Illusione Religiosa e Feticismo Della Merce Tra L. Feuerbache K. Marx (Di Marco)

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    GIUSEPPE ANTONIO DI MARCO

    Illusione religiosa e feticismo della mercetra Ludwig Feuerbach e Karl Marx

    1. Loggetto della religione fatto dalluomo stesso

    Secondo Ludwig Feuerbach il segreto della religione1 consiste nel fatto cheluomo oggettiva a s il proprio essere e poi di nuovo si rende oggetto di questaessenza oggettivata, convertita in un soggetto; egli si pensa, oggetto a se stesso,ma come oggetto di un oggetto, di un altro ente2. Nella religione, dunque, siverifica uninversione di soggetto e oggetto. Seguiamo con Feuerbachquestinversione nella sua fenomenologia e nella sua genesi.

    La coscienza di un oggetto sensibile qualcosa di diverso della coscienza di s,ma nella religione la coscienza delloggetto religioso coincide immediatamentecon lautocoscienza, perch la religione la coscienza che luomo ha della suaessenza, la quale oggettivata in un ente altro dalluomo. La religione lautocoscienza umana che - ecco linversione da spiegare - diventa coscienza diun oggetto altro da s. La ragione di questa differenza sta nel fatto che gli oggettisensibili sono indifferenti alla coscienza perch si danno in se stessi, mentreloggetto religioso presuppone un giudizio critico nel senso etimologico deltermine, ossia una distinzione, una separazione, tra ci che divino e ci chenon lo . Ma cos loggetto scelto criticamente, ossia frutto del discernimentodel soggetto, non altro che lessenza oggettiva del soggetto stesso3. Pertanto Dio,

    1L.FEUERBACH, L'essenza del Cristianesimo, tr. it. F. Tomasoni, Roma-Bari 2006, p. 47.2Ibidem.3Ivi, p. 36.

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    ossia loggetto della religione quale deriva dal giudizio critico che distingue divinoe non divino, solo loggettivazione del modo in cui luomo pensa, vuole e sente,cio loggettivazione di facolt, di attributi umani che, appunto in quantocaratteristici delluomo, sono giudicati come divini. Perci Dio non altro che lacoscienza di s delluomo come uomo: Dio linterno delluomo rivelato, il suo s

    espresso, la religione il solenne disvelarsi dei tesori nascosti delluomo,lammissione dei suoi pi intimi pensieri, la pubblica confessione dei suoi segretidamore4.

    Quando qui si parla delluomo si intende luomo come genere. Infatti perFeuerbach luomo ha una vita duplice, esteriore come individuo e interiore comegenere. Considerato sotto questo profilo del genere, egli ha unessenza infinitaespressa appunto nella religione, il cui oggetto infinito ed niente altro chelessenza delluomo fatta presente a se stesso nella coscienza, ma capovolta incoscienza di un oggetto estraneo. Cos non avviene in un essere come lanimale,che vive solo la vita individuale, non quella del genere, e la cui essenza davverofinita, perci non pu avere in senso stretto coscienza, perch questultima si

    identifica con coscienza dellinfinito, almeno che non si intenda coscienza nelsenso lato di facolt di percepire le cose esteriori, distinguere sensibilmente, nelqual caso la si pu attribuire anche agli animali. Poich non si potrebbe averecoscienza dellinfinito se il soggetto che ha coscienza non fosse esso stessoinfinito, ed essendo qui il soggetto di questa coscienza dellinfinito (che poi coscienza di s o autocoscienza) luomo come genere, lessenza infinita delluomo,di cui egli ha coscienza e che costituisce il suo genere, dunque lautocoscienzadelluomo come genere, data dalla trinit di ragione, volont o libert, esentimento o cuore. Questi attributi delluomo sono le facolt o perfezioni del suogenere e, in quanto perfette, esistono ciascuna di per se stessa, ossia la ragioneesiste in vista della ragione, la volont in vista della libert e il sentimento in vista

    dellamore. Inoltre, essendo perfezioni inerenti alluomo come genere, esse nonsono facolt che luomopossieda infatti senza di loro non sarebbe nulla, egli ciche solo per mezzo loro; ma [] sonoforzeche lo animano, determinano, dominanoforze divine, assolute, cui non pu opporre resistenza5, come accade quando nonsi pu resistere alla forza dellamore, dei suoni, alla stringenza logica del pensieroo allenergia della volont che si impone quando, grazie ad essa, si consegue unavittoria su se stessi.

    Un soggetto si riferisce sempre a un oggetto, ma loggetto in questione lamanifestazione dellessenza di quel soggetto resa oggettiva. Feuerbach falesempio del rapporto dei pianeti con il sole: questultimo differente rispetto ad

    4Ivi, p. 37.5Ivi, pp. 27-28.

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    ogni pianeta, e non per un effetto di apparenza prospettica, ma perch lintensit,la forza, la luminosit con cui esso scalda e illumina un pianeta, esprime ilrapporto di quel pianeta con la sua propria essenza6. Perci il pianeta uomo, comeogni altro soggetto, nulla senza oggetto - come testimonia la vita dei grandiuomini, i quali furono dominati dallunica passione di realizzare il fine che

    costituiva loggetto della propria esistenza - e loggetto la manifestazione dellasua stessa essenza. Quindi loggetto, il sole a cui luomo si riferisce, non altro chela propria essenza, per cui la coscienza che luomo ha delloggetto non altro chela coscienza che egli ha di se stesso. Nelluomo inteso come genere la coscienza siidentifica, perci, con lautocoscienza, ma lautocoscienza qui, a mio avviso, non da intendersi in senso idealistico, bens materialistico, in quanto coscienzaoggettiva, ossia coscienza di facolt essenziali che si impongono in assoluto e che,in quanto assolute, sono la manifestazione della sua forza essenziale. Il punto che il soggetto sempre costitutivamente oggettivo, non niente altro che le sueoggettivazioni, le quali, proprio in quanto oggettive, sono manifestazioni dellefacolt costitutive del soggetto, della sua essenza. Per illustrare questo punto con

    lesempio di Feuerbach, un raggio di luce scuote un animale per quel tanto chetocca immediatamente la sua vita, e questo rapporto del soggetto con loggetto qui conforme espressione dellessenza limitata, finita dellanimale stesso;loggetto manifestazione adeguata e perfetta della sua forza essenziale.Nelluomo anche le stelle pi lontane sono oggetto del suo sguardo, perch essenon sono viste da lui sotto laspetto dellutilit o della dannosit, ma come oggettodi contemplazione, e in questo rapporto con loggetto egli esprime la sua naturacontemplativa, dunque una sua facolt; allo stesso modo loggetto amato esprimela forza della facolt di amare, il suono ricco di contenuto esprime la forza delsentimento e, muovendo il sentimento, esso oggetto sentimento (soggetto) chemuove se stesso:

    Di qualsiasi oggetto [] diventiamo [] coscienti, abbiamo sempre nel contempocoscienza anche della nostra propria essenza. Non possiamo attuare nient altrosenza attuare noi stessi. E poich volere, sentire, pensare, sono perfezioni,attuazioni, realt, impossibile sentire o percepire come facolt limitata, finita,cio nulla la ragione con la ragione, il sentimento col sentimento, la volont con lavolont7.

    6Feuerbach intende qui la differenza non apparente, ma come un vero essere altro, in

    senso fisico, non astronomico e scientifico.7Ivi, p. 30.

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    Se lessenza che si manifesta nelloggetto, ovvero loggetto della ragione, dellavolont e del sentimento, rispettivamente la stessa ragione, volont esentimento, queste sono perfezioni le quali, perci, non possono essere finite, mainfinite:

    Finitezza e nullit si identificano []. E [] impossibile che prendiamo coscienzadella volont, del sentimento, della ragione come di forze finite giacch ogniperfezione, ogni facolt ed essenza originaria immediato avverarsi econfermarsi.Non si pu amare, volere, pensare senza avvertire come perfezioni queste attivit,non si pu percepire di essere unessenza che ama, vuole, pensa senza sentirneuna gioia infinita. Coscienza , da parte di unessenza, esser-oggetto-a-se-stessa,non perci nulla di separato, di distinto, dallessenza cosciente di s. Comepotrebbe altrimenti esser cosciente di s? E perci impossibile essere coscienti diuna perfezione come se fosse unimperfezione, impossibile avvertire il sentimentocome limitato, impossibile pensareilpensierocome limitato8.

    Va ribadito che qui linfinit e la perfezione sono attributi costitutivi dellessenzadelluomo, quindi delluomo come genere, non come individuo singolo, il qualecertamente e deve riconoscersi come finito e limitato. Ma proprio questoriconoscersi come finito e limitato comporta contemporaneamente la coscienza dis come genere, ossia la coscienza della perfezione e infinit delluomo. Infattisenza tale coscienza lindividuo non potrebbe sentirsi e riconoscersi comelimitato, quindi imperfetto e perci tale da dovere realizzare la sua destinazionegenerica di uomo.

    Da quanto detto fin qui sullessenza delluomo, consegue che tutto quanto, dalpunto di vista della speculazione di tipo trascendente, metafisico, religioso, inteso come mezzo o come organo - ad esempio, quando si dice che il sentimento

    lorgano della religione - viceversa, dal punto di vista della verit scientifica efilosofica, ci che primordiale, ci che costituisce lessenza e loggetto stesso.Nellesempio della religione, il sentimento stesso, facolt delluomo come genere,, proprio in quanto tale, qualcosa di divino9, mentre, dal punto di vista dellareligione ortodossa, esso ateo, perch la fede ortodossa lega la religione a unoggetto esteriore. Luomo che si muove allinterno della religione non ha affatto

    8Ibidem.9Ci si vede particolarmente, secondo Feuerbach, quando il sentimento viene visto come

    essenza soggettiva della religione, facendo perdere alloggetto religioso come tale il suo valore

    oggettivo. Se questo valore si conserva, si mantiene solo grazie al sentimento, il quale diventa

    sempre pi importante rispetto alloggetto, mentre se questultimo cambiasse e fosse in grado

    di suscitare la stessa pienezza di sentimento, sarebbe altrettanto benvenuto (ivi, p. 33).

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    consapevolezza che la coscienza di Dio in realt la coscienza della propriaessenza umana, quindi la sua stessa autocoscienza. Questo punto non accidentale, anzi, la mancanza di questa consapevolezza fonda appunto ladifferentia specifica della religione10, caratteristica proprio del tipo diconsapevolezza delluomo religioso, ragion per cui bisogna dire, pi

    correttamente, che la religione la prima consapevolezza che luomo ha di s, inmodo per indiretto; infatti nello sviluppo delluomo essa precede storicamente lafilosofia. Luomo traspone anzitutto la sua essenza fuori di s, prima di trovarla ins. La propria essenza gli dapprima oggetto come unaltra essenza 11. Tutto ilprocedere storico dellumanit verso la coscienza di s caratterizzato dal fattoche ogni religione successiva vede, in quello che la religione precedentericonosceva come oggetto dotato in s di esistenza fuori delluomo, una creazionedelluomo stesso, un qualcosa di soggettivo di cui egli non era consapevole; maessa non riconosce a se stessa questo limite che imputa alle altre religioniprecedenti. Perci essa ritiene idolatre tutte le altre religioni eccetto se stessa, ilcui proprio oggetto sarebbe invece vero e autenticamente divino, ma non nel

    senso di facolt generica delluomo, bens, di nuovo, come unessenza che essa asua volta pone fuori delluomo e dota di vita propria. Cos, secondo Feuerbach, daun lato ogni stadio di evoluzione della coscienza religiosa rappresenta unprogresso verso la conoscenza di s sempre pi profonda da parte delluomo; madallaltro lato anche la religione pi progredita, che accusa la precedente diidolatria, rimane pur sempre una religione ossia sta nelle leggi interne diquestultima. Pertanto, la pretesa di criticare le religioni precedenti per avereoggettivato fuori del soggetto ci che invece unoggettivazione del soggettostesso nasce solo dal fatto che la religione pi progredita

    ha un altro oggetto, un altro contenuto[;] giacch si elevata al di sopra del

    contenuto delle precedenti, si illude di essere al di sopra delle leggi necessarie edeterne che costituiscono lessenza della religione, si illude che il suo oggetto, il suocontenuto sia oltreumano12.

    Per cogliere dunque in pieno il fondamento soggettivo, umano delloggettivazionereligiosa come trasposizione fuori di s dellessenza delluomo, quindi perritrovare in se stesso lessenza delluomo, occorre uscire dalle leggidelloggettivazione religiosa. Ci lo fa la filosofia.

    10Ivi, p. 37.11Ibidem.12Ivi, pp. 37-38.

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    Dal punto di vista del pensiero filosofico, lopposizione fra il divino e lumano assolutamente illusoria e [] di conseguenza anche loggetto e contenuto dellareligione cristiana13, vale a dire della religione pi progredita, assolutamenteumano14. Infatti la religione cristiana, che vede nelle religioni precedentiloggettivazione, in un ente oggettivo fuori delluomo, di qualcosa che invece

    soggettivo, per cui mostra come illusoria lopposizione tra divino e umano che sicrea allinterno di queste religioni, anche essa soggetta alle leggi essenziali dellareligione, vale a dire la sua critica dipende solo dal fatto che il suo oggetto si elevato al di sopra del contenuto degli oggetti delle religioni precedenti, manondimeno rimane un oggetto religioso, sia pure a uno stadio evoluto dellacoscienza che luomo ha di s.

    La religione, almeno quella cristiana, il rapporto delluomo con se stesso o, piesattamente, con la sua essenza(e questa soggettiva), ma tale rapporto con la suaessenza come unessenza diversa da lui. Lessenza divina non altro che lessenzaumana o, meglio, lessenza delluomo, purificata, liberata dai limiti dellindividuo,

    obiettivata, cio intuita e adoratacome unaltra essenza,da lui distinta, particolaretutte le determinazionidellessenza divina sono perci determinazioni umane15.

    Poich unessenza non pu essere altro che unessenza determinata - altrimenti,ossia se priva di determinazioni, nulla -, non si pu, da un lato, affermare chele determinazioni divine sono in realt determinazioni umane trasposte inunessenza fuori delluomo e, dallaltro lato, lasciar sussistere lessenza divina ins, ritenendola come inconoscibile, perch ogni esistenza reale qualitativa,determinata, finita, e avere il coraggio di esistere avere il coraggio delladeterminazione. Infatti latteggiamento che ammette lantropomorfismo delledeterminazioni divine, ma vuol salvare lesistenza divina in s dichiarandola

    inconoscibile o determinabile negativamente, solo un modo per liberarsi dallareligione volendone mantenere la parvenza. Non a caso, osserva Feuerbach,lassenza di determinazioni e, cosa che vi si identifica, linconoscibilit di Dio [] solo frutto del tempo moderno, prodotto dellincredulit moderna16, mentreun uomo veramente religioso non ammetterebbe mai un Dio privo dideterminazioni e inconoscibile, perch cos non sarebbe unessenza reale.Analogamente, non ha senso mantenere le determinazioni divine sulla base delladistinzione tra ci che Dio in s e ci che egli per me, dichiarando, cos, il

    13Ivi, p. 38.14Ibidem.15Ibidem.16Ivi, pp. 38-39.

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    valore in s di quelle denominazioni ma ammettendone la necessit per leesigenze della rappresentazione umana. Infatti la differenza tra ci che un oggetto in s e ci che esso per me, avrebbe un senso solo se loggetto pu apparirmieffettivamente in modo diverso. Ma, nel caso di questa distinzione, la misura delper me, vale a dire il criterio di obbiettivit delle determinazioni divine,

    luomo come genere, a cui la rappresentazione religiosa corrisponde; e poich ilgenere per luomo lassoluto, vale a dire ci di cui non si pu immaginareunessenza pi alta, allora anche le determinazioni divine in quantodeterminazioni per me (nel senso di per me come genere, non comesoggettivamente individuo) sono determinazioni di un ente perfettissimo qualeesso veramente, dunque sono determinazioni dellessenza divina. Infatti lareligione convinta che le rappresentazioni di Dio sono determinazioni conforminon allapparenza, ma alla realt di Dio. Le determinazioni di Dio proprie dellealtre religioni sono, per la religione in questione, idolatrie o antropomorfismiinadeguati a ci che Dio veramente , ma le determinazioni che essa ha di Diosono perfettamente adeguate, anzi sono Dio stesso:

    Dio, qual essa se lo rappresenta, il Dio autentico, vero, il Dio qual in s[]. Lareligione non vuole una mera apparizione di Dio; vuole Dio stesso, Dio in persona. Lareligione cede se stessa se cede lessenza di Dio []. La distinzione fra oggetto erappresentazione, fra Dio in s e Dio per me una distinzione irreligiosa,scettica17, quindi nemica della religione. Infatti, secondo Feuerbach, una voltache si insinuata la distinzione tra predicati religiosi come antropomorfismi, siapur necessari alla relazione delluomo con Dio, e esistenza di Dio quale in sindipendentemente da questi predicati, si finisce di necessit col negare la stessaesistenza di Dio, giacch, come abbiamo visto, unessenza non nulla senzapredicati, attributi, determinazioni, oggettivazioni.

    Questo passaggio mi sembra molto importante e originale nel modo in cuiFeuerbach declina un tema gi precedentemente pi volte affrontato da correntidel pensiero filosofico circa lantropomorfismo della religione. In primo luogo - aconferma dellaffermazione per cui ogni religione convinta che le suerappresentazioni di Dio siano corrispondenti alla realt stessa di Dio, a differenzadi quelle delle altre religioni, dove si avrebbero linadeguatezza elantropomorfismo dei predicati -, si pu ricordare che per Lutero Dio in s niente altro che Dio per me, e Feuerbach stesso consapevole di questa tesi delteologo cristiano. In secondo luogo, laffermazione secondo cui il genere lamisura degli attributi divini - cosicch se questi corrispondono al genere, larappresentazione di ci che Dio per me assoluta, quindi corrisponde a ci che

    17Ivi, p. 41.

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    Dio in s (in quanto solo oggettivazione del genere) - mostra chiaramente cheil punto capitale di questa indagine genetica sulla religione ladozione dellaprova ontologica, che Feuerbach trasferisce alluomo come genere. Infatti,argomenta Feuerbach, per luomo lessere in s lessere di cui non ci si purappresentare nulla di pi alto, e appunto questo corrisponde allessenza divina.

    Perci insensato chiedergli, di un oggetto, cosa esso sia in s, perch cosa unoggetto in s, anche per me, ossia per luomo come genere. Feuerbach,utilizzando a sua volta, come gli abbiamo visto fare anche in altri casi, unantropomorfismo a proposito di esseri diversi dalluomo, dice che se Dio fosseloggetto per un uccello, la sua essenza apparirebbe determinata soltanto comealata, e questa rappresentazione che luccello ha di Dio come essenza alatasarebbe la realt stessa di Dio, perch per luccello lessenza suprema appuntoquella delluccello18, togliendo la quale scomparirebbe la rappresentazione stessadellessenza suprema. Certamente questo argomento, per cui se un animale avesseuna religione si rappresenterebbe Dio a sua immagine, un classicodellinterpretazione della religione come antropomorfismo, ma in Feuerbach mi

    sembra importante laccento posto sullinerenza delle determinazioni al soggetto,dellessenza allesistenza, della rappresentazione alla realt, quindi, come dicevo,il peso dellargomento ontologico nel porre luomo allorigine della religione.

    Se, per quanto abbiamo visto, non si possono staccare le determinazioni diunessenza dallessenza stessa, quindi non si pu distinguere il Dio per me dalDio in s, e se lessenza divina in s solo lessenza delluomo come genere,oggettivata come unaltra essenza distinta e particolare, ne consegue che anchelesistenza di Dio, ossia del soggetto di queste determinazioni, ha un carattereantropomorfico, quindi ha un presupposto umano. La credenza nellamore, bont,saggezza ecc. divine si fonda sul fatto che luomo stesso ama, vuole, sa, e nonconosce nulla di pi alto che amore, saggezza e bont come perfezioni del suo

    genere; questultimo divino perch lintelletto umano si estende fin dove siestende la sua essenza, il che significa le sue determinazioni, le quali costituisconoper lui la misura assoluta: ebbene, tutto ci vale anche per lesistenza divina, laquale fonda la sua certezza e indubitabilit sullesistenza del soggetto umano (siparla sempre del genere). Infatti, ci che vale per i predicati vale anche per ilsoggetto, perch

    la necessit del soggetto sta solo nella necessit del predicato. Tu sei soggetto solocome soggetto umano. La certezza e realt della tua esistenza sta solo nellacertezza e realt delle tue propriet umane. Ci che il soggetto, sta solo nelpredicato; il predicato la verit del soggetto []. Soggetto e predicato si

    18Ibidem.

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    distinguono solo come esistenza ed essenza. La negazione dei predicati perci lanegazione del soggetto[]. unicamente la realtdel predicato a fornire la garanziadellesistenza19.

    Infatti luomo religioso non considera i predicati come rappresentazioni o

    immagini che luomo si fa di Dio, distinte dallesistenza stessa di Dio, nella qualeinvece consisterebbero la verit e realt della religione. Viceversa, egli considerale determinazioni di Dio, quali amore, misericordia, bont e anche la collera, comerealt di Dio stesso. Proprio questo atteggiamento delluomo autenticamentereligioso, che respinge la presunzione dellintelletto, per il quale gli attributidivini sarebbero degli antropomorfismi, mostra con chiarezza che ledeterminazioni divine sono determinazioni del soggetto umano, la cui realt stanei predicati, e sono questi ultimi la garanzia della sua esistenza come soggetto. Diconseguenza non solo le determinazioni divine (bont, amore, saggezza ecc.) sonodeterminazioni umane oggettivate in unessenza fuori delluomo, ma la stessaesistenza, dunque lo stesso soggetto divino, nullaltro che il soggetto umano

    stesso, oggettivato in un soggetto e intuito come altro dalluomo; e ci avvieneproprio e solo in quanto avvenuto lo stesso trasferimento a livello dei predicati.Non infatti un caso che le determinazioni pi caratterizzanti la religione, sianonon di tipo astratto ma personale (Dio persona, legislatore morale, buono,giusto, misericordioso ecc.), e che in queste determinazioni prevalga ladimensione affettiva in opposizione e scandalo allintelletto che le nega nellariflessione. Ma appunto queste determinazioni sono essenziali alla certezzadellesistenza stessa di Dio, la quale sarebbe nulla senza quei predicati personali, ariprova del fatto che la vera essenza della religione, in particolare delcristianesimo, antropologica pi che antropomorfica. Infatti le determinazioni equindi lesistenza divina, sono determinazioni e quindi esistenza umana, perch

    per luomo lesistenza sta nellessenza, la verit del soggetto sta nei predicati, e lareligione esprime questa caratteristica essenziale delluomo come genere, sia pureoggettivata in un ente estraneo, proprio nel non conoscere lantropomorfismodella distinzione tra predicati come rappresentazioni o immagini, da un lato, esoggetto come esistenza reale, dallaltro. Il voler distinguere tra i predicati divini,considerandoli come antropomorfismi, e lesistenza divina come necessaria eassolutamente certa, dipende dal fatto che la coscienza che luomo ha della suaesistenza come soggetto, si d come una certezza immediata, quindi la necessitdellesistenza di Dio soltanto loggettivazione che luomo fa di questa certezzaimmediata della sua esistenza intuita come in un essere altro da lui; viceversa, ipredicati di Dio sono mediati dallattivit del pensiero, dallautocoscienza

    19Ivi, pp. 42-43.

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    delluomo, perci egli pu pi facilmente ritenerli come creazione umana. Maquesta differenza apparente, dato che, come abbiamo visto, il soggetto umanonon nulla senza oggetto, attributi determinazioni, ragion per cui se gli attributidi Dio sono attributi umani, anche lesistenza di Dio lesistenza umanaoggettivata in un altro essere.

    2. Luomo oggettiva il proprio essere in un altro e poi se ne rende oggetto: lafamosa immagine della sistole e della diastole come caratteristica della religione.

    Feuerbach ritiene assolutamente peculiare della religione un processo che, conuna sua famosa metafora tratta dalla fisiologia, si pu descrivere come di sistole ediastole, ossia, da un lato, di repulsione, caratteristico della circolazione arteriosa,per cui il sangue viene spinto lontano dal cuore, dallaltro lato, di attrazione,caratteristico della circolazione venosa, per cui il sangue ritorna e viene attrattodal cuore da cui partito. Dio la pi soggettiva essenza delluomo separata edissociata20, ossia unessenza che luomo ha distinto e isolato da s21. Quindi

    luomo non pu agire da se stesso, bens ogni bene gli viene da Dio. Quantopi Dio soggettivo22, vale a dire quanto pi umano23, tanto pi luomo si alienadellasua soggettivit24, ossia della sua umanit25, giacch per s Dio il suo salienato che per nel contempo egli di nuovo rivendica a s26, tornando a faresuo ci che prima ha alienato in questo ente altro da s, ma da lui stesso creato sianelle determinazioni attributive e predicative sia nellesistenza, che si d solo inquesti attributi. Analizziamo questo movimento, data la centralit, per il nostrodiscorso, di questa argomentazione.

    La religione lautocoscienza delluomo oggettivata non in se stessa, bens inunessenza messa fuori delluomo secondo limmagine della circolazione arteriosaper cui il sangue viene spinto allestremit. Ora, il punto caratteristico di questa

    repulsione dellessenza umana che quanto pi gli attributi e la stessa esistenza diDio sono attributi umani, bench luomo non sia consapevole di ci, tanto piluomo viene negato in queste sue qualit, le quali vengono riposte in Dio. Ci comprensibile, perch, essendo Dio niente altro che gli attributi umani, i qualisono in s divini ma vengono posti fuori delluomo in un altro essere consideratodivino, ecco che nellintuizione dellessenza divina ci che positivo costituito

    20Ivi, p. 4821ID., L'essenza del Cristianesimo, tr. it. C. Cometti, Milano 1971, p. 51.22ID., L'essenza del Cristianesimo, tr. it. F. Tomasoni, cit., p. 48.23ID., L'essenza del Cristianesimo, tr. it. C. Cometti, cit., p. 51.24ID., L'essenza del Cristianesimo, tr. it. F. Tomasoni, cit., p. 48.25ID., L'essenza del Cristianesimo, tr. it. C. Cometti, cit., p. 51.26ID., L'essenza del Cristianesimo, tr. it. F. Tomasoni, cit., p. 48.

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    appunto dallelemento umano, mentre, di conseguenza, nellintuizionedellumano resta solo il negativo. Se infatti luomo - sempre inteso come genere -traspone in Dio la sua essenza, ossia la sua divinit, dato che i suoi attributi sonodi natura divina, ecco che egli stesso appare al polo opposto come un nulladavanti a Dio. Quanto pi Dio reso simile alluomo, tanto pi luomo diventa, per

    opposizione del negativo al positivo, dissimile rispetto a Dio. Invero si tratta di unmovimento in cui nulla va perduto e tutto si conserva, perch luomo stesso chetrasferisce le sue qualit supreme, la sua divinit in un essere fuori di lui, ma dalui stesso creato. Perci, dice Feuerbach, questa autonegazione soloautoaffermazione. Quello di cui luomo si spoglia, si priva in se stesso, lo godeappunto in Dio in una misura incomparabilmente pi alta e pi abbondante [].Luomo nega di s soltanto ci che pone in Dio27. Nega la sensibilit attraverso lacastit, e pi avviene questa negazione, pi Dio appare con caratteri sensibili,tanto che in epoche passate il culto di Maria vergine diventava addirittura piimportante di quello di Cristo e di Dio stesso; nega la sua ragione, asserendo dinon sapere nulla di Dio, quindi di avere solo pensieri mondani e terreni, e in

    compenso Dio appare con pensieri e piani umani, come un maestro che si adattaagli scolari, sa tutti i pensieri delluomo anche i pi bassi; luomo si spersonalizza eDio tanto pi personale; luomo nega il suo onore, la sua vanit e in compensoDio pensa e opera per la sua stessa gloria e per il suo vantaggio egoistico; si cogliecome radicalmente cattivo per porre tutta la bont in Dio.

    Ora per, anche se in questo movimento luomo si spoglia di tutto quello chegli essenziale e pi alto, ossia caratteristico del suo genere, per porlo in Dio,negandolo a se stesso, evidente che, per fare ci, deve avere consapevolezza diquesti attributi per riconoscerli come divini in questa nuova essenza fuori di lui.Se la cattiveria fosse nelluomo assoluta, egli non potrebbe riconoscere la santit ela bont come tali, giacch nel riconoscere la bont assoluta di Dio e la

    peccaminosit delluomo, si riconosce che la santit e il bene, negati alluomo eposti in Dio, sono nondimeno la destinazione delluomo, ossia sono quello che luideve diventare. Ma se egli deve diventare qualcosa, ci vuol dire che pudiventarlo, poich un dovere senza potere non mi tocca, una ridicola chimerasenza affezione dellanimo28. Perci, se luomo avverte di essere cattivo e tuttaviasente il bene riposto in Dio come sua destinazione, ci vuol dire che il beneappartiene alla sua essenza, quindi il male che egli fa o che si attribuisce inopposizione alla bont di Dio, riconosciuto come una contraddizione con sestesso, con la sua essenza e la sua personalit. Perch si possa parlare dicorruzione totale e radicale delluomo, questi dovrebbe adorare come ideale di

    27Ivi, p. 45.28Ivi, p. 46.

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    bont e di bellezza labisso dellignominia con coscienza e compiacenza29. Perquesto motivo Feuerbach ritiene essere la mistificazione dellagostinismomisconoscere che quello che esso dice di Dio lo dice delluomo stesso, almeno cheluomo non adori come sua essenza suprema il diavolo, con la coscienza che staadorando proprio il diavolo come tale. Tuttavia per Feuerbach questa illusione

    dellagostinismo costituisce lessenza vera e propria della religione e perci inquesto senso fonda una distinzione essenziale30. Infatti lagostinismo unpelagianesimo capovolto, pone come oggetto ci che quello pone comesoggetto31. Il pelagianesimo privilegia Dio creatore a Dio redentore, che inveceper Feuerbach non a caso il Dio che connota specificamente la religione; quindiil pelagianesimo eleva luomo a Dio, giacch per questa dottrina luomo ha la sualibert sul fondamento della sua volont autosufficiente, perci non ha bisogno diDio. Invece lagostinismo nega luomo e per d a Dio tutti gli attributi umani e loabbassa fino alla morte di croce. Il pelagianesimo pone luomo al posto di Dio32,lagostinianesimo pone Dio al posto delluomo, ma entrambi arrivano allo stessorisultato33, solo che questa attribuzione del bene alluomo il pelagianesimo la fa

    per via razionale, in linea retta, mentre lagostinismo la fa indirettamente, per viamistica. Questultimo modo, indiretto e capovolto, per Feuerbach caratteristico,come dicevo, dellessenza della religione: Ci che si attribuisce al dio delluomo,lo si attribuisce in realt alluomo stesso; ci che luomo asserisce di Dio, in realtlo asserisce di s stesso34. Analogamente, se si determina Dio come unessenzamoralmente attiva, ossia che ama, opera e ricompensa il bene, e punisce il male,mentre luomo incapace di fare il bene, in realt si sta rendendo divina lattivitumana stessa, giacch non si conosce attivit superiore a quella umana, la quale critica, ossia vuole, ama il bene, perci in dissidio con se stessa nel momento incui pone in Dio il bene, cio il positivo, e nella coscienza che ha di se stessa il male,ossia il negativo. Anche in questo caso, per non volere nulla e negare la facolt e

    lattivit umane, bisognerebbe giungere coerentemente alle posizioni delnichilismo e panteismo orientali, negando in Dio lattivit morale, e sostenerequindi che Dio unessenza priva di volont, la quale non distingue fra bene emale.

    Ma se Dio attivit, e precisamente attivit morale, ossia che ricompensa ilbene e punisce il male, ecco allora che a Dio non indifferente se luomo buono

    29Ivi, p. 47.30Ibidem.31ID., L'essenza del Cristianesimo, tr. it. C. Cometti, cit., p. 50.32Ibidem.33Ibidem.34Ivi, pp. 49-50.

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    sue, bens di Dio, affinch egli stesso sia elevato al massimo, anzi, lannullamentodelluomo in Dio era solo un mezzo per meglio esaltare tutte le qualit delluomoappunto in quanto costitutivamente, essenzialmente umane, ossia aventi originedalluomo e da nessuna altra essenza. Infatti, argomenta Feuerbach, lazionedivina non potrebbe avere luomo come suo fine e agire nelluomo come suo

    oggetto, non potrebbe avere un fine umano, ossia tendere a che luomo sia buono,saggio ecc., e realizzi in questi attributi la sua pi autentica destinazione, sequesta azione divina non fosse essa stessa umana. Se luomo si pone come scopoil suo miglioramento morale, ha risoluzioni divine, propositi divini; se per Dio hacome scopo la salvezza delluomo, allora ha fini umani e unattivit umanaconforme a questi fini38. Quindi in Dio, ovvero nellattivit di Dio, luomo haoggettivato niente altro che la sua stessa attivit. Ma avendola oggettivata inmodo che essa diventa lattivit di unaltra essenza, ecco allora che egli sentelimpulso allattivit morale come proveniente non direttamente da lui, bens daquestaltra essenza, da questo oggetto che stato da lui stesso posto fuori di s39.

    3. Origine dellillusione religiosa

    Quale la genesi dellillusione religiosa, del trasferimento di quelli che sono ipredicati dellessenza umana in unessenza oggettivata fuori delluomo, la qualediventa un soggetto a se stante, di cui luomo , a sua volta, oggetto? Comeabbiamo visto, Feuerbach parte dalluomo in s, dallessenza umana comecaratterizzata dalla doppia vita, quella esteriore e quella interiore, la prima di tipoindividuale e finito, la seconda, invece, conforme al genere. Questultimocostituisce la vera essenza delluomo, che infinita e perfetta in quanto i suoiattributi, senza dei quali unessenza non sarebbe nulla, sono perfezioni, ossiaesistono di per se stessi e hanno il loro fine in se stessi e non nella soddisfazione di

    una necessit meramente pratico-utilitaristica: il pensare ha come fine la gioia delcontemplare, il cuore lamore fine a se stesso, e la volont lautosuperamento e larealizzazione della libert. Ora, lessenza delluomo per eccellenza accessibile ecomprensibile come genere alla facolt teoretica, che anche una facolt estetica,giacch sia alla teoria che alla bellezza legata la contemplazione. Invece lareligione parte da un punto di vista pratico, non oggettivo ma soggettivo. Infattilo scopo della religione la salvezza e il bene delluomo. Abbiamo visto altres cheDio solo loggettivazione delle facolt e degli attributi delluomo, cio della suastessa esistenza soggettiva, in unentit che egli pone al di fuori di lui e come da

    38Ibidem.39Cfr., su questo punto, ID., L'essenza del Cristianesimo, tr. it. C. Cometti, cit., p. 51.

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    lui distinta, ma a cui fa assumere come scopo il bene delluomo stesso; perci eglise la raffigura come attiva e capace di giudizio morale.

    Tutto questo appare in modo molto conseguente nel cristianesimo, nel quale ilpunto centrale la salvezza, pi che Dio puramente e semplicemente. Questasalvezza non consiste nella felicit terrena o in un qualunque bene terreno, che

    anzi si ritiene allontanino da Dio, mentre invece il dolore e linfelicit avvicinanoa Dio. Se la salvezza consistesse in un bene terreno, luomo si espanderebbe etroverebbe la sua forza in quelle attivit mondane che veramente realizzano lasua essenza generica, vale a dire nella contemplazione teoretica e nellestetica,attivit che, infatti, sono fonte di gioia e piacere. Invece nel dolore e nellinfelicitluomo si concentra e ripiega su se stesso, ogni suo pensiero rivolto a ci di cuiabbisogna, e Dio sentito come necessit40. Dio , dunque, niente altro che questosentimento della propria necessit di salvezza immerso in se stesso e che nega ilmondo, sentimento posto dalluomo come un essere immaginario ma per luiprofondamente reale. Un sentimento siffatto, ossia della miseria, della sofferenzae dellintima necessit di salvezza, di natura essenzialmente pratica, non

    teoretica o estetica nel qual caso, essendo conforme al genere, non sarebbecaratterizzato dalla mancanza e dalla necessit, bens dallabbondanza, dalla gioia,dallautosufficienza, dal non aver bisogno di altro e pago del mondo. Essendo ilpunto di vista teoretico estraneo alla religione, espressione del bisogno praticoindividuale di salvarsi dalla sofferenza e perci poco interessato allessenza, verite bellezza della natura e dellumanit come genere, ecco che tutto ci cheriguarda questi oggetti della contemplazione teoretica ed estetica si trasforma inunessenza altra dalluomo, miracolosa e soprannaturale, cio nel concetto di Dio.Questi, a sua volta, concepito come unessenza individuale, intesa non nel sensoparticolaristico degli individui umani, ma con le qualit degli individui elevate allamisura infinita del genere. Dunque, il fatto che nella religione luomo ponga la sua

    essenza generica fuori di s facendola diventare unaltra essenza, per cui quellache loggettivazione delle sue determinazioni predicative diventa un soggettoindividuale dotato di vita propria e con i predicati stessi delluomo elevati allamisura di genere, una necessaria conseguenza del fatto che il punto di vistapratico, proprio della religione, data la doppia vita delluomo come individuo ecome genere, non pu accedere direttamente al punto di vista teoretico, e lacoscienza di s qui ridotta alla coscienza pratico-individuale. Cos, tutto laspettodella vita delluomo che riguarda il genere e che accessibile alla contemplazioneteoretica ed estetica, trasferito in Dio, dove luomo trova, dice Feuerbach, la suaseconda met perduta; in Dio si integra; in Dio soltanto uomo completo. Dio perlui un bisogno; gli manca qualcosa senza sapere che cosa gli manchi - Dio questo

    40Ivi, p. 201.

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    qualcosa che manca, Dio gli indispensabile; Dio appartiene alla sua essenza41. Ilmondo, ossia linsieme della realt, accessibile e si rivela nella sua pienezza allateoria, ma per la religione il mondo nulla, il che significa che le sonoprofondamente estranee le gioie del pensatore, del naturalista, lintuizionedelluniverso. Perci quello che perde - ossia il mondo stesso e con esso la teoria

    in cui questo mondo si rivela - essa lo integra in Dio, il quale diventa cos ilsurrogato del mondo perduto e la vita della teoria42.Ora per, lintuizione pratica caratterizzata dallinteresse individuale e

    strumentale, dunque dallegoismo. Infatti, dal punto di vista pratico una cosa nonviene guardata e goduta per se stessa, ma solo per un bisogno dellindividuo che laguarda, per un bisogno utilitario. Lintuizione pratica, dato che loggetto a cui essasi riferisce non sta sul suo stesso piano, ossia non visto e goduto in virt di sestesso, non soddisfatta di s. Viceversa, lintuizione teoretica appagata, perchloggetto che contempla visto di per se stesso, con amore e ammirazione.Dunque, lintuizione pratica caratterizzata da mancanza, da indigenza, perci unintuizione inestetica43, mentre quella teoretica, che autosufficiente e mira

    alla cosa in virt di se stessa, unintuizione estetica44

    . La mancanza diintuizione estetica, di perfezione e di appagamento - caratteristica del punto divista pratico e inestetico in cui si trova luomo come vita individuale - comportache il mondo appaia nullo di per se stesso, che le cose siano, di conseguenza, soloun prodotto per il bisogno pratico, e che ladorazione del mondo sia idolatria.Cos, Dio viene a integrare questa mancanza di intuizione teoretica ed estetica,necessaria allesistenza del genere: Dio ha [] per la religione in specie ilsignificato che per la teoria ha loggetto in generale. Lessenza universale della teoria per la religione unessenza particolare45. Loggetto della teoria, che, come ognioggetto, lespressione della sua essenza, il mondo intero, il genere nella suainfinit. Invece nella religione il genere, luniversale, linfinito, viene trasferito in

    unessenza che da un lato individuale e dallaltro ha i caratteri umani elevati allamisura del genere. Come si verifica questa inversione?Ci dipende appunto dallessenza del punto di vista religioso, che pratico,

    dunque individualistico ed egoistico, in quanto espressione di una mancanza, diuna necessit. Questa mancanza, poich mancanza di teoria e del suo oggetto, ilgenere, dunque mancanza di un carattere essenziale delluomo, ossia la sua vitacome genere, viene oggettivata dalluomo pratico come un ente soprannaturale.

    41ID., L'essenza del Cristianesimo, tr. it. F. Tomasoni, cit., p. 211.42Ibidem.43Ibidem.44Ibidem.45Ivi, p. 212.

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    Questultimo, per, nascendo dallesigenza di colmare una lacuna, quindi da unpolo negativo, fa assumere allessenza universale della teoria il carattereparticolare di unessenza individuale, ma le cui determinazioni hanno la misuradel genere. Anche in questo caso lagostinismo, pur nella mistificazione, mostraun carattere essenziale della religione. Infatti Feuerbach cita un passo dalle

    Confessionidi Agostino, a proposito della de-teoreticizzazione e de-estetizzazionedel mondo, con linconsapevole trasferimento di teoria ed estetica in Dio, cheavviene nella religione, riducendo cos le cose a mero prodotto per il bisognopratico, invece di intuirle per quel che sono, vale a dire oggetto di contemplazionee di godimento di per se stesse, e con ci espressione della vita del genere,oggettivazione consapevole di qualit sensibili umane. Dice dunque Agostino: Gliocchi amano le forme belle e varie, i colori nitidi e ridenti. Ma non avvincanoquesti oggetti la mia anima; lavvinca Dio che fece s questi oggetti buoni assai, ma lui solo il mio bene, non essi46.

    4. Lanalogia tra la forma feticistica della merce e la religione

    Oggetto principe della critica di Karl Marx il modo di produzione della modernasociet borghese. Tale critica vuole dimostrare il carattere storicamentedeterminato di questa forma di societ, la quale conclude una lunga fase scandita,a sua volta, in varie fasi progressive (modo di produzione asiatico, antico, feudalee, appunto, borghese), nelle quali gli uomini hanno prodotto le condizioni dellaloro esistenza, e, di conseguenza, la loro esistenza stessa, in modo antagonistico,quindi attraverso il dominio di uno sullaltro. Simultaneamente, la criticadimostra la necessit storica della transizione rivoluzionaria ad una forma socialedi produzione in cui individui liberamente associati controllano insieme leproprie condizioni di vita e sviluppano le loro forze non misurandole su un metro

    gi dato, n avendo altro presupposto che il loro sviluppo precedente, dunque sitratta di un regno della libert costruito sul regno della necessit47.Nella moderna societ borghese la ricchezza appare come una enorme

    raccolta di merci e la singola merce come sua esistenza elementare48. Da un latola merce si presenta come un valore duso49, cio come qualcosa che soddisfa deibisogni umani, indipendentemente dal tipo di bisogno di cui si tratta, se dellostomaco o della fantasia, e indipendentemente dal modo in cui soddisfa questo

    46Citato ivi, p. 211.47Cfr. K. MARX, Il capitale. Critica dell'economia politica, Libro terzo, tr. it. M. L. Boggeri, Roma

    1994, p. 933.48K.MARX, Per la critica dell'economia politica, tr. it. E. Cantimori Mezzomonti, Roma 1971, p. 9.49Ibidem.

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    bisogno, se immediatamente come mezzo di sussistenza, cio come oggetto digodimento o, per via indiretta, come mezzo di produzione50. Lutilit, lapiacevolezza, la necessit per la vita, sono dei portati delle qualit delle merci,quindi il loro valore duso inseparabile da queste qualit corporee, quale che siail modo in cui esso sia stato prodotto e indipendentemente da quanto lavoro esso

    sia costato. Inoltre un valore duso viene misurato secondo determinate quantit,giacch valori duso differenti hanno misure differenti secondo le loro naturalipeculiarit, ad esempio un moggio di grano, una libbra di carta, un braccio di telaecc.51. Il valore duso il contenuto necessario della merce, in quanto inerentealle qualit delloggetto che ne forma il corpo, ma non in tutte le forme socialidella produzione umana il valore duso ha assunto la forma della merce. Per esseremerce, una cosa deve essere anche valore di scambio52. Questo appare sotto formadel rapporto quantitativo, la proporzione nella quale valori duso dun tipo sonoscambiati con valori duso di altro tipo; tale rapporto cambia continuamente coitempi e coi luoghi53. Mentre nel valore duso ci che viene in primo piano sono lequalit differenti degli oggetti finalizzati al godimento o alla produzione di

    ulteriori valori duso, e la quantit in cui possono essere misurati secondo le loropeculiarit, viceversa, nella definizione del valore di scambio, quel che caratteristico che si tratta di un rapporto, in cui valori duso di tipo differentevengono tra loro scambiati nonostante la loro pi estrema disparit. Ma affinchun valore duso possa essere scambiato con un altro in unadeguata proporzione, necessario che lequazione, in cui rappresentato un determinato rapporto discambio, mostri che vi qualcosa di comune e della stessa grandezza inerente allemerci che si scambiano, indipendentemente dalle innumerevoli differentiproporzioni con cui avviene lo scambio di una merce con tutte le altre. Poichquesto qualcosa di comune non pu essere una qualit fisica, chimica, geometricao altra qualit naturale, ai corpi delle merci, che costituiscono il loro rispettivo

    valore duso, rimane [] soltanto una qualit, quella di essere prodotti dellavoro54.Ora, il lavoro che, per esempio, scava loro, quello che estrae dalle miniere il

    ferro, quello che coltiva il grano, che tesse la seta, ecc., sono lavori tra loroassolutamente differenti e incomparabili dal punto di vista delle loro qualit.Questo tipo di lavoro, considerato nelle sue differenze qualitative, il lavoro cheproduce valori duso, quindi si presenta nelle forme pi diverse dellattivit. Se si

    50ID., Il capitale. Critica dell'economia politica, Libro primo, tr. it. D. Cantimori, Roma 1994, p. 68.51ID., Per la critica dell'economia politica, cit., p. 9.52Ibidem.53ID., Il capitale, Libro primocit., p. 68.54Ivi, p. 70.

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    fa astrazione dalle qualit sensibili dei valori duso che costituiscono i corpi dimerci (tavola, casa, filo ecc.), scompaiono anche le diverse forme di lavori concretiche distinguono un valore duso da un altro, non solo come processiqualitativamente differenti tra loro, ma anche, da questo punto di vistasoggettivo, come risultato di lavori differenti a seconda degli individui che li

    eseguono. Pertanto, il lavoro a cui vengono ridotte tutte le merci, astraendo daqualsiasi carattere qualitativo di esse come valori duso, lavoro umano eguale,lavoro umano in astratto55. Dei differenti prodotti non rimasto nulla []allinfuori di una medesima spettrale oggettivit, duna semplice concrezione dilavoro umano indistinto, cio di dispendio di forza lavorativa umana senzariguardo alla forma del suo dispendio56. I differenti prodotti sono valori in quantosono cristalli di questa sostanza sociale ad ess[i] comune57, ossia del lavoro ingenerale, astratto dalla specificit dei differenti processi lavorativi che produconole cose come valori duso e dalle varie individualit di chi lavora (lavoroastrattamente generale58). Le uniche differenze di cui sono suscettibili i valori discambio in quanto equivalenti tra loro, sono differenze quantitative, ossia nello

    scambio vengono equiparate grandezze differenti inerenti alla qualit delprodotto (un busheldi grano, unoncia doro, una tonnellata di ferro ecc.). Quindi,per potere misurare la grandezza di valore di queste cose in quanto valori discambio, occorre che esse rappresentino quantit differenti di lavoro semplice,uniforme, astrattamente generale, cio di quel lavoro che costituisce la sostanzadel valore. Tale quantit di lavoro si misura con la sua durata temporale59, quindila proporzione in cui i differenti valori duso vengono scambiati, data dallerispettive quantit di tempo di lavoro in essi contenute e che vengono misurate inparti determinate di tempo, come lora, il giorno, ecc.60.

    La quantit di tempo di lavoro che determina la grandezza di valore di unamerce da intendersi, per, non come la quantit di tempo che un individuo

    singolarmente preso ha di fatto impiegato per produrla, in base alla sua maggioreo minore abilit individuale. Nella societ dove domina la forma di merce, illavoro, in quanto sostanza comune di tutti i valori e di cui il valore di scambiocostituisce la forma fenomenica, , come abbiamo visto, lavoro umano eguale,dispendio della medesima forza-lavoro umana61. Perci si considera la forzacomplessiva della societ, oggettivata in tutto il mondo delle merci, come

    55Ibidem.56Ibidem.57Ibidem.58ID., Per la critica dell'economia politica, cit., p. 11.59ID., Il capitale, Libro primo, cit., p.71.60Ibidem.61Ibidem.

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    ununica e identica forza-lavoro umana; ognuna delle singole forze-lavoroindividuali viene considerata come identica alle altre, cosicch nella misura deltempo di lavoro necessario a produrre una merce i differenti individui chelavorano appaiono [] come semplici organi dellavoro62: sia che uno produca insei ore ferro e in sei ore tela, e un altro produca parimenti durante sei ore ferro e

    durante sei ore tela, sia che, viceversa, uno produca in dodici ore ferro e un altroin dodici ore tela, si tratta di un medesimo lavoro che viene usato in mododifferente. Quindi ciascun individuo qui considerato come una forza-lavorosociale media che ha bisogno solo del tempo di lavoro mediamente, ossiasocialmente necessario per produrre quella merce. La quantit di tempo di lavorosocialmente necessario a produrre una merce varia con il variare della forzaproduttiva del lavoro, la quale determinata dal grado medio di abilitdelloperaio, dal grado di sviluppo dellapplicazione della scienza alla produzionemediante la tecnologia, dalla combinazione delle attivit lavorative nel processodi produzione, da situazioni naturali, quali, nella produzione agricola, la stagionefavorevole o meno, che pu richiedere maggiore o minor tempo di lavoro per la

    stessa quantit di prodotto, oppure la ricchezza o povert delle miniere. Quindi,con laumento della forza produttiva del lavoro sociale diminuisce il tempo dilavoro necessario e, di conseguenza, il valore di scambio di una merce, e,viceversa, con la diminuzione della forza produttiva del lavoro, aumenta il tempodi lavoro necessario e, di conseguenza, la grandezza di valore.

    Orbene, da questa descrizione sembrerebbe a prima vista, dice Marx, che nellaforma di merce non ci sia nulla di incomprensibile e che, anzi, essa risulti comeuna cosa addirittura ovvia. Eppure, questi caratteri cos trasparenti diventano unenigma, un arcano che appiccicato alla merce, la quale trasforma questa cosaovvia in una cosa imbrogliatissima, piena di sottigliezza metafisica e di capricciteologici63. Come abbiamo visto, dietro le merci e la loro relazione che le rende

    scambiabili, vi leguaglianza dei lavori umani, quindi la riduzione delle differentiqualit dei valori duso a prodotto di lavoro semplice, eguale, astrattamentegenerale. La relazione tra i produttori di merci misurata in quantit di tempo dilavoro impiegato a produrle. Ebbene, questi che sono evidentemente caratterisoggettivi, ossia riferiti al lavoro sociale che produce merci, ovvero agli individuicome organi di questo lavoro sociale astratto, diventano attributi oggettivi dellecose. Leguaglianza dei lavori umani, astratti dalle loro determinazioni qualitative,diventa leguale oggettivit di valore di prodotti del lavoro64 e solo mediantequesta oggettivit quelleguaglianza pu ricevere forma reale. La misura della

    62ID., Per la critica dell'economia politica, cit., pp. 12-13.63ID., Il capitale, Libro primo, cit., p.103.64Ivi, p. 104.

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    durata temporale del dispendio di forza-lavoro, ossia di muscoli, cervello, energieumane, diventa la grandezza di valore dei prodotti del lavoro65e adesso questagrandezza, in quanto (diventata) inerente al prodotto di per s, a stabilire laquantit di tempo di lavoro necessario a produrre quelle determinate merci.Infine i rapporti fra i produttori, nei quali si attuano quelle determinazioni

    sociali dei loro lavori, ricevono la forma dun rapporto sociale dei prodotti dellavoro66. Quindi, nella forma di merce gli uomini non vedono direttamente icaratteri sociali del loro lavoro e il rapporto tra i loro lavori e il lavoro socialecomplessivo, cio non vedono direttamente quello che fanno, ma ne hannorestituita limmagine come in uno specchio Marx usa questa similitudine - , e inverit limmagine capovolta. Infatti, i caratteri sociali dei lavori degli uominivengono fatti apparire come caratteri oggettivi dei prodotti di quel lavoro, comepropriet sociali naturali di quelle cose67, e il rapporto sociale tra i produttori e illoro lavoro complessivo viene fatto apparire come un rapporto sociale fra oggettiesistente al di fuori di essi produttori68. Si verifica un quid pro quo, uninversionemediante cui i prodotti del lavoro sociale diventano cose sensibilmente

    sovrasensibili, cio cose sociali69

    , ecco la sottigliezza metafisica e i capricciteologici.In un primo momento Marx illustra questo capovolgimento della realt del

    lavoro sociale degli uomini e limmagine che essi ne ricevono nella forma dimerce, richiamando leffetto che si ha nel senso della vista, dove limpressioneluminosa che una cosa esercita sul nervo ottico si presenta come un caratteredella cosa stessa che sta fuori dellocchio e non come lo stimolo soggettivo delnervo. Anche qui, dunque, sembrerebbe esserci un capovolgimento per cuilazione soggettiva diventa una propriet oggettiva della cosa. Ma linversione chesi produce nella relazione tra impressione luminosa sul nervo e proprietdelloggetto esterno o, se si vuole, tra soggetto e oggetto, deriva dalla natura fisica

    delle entit in questione. Invece nella forma di merce non si tratta pi di unrapporto fisico siffatto: nel presentarsi dei prodotti del lavoro umano come valoridi merci, si tratta non di propriet fisiche delle cose, a cui appartienenaturalmente quelleffetto ottico di capovolgimento, bens di un fenomenocaratteristico di determinate fasi storiche, e, al suo massimo sviluppo,caratteristico della societ borghese, dove quel che [] assume per gli uomini laforma fantasmagorica di un rapporto fra cose soltanto il rapporto sociale

    65Ibidem.66Ibidem.67Ibidem.68Ibidem.69Ibidem.

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    determinato che esiste fra gli uomini stessi70. Insomma, nel fatto chelimpressione luminosa esercitata sul nervo ottico si presenta come la formapropria delloggetto fuori dellocchio, non si verifica nessun quid pro quo, mentreinvece questo precisamente il caso di quanto avviene nella forma di merce e[ne]l rapporto di valore dei prodotti di lavoro nel quale essa si presenta71.

    Invece, lanalogia pi pertinente Marx la trova nel mondo della religione, non acaso da lui definito, a differenza dei fenomeni fisici sopra evocati, una regionenebulosa72, proprio come quella della forma di merce prima definita piena disottigliezza metafisica e di capricci teologici. Infatti gli oggetti della religione sonoprodotti del cervello umano, i quali, viceversa, si presentano come delle figureindipendenti dai soggetti che le hanno create, e sembrano stabilireautonomamente un rapporto tra di loro e con gli uomini. Come nella religione iprodotti del cervello umano si ergono a potenze autonome da chi le ha create, cosnel mondo delle merci i prodotti della mano umana, ossia del lavoro sociale degliuomini, diventano entit dotate di caratteri propri e grandezza propria, le qualiintrattengono rapporti tra loro, mentre in realt riflettono, come in uno specchio

    rovesciato, il rapporto tra i produttori e il lavoro sociale complessivo. Questo quidpro quoMarx lo chiama il feticismo che sappiccica ai prodotti del lavoro appenavengono prodotti come merci, e che quindi inseparabile dalla produzione dellemerci73.

    Qui la religione usata come unanalogia per rendere comprensibile ilcarattere della forma di merce. Al tempo stesso, credo si veda chiaramente cheMarx descrive il fenomeno religioso, almeno per quanto gli serve per farelanalogia, negli stessi termini in cui labbiamo trovato descritto in Feuerbach.Infatti anche per Feuerbach il segreto della religione sta nel fatto che luomooggettiva la propria essenza a se stesso, ma di modo tale che questaoggettivazione diventa un altro essere, quindi si converte essa stessa in un

    soggetto di cui poi, a sua volta, luomo - ossia il soggetto reale che ha oggettivatose a se stesso le sue qualit, le sue determinazioni - diventa oggetto.Nella societ dove domina la forma di merce gli uomini entrano tra loro in

    rapporto scambiando i prodotti dei loro rispettivi lavori privati che ciascunoesegue indipendentemente dallaltro. Solo perch risultano da lavori privati, taliprodotti diventano merci, ed solo nello scambio di merci che questi lavoriprivati appaiono nel loro carattere sociale. I lavori privati si effettuano di fattocome articolazioni del lavoro complessivo sociale mediante le relazioni nelle quali

    70Ibidem.71Ibidem.72Ibidem.73Ivi, p. 105.

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    lo scambio pone i prodotti del lavoro e, attraverso i prodotti stessi, i produttori74.Il complesso dei lavori privati forma il lavoro sociale generale, di cui ciascunlavoro privato unarticolazione. Ebbene, nella societ dove si afferma comeforma di relazione predominante lo scambio di merci, ossia di lavori privatieseguiti luno dallaltro in modo indipendente, il carattere sociale di questi lavori,

    quindi leffettuazione di questi lavori privati come articolazioni del lavoro socialecomplessivo, non si presenta direttamente e immediatamente ai produttori chescambiano i loro prodotti come merci. Il rapporto tra lavoro individuale e lavorosociale appare, invece, ai produttori come relazione tra i prodotti stessi del lavoro,posta mediante lo scambio. Solo mediante quelle relazioni tra i loro prodotti,considerati come cose indipendenti e dotate di propriet sociali oggettive iproduttori vengono messi in rapporto tra loro. Ecco il feticismo della merce comemistificazione, che per non affatto qualcosa di accidentale, bens sorge dalcarattere sociale peculiare del lavoro che produce merci75. Infatti, ai produttorile relazioni sociali dei loro lavori privati appaionocome quel che sono, cio, noncome rapporti immediatamente sociali fra persone nei loro stessi lavori, ma anzi,

    come rapporti di cosefra persone e rapporti sociali fra cose76

    .

    Osserviamo che qui lapparenza, la fantasmagoria o lillusione, s illusione, inquanto le oggettivazioni del lavoro di persone diventano soggetti a se stanti e irapporti sociali tra persone che scambiano i loro lavori, dunque tra soggetti,diventano rapporti di cose fra persone e rapporti sociali tra cose, ad analogia delrovesciamento che avviene nella religione. Ma si tratta di unapparenza reale,coerente con i caratteri di una determinata forma di societ, quella dovedominano lo scambio di merci e il rapporto di valore dei prodotti del lavoro in cuila merce stessa si presenta, quindi si tratta di unapparenza necessaria:

    Il fatto che un rapporto di produzione sociale si presenti come un oggettopresente al di fuori degli individui, e che le determinate relazioni che questiallacciano nel processo di produzione della loro vita sociale si presentino comequalit specifiche di una cosa, questo rovesciamento, questa mistificazione nonimmaginaria, bens prosaicamente reale, caratterizza tutte le forme sociali dellavoro creatore di valore di scambio77.

    74Ibidem.75Ibidem.76Ibidem.77ID., Per la critica dell'economia politica, cit., p. 31.

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    Analogamente, in Feuerbach abbiamo visto che nella religione lapparenza per cuiloggettivazione del soggetto umano a se stesso si presenta, a sua volta, come unsoggetto a se stante, rispetto a cui luomo si comporta come un oggetto, reale enecessaria per luomo religioso. Quindi, nella societ dove prevale lo scambio dellemerci, i rapporti sociali tra le persone, i quali sono rapporti tra produttori privati,

    per il fatto stesso che il lavoro sociale complessivo si articola e si divide in lavoriprivati eseguiti indipendentemente luno dallaltro, dunque per il carattere socialepeculiare del lavoro che produce merci, hanno la peculiarit di essere apparenti,in quanto risultato di un capovolgimento tra soggetto e predicato, ma al tempostesso di apparire per quello che sono realmente in questa societ, ossia comerapporti cosalizzati tra persone e come rapporti sociali tra le cose, cos comeallinterno della religione, cio per luomo religioso, loggettivazione delle qualitgeneriche delluomo appare per quello che , ossia un ente estraneo posto fuoridelluomo che possiede unessenza individuale nella misura del genere.

    Ovviamente, anche altre societ conoscono lo scambio di prodotti utili, masolo quando lo scambio di tali prodotti si consolidato ed esteso fino al punto che

    le cose utili vengono prodotte in misura assolutamente prevalente in vista delloscambio, allora agli uomini cominciano a considerare i loro prodotti sotto unduplice carattere, ossia di cosa utile e cosa di valore, e sotto questo secondoaspetto fanno astrazione dalla diseguaglianza qualitativa dei lavori che hannoprodotto quelle cose, a loro volta qualitativamente diversissime, e li riducono alcarattere comune di lavoro astrattamente umano, dispendio di forza-lavoroumana, per poterli scambiare. Come cose utili, i loro prodotti devono provare illoro valore duso allinterno di un sistema naturale spontaneo di divisione socialedel lavoro, soddisfacendo i molteplici e differenti bisogni dei consumatori; comecose di valore, devono soddisfare i bisogni molteplici dei loro produttori, i quali,mediante quella riduzione ed equiparazione di prodotti qualitativamente

    differenti a espressioni di quantit determinate di lavoro umano astratto,determinano in quale proporzione possono ricevere in cambio i prodotti in gradodi soddisfare quei loro bisogni. Man mano che si consolida e si estende la forma disociet in cui le cose utili vengono prodotte per lo scambio, gli uomini compionoquesta equiparazione di cose utili qualitativamente differenti, quindi riferisconole une alle altre come valori, dapprima inconsapevolmente, perch essi calcolanoquanti prodotti utili possono ricevere in cambio del loro prodotto, non perch lecose siano per loro effettivamente puri involucri materiali di lavoro astratto,omogeneo. Quando le proporzioni in base a cui gli uomini scambiano i loroprodotti si sono consolidate, ecco che esse appaiono come connaturali ai prodottidel lavoro, cosicch p. es. una tonnellata di ferro e due once doro sono di egual

    valore, allo stesso modo che una libbra doro e una libbra di ferro sono di egual

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    peso nonostante le loro differenti qualit chimiche e fisiche 78. Dunque, il valoredi scambio non si presenta in questa prima fase per quello che , vale a dire comelavoro astratto rappresentato da ciascun oggetto che ne sarebbe linvolucromateriale, ma piuttosto il valore trasforma ogni prodotto di lavoro in ungeroglifico sociale79. Solo tardi, appena la produzione degli oggetti come merci si

    completamente sviluppata, ecco che gli uomini cominciano a decifrare larcanodi quel geroglifico, essendo la determinazione degli oggetti utili come valori unprodotto sociale degli uomini quanto lo il linguaggio. A quel punto si acquista laconsapevolezza scientifica che i prodotti di lavoro in quanto son valori, sonosoltanto espressioni in forma di cose del lavoro umano speso nella loroproduzione80, e che il lavoro astratto esprime solo quella relazione che liequipara e li rende scambiabili. Questa scoperta fece leconomia politica del secoloXVIII in una societ dove la forma di merce, quindi il valore di scambio deiprodotti del lavoro, si era completamente sviluppata. Precedentemente ilbullionismo poneva ancora la ricchezza come cosa esclusivamente oggettiva, fuoridi s, nel denaro. Rispetto a questa posizione il sistema manifatturiero e

    commerciale rappresent un grande progresso81

    , perch trasfer la sorgentedella ricchezza nellelemento soggettivo, dunque nel lavoro, appunto,manifatturiero e commerciale, ma conserv il carattere limitato di tale sorgentesoggettiva, poich questo lavoro era considerato come creatore di ricchezza soloin quanto produceva denaro. Invece il sistema fisiocratico, che vi contrapposecome creatrice di ricchezza lattivit agricola, concep s loggetto di cui eracostituita la ricchezza non pi nella forma limitata delloro o del denaro, ma comelavoro, tuttavia questo rimaneva per eccellenza lavoro agricolo, cosicch ilprodotto, la ricchezza, rimaneva per eccellenza prodotto della terra, della natura.Viceversa, un enorme progresso82 lo fece Adam Smith, perch, nel ritenerecome sorgente della ricchezza il lavoro, non volle per considerare questultimo

    in unaccezione determinata, ossia come lavoro manifatturiero, commerciale oagricolo, bens come lavoro in generale, lavoro senzaltro: Con lastrattageneralit dellattivit produttrice di ricchezza, noi abbiamo ora anche lageneralit delloggetto definito come ricchezza, e cio il prodotto in generale, o,ancora una volta, lavoro in generale, ma come lavoro passato, oggettivato83. Cos,quando la produzione di merci si sviluppa in modo completo, gli uomini

    78ID., Il capitale,Libro primo, cit., p. 107.79Ivi, p. 106.80Ibidem.81 ID., Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica, 1857-1858, tr. it. E. Grillo,

    Scandicci 1997, vol. 1, p. 31.82Ibidem.83Ibidem.

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    dallesperienza stessa prendono consapevolezza che i loro lavori privati - che sonocompiuti indipendentemente luno dallaltro, ma che in realt dipendono lunodallaltro

    come articolazioni naturali spontanee della divisione sociale del lavoro - vengono

    continuamente ridotti alla loro misura socialmente proporzionale [], perch neirapporti di scambio dei loro prodotti, casuali e sempre oscillanti, trionfa con la forza,in quanto legge naturale regolatrice, il tempo di lavoro necessario per la loroproduzione, cos come p. es. trionfa con la forza la legge della gravit, quando lacasa ci capitombola sulla testa84.

    Attraverso il movimento dei prezzi apparentemente casuale, viene sempredeterminato, con gli alti e bassi, la quantit di tempo di lavoro socialmenterichiesta per produrre una determinata merce, cio un prodotto duplice, utile escambiabile. Il fatto che questa consapevolezza gli uomini la possano prenderesolo dopo che, nella pratica, si affermata la grandezza di valore come

    naturalmente inerente ai prodotti del lavoro e le relazioni sociali tra persone sisono capovolte in rapporti sociali tra cose, conferma che in tutte le forme umanela riflessione prende la via opposta allo sviluppo reale, quindi la consapevolezzascientifica arriva sempre dopo,post festum.

    Tuttavia, che gli uomini siano diventati scientificamente consapevoli del fattoche i prodotti dei loro lavori, in quanto valori, sono soltanto espressione di lavoroastrattamente generale e che il valore non una qualit inerente feticisticamentealle cose, non cancella per nulla questa apparenza, vale a dire non suscitaunaltrettanta consapevolezza scientifica del fatto che si tratta della peculiarit dirapporti di produzione sociali storicamente determinati, entro cui coloro che nerimangono impigliati85 producono essi stessi il feticcio, sottomettendosi cos

    alle loro stesse attivit e relazioni sociali, capovolte in cose e rapporti di cose. Lasimilitudine che qui Marx usa quella della scomposizione scientifica dellaria neisuoi elementi, la quale non fa crollare la rappresentazione della forma gassosacome un corpo. Quindi, avere scoperto che nelle oscillazioni apparentementecasuali dei prezzi delle merci (il prezzo la forma mutata in cui si presenta ilvalore di scambio nella circolazione), alla fine trionfa sempre la legge delladeterminazione del tempo di lavoro socialmente necessario alla loro produzione,non cancella affatto, in coloro che hanno fatto quella scoperta, la convinzione chela grandezza di valore delle merci sia una propriet naturale delle cose, quindi chesi tratti di una legge eterna.

    84ID., Il capitale, Libro primo, cit., p. 107.85Ivi, p. 106.

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    Le forme che danno ai prodotti del lavoro limpronta di merci, e quindi sono ilpresupposto della circolazione delle merci, hanno gi la solidit di forme naturalidella vita sociale, prima che gli uomini cerchino di rendersi conto, non gi delcarattere storico di queste forme, che per essi anzi sono ormai immutabili, ma del

    loro contenuto86

    .

    Infatti il merito delleconomia politica moderna stato di avere scoperto ilcontenuto di quelle determinazioni di valore, cio quantit di lavoro umanoastrattamente generale che diventa propriet delle cose stesse prodotte. Ma essaaveva assunto questo fatto come legge naturale di sviluppo delle societ umane enon come modo di produzione di una forma storica determinata. Ritorneremo piavanti su questo aspetto.

    Attraverso alcuni esempi, Marx mostra il carattere storico, dunque non eterno,delle determinazioni di valore.

    Per quanto riguarda la societ dove domina il valore di scambio, Marx,

    ironizzando sul fatto che leconomia politica, Ricardo compreso, pone alloriginedella civilt umana quelli che sono invece i rapporti storici determinati dellamoderna societ borghese, si serve della figura romanzesca di Robinson Cruso,non a caso prodotto dellInghilterra del secolo XVIII, cio della societ dovepredomina lo scambio di merci. Naufragato sullisola, Robinson deve soddisfarebisogni di vario genere, quindi deve produrre oggetti utili altrettanto vari,corrispondenti a questi bisogni; perci valori duso differenti richiedono tipidifferenti di lavoro, come fabbricare strumenti, pescare, cacciare ecc. Nonostantela differenza fra le sue funzioni produttive egli sa che esse sono soltanto differentiforme di operosit dello stesso Robinson, e dunque modi differenti di lavoroumano87. Costretto dalla necessit, Robinson deve distribuire tutto il suo tempo

    tra le varie funzioni, a seconda della maggiore o minore difficolt che ciascuna diesse comporta per raggiungere il rispettivo scopo utile, cosa che egli apprende inbase allesperienza. Infine egli fa un inventario delle cose utili che possiede esoprattutto del tempo di lavoro che mediamente richiedono le diverse quantitdei diversi prodotti. Ma cos, nella figura di Robinson si trovano, secondo Marx,tutte le determinazioni essenziali del valore88: il carattere del lavoro sociale chelo produce, ossia lavoro umano astrattamente generale di cui tutti i lavori sonoarticolazioni, la sua esistenza come tempo di lavoro generale di cui i vari tempi dilavoro, richiesti in media per ciascuna quantit di prodotto, sono parti.

    86Ivi, p. 107.87Ivi, p. 108.88Ivi, p. 109.

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    Al contrario dellindipendenza di Robinson, nella societ feudale del medioevoeuropeo a tutti i livelli, dalla produzione materiale alle varie sfere di vita chepoggiano su di essa, appare immediatamente la dipendenza personale tra servidella gleba e padroni, vassalli e signori feudali, laici e preti, ecc. Di conseguenza, ilavori dei produttori e i loro prodotti non hanno la forma fantasmagorica che

    assumono nella societ dove domina lo scambio delle merci, cio essi nonappaiono in maniera differente da quello che sono, vale a dire come rapporti dicose fra persone e rapporti sociali tra cose, ma immediatamente si vede ilcarattere sociale di queste relazioni, ad esempio, nei servizi in natura. La formanaturale del lavoro, la sua particolarit, qui la sua forma sociale immediata, enon la sua generalit, come avviene sulla base della produzione di merci89, ossialavoro umano generale astratto, quantitativamente misurabile in tempo, di cui isingoli lavori privati sono organi. Anche nella societ feudale il lavoro si misuracol tempo, ad esempio nella corve, per qui ognuno sa immediatamente chequello che d alla persona da cui dipende una determinata quantit di forza-lavoro personale e non una quantit di generica forza-lavoro umana astratta.

    Ancora, nellindustria domestica patriarcale di una famiglia contadina sitrovano, al pari che nella societ borghese, la divisione del lavoro qui comearticolazione del lavoro della famiglia - e la misura temporale del dispendio diforza-lavoro individuale. Per le cose prodotte, come grano, filati, tela, bestiameallevato, vestiti ecc., non sono merci, ossia non sono cose che appaiono inrapporto reciproco luna con laltra, giacch, a loro volta, i differenti lavori che leproducono non sono lavori privati eseguiti isolatamente, che nello scambioentrano in rapporto attraverso una loro equiparazione come quantitdeterminate di lavoro astrattamente generale, rovesciato in propriet e relazionisociali di cose. Qui, viceversa, questi lavori, divisi spontaneamente enaturalmente, si presentano immediatamente come articolazioni del lavoro della

    famiglia, regolate, distribuite e misurate in quantit di tempo richiesto a ciascunosecondo let, il sesso, e dipendente dalle condizioni stagionali ecc. Inoltre,essendo le forze-lavoro individuali immediatamente articolazioni del lavoro dellafamiglia, il carattere sociale della misura del tempo di lavoro si presentaaltrettanto immediatamente, e non mediatamente come carattere naturale dellecose e come una relazione tra cose.

    Infine, in una societ di liberi produttori associati, che lavorano con mezzi diproduzione comuni sotto il loro controllo e consapevolmente spendono le loroforze-lavoro individuali immediatamente come una sola forza-lavoro sociale, siripetono tutte le determinazioni del lavoro di Robinson, per socialmente invece

    89Ivi, p. 109.

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    che individualmente90. Quindi, se i prodotti di Robinson sono creati con un lavoroindividuale articolato in differenti lavori secondo la loro conformit allo scopo, esono da lui consumati immediatamente, in una societ di liberi produttoriassociati i prodotti del lavoro eseguito da ciascun individuo sono immediatamenteprodotti sociali, di cui una parte serve come mezzo di produzione che rimane

    propriet sociale e unaltra parte viene consumata dai membri dellassociazione.La forma della distribuzione di questi prodotti sociali - dato che i bisogni degliindividui singoli sono differenti - varia col variare del genere particolare dellostesso organismo sociale di produzione e del corrispondente livello storico disviluppo dei produttori91. Se in questa forma di societ la partecipazione di ogniproduttore ai mezzi di sussistenza determinata dal tempo di lavoro,questultimo gioca un duplice ruolo: distribuito secondo un piano che regola ilrapporto tra funzioni lavorative sociali e bisogni sociali; funge come criterio dellapartecipazione del produttore al prodotto comune, quindi misura la quantitesatta dei mezzi di sussistenza che il produttore pu ricevere in cambio del suolavoro. In tal modo, il rapporto dei produttori tra loro, con i loro lavori e i loro

    prodotti trasparente e non passa per la fantasmagoria di relazioni sociali tracose. Questa forma di distribuzione, misurata sul tempo di lavoro che ciascuno dalla societ, qui descritta solo per mantenere il parallelo con la produzionedelle merci92, giacch una societ di liberi produttori associati che dominano econtrollano le loro condizioni di produzione, prodotto di un lungo e tormentatoprocesso. Infatti la sua prima fase di sviluppo, come osserva Marx nella Critica al

    programma di Gotha, non potendo realizzarsi su basi proprie, ist noch behaftet mitdenMuttermalen der alten Gesellschaft, aus deren Schoss sie herkommt93. Perci in unaprima fase vi domina ancora il principio dello scambio di valori uguali: bench, adifferenza della societ dove domina lo scambio di merci, ciascuno non d nienteal di fuori del proprio lavoro e nessuno pu appropriarsi privatamente di niente

    altro se non dei mezzi di consumo individuali, ognuno riceve tanti mezzi disussistenza quanto tempo di lavoro ha dato, detratti i mezzi di riproduzione dellasociet. Invece, in una fase dove il livello di sviluppo dei produttori tale che illavoro diventato il primo bisogno della vita e, di conseguenza, la ricchezza si accumulata a livelli elevatissimi, non pi necessario misurare la distribuzionedei mezzi di consumo in base alla quantit di tempo di lavoro, come avviene nelloscambio di merci.

    90Ivi, p. 110.91Ibidem.92Ibidem.93 E ancora affetta dalle voglie materne della vecchia societ, dal cui grembo essa

    proviene (K.MARX,F.ENGELS, Werke, Bd. 19, Berlin 1972, p. 20).

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    5. La religione come riflesso del mondo reale e, in particolare, del feticismo dellamerce

    Nel discorso marxiano sul feticismo della merce abbiamo seguito finora il

    rapporto tra religione e formazione economica della societ nella forma diunanalogia. Ma tale rapporto non solo analogico, bens soprattutto didipendenza della rappresentazione religiosa dalla rispettiva forma di produzionedeterminata che si ha nel corso dello sviluppo storico. Per mettere a fuocoquestaltro aspetto del problema dobbiamo andare, dalle pagine del Capitale, allepagine dellIntroduzione aPer la critica della filosofia del diritto di Hegel, apparsa nel1844 sugli Annali-franco-tedeschi.

    Qui Marx parte proprio dal risultato della critica feuerbachiana, che egli cosesprime: luomo fa la religionee non la religione luomo94, e ritiene che la criticadella religione il presupposto di ogni critica95. La religione un errore, inquanto in essa luomo prende coscienza di s oggettivando il proprio essere

    attraverso unessenza immaginaria separata da lui e mediante la quale si illude diritrovare se stesso. Ma a questo punto Marx inizia un percorso che si distacca daquello di Feuerbach. Infatti, appena lerrore viene smascherato come una celesteoratio pro aris et focis96, ossia come lapparenza fantastica di un mondo al di lcreato dalluomo stesso per suoi interessi mondani (questo ancora in comunecon Feuerbach), viene subito messo in questione lerrore nella sua vera esistenza,che profana. Infatti luomo, una volta che nella realt fantastica del cielo, dovecercava un superuomo, ha trovato solo il riflesso(Widerschein) di se stesso, non sarpi disposto a trovare solo lapparenza (Schein) di se stesso, solo il non-uomo, ldove cerca e deve cercare la sua vera realt97. Se nella religione luomo cercavaun superuomo e invece vi ha trovato solo il riflesso della sua immagine, quindi ha

    capito che lessenza della religione luomo, tuttavia nella realt profana luomosenza religione, semplicemente ateo e materialista, non significaautomaticamente la vera realt delluomo, perch sotto la religione, al posto delriflesso delluomo, del Widerschein di lui stesso, c ancor sempre lapparenzadelluomo, il suo Schein, quindi ancora non c la sua vera realt, c ancora unnon-uomo. Perci la critica della religione, conseguentemente condotta, porta,dalla critica al riflesso fantastico del superuomo, alla critica dellimmagine falsa

    94K. Marx, La questione ebraica e altri scritti giovanili,tr. it. R. Panzieri, Roma 1971, p. 91.95Ibidem.96Ibidem.97Ibidem. Ho modificato leggermente la traduzione. Cfr. K. MARXF.ENGELS, Werke, Bd. 1, Berlin

    1970, p. 378.

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    che resta delluomo una volta tolto semplicemente il riflesso, dunque a una criticadel non-uomo che sta sotto il superuomo. E allora, se vero che la religione, comeripete Marx con Feuerbach, la coscienza di s e il sentimento di s delluomoche non ha ancora conquistato o ha gi di nuovo perduto se stesso98, ecco perche

    luomo non un essere astratto, posto fuori del mondo. Luomo il mondodelluomo, Stato, societ. Questo Stato, questa societ producono la religione, unacoscienza capovolta del mondo, poich essi sono un mondo capovolto. La religione [] la realizzazione fantasticadellessenza umana, poich lessenza umananon possiedeuna realt vera []. La miseria religiosa insieme lespressionedella miseria reale elaprotestacontro la miseria reale99.

    Dunque anche in Marx, come in Feuerbach, la radice della religione luomo e lareligione nasce da uno stato di necessit, da una miseria reale che integranecessariamente questa insopportabile mancanza in un mondo illusorio posto

    fuori delluomo. Per, il problema che Marx pone che cosa si intende peruomo e di che natura sono la miseria umana reale e la protesta contro di essa inun mondo illusorio, di cui espressione la religione. Ebbene, luomo linsiemedelle sue relazioni mondane, vale a dire la societ e lo Stato, che sono realtcapovolte e perci producono la religione, la quale come coscienza di questarealt capovolta non pu che essere una coscienza capovolta. Coerentemente conil carattere capovolto di questa coscienza che luomo ha di un mondo che gi diper s capovolto - costituito dal sistema egoistico dei bisogni della societ civilemoderna e dallo Stato che la esprime in sintesi -, la religione la protesta controla miseria reale attraverso un mondo liberato da questa miseria, ma immaginario.Di conseguenza,

    eliminare la religione in quanto illusoriafelicit del popolo vuol dire esigerne lafelicit reale. Lesigenza di abbandonare le illusioni sulla sua condizione lesigenzadi abbandonare una condizione che ha bisogno di illusioni. La critica della religione,dunque, , ingerme, la critica della valle di lacrime, di cui la religione laureola100.

    Si pu raffigurare il mondo delluomo, vale a dire la miseria umana presente,come una catena rivestita di fiori immaginari. Se la critica della religione sifermasse allaureola della valle di lacrime, essa strapperebbe solo i fiori

    98K.MARX, La questione ebraica e altri scritti giovanili, cit., p. 91.99Ivi, pp. 91-92.100Ivi, p. 92.

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    immaginari dalla catena che resterebbe sulle spalle delluomo. Perci la criticadella religione ha senso solo in quanto contiene il germe di unoperazione di bendiversa portata, ossia fare in modo che luomo strappi da se stesso la catena realeche porta sulle spalle e colga i fiori vivi101. Quindi essa deve disilludere luomo,che dalla religione si aspetta una felicit, una via duscita dalla valle di lacrime in

    un illusorio al di l, affinch egli pensi e agisca muovendosi intorno a se stesso enon facendo muovere oggetti immaginari intorno a lui. Infatti, la religione soltanto il sole illusorio che si muove intorno alluomo, fino a che questi non simuove intorno a se stesso102. Ricordiamo limmagine analoga di Feuerbach, per ilquale il sole del pianeta uomo lessenza stessa delluomo resa oggettiva, ma nellareligione questa oggettivit diventa illusoria, ragion per cui il soggetto uomodiventa loggetto intorno a cui si muove la sua essenza oggettivata e trasferita inun soggetto immaginario. Ma poich la critica della religione solo il germe dellacritica alla valle di lacrime di cui essa laureola, ecco che [] compito della storia, una volta scomparso lal di l della verit, quello diristabilire la verit dellal di qua. E innanzi tutto compito della filosofia, la quale sta al

    servizio della storia, una volta smascherata la figura sacradellautoestraneazioneumana, quello di smascherare lautoestraneazione nelle sue figure profane. La criticadel cielo si trasforma cos nella critica della terra, la critica della religione nella criticadel diritto, la critica della teologia nella critica della politica103.

    Questa critica, completamente storica e mondana, che, quindi, anche larestaurazione della verit dellal di qua, era allordine del giorno in Francia, e inInghilterra, ossia nei paesi pi moderni, politicamente emancipati, dove la societstava gi per superare questo pur avanzato gradino della libert semplicementepolitica nella quale, tuttavia, luomo trova ancora la sua immagine capovolta,nonostante abbia abolito il suo riflesso consistente in un chimerico oltremondo

    religioso. Luomo si emancipa solo conquistando la libert sociale, vale a direriconoscendo e organizzando le sue forces propres come forze sociali104, ossianon separate da s nella figura della forzapolitica105, secondo lesatta descrizionefatta da Rousseau dellastrazione delluomo politico106. Ma in Germania la libertpolitica non cera ancora ne