dove non sipossono costruire strade non perché non ci sono i mezzi o laforza lavoro per farlo, ma perché un'ipotetica banca, chedetiene il controllo sull'emissione dell'unità di misura della

106 di 263

distanza, non emette i chilometri che ci servirebbero perrealizzare le strade di cui avremmo bisogno.

Ogni limite inerente al denaro è dovuto a scelte che derivanodalla volontà umana.

Non c'è una scarsità intrinseca relativa al denaro, perché nonpuò esistere;

esiste invece la ferma volontà di una élite che si adoperaincessantemente affinché ci sia scarsità.

Il passo successivo, dopo aver ottenuto il controllo sullacreazione, è quello di gestirne l'emissione mediante il notomeccanismo del debito.

Non c'è alcun obbligo di emettere prestiti previa richiesta di uninteresse positivo, si tratta ancora una volta di una sceltaarbitraria, e inoltre, per quanto strano possa sembrare vistol'attuale ordine delle cose, non c'è neanche alcun obbligo daparte di chi emette moneta nel pretenderne la restituzione.

Si potrebbero semplicemente dare soldi a chi ne ha necessità, omagari finanziare opere e servizi di pubblica e reale utilità,senza indebitare nessuno.

Il denaro non costa nulla, in quanto rappresentazione di unsegno contabile, e non si capisce perché una minoranzad'individui debba asservirne altri per mezzo della gestione diun costrutto metafisico.

Ma la mente malata di alcuni omuncoli può forse esimerlidall'utilizzare uno dei più potenti strumenti per ottenere al

107 di 263

contempo potere e profitto che siano mai stati ideati nella storiadell'umanità?

A tal proposito, il secondo presidente degli Stati Uniti JohnAdams disse:

«Ci sono due modi per conquistare e schiavizzare una nazione.Uno è con le spade, l'altro è con il debito».

In realtà il debito di uno Stato a moneta sovrana è chiamato"debito non oneroso", ma esso può diventare una potente armadominatrice non appena una nazione sceglie di cedere lapropria sovranità monetaria a una banca privata, trasformandocosì una partita di giro contabile in un debito effettivo e reale.

In economia esiste una regola molto semplice: per uno chespende c'è sempre qualcun altro che guadagna;

similmente il debito di un attore economico corrispondesempre al credito di qualcun altro.

Con le dovute accortezze, possiamo sostenere che in uno Statoa moneta sovrana il debito pubblico rappresenti la ricchezza deiprivati.

Questa affermazione, che suonerà allucinante alle mentimanipolate dalla propaganda, può essere facilmente compresacon alcuni esempi.

La famosa "spesa pubblica improduttiva", tanto bistrattata dapolitici ed economisti neoliberisti, è quella che ha permessoagli italiani di viaggiare nelle autostrade e nelle ferrovie, e distudiare e curarsi nelle strutture pubbliche.

108 di 263

Spiegare con quale fine furono realizzate quelle strutture evennero forniti quei servizi, esula dagli scopi di questo saggio.

Posso brevemente accennare al fatto che lo Stato è il piùpotente strumento del capitale, da cui si può comprendere chelo scopo fu di assecondare le necessità di chi intendevarealizzare profitto, e non di certo di concretizzare il benesseredell'umanità.

Il punto nodale è che, nel bene o nel male, tutto ciò furealizzato perché lo Stato disponeva delle leve monetarie.

Se invece uno Stato non è più in grado di emettere la propriamoneta, per finanziarsi dovrà andare a caccia di capitali, ma inquesto modo si dovrà indebitare a un tasso d'interesse fuori dalproprio controllo, perché fissato dal mercato, e ciò avverrà apatto che i creditori ritengano quello Stato un debitoreaffidabile e quindi siano effettivamente disposti a finanziarlo inqualche misura.

A quel punto, però, il debito pubblico sarà diventato a tutti glieffetti un debito reale, pari a quello di un qualunque privato,con tutto ciò che ne comporta.

L'assenza di leve monetarie va a braccetto con l'ideologia delloStato minimo, tipica della dottrina neoliberista, ovvero contagli, svendite delle eccellenze pubbliche e rispettiveprivatizzazioni.

Ma se i servizi non li offre il pubblico finanziandosi con la suamoneta, chi li assicurerà?

109 di 263

Il privato, ovviamente, che però nel suo agire presentaanch'esso dei "piccoli" difetti sostanziali.

In primo luogo il privato investe, ovvero fornisce servizi, solose pensa che il suo capitale sarà remunerato, e lo fa applicandole modalità che gli consentono di ottenere il maggior profitto.

In altri termini ciò significa: lavoratori sfruttati e sottopagati,norme permissive per l'inquinamento ambientale. E così via...

In secondo luogo il privato non ha la ben che minimaintenzione di assicurare un servizio a tutti e ovunque, ma solo achi può permetterselo e nei luoghi che garantiscono un maggiorritorno economico.

E in tutti gli altri casi che cosa accadrebbe?

Come faranno i poveri a studiare e a curarsi con una scuola euna sanità private?

Chi cablerà i paesi poco popolosi con la fibra ottica e chi liinserirà nei tragitti degli autobus, visto il basso numero diutilizzatori potenziali dei servizi?

Semplice: i poveri non studieranno e non si cureranno, mentregli abitanti dei paesini non avranno una connessione a fibraottica e se vorranno spostarsi dovranno attrezzarsiautonomamente.

Un'altra caratteristica del denaro è che può essere accumulato.

Non esistono leggi che impediscono di accumulare in eccessorispetto alla ricchezza media.

110 di 263

L'odierno sistema socio-economico consente l'esistenzad'individui dediti all'accumulazione che continuano adaccumulare avidamente anche quando non ne avrebbero piùalcuna vera necessità.

Personalmente ritengo che questi soggetti andrebbero aiutati,perché cercare di guadagnare quanto più denaro possibile non èuno scopo di vita sano, ma la perversione di una mente malata.

Il guaio è che per ciascuno che dispone di una ricchezza al disopra della media altri devono averne necessariamente al disotto, e così può accadere che all'opulenza di alcunicorrisponda la miseria di molti altri.

In Italia ci sono imprenditori che vantano patrimoni superiori almiliardo di euro.

Tale cifra, se venisse monetizzata, gli consentirebbe dispendere 1.000,00 € al giorno per circa 2.740 anni;

eppure questi personaggi continuano ad accumulare e atrattenere il profitto per sé, ignorando le necessità di quei 10milioni di poveri recentemente denunciati dall'ISTAT12.

In una società "normale" simili individui non dovrebberoneppure esistere e il resto della collettività, di fronte alla loropresenza, dovrebbe agire con forza affinché quest'assurdoprocesso di accumulazione non possa più aver luogo,

12 ANSA: "Istat: in Italia 10 milioni di poveri, di cui 6 milioni assoluti", 14luglio 2014 http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2014/07/14/istatin-italia-10-milioni-di-poveridi-cui-6-milioni-assoluti_59e61cbd-6e5e-46a1-ab83-e05e97581eab.html

111 di 263

redistribuendo gli eccessi in favore di chi ne ha una ben piùchiara e sincera necessità.

Viviamo in un mondo dove l'1% della popolazione detiene il50% della ricchezza totale, esattamente la stessa quantità adisposizione del 99% del resto degli esseri umani13. Non so in quanti si rendano conto fino in fondo della gravità diquest'ultima affermazione.

Ne deduciamo che eliminando l'azione egoistica e parassitariadi quell'esigua minoranza, la restante parte della popolazionevedrebbe immediatamente raddoppiare la propria ricchezza,senza far nulla, semplicemente redistribuendo l'eccessivaaccumulazione di taluni.

Ci dicono che non ci sono i soldi per sfamare i poveri o perfornire gratuitamente cure mediche a chi non può permetterseleeppure, guarda caso, i soldi per fare le guerre non mancanomai, e sono circa 1.750 miliardi di $ all'anno14;

così come non mancano mai i soldi che le aziende investonoper invadere il mondo con una futile e detestabile pubblicità,per un importo complessivo prossimo ai 550 miliardi di $all'anno15.

13 Il Fatto Quotidiano: "Oxfam: "Nel 2016 l’1% della popolazione sarà più ricco del restante 99%"", 19 Gennaio 2015 http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/19/oxfam-report-nel-2016-l1-popolazione-ricco-restante-99/1352049/

14 WIRED: "Spesa militare nel mondo, così nel 2014" 13, aprile 2015 http://www.wired.it/attualita/politica/2015/04/13/spesa-militare-2014/

15 Forecast Zenith Optimedia: "cresce del 4,4% l’adv globale nel 2015, trainata da Online Video e Mobile", 30 marzo 2015. Per approfondire si veda qui http://www.engage.it/agenzie/forecast-zenithoptimedia-cresce-

112 di 263

Eliminando guerre e pubblicità, delle quali in molti farebberovolentieri a meno, quel miliardo di poveri esistenti potrebbericevere 2.300 $ all'anno a testa di cibo, cure mediche oquant'altro, cesserebbero inoltre morte, distruzione emigrazioni, mentre i mass media, internet e i luoghi in cuiviviamo, non sarebbero più invasi da ridicoli spot pubblicitari.

Ma tutto ciò, per quanto possibile, viene sapientemente eimmancabilmente bollato come "utopia", in modo tale che lamassa se lo tolga immediatamente dalla testa, invece dipretenderlo a gran voce.

Così l'élite può continuare indisturbata ad attuare tutte ledinamiche che ritiene più opportune per generare profitto,anche se diminuiscono - dove non distruggono - il benessere diun gran numero di esseri umani.

Comprendiamo che il denaro per assicurare a tutti un'esistenzadegna di essere vissuta esiste già, solo che è mal distribuito eancor peggio utilizzato.

Ma anche se non ci fosse denaro a sufficienza basterebbecrearlo, a costo zero, cosa che è già avvenuta più e più volte,anche di recente nell'Euro-zona;

magari sarebbe il caso d'immetterlo direttamente nell'economiareale per attuare piani specifici che hanno come fine ilbenessere degli esseri umani, invece d'impiegarlo per salvare ilsistema bancario, continuando così ad alimentare i meccanismicoercitivi e di controllo basati sul debito.

del-44-la-spesa-adv-globale-nel-2015-trainata-da-online-video-e-mobile/34742

113 di 263

Con una sana gestione del denaro potremmo istituire un redditod'esistenza, in modo tale che nessuno sperimenti più la povertà,creare ospedali e scuole, per garantire cure mediche eistruzione all'intera umanità, e molto altro ancora... Ma tutto ciò non accade, non per una questione di conoscenze,non per discorsi inerenti le risorse, né per la mancanza di forzalavoro o di denaro, ma perché non esiste la volontà di farlo. C'è un'enorme inerzia che impedisce che tutto ciò diventirealtà, perché per realizzare una società più equa e giusta sidovrebbero andare a intaccare le ricchezze e il potere deimembri di quelle élites che oggi dominano il mondo.

Costoro, ovviamente, sono corsi ai ripari, da una parteesercitando il controllo sulla moneta privatizzando le banchecentrali, e dall'altra indirizzando l'economia nella "giusta"direzione, ovvero lontano dalla giustizia sociale.

Eppure il denaro in sé, con le sue molteplici forme, è soltantouno strumento, e in quanto tale non possiede le qualità di esserebuono o cattivo, ma a seconda di come viene impiegato puòtrasformarsi da un auspicabile mezzo per assicurare pace,benessere e prosperità, in una temibile arma tremendamenteefficace per esercitare il dominio di una élite nei confronti delresto dell'umanità.

114 di 263

Il lavoro come mezzo di controllo sociale

In un mondo dominato dalle merci dove per sopravvivere si ècostretti a procurarsi il denaro, il meccanismo di asservimentodei lavoratori si basa su di un semplice ricatto: o vendi la tuaforza lavoro al capitale oppure rischi di morire di fame.

La maggior parte degli individui non è libera di scegliere illavoro che più gli piace e così, non avendo capitale asufficienza per avviare l'attività che ha sempre sognato, ècostretta a sottomettersi.

Un normale contratto di lavoro consiste nella cessione di 8-10ore al giorno della propria unica esistenza, che vengono messea completa disposizione delle esigenze di profitto di altri esseriumani.

Ma i ruoli che il capitale ha ideato per i suoi subordinati, nonsono pensati per essere piacevoli, aumentare la qualità dellavita o rendere felice un essere umano.

No! Essi sono il riflesso delle necessità del profitto.

Se un imprenditore ha bisogno di mettere in piedi una catena dimontaggio, ecco che nasce il ruolo dell'operaio; se invece habisogno di produrre o smaltire scartoffie burocratiche, arrival'impiegato; se ha bisogno di realizzare schemi meccanici oelettrici, si sviluppa la figura del disegnatore. E così via...

Eppure nessun individuo sano di mente baratterebbe in modospontaneo il proprio tempo esistenziale con un'attività che locostringerà a una realtà ripetitiva, noiosa e logorante, rinchiuso

115 di 263

all'interno di uno stabile, giorno dopo giorno, a prescinderedalla propria volontà, per 40 anni della sua unica vita.

Da qui la necessità dell'azione coercitiva dell'induzione coattaal lavoro attuata anche attraverso il sistema economico.

Senza un potente ricatto, infatti, nessun individuo sarebbedisposto a cedere la propria esistenza in cambio di un lavoroche non gli aggrada, requisito fondamentale in un mondo rettodal capitale.

L'attività lavorativa oggi è totalizzante e ruba energiepsicofisiche ai lavoratori, che di ritorno a casa dopo una lungagiornata d'inutile asservimento non hanno più forza e volontàper dedicarsi alle proprie vere passioni.

Non è solo una questione psicofisica, anche volendo ilavoratori non avrebbero effettivamente tempo a disposizioneper fare nulla. Per un subordinato esiste solo il tempo perlavorare, alimentarsi e riposare.

Chi lavora non ha il tempo necessario per veder crescere ipropri figli, non ha tempo per praticare assiduamente uno sportall'aria aperta, non ha tempo per studiare, per dipingere o persuonare uno strumento musicale.

Il tutto deve essere svolto sporadicamente, sfruttando dei rarimomenti di lucidità mentale ed energia fisica, in ancor più rarimomenti di libertà.

La vita viene ridotta a un ruolo, non si è più esseri umanicompleti, vitali, liberi ma operai, impiegati, progettisti...ingranaggi di una macchina che sfugge dal proprio controllo.

116 di 263

Lavorando il tempo passa e l'esistenza perde di significato; ildoppio ruolo di lavoratore-consumatore che il capitale hapensato per gli esseri umani, annulla il senso dell'esistenza.

Il lavoro ostacola gli individui nel vivere la vita, e a un certopunto molti di essi non vedono alternativa all'illudersidell'esistenza di un paradiso ultraterreno, all'ubriacarsi e aldrogarsi per cercare di evadere da un'esistenza inutile e priva disenso da schiavi del capitale.

Ma com'è possibile che la massa non si ribelli di fronteall'ingiustizia dell'asservimento dell'uomo sull'uomo eall'annullamento del senso della propria esistenza?

All'interno di una società capitalistica il lavoro diventa unpotente mezzo per il controllo sociale.

Individui che non hanno tempo per pensare, per studiare, la cuicreatività è annullata dalla quotidiana attività lavorativa e cheper sopravvivere dipendono completamente dalla lorosubordinazione, difficilmente riusciranno a ribellarsi.

Non avendo tempo e lucidità per ampliare i loro orizzontiintellettuali, non si interesseranno alle conoscenze necessarieper comprendere la realtà.

Annullando la loro creatività, pur comprendendo le criticità,non riusciranno a concepire un'alternativa.

Le strade praticabili per l'esistenza dall'infinito spettro delpossibile saranno così ridotte esclusivamente alla via dellasubordinazione.

117 di 263

La paura di perdere anche quel poco concessogli dal propriosfruttamento farà il resto, condannando perennemente ilavoratori a una vita da schiavi.

Paradossalmente, se un individuo è allenato a credere che nonci siano altre possibilità, andrà volontariamente in cerca delproprio schiavista, invece di rifuggirlo o combatterlo.

In questo modo il modello d'asservimento diventa stabile e purin presenza di alternative non si modificherà, riservando allefuture generazioni subordinazione e sfruttamento invece chelibertà.

Ed è proprio ciò che sta accadendo oggi. Le persone nonpensano che la società possa effettivamente cambiare,l'asservimento possa essere eliminato ed esistano delle logichesocio-economiche differenti che sarebbero in grado diassicurare a tutti benessere e libertà.

La tipica domanda è: allora che cosa possiamo fare?

Gli esseri umani hanno bisogno di tempo per vivere la vita,all'interno di una società che assicuri a tutti «pane, libertà,amore e scienza», volendo citare Malatesta.

Bisogna unirsi e iniziare a cooperare nell'interesse generalesenza più guardare al profitto, attuando i cambiamentinecessari per concretizzare il benessere dell'intera umanità.

Ma per far questo è di fondamentale importanza prenderecoscienza della propria condizione di sfruttamento edell'esistenza di alternative concrete da poter attuare perraggiungere giustizia sociale, uguaglianza e libertà.

118 di 263

La follia delle fontane pubbliche a pagamento

Questa mattina, con mio gran stupore, ho scoperto che aSigillo, un paesino di 2.500 abitanti che si trova in Umbria, èstato installato un distributore automatico d'acqua pubblica apagamento, e ho anche visto un Minus Habens del posto che lastava acquistando, nonostante a non più di 200 metri didistanza esista un'altra fontanella pubblica, che distribuisceacqua del medesimo acquedotto gratis.

Nella mia ignoranza, non avevo mai sentito parlare di undistributore d'acqua pubblica a pagamento, e dubito che sareiriuscito a concepire una simile bestialità:

bisogna essere proprio malati di mente per pensare di fareprofitto anche con l'acqua delle fontanelle pubbliche.

Sono al tempo stesso divertito e inorridito dalla stupidità edall'avidità di taluni esemplari di homo sapiens, ma laquestione ancor più sconvolgente riguarda un po' tutti noi.

Non l'avete notato? Ci stanno anestetizzando, non ciscandalizziamo più per niente e tutto, o quasi, ci sembra"normale".

Ci rendiamo conto? Stanno vendendo la stessa acqua chediscende per mezzo delle magnifiche grotte del Monte Cucco,che da ben oltre centinaia di migliaia di anni soddisfaegregiamente i bisogni di tutti gli esseri viventi della vallatasenza pretendere alcunché in cambio, se non il rispetto perl'ambiente. E nessuno si oppone apertamente a questaaberrazione e tanto meno si degna di organizzare una ben cheminima protesta.

119 di 263

L'indifferenza e la rassegnazione regnano sovrani. Che cosa cista succedendo?

Se tutto ciò fosse accaduto negli anni '60 il giorno stessodell'inaugurazione qualche contadino del posto avrebbescardinato il distributore, e comunque sono certo che i paesanidell'epoca non sarebbero stati così idioti d'acquistare un beneche era, è, e deve continuare a essere a disposizione di tuttigratuitamente.

V'immaginate poi se avessero osato installare un distributored'acqua pubblica a pagamento in una qualsiasi città nel '68oppure, qualche anno più tardi, ai tempi delle Brigate Rosse?

Come minimo l'avrebbero fatto saltare in aria con del tritolo!

Pian piano ci stanno abituando all'idea che sia giusto pagare peravere l'accesso all'acqua.

Non è difficile immaginare che tra qualche decennio nonesisterà più acqua gratis in nessun luogo, perché anche quelladei fiumi e delle sorgenti naturali sarà troppo inquinata peressere bevuta direttamente, e così dovrà essere necessariamenteacquistata in bottiglia o dai distributori pubblici a pagamento,previa decontaminazione.

La follia dell'ennesimo sogno capitalistico si trasformerà inrealtà, o meglio in un incubo a occhi aperti per i più poveri:

dare un prezzo a un bene fondamentale per la sopravvivenza,nonostante la natura lo metta a disposizione gratuitamente pertutti.

120 di 263

Le fontane pubbliche rappresentano l'ultimo baluardo di unaconcezione in totale antitesi al folle ideale capitalistico cheintende mercificare tutto, iniziando con gli esseri umani, resischiavi nelle fabbriche e nelle aziende, passando per i prodottidel loro lavoro, per finire con quello che la natura mettegratuitamente a disposizione in abbondanza, come l'acqua ol'aria, e noi stiamo lentamente cedendo all'inganno,abituandoci, come se tutto ciò fosse normale, necessario einevitabile.

Il fatto che chiunque possa bere senza pagare alcun prezzoappare inconciliabile con un mondo sempre più dominato dallelogiche del profitto, in quanto, secondo la folle concezionedelle multinazionali, anche l'acqua dovrebbe essere considerataun bene da rendere accessibile soltanto a chi può permettersi dipagare il giusto prezzo per acquistarla.

Ma si dà il caso che il giusto prezzo per l'acqua dev'essere paria zero, anche se ciò viola le ridicole leggi di mercato. Pazienza,che i capitalisti se ne facciano una ragione, l'acqua non può enon deve avere un prezzo.

Quest'ultima frase dovrebbe essere un assioma fondante di ognisocietà evoluta, indipendentemente da quanto alcuni dei suoimembri siano assetati di profitto.

In un mondo a misura di essere umano, le fontanelle pubbliche,dove l'acqua sgorga gratuitamente secondo necessità,dovrebbero essere obbligatorie in qualsiasi luogo frequentatoda esseri viventi.

Ci sono cose che non dovrebbero sottostare alle logiche delprofitto, e l'acqua rientra a pieno titolo in questa categoria.

121 di 263

Il profitto è il cancro della nostra società

Chiunque, in tutta onestà, tentasse d'individuare le principalicause delle distorsioni della nostra società, non potrebbeevitare di considerare le deleterie logiche di profitto.

Alcuni affermano che le azioni di un insieme d'individui incompetizione che agiscono l'uno contro l'altro, mossi da unegoistico obiettivo d'arricchimento personale, contribuiscano alraggiungimento del benessere dell'intera umanità.

Ma di fronte all'evidenza empirica questa affermazione si èrivelata essere tremendamente falsa.

Gli obiettivi d'una società competitiva dedita al profittoindividuale non collimano con il raggiungimento del benesserecollettivo, semmai permettono di ottenere libertà e ricchezzasmisurata a esclusivo vantaggio di una minoranza, scaricandogli oneri sullo sfruttamento indiscriminato di esseri umani e dirisorse ambientali, arrivando a compromettere l'integritàdell'ecosistema e la salute di tutti gli esseri viventi.

La competizione, l'egoismo, l'avidità e il motivatoredell'arricchimento hanno prodotto l'ingiusta e insostenibilesocietà in cui viviamo.

Non è difficile intuire come il profitto induca degenerazioni edistorsioni invece di far raggiungere il benessere collettivo.

Le dinamiche che regolano una società dedita al profitto sonoessenzialmente riconducibili a due casistiche fondamentali:

122 di 263

se una qualsiasi azione ha la potenzialità di generare unsufficiente profitto, allora si cercherà in tutti i modi di attuarla,mentre invece se non è in grado di garantire un qualche tipo diritorno, non verrà neppure presa in considerazione.

Si può sinteticamente definire la prima delle due dinamicheappena esposte come forma motivante del profitto, mentre perquanto riguarda la seconda si può parlare di forma limitante.

All'interno di una società dove lo scopo è guadagnare denaro,se un'azione garantisce un elevato profitto l'essere umanodiviene fortemente motivato ad attuarla, e questo avvieneindipendentemente dall'effettiva utilità o dalla dannosità delladinamica stessa, in virtù della prospettiva dell'arricchimento.

In questo modo, però, le conseguenze dei gesti perdono disignificato e passano in secondo piano, in quanto lo scopo nonè più compiere un'azione utile in sé, ma attuare una dinamicache sia in grado di assicurare un ritorno economico.

Ecco allora che la forma motivante legittima lo sfruttamentodell'uomo sull'uomo, attuato attraverso l'asservimento acondizioni di lavoro sempre più terribili;

le guerre o la produzione di armi diventano "normali", cosìcome vendere medicinali, anziché distribuirli gratuitamente, ocommercializzare prodotti futili e dannosi per la salute in mododa aumentare le malattie, che poi dovranno essere curatepagando i servizi offerti dai sistemi sanitari privati.

Soppesando le nostre azioni sulla base del ritorno economico,saremo scoraggiati dal voler attuare ogni dinamica che non siain grado di assicurare un profitto.

123 di 263

Eppure ci sono cose di fondamentale importanza per l'umanità,che però, allo stesso tempo, non riescono ad assicurare un utile.

Tagliando fuori dall'insieme del fisicamente possibile tuttequelle azioni che non sono in grado di soddisfare le esigenzedettate dalle logiche di profitto, l'insieme dell'attuabile noncoincide più con quello del possibile, ma si restringeconsiderevolmente diventandone un minuscolo sottoinsieme.

In questo modo s'impone un evidente limite all'umanità: non sipossono mettere in atto le azioni realmente necessarie, masolamente quelle che sono giudicate economicamenteammissibili, perché sono in grado di generare un profitto.

Così, se sfamare, curare e istruire i poveri non assicura unritorno economico, allora i poveri moriranno di fame, nonpotranno curarsi e resteranno analfabeti.

Se rendere non inquinanti i processi produttivi richiede unaperdita economica, le aziende continueranno a inquinarel'ambiente. E così via.

Con la forma limitante si sfata in un sol istante il mitoneoliberista dello Stato minimo, privato della sovranità e cheagisce in condizioni di libero mercato, perché all'interno diun'economia monetaria, senza un attore disposto a spendere inmodo svincolato dalle logiche di profitto, non ci sarebbe piùnessuno a realizzare quelle opere giudicate "antieconomiche",che invece sarebbero fondamentali per assicurare il benessereai membri della società.

124 di 263

La forma motivante si traduce in un'altra tipica manifestazione:l'attaccamento inerziale al profitto.

Infatti, se una dinamica in atto è in grado di generare profitto,chi trae vantaggio da essa farà di tutto affinché vengamantenuta in essere, aumentando l'inerzia nei confronti d'uncambiamento che in realtà, in molti casi, sarebbe auspicabile.

Un simile atteggiamento è concausa, insieme alla formamotivante, del mancato passaggio dalle fonti inquinanti nonrinnovabili, alle fonti non inquinanti rinnovabili.

Le logiche di profitto suggeriscono che si debba continuare abruciare petrolio fin quando questa strategia non sarà più ingrado di garantire un utile maggiore rispetto alle altre soluzioniesistenti per produrre energia, fregandosene altamente deiproblemi ambientali collegati.

Chi trae vantaggio dallo sfruttamento dell'oro nero, siimpegnerà in ogni modo affinché il passaggio alle rinnovabiliavvenga il più tardi possibile, contribuendo al mantenimento inessere di un disastroso processo d'inquinamento su scalaglobale ampiamente evitabile.

Le distorsioni della nostra società e la mancata applicazionedelle possibili soluzioni, non sono fenomeni casuali, ma ilfrutto del connubio tra la forma limitante e la forma motivanteindotte dalle logiche del profitto.

Il fine dell'accumulazione e la forma motivante giustificano ledinamiche più indecenti e dannose;

125 di 263

la forma limitante c'impedisce di attuare quelle soluzioni chesarebbero fondamentali per raggiungere abbondanza e libertà,non perché siano fisicamente impossibili da realizzare, maperché si trovano al di fuori dell'insieme dell'economicamenteammissibile;

l'attaccamento inerziale mantiene in essere le dinamichedeleterie che però sono in grado di assicurare un ritornomaggiore dell'investimento iniziale, ostacolando così uncambiamento auspicabile, se non vitale, per l'umanità.

Oggi come non mai abbiamo risorse, conoscenze e capacità pergarantire abbondanza, sostenibilità ambientale e libertà per tuttigli esseri umani, eppure non possiamo attuare le soluzioni checi permetterebbero di raggiungere questi nobili obiettivi,perché ci ostiniamo a rimanere ancorati all'idea di dovernecessariamente inseguire il profitto.

Se non possiamo realizzare prodotti durevoli anzichéqualitativamente scadenti e facilmente deteriorabili;

se continuiamo a far lavorare gli esseri umani al posto dellemacchine, invece di liberarli dall'asservimento lavorativo purpotendogli garantire l'accesso a beni e servizi;

se manteniamo in essere la disoccupazione, invece di ripartireil lavoro su tutti gli esseri umani diminuendo l'orario pro-capite;

se continuiamo a combattere guerre per accaparrarci le risorseda sfruttare, invece che condividerle con l'intera umanità;

126 di 263

se la richiesta energetica globale è ancora soddisfatta mediantel'utilizzo massivo di combustibili fossili inquinanti;

se quello che riusciamo a realizzare deve essere acquistatoanziché essere distribuito gratuitamente...

è perché ci ostiniamo stupidamente a porre le logiche delprofitto a fondamento della nostra società.

Non dovremmo compiere scelte sulla base di quanto ritornoeconomico sono in grado di assicurare, ma valutando la loroeffettiva utilità sul percorso del raggiungimento del benesseredegli esseri viventi.

La logica non dev'essere quella del profitto, ma quelladell'utilità collettiva.

Un'azione dev'essere intrapresa in virtù di quanta felicità puòapportare a ciascun individuo, senza diminuire quella di nessunaltro.

È giunto il momento di abbandonare la miopia e l'egoismoindotti dall'inseguimento del guadagno personale, per iniziare aguardare alle vere necessità di tutti i membri della società.

Il profitto dovrebbe essere l'ultima delle nostre preoccupazioni,non la principale e le sue logiche deleterie dovrebbero essereestirpate, invece di essere incentivate e ricercate.

Il profitto è il cancro della nostra società che deve esseresconfitto, se intendiamo realmente costruire un mondo amisura di essere umano.

127 di 263

Le spiacevoli conseguenze delle società basate sulmerito

L'attuale sistema cerca in tutti i modi d'inculcarci nella mentel'idea che premiare economicamente il merito rappresentiun'azione giusta e doverosa.

Più una persona è in gamba e riesce a primeggiare, più gli deveessere riconosciuto un compenso elevato.

Bisogna impegnarsi per essere i migliori, i più produttivi, i piùforti, per assicurarsi condizioni di ricchezza maggiori,contando sulla possibilità di vedersi riconosciuto il merito.

Meritocrazia, è questo il mantra dell'odierna società16.

Ma in quanti si sono fermati a riflettere sulle conseguenze diquesta scelta sociale?

Il sistema meritocratico è veramente utile per raggiungere ilbenessere di tutti gli esseri umani?

I meritevoli sono quegli individui che per qualche ragioneriescono a emergere e a distinguersi dalla massa a seguito delleproprie azioni.

Il perché riescano a farlo è presto detto.

16 Il termine può assumere diversi significati: all'interno di questo articoloper meritocrazia s'intende la tendenza a premiare, nel mondo del lavoro,chi si distingue per impegno e capacità nei confronti degli altri, ai qualiviene negato, in una certa misura, il diritto di ricevere un redditodignitoso a causa delle proprie scarse capacità.

128 di 263

Si tratta di un connubio d'esercizio e dedizione uniti con unpizzico di fortuna, che però non porterebbe troppo lontanosenza la concomitanza di un talento innato.

Per quanto una persona possa allenarsi intensamente, nondiventerà mai un ciclista professionista se non è dotata di unapparato cardiovascolare geneticamente performante.

Un essere umano che decida di dedicare tutta la sua vita allostudio della matematica, non riuscirà comunque a dimostrareuno dei 7 problemi del millennio senza avere capacitàcognitive al di fuori dell'ordinario.

Si tratta di qualità che vengono assegnate dalla natura e nondipendono dalla volontà o dall'impegno dell'essere umano.

Con questo non intendo dire che l'esercizio, la costanza e ladedizione non possano portare a miglioramenti considerevoli,vorrei invece sottolineare che il meritevole, di solito, è tale epuò primeggiare tranquillamente sugli altri, in quanto membroeletto da Madre Natura.

Per quanto una persona non dotata si possa sforzare, nonriuscirà mai a dominare la scena nei confronti di un verotalento naturale.

È come se i meritevoli fossero stati progettati per sovrastare larestante massa della popolazione.

In un sistema sociale strettamente basato sul merito, lamaggioranza degli esseri umani sarebbe inevitabilmenteclassificata come "non meritevole".

129 di 263

Vista l'impossibilità pratica di reggere il confronto con l'élitedei meritevoli, è doveroso chiederci: quali sarebbero leconseguenze di questa scelta?

Immaginiamo quindi di organizzare una società totalmenteincentrata sul merito: «benvenuti a Meritocratia, la città dovele capacità di ognuno vengono sempre riconosciute!»

In questo luogo ideale, intriso di totale dedizione al merito,ogni essere umano percepisce un compenso proporzionale a ciòche è effettivamente in grado di fare.

A tutti viene riconosciuto il merito, le persone sono stimolate adare il massimo per avere di più!

Ma in questo modo la classe dei meritevoli sarà sempre portataa primeggiare rispetto alla massa dei non meritevoli,diventando ben presto ricca e potente.

Non è una questione di volontà!

Per quanto i non meritevoli possano impegnarsi nonriuscirebbero comunque a competere con l'élite scelta dallanatura.

Il compenso ricevuto dai non meritevoli si traduceinevitabilmente in un livello di ricchezza inferiore rispetto allaclasse dei meritevoli.

Purtroppo all'interno dell'insieme dei non meritevoli è andata aformarsi un'ulteriore sottoclasse i "per nulla meritevoli",ovvero coloro che non riescono neanche ad assicurarsi lasussistenza a causa delle proprie scarse capacità:

130 di 263

le doti che il caso gli ha assegnato non gli permettono di avereun merito considerato sufficientemente elevato per poter viveredignitosamente nella città di Meritocratia.

Che cosa vorreste farne quindi dei "per nulla meritevoli",condannarli alla morte per fame?

Fate attenzione, anche cacciandoli da Meritocratia il problemasarebbe destinato a ripresentarsi, poiché subito dopo andrebbea formarsi una nuova classe considerata "per nulla meritevole".

Infatti anche considerando l'insieme dei 10 centometristi piùveloci di sempre, in un sistema strettamente meritocratico, i 3più lenti non potrebbero essere considerati meritevoli tantoquanto gli altri 7 più veloci;

così, in breve tempo, anche costoro sarebbero a loro voltacatalogati come "per nulla meritevoli" pur essendo appartenutiall'élite dei meritevoli in passato, e dovrebbero essere cacciatidalla città.

Ma il problema si ripresenterebbe di nuovo con i restanticentometristi, fin quando non resterebbe soltanto il più velocedi tutti.

C'è un'altra questione da affrontare: per quale motivo i nonmeritevoli dovrebbero sperimentare condizioni di ricchezza ebenessere materiale inferiori a quello dei meritevoli?

Non sono forse tutti esseri umani?

131 di 263

In fondo le doti dei meritevoli non dipendono che da un casofortuito, se il fato non gliele avesse assegnate sarebbero statianch'essi condannati ad appartenere alla sciagurata classe deinon meritevoli.

Chiaramente i meritevoli non hanno bisogno d'incentivi, inquanto già abbondantemente premiati dalla natura conl'intrinseca possibilità di emergere grazie alle loro doti.

Al contrario, senza un meccanismo redistributivo, i per nullameritevoli, vivendo in una società esclusivamente basata sulmerito, sarebbero inevitabilmente condannati alla miseria.

A Meritocratia, infatti, una élite vive nella ricchezza, una massanella mediocrità e tanti altri esseri umani in povertà, soloperché considerati "non meritevoli".

Da questo piccolo esempio si comprende che premiareeconomicamente il merito induce stratificazione e divariosociale.

Se si vuole realizzare una società che sia in grado di assicurareun'esistenza di benessere paritario per tutti gli esseri umani,quella di premiare esclusivamente il merito non rappresenta dicerto una soluzione ottimale da adottare.

La meritocrazia senza redristribuzione costruisce una società didiseguali con un'evidente sperequazione della ricchezza avantaggio dell'élite dei meritevoli, un'ingiustizia che si puòpensare di riequilibrare con azioni redistributive attuate neiconfronti dei non meritevoli.

132 di 263

Ma premiare il merito per poi applicare dei meccanismiredistributivi, significa premiare in minor misura il merito,un'idea che portata alle estreme conseguenze, ovveroredistribuendo tutto il premio assegnato per il merito, equivalea non premiare affatto il merito!

Se assegniamo ricchezza in eccesso ai meritevoli, ma per farvivere dignitosamente i non meritevoli siamo costretti asottrarre quel premio per darlo ai meno dotati, è evidente che lalogica del sistema meritocratico, di fatto, risulta fallace.

Un sistema strettamente basato sul merito conduce allastratificazione e al divario sociale, impedendo addirittura a unacerta classe sociale di sopravvivere.

E si dà il caso che quella classe contenga anche gli individuipiù deboli e indifesi.

Concetti come la competizione e la meritocrazia puniscono ideboli e avvantaggiano i forti, premiando una classe econdannandone un'altra.

Ogni società basata su dei principi che non permettano a tuttigli esseri umani di vivere dignitosamente, dovrebbe essereimmediatamente rigettata senza alcuna necessità di ulterioriargomentazioni.

Ci troviamo difronte a delle alternative:

legittimare un sistema sociale che, premiando economicamenteil merito, assicura ricchezza e benessere a una élite sacrificandol'esistenza dei "non meritevoli";

133 di 263

attuare una redistribuizione parziale all'interno di un sistemameritocratico al fine di salvare perlomeno i "per nientemeritevoli" dalla fame;

oppure ripudiare definitivamente l'ideologia meritocratica,adottando un sistema alternativo che sia in grado di assicurare atutti condizioni di ricchezza e benessere paritari.

Che tipo di società abbiamo in mente per l'umanità?

Io propendo per la terza soluzione, perché a mio avviso gliesseri umani dovrebbero sperimentare le medesime condizionidi agio a prescindere dalle proprie intrinseche capacità.

Perché allora la massa continua a reclamare l'ideologia delmerito come pietra fondante per la propria società?

Del resto, data l'elevata probabilità di appartenere alla classedei non meritevoli, solo una piccola élite troverebbe una realeconvenienza a vivere nella città di Meritocratia.

Ancora una volta si stanno assecondando le necessità delpotere, invocando ciò che è utile per incrementare i profittidelle aziende.

L'umanità non ha bisogno di incentivare ulteriormente chi è giàstato premiato dalla natura, ma di prendersi cura dei membrimeno capaci e dotati, dei più deboli e indifesi.

Gli unici individui che dovrebbero essere premiati, sono coloroche non hanno le capacità per conquistarsi un premio da sé.

134 di 263

PROPOSTE E SOLUZIONI

135 di 263

L'eterna lotta tra sfruttati e sfruttatori

Per comprendere alcune delle dinamiche fondamentali dellaSocietà Capitalistica, è necessario suddividere la popolazionein due classi.

La prima, quella dei capitalisti, che detiene capitali e mezzi diproduzione; e la seconda, quella dei lavoratori, che è costrettatramite un ricatto economico a vendere ai capitalisti capacità etempo pur di sopravvivere.

In un simile sistema è evidente che il lavoratore non otterrà maitutto il frutto del proprio lavoro, bensì una parte di ciò cheeffettivamente produce in una giornata lavorativa, che andrà aformare il suo stipendio.

La differenza, al netto di spese e investimenti, finisce nelletasche del capitalista dedito all'accumulazione, che cosìrealizza un guadagno in modo parassitario.

I capitalisti, infatti, non assumono i lavoratori per compiereun'opera di beneficenza, ma per sfruttarli in modo da ottenere ilmaggior profitto possibile.

Il lavoratore subordinato può, a ragione, essere consideratocome un moderno schiavo, perché il capitalista non gli offreun'occupazione concepita per il suo benessere psicofisico, malo impiega a seconda delle proprie necessità e nei modi cheritiene più opportuni, privandolo della libertà.

Le esigenze delle due classi sono in contrapposizione.

136 di 263

Il capitalista può aumentare il suo guadagno sfruttando conmaggiore intensità i propri subordinati, concedendo minordiritti e pagando un minor compenso, ovvero creando un dannoai lavoratori.

D'altro canto il lavoratore se desidera migliorare la qualità dellapropria vita, non può che chiedere un aumento, un incrementodi diritti o una diminuzione dell'intensità del lavoro, il tutto adanno del capitalista.

Per il capitalista il lavoratore dovrebbe vivere nella fabbricalavorando tutto il giorno percependo come stipendio un tozzodi pane.

Il lavoratore, invece, vorrebbe stare a casa ricevendo lo stessostipendio dell'amministratore delegato.

Gli sfruttatori vorrebbero diventare ancora più parassiti diquanto già non siano, pretendendo che i propri schiavi lavorinopiù intensamente guadagnando ancora di meno;

gli sfruttati vorrebbero guadagnare di più e lavorare di meno,eliminando l'azione parassitaria degli sfruttatori.

Da queste semplici considerazioni scaturisce un conflittoinsanabile all'interno delle logiche capitalistiche, che condannagli esseri umani, suddivisi in classi, a un'eterna lotta sterile einfruttuosa.

Infatti quando gli sfruttati ottengono maggior diritti, ecco che ilcapitale si organizza e impone loro un peggioramento dellecondizioni lavorative.

137 di 263

L'inasprimento delle condizioni spinge i subordinati allarivolta, e il capitale è costretto ad allentare la corda,ingaggiando un continua tira e molla, che non contribuisce alraggiungimento del vero benessere di tutti gli esseri umani.

Rimanendo all'interno di un sistema di tipo capitalistico, l'unicasperanza per i subordinati è che i propri asservitori sianomagnanimi e li sfruttino un po' di meno di quanto farebbero sevenissero lasciati liberi di farlo.

È però inammissibile che una élite viva in condizioni di agiosottraendo parte del prodotto del lavoro ad altri esseri umani aessi subordinati.

Non c'è alcun motivo che giustifichi l'esistenza di una societàstratificata in luogo di una egualitaria, nella quale tuttisperimentano comparabili condizioni di ricchezza e libertà.

I lavoratori non dovrebbero accontentarsi di essere sfruttati inminor misura. La libertà non si ottiene con dei padroni piùbuoni, ma senza padroni.

Non è una questione di essere sfruttati un po' di meno, ma direalizzare una società all'interno della quale nessuno intendasfruttare gli altri.

Lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo non ha ragione di esisteree non deve essere tollerato. Chi tenta di difendere losfruttamento del lavoro salariato evidentemente sta dalla partedegli sfruttatori.

138 di 263

Lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo è un comportamentogravemente immorale che dev'essere eliminato dalle nostreprassi socio-economiche.

Da qui scaturisce l'esigenza d'ideare un modello alternativo disocietà, che non permetta a una élite di detenere capitali emezzi di produzione tramite i quali avviare delle attività con loscopo di ottenere un profitto tramite lo sfruttamento dell'uomosull'uomo e delle risorse comuni.

Il modello capitalistico fatto di classi in contrapposizione deveessere ripensato, realizzando la consapevolezza della necessitàdi voltare pagina per iniziare a inseguire il benessere,l'uguaglianza e la libertà del genere umano.

Non si tratta di rovesciare il sistema, ma di superarlo.Dobbiamo trovare una soluzione per eliminare il dualismostorico che suddivide i membri della società tra sfruttati esfruttatori.

Oggi invece gli schiavi vorrebbero diventare a loro volta deinuovi padroni, piuttosto di pensare ad assicurare la libertà a sestessi e all'intera umanità.

Per raggiungere il benessere di tutti gli esseri umani, nonabbiamo bisogno di classi in contrapposizione condannate aun'eterna lotta per incrementare la propria ricchezza l'una adiscapito dell'altra, ma di esseri umani posti sullo stesso livello,che cooperano per il benessere della collettività.

La lotta cesserà quando condivideremo il lavoro e metteremoin comune la ricchezza, quando nessuno sarà più sfruttato daipropri simili e non esisteranno individui più poveri degli altri.

139 di 263

Dipende da noi, possiamo continuare a competere e a sfruttarcivicendevolmente per inseguire il profitto stratificando lasocietà; o magari possiamo iniziare a cooperare nell'interessegenerale, superando il dualismo storico sfruttati-sfruttatori,realizzando un'unica classe, quella degli esseri umani, chemette in comune risorse, conoscenze e lavoro, per trasformarequesto mondo in luogo a misura di essere umano.

Un sistema produttivo scientificamente tarato per realizzarebeni e servizi in quantità tali da poter soddisfare le esigenzedell'intera umanità; all'interno del quale cooperare, vivendo incondizioni paritarie e condividendo il frutto del lavoro in modoequo con tutti gli esseri umani; dove nessuna élite puòesercitare il dominio sulle risorse, né sfruttare la restante partedella popolazione... di certo, sarebbe di gran lunga preferibilerispetto all'orrore dell'odierna Società Capitalistica.

La libera iniziativa dei capitalisti dediti al profitto non conduceal benessere dell'umanità. Le logiche capitalistiche impongonodi fare il necessario per guadagnare il più possibile.

Ma in questo modo gli obiettivi della sostenibilità ambientale,della libertà e della felicità, non vengono raggiunti perché nonrientrano nelle priorità di chi ha il potere di influenzare ledinamiche socio-economiche.

Agendo in condizione di libero mercato non si attuano le sceltemigliori per l'umanità, ma quelle che generano maggiorprofitto.

La questione cruciale da comprendere è che le due cose noncoincidono: ciò che genera profitto non è detto che elevil'umanità.

140 di 263

Senza regolamentare e pianificare l'economia in modoopportuno, i capitalisti continueranno a sfruttare i proprisubordinati e ad accumulare capitale, così com'è sempreavvenuto.

Chi intende realizzare profitto predilige una produzioneenergetica basata su fonti fossili non rinnovabili a causa di unmero calcolo contabile, ma l'umanità rischierà l'estinzionesenza una rapida riconversione verso l'energia pulita erinnovabile.

Questo passaggio fondamentale non avverrà senza unintervento di regolamentazione e pianificazione razionale delledinamiche della mano invisibile17, perlomeno fin quandol'energia pulita non diverrà economicamente conveniente, machi ci assicura che a quel punto non sarà troppo tardi?

Lavorare tutto il giorno per una paga misera non è funzionaleal benessere degli esseri umani, eppure il capitalista tenderàsempre a ricercare la massima condizione di sfruttamento per ipropri subordinati in virtù della forma motivante del profitto.

Pianificando l'economia, invece, si potrebbe ridurre l'orario dilavoro, utilizzando la tecnologia per realizzare beni e serviziper tutti, un'operazione che all'interno di un'economia di liberomercato sarebbe immediatamente etichettata comeantieconomica, pur nella sua fattibilità fisica.

17 La Mano Invisibile è una metafora creata da Adam Smith perrappresentare la Provvidenza grazie alla quale nel libero mercato laricerca egoistica del proprio interesse gioverebbe tendenzialmenteall'interesse dell'intera società e mirerebbe a trasformare quelli checostituiscono "vizi privati" in "pubbliche virtù".

141 di 263

Uguaglianza, cooperazione e fine dello sfruttamento controsperequazione, competizione e asservimento. Siamo noi cheabbiamo il potere di scegliere quale modello attuare, è nostra laresponsabilità.

La massa è sottomessa perché non è più neanche in grado diimmaginarsi la libertà, ma in realtà racchiude in sé tutto ilpotere necessario per cambiare il sistema, deve solo sforzarsi dicomprendere la verità e iniziare ad agire per trasformare ilproprio futuro.

Possiamo continuare a vivere in una società incivilecombattendo l'uno contro l'altro una lotta sterile, inseguendo lefolli dinamiche indotte dall'obiettivo del profitto in un sistemaeconomico di libero mercato; oppure possiamo superarel'egoismo e l'avidità, iniziando a comportarci come dei veriesseri umani, che impiegano risorse e intelligenza in comunepianificando l'economia in funzione del raggiungimento diobiettivi utili per l'intera umanità.

Sperare che il sistema capitalistico elimini le criticità e realizziil benessere collettivo, è come tentare di curare una malattiausando quel veleno che invece ne rappresenta la causa.

Il massimo che le logiche capitalistiche sono state in grado direalizzare in termini di società, è sotto gli occhi di tutti:inefficienza, ingiustizia e mancanza di prospettiva, sono itermini che meglio la descrivono.

Abbiamo costruito un mondo competitivo che rappresenta lamassima espressione della stupidità, dell'egoismo edell'avidità; ora dobbiamo cooperare per realizzarne un altroche rispecchi l'intelligenza, l'altruismo e la generosità.

142 di 263

Possiamo porre fine allo sfruttamento dell'uomosull'uomo?

In un suo famoso aforisma Albert Einstein affermava:

«Il mondo è quel disastro che vedete, non tanto per i guaicombinati dai malfattori, ma per l'inerzia dei giusti che se neaccorgono e stanno lì a guardare».

C'è di peggio, non solo i giusti se ne stanno a guardare, macollaborano attivamente con i malfattori per realizzare queldisastro che abbiamo anche il coraggio di chiamare società.

È vero, lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo esiste perché unaélite egoista e parassitaria usa altri esseri umani come mezziper ottenere il fine del profitto, ma affinché lo sfruttamentoavvenga è altresì necessario che all'interno della società cisiano individui disposti a farsi sfruttare, che convivono conaltri che trovano normale tollerare lo sfruttamento.

Infatti, se la massa non fosse disposta a piegarsi alle volontàdegli sfruttatori e si ribellasse contro chi intende asservire ipropri simili, lo sfruttamento non troverebbe terreno fertile perconcretizzarsi, perlomeno non senza ricorrere ad azionicoercitive.

Eppure, anche in quest'ultima drammatica situazione, se gliindividui fossero determinati a tal punto da riuscire adanteporre la propria vita alla schiavitù in virtù dei loro nobiliideali di giustizia e libertà, di nuovo lo sfruttamento nonpotrebbe avvenire e i malfattori sarebbero rapidamente spazzativia dalla società.

143 di 263

E invece oggi che cosa accade?

Non solo andiamo in cerca spontaneamente del nostroasservimento, ma siamo soliti ringraziare i nostri sfruttatori,ammirandoli e rivolgendoci a loro con i termini di benefattori,datori di lavoro o imprenditori, provando nei loro confrontistima, rispetto e anche una certa dose d'invidia, arrivandoaddirittura ad ambire alla loro posizione sociale.

Ma si può forse trovare una giustificazione per chi adotta unaforma di violenza e di sopruso, seppur legittimata dalla legge?

No di certo, chi sfrutta gli altri è pienamente responsabile, inquando potrebbe scegliere di non compiere quell'azione, perquesto è ingiustificabile.

Chi asserve altri esseri umani per il profitto non dev'esserepreso come esempio, né tanto meno dev'essere stimato erispettato.

Lo scopo di quegli individui non è assicurare il benessere degliesseri umani, bensì soddisfare un proprio egoistico bisogno,avvalendosi del meccanismo della subordinazione.

Non dovrebbe esistere alcun rispetto per chi tratta gli esseriumani come un mezzo e non come un fine.

Dall'altro lato, nel dualismo capitalista-proletario, ci sono isubordinati. Quelli che pensano di essere liberi e non sirendono neanche conto di appartenere a pieno titolo allacategoria dei moderni schiavi.

144 di 263

Il sistema si è impegnato a fondo per convincerli ad ambire allapropria schiavitù, illudendoli che lavorare per conto di altriindividui sia un modo dignitoso di vivere, del tutto necessariose si vuole portare a casa il pane e una qualche presunta formadi libertà.

Ma dov'è la libertà in un sistema sociale dove la maggioranzadegli individui non può seguire le proprie vere passioni, ed ècostretta a fare solo ciò che garantisce un ritorno economico?

Dov'è la libertà in una società che costringe a sacrificare lamaggior parte del tempo della propria unica esistenza perlavorare forzosamente?

Dov'è la libertà quando si resta senza un contratto di schiavitù enon si vede alternativa a invocare a gran voce il propriosfruttamento, pur di non finire a dormire per strada?

Esistono tanti modi per sprecare la propria esistenza, ma quelladi guadagnarsi uno stipendio come dipendente all'interno diun'azienda è uno tra i più stupidi, in special modo quando sitratta di un'azione consapevole e volontaria.

Certo, questa frase detta all'interno di un sistema socio-economico che insegna alle persone ad ambire alla propriaschiavitù potrà suonare un po' strana, ma alla luce di un'analisidistaccata risulta essere la realtà dei fatti.

Chi sceglie il lavoro subordinato si sta auto-condannando acompiere quotidianamente azioni ripetitive e noiose svolte perun lasso di tempo disumano, al chiuso nel grigiore di unostabile, come in una carcerazione temporanea.

145 di 263

Giorno dopo giorno il lavoratore subisce una continua forma diviolenza, sperimentando una condizione di vita lontana anniluce dalle vere esigenze di ogni essere umano, che impedisce aquell'individuo di sviluppare le proprie potenzialità, nonché divivere la vita con pienezza e in libertà.

Non si va al lavoro quando si ha voglia, no! Ci si deve andaretutti i giorni, indipendentemente dalla propria volontà, dalleproprie condizioni di stanchezza fisica e mentale, a prescinderedalla motivazione e dalle condizioni climatiche, demandando altempo del mai tutto ciò che invece potrebbe essere svoltodurante l'orario di lavoro.

Un giovane lavoratore fresco, vitale e cognitivo dopo pochianni di lavoro si trasforma in un essere mediocre, in pienodecadimento fisico e mentale, che sopravvive per inerzia nellasua inutile esistenza da schiavo del capitale.

Con il passare del tempo il lavoro coatto induce moltepliciproblemi di tipo psico-fisico, andando a minare salute, felicitàe capacità intellettive.

Come se non bastasse, il frutto del lavoro dei subordinati vieneripartito in modo fortemente iniquo: la paga di molti schiavi èpoco più che sufficiente a mantenerli in vita, mentre le lorofatiche soddisfano l'esigenza di profitto di un non ben definitonumero di sfruttatori parassitari.

L'andare a mendicare il lavoro per accaparrarsi il diritto diessere sfruttati e generare utile per conto di altri, dovendo pergiunta superare delle ridicole prove psico-attitudinali, per poitrascorrere il resto della vita a svolgere compiti che non sonopensati per essere interessanti, divertenti o gratificanti, con

146 di 263

modalità antitetiche alle reali esigenze di benessere psico-fisicodi un essere umano... rappresenta una dinamica evitabile chenon ha ragione di esistere e che, per essere attuata, necessitad'individui scientemente allenati ad attribuire uno scarso valorea se stessi e alla propria esistenza.

Che cosa stiamo facendo quando firmiamo un contratto dilavoro?

Vendiamo la maggior parte della nostra vita ai detentori dicapitale, che in questo modo potranno sfruttarci nel pieno dellalegalità;

crediamo che lavorare significhi vivere e non ci rendiamoconto che in questo modo getteremo al vento l'inestimabiletempo della nostra unica esistenza.

Barattiamo i nostri beni più preziosi, ovvero la libertà e iltempo della vita, con un lavoro che ci trasformerà inautomazioni, semplici ingranaggi di un sistema che non èneanche finalizzato al raggiungimento del benessere degliesseri umani.

Lavorando freneticamente saremo sempre occupati eperderemo di vista le cose veramente importanti della vita.

Il tempo libero oscillerà tra riposo e futili impegni nonulteriormente demandabili, che saremo costretti ad adempiere.

Gli amici, la famiglia, e perfino noi stessi, tutto passerà insecondo piano rispetto al lavoro.

147 di 263

Le giornate al servizio del capitale scorreranno rapidamente,l'una identica all'altra.

Ben presto noia, insoddisfazione e un senso di smarrimento ciassaliranno.

Pian piano perderemo fantasia e creatività, vitalità e vigorefisico.

Quel libro che avevamo iniziato resterà incompiuto, nonriusciremo più a praticare sport, chiuderemo i nostri sogni in uncassetto, fin quando non ne conserveremo più neanche ilricordo.

La vita scorrerà via rapida come un fiume in piena, trascinandocon sé le infinite occasioni concesse dalla complessitàdell'esistenza, che purtroppo non torneranno più.

Un giorno ci sveglieremo di soppiatto realizzando di esserevecchi o malati e di non essere realmente più in grado di farnulla di significativo.

A quel punto i capitalisti ci avranno già gettato via così come sifa con un oggetto rotto, perché di certo non saremo piùproduttivi e quindi considerati inutili per il fine del profitto.

In altre parole saremo trattati al pari di un rifiuto industriale.

Solo allora comprenderemo fino in fondo che la pienezzaintellettuale e il vigore fisico d'un tempo sono stati impiegatistupidamente, ma ormai non avremo più modo per rimediareperché il tempo di agire sarà passato.

148 di 263

Partecipando ai meccanismi che concretizzano una folliasociale, avremo gettato in mare la nostra unica esistenza per ilgran bene di una élite.

Saremo vecchi, la morte verrà a bussare alla nostra porta, epurtroppo non avremo vissuto neanche un giorno.

Perlomeno un tempo la classe lavoratrice era consapevole dellapropria condizione e lottava per raggiungere l'emancipazione.

Oggi invece il subordinato medio, dopo anni d'indottrinamentomediatico, è completamente disorientato ed è in grado persinodi ringraziare gli schiavisti per l'opportunità di essere sfruttato.

La più grande differenza con il passato, è che un tempo i lavoriforzati venivano imposti con la forza, mentre oggi gli individuisi procurano autonomamente la propria schiavitù, recandosiquotidianamente nelle aziende a servire i padroni.

I moderni schiavi non pensano che cooperando con i proprisimili potrebbero assicurare il benessere e la libertà a se stessi eagli altri, preferiscono invece faticare per un'elemosina,ottenuta al caro prezzo dello sfruttamento e della privazionedella libertà.

L'élite forma un esercito d'individui asservibili alle proprienecessità avvalendosi dell'istruzione e del continuoindottrinamento mediatico.

Il capitale ha bisogno di moderni schiavi da utilizzare come sefossero delle macchine e non degli esseri umani.

149 di 263

Per raggiungere l'obiettivo del profitto, i veri bisogni degliindividui passano in secondo piano.

Lo sfruttamento, l'inquinamento e la guerra, diventano lanormalità in quanto necessari al primo fine: quellodell'accumulazione di capitale.

Alcuni si rendono conto di queste verità, ma pensano di nonavere alternative e così ingoiano il rospo della subordinazione edi un lavoro stupido, inutile e totalizzante, giorno dopo giorno.

Ma quel che è peggio è che qualcuno abbia addirittura ilcoraggio di sostenere che tutto ciò sia giusto, normale eauspicabile!

Così, invece di allevare una nuova generazione di rivoluzionariche ambiscono a costruire una società migliore, gli stessisubordinati contribuiscono a mantenere in essere gli schemimentali diffusi dal potere, spingendo le nuove generazioni aimitare i comportamenti dei genitori.

Trovati un lavoro stabile e sicuro, che sia totalizzante ealienante, i parassiti hanno bisogno del tuo sfruttamento;

compra una bella auto, uno smartphone e dei vestiti di marca,in modo da dimostrare l'appartenenza a un livello sociale piùelevato rispetto al tuo, altrimenti poi la macchina del profitto siblocca;

accendi un mutuo per acquistare una casa, gli azionisti dellebanche hanno bisogno di te per far fruttare i loro denari;

150 di 263

ma soprattutto, guarda la Tv, vai al cinema, leggi i giornali,tieniti informato sulle notizie di cronaca e su tutte le cazzateche vuoi;

vai a messa, prega e credi a quello che ti dicono gli stregoni, estai sempre ben attento a evitare di pensare in modo scettico erazionale, in modo tale da non riuscire mai a comprendere laverità.

Nel vangelo di Matteo sta scritto: «amerai il prossimo tuocome te stesso», ma questo comandamento sarà del tutto inutilefin quando non inizieremo ad amare noi stessi.

È evidente che per riuscire ad amare, bisognerebbe innanzituttocomprendere che cosa significhi amare noi stessi, perché finquando non saremo effettivamente in grado di amare noi stessi,allora non comprenderemo neanche cosa significhi amare glialtri come noi stessi.

Non c'è amor proprio in questa società, perché chi si lasciasfruttare non si ama.

Non ci sarà giustizia sociale fin quando anche un singoloindividuo sarà disposto a tollerare il proprio sfruttamento e lapropria privazione di libertà.

Non ci sarà alcun rispetto né per se stessi né per il prossimo secontinueremo a lasciarci sfruttare e a tollerare che losfruttamento avvenga nei confronti degli altri.

Bisognerebbe invece pensare, mostrando un sentimentosferzante:

151 di 263

se un altro essere umano viene sfruttato è esattamente come selo stessero facendo anche a me;

e dal momento che io non tollero che lo sfruttamento avvenganei miei confronti, allora non posso neanche sopportare chequel trattamento venga attuato nei confronti di altri individuiche, in quanto esseri umani, sono del tutto simili a me nei lorobisogni di base.

Ma per far questo bisogna innanzitutto ripudiare il concetto disfruttamento, altrimenti saranno gli sfruttati che renderannopossibile la loro condizione di subordinazione.

Volete che lo sfruttamento finisca?

Bene! Non concedetevi agli sfruttatori, trovate un altro modoper vivere e agite in prima persona nei confronti di chi sfrutta,al fine d'impedire che lo sfruttamento continui a perpetrarsi.

In un'organizzazione sociale degna di una comunità di esseriche amano definirsi "umani", il ruolo dello sfruttatore nondovrebbe esistere e affinché questo passaggio avvenga èassolutamente necessario che gli individui non siano piùdisposti a farsi sfruttare né a tollerare lo sfruttamento altrui.

Lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo è ingiusto e intollerabile,indipendentemente dalle condizioni di sfruttamento.

Dal ristoratore che ingaggia camerieri, ai capitalisti cheassumono dipendenti nelle aziende, il meccanismo è ilmedesimo:

152 di 263

sfruttare altri esseri umani in modo parassitario per ottenere unegoistico vantaggio personale.

Non abbiamo bisogno né di azionisti né di proprietari perprodurre il necessario, ma di fabbriche collettive cheproducano beni e servizi qualitativamente elevati, in quantitàtali da poter essere distribuiti a tutti gli esseri umani e chevengano realizzati attraverso la collaborazione tra lavoratori eautomazioni, in modo da ridurre al minimo l'orario di lavoro.

La società può essere riorganizzata in modo che tutti gliindividui vivano allo stesso livello, senza sfruttati e sfruttatori,come una comunità di esseri umani che agisconovolontariamente e in modo sinergico per assicurare il benesserecollettivo, non quello di pochi a discapito di molti.

Ma fin quando ci saranno individui che intendono sfruttare glialtri, e altri che si sottomettono volontariamente e tollerano losfruttamento dei propri simili, non avremo maturato lacoscienza necessaria per definirci umani e lo sfruttamentocontinuerà.

Chi è disposto a farsi sfruttare e non si oppone apertamenteallo sfruttamento dell'uomo sull'uomo è complice deglisfruttatori, in quanto rende possibile il perpetrarsi dellecondizioni d'asservimento per se stesso e per il restodell'umanità.

153 di 263

Lavorare meno lavorare tutti mantenendo glistipendi invariati

Se vi chiedessi di esporre la miglior soluzione possibile perrisolvere l'attuale crisi occupazionale, quasi certamente mirispondereste che bisognerebbe far crescere l'economia inmodo da creare lavoro.

A quel punto i consumi ripartirebbero e il sistema economico sirimetterebbe in moto.

Bene, se la pensate in questo modo iniziate a preoccuparvi:

i mass media hanno fatto un ottimo lavoro su di voi, aveteimparato in maniera ineccepibile quello che dovevate imparare,pensate esattamente ciò che dovete pensare e ripetete come unpappagallo la presunta verità utile al potere.

Vi assicuro che c'è almeno una soluzione di gran lungamigliore.

Come faccio a esserne certo?

Semplice, perché quella appena illustrata è la soluzione di cuiha bisogno il capitale, la classica "verità" diffusa a Ballarò18,tanto per intenderci, e dal momento che il capitale traevantaggio dallo sfruttamento indiscriminato di esseri umani edi risorse, già intuisco che quella, di certo, non può essere lastrada ottimale, perché i capitalisti non guardano al benesserecollettivo ma al loro egoistico interesse.

18 Ballarò è un talk show politico televisivo con palesi fini propagandistici.

154 di 263

Non c'è bisogno di creare più lavoro, di lavoro ce n'è anchetroppo, solo che è mal ripartito. C'è chi lavora 10 ore al giorno,sabato incluso, e chi è disoccupato.

Non dobbiamo rilanciare ulteriormente i consumi, perché èevidente che stiamo già iper-consumando.

L'ecosistema non ne può più del nostro stile di vita e inizia"amorevolmente" a inviarci dei segnali che dovrebbero farciintuire che non è più il caso di continuare così.

Ma al netto di queste belle parole, la disoccupazione resta. Eallora, che fare?

Veniamo subito al dunque: per eliminare la disoccupazione èsufficiente ridurre l'orario di lavoro senza diminuire glistipendi, finanziando l'operazione con una semplice manovraredistributiva.

Ora immaginate per un attimo cosa accadrebbe se tuttitornassero ad avere un lavoro con un orario ridotto e un livellodi retribuzione invariato...

Semplice, le persone avrebbero più tempo per vivere la vita e imass media potrebbero tornare a dedicare maggior spazio atutte le stupidaggini che desiderano, come la cronaca, il calciomercato o il gossip, continuando a distrarre e anestetizzare lementi così come hanno sempre fatto.

Lo so a cosa state pensando... lo so perfettamente! Che non cisono i soldi per una simile manovra economica, e che quindisia impossibile mantenere le retribuzioni invariate.

155 di 263

Vi leggo nella mente perché anche io sono quotidianamenteindottrinato dal sistema, ma vivendo nella consapevolezza diquesto fatto, cerco di andare oltre e mi chiedo: da doveprendiamo quei soldi?

Anche in questo caso, per quanto intendano farci credere chenon ci siano soluzioni, le risposte sono almeno due.

La prima, è che il denaro è semplicemente un segno contabilecreato dal nulla e a costo zero, memorizzato all'interno diqualche server di una banca.

Quindi dire che non ci sono i soldi per finanziare una certaoperazione è una chiara assurdità.

I soldi ci sono, sono virtualmente infiniti e costanopraticamente zero.

Guarda caso quando c'è da fare una guerra, o da rifinanziare ilsistema bancario, come per magia i soldi spuntano sempre fuorie chissà come mai invece, quando si tratta di migliorare lecondizioni di vita degli esseri umani ciò non è più possibile!

Si potrebbe quindi pensare a un'opportuna politica monetariavolta a integrare la diminuzione dello stipendio, ad esempioistituendo un reddito d'esistenza, ovvero una somma di denaroaccreditata mensilmente, concessa a tutti gli individui di ognietà solo ed esclusivamente per il fatto di esistere.

La seconda, è che il PIL pro-capite in Italia è di 25.000 €all'anno circa, nonostante la crisi19.

19 Finanza.com: "Pil pro capite: Italia maglia nera in Europa, giù del 9%

156 di 263

Pro-capite significa per ogni individuo: neonati, bambini,adolescenti, studenti, disoccupati, occupati e pensionati inclusi.

Quindi, in linea teorica, ogni italiano potrebbe disporre di25.000 € all'anno a testa.

Così facendo una famiglia composta da padre, madre e 2 figliavrebbe un reddito di 100.000 € all'anno. Mica male!

Ma allora i soldi ci sono? Certo, e anche se non ci fosseropotremmo sempre crearli dal nulla, se solo i politici, che"notoriamente" stanno dalla parte del popolo, non avesseroceduto la sovranità monetaria alle banche private!

Ma se tutti quei soldi sono in circolo, perché esiste la povertà?

Oh è semplicissimo: perché, invece di suddividere in partiuguali la ricchezza che siamo in grado di produrre, c'è chi se neappropria avidamente in eccesso rispetto alla media.

La matematica ci dice che per ogni individuo che ha ricchezzaal di sopra della media devono essercene altri che ne hanno aldi sotto.

Che ci volete fare, a forza di guardare la Tv ci siamo convintiche sia giusto che esistano individui ricchi, perché sonomeritevoli, intelligenti, bravi, furbi o belli...

tra 2001 e 2014" http://www.finanza.com/Finanza/Notizie_Italia/Italia/notizia/Pil_pro_capite_Italia_maglia_nera_in_Europa_giu_del_9_tra-436380

157 di 263

ma purtroppo ci siamo anche dimenticati che nella SocietàCapitalistica all'opulenza dei pochi corrisponde il malessere dimolti, perlomeno fin quando non tocca a noi scendere sotto lamedia e trasformarci in poveri, stranamente in quel caso anchela matematica diventa chiara e semplice.

Allora chiediamoci: com'è allocata la ricchezza in Italia? Ce lodice Bankitalia: il 10% delle famiglie più ricche possiede il46,6% delle ricchezza netta familiare totale20.

E nel mondo va ancora peggio: nel 2016 l’1% dellapopolazione sarà più ricco del restante 99%, stando a quantorecentemente dichiarato da Oxfam21.

Bene, ma se l'1% della popolazione mondiale detiene il 50%della ricchezza totale, questo significa che il restante 99%potrebbe raddoppiare la propria ricchezza se solo quell'eccessodi accumulazione venisse redistribuito. E già, avete capitobene: raddoppiare!

Ma noi per risolvere la questione inerente la disoccupazione inItalia non dobbiamo mica raddoppiare la nostra ricchezza!Abbiamo bisogno di diminuire l'orario di lavoro e mantenereinalterati gli stipendi, integrando il tutto con una manovraredistributiva che potrebbe essere finanziata prelevandoricchezza da chi ne ha in eccesso. Tutto qui!

20 Indagine sui bilanci delle famiglie italiane nel 2014 della Banca d’Italia https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/indagine-famiglie/bil-fam2012/suppl_05_14n.pdf

21 Oxfam Italia: "Un povero mondo di pochi ricchi"http://www.oxfamitalia.org/primo-piano/un-povero-mondo-di-pochi-ricchi

158 di 263

Se immaginiamo di diminuire l'orario di lavoro di 1 ora algiorno, il nostro stipendio non verrà di certo dimezzato, madiminuirà del 12,5% .

Se invece volessimo ridurlo di 2 ore al giorno, calerebbe di un25%, nel caso di una diminuzione di 3 ore, ci sarebbe unammanco del 37.5%.

D'accordo, ma di quanto dovrebbe diminuire l'orario? Esoprattutto quanto costerebbe complessivamente una similemanovra?

Secondo le statistiche ISTAT, in Italia ci sono 22 milioni e 360mila occupati, mentre il tasso di disoccupazione ufficiale siattesta al 12,6%, che equivale a 3 milioni e 220 mila persone22.

Per far sì che quei 3 milioni e 220 mila di persone disoccupatetornino a lavorare, si potrebbe pensare di diminuire l'orariolavorativo medio nazionale in modo tale da riassorbire idisoccupati.

In Italia i lavoratori trascorrono al lavoro una media di 1.643ore all'anno23, vale a dire 205 giorni fatti di 8 ore lavorative.

Se si ripartisse questo orario sulla totalità delle persone chesono effettivamente in grado di lavorare, si otterrebbero22.360*1.643/25.580 = 1.436 ore annue pro-capite lavorativemedie, ovvero 205 giorni di lavoro a 7 ore al dì lavorativo.

22 ISTAT "Occupati e disoccupati", 29 agosto 2014 http://www.istat.it/it/archivio/130452

23 Il Secolo XIX: "Italiani, al lavoro per 1643 ore all’anno", 2 ottobre 2012http://www.ilsecoloxix.it/p/economia/2012/10/02/APGgtFbD-italiani_anno_lavoro.shtml

159 di 263

Diminuendo per legge l'orario medio di lavoro di 1 ora, ilproblema della disoccupazione sarebbe risolto per la leggedella domanda e dell'offerta.

Infatti, le aziende pubbliche e private avrebbero un ammancodi ore lavorate che dovrebbero compensare assumendo nuovidipendenti, mentre i lavoratori autonomi, lavorando di meno,lascerebbero spazio per l'attività lavorativa ad altre persone.

Lavorando 1 ora al giorno in meno si avrebbe a ragione ancheuna riduzione dello stipendio pari a 1/8. Dato che laretribuzione media netta italiana è pari a 1.330 € si avrebbe unminor reddito mensile di 166 € circa24.

Per far in modo che lo stipendio non diminuisca a causa delnuovo orario, sarebbe sufficiente che lo Stato si facesse caricodel reintegro della quota di riduzione dello stipendio.

Moltiplicando i 166 € per il numero dei lavoratori si ottiene4,25 miliardi al mese, che sono circa 51 miliardi all'anno.

Dal momento che il numero dei dipendenti pubblici è pari a 3milioni e 375 mila25, riducendo l'orario medio di 1/8 si verrebbea creare un ammanco di ore lavorate nel settore pubblico pari a3,375 milioni * (1.643-1.436) ore che, diviso per il nuovoorario di lavoro, restituisce 486 mila lavoratori.

24 Repubblica "Lo stipendio medio italiano a 1.327 euro" 13 settembre2014http://www.repubblica.it/economia/2014/09/13/news/stipendio_medio_italiani-95640424/

25 Eurispes-UIL-PA: "in Italia falso mito su numero eccessivo dipendenti pubblici" http://www.eurispes.eu/content/eurispes-uil-pa-italia-falso-mito-su-numero-eccessivo-dipendenti-pubblici

160 di 263

Per tornare al precedente livello di ore lavorate nel serviziopubblico, lo Stato dovrebbe assumere 486 mila nuovilavoratori.

Il costo aggiuntivo, oltre a quello menzionato, può esserestimato in modo approssimato in 19 €/h * 205 giorni * 7 ore *486 milioni = 13 miliardi circa26.

Nel complesso una manovra da 64 miliardi di euro circapotrebbe garantire la piena occupazione agli italiani.

64 miliardi sono veramente bazzecole per un'operazione cheporterebbe il tasso di disoccupazione ufficiale quasi a zero,inducendo effetti straordinari sull'intera economia italiana e,cosa ben più importante, sulla felicità di 60 milioni di persone.

Certamente quel valore può essere ricalcolato in modo moltopiù accurato di come ho fatto ma, come dicono i fisici, visti gliordini di grandezza in ballo, comprendiamo che è realmentepossibile eliminare la disoccupazione senza creare ulteriorelavoro, semplicemente redistribuendo quello esistente,diminuendo l'orario pur mantenendo inalterate le retribuzioni.

Viviamo in una società che paga 80 miliardi all'anno diinteressi sul debito27, perché la moneta non è più in mano agli

26 Repubblica: "In Italia un dipendente costa 31mila euro e ne guadagna 16mila", 9 febbraio 2015. http://www.repubblica.it/economia/2015/02/09/news/in_italia_un_dipendente_costa_31mila_euro_e_ne_guadagna_16mila-106873877/

27 Il Fatto Quotidiano: "Debito pubblico, Istat: in quattro anni spesi per interessi 318 miliardi di euro", 23 aprile 2014 http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/04/23/debito-pubblico-istat-in-quattro-anni-spesi-per-interessi-318-miliardi-di-euro/961259/

161 di 263

Stati che esercitavano la sovranità monetaria, ma è stata"sapientemente" ceduta a banche centrali private e addiritturaindipendenti, come nel caso della BCE nell'Eurozona.

Così, anziché finanziarci autonomamente battendo moneta altasso d'interesse più opportuno, siamo costretti a cedere airicatti del mercato, condannandoci al rischio di default.

Spendiamo 23 miliardi all'anno per mantenere l'esercito e fareguerre in giro per il mondo28, ma quando si tratta di risolvere ilproblema della disoccupazione con una manovra redistributivadi 64 miliardi, potete scommetterci, le coperture non verrannotrovate e la proposta di lavorare meno per lavorare tutti senzadiminuire gli stipendi, non sarà nemmeno presa inconsiderazione, perché considerata economicamenteinsostenibile.

Il capitale e i politici asserviti alle sue esigenze, invece diprendersi cura del benessere degli esseri umani, preferirannoancora una volta aumentare il consumo, l'inquinamento enegare i diritti ai lavoratori per sfruttarli con maggioreintensità, in modo da ottenere un maggior profitto.

Ora spero che sia chiaro a tutti che non abbiamo bisogno di"più lavoro". Al contrario, visti gli eccessi consumistici e leinnumerevoli apparecchiature soggette a obsolescenzaprogrammata, nell'ingiusta e inefficiente Società Capitalisticadi lavoro, ce n'è addirittura in eccesso.

28 Il Fatto Quotidiano: "Spesa militare, 23 miliardi di euro nel 2011 Italia al nono posto nell’export di armi" 4 giugno 2012, http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/06/04/spesa-militare-23-miliardi-nel-2011-per-litalia-al-nono-posto-come-paese-esportatore/251957/

162 di 263

Lavoro e consumo sono collegati: più consumiamo e piùdobbiamo lavorare, ma più consumiamo più inquiniamo; piùlavoriamo e meno tempo abbiamo per vivere;

più lavoriamo e più inquiniamo, e più ci ammaliamo, cosìfacendo peggioriamo drasticamente le condizioni di vitadell'intera umanità.

Non abbiamo bisogno di più lavoro, semmai di un maggiortempo libero per vivere la vita in condizione di libertà.

Che strano, ancora una volta tutto il contrario di quello che cidicono i massmedia.

In Tv ci dicono che il lavoro nobilita l'uomo e che il lavoro èsalutare; che lo scopo è di garantire un lavoro a tempo pieno atutto il popolo, uomini, donne e anche ragazzi/e, chepotrebbero lavorare d'estate sacrificando il periodo dellevacanze scolastiche29.

Una follia sociale frutto di qualche mente malata di profitto,che non guarda minimamente al benessere degli esseri umani.

Se invece eliminassimo l'iper-consumo, di lavoro ce ne sarebbeancor meno, pur continuando ad avere tutti i beni di cuiabbiamo bisogno.

29 La folle idea di sacrificare la libertà estiva degli studenti per farlilavorare è stata realmente esposta dall'attuale ministro del lavoroGiuliano Poletti. Per approfondire si veda qui: Il Fatto Quotidiano:"Scuola, Poletti: Tre mesi di vacanza sono troppi. I miei figli d’estatelavoravano", 23 marzo 2015http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/03/23/scuola-poletti-3-mesi-vacanza-troppi-i-miei-figli-destate-lavoravano/1530119/

163 di 263

Tutto ciò si tradurrebbe in un minor lavoro e in unadiminuzione dell'inquinamento ambientale, quindi in maggiortempo libero per vivere la vita e in una ritrovata salutepsicofisica.

Considerando che le automazioni e le IA andranno a sostituiresempre di più gli esseri umani nelle loro mansioni,comprendiamo ancor meglio che di lavoro ce ne sarà sempre dimeno, per nostra fortuna!

Sì, proprio così: per nostra fortuna. Tutto ciò non è unproblema, anzi, si tratta piuttosto di una benedizione!

Infatti, se i beni ci sono, perché vengono prodotti dalleautomazioni invece che dagli esseri umani, ma non c'è illavoro, quale sarebbe il problema?

Il vero problema non è il lavoro che manca o quello chemancherà, il vero problema è la più totale inefficacia delleodierne logiche del mondo del lavoro e di quelle del sistemaeconomico nel saper cogliere questa opportunità.

Direte: «Resteremo senza lavoro e quindi senza denaro, eccoqual è il problema!».

Certo, con le regole attuali, ma per fortuna ci sono diversestrategie per far tornare tutti al lavoro - per meno ore -riuscendo comunque ad assicurare l'accesso ai beni e ai servizidi cui ciascuno di noi ha bisogno.

Queste soluzioni passano innanzitutto per una riduzione dellaquota di lavoro pro-capite e del bisogno di consumo, e infineper una qualche forma d'integrazione del reddito, se necessario.

164 di 263

Lo ripeto, il problema non è nel lavoro che diminuisce, manella visione socio-economica nei confronti del lavoro, che èuna vetusta impostazione ottocentesca che evidentemente non èpiù in grado di stare al passo con i tempi. Basta cambiarla, finedei problemi.

D'altronde non c'è da stupirsi, il fine del capitalismo non è ilraggiungimento del benessere collettivo né l'incremento dellafelicità, bensì la legittimazione e l'accrescimento dellaricchezza e del potere di una élite, che da sempre si avvale diun ingiustificabile sfruttamento di esseri umani e risorsecomuni.

Ecco perché il capitalismo, con la sua visione economicaneoliberista volta al profitto, dimostra sempre più di esseretotalmente incapace quando si tratta di cogliere le straordinarieopportunità che si prospettano per il nostro futuro e chepotrebbero finalmente elevare gli esseri umani a unacondizione di abbondanza, benessere e libertà inimmaginabilifino a qualche decennio fa.

Di questo, però, ci occuperemo nei prossimi capitoli.

Ora abbiamo un'impellente necessità: dobbiamo fare in modoche l'orario di lavoro venga diminuito mantenendo gli stipendiinvariati, attuando una doverosa manovra di redistribuzionedella ricchezza già esistente.

Un po' come sostenuto in quel famoso motto che diceva:«lavorare meno lavorare tutti» ma, aggiungo, mantenendo glistipendi invariati.

165 di 263

I robot ci ruberanno il lavoro? Era ora!

È veramente stupefacente che pur disponendo di sofisticateautomazioni e complessi algoritmi d'intelligenza artificiale gliesseri umani dedichino ancora così tanto tempo al lavoro.

Ancor più sensazionale è il fatto che gli stessi lavoratoritemano a tal punto di rimanere disoccupati, da sperare che iprocessi produttivi non vengano automatizzati.

Ma il colmo dei colmi è che anche i lungimiranti sindacalisti,che in teoria dovrebbero prodigarsi per tutelare i lavoratori,accettino l'avvento delle automazioni consapevoli del fatto checomporterà un esclusivo vantaggio per gli sfruttatori; o peggioripudino anch'essi l'automatizzazione dei processi, invece diorganizzare una ben più desiderabile alternativa, nella quale imoderni mezzi produttivi automatici, strappati dal dominio deicapitalisti, siano finalmente impiegati per ridurre il lavoroumano, pur continuando ad assicurare un reddito decoroso ailavoratori.

È del tutto evidente che anche il sindacato sta dalla parte deicapitalisti e ne rappresenta un braccio operativo, il cui compitoè fare in modo che i subordinati tollerino la moderna schiavitùlavorativa servendo i loro padroni senza fiatare, inveced'ambire all'emancipazione e alla libertà.

Chiunque affermi di voler difendere il "diritto al lavoro" fasempre riferimento al primo articolo della costituzione italiana,dimenticandosi puntualmente di tutelare il "diritto alla felicità",che invece dovrebbe essere il vero diritto sul quale fondare lacostituzione di ogni paese del mondo.

166 di 263

Un individuo che per sopravvivere deve vendere il propriotempo, asservendosi nei confronti dei detentori di capitale, nonpuò definirsi libero ma schiavo, e tanto meno riuscirà a esserefelice, perché la libertà è una condizione necessaria per lafelicità.

Molte pagine della costituzione odorano di cattolicesimo ecapitalismo. Leggendole ci si accorge che sono state scritte inmodo tale da curare gli interessi del potere nelle sue moltepliciforme.

I capitalisti avevano un gran bisogno di una massa d'individuiacritici, docili e ubbidienti, disposti a sacrificare la propria vitaper soddisfare le loro ignobili esigenze di potere e di profitto.

Per ottenere tal fine, in passato ricorsero all'azione coercitivadiretta basata sull'uso della forza, fin quando non intuirono cheper fare in modo che gli esseri umani si procurasseroautonomamente il proprio asservimento, la strategia piùefficiente consisteva nel trasformare la schiavitù in una sceltalibera e volontaria, facendo credere alla massa che lavorarefosse un diritto sacrosanto, sancito addirittura dallacostituzione, con tanto di sindacalisti che si battono perdifendere l'opportunità di essere un moderno schiavo salariato.

Serviva un apposito sistema scolastico la cui frequentazionedoveva essere obbligatoria per manipolare al meglio le mentidelle nuove generazioni;

si doveva diffondere la convinzione che fosse giusto edoveroso sacrificare il tempo della vita per un lavoro insensatoe disumano, offerto da una minoranza di sfruttatori parassitariche inseguono il proprio profitto;

167 di 263

Il sistema scolastico avrebbe anche dovuto fornire gli strumenticonoscitivi per trasformare gli studenti in schiavi provetti, e perfar questo era necessario tenerli al riparo dallo scetticismo,dalla logica-razionale, dalla creatività e dall'esercizio del liberopensiero;

la scuola avrebbe dovuto allenarli al rispetto e allasottomissione nei confronti dell'autorità, insegnando loro aobbedire senza discutere, a competere e a inseguire degliobiettivi distorti.

È così che si realizza un ambiente socio-culturale auto-stabilizzante composto da individui non pensanti, pronti asprecare la propria vita nelle aziende.

I prigionieri si trasformano in guardiani di se stessi, carcerati ingrado di rinchiudersi autonomamente in cella e che agisconoaffinché tutti gli altri subiscano la medesima sorte.

La massa deve schernire, avvilire, punire e isolare le pecorenere che ripudiano la moderna schiavitù del lavoro e riesconoancora a immaginare la libertà per se stesse e per l'interaumanità.

Se tutto ciò poi non dovesse bastare, il tipico ricattocapitalistico, che costringe a procurarsi il denaro per nonmorire di fame, sarà sufficiente a riportare sulla "retta via"quella sparuta minoranza d'individui che sono riusciti amantenere intatte le loro capacità cognitive: la viadell'asservimento nei confronti del capitale.

168 di 263

Il sistema trasforma gli esseri umani in automazioni chesvolgono il lavoro al posto delle macchine e dei softwared'intelligenza artificiale, sperimentando un'esistenza insensatain quella che potremmo definire, senza esagerazioni, una folliasociale, nella quale il malessere psico-fisico ed esistenzialedovuto a un lavoro contro natura e non più necessario, divieneun'auspicabile ambizione.

Il sindacato incalza: «bisogna garantire a tutti un lavoro atempo pieno, perché il lavoro è dignità, il lavoro rende liberi!».

In verità il punto nodale non è dare a tutti un lavoro a tempopieno, ma fare in modo che ogni essere umano possasperimentare le condizioni necessarie per vivere felicemente lapropria esistenza, e si dà il caso che per essere felici si debbainnanzitutto essere liberi.

Ma se a causa dei vincoli imposti dall'odierna organizzazionedel mondo del lavoro non siamo nemmeno padroni del nostrotempo, come possiamo sostenere di essere liberi?

Per quanto il sistema s'impegni per farci credere il contrario,trascorrere 8-10 ore al giorno all'interno di un'azienda perguadagnarsi da vivere, senza considerare spostamenti,straordinari e pause pranzo lontano da casa, non significaessere liberi ma schiavi.

Siamo naturalmente incompatibili con il grigiore delle aziende,con gli obblighi e le costrizioni del lavoro subordinato, perchéabbiamo trascorso milioni di anni tra il verde delle foreste,nella più totale libertà e assenza di ogni tipo di confine al difuori di quello dovuto a un limpido cielo blu.

169 di 263

Non ci siamo evoluti all'interno delle fabbriche come schiavidel capitale, ma come esseri liberi di vivere la vita, immersinella bellezza della natura.

Anche per questo il lavoro demandato dai padroni ai propridipendenti, che guarda caso quegli sfruttatori si guardano benedal compiere in prima persona, induce problemi psico-fisici divario genere.

L'odierna concezione del lavoro è antitetica al raggiungimentodella felicità perché il lavoro non è affatto organizzatopensando a quel fine, ma mira a curare gli interessi del capitale.

Non solo il lavoro insegue dei fini distorti, ma è organizzatonel peggiore dei modi possibili, ignorando le sterminatepotenzialità offerte dalle moderne conoscenze scientifico-tecnologiche.

Viviamo nel tempo in cui le macchine stanno iniziando apensare, ma l'idea più intelligente che l'essere umano medioriesce a concepire è quella di una società che si auto-condannaa un lavoro totalizzante, nonostante gli odierni apparatitecnologici potrebbero tranquillamente svolgere quei compiti inmodo autonomo e decisamente più efficiente.

Abbiamo mezzi e conoscenze per assicurare libertà eabbondanza all'umanità, ma continuiamo a vivere in unasocietà dove regnano lo sfruttamento, la povertà e un'odiosacostrizione nei confronti del lavoro.

Stiamo sfruttando le potenzialità delle moderne conoscenzescientifico-tecnologiche come farebbero dei perfetti idioti; ècome se i contadini del passato avessero rigettato l'uso

170 di 263

dell'aratro tirato dai buoi per paura di perdere il loro lavoro, checonsisteva nel dover arare a mano i campi.

Non ci sono casse automatiche nei supermercati ma commesseche sprecano la loro vita davanti a una calcolatrice semi-automatica e devono anche esser grate per questo, perchéaltrimenti resterebbero senza uno stipendio.

Abbiamo mezzi e conoscenze per eliminare, o quasi, l'obbligodel lavoro umano, pur consentendo a tutti di disporregratuitamente di beni e servizi di elevata qualità;

solo che, a forza di pensare solo a soluzioni basate sul: lavorareper forza, lavorare di più e creare più lavoro, siamo diventaticiechi a tutte le altre possibilità che, come è ben evidente, sonodi gran lunga migliori.

Non si tratta di aumentare il lavoro per garantireun'occupazione a tempo pieno a tutti, ma di aumentarel'efficienza diminuendo il lavoro umano scaricandolo sullemacchine, ambendo, in prospettiva, alla piena disoccupazione,pur fornendo a tutti ciò di cui hanno bisogno per vivere.

Per quanto strana e paradossale possa apparire, questa ideaoggi è fisicamente realizzabile e quindi possibile, a patto che cisia una volontà comune orientata in quella direzione. Ma alloraperché le automazioni ci appaiono così tanto minacciose?

Il fatto è che l'attuale sistema economico non è in grado didistribuire a vantaggio di tutti gli incrementi di efficienzadovuti all'automatizzazione dei processi produttivi e difornitura dei servizi.

171 di 263

Se immaginiamo d'introdurre in una fabbrica un bracciorobotico in grado di compiere i medesimi compiti di un certonumero di esseri umani, la soluzione più sensata sarebbe diridurre, in qualche misura, il lavoro agli operai, mantenendo illoro stipendio invariato;

invece, il capitalista licenzia i lavoratori in eccesso e mantieneil profitto per sé, mentre tutti gli altri continuano a lavorare 8ore, esattamente come prima.

Bene che vada, se il capitalista intuisce che ci sono spazi pervendere più prodotti sul mercato, può scegliere di nonlicenziare aumentando la produzione sfruttando la maggioreefficienza dovuta alle macchine. Così facendo non si creadisoccupazione, ma ancora una volta l'orario di lavoro restainvariato e il profitto finisce nelle sue tasche, invece che inquelle dei lavoratori.

In generale i nuovi disoccupati devono trovarsi degli altrilavori che però, a causa delle automazioni, tenderanno adiminuire sempre di più in ogni settore.

Si chiama disoccupazione tecnologica e rappresenta unadinamica in crescente aumento. Senza applicare alcunacontromisura, sempre più persone resteranno per forza di cosedisoccupate perché, in futuro, le macchine svolgeranno unaquota sempre maggiore di lavoro al posto degli esseri umani.

A questo punto interviene la soluzione classica che prescrive dicreare più lavoro per ridurre nuovamente l'intera umanità inschiavitù, invece di sfruttare le potenzialità della tecnologia inmodo intelligente per assicurare a tutti libertà e abbondanza.

172 di 263

Per far ciò, l'economista classico, che ha una mente talmentecondizionata da non consentirgli di concepire soluzionialternative, consiglia immancabilmente di spingere sullacrescita dell'economia, costi quel che costi, una strategiainsensata che crea più danni che guadagni.

È vero, forzare la produzione e il consumo di beni e di servizi,significa anche aumentare la richiesta di lavoro. Così facendosi può riuscire a tamponare l'emorragia della disoccupazione.

Ma i lungimiranti strateghi dediti al profitto stannocommettendo un grossolano errore nelle loro valutazionidimenticandosi d'inserire una variabile fondamentale, cheinvece dovrebbe essere evidente data la sua macroscopicarilevanza: l'insostenibilità del modello attuale.

L'incremento della produzione e del consumo di beni e servizicomporta inevitabilmente anche un maggior impiego di risorse,energia e un ulteriore aggravio per quanto riguardal'inquinamento ambientale, il tutto in un ecosistema giàsull'orlo del collasso.

In questo modo, per giunta, l'asservimento degli individui neiconfronti del lavoro non viene ridotto, ma al contrario, risultascientemente aumentato.

In sintesi, qualora il piano scellerato riuscisse, contribuirebbe ainquinare ancora di più l'ambiente, aumentare l'insostenibilitàglobale, consumare un maggior quantitativo di risorse e amantenere in condizione di schiavitù lavorativa l'interaumanità, non perché ce ne sia una reale necessità, ma perchél'odierno sistema economico funziona così, e quindi decidiamo

173 di 263

stupidamente di mantenerlo in essere invece di cambiarlo,conservando e subendo tutte le sue storture, inefficienze edevastazioni.

Com'è possibile che simili dinamiche siano ritenute adatte a"salvare" l'umanità? È del tutto evidente che non può esserequesta la miglior soluzione possibile!

Ma gli economisti hanno studiato questa strategia in tutte leuniversità del mondo, non sarete mica così pazzi da rimetterein discussione questa verità di fede?

E invece sì!

Non possiamo continuare ad adottare le stesse logiche chehanno causato i problemi attuali, sperando che questa volta glieffetti collaterali non si ripresentino.

E questa volta nelle dinamiche del gioco bisogna ancheintrodurre una novità: l'avvento delle automazioni e dei sistemidi intelligenza artificiale.

Prima delle rivoluzioni industriali quasi tutta la popolazionedoveva occuparsi di agricoltura per sfamarsi; oggi invece,grazie alle macchine agricole, il lavoro del 3% circa dellapopolazione è sufficiente per soddisfare la domanda dell'interacollettività.

Mano a mano che la necessità di forza lavoro umana nel settoreprimario diminuiva, i nuovi disoccupati venivano riassorbitidall'industria.

Ben presto, però, anche l'industria iniziò ad automatizzarsi.

174 di 263

L'introduzione delle dinamiche di iper-consumo rallentò ilprocesso di diminuzione del lavoro umano necessario, manonostante tutto in molti rimasero disoccupati. Il sistemariassorbì la forza lavoro disponibile nel settore dei servizi.

Ma oggi anche i servizi iniziano a essere svolti sempre più dasistemi automatizzati di tipo informatico, e questa volta nonesiste un "quarto settore" sul quale far ripiegare i nuovidisoccupati tecnologici, che così, senza alcuna contromisura,entreranno definitivamente nel mondo della disoccupazione.

In futuro le automazioni e le applicazioni d'intelligenzaartificiale sostituiranno sempre più gli esseri umani nelleattività lavorative, la disoccupazione aumenterà, fin quando, inprospettiva, non ci sarà più bisogno di lavoro umano, o quasi.

Ci dispiace tanto per gli economisti ma a un certo punto lesoluzioni classiche che predicano di aumentare il PIL percreare nuovo lavoro non saranno più attuabili, e non solo perun discorso di sostenibilità ambientale.

Si può far crescere l'economia quanto si vuole, ma se il lavoroumano non è più necessario, in quanto svolto dalleautomazioni, gli esseri umani continueranno a restaredisoccupati.

Anche per questo serve una nuova concezione del mondo dellavoro e dell'economia. Continuano a riemergere argomentazioni di persone chesostengono che la tecnologia e il progresso siano nemiche deilavatori, perché "rubano" il lavoro.

175 di 263

Pura follia. Ci sono a disposizione conoscenze e tecnologiesufficienti per liberare gli esseri umani dall’asservimento dellavoro pur garantendo a tutti beni e servizi, e noi vorremmoseriamente perdere una così straordinaria occasione da sfruttarea vantaggio dell'intera umanità?

L'obiettivo di liberare gli esseri umani dalla costrizione allavoro rappresenta un passo fondamentale nel percorso delraggiungimento del benessere collettivo che deve essererazionalmente perseguito.

Il lavoro dovrebbe essere reso quanto più possibileautomatizzato, e le mansioni residue dovrebbero essereripartite su tutti gli esseri umani che possono effettivamentelavorare, eliminando così definitivamente anche il falsoproblema della disoccupazione.

Altro che nemica dei lavoratori, la tecnologia rappresenta lachiave per liberare l'umanità dall'asservimento lavorativo.Bisogna soltanto far attenzione affinché il processo avvenga inmodo opportuno nell'interesse comune e non in nome delprofitto di una élite, come già accaduto in passato e comepurtroppo sta ancora accadendo.

C'è una forte necessità di ripensare le logiche del mondo dellavoro che non sono più in grado di stare al passo con i tempi,in modo tale che l'umanità possa cogliere le grandi opportunitàconcesse dall'avvento delle automazioni. Non abbiamo bisognodi un nuovo luddismo30, ma d'impiegare la tecnologia in modointelligente per migliorare le condizioni di vita di tutti.

30 Con il termine luddismo si indicano le forme di lotta violenta control'introduzione di nuove macchine e, per estensione e con intentodenigratorio, ogni resistenza operaia al mutamento tecnologico.

176 di 263

Si capisce immediatamente perché l'introduzione delleautomazioni rappresenti ancora oggi un gravoso problemainvece che una soluzione desiderabile:

anziché indurre una qualche diminuzione dell'orario di lavoro astipendio invariato - un'operazione fattibile visto che lavoranole automazioni al posto degli operai e ci sono anche i profitti, alnetto dei costi d'ammortamento dei macchinari - di fatto, lamaggiore efficienza dovuta all'introduzione delle macchine sitrasforma in disoccupazione per i lavoratori e maggior profittoper una minoranza d'individui, vale a dire i proprietari deimezzi di produzione.

Ma allora si comprendono anche le soluzioni al falso problemadovuto a un crescente impiego delle automazioni:

1) l'introduzione di una maggiore efficienza el'automatizzazione per quanto riguarda i processi diproduzione/fornitura di beni e servizi, non devono significarelicenziamenti ma diminuzione obbligatoria dell'orario di lavoroa stipendio costante (in qualche misura);

2) i mezzi di produzione non devono essere di proprietà di unaminoranza che li usa per il profitto personale, ma dellacollettività che li utilizza per fini di benessere collettivo.

La differenza è sostanziale: in un ipotetico mondo dominatodall'élite capitalistica, dove le macchine realizzano e fornisconoi beni e i servizi in modo autonomo, i lavoratori assumerebberoun ruolo ancor più marginale e il tutto andrebbe a esclusivovantaggio di una minoranza: sarebbe un disastro totale!

177 di 263

Se invece le macchine fossero di proprietà della collettività, odi gruppi locali, e venissero utilizzate per realizzare e fornirebeni e servizi in modo automatico e in quantità tali da poteressere dati/forniti in modo gratuito a tutti, allora i lavoratoriassumerebbero un ruolo centrale e i vantaggi non sarebbero piùdi una minoranza ma della collettività.

Prodotti gratis? Certo, con una produzione automatizzatascientificamente tarata per soddisfare le esigenze di tutti nonavrebbe più alcun senso pretendere un prezzo in cambio deiprodotti ma, al limite, solo un piccolo contributo lavorativo, intermini di competenze e di tempo esistenziale, per far sì che ilsistema funzioni correttamente e/o venga ottimizzato.

Possiamo continuare a vivere in una società che legittima laproprietà dei mezzi di produzione a una élite, avida eparassitaria, che li sfrutta scientemente per esercitare ildominio sul resto della collettività, inseguendo il miope edeleterio obiettivo del profitto individuale;

oppure, volendo, potremmo ripensare le regole del gioco,attribuendo la proprietà dei mezzi di produzione allacollettività, decidendo di utilizzare le automazioni in modointelligente, per realizzare i beni e i servizi di cui tutti hannobisogno per vivere dignitosamente e per minimizzare il lavoroumano, iniziando a perseguire un ideale di uguaglianza elibertà, senza più guardare al profitto ma al raggiungimentodella felicità dell'intera umanità.

Solo allora potremmo affermare: «I robot ci stanno rubando illavoro? Era ora!».

178 di 263

Sulla proprietà dei mezzi di produzione

Poco più di due secoli fa, il filosofo Jean-Jacques Rousseaulanciava un monito all'intera umanità:

«Siete perduti, se dimenticate che i frutti sono di tutti e la terradi nessuno».

Purtroppo l'abbiamo fatto, abbiamo dimenticato, o forseabbiamo fatto finta di non ricordare, e ora le conseguenze diquesta scelta stanno influenzando negativamente l'esistenzadell'intera umanità.

Da quando i primi ominidi hanno iniziato a camminare sullaterra, il mondo non ha mai visto così tanta ricchezza comequella odierna, eppure non ha mai conosciuto altrettantapovertà.

Il pianeta avrebbe abbastanza risorse per soddisfare i bisogni ditutti, se solo questi fossero dettati da reali necessità; di certonon riuscirà mai ad appagare le false esigenze indotte da unsistema economico basato sul profitto.

Le attuali conoscenze scientifico-tecnologiche ciconsentirebbero di risolvere i più grandi problemi cheaffliggono l'umanità, ciò nonostante i delicati equilibridell'ecosistema sono minati da un inquinamento detestabile,mentre fame, malattie e un diffuso senso di malesserecolpiscono duramente a ogni livello della nostra società.

Ovunque gli esseri umani si diffondono la natura soccombe.Gli animali selvatici scappano impauriti alla nostra vista. La

179 di 263

Terra sembra ribellarsi, come se fosse consapevole dellanecessità di doversi difendere: avremmo potuto essere iguardiani della vita e invece ci siamo trasformati in un cancro.

Il male, la menzogna e l'ingiustizia permeano la società,nonostante gli sforzi di rivoluzionari e liberi pensatori, il finedel benessere collettivo resta un concetto etereo, abilmentebollato con il termine di utopia da chi detiene il potere.

La fine delle guerre, dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo edella povertà, ma anche la rivoluzione, l'uguaglianza sociale oil benessere collettivo... fateci caso, il potere chiama utopiatutto ciò che la massa non deve neanche immaginare di poterfare.

Basiamo le interazioni sociali sull'individualismo e lacompetizione, mentre le nostre azioni sono figlie delle logichedel profitto.

Un'ottima ricetta, se s'intende realizzare l'inferno sulla terra.

Ci preoccupiamo di garantire l'illusione dell'uguaglianzaaffermando che tutti gli esseri umani hanno pari dignità ediritti;

però viviamo in una società fortemente stratificata, nella qualeveniamo classificati in base a ciò che abbiamo, allaprovenienza e al colore della pelle, o al lavoro che siamocostretti a fare.

Le condizioni di vita sono fortemente differenziate per imembri della società.

180 di 263

Si spazia dall'opulenza e il parassitismo di chi vive di renditasfruttando altri esseri umani, alla moderna schiavitù del lavorosalariato, alla povertà e alla disperazione dei disoccupati, perfinire con l'indescrivibile miseria di quei 24.000 bambini cheogni giorno periscono tra atroci sofferenze a causa di problemicollegati alla sete, alla fame e alla malattia.

Che cosa ce ne facciamo delle uguaglianze formali, se poialcuni esseri umani hanno il diritto di vivere nel lussosfruttando i propri simili, mentre altri sono condannati a esseresfruttati o a morire di fame?

Ciascuno partecipa a una continua lotta per cercare dimigliorare le proprie condizioni di vita, fregandosene se il suoagire peggiorerà l'esistenza di altri esseri viventi;

ma così facendo l'intera umanità, a eccezione di noi stessi,potrebbe influenzare negativamente la nostra esperienza di vita.

L'alternativa consiste nell'utilizzare intelligenza ed energia permigliorare anche le condizioni di vita degli altri, senza pensaresolo a noi stessi.

Se così fosse, ogni essere umano non sarebbe più lì solo alottare per sé, ma potrebbe contare sulle azioni positive di tuttigli altri membri della società.

Il motto: «Ciascuno per sé, Dio per tutti», andrebbe totalmenterovesciato, affermando: «Ciascuno per gli altri, Dio per sé».

La differenza è sostanziale: ciascuno in lotta contro settemiliardi di potenziali avversari, oppure sette miliardi di alleatiche agiscono in favore di ogni singolo individuo.

181 di 263

Un altruismo generalizzato indurrebbe una sinergia virtuosa ingrado di traghettare l'umanità verso il nobile fine del benesserecollettivo; al contrario, un diffuso egoismo la sta condannandoa sperimentare ingiustizia e sofferenza.

Fin quando non riusciremo a comprendere fino in fondo laportata di questo messaggio non saremo neanche in grado diattuare una simile rivoluzione interiore e così continueremo aridurre le nostre esistenze a una questione di lotte,sopraffazioni, truffe e sfruttamento, ma anche di morte, povertàe infelicità.

Permettiamo che uno esiguo numero d'individui si avvalga delconcetto di proprietà privata per sfruttare le risorse della terra ei mezzi di produzione a proprio vantaggio, invece di utilizzarliin comune per soddisfare i veri bisogni della collettività.

Il paradosso è che l'esistenza della proprietà privata non è resapossibile da un pezzo di carta firmato da una qualche autorità,ma dalla fede e dall'agire degli stessi oppressi, che con la loroaccondiscendenza nei confronti dei proprietari consentono chetutto ciò passi dal mondo metafisico a quello della realtà.

Se solo volessero, i lavoratori potrebbero riappropriarsidell'acqua data in concessione alle multinazionali, della terra,quindi dei suoi frutti, e di tutti i mezzi di produzione contenutinelle aziende, all'interno delle quali loro stessi lavorano ognigiorno, sapendo perfettamente come utilizzarli, anche senza lapresenza di soggetti privati che se ne attribuisconoingiustamente la proprietà, e tanto meglio senza dovergarantire, con il sacrificio della propria vita, un profitto a unanutrita schiera di sfruttatori parassitari.

182 di 263

La legittimazione della proprietà privata genera avidità negliesseri umani che così, a forza di accumulare, concretizzano unasocietà fortemente stratificata.

Il divario sociale è talmente grave che se il concetto diproprietà fosse ripudiato, e il maltolto venisse redistribuito, sipotrebbe eliminare istantaneamente la povertà.

Il mantenimento di un simile sistema sociale necessitadell'azione coercitiva della forza, di condizionamenti mentali edi una qualche forma di ricatto economico, grazie ai qualiconcretizzare l'asservimento di altri esseri umani nei confrontidi chi vanta la proprietà del capitale e dei mezzi di produzione.

L'accumulazione di ricchezza di alcuni individui alimenta a suavolta l'invidia sociale; lo sfruttamento e il divario diffondonoun'intollerabile ingiustizia; e così per difendere le proprietà dacoloro che vorrebbero riappropriarsene c'è bisogno del potere.

Ma se il potere dell'élite scaturisce dall'accettazione socialedella proprietà privata, allora la sua debolezza risiede nelrifiuto di quel concetto.

Quanta sofferenza e quante ingiustizie si potrebbero evitare seascoltassimo le parole del filosofo Rousseau e gridassimo:«guardiamoci dal dare ascolto a questi impostori, siamoperduti se dimentichiamo che i beni e i servizi sono di tuttimentre le risorse e i mezzi di produzione di nessuno».

Non rispettiamo i nostri simili esattamente come nonrispettiamo gli altri esseri viventi, nonché la natura che cicirconda.

183 di 263

Del resto, fin quando tutti gli esseri umani non riusciranno avivere in armonia con l'ambiente dal quale dipende il lorobenessere;

trattare con rispetto e dignità le altre forme di vita, che propriocome loro sono in grado di provare sentimenti e dolore;

capire che le risorse devono essere impiegate per soddisfare ibisogni funzionali di tutti gli esseri viventi in modo sostenibile,e non per realizzare profitto...

come si può pensare che non sfruttino anche i propri simili,l'ambiente e le altre forme di vita, generando dolore esofferenza per se stessi e per il resto dell'umanità?

A forza di passare il nostro tempo nelle scuole, nelle fabbrichee nei centri commerciali, abbiamo totalmente perso il contattocon la natura.

Ci sono individui che non hanno mai camminato all'ombra diuna faggeta secolare in una calda giornata d'estate, e tantomeno hanno sentito la sensazione che dà l'aria pura dimontagna nei polmoni, o bevuto l'acqua limpida che zampillada una sorgente, il cui scopo sembra essere quello di assicurarel'esistenza della vita.

Costoro non hanno mai assaporato né il piacere della libertà, nél'incanto e il benessere che genera l'essere in sintonia conl'ambiente.

Ci hanno reso insensibili alla bellezza della natura perimpedirci di comprendere la via per raggiungere la felicità.

184 di 263

Viviamo in un mondo nel quale a forza di sfruttare in modoscellerato le risorse abbiamo inquinando quella stessa acquache ci consente di vivere.

Per cosa? Per raggiungere dei ridicoli obiettivi di profitto.

Nessun altro animale in natura è mai arrivato a tanto, senzaconsiderare che gli esseri umani sono perfettamente in grado dicomprendere ciò che stanno facendo e possiedono anche lesoluzioni per rimediare ai propri disastri.

In questo modo abbiamo conquistato un primato assoluto:quello della più eclatante stupidità tra tutte le specie presentinel regno animale.

Le nostre esistenze sono oberate da incombenze assurde einnaturali; finzioni, che generano preoccupazioni e sofferenza,ma che il sistema insegna a rispettare e assolverediligentemente, anche a costo d'ignorare l'infinita bellezza diun'esistenza fatta di semplicità e di libertà, anche al caro prezzodi sacrificare la salute e il tempo da dedicare ai propri figli,perché questi sacrifici sono richiesti per il bene dell'economia.

Dopo aver arrecato sofferenze infinite a noi stessi e agli altriesseri viventi, combattendo guerre e asservendo i nostri similiin nome del profitto e della nostra insensibilità, ora stiamodistruggendo anche i delicati equilibri dell'ecosistema che ciconsentono di vivere.

Siamo innanzi alla massima manifestazione della folliauniversale. Abbiamo veramente raggiunto il punto più infimodella storia dell'umanità, ora si tratta di guarire da questa

185 di 263

malattia che attanaglia le nostre menti, quella del profitto, e divoltare pagina per iniziare a scrivere un nuovo capitolo.

C'è una fortissima esigenza di rimettere al centro il benessere ditutti gli esseri viventi, su tutto e prima di tutto. Prima delprofitto, innanzitutto.

Non possiamo continuare a limitare le nostre azioni soltanto aciò che è in grado di generare profitto.

Inseguendo il profitto non ci prenderemo cura dei poveri finquando non avranno soldi per pagare il cibo o le cure mediche;

non smetteremo d'inquinare l'ambiente, perché rappresenteràun costo che non saremo disposti a sostenere, fin quando ungiorno non sarà troppo tardi;

sacrificheremo le nostre vite per un lavoro inutile, il cui unicofine non è aiutare gli altri o realizzare beni o servizieffettivamente utili all'umanità, ma soddisfare la follia deiprocessi di accumulazione di capitale.

Potremmo rifiutare il concetto di proprietà privata per utilizzarein comune le risorse e i mezzi di produzione al fine diassicurare il soddisfacimento dei veri bisogni di tutti gli esseriviventi in modo sostenibile;

potremmo eliminare le disuguaglianze dovute a un'iniquaripartizione della ricchezza e le ingiustizie legateall'asservimento dell'uomo sull'uomo... potremmo farlo, se soloavessimo l'intelligenza di riconoscere che siamo tutti esseriumani che non cercano null'altro al di fuori della felicità.

186 di 263

Il reddito d'esistenza e le conseguenze perl'umanità

Chiamatemi pure folle, utopista o visionario, ma io non riesco aconcepire una società che non assicuri a tutti benessere,uguaglianza e libertà.

Mi rattrista il fatto che questa semplice ma potente idea siaancora ben lungi dal suo compimento.

Viviamo in una società dove per sopravvivere si deveguadagnare denaro, e per farlo, la maggior parte degli individuisono obbligati a subire i ricatti dei detentori di capitale.

Ma allora, come possiamo dirci liberi, se siamo costretti adoverci asservire ad altri esseri umani?

E soprattutto, come si può parlare di libertà, se dobbiamosacrificare la maggior parte del tempo della vita a causa di unamoderna forma di schiavitù, quella del lavoro, che è figlia delleesigenze distorte di un mondo malato di profitto?

All'interno della Società Capitalistica, per molti la libertà siriduce alla possibilità di poter scegliere da chi essere sfruttatitra coloro che a loro volta sceglieranno di sfruttarli, non primadi averli sottoposti a degli appositi test-psicoattitudinali.

Già, perché oggi la possibilità di essere sfruttati perguadagnarsi un reddito per sopravvivere dipende dall'esito diuno stupido test meritocratico.

Una prassi degna del peggior darwinismo sociale.

187 di 263

Come se non bastasse, il lavoro non è la naturale espressionedell'essere ma ciò in cui esso si annulla, perché non scaturisceda una reale e sincera volontà, bensì da una costrizione attuataper mezzo dell'azione combinata di un potente ricattoeconomico e d'incessanti processi di condizionamento mentale.

E poi c'è il problema della disoccupazione...

Così, chi lavora è condannato a una sorta di non-esistenza,perché il lavoro è totalizzante e disumano, mentre chi il lavoronon ce l'ha rischia la fame e la povertà, a meno che nonappartenga a quella élite di sfruttatori parassitari, tipicadell'odierna società.

Ci sembrerà ovvio di dover lottare per conquistare la libertà,ma come ci ricorda l'ex presidente della repubblica SandroPertini:

«La libertà senza giustizia sociale non è che una conquistafragile, che si risolve per molti nella libertà di morire difame».

Non c'è problema - o forse sì? - perché in un mondo dove ilavoratori sono sfruttati da una élite parassitaria e i poverimuoiono di fame o a causa di malattie banali che però nonpossono permettersi di curare, mentre i ricchi spendonomigliaia di dollari per eliminare dei risibili inestetismi ecercare di guarire dalle malattie causate dagli eccessialimentari... possiamo essere assolutamente certi del fatto chenon solo non esiste la libertà, ma neanche l'ombra dellagiustizia sociale.

188 di 263

Son cose che succedono quando si sceglie di privatizzare lerisorse, di attribuire la proprietà dei mezzi di produzione a unaminoranza, e di competere inseguendo egoisticamente ilproprio guadagno personale, invece di cooperare, mettendoinsieme risorse, conoscenze e mezzi, guardandoaltruisticamente al benessere di ogni essere vivente.

Purtroppo viviamo all'apice del capitalismo, globalizzante eimperante, e si dà il caso che il capitalismo generi ingiustizia,sfruttamento e disuguaglianza sociale - ormai abbiamoevidenze empiriche a sufficienza, o no? - per questo urge unrimedio efficace.

Fortunatamente una delle tante soluzioni è a portata di mano...

Questa volta non parlerò di rivoluzioni o utopie, ma di unasemplice manovra che potrebbe risolvere rapidamente inumerosi problemi dell'odierna società: l'istituzione del redditodi esistenza.

Per chi non ne fosse al corrente, il reddito di esistenza consistein un'erogazione monetaria elargita a intervalli di temporegolari a tutti gli esseri umani solo ed esclusivamente per ilfatto di esistere, con un importo tale da assicurare un livello divita dignitoso, indipendentemente dal fatto che si abbia unlavoro, dall'attività lavorativa effettuata, dalla nazionalità, dalsesso, dal credo religioso e dalla posizione sociale, fin dallanascita e per tutto il corso della vita.

Tutti gli individui dovrebbero avere la certezza di poter viverein modo dignitoso solo ed esclusivamente per il fatto di essereumani e si dà il caso che il reddito d'esistenza, nella giusta

189 di 263

ottica, rappresenti un ottimo strumento per concretizzare questoobiettivo fondamentale ancora oggi negato ai più, che invecedovrebbe essere posto a fondamento di ogni società di esseriumani civili ed evoluti.

A questo punto dovete fare molta attenzione a non cadere nellatrappola veicolata dal potere per mezzo di taluni "esperti" cheaffermano di essere dalla parte del popolo: è di fondamentaleimportanza che il reddito d'esistenza venga concesso in modoincondizionato.

Infatti, se la possibilità di ricevere questa somma di denarofosse legata all'obbligo di dover svolgere un qualche tipo diattività, allora si trasformerebbe in una nuova forma dischiavitù legalizzata, e così perderebbe le sue fondamentaliconnotazioni di strumento in grado di spingere il sistema versola realizzazione dell'uguaglianza, della giustizia sociale e dellalibertà.

La vera innovazione del reddito d'esistenza consiste nellospezzare la ridicola e antiquata visione del passato che affermache per procurasi il denaro per vivere si debba per forzalavorare;

una concezione malsana che già oggi non è più utile, nénecessaria, e lo sarà sempre di meno grazie all'avvento delleautomazioni, che ridurranno progressivamente il bisogno dilavoro umano.

Si tratta di incominciare a indicare la strada che condurrà allanobile meta della libertà umana, anche dalla costrizione dellavoro. Non sarebbe un guaio iniziare proprio dal lavoro offertoda chi intende realizzare profitto asservendo i propri simili.

190 di 263

E qui bisogna fare attenzione per la seconda volta: se il redditod'esistenza venisse concesso, ma la gestione della monetarestasse nelle mani di una élite, si potrebbe trasformarenell'ennesima arma ricattatoria al servizio del potere.

Infatti, costoro potrebbero chiudere i "rubinetti" del denaro daun giorno all'altro, e così milioni di persone resterebbero senzasoldi che, in un'economia monetaria, sono indispensabili persopravvivere.

Il ricatto è chiaro: se non fai ciò che voglio, io che possiedo leleve monetarie, ti sospendo il reddito d'esistenza e ti condannoalla povertà.

Per questo, se si vuole realmente istituire il reddito d'esistenza,è di fondamentale importanza ripensare anche la gestione dellamoneta, strappandola dal controllo di una élite privata, in modotale che quella forma di sussistenza in denaro non possa esserenegata all'umanità, per nessun motivo.

La certezza di ricevere un introito economico da usare pervivere, ottenuto a prescindere da tutto il resto, indurrebbe deglieffetti decisamente positivi nell'ambito lavorativo, soprattuttoper chi deve subordinarsi nei confronti dei detentori di capitale.

Ogni essere umano che non si trova bene con il proprio lavorodovrebbe avere tutte le garanzie necessarie per mandaresonoramente a quel paese i propri sfruttatori, i superiori e icolleghi di lavoro, qualora lo ritenesse necessario, senzarischiare di cadere in disgrazia.

191 di 263

In un mondo a misura d'essere umano il lavoro dovrebbe essereuna libera, matura e volontaria espressione del proprio essere,non una costrizione che annulla l'individuo e lo allontana dallafelicità, imposta dal sistema per mezzo di paure e ricatti.

Se poi qualcuno volesse condurre un'esistenza votata allaricerca intellettuale, all'esplorare il mondo, all'arte o allosport... dovrebbe essere libero di poterlo fare, avendo i mezzieconomici necessari per farlo in modo totalmente svincolatodalle costrizione lavorative.

La concessione del reddito d'esistenza consentirebbe ilcompimento di questi nobili obiettivi, senza contare chefarebbe anche diminuire furti, delinquenza, drammi e malesseripsico-fisici correlati al non avere denaro a sufficienza pervivere e al dover svolgere per forza dei lavori frustranti,alienanti e totalizzanti.

Comprenderete anche come una simile iniziativa riuscirebbeimmediatamente a risolvere fame e povertà.

In definitiva il reddito d'esistenza consentirebbe di realizzareuna maggiore giustizia sociale e ad assicurare una più ampialibertà, creando le condizioni necessarie per un significativoaumento della felicità negli esseri umani.

Ma tutto ciò è davvero possibile?

Cerchiamo brevemente di smentire le obiezioni più comunisollevate a tal proposito.

Sento già la classica tesi dell'insostenibilità economica di unasimile operazione, un argomento che in realtà è del tutto

192 di 263

inconsistente, perché non ci sono problemi legati a unaintrinseca scarsità relativa al denaro, in quantorappresentazione di un'entità meramente metafisica, che costapraticamente zero ed è potenzialmente infinita.

A dire il vero, il denaro per una simile manovra non dovrebbeneanche essere "stampato" perché è già disponibile, basterebberedistribuire un po' di ricchezza e smettere di spendere soldi percose del tutto inutili e dannose, tipo: guerre, propaganda epubblicità, tanto per citare solo alcuni esempi tra i più eclatanti.

La questione si sposta su come riappropriarsi della sovranitàmonetaria e su come imporre una revisione della fiscalitàgenerale al fine di attuare un'azione redistributiva, ad esempio,introducendo una tassa sulle transazioni finanziarie.

La seconda critica, solitamente mossa dagli schiavi chevogliono rimanere tali, è che con il reddito d'esistenza nessunosarebbe più disposto a fare i lavori detestabili.

In realtà, i lavori che nessuno sarebbe più disposto a fare, per lalegge della domanda e dell'offerta, nel giro di poco temposarebbero retribuiti con un compenso più elevato, e cosìqualcuno tornerebbe a svolgerli.

Del resto non si capisce perché i lavori peggiori debbano essereanche i meno retribuiti, mentre quelli piacevoli o oziosidebbano essere i più retribuiti, è chiaro che in un mondo"normale" dovrebbe essere il contrario!

Altri invece si spingono addirittura ad affermare che nessunosarebbe più disposto a lavorare, il che è una chiara assurdità,perché già oggi ci sono moltissimi esseri umani che lavorano

193 di 263

addirittura senza essere pagati svolgendo un'importante operavolta all'utilità sociale per mezzo del volontariato.

Ma anche se fosse, io affermo che sia giusto così, perchéciascuno dovrebbe essere totalmente libero di poter scegliere selavorare oppure no, pur potendo disporre di beni e servizinecessari per poter vivere dignitosamente, a prescindere daquesta scelta.

Com'è possibile? Con l'odierna tecnologia. Ora vi spiego...

Dato che con il reddito d'esistenza nessuno rischierebbe dimorire di fame a causa della disoccupazione, finalmentel'umanità potrebbe iniziare ad automatizzare e delegare illavoro ai robot e ai moderni sistemi d'intelligenza artificiale intutta tranquillità.

Negli ambiti in cui ciò non fosse possibile, il lavoro umanoresiduo potrebbe essere maggiormente retribuito e così lepersone troverebbero un motivo più che sufficiente persvolgere ciò che è necessario, così come hanno sempre fattoanche quando il lavoro era malpagato.

Si potrebbero produrre beni e servizi durevoli e di elevataqualità per tutti in modo pressoché automatizzato, concedendoun reddito d'esistenza sufficientemente elevato da consentire dipoterli acquistare.

Con un rinnovato sistema socio-economico volto al benesserecollettivo, piuttosto che al profitto elitario, si potrebbe porrefine alla povertà segnando la strada per la totale eliminazionedell'obbligo del lavoro umano.

194 di 263

Lo slogan del nuovo millennio potrebbe diventare: «il lavoroalle automazioni, la libertà agli esseri umani», e così l'umanitàpotrebbe portare a termine l'obiettivo di assicurare benesseremateriale e libertà per tutti.

Ma allora perché il reddito d'esistenza non viene istituito?

Tutto ciò sarebbe certamente possibile e anche facilmenteattuabile se malauguratamente non si scontrasseprepotentemente con le esigenze di potere, ricchezza e dominiodelle élites.

La certezza di ricevere un reddito d'esistenza metterebbe in unachiara posizione di forza i lavoratori, che così andrebbero aintaccare i profitti di tutta quella nutrita schiera di sfruttatoriparassitari nota ai più con il termine di capitalisti.

Il reddito d'esistenza libererebbe l'umanità dall'obbligo di doverlavorare alle condizioni che gli vengono imposte, la massa nonavrebbe più paura e così potrebbe ritrovare coraggio, forza elucidità mentale necessari per rimettere in discussione l'ordinedelle cose, il tutto a discapito di chi oggi detiene ricchezza epotere.

Il reddito d'esistenza getterebbe le basi per un processorivoluzionario in rotta di collisione con l'attuale modello socio-economico capitalistico basato sul libero mercato.

Ecco perché chi detiene il potere agirà in tutti i modi affinchénon venga mai concesso all'umanità. Sta a noi, che siamo il99%, fare in modo che il reddito d'esistenza diventi realtà.

195 di 263

Il libero pensiero salverà l'umanità?

Nonostante gli innegabili successi ottenuti in ambitoscientifico-tecnologico e le centinaia di migliaia di saggi colmidi profonde riflessioni filosofiche, ciò che gli esseri umani sonocomplessivamente in grado di realizzare si palesa negli orroridell'odierna società.

La specie che si reputa la più intelligente del regno animale,quella che ha addirittura la presunzione di autodefinirsi contoni rafforzativi Homo sapiens sapiens, manifesta un misto diegoismo, odio, ignoranza e stupidità, oltre a una chiara assenzadi sensibilità, e con le proprie scelte comportamentali stainscenando delle dinamiche che distruggeranno se stessa, nonprima di aver causato ingiustizie e sofferenze a non finire.

Si pensi alla follia delle guerre combattute per conto di unaélite dedita al profitto o agli attentati condotti in nome di un dioche non c'è; ai furti e agli omicidi, agli stupri e alla pedofilia, alrazzismo e al classismo;

ma anche a un detestabile sfruttamento dell'uomo sull'uomo; aun lavoro che quando c'è o è precario o è totalizzante, e quindinon consente di vivere la vita in libertà e con serenità;

all'inquinamento che causa numerose malattie, oltre che essereconcausa, assieme a un iper-consumo futile ed evitabile, di unprogressivo allontanamento dalla sostenibilità ambientale;

alle inutili sofferenze riservate agli animali allevati e uccisi percibarsi delle loro carni, nonostante non sia indispensabile ai finidi una dieta sana ed equilibrata.

196 di 263

per non parlare dell'avidità e dell'egoismo, in un mondo doveuna minoranza ha accumulato così tanto in eccesso da nonsapere neanche cosa farsene della propria ricchezza, mentremigliaia di persone ogni giorno soffrono e muoiono per causeconnesse alla povertà.

A giudicare da ciò che accade all'interno della società, la specieumana dimostra di avere tutte le caratteristiche tranne quelleche dovrebbe possedere una vera comunità di esseri umani.

Eppure, ciascun individuo racchiude in sé un potenzialesterminato che però, per qualche motivo, rimane inespresso.

Amore, empatia, altruismo, generosità, curiosità e creatività,ma anche elevate capacità fisiche e mentali, sono caratteristichepotenziali di ogni individuo, che per manifestarsi richiedonovolontà, impegno e costanza, oltre a un adeguato contestosocio-economico-culturale.

No, le distorsioni che permeano l'odierna società non sonol'inevitabile conseguenza della vera natura umana, bensì i fruttiavvelenati di un ambiente malsano.

È vero, sono gli esseri umani che interagendo danno luogo allasocietà, ma al medesimo tempo essi sono anche un suosottoprodotto.

La società plasma il pensiero degli individui per mezzo diquelli che potremmo genericamente chiamare condizionamentisociali, e così riesce a influenzarne le dinamiche.

197 di 263

Il comportamento della massa può essere facilmenteorchestrato e chi detiene il potere è ben consapevole di questapossibilità.

Non a caso lo Stato ricorre all'istruzione, le religioniall'indottrinamento, i politici alla propaganda e le aziende allapubblicità; tutte queste realtà adottano strategie che hanno incomune il fatto di suggerire cosa si deve pensare.

Influenzando il pensiero, con delle apposite informazioni, sipuò riuscire a esercitare il controllo sociale.

Impara a memoria questo concetto senza discutere, il tuogiudizio non è importante;

obbedisci ai dettami del dio della nostra religione, tutte le altresono in errore;

vota il nostro partito, non hai alternativa se vuoi ottenere lalibertà;

cosa stai aspettando? Butta il vecchio e acquista il nostro nuovoprodotto, è il migliore che abbiamo mai realizzato...

simili messaggi cercano di annullare il pensiero dell'individuo,indicando la strada "corretta" da seguire.

Per quanto c'illudiamo che non sia così, siamo fortementeinfluenzabili, altrimenti non si spiegherebbero né lospasmodico interesse delle élites nell'accaparrarsi il controllodei mass media, né l'ingente quantitativo di denarosistematicamente destinato alle campagne propagandistiche e aquelle pubblicitarie.

198 di 263

Cadiamo nelle trappole dovute a preconcetti, pregiudizi econvinzioni fideistiche, che sono il frutto di messaggimartellanti che accettiamo passivamente, per principio diautorità, per consuetudine o per paura di perdere l'approvazionedel gruppo sociale al quale apparteniamo.

La maggior parte delle persone non ha mai maturato unariflessione originale, ma si è soltanto limitata ad assorbire comeuna spugna le informazioni diffuse dalla scuola e dai massmedia, per farle proprie senza neanche degnarsi di cercare distabilirne la veridicità, per poi ripeterle come degliamplificatori in modo da rafforzare la visione dominante:esattamente ciò che è utile al potere.

Non viviamo nell'utopia di Platone, nella quale il potere èrisposto nelle mani di filosofi appositamente educati per fare ilbene dello Stato;

viviamo nel mondo reale, dove il potere non deve essereconquistato ma distrutto, perché chi se ne impossessa lo fa invirtù del fatto di poter ottenere un vantaggio personale,sacrificando la libertà e il benessere del resto della collettività.

Una volta assimilato, decostruire l'immaginario che ci è statoinculcato giorno dopo giorno, per tutto il corso della vita, è uncompito assai arduo da portare a termine.

Ma quando la fiaccola del sospetto si accende squarcial'oscurità e consente d'illuminare il sentiero che conduce allaverità.

199 di 263

Una volta che si è compreso l'arcano, non si potrà più fare ameno di smascherare i mille trucchi, le strategie e le menzogneutilizzate dal potere per esercitare il controllo sociale.

Il passo successivo sarà quello di voler salvare gli altri.

Il sistema però è auto-stabilizzante, come in una prigione dovegli stessi carcerati si preoccupano di fare in modo che i proprisimili non evadano mai.

La luce della verità causa un dolore tremendo agli occhi di chiha sempre vissuto nell'oscurità.

Così, il tentativo di liberare gli altri diventa un'impresa vana: laverità è considerata una menzogna, perché la menzogna èsempre stata la verità.

Colui che ha compreso potrà invitare gli altri a farlo, ma sesceglierà di svelare di colpo l'inganno rischierà di ottenerel'effetto opposto a quello desiderato.

Scoprire la verità è un atto individuale che muove i passi dallavolontà; non si riesce a comprendere alcunché se prima non siè intimamente disposti a voler comprendere la verità.

Per spezzare definitivamente questo circolo vizioso auto-catalizzante, nel quale la follia sociale si tramuta nella folliaumana, che a sua volta genera nuova follia sociale, è evidenteche bisogna indurre un cambiamento nella società,

ma è altresì chiaro che per cambiare la società è necessario cheavvenga un profondo cambiamento nel pensiero di ogni singoloessere umano, giacché è il pensiero che determina l'azione, ed è

200 di 263

sempre il pensiero, o meglio il libero pensiero, che è in gradodi spezzare i condizionamenti instillati ricorrendo a false-veritàche inducono convinzioni errate e dannose.

I problemi nascono quando decidiamo di smettere di esercitareil dubbio critico e la logica razionale - o ancora peggio se nonsiamo mai stati in grado di esercitarli - e ci convinciamo diessere nel giusto, perché riteniamo di essere in possesso dellaverità, mentre invece così non è.

In quel preciso istante, in virtù di mere opinioni che si sonoradicate nel profondo come tenaci convinzioni, diveniamoparte attiva della follia sociale e condizioniamo anche leesistenze degli altri, agendo esattamente come vuole l'élite.

I condizionamenti influenzano il pensiero, creando convinzionipericolose che sono accettate acriticamente per fede e le azioniche ne derivano generano le distorsioni dell'odierna società.

È così che ci trasformiamo nelle marionette dell'élite che cimanipola per mezzo di fili invisibili ma assai efficaci. Ilparadosso è che tutto ciò accade grazie alla nostra complicità.

Ed ecco che invece di contestare e disobbedire si è ligi alleregole e al dovere, anche quando sono palesemente ingiusti ecozzano con la nostra felicità;

e via che si va di corsa a cercarsi un lavoro, e quandofinalmente si riesce a trovarlo, s'inizia a compierequotidianamente delle azioni ripetitive degne dell'esistenza diun nevrotico, senza chiederci il perché, né se tutto ciò siadavvero necessario;

201 di 263

invece di cooperare si compete, convinti che la migliorstrategia per migliorare le nostre condizioni di vita consista neldover lottare per ottenere un egoistico traguardo, invece diaiutarci a vicenda per raggiungere un fine comune;

e già che ci siamo, se possiamo avere più degli altri, perché no?Accumuliamo pure in eccesso, tanto non saremo noi a moriredi fame a causa della nostra avidità;

e si corre sempre più veloci, sia con le nostre auto che con iconsumi, aumentando sempre più l'insostenibilità el'inquinamento ambientale, causando la nostra malattia e quelladei nostri figli.

Ma non faremo attenzione neppure a questo aspetto,preferiremo invece continuare a inquinare per piangere sui lettidegli ospedali innanzi alla sofferenza dei malati terminali,invocando l'intervento miracoloso di un essere metafisico dalladubbia esistenza di nome Dio.

Non abbiamo smarrito solo l'intelligenza, ma anche la nostraumanità.

È così che realizziamo una follia sociale, nella quale invece diagire per realizzare il benessere di tutti gli esseri viventi,c'impegniamo quotidianamente per trasformare il mondo in unasorta d'inferno.

C'è una speranza per cercare di fuggire dai devastanti effetti deicondizionamenti sociali: quella di esercitare il libero pensiero.

È già successo e se vogliamo succederà ancora.

202 di 263

Il libero pensiero ha dato origine alla Scienza e ancor primaalla Filosofia nell'antica Grecia.

La Chiesa Cattolica ha gettato l'umanità nell'oscurità per oltre1000 anni, fin quando i lumi della ragione non sono riusciti adelegittimare il potere degli uomini di Dio.

Ma il Dio delle religioni monoteistiche si è trasformato nel dioMercato.

Oggi viviamo sotto la dittatura del regime capitalistico, che siavvale dei ricatti dell'economia e dei mezzi dello Stato,inscenando l'illusione della democrazia e della libertà.

I condizionamenti utili al potere ci conducono ancora una voltalontano dalla felicità e dalla nostra umanità.

Si sente di nuovo forte il bisogno del libero pensiero perrimettere in discussione lo status quo, con i suoi dogmi, come ilmito della crescita, propugnato in un mondo con un ecosistemaridotto sull'orlo del collasso;

l'efficienza del libero mercato, millantata nonostante gli sprechie la disuguaglianza generati dalle sue logiche;

il dover aumentare ancora di più il lavoro o il creareoccupazione diminuendo i diritti e aumentando la flessibilità,nonostante siano già ben evidenti i tratti caratteristici di unamoderna forma di schiavitù lavorativa.

Il sistema insegue tutto, fuorché ciò che consentirebbe di viverela vita in condizioni di benessere, uguaglianza e libertà;

203 di 263

eppure chi detiene il potere continua a suggerici di doverproseguire in tutta fretta nella medesima direzione, proprioquella che ha condotto l'umanità alle odierne criticità.

È giunto il momento di tornare alla ragione, per rivedere i finidel nostro agire, rimettendo al centro delle riflessioni gli esseriviventi e il raggiungimento della loro felicità.

Si tratta di una scelta, così come quella di anteporre a tutto e sututti la ricerca del profitto, ignorando che non c'è meta più altae nobile di contribuire al raggiungimento del benessere di ogniessere vivente.

A tal fine si dovrà ricorrere allo scetticismo, avvalendosi didimostrazioni logico-razionali ed evidenze empiriche, perquanto possibile, sconfinando nel fertile terreno della filosofiaper aprire nuovi orizzonti all'umanità.

Un'altra potente medicina da adottare per curare i mali dellasocietà è quella di maturare una cultura ampia e generale, chenon sia subordinata alle esigenze del mondo del lavoro.

Chi studia con impegno laureandosi con il massimo dei voti perpoi diventare uno schiavo felice al servizio del capitale,dimostra di non aver capito il vero scopo della conoscenza, etanto meno di aver intuito il senso della vita.

Conoscere la storia, la matematica, i risultati e i metodi dellascienza, oltre che le riflessioni filosofiche dei più grandipensatori che hanno vissuto prima di noi su questa terra, èindispensabile per maturare gli elementi necessari persmascherare il falso;

204 di 263

per contribuire al percorso di comprensione dei meccanismidella natura; per risolvere problemi e superare le criticità,evitando di ripetere gli errori, e gli orrori, del passato;

per realizzare una società in cui tutti gli esseri viventi possanovivere in pace, armonia, uguaglianza, benessere e libertà; e nonper ultimo in ordine d'importanza, per migliorare se stessi edesprimere la propria unicità.

La conoscenza non dev'essere imposta dall'autorità, néaccettata per tradizione o per qual si voglia altra visionedogmatica, dev'essere il frutto di una ricerca libera eindividuale coniugata con la libertà interpretativa rispetto acanoni precedentemente fissati.

Più in generale, non si dovrebbe accettare nulla per vero seprima non lo si è indagato e compreso fino in fondo.

Non a caso ogni libero pensatore matura una profonda allergianei confronti del dogma e dell'autorità, ed è consapevole che sequalcuno cerca d'imporre una presunta verità, è giunto ilmomento di scommettere in favore della sua falsità.

La verità, in quanto tale, non ha bisogno di essere imposta: essaimpone se stessa, attraendo le menti di chi esercita il liberopensiero.

Comprendere la verità significa anche smascherare gli ingannie i condizionamenti che allontanano l'umanità dalla libertà edalla felicità.

Per questo affermo che il libero pensiero salverà l'umanità.

205 di 263

La rivoluzione comincia da te!

Se è vero, come spesso ci piace affermare, che in quanto esseriumani siamo la specie più intelligente del regno animale, alloraperché esistono lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo,l'inquinamento, la guerra, la povertà e tutte le altre distorsioniche permeano così profondamente la nostra società?

«La colpa è dei politici che non fanno le riforme chedovrebbero fare», afferma il socialista;

«La colpa è dei preti che indottrinano la massa al fine d'indurlaa credere invece che a pensare», sostiene l'ateo anticlericale;

«La colpa è dei capitalisti che sfruttano in modo indiscriminatole risorse comuni e gli esseri umani al sol fine del profitto»,grida il marxista;

«La colpa è del sistema economico che è condannato acrescere, che induce l'iper-consumo e causa l'inquinamentoambientale», argomenta il decrescitista;

«La colpa è della finanza che non è regolamentata e dellacattiva gestione della moneta», spiega l'economistainterventista keynesiano...

Ma è realmente così che stanno le cose?

Certo, quello che avete appena letto è innegabile, ma saremmodegli ingenui se pensassimo che la società possa migliorareperché improvvisamente i politici inizieranno a fare le riforme"giuste", i preti e i capitalisti smetteranno rispettivamente

206 di 263

d'indottrinare e sfruttare la massa, o il sistema economico saràregolamentato a vantaggio di tutti... Perché dico questo?

Beh, se ci pensiamo solo per un attimo comprendiamo che queicambiamenti dovrebbero essere attuati proprio da quelleistituzioni che si adoperano incessantemente per legittimarepotere e ricchezza alle élites che siamo soliti incolpare.

Nulla di strano, siamo semplicemente caduti in una trappolamentale utilizzata per il controllo sociale.

Infatti, se il popolo si convince che le soluzioni debbanoarrivare da quella minoranza che li tiene sotto controllo, liopprime e li sfrutta, allora quest'opera di dominio può andareavanti indisturbata, indipendentemente da quanto intensamentela massa si dedichi all'arte della polemica, dell'addossare lecolpe e del pretendere le soluzioni dall'alto.

Lasciamo perdere, è tutto inutile! O forse vogliamo ancoracontinuare a credere che i problemi saranno risolti dagli stessiattori che li hanno generati?

Non l'avete notato? I politici agiscono per il bene del paese; ipreti per il bene dei poveri e delle anime; i sindacati per il benedei lavoratori; gli economisti per far funzionare il sistemaeconomico a vantaggio di tutti; i capitalisti per il bene deiconsumatori...

eppure il nostro paese è sull'orlo del fallimento; le animesaranno pure in salvo, ma si può dire lo stesso dei corpi di chi ècondannato alla fame, alla miseria e allo sfruttamento?

207 di 263

I lavoratori sono sempre più sfruttati e al tempo stesso menotutelati; il sistema economico non riesce a garantire condizionidi vita dignitose per tutti;

i prodotti che consumiamo sono in larga parte scadenti e hannolo strano vizio di rompersi puntualmente allo scadere dellagaranzia.

D'altro canto i politici percepiscono dei lauti stipendi; la curametafisica dell'anima è gravata dall'onere concreto di dovermantenere ben in carne i rappresentanti di Dio;

il divario sociale e l'ingiustizia aumentano sempre più; enonostante la crisi i capitalisti riescono comunque a ottenere uncospicuo profitto...

il tutto a discapito delle condizioni di vita della maggior partedegli esseri umani, ovviamente!

Caspita, ma con tutta questa gente che afferma di agire per ilnostro bene, come fa il mondo a essere pieno d'individui chestanno così male?

In realtà la spiegazione di questo fatto "paradossale" è moltosemplice.

Chi detiene il potere non ha la minima intenzione di attuare lesoluzioni che consentirebbero di garantire benessere,abbondanza e libertà per tutti, perché sa benissimo chesarebbero inconciliabili con il raggiungimento dei veri scopidelle élites.

208 di 263

Realizzare una società a misura d'essere umano, infatti,significherebbe come minimo porre fine alle tipiche pratiche dicontrollo sociale e di sfruttamento che sono necessarie perdominare la massa e per poter raggiungere degli egoisticiobiettivi di profitto elitario.

Quell'1% che trae notevoli vantaggi dall'attuale sistema cercadi far credere al restane 99% che i suoi tirapiedi stiano lìappositamente per migliorare le condizioni di vita degli esseriumani, e che quindi sia sufficiente lamentarsi e andare a votare,per poi attendere e sperare.

«Chiedere al potere di riformare il potere, che assurdità!»

L'aveva già intuito Giordano Bruno, che ovviamente i membridell'Inquisizione della Chiesa Cattolica hanno sistemato adovere con una condanna al rogo.

Ma allora, che fare? Dobbiamo forse rassegnarci a un futuro disfruttamento e povertà?

Neanche per sogno! Per fortuna c'è almeno un'altra strategiaben più efficace: agire in prima persona, facendo in modo chele soluzioni arrivino dal basso.

Per comprendere questa visione, bisogna effettuare un cambiodi prospettiva, partendo da un semplice dato di fatto:

ogni società è sempre il risultato delle azioni degli individuiche la compongono, quindi bisogna capire che se il mondo èquel disastro che possiamo osservare, la colpa è innanzituttonostra.

209 di 263

Proprio così: non sono gli altri i primi responsabili bensì noistessi!

Impossibile? Invece no...

la colpa è nostra, se speriamo che i politici asserviti alleesigenze del capitale realizzeranno le manovre necessarie albenessere dell'umanità;

la colpa è nostra, che invece di pensare in modo scetticorazionale crediamo in modo acritico e fideistico alle fandonieche gli stregoni diffondono per legittimare la loro millenariaistituzione di potere - leggasi Chiesa Cattolica -;

la colpa è nostra, che ci vendiamo ai capitalisti e ci lasciamosfruttare, concedendogli il lusso di trattenere una parte delfrutto del nostro lavoro;

la colpa è nostra, se cediamo ai condizionamenti del sistemaeconomico e iniziamo a iper-consumare in modo stupido,superfluo e irresponsabile;

la colpa è ancora nostra quando ci rechiamo dagli strozzinilegalizzati - i banchieri - a chiedere un mutuo, assicurandoglicosì una rendita parassitaria con il nostro lavoro;

la colpa è sempre nostra, quando investiamo in borsa percercare di speculare un po' d'interesse senza far nulla,scaricando i veri oneri sulle spalle degli altri.

Siamo noi che cedendo alle necessità del sistema creiamo lecondizioni affinché il sistema esista;

210 di 263

siamo noi che permettiamo che le storture continuino aperpetrarsi quando ci giriamo dall'altra parte e facciamo fintache non esistano, invece di opporci e agire con forza facendo inmodo che non si verifichino più;

siamo sempre noi che abbiamo lo straordinario potere dispezzare il meccanismo dell'odierna follia sociale, prendendocoscienza e iniziando ad agire in prima persona affinché le cosecambino.

Infatti, senza una massa d'individui che crede nelle promessedei fantocci che il capitale mette in scena per ingannarla e sireca puntualmente a votare "il meno peggio" come un brancodi pecore, il potere dello Stato svanirebbe e così anche l'azionevessatoria dell'attuale classe dirigente, venduta e corrotta.

Senza una massa d'individui disposta a illudersi e a credere allemenzogne di preti, vescovi, cardinali e papi, e che partecipapuntualmente ai rituali magici non appena il pastore chiama, leistituzioni religiose di potere, come quella millenaria dellaChiesa Cattolica che si è macchiata dei peggiori crimini control'umanità, non troverebbero terreno fertile per legittimarsi equindi si dissolverebbero nel nulla.

Senza una massa disposta a concedersi "spontaneamente" perfarsi sfruttare, tutti gli sfruttatori parassitari non potrebbero néasservire, né sottrarre il frutto del lavoro altrui, e cosìdovrebbero anch'essi iniziare a lavorare al fianco di quegliesseri umani che erano soliti sfruttare.

Senza una massa che metta in atto volontariamente icomportamenti suggeriti dalla pubblicità e dagli altricondizionamenti sociali iper-consumando in modo superfluo e

211 di 263

irresponsabile, l'attuale livello d'inquinamento e insostenibilitàambientale non sarebbe stato raggiunto.

Senza una massa disposta a indebitarsi con il sistema bancarioe che effettua operazioni speculative finanziarie per lucrare unpo' d'interesse, le banche fallirebbero immediatamente e ilmercato finanziario collasserebbe.

Se speriamo che sia il potere a realizzare le condizioni dibenessere per l'umanità, ci sbagliamo di grosso.

Il potere attua ciò che serve per legittimare se stesso e perraggiungere i propri obiettivi, ricorrendo a ogni formad'inefficienza, propaganda, sfruttamento o violazione dei dirittiumani, se necessario.

Se pensiamo di ricevere la verità da coloro che con lamenzogna e con l'inganno dominano da circa 2000 anni, siamosemplicemente degli ingenui;

così come quando pensiamo che i messaggi diffusi dai massmedia corrispondano a realtà, quando invece dovremmo apriregli occhi e renderci conto che sono studiati ad arte per deviarel'opinione pubblica a favore del potere e indurre appositedinamiche sociali.

Se aspettiamo che sia il nostro padrone a concederci la libertà,siamo degli illusi; così come quando pensiamo che l'attualeconcezione del lavoro, forzosa e totalizzante, sia indispensabileper la nostra emancipazione e non ci rendiamo minimamenteconto che si tratta soltanto di una moderna forma di schiavitù.

212 di 263

Se ci lamentiamo dell'inquinamento ma poi ne siamo i primiresponsabili con il nostro consumo smodato di beni superflui ecombustibili fossili, siamo degli ipocriti;

esattamente come quando inorridiamo di fronte alle guerre, epoi per lavarci la coscienza ci rechiamo a una marcia per lapace con le nostre auto alimentante a derivati del petrolio, pursapendo benissimo, e dimenticando altrettanto bene, che ilpredominio delle risorse petrolifere rappresenta una tra le causeprincipali dei conflitti armati nel mondo.

Fin qui dovremmo essere tutti d'accordo... ma allora quand'èche inizia la rivoluzione?

La rivoluzione inizia quando comprendiamo che è possibilecostruire un mondo migliore, qui e ora, impiegando la ragioneper raggiungere l'unico vero fine, il più nobile, quello delbenessere di tutti gli esseri viventi.

La rivoluzione inizia quando rimettiamo in discussione i dogmidel sistema sociale nel quale viviamo, senza alcuna limitazione,partendo proprio dalle nostre più intime convinzioni, come lafede politica o quella religiosa, avvalendoci di un sano pensieroscettico, logico e razionale.

La rivoluzione inizia quando smettiamo di credere che lesoluzioni arriveranno dall'alto, ovvero da una élite che a tuttopensa tranne che al nostro benessere, e così iniziamo ad agirein prima persona per risolvere i nostri problemi, quelli degliesseri umani che ci stanno vicino e quelli che compongono ilresto dell'umanità.

213 di 263

La rivoluzione inizia quando sostituiamo la competizione perscopi individualistici alla cooperazione con obiettivicollettivistici e, dal momento che possiamo cooperare perassicurare il benessere di tutti, comprendiamo che è stupidocompetere e lottare l'uno contro l'altro per stare un po' meglio adiscapito delle condizioni di vita altrui, quando invececollaborando in modo sinergico potremmo star bene tutti, senzaalcun bisogno di assurde contrapposizioni competitive, né dellafollia delle guerre.

La rivoluzione inizia quando rimettiamo al centro l'essereumano e non il profitto, eliminando così quell'indesiderabileeterogenesi dei fini che colpisce come un cancro la nostrasocietà, perché comprendiamo che il motivatore sociale nonpuò essere la massimizzazione del profitto a tutti i costi, bensìil raggiungimento delle migliori condizioni di vita possibili pertutti gli esseri viventi.

La rivoluzione inizia quando smettiamo di violentare le nostrementi con le idiozie dei grandi monoteismi, che ci ricattano conil castigo eterno e ci promettono l'illusoria ricompensa di unparadiso accessibile post mortem al modico prezzodell'ignoranza e della sottomissione ai dettami del culto, e cosìiniziamo ad ambire a un paradiso ben più utile, quello reale,che tutti insieme possiamo costruire, qui, sul pianeta Terra.

La rivoluzione inizia quando non siamo più disposti a farcisfruttare e a tollerare lo sfruttamento degli altri esseri umani, equindi neanche noi in prima persona siamo più disposti asfruttare gli altri, perché realizziamo che è una cosa stupida,crudele e ingiusta.

214 di 263

La rivoluzione inizia quando il nostro utilizzo di beni e servizidiventa consapevole e responsabile, in particolare quandocomprendiamo che il consumo smodato comporta delleconseguenze che si ripercuotono negativamente sul benesseredi tutti gli esseri viventi.

La rivoluzione inizia quando scientemente decidiamo di noncontrarre debiti con le banche, e di non lucrare interesse conmanovre finanziare speculative, perché comprendiamo chequelle azioni renderanno schiavi del sistema sia noi che glialtri.

La rivoluzione inizia quando comprendiamo che le razze, lanazionalità e ogni altra classificazione rappresentano dei limitiche esistono solamente nella nostra mente, in quanto prima diogni altra cosa siamo tutti esseri umani.

La rivoluzione inizia quando comprendiamo che il potere di unaltro individuo non può esistere senza la nostra legittimazione,che è resa possibile dalla paura e dal timore, dall'ubbidienza edalla sudditanza.

La rivoluzione inizia quando comprendiamo che il denaro èuno strumento che le élites utilizzano per esercitare il dominiosulla massa, decidendo scientemente di mantenerlo scarsononostante sia virtualmente infinito e non abbia un vero costoin sé, assicurandosi il controllo dell'emissione che avvienesempre previa richiesta di un interesse, in modo da rendercischiavi di un debito eterno che costringe l'economia a crescereper non fallire.

La rivoluzione comincia quando comprendiamo che non èdetto che l'economia debba per forza crescere, e che la

215 di 263

decrescita può avvenire senza peggiorare le condizioni di vita,ma al contrario, se opportunamente implementata, rappresentala chiave per migliorarle, anche se è evidente che tutto ciò nonpuò avvenire muovendosi all'interno delle insensate,inefficienti e inique logiche economiche capitalistiche, chedevono evidentemente essere superate.

La rivoluzione inizia quando diventiamo consapevoli del fattoche il denaro è soltanto un mero costrutto metafisico di origineantropica, un semplice segno contabile memorizzato nei serverdelle banche, che non può avere alcun valore senza la fiduciache noi riponiamo in esso come intermediario per lo scambio dibeni e servizi, e sempre noi scegliamo di utilizzare, nonostantenon sia strettamente indispensabile, se non addirittura dannoso,per organizzare una struttura sociale a misura di essere umano.

La rivoluzione inizia quando comprendiamo il vero valore deltempo della vita, e così concepiamo un nuovo sistemaeconomico che non obblighi più gli esseri umani a vivere perlavorare, ma permetta a tutti di lavorare per vivere.

La rivoluzione inizia quando comprendiamo che ladisoccupazione in realtà è un falso problema, perché èsufficiente lavorare meno per poter lavorare tutti purmantenendo lo stesso stipendio, semplicemente redistribuendola ricchezza già esistente, implementando un'apposita politicamonetaria d'integrazione dei redditi.

La rivoluzione inizia quando comprendiamo che leautomazioni e l'intelligenza artificiale non rappresentano unpericolo in quanto sono in grado di "rubarci il lavoro", ma alcontrario sono degli strumenti fondamentali da impiegare inmodo massivo per restituire tempo libero in abbondanza agli

216 di 263

esseri umani che potrebbero comunque avere accesso aiprodotti realizzati da un sistema produttivo quasicompletamente automatizzato.

La rivoluzione inizia quando comprendiamo che anche glianimali sono esseri viventi in grado di provare sentimenti edolore, quindi iniziamo a rispettarli invece di utilizzarli comese fossero "cose" il cui senso esistenziale è soddisfare i nostrideplorevoli vizi.

La rivoluzione inizia quando comprendiamo che siamo partedella natura e la natura è parte di noi, quindi invece didistruggerla e prodigarci per inquinare l'ambiente, iniziamo arispettarla, vivendo in modo sinergico con essa, perchésappiamo benissimo che dalle condizioni di salutedell'ecosistema dipende direttamente anche la nostra salute equindi la qualità della nostra vita.

La rivoluzione inizia quando ci guardiamo intorno e vediamoche la natura non ha dato a nessuno il diritto di dominare glialtri o di possedere di più rispetto ai propri simili, e quindicomprendiamo che siamo noi che consentiamo a unaminoranza avida e parassitaria di dominarci e avere in eccessorispetto alla media, invece di suddividere in parti uguali laricchezza che siamo in grado di realizzare, eliminando fame epovertà.

La rivoluzione inizia quando comprendiamo che ogni esserevivente è un capolavoro della natura unico e irripetibile chemerita di vivere in condizioni di benessere, felicità e libertà.

La rivoluzione inizia quando comprendiamo che è stupidoassecondare le esigenze di un sistema folle e malato, quando

217 di 263

sappiamo benissimo che così facendo non faremo altro checontribuire attivamente a tutte le storture che esso induce, e checompromettono la felicità, la salute e il benessere di tutti gliesseri viventi, noi inclusi.

La rivoluzione inizia quando comprendiamo che la ricchezzaottenuta a discapito del benessere degli altri non può renderciprofondamente felici, perché condanna a sopportare il fardellodel dolore e della sofferenza dei poveri, degli sfruttati e deglioppressi che hanno reso possibile quelle condizioni d'iniquaopulenza.

La rivoluzione inizia quando comprendiamo che una societàche impiega la scienza e la tecnologia per minimizzare il lavoroumano, realizzando condizioni di abbondanza, sostenibilità,uguaglianza e libertà per tutti, nella quale ciascun individuocontribuisce secondo le sue possibilità e riceve in base alleproprie necessità... rappresenta un mondo migliore per ogniessere umano, ricchi e potenti inclusi.

Se vogliamo realmente risolvere i problemi che caratterizzanol'odierna società, abbiamo a disposizione una strategiapotentissima:

quella di trovare noi stessi le soluzioni e di agire in primapersona, cooperando con gli altri esseri umani, per fare inmodo che vengano attuate, ricordandoci sempre di guardare alnobile fine del benessere collettivo, avendo cura di nonrimandare questo compito fondamentale a loschi individui chein realtà lavorano al servizio del potere.

Se vogliamo davvero costruire una società migliore, riattiviamola nostra mente che è stata messa in standby da un lavoro

218 di 263

totalizzante, dall'indottrinamento e dalla continua opera dimistificazione e distrazione attuata tramite i mass media;

rimettiamo al centro tutti gli esseri viventi e iniziamo acollaborare, non prima di esserci convinti del fatto che l'unicovero fine da raggiungere è quello del benessere collettivo.

È del tutto inutile passare la vita a lamentarci, polemizzare oincolpare gli altri, quando invece siamo noi per primi con inostri comportamenti che produciamo quel costrutto antropicointeragente chiamato società.

Ma ogni società per essere cambiata ha bisogno di fatticoncreti, non bastano solo il pensiero e le parole.

Il Mahatma Gandhi disse: «Sono le azioni che contano. I nostripensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle falsefintanto che non vengono trasformati in azioni. Sii ilcambiamento che vuoi vedere nel mondo» e la società muteràcon te.

Sì, anche tu che stai leggendo questo saggio puoi cambiare ilmondo e puoi farlo in un modo molto semplice: iniziando afare la tua parte, ricordando sempre che la rivoluzionecomincia da te!

219 di 263

CONCLUSIONI

220 di 263

Riflessioni per una Nuova Società a misura diessere umano

Lo scopo di questo capitolo conclusivo, esattamente come pergli altri saggi che avete letto all'interno di questa raccolta, è dicontribuire alla realizzazione di una società a misura di essereumano.

Questa volta, però, ho deciso di spingermi un po' più in là,iniziando a delineare alcune caratteristiche peculiari di unaNuova Società che non sia più dedita al profitto, ma che tengaconto delle vere esigenze degli individui.

Le parole che seguono rappresentano una breve introduzione aproposito di un'idea che ho maturato nel corso degli ultimianni, e che mi riprometto di approfondire con maggiordettaglio in futuro con un apposito saggio intitolato: "UtopiaRazionale".

Come avrete compreso, la mia critica muove i suoi passi daldato di fatto che oggi dedichiamo troppo tempo al lavoro e cosìci resta ben poco spazio per vivere la vita.

Per "lavoro" intendo l'insieme delle azioni che nell'odiernasocietà siamo costretti a svolgere al fine di guadagnare ildenaro che ci serve per sopravvivere.

Tutto ciò, purtroppo, non avviene per questioni di volontà o direali necessità, ma per gli obblighi e le inefficienze del sistemasocio-economico in cui viviamo, che derivano largamentedall'assurdità delle attuali logiche economiche e di quelle delmondo del lavoro.

221 di 263

Questa falsa necessità sociale di dover vivere per lavorare,invece di lavorare per vivere, rappresenta un problemagravoso, in quanto impedisce agli esseri umani di condurre lapropria esistenza in condizione di libertà e felicità.

Oggi non esiste la libertà ma l'illusione della libertà, cherappresenta un espediente decisamente efficace per perpetrarela follia dell'organizzazione capitalistica.

L'illusione della libertà è del tutto evidente se si ha la volontàdi osservare in modo distaccato le odierne dinamiche delmondo del lavoro.

Parafrasando un aforisma del regista Silvano Agosti, sipotrebbe affermare che un contratto di lavoro a tempo pienoassicura gli stessi vantaggi della galera: una cella nella qualerinchiudersi quotidianamente e dei pasti caldi da consumare31.

A differenza dei carcerati, però, i lavoratori subordinati devonosvolgere ripetutamente dei compiti spesso faticosi eindesiderabili, rispetto ai quali non hanno possibilità di scelta,se non vogliono rischiare il licenziamento.

Se poi, per disgrazia, la mansione che un lavoratore devesvolgere forzosamente per vivere non gli piace, o per qualsiasialtro motivo, non lo appaga e lo rende infelice,indipendentemente dal fatto che il lavoro sia manuale ointellettuale, qualificato o no, allora quell'individuo subisceun'ulteriore forma di violenza psico-fisica che si replica giorno

31 La citazione originale di Silvano Agosti è la seguente: «Il “posto fisso”di lavoro (c'è chi lo sogna) offre gli stessi vantaggi della galera: cibo eletto assicurati».

222 di 263

dopo giorno, causando vere e proprie malattie, oltre a ungenerale decadimento sia fisico che mentale.

Non si tratta di casi rari e isolati, purtroppo è la maggior partedei lavoratori a sperimentare una simile condizione, perchéoggi il lavoro non è concepito per essere compatibile con ilbenessere dei lavoratori ma per fare profitto, senza considerareche, di fatto, non esiste la possibilità di scegliere "il" lavoro checi piace, salvo rarissimi casi, ma ci si adatta a "un" lavoro,ovvero quello che si trova, se si trova, che è ben diverso.

Nell'odierna società gli individui vengono ridotti a meremacchine al servizio delle necessità del sistema economico e laqualità della loro esistenza diviene sacrificabile, in quantosubordinata all'ottenimento del primo fine: la massimizzazionedel profitto.

Queste condizioni disumane, protratte per un lungo periodo,sono in grado di annullare qualsiasi essere umano.

Un giovane prestante e cognitivo già dopo alcuni anni di lavoroforzoso, ripetitivo e totalizzante, perde gran parte delle suecaratteristiche peculiari:

freschezza e vitalità svaniscono rapidamente insieme al fisicosano e forte, che avvizzisce e diventa sempre più flaccido ecagionevole in compagnia di una mente che s'ingessa e vederidurre progressivamente memoria e capacità d'apprendimento,non tanto a causa dei naturali processi d'invecchiamento, mapiuttosto perché non si ha più tempo da dedicare allo sport, allostudio, alla creatività e a un sano divertimento.

223 di 263

Quando si lavora tutti i giorni per un tempo così elevato,superata la prima fase "euforica" dovuta alla novità dellasituazione, subentra inevitabilmente la noia e la monotoniadella routine, accompagnate da una frustrazione generata daldover svolgere un'attività che non piace.

Infatti, anche l'attività più bella del mondo, se ripetutaforzosamente tutti i giorni per un numero elevato di ore, primao poi perde tutto il suo fascino e finisce inevitabilmente perdiventare l'azione più noiosa, insalubre e detestabile che sipossa immaginare.

Perché allora non dovrebbe essere la stessa cosa con il lavoro,che di certo è meno motivante e interessante dell'attività piùbella del mondo?

Ben presto si realizza di essere finiti in gabbia ma al tempostesso ci si convince che non esistano alternative. Cheassurdità!

E così, invece di riappropriarci della libertà, continuiamo acorrere come all'interno di una ruota per criceti... ma per cosa?

I problemi indotti dalla moderna forma di schiavitù lavorativasi evidenziano anche per mezzo di un diffuso malessereesistenziale che in molti tentano di alleviare iper-consumando,ricorrendo all'alcol, alla droga, al gioco d'azzardo o all'uso dipsico-farmaci, non facendo altro che peggiorare drasticamenteil quadro generale. L'attuale organizzazione del lavoro impone obblighi eprivazioni di libertà, che non consentono di condurre

224 di 263

un'esistenza a misura di essere umano, inducendo una serie dieffetti che a cascata si ripercuotono negativamente sui singoli esulla collettività.

Al contrario, se un individuo, di sua spontanea volontà e nonper costrizioni dovute al sistema socio-economico, svolge unaqualsiasi azione e ciò lo diverte, o meglio ancora lo rendefelice, allora io dico che non possiamo considerare quell'attività"lavoro" ma vivere la vita in libertà.

In questo caso è il singolo soggetto che sceglie spontaneamentecome impiegare il proprio tempo esistenziale, e immagino chelo utilizzerà per fare ciò che gli piace, non qualcosa che ècostretto a svolgere per guadagnare i soldi per vivere, ovverolavorare.

La differenza è sostanziale: trovarsi e adattarsi a un lavoro,perché si deve lavorare in modo forzoso, che poi nellamaggioranza dei casi non piace e non può piacere, viste lemodalità a esso collegate;

oppure impiegare il tempo per svolgere una o più attività sceltespontaneamente, come e quanto ci pare, perché tutto ciò ciappaga e ci rende felici, nella libertà di poter smettere ocambiare senza alcun problema.

Quando un essere umano viene messo in condizione di poterfare ciò che gli piace, generalmente riceve dei feedback che siripercuotono positivamente sul proprio stato psico-fisico. Cosìfacendo quel soggetto sarà più sano, gioioso e vitale.

Se tutti potessero sperimentare simili condizioni di libertà, leconseguenze per la società sarebbero a dir poco sensazionali.

225 di 263

Quindi, se si vuole realizzare un mondo a misura di essereumano, si deve necessariamente trovare un modo affinchéquesta eventualità si trasformi in realtà.

Un'altra cosa che proprio non riesco a sopportare è che illavoro di un gran numero di esseri umani sia sfruttato da unaminoranza in modo parassitario.

A causa di questi processi ingiusti e intollerabili, la ricchezzanon si distribuisce equamente ma tende ad accumularsi nellemani di pochi soggetti: gli sfruttatori.

Così si arriva all'assurdo di una società stratificata, nella qualei 300 individui più ricchi possiedono complessivamente lamedesima ricchezza dei 3 miliardi di persone più povere32.

In altri termini, una quantità di esseri umani che può esserecontenuta all'interno di un aereo ha accumulato una ricchezzamaggiore di quella posseduta da un numero di abitanti pari aquelli di India, Cina, Stati Uniti e Brasile messi insieme.

Ma per quale motivo tutto ciò dovrebbe accadere, quando ilfrutto del lavoro ottenuto si potrebbe suddividere tra tutti inparti uguali?

Che senso ha consentire a una minoranza di viverenell'opulenza più sfrenata mentre altri sperimentano fame epovertà?

32 FOCUS: "10 cose che forse non sai sulla povertà globale", 25 settembre 2013 http://www.focus.it/comportamento/economia/10-cose-che-forse-non-sai-sulla-poverta-globale

226 di 263

Direi che su questi punti c'è ben poco da discutere, quindi milimiterò a esprimere un paio di giudizi categorici:

lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo è una prassi che deveessere eliminata, indegna di ogni civiltà evoluta;

fin quando anche un solo essere umano non avrà il necessario,l'opulenza dei pochi non può essere tollerata e deve essereredistribuita a vantaggio dei bisognosi.

Altro aspetto veramente ridicolo, pur nella sua tragicità, èquello inerente la disoccupazione.

Ci dicono che non c'è il lavoro e che quindi bisogna crearne dipiù per ritornare a lavorare... sinceramente ritengo che questasia una visione folle, figlia di logiche insane che non tengonoconto delle reali necessità degli esseri umani.

Di lavoro ce n'è anche troppo, visto che, ad esempio, iper-lavoriamo per produrre inutilmente prodotti che sonoappositamente progettati per deteriorarsi e guastarsi invece cheper durare a lungo.

Come se non bastasse, il lavoro da svolgere è mal suddiviso:alcuni lavorano tutto il giorno, altri restano a casa senza farnulla, eccetto che disperarsi e inviare curricula per trovare unlavoro.

Detto questo, è del tutto evidente che se si volesse davveropermettere a tutti di lavorare basterebbe diminuire l'orario dilavoro, senza alcun bisogno di crearne di più.

227 di 263

Magia: disoccupazione sparita! Ecco perché sono solitoriferirmi alla disoccupazione definendola come un "falso"problema... già, ma così diminuirebbero gli stipendi, giusto?

Beh, a quel punto basterebbe redistribuire la ricchezza perriportarli ai livelli precedenti, oppure istituire un redditod'esistenza. E così, anche questo secondo "falso" problemasarebbe risolto.

È del tutto evidente che l'élite capitalistica intendescientemente mantenere in essere la disoccupazione perché lapaura di non trovare e di perdere il lavoro, rappresenta unpotente strumento ricattatorio per disciplinare i lavoratori.

Se oggi ci sono delle persone che non lavorano è perché dalpunto di vista del potere è utile che ci siano disoccupati, nonperché non esistano soluzioni ragionevoli ed efficaci pereliminare definitivamente il - falso - problema delladisoccupazione.

Non è che l'orario di lavoro non possa diminuire a causa di unalimitazione tecnica o economica, ma piuttosto perché un'attivitàtotalizzante e alienante rappresenta un'ottima strategia perimpedire ai lavoratori di pensare, il tutto a vantaggio delleclassi dominanti.

Allora mi sono detto: esiste una strategia per minimizzare lacostrizione dovuta al lavoro, per eliminare il tipicosfruttamento subito dalla maggior parte dei lavoratori, perrisolvere il problema della disoccupazione e quello dellapovertà?

228 di 263

Certamente: si deve minimizzare il lavoro umano, purgarantendo a tutti l'accesso ai beni e ai servizi necessari pervivere. Sembra un paradosso, ma non lo è... com'è possibile?

Per nostra fortuna, o per nostro merito, le macchine e isoftware di intelligenza artificiale stanno sostituendo semprepiù gli esseri umani nelle attività lavorative.

Ottimo, fa proprio al caso nostro! Allora facciamo produrrebeni e servizi alle macchine in modo automatizzato, per quantopossibile, e il resto, ovvero ciò che non sono in grado di fare -magari per limiti dovuti al livello di sviluppo tecnologicofinora raggiunto - lo suddividiamo tra tutti gli esseri umaniattraverso un criterio equo e razionale di ripartizione del caricodi lavoro, in modo tale che ciascuno dia un contributo e nonesista più la disoccupazione.

Che cosa abbiamo ottenuto?

L'obbligo del lavoro è minimizzato in quanto scaricato sullemacchine per quanto possibile, mentre il tempo libero umano èmassimizzato, ma i beni e i servizi ci sono lo stesso perché lirealizza/fornisce il sistema automatizzato.

Già che ci siamo, possiamo scegliere di produrre in modo che ibeni siano qualitativamente elevati e in quantità sufficiente pertutti, guardando anche alla sostenibilità ambientale.

Esattamente l'opposto di quello che accade oggi.

Nella tragicomica Società Capitalistica i beni devono durarepoco, perché così chi dispone di denaro a sufficienza puòcomprarli e ricomprarli il più velocemente possibile,

229 di 263

realizzando un iper-consumo del tutto superfluo che se venisseeliminato consentirebbe di soddisfare le esigenze dell'interaumanità in modo sostenibile.

A questo punto io dico:

ma se i beni e i servizi ci sono, sia quantitativamente chequalitativamente parlando, e tutti i membri della societàlavorano grazie a un criterio di ripartizione del carico di lavoroche riducendo l'orario elimina la disoccupazione, allora nonbasterebbe semplicemente dare agli esseri umani l'accesso aibeni e ai servizi di cui hanno bisogno?

Certo! Fate attenzione: tutto ciò non richiederebbe neanchel'uso del denaro, che quindi potrebbe essere eliminato! Perché?

Semplice: le materie prime le mette la terra e sono gratis; illavoro di trasformazione, produzione e distribuzione èprincipalmente scaricato sulle macchine, che notoriamente nonhanno bisogno di denaro per funzionare ma di energia, che èanch'essa gratis, perché offerta gentilmente dalla Natura.

Quindi, dato che i beni e i servizi sono numericamentesufficienti per soddisfare la domanda dei membri della società,perché si produce guardando all'efficienza, non al profitto, e ilresto del lavoro, ovvero quello umano, è ripartito tra tutti equindi non c'è disoccupazione, allora, in un certo senso, è comese tutto fosse già pagato.

A questo punto, perché non mettere gratuitamente adisposizione i beni e i servizi prodotti dal connubio tra sistemaautomatico e lavoro residuo svolto dagli esseri umani?

230 di 263

Ovviamente una simile concezione è del tutto incompatibilecon il capitalismo e il libero mercato, ma non è fisicamenteimpossibile.

Si può fare, è solo una questione di organizzazione e divolontà! Certo, servirebbe una nuova concezione economica...

La mia idea a tal proposito è di un'economia informatizzata,che gestisce il sistema automatizzato pianificando laproduzione in modo scientifico e organizzando la distribuzionesenza utilizzare il denaro.

Sto valutando l'idea di un'economia localizzata, che si avvale diuna rete di calcolatori e di un apposito software sviluppato perregolare la pianificazione in modo distribuito, perché a oggi misembra la via più efficace ed efficiente.

Non si tratta di una riedizione dell'economia dell'URSS, inquella situazione implementarono un capitalismo di Stato,dedito al profitto, con una pianificazione centralizzata cheutilizzava il denaro e non minimizzava il lavoro umano.

La mia idea non insegue il profitto, non usa la moneta, non hauna logica centralizzata e minimizza il lavoro umanoscaricandolo scientemente sulle automazioni.

Siamo su di un altro livello, si tratta di una nuova concezioneche non è mai stata realizzata nella storia dell'umanità, ancheperché non esistevano i mezzi tecnologici per farlo.

Nel sistema che ho in mente, il fine della pianificazionedev'essere solo ed esclusivamente quello di soddisfare i veribisogni di tutti gli esseri viventi.

231 di 263

Il necessario per alimentarsi correttamente, istruirsi, curarsi,vestirsi, divertirsi... sarebbe integrato nel piano di produzionedel sistema automatico, in modo da essere garantito all'interaumanità.

La moneta non esiste perché non è necessaria: non si devonocomprare beni, basta prenderli dal sistema che li produce e limette a disposizione, che a sua volta non deve acquistare nématerie prime, perché le prende direttamente dalla natura, népagare stipendi, perché le automazioni non hanno bisogno diun salario.

Non esiste stipendio ma si può consumare tutto ciò di cui si habisogno per vivere a un tenore di vita elevato, il tutto in cambiodel minor contributo lavorativo possibile, che tendenzialmentediminuisce all'aumentare del progresso scientifico-tecnologico.

Produzione e pianificazione sono distribuite e localizzate, ma icentri locali collaborano in modo sinergico, quando necessario.

Ogni comunità tende all'autosufficienza ma collabora con lealtre all'interno di circoscrizioni via via più ampie, fino adarrivare a livello globale, e ciò avviene per tutte le eventualitàche a livello locale non si riuscirebbe a risolvere senza una piùampia collaborazione.

Gli agglomerati abitativi, di piccole-medie dimensioni, sonoconcepiti per favorire la vita e le relazioni umane; l'architetturaè perfettamente integrata con la natura.

Non c'è una élite di uomini corrotti a gestire l'economia ma glistessi membri delle comunità locali che si avvalgono di un

232 di 263

software appositamente programmato per soddisfare i veribisogni di tutti, che massimizza l'efficienza e garantisce lasostenibilità complessiva, monitorando i parametri necessari.

In questa nuova organizzazione sociale sono le macchine asvolgere la maggior parte del lavoro, e così gli esseri umanipossono dirsi liberati dai vecchi obblighi lavorativi.

Non esiste più la povertà, perché con la produzione automaticascientificamente tarata si può realizzare la fine della scarsità.Le risorse ci sono, basta solamente eliminare l'iper-consumoguardando all'efficienza invece che al profitto.

Con tanto tempo libero a disposizione le persone potrebberofare ciò che le rende felici, e non sarebbero più costrette asprecare la maggior parte della loro vita a lavorare in modoforzoso.

Questa Nuova Società non sarebbe un mondo di "zombieoziosi", ma di esseri creativi che vivono all'interno di unsistema che concede gli spazi necessari per esprimere l'unicitàe le potenzialità tipiche di ogni essere umano che non èoppresso, condizionato o sfruttato, e che ha tempo inabbondanza per pensare, immaginare e creare.

La filosofia, la scienza, l'arte, la letteratura, i rapporti umanisinceri e disinteressati, potrebbero diventare il centrodell'esistenza, elevando l'umanità a una condizione esistenzialeinaudita e inimmaginabile.

In questo modo il vero potenziale umano potrebbe esprimersi.

233 di 263

Nella Nuova Società il lavoro si trasformerebbe nel minorcontributo necessario a mantenere in funzione e migliorare ilsistema automatizzato.

Se poi un individuo volesse dedicarsi più del necessario agliobblighi minimi richiesti dal sistema automatizzato, ben venga,basta che quell'individuo sia felice di farlo e lo faccia in pienalibertà, non a causa di costrizioni.

Che fine ha fatto lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo?

Beh, lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo non c'è più, perchénon ci sono fabbriche e aziende dei capitalisti, né azionistiparassitari, ma un sistema automatizzato che usa le risorse delpianeta Terra in comune, in modo da soddisfarescientificamente le necessità esistenziali di tutti.

Certo, si dovrà comunque lavorare, almeno fin quando lemacchine e gli algoritmi di intelligenza artificiale nonriusciranno a compiere tutto il lavoro in modo autonomo, ma ilcontributo necessario per far funzionare il sistemaautomatizzato sarebbe minimizzato.

Nell'assegnare i ruoli si potrebbe tener conto sia delle effettivecapacità che della volontà dei singoli individui nello svolgereun dato compito.

Ciascuno potrebbe redigere una lista in ordine decrescente dicapacità e volontà, da tenere in considerazione permassimizzare scientificamente la soddisfazione dei lavoratori.

234 di 263

I lavori più sgradevoli potrebbero essere svolti interamentedalle macchine e, se ciò non fosse possibile, si potrebberoideare appositamente degli strumenti per rendere quei compitimeno odiosi, portandoli a termine cooperando, in modo daminimizzare l'impatto negativo dovuto al loro svolgimento.

Se è vero che tutti dovrebbero comunque continuare a"lavorare" al fine di compiere il lavoro residuo che le macchinenon sarebbero in grado di svolgere, è altrettanto vero chequest'onere sarebbe minimizzato grazie all'uso della tecnologia.

Non più 8-12 ore, ma 2-3 o al massimo 4 ore di lavoro algiorno, ricambiate dall'accesso a tutti i beni e servizi prodottidal sistema. Allo stato attuale della tecnica, difficilmente sipotrà ottenere di meglio; ma per la prima volta il sistemasocio-economico sarebbe proiettato verso una progressiva edefinitiva diminuzione ed eliminazione del lavoro umano.

I fondamenti della Nuova Società sarebbero semplici: ognunocontribuisce in base alle proprie capacità e tutti ricevonosecondo necessità; il lavoro spetta alle automazioni e la libertàagli esseri umani; ciascuno sperimenta le medesime condizionidi agio degli altri, solo ed esclusivamente per il fatto di essereumano.

Tutti hanno beni e servizi perché il sistema è scientificamentetarato per produrli e fornirli in quantità sufficiente, inoltre sonodi elevata qualità, perché è stupido, assurdo e inefficiente,produrre oggetti scadenti quando possono essere realizzati inun modo migliore e per durare a lungo.

Ma la vera ricchezza deriverebbe dalla certezza di poterdisporre di un bene dal valore inestimabile:

235 di 263

tempo libero in abbondanza da poter vivere in condizioni divera libertà, da impiegare per poter sviluppare il proprio essereal riparo dalla minaccia della povertà.

Con questa nuova concezione del mondo del lavoro scaricaregli oneri sulle macchine è addirittura auspicabile, in quantocomporta dell'ulteriore tempo libero e garantisce comunque atutti l'accesso ai beni e ai servizi.

Pensate: la disoccupazione non sarebbe più un problema comelo è oggi, bensì una benedizione!

Lo scopo potrebbe essere quello di rendere sempre piùautonomo il sistema di produzione e fornitura dei beni/servizi,in modo che l'orario di contribuzione umana diminuisca semprepiù, tendendo in prospettiva allo zero.

Oggi invece l'introduzione delle automazioni è vista come unaminaccia, un "pericolo" per i lavoratori che potrebberorimanere disoccupati! Ma che assurdità è mai questa?

Potremmo scaricare quasi totalmente il lavoro sulle macchine,ma evitiamo di farlo, perché altrimenti in molti resterebberodisoccupati e l'attuale sistema economico crollerebbe.

Ma che cosa stiamo aspettando per rinnovare le logiche socio-economiche? Abbiamo bisogno dei drammi dovuti a una crisi?Perché non possiamo anticipare i tempi utilizzando la ragione?

In futuro il costo delle automazioni diminuirà, e così icapitalisti sostituiranno gli esseri umani con i moderni apparatitecnologici.

236 di 263

Cacciati dalle fabbriche dai robot e dal settore dei servizi daisoftware d'intelligenza artificiale, gli esseri umani resterannodisoccupati, perché non ci sarà più bisogno di loro per svolgereil lavoro.

Possiamo subire passivamente e drammaticamente gli effetti diquella che va sotto il nome di disoccupazione tecnologica,oppure possiamo precorrere i tempi ripensando il mondo dellavoro, trasformando questa "temibile" prospettiva nella piùgrande opportunità della storia dell'umanità.

Il fatto di dover lavorare per forza per vivere, e del fare quantoin nostro potere per creare più lavoro in modo che tutti torninoa lavorare spingendo sulla crescita del PIL o introducendoappositamente dell'inefficienza, rappresenta unacaratterizzazione dell'odierna concezione economico-lavorativache è palesemente insensata e inefficiente, perché non è ingrado di cogliere le strepitose opportunità che la tecnologia ciprospetta per il futuro, mentre è abilissima nel trasformare lemigliori soluzioni nei peggiori dei problemi.

L'odierno sistema socio-economico, invece di liberare gli esseriumani dal lavoro, li rende schiavi; piuttosto che diminuirel'orario pro-capite, mantiene in essere una diffusadisoccupazione; invece di realizzare l'abbondanza per tutti inmodo sostenibile, assicura un iper-consumo futile e dannoso auna minoranza e mantiene gli altri in povertà, compromettendocomunque la sostenibilità globale.

Ma invece di adattarci alle storture di un sistema economicopessimo, poiché concepito per assecondare gli interessi delcapitale invece delle vere necessità degli esseri umani, che ciriduce in schiavitù negando la vita e la felicità, e per giunta è

237 di 263

anche insostenibile a livello ambientale... perché non neescogitiamo uno nuovo, che sia ben più moderno ed efficiente eguardi, finalmente, alla felicità e al benessere di tutti gli esseriviventi?

Perché non realizzare un sistema automatizzato, che producebeni e servizi di qualità elevata per tutti, nel quale lacostrizione al lavoro umano è minimizzata, perché scaricatasulle macchine e così, in modo duale, il tempo libero da viverein libertà è massimizzato, in un rinnovato sistema sociale dovenon esiste più la disoccupazione, perché il lavoro è sempresuddiviso tra i membri della comunità, e non esistono più né lapovertà, perché ciò che si riesce a produrre è messo in comunee suddiviso in parti uguali, né lo sfruttamento dell'uomosull'uomo, perché invece di competere e sfruttarcivicendevolmente si coopera per un fine comune guardandoall'interesse generale?

Non finirei più di elencarvi le conseguenze positive di unasimile organizzazione sociale.

Fine della scarsità; una maggiore sostenibilità ambientale; laminimizzazione dei danni psico-fisici causati dalle odiernedinamiche lavorative; un aumento generalizzato della felicità;un miglioramento delle condizioni di salute; un fiorire discienza e tecnica, musica e arte, letteratura e poesia, e di tuttociò che di buono deriva dalla creatività umana...

In tutto questo è palese che io riservi un ruolo da protagonistealla scienza e alla tecnologia che considero degli ottimistrumenti per risolvere problemi e per elevare le condizioni divita dell'umanità.

238 di 263

Non mi sembra una posizione irragionevole: di fatto, icomputer non funzionano con le illusioni delle religioni, macon le conquiste ottenute grazie ai metodi della scienza.

La mia unica vera forma di fiducia non è riposta in una sorta di"robotica che prende il posto di un dio benevolo", ma è neglistessi esseri umani, ovvero nelle nostre innegabili capacitàpotenziali di utilizzare la ragione per ideare mezzi e strategieper raggiungere il nobile fine del benessere collettivo, anche - eforse soprattutto - per mezzo di un uso della scienza e dellatecnologia che sia intelligente e non distorto da questioni diprofitto; un uso che sempre noi, esseri creativi e pensanti,siamo perfettamente in grado di concepire, sviluppare e attuare.

Del resto, se non fossi intimamente convinto che gli esseriumani possano effettivamente realizzare un mondo miglioreper tutti, qui e ora, non avrei speso neanche un minuto del miopreziosissimo tempo per dedicarmi a quello che sto facendocon tutta la buona volontà di cui dispongo, decurtando tempoed energie alla mia vita per diffondere queste idee.

Al tempo stesso, però, sono veramente inorridito: con leodierne conoscenze scientifico-tecnologiche potremmoimpiegare le risorse della terra per realizzare una sorta diparadiso terrestre nel quale le macchine lavorano al posto degliesseri umani, producendo e distribuendo automaticamente benie servizi gratuiti qualitativamente elevati e in quantitàsufficienti per tutti, mentre le persone potrebbero godersi lapropria esistenza sperimentando condizioni di pace,abbondanza, uguaglianza e libertà, in cambio del più piccolocontributo possibile necessario per far funzionare il sistema.

239 di 263

E invece, viviamo in un mondo dove regnano guerra,sfruttamento, disoccupazione, inquinamento e povertà, nelquale gli esseri umani che ancora lavorano vengono trattaticome delle macchine e sono costretti a subire una modernaforma di schiavitù che li costringe a sacrificare la maggiorparte del tempo della vita.

E tutto questo per soddisfare le esigenze di profitto di unaminoranza avida, egoista e parassitaria, alla quale decidiamo diobbedire, accettando le assurdità e le storture dovute all'odiernaorganizzazione socio-economica-lavorativa, alla qualeprendiamo parte attivamente iper-consumando e procurandociautonomamente il nostro asservimento, invece di opporci eagire per cambiare questa orrenda realtà.

Eppure le soluzioni sono a portata di mano: ci comporteremocome se non esistessero o finalmente riusciremo a trovare laforza e il coraggio necessari per attuarle?

Getteremo ancora al vento la nostra unica esistenza vivendocome schiavi del capitale o cercheremo di ascoltare il nostrocuore per vivere con pienezza la vita?

Sperimenteremo il fallimento di una vita "normale" oinizieremo a esprimere la nostra unicità?

Svenderemo la nostra preziosa esistenza o saremo in grado direstituire il giusto valore al tempo della vita?

Continueremo a illuderci della libertà o cercheremo diconquistarla?

240 di 263

Praticheremo il culto dei morti senza occuparci dei vivi o ilnostro agire sarà finalizzato a migliorare l'esistenzanell'aldiquà?

Continueremo a vivere nel mondo dell'avere e dell'apparire oentreremo in quello del dare, del condividere e dell'essere?

Alimenteremo un consumismo futile e dannoso o adotteremoun consumo sano e responsabile?

Crederemo agli inganni e cederemo ai condizionamenti socialiutili al potere o inizieremo a esercitare l'uso della ragione persmentirli e rimettere in discussione l'ordine delle cose?

Produrremo ancora guardando al profitto o inizieremo a farlopensando alle reali esigenze degli esseri umani?

Continueremo a competere l'uno con l'altro per i nostri egoisticiobiettivi, o finalmente inizieremo a cooperare altruisticamenteper un fine comune?

Legittimeremo ancora lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo o loripudieremo non essendo più disposti a sfruttare gli altri e afarci sfruttare?

Permetteremo che il capitale strumentalizzi la disoccupazione osuddivideremo il lavoro tra tutti quelli che possono lavorare alfine di eliminarla?

Saremo ancora disposti a sacrificare il tempo della vita per illavoro o lo delegheremo alle automazioni e ai sistemid'intelligenza artificiale?

241 di 263

Legittimeremo il concetto di proprietà privata dei mezzi diproduzione o lo ripudieremo in modo tale da impiegare queistrumenti a vantaggio della collettività?

Consentiremo che le risorse comuni vengano sfruttate per ilprofitto di una élite oppure inizieremo a condividerle persoddisfare i bisogni di tutti gli esseri viventi?

Continueremo a tutelare le dinamiche di una società malata cheassicura ricchezza, potere e libertà a una élite al costo dellosfruttamento dell'uomo sull'uomo e dell'inquinamentoambientale,

oppure realizzeremo un nuovo sistema socio-economico, chesia in grado di assicurare abbondanza, uguaglianza e libertà pertutti in modo sostenibile?

Un mondo migliore per tutti è possibile, qui e ora. Ma percostruirlo dobbiamo iniziare a cooperare, impiegando lanostra intelligenza per raggiungere l'unico vero e nobile fine:quello del benessere di tutti gli esseri viventi.

Al di là delle mie idee, è questo il messaggio principale chevorrei si diffondesse, perché così facendo le soluzioni perrealizzare una società a misura di essere umano arriveranno dasé e ben presto l'umanità potrà scorgere all'orizzonte i raggi diluce dell'alba di una Nuova Era.

Mirco Mariucci

242 di 263

APPENDICE

243 di 263

Automazione, disoccupazione, abbondanza elibertà

È possibile al contempo: minimizzare il lavoro umano,garantire la piena occupazione e riuscire ad assicurare l'accessoa beni e servizi di elevata qualità a tutti gli esseri umani?

Per cercare di rispondere a questo domanda, è indispensabileriflettere su di una questione preliminare inerente l'ambitolavorativo:

perché nonostante i moderni apparati tecnologici lavoriamoancora così tanto?

Se ci pensiamo, possiamo individuare facilmente alcuni puntidi criticità:

Anziché produrre beni durevoli e di elevata qualità,realizziamo prodotti scadenti, se non appositamente progettatiper guastarsi subito dopo il termine della garanzia, facendo inmodo che non sia conveniente ripararli.

Anziché delegare il lavoro ad automazioni e sistemid'intelligenza artificiale ogni qual volta la conoscenzascientifico-tecnologica lo rende possibile, continuiamo aimpiegare gli esseri umani nelle mansioni che potrebberoessere svolte altrettanto efficacemente da apposite macchine.

Anziché attuare solamente dinamiche funzionali allarealizzazione e alla fornitura di beni e servizi utili,concretizziamo una iper-produzione e un iper-consumo tantodannosi quanto evitabili.

244 di 263

Anziché suddividere il lavoro realmente necessario su tutta lapopolazione che potrebbe effettivamente lavorare, preferiamomantenere in essere un gran numero di persone inattive, vale adire i disoccupati.

Invece di cooperare per un fine comune, legittimiamol'esistenza di mansioni e ruoli sociali il cui scopo è procurarsiuna rendita parassitaria ricavata dallo sfruttamento del lavoroaltrui.

Perché accade tutto ciò? Perché il fine che indirizza le azioninel mondo del lavoro è il profitto, non l'efficienza e tanto menoil benessere degli esseri umani.

Quali sono le conseguenze di queste scelte?

Realizzare prodotti scadenti e non riparabili, costringe aprodurre e ri-produrre inutilmente gli stessi oggetti più e piùvolte, invece, se questi fossero stati progettati e costruiti peravere un'elevata durata e per essere riparati, avrebberopermesso di liberare gli esseri umani dal futile iper-lavorodovuto alla loro continua ri-produzione.

Così facendo s'introduce del lavoro addizionale superfluopoiché collegato al fenomeno dell'iper-consumo che, a suavolta, comporta un indesiderabile aggravio del consumo dimaterie prime e di energia, contribuendo negativamenteall'impatto ambientale.

Senza contare che tutti preferirebbero avere oggetti durevoli edi elevata qualità al posto di prodotti scadenti e appositamenteideati per guastarsi, che costringono a ricomprare il medesimooggetto più volte per svolgere la medesima funzione.

245 di 263

Evitare di delegare il lavoro alle macchine, quando possibile,rappresenta un'ulteriore condanna per gli esseri umani, che inquesto modo devono subire un aggravio in termini di ore dilavoro chiaramente evitabile.

Ma se può lavorare un robot, per quale assurdo motivo ciostiniamo a far lavorare gli esseri umani?

Perché l'odierno sistema non è in grado di gestire in modointelligente il fenomeno della disoccupazione, e invece dicambiare le logiche dell'economia e del mondo del lavoro,continuiamo a costringere gli individui a lavorare perguadagnarsi lo stipendio.

È così che l'iper-lavoro diviene addirittura auspicabile,nonostante sia un fenomeno chiaramente dannoso e insensatoper l'ambiente e l'umanità.

Anche la legittimazione di mansioni inutili e ruoli parassitari,oltre a essere un'eclatante fonte d'ingiustizia sociale, introducedell'ulteriore inefficienza.

I parassiti, infatti, pur consumando, non contribuiscono allosvolgimento del lavoro necessario per soddisfare i propribisogni.

Alle mansioni effettivamente utili si sommano quelleinessenziali che contribuiscono ad aumentare ulteriormente ilcarico di lavoro complessivo, così, chi effettivamente producebeni e servizi necessari, è gravato anche della parte di lavoroche potrebbe essere svolto dagli individui che praticanomansioni parassitarie socialmente inutili.

246 di 263

Un'analoga argomentazione sussiste anche per i disoccupati.

Evitare di suddividere il lavoro su tutta la popolazione che puòlavorare, condanna gli occupati a subire orari più elevati diquelli che potrebbero essere ottenuti ripartendo il carico dilavoro sulla totalità della popolazione attiva.

In sintesi: quale sarebbe la strategia più efficace per il mondodel lavoro?

Produrre beni e servizi di alta qualità, concepiti per esseredurevoli e riparabili;

automatizzare, per quanto reso possibile dalla conoscenzascientifico-tecnologica, tutti i processi di produzione e fornituradi beni e servizi, al fine di minimizzare il lavoro umano;

eliminare ogni tipo di ruolo inutile o parassitario, mantenendoesclusivamente quelli che effettivamente servono;

ripartire il carico di lavoro umano residuo, ovvero quello chenon può essere svolto dagli apparati tecnologici, su tutta lapopolazione attiva che può lavorare.

Quali sarebbero le conseguenze dell'adozione di questestrategie?

Se immaginiamo di produrre elettrodomestici concepiti perdurare 100 anni, invece che per essere gettati dopo 10 anni,scopriamo che la produzione destinata all'Unione Europea eagli Stati Uniti negli ultimi 50 anni, sarebbe stata più chesufficiente per fornire elettrodomestici all'intera umanità.

247 di 263

Vediamo un piccolo esempio pratico.

La popolazione europea è composta da 750 milioni di abitati.

Supponiamo che ogni famiglia, formata in media da 3 persone,negli ultimi 5 decenni abbia posseduto una lavatricemediamente sostituita ogni 10 anni.

Questo significa che in 50 anni sono state realizzate750/3*5=1.250 milioni di lavatrici, ovvero circa una lavatriceogni due famiglie per tutti gli abitanti della terra.

Immaginando che gli esseri umani siano disposti a usare incomune una lavatrice ogni due famiglie, ecco che avremmorisolto il problema di fornire lavatrici a tutto il mondo per unsecolo utilizzando i prodotti destinati alla sola Europa.

Generalizzando questa semplice idea ci accorgeremmo cheprodurre oggetti durevoli e di elevata qualità consentirebbe direalizzare beni in quantità tale da poter essere forniti all'interaumanità, senza neanche il bisogno di aumentare l'odiernacapacità produttiva, che al contrario risulterebbe addiritturasovradimensionata per le necessità mondiali.

Si deve guardare all'efficienza, non al profitto, perché è solo inquesto modo che il genere umano può sperare di riuscire asoddisfare i veri bisogni di tutti in modo sostenibile.

L'automatizzazione della produzione di beni e servizirenderebbe gli esseri umani sempre più liberi dall'asservimentodel lavoro, aumentando il tempo a disposizione per vivere lavita in condizioni di abbondanza e libertà.

248 di 263

Avendo un maggior numero di ore per curare le relazionisociali, la salute fisica e dedicarsi alle proprie vere passioni, gliindividui sarebbero meno stressati, più sani e felici.

I servizi automatizzati sarebbero disponibili 24h su 24h,garantendo una maggiore accessibilità.

Eliminare mansioni e ruoli inessenziali e parassitari, oltre aridurre il carico di lavoro complessivo, significherebbe anchecompiere una doverosa azione di giustizia sociale.

Perché mai la collettività dovrebbe mantenere col frutto delproprio lavoro preti, vescovi e papi, il cui impiego principaleconsiste nell'indottrinare la massa al fine di legittimare ilproprio potere?

Qual è il contributo in termini reali di un azionista o di unbanchiere?

Nessuno. Si tratta di inutili parassiti della società, che hannotrovato un modo astuto e disonesto per arricchirsi sfruttando ipropri simili.

L'azionista spostando alcuni bit d'informazione per trasferire uncapitale virtuale da un server d'una banca a un altro, sigarantisce una rendita parassitaria scaricata sul lavoro di altriesseri umani, a fronte di un contributo metafisico che è pari alnulla, se analizzato in termini reali.

Un'analoga dinamica parassitaria accade per le banche. Si pensisolo ai meccanismi dei prestiti, nei quali un individuo s'indebitacon denaro creato dal nulla a costo zero nei confronti del

249 di 263

sistema bancario, condannandosi a restituire una ciframaggiorata degli interessi che deve procurarsi col frutto delproprio lavoro.

Azionisti, banchieri e preti non potrebbero contribuire adalleggerire il carico di lavoro agli altri esseri umani lavorandoanch'essi per realizzare beni e fornire servizi utili all'umanità?

Ripartendo il carico di lavoro residuo su tutti gli esseri umani,il problema della disoccupazione sarebbe definitivamenterisolto.

Perché lasciare delle persone inoccupate dal momento chepotrebbero aiutare a svolgere il lavoro compiuto dagli altri?

Senza più problemi inerenti alla disoccupazione, si potrebberoeliminare tutte le mansioni inutili ai fini della produzione efornitura di beni e servizi necessari, anche quelle pretestuose ilcui vero scopo è soltanto assicurarsi uno stipendio che oggi,invece, esistono perché le persone devono guadagnare denaro.

Ogni sistema ha bisogno di un certo quantitativo di burocraziaper funzionare, ma qual è la reale funzione di molti degli attualiburocrati, se non quella di trovare una sorta di pretesto perricevere uno stipendio?

Il vero salto rivoluzionario consiste nel creare un sistemasocio-economico che elimini l'obbligo di guadagnare denaroper vivere e con esso tutti gli espedienti insensati e ignobili chequesto vincolo micidiale spesso comporta.

In questo modo si potrebbero far sparire definitivamente tuttele inefficienze mantenute in essere solo perché sono in grado di

250 di 263

assicurare uno stipendio, e si potrebbe anche iniziare a delegareil lavoro alle automazioni senza alcuna ricaduta negativa siaper i lavoratori che per gli altri membri della società.

In estrema sintesi, la sinergia dei punti appena esposticomporterebbe: una drastica diminuzione dell'orario lavorativo;

la fine del falso problema della disoccupazione; l'eliminazionedei mestieri inutili e che causano un aumento dell'inefficienza;

una produzione quantitativa e qualitativa tale da poter garantirel'abbondanza materiale all'intera umanità in modo sostenibile;

la fine della povertà e dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo;un maggior tempo libero per vivere la vita, sviluppando edesprimendo il proprio essere in libertà.

La risposta alla domanda iniziale, quindi, è affermativa:possiamo realizzare l'abbondanza materiale in modo sostenibileproducendo oggetti qualitativamente elevati; minimizzare illavoro umano grazie alla tecnologia; eliminare per sempre ladisoccupazione ripartendo il carico di lavoro residuo su tutta lapopolazione attiva.

E tutto ciò può avvenire assicurando a tutti l'accesso ai beni e aiservizi di cui hanno bisogno per una buona qualità di vita.

Qualcosa non torna: se l'orario lavorativo si riduce, diminuisceanche il compenso dei lavoratori. Come faranno quest'ultimi adacquistare beni e servizi di elevata qualità che intuitivamenterisulteranno più cari?

Pianificando l'economia.

251 di 263

Immaginiamo di realizzare un sistema produttivoscientificamente calibrato per produrre e fornire un quantitativodi beni e servizi necessari per soddisfare i veri bisogni degliesseri umani, il tutto all'interno di una società dove il carico dilavoro che non può essere svolto dalle macchine viene ripartitoequamente tra tutti gli individui che possono lavorare.

Ebbene, in un simile sistema non esiste nel modo più assolutoalcun ostacolo da superare per far sì che tutti possano avereaccesso ai beni e ai servizi disponibili, che non siariconducibile all'attuale visione ideologica che ci suggeriscecon forza che tutto ciò non sia possibile, pur nella sua fattibilitàfisica.

Infatti, una volta liberate le nostre menti dalle gabbie dipensiero inerenti le logiche del profitto, ci accorgiamo che se ibeni e i servizi fossero disponibili in quantità sufficiente dapoter essere distribuiti a tutti, allora nulla vieterebbe di poterloeffettivamente fare.

Non solo, si potrebbero addirittura distribuire beni e assicurarel'accesso ai servizi gratuitamente, eliminando l'uso del denaro.

Se invece si preferisse mantenere l'uso del denaro, si potrebbepensare d'integrare il compenso dei lavoratori in modo tale chelo stipendio percepito lavorando a orario ridotto risultisufficientemente elevato da consentire di vivere un'esistenzapiù che dignitosa;

oppure si potrebbe istituire un reddito d'esistenza universale eirrevocabile, concesso in modo incondizionato per tutta ladurata della vita di ogni individuo.

252 di 263

Le soluzioni esistono, si tratta di cambiare l'economiarimettendo al centro i veri bisogni degli esseri umani, invece diadattare gli esseri umani alle esigenze di un'economia pessimacome quella attuale.

Per quanto il sistema tenti di farci credere il contrario, nonesiste solamente l'attuale organizzazione socio-economico-culturale.

Quella che vediamo è soltanto una delle manifestazioni delleorganizzazioni possibili e, alla luce delle attuali condizioni divita sperimentate dai membri della società e dei disastriambientali prodotti, la potremmo tranquillamente classificaretra le peggiori.

Ma se le soluzioni esistono perché non vengono attuate?

Non è che non siamo in grado di produrre oggetti di elevatadurata e qualità, è solo che a causa delle logiche capitalistiche,quando si realizzano beni e servizi non si tiene conto delle realiesigenze dell'umanità, ma s'insegue il profitto, che è cosa bendiversa.

Produrre e ri-produrre oggetti scadenti permette di vendere erivendere la stessa cosa più e più volte alle stesse persone.Questo meccanismo diabolico, in estrema sintesi, rappresenta ilvero motore dell'odierna società consumistica.

Al contrario, realizzando prodotti durevoli, una volta fornitiall'intera umanità, si provocherebbe un collasso del sistemaproduttivo e con esso del sistema capitalistico così come loconosciamo: fine del gioco, fine dei profitti.

253 di 263

Delegando il lavoro alle automazioni si potrebbe ridurre inmodo notevole l'orario di lavoro pur producendo lo stessonumero di beni e servizi.

Volendo, gli esseri umani potrebbero avere a disposizione unamaggiore libertà, oggi negata a causa delle costrizionilavorative, che consentirebbe di sviluppare il proprio potenzialeal riparo dalla povertà.

Potremmo riconvertire la produzione di beni e serviziautomatizzandola e informatizzandola in modo massiccio giàda oggi nel giro di pochi anni, eliminando, o quasi, l'obbligodel lavoro umano, ma non lo stiamo facendo.

Tutto fa pensare che continueremo ancora a lungo a farlavorare gli esseri umani al posto delle macchine, non perchéquesto "scambio" sia fisicamente impossibile, ma pergiustificare l'attribuzione di uno stipendio, perché siamo cosìarretrati da non riuscire ad accettare l'idea che si possano daresoldi, o direttamente beni e servizi, alle personeindipendentemente dal fatto che lavorino.

D'altro canto le élites che dominano il mondo intendonomantenere in essere l'odierno sistema socio-economico che gliassicura potere e ricchezza, e intendono conservarlo così com'è,perché una società dove per procurarti il denaro che ti serve pervivere devi lavorare ma il lavoro è scarso, e quando c'è ètotalizzante, rappresenta quanto di meglio possa essererealizzato per esercitare il controllo sociale, in special modo sequelle élites gestiscono anche la moneta, dispongono di ingenticapitali, si arrogano la proprietà dei mezzi di produzione epossono controllare i mass media a loro piacimento.

254 di 263

Se per disgrazia gli esseri umani avessero la certezza di poterdisporre di un reddito indipendentemente da tutto il resto,nessuno sarebbe più disposto ad accettare le condizioni disfruttamento disumane imposte dai detentori di capitale, e cosìavrebbe inizio un processo rivoluzionario che potrebbecondurre al superamento del capitalismo così come loconosciamo oggi.

I processi produttivi potrebbero essere delegati alleautomazioni senza creare alcun dramma sociale dovuto alladisoccupazione, perché i lavoratori non avrebbero più necessitàdi lavorare per avere il denaro necessario per vivere.

La disoccupazione non sarebbe più un male da combattere, maun obiettivo da raggiungere.

Lasciare individui disoccupati mentre altri lavorano per tutto ilgiorno, però, non avrebbe senso, ma a quel punto l'orario dilavoro potrebbe essere ridotto, in modo tale che ciascuno possatornare a dare il proprio contributo sociale per mezzo di unlavoro che non sarebbe più totalizzante ma minimizzato.

La sinergia di automazioni, intelligenza artificiale ed esseriumani che si ripartiscono equamente il carico di lavoro residuo,consentirebbe di produrre tutti i beni e i servizi necessari per lacollettività con un orario lavorativo di gran lunga inferiore alleodierne 8-10 ore al dì, perché tutta questa mole di lavoro ogginon è dovuta a una reale ed effettiva esigenza, ma a un'appositaed evitabile inefficienza indotta dall'iper-consumo e dal fattoche ci si ostina a far lavorare gli esseri umani al posto dellemacchine.

255 di 263

Siamo ancorati all'idea che per vivere si debba per forzalavorare per guadagnarsi il denaro, una concezione antiquatache lo sarà sempre di più a causa dell'imminente avventodell'era delle automazioni e delle intelligenze artificiali.

In un futuro non troppo lontano le macchine svolgeranno laquasi totalità dei compiti, a quel punto gli esseri umani nontroveranno più lavoro, perché il sistema produttivo e difornitura dei servizi non avrà più bisogno, o quasi, del lorocontributo.

Per quanto gli economisti tentino di creare artificiosamentelavoro introducendo inefficienze e sprechi, il processo che vasotto il nome di disoccupazione tecnologica è già in atto, sitratta di riconoscerlo e iniziare a sfruttarlo a vantaggiodell'umanità, invece di contrastarlo con degli espedientidannosi e inconcludenti.

C'è una forte necessità di rivedere radicalmente l'approccio alconsumo, altrimenti i capitalisti continueranno a spingere indirezione dell'iper-produzione, l'ecosistema collasserà el'umanità rischierà l'estinzione.

L'iper-consumo deve essere eliminato, per iniziativa dei singolie grazie a nuove regole socio-economiche che impediscanocomportamenti pazzeschi e dannosi quali l'induzione alconsumo attuata mediante i condizionamenti mentali derivantidalla pubblicità et similia, o le strategie di produzione atte adaumentare i ritmi di produzione-consumo-ri-produzione, comel'obsolescenza programmata.

256 di 263

L'umanità dovrebbe comprendere l'importanza di avere ilgiusto e consumare il necessario, ma anche l'assurdità e ladannosità collegati ai meccanismi consumistici in generale.

I prodotti a disposizione dei consumatori dovrebbero esserescientemente e scientificamente realizzati per minimizzarel'impatto ambientale.

In altre parole, si dovrebbe abbandonare la follia degli usa egetta, quando possibile, dei prodotti che non possono essereriparati e di quelli di breve durata. E così via.

Ma fin quando rimarremo ingabbiati nelle logiche attuali, latecnologia non sarà utilizzata con lo scopo di migliorare lecondizioni di vita degli esseri umani ma per massimizzare ilprofitto.

L'uomo-macchina continuerà a lavorare al posto delle veremacchine fin quando queste ultime non saranno considerateeconomicamente vantaggiose, nonostante potrebbero sostituiregrandemente i lavoratori già da oggi.

I disoccupati, non avendo reddito, preferiranno sprecare lapropria vita pretendendo di svolgere un qualsiasi lavoro, ancheal costo di ostacolare l'automatizzazione dei processiproduttivi.

La follia di queste dinamiche è chiara agli occhi di chi vuolvedere:

potremmo creare una società senza povertà, nella quale gliesseri umani vivrebbero in libertà, e invece sprechiamo lanostra unica esistenza per lavorare, perché siamo così poco

257 di 263

evoluti a livello di coscienza da non riuscire a concepire eattuare una nuova organizzazione delle logiche dell'economia edel mondo del lavoro che guardino, finalmente, al benessere ealla felicità dell'umanità.

Oggi l'automatizzazione avviene quando il capitale ritiene cheattraverso di essa riuscirà a generare un maggior guadagno, iltutto a discapito dei lavoratori, ovviamente, che invece divedersi ridurre l'orario partecipando ai profitti dovuti agliincrementi di produttività, si ritrovano disoccupati.

Ripartire il carico di lavoro su tutta la popolazioneeliminerebbe per sempre il problema della disoccupazione, maall'interno dell'attuale sistema questa soluzione non sarebbeaccettata neanche dai lavoratori, che vedrebbero decurtarsi lostipendio a causa di una riduzione d'orario.

Lo stipendio potrebbe comunque essere aumentato ricorrendoad apposite politiche monetarie e a meccanismi diredistribuzione della ricchezza, ma tutto ciò non viene attuato,perché la disoccupazione rappresenta uno strumento in grado didisciplinare i lavoratori e abbattere il costo del lavoro.

D'altro canto, se i lavoratori avessero la certezza di poterritrovare facilmente un'occupazione, allora verserebbero in unacondizione di forza tale da pretendere tutele e stipendimaggiori, il tutto a discapito del profitto dei capitalisti.

Per questi motivi chi detiene il potere non ha nessuna veraintenzione di eliminare totalmente la disoccupazione.

Tutti si rendono conto dell'esistenza di ruoli il cui unico fine èla realizzazione di una rendita ottenuta mediante l'introduzione

258 di 263

d'inefficienza o di una qualche forma di sfruttamento dell'uomosull'uomo, ma eliminare quelle categorie sociali risultaestremamente difficile perché, guarda caso, chi fa parte diquell'insieme di pseudo-lavoratori o detiene i mezzi necessariper mantenere in essere il ruolo al quale appartiene o è tutelatoin modo clientelare da chi è al potere.

Del resto, se anche solo un 1% della popolazione traessevantaggio dall'attuale organizzazione socio-economica e avessela possibilità di mantenerla in essere - una valutazione cheattualmente si avvicina di molto alla realtà dei fatti - per qualemotivo dovrebbe volere un cambiamento a proprio sfavore?

Al contrario, quell'1% pur di non perdere i privilegi acquisitisarebbe disposto a tutto.

Figuriamoci poi se chi ha accumulato con tanta avidità ilproprio denaro sarebbe disposto a subire dei processiredistributivi in favore dei poveri e degli oppressi;

piuttosto preferirebbe far morire 24.000 persone al giorno: unorrore che accade oggi, non nel mondo dell'immaginazione, main quello della realtà.

Uno dei maggiori ostacoli che ci separano dal raggiungimentodell'ambizioso obiettivo di costruire una società a misura diessere umano, non è rappresentato dalla scarsità delle risorse anostra disposizione e nemmeno delle attuali conoscenzescientifico-tecnologiche, bensì dai limiti e dalle distorsioniindotti da un costrutto metafisico: l'economia.

L'attuale sistema economico ci dice di produrre per inseguire ilprofitto, non le reali esigenze del genere umano.

259 di 263

L'economia del profitto restringe il campo del realizzabile dalfisicamente possibile all'economicamente ammissibile, cheperò ne rappresenta soltanto una piccola parte, ovvero unsottoinsieme dell'attuabile.

Così, ciò che appartiene all'insieme del possibile non puòeffettivamente essere realizzato non per l'impossibilitàintrinseca dovuta alla sua natura, bensì per vincoli auto-impostiche la comunità si sforza di rispettare, comportandosi come sefossero effettivamente ineludibili.

Ma se l'attuale sistema economico non è in grado di supportarele scelte di base che potrebbero garantire un elevato benessereall'umanità, dov'è il problema?

L'economia è un sistema ideato dagli esseri umani il cui scopodovrebbe essere quello di raggiungere il benessere collettivo.

Anche se in molti oggi sembrano esserselo dimenticato, ognisistema economico, al contrario delle leggi di natura, puòsempre essere modificato per assecondare le vere esigenzedell'umanità.

Al di fuori di una visione dogmatica e fideistica delle cose, nonesiste alcun ostacolo che c'impedisca di rimettere totalmente indiscussione qualsiasi sistema socio-economico che si riveliinefficiente, fallimentare o inappropriato per assicurare ilbenessere e la felicità di tutti.

E allora: che cosa stiamo aspettando?

260 di 263

BIBLIOGRAFIA - SITOGRAFIA

ANSA: • "Istat: in Italia 10 milioni di poveri, di cui 6 milioni assoluti", 14

luglio 2014http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2014/07/14/istatin-italia-10-milioni-di-poveridi-cui-6-milioni-assoluti_59e61cbd-6e5e-46a1-ab83-e05e97581eab.html

Banca d'Italia:

• Indagine sui bilanci delle famiglie italiane del 2014https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/indagine-famiglie/bil-fam2012/suppl_05_14n.pdf

Eurispes-UIL-PA: • "In Italia falso mito su numero eccessivo dipendenti pubblici"

http://www.eurispes.eu/content/eurispes-uil-pa-italia-falso-mito-su-numero-eccessivo-dipendenti-pubblici

Finanza.com: • "Pil pro capite: Italia maglia nera in Europa, giù del 9% tra 2001 e

2014"http://www.finanza.com/Finanza/Notizie_Italia/Italia/notizia/Pil_pro_capite_Italia_maglia_nera_in_Europa_giu_del_9_tra-436380

FOCUS: • "10 cose che forse non sai sulla povertà globale", 25 settembre

2013http://www.focus.it/comportamento/economia/10-cose-che-forse-non-sai-sulla-poverta-globale

Forecast Zenith Optimedia: • "Cresce del 4,4% l’adv globale nel 2015, trainata da Online Video

e Mobile", 30 marzo 2015.http://www.engage.it/agenzie/forecast-zenithoptimedia-cresce-del-44-la-spesa-adv-globale-nel-2015-trainata-da-online-video-e-mobile/34742

261 di 263

Il Fatto Quotidiano: • "Debito pubblico, Istat: in quattro anni spesi per interessi 318

miliardi di euro", 23 aprile 2014http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/04/23/debito-pubblico-istat-in-quattro-anni-spesi-per-interessi-318-miliardi-di-euro/961259/

• "Scuola, Poletti: Tre mesi di vacanza sono troppi. I miei figlid’estate lavoravano", 23 marzo 2015http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/03/23/scuola-poletti-3-mesi-vacanza-troppi-i-miei-figli-destate-lavoravano/1530119/

• "Spesa militare, 23 miliardi di euro nel 2011 Italia al nono postonell’export di armi" 4 giugno 2012http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/06/04/spesa-militare-23-miliardi-nel-2011-per-litalia-al-nono-posto-come-paese-esportatore/251957/

• "Oxfam: "Nel 2016 l’1% della popolazione sarà più ricco delrestante 99%"", 19 Gennaio 2015http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/19/oxfam-report-nel-2016-l1-popolazione-ricco-restante-99/1352049/

Il Secolo XIX: • "Italiani, al lavoro per 1643 ore all’anno", 2 ottobre 2012

http://www.ilsecoloxix.it/p/economia/2012/10/02/APGgtFbD-italiani_anno_lavoro.shtml

ISTAT• "Occupati e disoccupati", 29 agosto 2014

http://www.istat.it/it/archivio/130452

Libero Quotidiano: • "Trecento euro per dodici ore di lavoro. Operaio serbo della Fiat si

ribella. Incide sulle 500: «Italiani andate via»", 28 maggio 2013http://www.liberoquotidiano.it/news/lavoro/1250891/Trecento-euro-per-dodici-ore-di-lavoro--Operai-serbo-della-Fiat-si-ribella--Incide-sulle-500---Italiani-andate-via---.html

Oxfam Italia: • "Un povero mondo di pochi ricchi "

http://www.oxfamitalia.org/primo-piano/un-povero-mondo-di-pochi-ricchi

262 di 263

Quipoloniaeitalia: • "Quanto costa la vita in Polonia", 22 settembre 2013

https://quipoloniaeitalia.wordpress.com/2013/09/22/quanto-costa-la-vita-in-polonia/

Repubblica: • "In Italia un dipendente costa 31mila euro e ne guadagna 16mila",

9 febbraio 2015http://www.repubblica.it/economia/2015/02/09/news/in_italia_un_dipendente_costa_31mila_euro_e_ne_guadagna_16mila-106873877/

• "Lo stipendio medio italiano a 1.327 euro. Quasi sette milionisotto mille euro al mese", 13 settembre 2014http://www.repubblica.it/economia/2014/09/13/news/stipendio_medio_italiani-95640424/

Tempi.it: • La Foxconn in Cina aumenta gli stipendi? Solo in teoria e non per

merito dei giornali, 22 febbraio 2012http://www.tempi.it/la-foxconn-cina-aumenta-gli-stipendi-solo-teoria-e-non-merito-dei-giornali#.VlXpGnYvdeh

Wikipedia:• Obsolescenza programmata

https://it.wikipedia.org/wiki/Obsolescenza_programmata• Riserva frazionaria

https://it.wikipedia.org/wiki/Riserva_frazionaria• Schema Ponzi

https://it.wikipedia.org/wiki/Schema_Ponzi

WIRED: • "Spesa militare nel mondo, così nel 2014" 13, aprile 2015

http://www.wired.it/attualita/politica/2015/04/13/spesa-militare-2014/

263 di 263