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Titolo originale: La vita di uno Yogi dell’HimalayaAutore: Swami ShuddhanandaGrafica: Gei srlCopyright © 2005 Editore: Laris editrice

Prima edizione: 2005 – Laris editrice - [email protected] edizione: 2014 - Gei srl - [email protected] 9788888718330Edizione: 2005-2014

Gei srl © Tutti i diritti riservati.È vietata qualsiasi riproduzione, anche parziale di quest’opera, poiché tale atto costituisce una contraffazione ai sensi della Legge del 22 Aprile 1941 n. 633 e successive modifiche per la tutela dei diritti d’autore.

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Swami Shuddhananda

LA VITA DI UNO

YOGI DELL’HIMALAYA

BABA LOKENATH

I libri della buona energia

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.......................................................................................................................................................................................................LA VITA DI UNO YOGI DELL’HIMALAYA BABA LOKENATH

SOMMARIO

L’autore ...................................................................................... VIIPrefazione .................................................................................. IX

Un invito a ricevere la grazia - Satguru Baba Lokenath - Lavisione di Baba Lokenath concessa all’autore - Una nota spe-ciale sulle meditazioni.

Il mio incontro con Lokenath di Giorgio Cerquetti .................. XVII

CAPITOLO 1 - BABA LOKENATH: LA DIVINITÀ TOTALEIN FORMA UMANA ................................................................ p. 19La promessa - Chi è Baba Lokenath?- La vita, la pratica e ilsuccesso di Baba - La storia della Kumbha Mela.

CAPITOLO 2 - UNA VITA DEDICATA AL DIVINO ...................... p. 27Breve storia di Kalighat e Calcutta.ESERCIZIO DI MEDITAZIONE ..................................................... p. 35

CAPITOLO 3 - UNA RIGOROSA DISCIPLINA NELLO YOGA ...... p. 37Digiuno - Il ruolo del Satguru - Baba sperimenta la sua vitaprecedente.

CAPITOLO 4 - UNA LEZIONE SU MAYA ...................................... p. 49

ESERCIZIO DI MEDITAZIONE ..................................................... p. 56

CAPITOLO 5 - LA REALIZZAZIONE DEL SÉ E LA DEVOZIONE AL GURU .............................................................................. p. 57Austerità sull’Himalaya - Realizzazione del Sé - Discepolo eguru: lo specchio dell’amore.

ESERCIZIO DI MEDITAZIONE ..................................................... p. 64

CAPITOLO 6 - UN PONTE CHE UNIFICA LE RELIGIONI .......... p. 65L’esperienza dell’autore a Baradi.

ESERCIZIO DI MEDITAZIONE ..................................................... p. 70

. IV .

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CAPITOLO 7 - BABA ESPLORA LA TERRA ................................. p. 71

ESERCIZIO DI MEDITAZIONE ..................................................... p. 76

CAPITOLO 8 - BABA ARRIVA A BARADI .................................... p. 77

ESERCIZIO DI MEDITAZIONE ..................................................... p. 84

CAPITOLO 9 - IL POTERE DEL PERDONO ................................ p. 85

ESERCIZIO DI MEDITAZIONE ..................................................... p. 92

CAPITOLO 10 - VIJAY KRISHNA VEDE LA FORMA COSMICADI BABA ................................................................................ p. 93Il primo incontro di Goswamiji con Baba - Kuladananda e ilsuo diario - Rinuncia, piacere e autodisciplina.

ESERCIZIO DI MEDITAZIONE ..................................................... p.100

CAPITOLO 11 - LE VIE MISTERIOSE DEL SATGURU.................. p.101Rajani Brahmachari - La questione della castità in un matrimo-nio spirituale - La cura di Baba per le abitudini e le dipendenze.

ESERCIZIO DI MEDITAZIONE ..................................................... p.114

CAPITOLO 12 - I DISCEPOLI PIÙ INTIMI .................................. p.115Gwalini Ma - Brahmananda Bharati - Chandra KishoreChakravarti - Abhaya Charan Chakravarti - HaricharanChakravarti - Surathnath Brahmachari - Krishna Chandra Roy- Jamini Kumar Mukhopadhaya - Ramkumar Chakravarti -Mathuramohan Chakravarti - Janakinath Brahmachari.

ESERCIZIO DI MEDITAZIONE ..................................................... p.138

CAPITOLO 13 - LA COMPASSIONE DI BABA PER TUTTELE CREATURE ....................................................................... p.139Astasiddhi - gli otto poteri divini - Un regalo deve essereincondizionato - La tenerezza di Baba con gli animali.

ESERCIZIO DI MEDITAZIONE ..................................................... p.147

.......................................................................................................................................................................................................SOMMARIO

. V .

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.......................................................................................................................................................................................................LA VITA DI UNO YOGI DELL’HIMALAYA BABA LOKENATH

CAPITOLO 14 - IL GIOCO DIVINO .............................................. p.149L’ospite indesiderato - Se si sottomettono, i colpevoli sono per-donati - Il latte del paradiso per il bambino divino - Le donnesterili concepiscono - Onorare le proprie promesse fatte a Dio- L’amore materno e onnisciente di Baba - Baba richiamaGoswamiji dalla morte - Baba mantiene la promessa.

CAPITOLO 15 - L’ONNIPOTENZA E ONNISCIENZA DI BABA .... p.167Controllo del potere celeste - Baba come testimone oculare -Il segreto dell’unica fotografia di Baba - La natura obbedisce aBaba! - Baba si manifesta a una donna americana - Baba dimo-stra Laghima!

ESERCIZIO DI MEDITAZIONE ..................................................... p.175

CAPITOLO 16 - L’INSEGNANTE UNIVERSALE............................ p. 177

ESERCIZIO DI MEDITAZIONE ..................................................... p.187

CAPITOLO 17 - IL VANGELO ...................................................... p. 189

CAPITOLO 18 - L’ADDIO: “IO SONO CON VOI” ......................... p. 205

ESERCIZIO DI MEDITAZIONE ..................................................... p.215

IL LAVORO DI BABA OGGI ....................................................... p.217Dichiarazione personale dell’autore.

LOKENATH DIVINE LIFE MISSION .......................................... p.219Un quadro generale alle sue attività - Come potete aiutare.

GLOSSARIO ............................................................................... p.227

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L’AUTORE

Swami Shuddhananda Brahmachari è nato nel 1949 ed è stato pro-fessore di Economia e Commercio alla Hyderabad University,nell’Andhra Pradesh. È un maestro spirituale di fama mondiale, cono-sciuto come “l’equivalente maschile di Madre Teresa” grazie al suo servi-zio nei villaggi più poveri dell’India.

Swami Shuddhananda ha rinunciato al mondo all’età di 26 anni perdedicare la propria vita al Divino.

Ha tenuto un discorso al Parlamento Mondiale delle Religioni aChicago nel 1993, ed è stato l’oratore principale alla Conferenza Globaleper la Gioventù a Washington, D.C., nello stesso anno.

La caratteristica più notevole di Swami Shuddhananda, però, è lo splen-dore dolce e umile della sua gentilezza e della sua gioia. Tutti coloro che loincontrano rimangono profondamente colpiti dalla letizia naturale, dallaperfetta spontaneità e dalla profonda umiltà del suo cuore semplice e puro.

Swamiji dedica il suo lavoro al suo maestro, il grande yogi himalaya-no Baba Lokenath. Come fondatore della Lokenath Divine Life Mission,Swamiji serve Dio dedicandosi al servizio del divino vivente in tutti ifigli di Dio. La Missione è dedicata ad assistere tutti gli esseri sofferenti.

Swamiji Shuddhananda ha utilizzato in modo completo la propriaesperienza in campo finanziario con efficaci programmi mirati a sradica-re la povertà e le malattie nelle comunità più povere del Bengala occi-dentale. “La povertà non può essere risolta distribuendo cibo e abiti aipoveri”, dice. “Deve piuttosto essere risolta con l’istruzione - ma nonsemplicemente con il lavoro di alfabetizzazione. Dobbiamo educare tuttiin campo ambientale, sociale, culturale e spirituale, in modo che possa-no diventare veri esseri umani capaci di vivere in questo mondo con unsenso di dignità e amore per tutti.”

Il suo è un messaggio semplice di amore e umiltà: “Io non pratico maicose molto difficili. Dio è semplice e dovremmo avvicinarLo con una viache sia semplice, una via di sottomissione umile e semplice”.

Swamiji ha veramente realizzato l’amore per Dio. Tutti coloro che loincontrano capiscono immediatamente di trovarsi in presenza di unapersona santa.

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. VII .

L’AUTORE

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PREFAZIONE

Un invito a ricevere la grazia

La vita quotidiana ci presenta innumerevoli strati di degradazione einstabilità sociale. Man mano che le crisi si moltiplicano e si intreccia-no geometricamente tutto attorno a noi, la nostra fiducia nel bene siindebolisce. Diminuisce il nostro senso della capacità, la capacità umanadi esaminare e risolvere i problemi e creare un mondo che sia minima-mente vivibile. Sfiniti come siamo da problemi persistenti e devastanti(personali e sociali), è umanamente giustificabile per noi cominciare amettere in discussione la validità della vita stessa e probabilmente anchedel divino. Come Gesù sulla croce, gridiamo “Dove sei? Perché mi haiabbandonato?”. Per noi come per le tribù di Israele che vagavano neldeserto, è facile avere l’impressione che siamo stati abbandonati da Dio,proprio mentre ci troviamo ad affrontare incombenti e crescenti perico-li in un mondo in disgregazione.

I pericoli che ci minacciano sono ovunque. Sono di carattere fisico,economico, emotivo, personale, ambientale e spirituale. Li troviamonella famiglia, nella comunità, nel governo, nelle nazioni. Si ramificanocoprendo il mondo intero e, poiché noi siamo fatti del macrocosmo delTutto e riflettiamo la sua natura, e il Tutto è formato dal microcosmo innoi e riflette la sua natura, le crisi che ci circondano da ogni parte nonsono soltanto esteriori. Noi le rispecchiamo interiormente, ad ogni respi-ro, a meno che non siamo maestri spirituali.

Non siamo però mai soli, per quanto difficili siano le circostanze incui ci troviamo. Il divino sgorga costantemente verso di noi, ci circon-da e ci sostiene, ci ispira e si rivela a noi nel mondo naturale. Inoltre,viene a noi in forma umana nella vita e negli insegnamenti dei grandisanti. “Poiché Dio ama talmente il mondo,” invia un flusso costante disanti e maestri a illuminare la via attraverso le particolari tenebre di cia-scun periodo. Questi santi e maestri agiscono come fari che spandonopura luce, focalizzandola nuovamente con un’intensità da laser che servea correggere gli errori della nostra epoca.

Dio invita alla grazia tutti noi, attraverso tutti i santi.

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.......................................................................................................................................................................................................LA VITA DI UNO YOGI DELL’HIMALAYA BABA LOKENATH

Si tratta degli esseri umani che prima di noi si sono accostati al pozzodell’acqua vivente. Sono penetrati nel cuore della Divinità, cuore emente, corpo e anima, un giorno dopo l’altro, nella buona e nella catti-va sorte, come noi possiamo soltanto aspirare a poter fare. Hanno offer-to ogni particella della propria vita, interiore ed esteriore, al divino,scomparendo in esso. Nel loro infinito amore per Dio, si sforzano soltan-to di servire la luce, di svolgere il lavoro della grazia. Noi li chiamiamo“Maestri” perché sono diventati padroni della loro umanità, mentre noirimaniamo in balia della nostra. Sono maestri anche perché possonoinsegnare la pura devozione e il servizio.

Come gli angeli, i santi lavorano per tutta l’eternità per portare ilresto degli esseri umani a realizzare pienamente la divinità. Con la lorovita ci offrono un modello per trasformare la nostra, i loro insegnamen-ti gettano luce nelle zone tenebrose della nostra vita e i loro spiriti libe-rati vivono oltre la tomba, come vaste e pure condutture di grazia chefanno scorrere verso l’umanità.

Ci amano con la tenera intimità con cui si amano fratelli e sorelle oi propri figli umani. Questo è il motivo per cui, in India, i santi vengo-no spesso chiamati “Baba” o “Ma” - appellativi familiari che significano“padre” e “madre” e che denotano la qualità intensamente personaledella loro relazione con i devoti. Comunque, nemmeno i più grandi mae-stri possiedono il potere di conferirci la grazia se noi non ci apriamo a ricever-la. Noi dobbiamo fare la nostra parte come esseri umani avvicinandoci diret-tamente alla corrente d’acqua per bere. Bevendo spesso, profondamente e alungo alla loro presenza attiva nella nostra vita, noi entriamo nel fiume sem-pre in espansione della grazia.

“Se sapeste quanto siete amati, morireste per la gioia”, dice il mistico.I santi sono strumenti primari dell’amore di Dio per noi. Il nostro com-pito è quello di aprirci - di aprire il nostro cuore e la nostra mente - allaloro realtà. È indispensabile strappare il velo dell’illusione che ci fa cre-dere che siano distanti: sono veramente sempre con noi e ci chiamanoad una più profonda intimità.

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Satguru Baba Lokenath

Il nostro mondo di oggi è attivamente benedetto da uno dei più gran-di santi dell’Himalaya, un uomo di Dio, Baba Lokenath Brahmachari.Baba è vissuto dal 1730 al 1890 - un periodo di 160 anni, che pur essen-do difficile da credere per una mente occidentale, è piuttosto comune trai grandi yogi.

Le pagine seguenti non contengono soltanto le promesse e gli inse-gnamenti di Baba, gli aneddoti della sua vita e le spiegazioni della suaimportanza per voi. Lo spirito di Baba vive in queste pagine: approfitta-te di questo dono. Concedetevi il tempo di aprire consapevolmente ilvostro cuore a Baba come a una presenza vivente. Quando sentite unadolce presenza di luce, emozioni profonde o elevate, appoggiate per unistante il libro sul vostro cuore. Discendete a un livello più profondo,tuffatevi nei vortici invisibili della vostra anima e bagnatevi nella graziadel momento che vi è stato dato. Sintonizzatevi su ogni corrente sottiledi luce e colore, sulle sensazioni, le immagini e le impressioni che evo-cano. Coltivate la consapevolezza della presenza di Baba anche durantetutta la giornata, mentre svolgete il vostro programma quotidiano eadempite alle vostre responsabilità.

In India abbiamo una definizione, Satguru, che significa il ‘vero mae-stro’ che ha realizzato il Sé, una persona che ha trasceso le dualità dellamente. Il Satguru è l’essere più puro, l’essenza stessa della divinità, il piùdolce in assoluto, l’incarnazione fisica della grazia.

Il fatto che una ‘incarnazione della grazia’ cammini in mezzo a noi -e rimanga disponibile per noi ad ogni istante, persino dopo la morte delcorpo - è un concetto su cui meditare nel nostro cuore, ripetutamente,un giorno dopo l’altro, una notte dopo l’altra, perché pur essendo al dilà della nostra comprensione, ci invita ad avvicinarci, sempre di più, perentrare in comunione.

Il Satguru viene come grazia allo stato puro. Toccando la vita del devo-to, ci fa segno di avvicinarci a lui o a lei, come presenza nella quale entra-re e immergerci. Chiama l’anima ad entrare nella sua vera vita, la vitadella grazia. L’unico scopo del Satguru è quello di offrire tale dono al devo-to - anche a un solo devoto. Il Satguru viene a noi come il corpo delicatodella Grazia, influenzando la mente del devoto con una sottigliezza che èinesprimibile dalle facoltà umane: è una grazia che può soltanto essere

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PREFAZIONE

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.......................................................................................................................................................................................................LA VITA DI UNO YOGI DELL’HIMALAYA BABA LOKENATH

sperimentata, un’esperienza sempre trasformatrice. Il potere divinodell’Onnipotente si manifesta attraverso i Satguru, gli Illuminati, gliAvatara, i Santi e i Saggi, per la redenzione delle anime, molto sempli-cemente. Ci porta da una vita inconsapevole fino al regno felicedell’Uno, nella Coscienza Suprema e Trascendentale. I santi sono la per-sonificazione della Grazia e Baba Lokenath è un Satguru, un santo alquale persino gli illuminati si rivolgevano per chiedere istruzioni.

La vita di Baba, le sue promesse, i suoi insegnamenti e la portata dellagrazia che offre sono particolarmente importanti oggi per noi, che fac-ciamo fatica a risvegliare personalmente la consapevolezza della nostraunità con tutte le forme di vita e accrescere il potere di guarigione dis-ponibile nel nostro mondo devastato e sofferente.

Questo resoconto sulla vita e gli insegnamenti di Baba Lokenath è uninvito alla grazia e io vi propongo di aprirvi all’abbraccio della grazia diBaba, mentre leggete queste pagine. Permettetegli di entrare in ogni partedella vostra vita e trasformarla.

Ogni capitolo termina con un semplice esercizio di meditazione che iospero vi aiuterà a rendere reale e personale la vostra relazione con Baba.

La visione di Baba Lokenath concessa all’autore

Il 15 ottobre 1978 ebbi una visione divina di grazia personificata nellaforma di Shiva incarnato, Baba Lokenath. Era qualcosa di più di unsogno. Era una visione così viva da travolgermi con l’estasi inesprimibi-le della letizia divina. Prima di quella visione ero confuso e frustrato.Avevo rinunciato alla vita del mondo per entrare in un ashram (unacomunità spirituale sotto la direzione di un maestro spirituale esperto)come studente a tempo pieno, “Brahmachari”, ma la situazione dell’ash-ram non si era rivelata all’altezza delle mie aspettative e dei miei ideali.Desideravo una vita veramente spirituale, perciò mi sentivo in conflittoemotivamente e sempre più inquieto riguardo al mio futuro. In questasituazione critica apparve Baba Lokenath a illuminare la mia via e adarmi istruzioni per il futuro. È stata l’esperienza più straordinaria e tra-sformatrice della mia vita. Baba mi ha salvato. Il Shuddhananda che sirisvegliò nelle prime ore dell’alba del 15 ottobre non era più quello cheera andato a letto la sera del 14 ottobre, poiché aveva trascorso l’interanotte nella santa presenza del Baba.

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Durante questa visione, Baba Lokenath mi rivelò che desiderava cheio scrivessi questo libro sulla sua vita. Baba mi chiese: “Perché hai smes-so di scrivere?” Io risposi: “Baba, ho perso interesse. Non scrivo più”.

Baba mi esortò: “Non smettere. Scrivi”. Poi sollevò la sua manodestra sopra la testa e fece un movimento circolare, accompagnandolocon il suo ordine: “Diffondi il mio messaggio!”. Baba mi stava ispirandoa diffondere il suo messaggio in tutto il mondo.

Passarono tre anni e mezzo. Il 28 febbraio 1982 lasciai l’ashram diCalcutta alla ricerca di un luogo dove potessi dedicarmi a una vita divera rinuncia e profonda contemplazione per prepararmi al divino com-pito che mi attendeva. Offrivo regolarmente la mia silenziosa preghieraai piedi di loto di Baba perché mi portasse lontano dal trambusto e dalrumore della vita di città di Calcutta, verso un luogo di solitudine nelgrembo di Madre Natura.

Le silenziose direttive di Baba agivano nel mio cuore così, verso lametà del 1983, è nato Baba Lokenath Dham, la Celeste Dimora di BabaLokenath. Si trova a Bageshwar, ai piedi dell’Himalaya, nel distretto diAlmora in Uttar Pradesh, India, in cima a una collina che sovrasta unavallata pittoresca. In auto ci vogliono 5 o 6 ore da Delhi a Haldwani, e 4o 5 ore da Haldwani a Bageshwar. È diventato un sacro luogo di pellegri-naggio dove i ricercatori possono sperimentare direttamente l’amore e lagrazia di Baba Lokenath. Il piccolo tempio dedicato al maestroIlluminato è stato per me l’espressione tangibile della Grazia di Baba.

Pochi mesi dopo il mio arrivo alla dimora di Baba ho udito una voceche mi ordinava di osservare il silenzio e cominciare a scrivere un libroin inglese sulla vita e il messaggio di Baba.

Era il gennaio 1984 e, sebbene a Bageshwar l’inverno fosse estrema-mente rigido, non mi curavo del freddo perché il potere e l’amore di Babapermeavano talmente l’atmosfera che venivo gioiosamente trasportato inquel luogo di silenzio eterno dove potevo percepire profondamente l’ispi-razione di Baba. La mia vita era dedicata per sempre al servizio dei figlisofferenti di Dio e alla diffusione del messaggio di Baba in tutto il mondo.

Solo grazie alla sua misericordia, Baba ha scritto la sua biografia attra-verso di me. Io sono stato soltanto il suo umile strumento e qualsiasidifetto è dovuto al mio ego!

In ventotto giorni furono completati diciassette capitoli, ma l’ultimocapitolo sul mahasamadhi di Baba costituiva la maggiore difficoltà.

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Mi ero talmente identificato con i suoi devoti nel periodo appena pre-cedente il suo mahasamadhi, che il pensiero che avrebbe lasciato il suocorpo divino mi spezzava il cuore. Invece di scrivere, rivedevo la scenae il manoscritto si bagnava di lacrime.

Mi sforzai per un lungo mese e infine il compito impossibile fu ter-minato. Con lacrime di gioia presentai il manoscritto ai piedi di loto diBaba, pregando che la sua Divina Grazia si manifestasse spontaneamen-te nel cuore di tutti i suoi lettori, generando amore e devozione per ilmaestro di ogni misericordia, perché non riesco a immaginare nulla dipiù sublime dell’esperienza della sua misericordia e grazia.

Baba è l’esempio vivente dello Yoga, la scienza della vita suprema eperfetta, e l’Avara, l’incarnazione della Divinità Suprema in forma umana.

Dal momento in cui ricevetti l’ordine di Baba di diffondere il suomessaggio, le sue parole sono sempre state vive nel mio cuore. Tutto ciòche ho fatto da allora ha avuto una relazione diretta con la diffusione delsuo messaggio. Baba svolge il suo lavoro attraverso di me e io sono statoil fortunato testimone della fioritura del suo piano divino.

Non molto tempo dopo aver terminato di scrivere questa biografia,arrivò la chiamata dal mondo occidentale. Incontrai alcune personedegli Stati Uniti che stavano visitando l’India, la grazia del maestrotoccò il loro cuore e le porte dell’America si spalancarono. Il 2 agosto1990, nel centenario del Mahasamadhi di Baba, atterrammo nella bel-lissima città di San Francisco. Il 5 agosto tenni il mio primo discorso sulmessaggio del maestro. Nuovamente, Baba catturò il cuore di molti eben presto parecchi devoti espressero il desiderio di avere un libro sullavita di Baba. Fu allora decisa la pubblicazione di un’edizione americanadella sua biografia.

Una nota speciale sulle meditazioni

Baba è una manifestazione dell’Unico divino. Qualsiasi cosa egli riveli, larivela come qualità del divino stesso e della nostra relazione con esso. Benchéle meditazioni inserite al termine di questo libro invitino a visualizzare e pre-gare Baba, sentitevi sempre liberi di dirigere la vostra meditazione su Baba, oil vostro guru personale se ne avete uno, o sulla forma o sulla Divinità senzaforma che preferite.

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Ogni volta che vi sedete per leggere questo libro, fermatevi un atti-mo per invitare consapevolmente Baba Lokenath ad entrare nel vostrocuore come presenza vivente durante tutta la lettura. Chiedetegli di tra-sformare ogni cellula del vostro corpo in una matrice aperta e capace diassorbire, raccogliere e riverberare l’energia della vita divina che èdiventato. Chiedetegli di rivelare quella divinità come parte della vostrastessa vita. Percepite il suo cuore nel vostro cuore.

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IL MIO INCONTRO CON LOKENATHdi Giorgio Cerquetti

Tornando dall’Italia mi ero fermato due settimane a New York, doveho molti amici. Girando con Paul Sherbow per librerie New Age lessi suuna rivista, Hinduism Today, che in India era stato pubblicato un librosulla vita di Lokenath, un famoso yogi. C’era un indirizzo di San Fran-cisco a cui rivolgersi. Telefono per averne una copia, lascio un messag-gio nella segreteria telefonica. Il giorno dopo mi richiama Joan, non sioccupa più della distribuzione del libro, devo aver letto il suo indirizzoin un numero arretrato, dimenticato sugli scaffali della libreria. “Io me-dito sempre su Lokenath, e da parecchi giorni gli chiedevo di farmiincontrare una guida spirituale”, mi dice.

“Cara Joan, sono uno yogi, se hai bisogno di aiuto sono a tua dispo-sizione.” Spontaneo inizio uno psychic reading telefonico. Dopo ventiminuti mi saluta soddisfatta e promette di spedirmi il libro al più presto.Il giorno dopo ricevo una telefonata da Pancaldi del Gruppo Futura,verrà lui al posto di Reina, sarà il 3 gennaio a San Francisco per una fierasui computer, un’occasione ideale per incontrarci e fare un piano edito-riale. Le poste americane funzionano egregiamente: in due giorni ricevoil libro con una lettera.

“Caro Giorgio, anzi caro yogi italiano, la conversazione con te mi harisollevato, quello che mi hai detto al telefono è assolutamente esatto.Ho parlato di te a diversi amici, che ti vorrebbero conoscere. Non tener-ti tutta la conoscenza per te. Vieni a San Francisco, ti ospiteremo noi. SeLokenath ci ha fatto incontrare è un buon segno, succederà qualcosa distraordinario. Torno il primo gennaio, dal 2 in avanti sei il benvenuto.”

Grazie a Lokenath ho una casa a San Francisco. Lo Yoga network fun-ziona, dentro e fuori dall’India.

Giorgio Cerquetti

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. XVII .

IL MIO INCONTRO CON LOKENATH

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. Capitolo 1 .

BABA LOKENATH: LA DIVINITÀ TOTALEIN FORMA UMANA

La promessa

“Ogni volta che vi trovate in pericolo, in una guerra, in una foresta, in unoceano o in una giungla, RICORDATEVI DI ME. Io vi salverò.

Forse non mi conoscete. Forse non vi rendete conto di chi sono Io.Semplicemente pregatemi con un anelito del vostro cuore e io vi libererò dallamorsa della sofferenza e della tristezza.

Io mi rivelo volentieri a voi. Per questo potete raggiungermi, altrimenti visarebbe impossibile.

Nessun potere in cielo o in terra può danneggiare i devoti che prendonorifugio in me. Perché non esiste nessuno più potente di me che possa punirvi.

Io posso fare tutto ciò che voglio. È soltanto la vostra mancanza di fede, lavostra incredulità, che vi impedisce di vedere realizzati i vostri desideri.

Per coloro che con amore e devozione si rivolgono a me nelle difficoltà, ilmio cuore si intenerisce. Questa è la mia compassione. E insieme con la miacompassione, il mio potere scorre verso di loro, liberandoli dalle sofferenze edalla infelicità.

Io sono Eterno. Io sono Immortale. IO SONO.”

Chi è Baba Lokenath?

Queste straordinarie parole di rassicurazione verso l’umanità soffe-rente furono pronunciate da uno dei più grandi yogi mai esistiti,Brahmarishi Baba Lokenath Brahmachari, vissuto tra il 1730 e il 1890.Chi è Baba Lokenath, che ardisce fare una simile promessa? Una pro-messa simile a quella fatta da Sri Krishna quando parlava con Arjuna sulcampo di battaglia di Kurukshetra:

“Sottomettiti a Me soltanto. Io ti libererò da ogni reazione negativa.I Miei devoti non periscono mai.” (Bhagavad Gita 18/66)

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Ci ricorda anche le promesse di Gesù nel Nuovo Testamento:“Chiedete, e riceverete. Cercate e troverete. Bussate, e vi sarà aperto.”“Qualsiasi cosa chiederete in Mio nome, la riceverete.”(Matteo 7, versi 7-8)

Non c’è nulla di più potente della promessa di un essere illuminato.Gli illuminati non mentono. Mai. Non possono. E non fanno o prendo-no tali promesse alla leggera. Le promesse di Baba, però, superano dimolto quelle degli esseri più illuminati. Nell’ampiezza e nella profondi-tà della sua promessa a noi, egli rivela un livello di padronanza divinache è raro persino tra gli illuminati.

Benché a noi sia impossibile comprendere la grandezza della realizza-zione che ispira una promessa di tale entità, ci è utile avvicinare, concuore aperto e sincero, colui che promette. Baba Lokenath ci chiama asé, scavalcando lo spazio di un secolo, desiderando elevare ogni dimen-sione della nostra vita. Si tende verso di noi con un’intensità di amoree di compassione manifesta come la mano attiva e benefica della grazia,per guarire i nostri mali e le nostre mancanze personali, grandi o picco-le, per quanto possano apparire tenaci, per quanto possiamo sembrareprivi di speranza nelle circostanze difficili della vita.

E per quanto la promessa mantenuta possa migliorare le circostanzeinteriori ed esteriori della nostra vita, il suo beneficio vero e ultimo con-siste nel torrente di Vita Divina al quale la promessa ci avvicina.

La vita, la pratica e il successo di Baba

Baba Lokenath raggiunse uno stato di divinità che supera ogniumana comprensione. Mentre la maggior parte degli yogi si concentra suun particolare sentiero dello Yoga - Jnana (la via della conoscenza dis-criminante), Karma (la via dell’attività altruista), Bhakti (la via dellasottomissione o devozione al Divino) o Ashtanga (lo Yoga di Patanjali)- che li porti alla Realtà Suprema, Baba praticò diligentemente i diversiprincipi di tutti e quattro i sentieri. Sri Chaitanya Mahaprabhu,l’Incarnazione Divina della Bhakti, insegnò al mondo soltanto la viadella Bhakti. Jagatguru Sankaracharya insegnò soltanto la via del Jnana.Baba Lokenath è l’Incarnazione Divina di Jnana, Karma, Bhakti e

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Ashtanga Yoga. Avendo raggiunto la padronanza di tutte queste vie,Baba divenne l’Incarnazione della loro sintesi, l’essenza vivente e la per-fetta incarnazione della religione universale dell’amore, il SanatanaDharma, che viene insegnato nella Bhagavad Gita. Baba insegnò, dall’es-senza del suo essere sublime, che la Bhagavad Gita è più di una sacra scrit-tura: è una canzone eterna destinata ad essere cantata attraverso l’azio-ne della nostra vita. E come esempio vivente del proprio insegnamento,Baba divenne conosciuto come “Il Canto Vivente della Gita”.

La grandezza di Baba era ad ogni livello di essere e forma. Raggiunsela Divinità totale in forma umana, come illustra il suo nome, Lokenath(signore dei Loka, i mondi). Baba Lokenath realizzò la PerfezioneSuprema sul piano fisico, la divinizzazione della forma umana, che è latrasformazione finale e più difficile, attraverso un periodo di sadhanastraordinariamente lungo. Recitando la parte del perfetto discepolo, sisottomise umilmente e completamente ai piedi di loto del suo amatoguru attraverso ottanta anni di intense austerità sia nelle giungle dellepianure che nelle regioni innevate dell’Himalaya, e ricevette l’illumina-zione più elevata. Lokenath aveva allora novanta anni e il suo Gurudevera un vecchio di 150 anni.

Dopo aver raggiunto l’illuminazione, Lokenath scoprì ben presto diavere superato il suo guru. Benché Guru Bhagawan Ganguly avesse con-dotto Lokenath a quella posizione sublime, personalmente non avevaraggiunto la propria liberazione. Sorpreso, rattristato e pieno di compas-sione, Lokenath pianse per il suo maestro.

Guru Bhagawan, comprendendo il motivo delle lacrime di Lokenath,sorrise teneramente e rassicurò il suo discepolo dicendo che c’era sol-tanto da rallegrarsi. Guru Bhagawan sapeva che avrebbe ben prestolasciato il suo vecchio corpo per tornare velocemente a Lokenath nellasua incarnazione successiva. Chiese a Lokenath di guidarlo allora allasua illuminazione attraverso la via dello Yoga Integrale. Ascoltando ilpiano di Guru Bhagawan, Lokenath, pieno di gratitudine, promise disoddisfare il suo desiderio. Piangendo di gioia, Lokenath si prostrò aipiedi del suo maestro.

La relazione di Baba Lokenath con Guru Bhagawan è speciale nellasua tenerezza. È raro se non addirittura unico e senza precedenti, che undiscepolo accetti la responsabilità di guidare il proprio maestro alla rea-lizzazione della Realtà Suprema. Il rovesciamento dei ruoli di guru e

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discepolo, con il discepolo appena illuminato che si prosterna immedia-tamente ai piedi del guru non illuminato, e il guru che prega il propriodiscepolo di guidarlo all’illuminazione, è una rivelazione squisita e toc-cante di umiltà reciproca in due anime che si rispecchiano a vicenda.Serve a ricordarci del vero altruismo di ogni autentico successo spiritualee anche della bellezza infinita, delicata e imprevedibile del piano divino.

Investito del potere della divinità totale, Baba Lokenath proclamòarditamente l’amore infinito di un padre per i suoi figli delle generazio-ni future: “Per più di cento anni ho viaggiato per le montagne accumulandotesori spirituali in grande quantità. Voi potete rimanere a casa vostra e gode-re dei frutti delle mie austerità”.

Aveva raggiunto la vetta più alta che si possa toccare nella formaumana. Dalla trasformazione totale del suo corpo grossolano fino al suoessere più sottile, non lasciò alcuna strada inesplorata e fiorì nell’incar-nazione del Purna Avatar, Dio stesso.

Come personificazione vivente dello Yoga integrale, Baba manifestò ilsupremo potenziale umano, raggiungendo l’unità con il divino ad ognilivello. Mostrando la via della conoscenza discriminante, della devozionee del karma yoga, Baba dimostrò il movimento nel mondo dell’attivitàdinamica, con il cuore impegnato nel divino e con l’intelligenza alleatacon il campo della pura potenzialità cosmica e dell’intelligenza cosmica.

Baba insegnò: “La conoscenza del Sé è l’unica via per la liberazione. Ladevozione è l’essenza. I mantra e gli altri aspetti costituiscono il sostegno. Se cam-minate sulla via con devozione e amore, chi potrà ostacolare il vostro cammino?Voi siete tutti figli miei!”.

Baba sottolineava l’importanza della devozione e dell’amore per il pro-prio guru e per il Divino. La conoscenza del Sé, comunque, è altrettantoimportante. Baba diceva che è essenziale vigilare in modo critico sullapropria mente. Attraverso una continua verifica di sé, con la grazia delguru, si viene elevati all’intelligenza pura e innata, che è collegata allanatura sottile del disegno cosmico. La percezione intuitiva delle veritàsottili fiorisce con l’esame costante del sé, offerto con amore ai piedi delguru con la preghiera di purificazione.

Invece della rinuncia esteriore, che può diventare un’evasione, Babaci chiede l’azione compiuta nello spirito di servizio al divino. Chiunquecerchi la sua grazia viene guidato, spesso in modo imperscrutabile, versola trasformazione interiore, senza bisogno di trasformare drasticamentela propria normale vita familiare e sociale.

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La storia della Kumbha Mela

C’è una storia che spiega quanto sia raro, anche tra gli illuminati, tro-vare un insegnante della statura di Baba che viene a vivere nel mondo.

La Maha Kumbha Mela, uno dei più grandi festival induisti, si tieneuna volta ogni dodici anni. Milioni di induisti da tutto il mondo si radu-nano sulla riva del fiume sacro dove si tiene il festival, a rotazione. Inquell’anno doveva tenersi a Prayag, che è Allahabad, vicino a Varanasi.Era la Purna Kumbha, l’occasione più sacra e benefica per bagnarsi allasanta confluenza tra i fiumi Ganga e Yamuna. Non soltanto si trattavadella confluenza di fiumi sacri, ma Prayag divenne una confluenza sacragrazie alla presenza contemporanea di migliaia di sadhu e sannyasi esoprattutto dei grandi saggi e yogi dell’Himalaya che scendono nelle pia-nure durante la Kumbha Mela.

Un devoto di Baba Lokenath visitò questo sacro festival. Tenevaun’immagine di Baba in tasca e sentiva la presenza di Baba accanto a sé.Per la grazia di Baba, il devoto si sentiva sicuro che avrebbe avuto la for-tuna di vedere e incontrare i grandi santi viventi in quel tempo. Unavolta Baba gli aveva detto: “Figlio mio, non perdere mai l’occasione diincontrare i santi realizzati, perché le loro benedizioni e la loro presenza ti ispi-reranno una devozione e un amore più profondi per il divino e per il guru. IlSatsang, la compagnia dei santi che vivono la verità, è la più grande benedi-zione del Signore”.

Quell’anno la maggiore attrazione del festival era un saggiodell’Himalaya molto anziano che non soltanto possedeva incredibilipoteri mistici, ma anche grande amore e compassione per le anime sof-ferenti, un tratto che lo aveva reso molto famoso tra tutti i partecipantial festival. Il devoto di Baba Lokenath sentì un forte desiderio di ottene-re il suo darshan (incontro diretto e personale con un santo), ma c’era-no migliaia di persone che aspettavano di incontrarlo!

Come avrebbe potuto superare quella immensa folla? Qualcosa però lospinse a tentare. Guidato da un potere invisibile, si tese verso i piedi delsanto e si prostrò con tutto il suo amore e la sua devozione. Mentre siinchinava, l’immagine di Baba Lokenath gli cadde di tasca e lui la rac-colse in fretta - la cosa però non sfuggì al santo, che tese la mano pervedere il ritratto. Il devoto glielo consegnò. L’anziano saggio osservò l’im-magine con un senso di estasi, poi si rivolse affettuosamente al devoto e

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chiese: “Figlio mio! Dove hai trovato questa immagine?”. Il cuore deldevoto erano pieno di gioia: non aveva immaginato che il santo potesseinteressarsi al suo guru e chiedere di lui. Con voce rotta dalle lacrime econ un inesprimibile amore per il suo guru disse: “Oh! Santo Padre, que-sto ritratto è del mio guru che è vissuto in un piccolo villaggio chiamatoBaradi vicino a Dacca (Bangladesh) per ventisei anni”.

Pervaso dall’estasi divina, il santo disse stupefatto: “Una persona cheha tali occhi divini e una forma fisica così divina, non può discenderedall’Himalaya e vivere in mezzo alla società umana. Sei benedetto, la tua vitaè benedetta, perché hai potuto vedere un tale yogi con i tuoi occhi, sedere allasua presenza divina, parlare con lui e ascoltare le sue parole di nettare”. Cosìdicendo il santo, che teneva in mano il ritratto di Baba, entrò in samad-hi, uno stato di felice concentrazione interiore. Dopo qualche tempotornò al mondo materiale e restituì l’immagine al devoto dicendo: “Tuttele glorie al guru, tutte le glorie al guru”.

Uno dei grandi santi dell’India, Sri Sri Vijaya Krishna Goswami, arri-vò a Baradi dopo aver visitato viaggiando a piedi vari luoghi di pellegri-naggio dell’India e aver incontrato molti santi viventi. L’esperienza cheebbe a Baradi è un meraviglioso gioco divino di Baba.

Nell’ashram di Baradi, Baba era seduto nella sua capanna. C’eranoparecchi devoti attorno a lui. Vijaya Krishna Goswami si avvicinò perincontrare Baba. In piedi sulla soglia dell’eremitaggio, appena vide Babaentrò in uno stato di divina trance estatica. Vedendo la divinità di Babain quella condizione di ebbrezza sublime, disse agli altri: “Oh! Tutti gli deie le dee, io li vedo nel corpo di Baba Lokenath; i risplendenti esseri celesti sonotutti attorno a questa capanna intenti a glorificarlo. È divino”.

Quando si avvicinò per incontrare Baba, Vijay Krishna era come unbambino che ritrova la madre dopo una lunga assenza. Baba si alzò dalsuo seggio e con le braccia tese accolse Vijay affettuosamente. Vijay sifece avanti e si prosternò ai piedi di Baba. Baba risollevò Vijay e loabbracciò con amore materno e grande tenerezza. L’incontro era similea quello del Gange che incontra il mare, poiché l’individualità di Vijaysi fondeva nell’oceano di amore per rinascere in una vita di luce eterna.

Uno dei molti testimoni di questo incontro vide che una luce risplen-dente fluiva dagli occhi di Baba nel corpo di Vijay, che tremava tra lesue braccia come una foglia scossa dal vento. L’intera capanna risuona-va dell’espressione di estasi di Vijay.

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I devoti presenti si alzarono in piedi, testimoni stupefatti e ammuto-liti di un incontro straordinario di anime soprannaturali e del poteremiracoloso di Baba e della sua compassione infinita. Dopo un po’ Babalasciò il corpo di Vijay e i suoi devoti lo sostennero immediatamentefacendolo sedere di fronte al seggio di Baba.

Toccato dalla divina grazia trasformatrice di Baba Lokenath, Sri SriVijay Krishna Goswami raggiunse uno stato molto elevato di yoga e comeSatguru diede l’iniziazione nella via dello yoga a migliaia di ricercatori.

Durante tutta la sua vita Prabhupada Vijay Krishna Goswami predi-cò ai suoi discepoli la divinità e i poteri yogici di Baba. Dovunque anda-va, diceva grandi cose di Baba: “Non ho mai incontrato un santo comeBaba Lokenath. Nel corpo di Baba ho visto la manifestazione degli esseri divi-ni dei mondi celesti. Io ho visto in lui le tre differenti forme della divina MadreGayatri durante l’alba, il mezzogiorno e il crepuscolo”.

“Brahmachari Baba (Baba Lokenath) è completamente libero e indipen-dente. Se desidera, può lasciare il proprio corpo in questo stesso momento omantenerlo a suo piacimento per qualsiasi periodo di tempo.”

In sanscrito avangmansogocharah indica lo stato in cui le parole e lamente non riescono a giungere. Lo stato che raggiunse Baba Lokenathattraverso le sue difficili austerità va oltre le parole e la mente, ma que-sti due grandi yogi illuminati possono aiutarci perlomeno ad apprezzarela posizione divina raggiunta da Baba, il suo incommensurabile amore ecompassione per noi. Il nostro cercare di raggiungerlo è come lo sforzodi una formica che vuole toccare la luna. Eppure dobbiamo tentare, perquanto enorme sia la distanza, per quanto impossibile possa apparirel’impresa. L’essenza della filosofia induista è essere e diventare. Per cono-scere un santo bisogna diventare santi. Per vedere Dio bisogna diventa-re Dio. Per conoscere la verità bisogna diventare una cosa sola con laVerità. Questa è la differenza tra saggezza materiale e saggezza spirituale.Nel materialismo colui che conosce e l’oggetto della conoscenza riman-gono sempre separati, mentre nel regno dello spirito colui che conosce,l’oggetto della conoscenza e la conoscenza stessa si fondono tutti in unacosa sola. L’unità è il terreno stesso dell’essere spirituale.

Baba distribuì liberamente il frutto dei suoi lunghi anni di intenseausterità. La sua parola o il suo tocco cancellavano la sofferenza dellemoltitudini che venivano a lui. Come disse Bhagawan Ganguly parlan-do di Baba: Nella vita umana non si può raggiungere uno stato più elevato.

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Dalle altezze più sublimi del Nirvikalpa Samadhi (lo stato di fusioneassoluta con il divino), Baba discese sul piano terreno puramente e sem-plicemente per alleviare la sofferenza, per redimere le anime intrappola-te e piangenti nell’oscurità della loro separazione dal divino. Ci invitadunque a unirci a lui in questo lavoro, approfittando della pienezza dellagrazia che è venuto a concedere e aprendo il nostro cuore al servizio d’a-more di tutti coloro che soffrono. Oggi Baba non è più presente nel suocorpo fisico. È la Presenza Divina, la presenza che lavora silenziosamen-te nel cuore di tutti coloro che sono devoti a lui. Secondo le sue parole:

“Io ho in me ogni cosa. Ciò di cui avete bisogno nella vita, dovete soltantoprenderlo.

“Non pensate che con la morte di questo corpo tutto finirà. Io sarò sem-pre accessibile a voi proprio come lo ero nel mio corpo fisico. Soltanto questocorpo verrà ridotto in cenere, ma quell’Io che non è il corpo non perirà mai.Io sono quell’Uno immutabile ed eterno, che non è mai perduto o finito. Inqualsiasi tempo e in qualsiasi luogo se qualcuno avrà bisogno del mio aiuto,io sarò eternamente disponibile.”

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. Capitolo 2 .

UNA VITA DEDICATA AL DIVINO

Baba Lokenath nacque nel 1739 nel lontano villaggio di ChourasiChakla (a nord di Calcutta) nel Bengala occidentale. Suo padre, RamNarayan Ghosal, era un devoto bramino che passava molto tempo ameditare e studiare le scritture. Sua madre Kamala Devi era calma, tran-quilla, serena e pura.

In India i sannyasi (l’ordine dei monaci induisti) sono sempre stationorati da tutte le classi sociali, ma la maggior parte degli indiani di queltempo credeva che se un membro della famiglia rinunciava al mondo perdiventare sannyasi, l’intera famiglia sarebbe stata liberata dalla ruota delleincarnazioni. Ram Narayan, un fedele induista, aveva fede in questa cre-denza popolare e disse a sua moglie che voleva che il loro figlio primo-genito diventasse un sannyasi.

Kamala Devi accettò in silenzio il desiderio del marito, secondo latradizione induista di fedeltà delle mogli, ma quando nacque il primofiglio la nuova mamma non riuscì a mantenere la parola data anche secome moglie aveva promesso, e la logica convincente di Ram Narayannon sortì alcun effetto. Kamala Devi non fu capace di rinunciare al suoorgoglio e alla sua gioia, il suo primo figlio, per consegnarlo a una vitache prometteva tali austerità e incertezze. La fiducia di Ram Narayannella Volontà Divina rimase incrollabile anche quando Kamala Devirinunciò a lasciare andare i due figli che seguirono. Prendendo rifugionella sua fede e nel potere della preghiera, Ram Narayan continuò a pre-gare perché il suo desiderio fosse soddisfatto. Infine le sue preghiere furo-no ascoltate: era arrivato il momento di vedere realizzato il suo sogno.Nacque un quarto figlio.

Coloro che erano presenti alla nascita narrano di segni della graziadivina fin dall’inizio della vita di Baba. Una luce divina risplendevatutto attorno al neonato mentre riposava in grembo a Kamala Devi. Ilvolto della madre irradiava uno splendore divino e Ram Narayan, inpiedi sulla soglia della stanza del parto, era perso in estasi nel contem-plare il bambino. Affascinato dagli occhi magnetici di Baba, Ram

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UNA VITA DEDICATA AL DIVINO

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Narayan percepiva lo scopo sacro della nascita del bambino e KamalaDevi, con un sorriso raggiante e sublime, acconsentì a consegnare il neo-nato al Divino.

Proprio come Sri Krishna nacque in una prigione in cui i cancelli diferro si aprirono da soli e le guardie caddero in stato di incoscienza, conla nascita del quarto figlio di Kamala Devi si aprirono i cancelli dell’at-taccamento. Le catene di Maya (illusione) si sciolsero e la santa madrepoté sollevarsi al di sopra del proprio attaccamento al bambino e consa-crarlo alla redenzione del mondo.

La madre che non lega il figlio con le catene del proprio attaccamen-to, che può permettere al figlio di seguire la vera via del risveglio spiri-tuale, è una madre ideale. In questo senso, gli Illuminati sono tutti madri,perché anche loro amano i propri devoti come figli, ma il loro amore èlibero dall’attaccamento. Amano in un modo che favorisce la crescitafino al più sublime successo nella vita. Rinunciando al suo quarto bam-bino, Kamala Devi si sollevò allo stato di una vera madre spirituale.

Baba descrisse in questo modo gli anni della sua infanzia aBrahmananda Bharati, uno dei suoi discepoli: “Quando ero bambino imiei parenti più anziani mi parlavano dei principi più elevati dei Veda edella conoscenza spirituale, in modo che io sviluppassi un senso dirinuncia e di amore per Dio. Io ascoltavo pazientemente i loro discorsipieni di conoscenza e passavo il resto del tempo a giocare con i bambi-ni della mia età. Così ho trascorso l’infanzia”. Questa affermazione indi-ca che i genitori di Baba non mandarono a scuola il piccolo Lokenathper ricevere un’istruzione formale e materiale, ma nonostante ciò ilbambino sarebbe diventato un giorno una incarnazione di saggezza.

Quando Baba era ragazzo, nel villaggio vicino viveva uno studiosodei Veda chiamato Sri Bhagawan Ganguly, un accademico di grandefama, che era considerato un sannyasi nonostante vivesse in famiglia.Ganguly aveva sessanta anni e non era secondo a nessuno nella cono-scenza delle sacre scritture. Nell’India intera, a tutte le conferenze e idibattiti sugli insegnamenti delle scritture, il giudizio di BhagawanGanguly era considerato supremo e definitivo, tanto era profonda la suaconoscenza delle scritture.

Ram Narayan avvicinò Bhagawan Ganguly e gli chiese di diventare ilguru Acharya, il guru che si prende la responsabilità di iniziare il ragazzo

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adolescente con il Mahamantra Gayatri al momento della cerimonia delfilo sacro e di condurlo verso la realizzazione finale del Sé.

Quando Ganguly seppe che Ram Narayan aveva desiderato un figliospirituale e che sua moglie non aveva voluto acconsentire a lasciare i suoifigli liberi di seguire la via del sannyas fino alla nascita di Lokenath, per-cepì che un destino divino circondava Lokenath. Bhagawan Gangulyintuì l’immenso potenziale per cui Lokenath era venuto al mondo.Lokenath era nato per manifestare nuovamente la verità che Dio esistein forma di seme nell’anima umana e che con la pratica della disciplinaspirituale, la divinità trascendente fiorisce nella vita di un ricercatorestraordinario.

Bhagawan Ganguly accolse volentieri la speciale opportunità di tra-durre tutta la sua conoscenza teorica degli shastra in realtà pratica attra-verso il sa-dhana di Lokenath, allo stesso tempo dimostrando al mondola grandezza e la gloria del brahmacharia, la pratica della continenza edella concentrazione su Dio. Era convinto che Lokenath fosse il terrenoadatto per seminare la pianta dello yoga che combina Bhakti e Jnana, lavia della devozione e della sottomissione con la conoscenza della volon-tà del Divino.

Ram Narayan tornò a casa, pieno di gratitudine per la misericordiainfinita di Dio.

Bhagawan Ganguly acconsentì a celebrare la cerimonia del filo sacroquando Lokenath raggiunse gli undici anni di età. Venne scelto il gior-no più propizio per la celebrazione della cerimonia, perché era statodeciso che dopo la cerimonia il giovane Lokenath avrebbe iniziato il suoviaggio con il maestro.

Anche l’amico più intimo di Lokenath, Benimadhav, doveva osser-vare la cerimonia del filo sacro nello stesso giorno ed espresse la fermadeterminazione a partire insieme a Lokenath e Bhagawan Ganguly. Igenitori di Benimadhav però non volevano lasciarlo andare e fecero ditutto per dissuaderlo. Cercarono di spiegare al ragazzo la serietà di unasimile decisione - non si trattava più di giochi di ragazzi, ma di un futu-ro spaventoso, la vita di un sannyasi che vive nella totale incertezza perquanto riguarda le necessità materiali.

Gli avvertimenti dei suoi genitori furono vani e Benimadhav, ferma-mente deciso, scelse un destino più grande in compagnia di Lokenathalla ricerca dell’Assoluto. La situazione venne presentata a Bhagawan

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Ganguly e, come il divino aveva deciso, lui acconsentì a compiere lacerimonia del filo sacro per Benimadhav nello stesso giorno.

La notizia dei due ragazzi che lasciavano la casa sotto la guida di unostudioso di tale fama, un uomo di famiglia che aveva allora raggiuntol’età di sessant’anni, si diffuse molto rapidamente. La folla si riunì nume-rosa a casa di Lokenath per assistere alla cerimonia. L’intero rituale fucompiuto da Bhagawan Ganguly strettamente secondo le regole dellescritture e l’occasione ricordò alla gente uno yajna celebrato negli anti-chi tempi vedici.

È importante notare che Lokenath non era un brahmachari nellalinea di Adiguru Shankaracharya, che comprende sannyasi e brahma-chari. Guru Bhagawan iniziò Lokenath e Benimadhav come NaisthicBrahmachari.

Poco dopo la cerimonia, Guru Bhagawan partì con i suoi due giovanidiscepoli per andare a vivere nella giungla. La loro odissea in cercadell’Atman interiore iniziò nella tradizione dei Rishi degli antichi tempivedici. Lokenath e Benimadhav camminavano felici accanto al loronuovo tutore e, dopo aver viaggiato per chilometri attraverso villaggi eforeste, arrivarono a Kalighat, un sacro luogo di pellegrinaggio aCalcutta, che è la sede di Shakti, la Madre Universale.

Breve storia di Kalighat e Calcutta

La storia di Kalighat e Calcutta, e del modo in cui la Divinità dellaMadre Kali cominciò ad essere adorata qui, è molto interessante.

La vicenda risale a oltre mille anni fa. In quel tempo c’erano fittegiungle sulle rive del Gange che scorreva verso il Golfo del Bengala, nonesistevano strade. Soltanto i monaci rinuncianti, che sono chiamatisadhu, camminavano attraverso queste giungle diretti alla confluenzadel Gange con il mare. Questo sacro luogo mitologico è un importanteluogo di pellegrinaggio in cui gli induisti vanno a bagnarsi. Fare il bagno,specialmente nel fiume Gange e nel fiume Narmada, è un rituale di puri-ficazione per tutti gli induisti, ma spesso anche gli occidentali rimango-no sconcertati dal potere purificatorio e rinnovatore del bagno nelGange, anche fossero soltanto i piedi. E la Narmada purifica semplice-mente con uno sguardo.

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I sadhu viaggiavano in gruppi numerosi per maggiore sicurezza, datoche la giungla era piena di animali pericolosi. Nonostante la protezionedel gruppo, comunque, molti sadhu perivano tra le fauci di tigri e coc-codrilli. In quel periodo, un piccolo gruppo di sadhu viaggiava attraver-so la giungla suonando strumenti musicali e cantando ad alta voce ilSanto Nome di Dio per spaventare gli animali e rafforzare la propria fededivina. Il gruppo trovò un posto per riposare dopo aver camminato pertutto il giorno; il più anziano si fermò sotto un grande albero e alcunialtri si sparsero in giro a cercare frutta, acqua e legna da ardere per lanotte. Addentrandosi sempre più nella foresta, si allontanarono dal restodel gruppo. Un sadhu di nome Atmaram, che era un devoto sincero edal cuore semplice, si allontanò senza accorgersi dal gruppo degli altri esi ritrovò da solo in un luogo incredibilmente pacifico. Trovò un grandelago con meravigliosi fiori di loto. Perso nel profumo estatico dei fiori, sisedette a meditare e senza sforzo entrò in trance. Immerso nella medita-zione profonda vide che un angolo del lago risplendeva di luce. La luceassunse la forma di una ragazza dallo splendore divino, che gli parlò:“Figlio Mio! Io sono la Divina Madre Kali”.

In tempi ancora più antichi, durante l’incarnazione divina di Shiva(il “Distruttore” della Trinità induista) il re Daksha, che era il padre diMadre Durga (un’altra forma della Madre Divina, moglie di Shiva)compì un grande rito del fuoco per placare gli dei. Daksha però trascuròdi invitare il marito di Durga, Shiva. Essendo un sannyasi, Shiva nonpossedeva ricchezze materiali e Daksha non era contento di avere ungenero trasandato, pallido e privo di beni materiali, ma Durga ne fu pro-fondamente offesa e perse conoscenza nel mezzo dell’assemblea.

Shiva vide tutto questo nella sua meditazione e immediatamenteapparve sul luogo dello Yajna.

Era furioso e sollevò il corpo di Durga sulle spalle, per poi correre pertutti i mondi incollerito, con il terzo occhio aperto, con il fuoco che nefluiva che distruggeva ogni cosa lungo il percorso.

Gli altri dei, temendo che Shiva avrebbe annientato l’interoUniverso, pregarono Vishnu, il Protettore, di fermare Shiva. Vishnu lan-ciò il Suo disco Sudarshan e tagliò a pezzi il corpo di Durga, fermandocosì Shiva. Le varie parti del corpo puro e casto di Durga caddero in variluoghi, che divennero i più potenti templi della Shakti, la Madre Divina.

Nella visione di Atmaram, Kali rivelò che una delle dita del piede

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destro di Durga era caduta in quel lago e vi si trovava ancora. “Vogliomanifestarmi in questo luogo come Dakshina Kali in questo Kali Yugaper benedire la gente del mondo. In questo momento io sono sulle mon-tagne Nilgiri, sotto la cura amorevole del mio devoto Brahmananda. Vaida lui e digli che desidero essere portata qui e installata come Divinità.”

Atmaram uscì dalla sua trance meditativa ricordando questo coman-do divino. Ispirato dalla visione della Madre si diresse alle montagneNilgiri e trovò il grande saggio Brahmananda profondamente immersonella meditazione. Atmaram riferì a Brahmananda le parole della Madree lo portò nel luogo che Lei aveva scelto. La grande pietra sulla quale eraseduto a meditare divenne un ‘disco volante’ che trasportò lui eAtmaram fino sulla riva del lago. Cercando attentamente l’angolo dellago dove Atmaram aveva avuto la sua visione, trovarono il dito delpiede della Madre Divina, ora in forma di pietra.

La Madre apparve ad Atmaram in un altro sogno e gli ordinò di usarequella stessa pietra nera sulla quale avevano volato dalle montagne perintagliare una nuova Forma della Divinità in cui nascondere il dito, e dicominciare ad adorarla come la Divina Madre Kali. Brahmananda eAtmaram lavorarono a lungo e con grande cura per intagliare una bellis-sima immagine di Madre Kali, poi venne costruita una capanna per instal-lare la Divinità e iniziare l’adorazione regolare.

Brahmananda e Atmaram divennero così gli strumenti della fonda-zione del Tempio di Kali e installarono la Divinità di Madre Kali. La pic-cola isola triangolare che era il campo energetico di Madre Kali diven-ne conosciuta come Kalighat. Ghat si riferisce alla riva di un fiume.Molti dei mercanti che passavano da quelle parti diretti al mare si fer-mavano ad offrire i loro rispetti alla Madre e, poiché il tempio dellaMadre era situato sulla riva del Gange, divenne famoso come Kalighat.

Benché non si possa stabilire una data o un momento preciso in cuiquesto luogo divenne famoso come Kalighat, le ricerche fanno pensareche risalga a circa mille anni fa, nel periodo della dinastia Pal.

Verso la fine del sedicesimo secolo, durante il regno dell’imperatoreMughal Akbar, Abul Fazal scrisse l’Ain E Akbari, descrivendo l’attualearea di Calcutta come “Kalikotta”. A quei tempi la zona era una giunglae non c’erano altre denominazioni (Baba lo ha confermato). L’interazona era conosciuta come Kalighat. Scrivendo Kalighat in lingua persia-na, Abul Fazal scrisse “Kalikotta”. In seguito lo stesso nome pronunciato

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dai commercianti inglesi prese la forma di Calcutta, e quindi il nomeCalcutta è derivato da Kalighat.

Kalighat era lo scenario adatto perché Baba e Benimadhav risiedesse-ro nel potente luogo della Madre Divina per avere il Suo darshan e perricevere le Sue benedizioni, prima di dedicarsi a decenni di rigoroseausterità e pratiche Yoga.

Come racconta Baba: “A quei tempi (1742) Calcutta non era altroche una giungla e Kalighat, il tempio di Madre Kali, era nel mezzo di unaforesta selvaggia. I commercianti inglesi, che non avevano ancora stabi-lito il proprio dominio in India, si occupavano dei loro traffici a Kalighate nei dintorni. Quando arrivammo sul posto, trovammo che era popola-to da un gran numero di sannyasi, che portavano capelli lunghi e incol-ti. Io e Beni eravamo molto felici di stare in loro compagnia. Nel giro dipochi giorni eravamo ormai di casa a Kalighat. Quando i sadhu si sede-vano in silenzio a meditare, noi ragazzi andavamo per scherzo a tirareloro i capelli o a toccare il loro abito. Non ci dicevano mai niente. Noici sentivamo incoraggiati e cominciammo a disturbarli spesso, tirandocapelli o perizomi.

Quando la faccenda diventò intollerabile, i sannyasi andarono daGuru Bhagawan a lamentarsi del loro comportamento. Gurudev rispose:“Perché venite a lamentarvi da me? Io sono un uomo di famiglia. Questiragazzi appartengono al vostro Ashram. Io non ho fatto che accompa-gnarli qui nel loro viaggio lontano da casa, ma loro appartengono alvostro ordine”. I sannyasi furono soddisfatti dalla giusta risposta e smise-ro di lamentarsi, ma in seguito Gurudev ci chiamò in sua presenza e dissedolcemente: “Voi andate tirando capelli e perizomi ai sannyasi. Quandoanche voi sarete vecchi e altri faranno con voi la stessa cosa, tirandovi icapelli lunghi e incolti o il perizoma, che cosa farete?”.

Io dissi: “Che strano! Noi indossiamo abiti lunghi che ci sono statidati nel giorno della cerimonia del filo sacro. Perché mai dovremmofarci crescere i capelli e indossare una semplice fascia intorno alla vita?”.

Gurudev rispose: “Non avete ancora capito che siete venuti qui perabbandonare queste cose e diventare come questi monaci rinuncianti?”.

Io risposi: “Se siamo venuti qui per essere come loro, perché lorovivono di elemosina e noi abbiamo il denaro che abbiamo portato dacasa?”. Gurudev disse: “Anche quel denaro deve essere trattato comeofferta ricevuta in elemosina. Quelli che sono rimasti a casa conoscono

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il nostro indirizzo e quindi ci mandano dei soldi per le nostre spese”.Quando sentii queste parole dissi a Gurudev: “Se è così, non dovremmopiù rimanere qui. Dovremmo andare immediatamente in qualche postolontano”. Gurudev accettò subito la mia proposta e lasciammo Kalighat.

A proposito di Gurudev, Baba Lokenath spiegò ai suoi devoti e disce-poli che: “Gurudev mi faceva sempre andare avanti ogni volta che par-tivamo per un posto nuovo o quando si iniziava una nuova avventura”.

Lokenath, che aveva solo undici anni, chiese di lasciare Kalighat perevitare di dipendere dal denaro che ricevevano da casa e per viverecome veri mendicanti erranti, questo indica la sua innata tendenza allarinuncia. Baba era uno yogi nato. Notiamo però dalla risposta diGurudev a richieste di questo tipo anche un allenamento e un rispettoper la superiorità di Lokenath. Permettendo alla naturale capacità dileader di Lokenath di svilupparsi precocemente, Gurudev preparava ilsuo destino.

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Esercizio di Meditazione

Sedetevi comodamente eretti per la meditazione, offrite tutto ciò chesiete nella luce che si alza e si abbassa all’interno del respiro. Quandosiete profondamente rilassati, osservate voi stessi prima di nascere, simi-li a una scintilla di luce bianca come il diamante, nel cuore divino.Percepite le energie pure, dolci e rafforzanti del cuore divino tutto attor-no a voi, come un grembo materno. Percepite l’essenza pura e danzantedel divino come vostra - il luogo dal quale provenite, chi siete vera-mente al di là della forma. Permettete alla luce divina, bianco dorata, difluire ora attraverso di voi, modellando e formando la vostra vita di oggiin modi che sono al di là della vostra comprensione. Avvolti nella luceche è la vostra vera casa, sappiate che siete al sicuro, che potrete sempretornare alla luce, perché questo è ciò che siete e tutto il resto un giornoscomparirà. Soltanto questa luce rimarrà. Ogni volta che siete assillatidalle difficoltà, ricordate questa semplice brillante scintilla di luce chevoi siete. Offrite i vostri problemi al suo interno. Lasciate che tutte ledifficoltà vengano bruciate, scomparendo nella luce.

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. Capitolo 3 .

UNA RIGOROSA DISCIPLINA NELLO YOGA

Guru Bhagawan e i suoi giovani brahmachari ripresero nuovamentea viaggiare, diretti verso una destinazione ignota. Guru Bhagawan pre-feriva vivere in una zona di foreste dove ci fossero degli abitanti in mododa poter elemosinare il cibo e allo stesso tempo guidare i suoi studentisulla via della disciplina spirituale attiva.

Guru Bhagawan aveva la visione chiara della misura di illuminazio-ne che Lokenath avrebbe raggiunto, così sviluppò un programma pro-lungato di discipline yogiche intese a preparare il corpo di Lokenath aricevere la pienezza della Grazia Divina che doveva discendere su di lui.Con questo unico obiettivo, per un periodo tra i trenta e i quaranta anniBhagawan mise in pratica discipline yogiche collegate con lo HathaYoga, intese a sviluppare il controllo e l’astinenza rispetto ai desiderifondamentali del corpo.

Guru Bhagawan guidò i brahmachari attraverso le pratiche più diffi-cili dell’Hatha Yoga per stabilire il pieno controllo delle funzioni fisichee delle energie vitali del corpo. Baba ha parlato molto poco dei dettaglidi questa parte delle sue pratiche, che si prolungarono per oltre trenta-cinque anni. Nel “Sri Sri Satguru Sanga”, comunque, abbiamo il reso-conto scritto di Kuladananda Brahmachari che ebbe il privilegio dellavicinanza di Baba. Kuladananda scrisse nel proprio diario personaletutto ciò che aveva sentito da Baba e in seguito lo pubblicò in bengaliin cinque volumi. Kuladananda, che sarebbe diventato un grande santodell’India orientale, riferisce i commenti di Baba sulle austeritàdell’Hatha Yoga: “... poi il mio guru mi portò in una regione collinosa emi fece praticare l’Hatha Yoga per trentacinque anni. Quando sviluppaiun maggiore interesse per la pratica del Raja Yoga, il mio guru mi sotto-pose a un esame per vedere quanto mi ero perfezionato nelle pratichedello yoga dicendo: ‘Devi cucinare del budino di riso dolce mettendouna pentola in mezzo alle tue gambe e poi offrirlo a me’. Io feci quelloche il mio guru mi aveva chiesto. Allora cominciò a insegnarmi il rajayoga. Mi ci volle molto tempo per perfezionare questo yoga.”

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Digiuno

Guru Bhagawan sapeva che la base dello yoga integrale è il brahma-charia, cioè la stretta osservanza del voto di continenza e la conserva-zione dell’energia per la trasmutazione in Ojas, l’energia spirituale perl’illuminazione. Durante questo periodo di trentacinque anni Baba eBenimadhav osservarono una pratica di digiuno chiamata Naktabrata.In sanscrito nakta significa notte. L’osservanza di questo voto richiede ildigiuno durante il giorno; si possono consumare dei cibi leggeri la notte.

Quando Guru Bhagawan riscontrò che Lokenath e Benimadhav ave-vano raggiunto la padronanza del naktabrata, introdusse la praticadell’Ekantara. Ekantara è digiunare per due giorni e mangiare del cibo leg-gero la seconda notte. Dopo l’Ekantara introdusse il Triratri, che com-porta il digiunare per tre giorni e mangiare la terza notte. La pratica suc-cessiva fu il Panchaha, digiunare per cinque giorni e mangiare del cibo laquinta notte. Questo voto fu seguito dal Navaratri, che consiste nel digiu-nare per nove giorni consecutivi e consumere del cibo la nona notte.

Dopo aver completato il voto di Navaratri, Lokenath e Benimadhaviniziarono il Dwadashah, che richiede un digiuno di dodici giorni - sirompe il digiuno la dodicesima notte. Questo voto del Dwadashahvenne praticato per un lungo periodo e con il successo di questo voto siqualificarono per il voto successivo di Pakshah, che consiste nel digiu-nare per quindici giorni e mangiare del cibo la quindicesima notte.Entrambi i brahmachari compirono con successo questo difficile voto,qualificandosi così per quello più arduo, il Masabrata, che è il digiuno diun mese. Baba Lokenath disse ai suoi devoti che il Masabrata andavacompiuto due volte. Lui riuscì a digiunare, ma Benimadhav non riuscì aportare a termine il voto al secondo tentativo.

Ciascuno di questi voti venne eseguito per lunghi periodi, per untotale di trenta o quarant’anni. Per quanto ciò possa sembrare incredi-bile per la mente scientifica moderna, il corpo umano può effettiva-mente sopportare tali austerità, in quanto esiste una lunga tradizione ditecniche yogiche che permise ai giovani brahmachari di eseguire prati-che così difficili.

Durante questo lungo periodo di sadhana Guru Bhagawan si occupò ditutte le necessità dei suoi discepoli. Lasciando i brahmachari nella giun-gla, andava a un villaggio vicino per chiedere l’elemosina alle famiglie.

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Al suo ritorno, preparava una dieta speciale di latte bollito e semi disesamo. Dopo aver servito il cibo ai brahmachari, consumava anche luilo stesso pasto. Secondo il maestro, questa era la dieta migliore per ibrahmachari. Ricordando i primi tempi del suo sadhana, Baba disse aisuoi devoti: “Dopo aver osservato quotidianamente questa meravigliosa dietaper un periodo molto lungo, ne eravamo così stufi che solo vedere il latte e ilsesamo ci irritava e ci chiedevamo perché mai quella gente non potesse offrir-ci in elemosina qualche altro cibo”.

Nonostante la loro irritazione, né Lokenath né Benimadhav espres-sero mai tali giudizi sul cibo, perché si erano sottomessi incondizionata-mente a Guru Bhagawan e accettavano senza lamentarsi tutto ciò cheveniva loro offerto.

Quando i brahmachari furono forti e il loro corpo fu pronto, avvici-narono Guru Bhagawan e dissero: “Non possiamo più accettare l’idea dirimanere seduti nella giungla, adesso che abbiamo un corpo giovane e robu-sto, mentre tu vai in villaggi lontani per chiedere l’elemosina agli abitanti”.Guru Bhagawan fu commosso dalla preoccupazione dei suoi discepoli mali dissuase dicendo: “No, se doveste farlo voi, la mia concentrazionementale ne sarebbe disturbata. Se vi esponeste alle attività e al modo divita degli uomini di famiglia, correreste il pericolo di sviluppare tenden-ze simili nella vostra mente. Dovete capire che esiste sempre la possibi-lità di una caduta dalla posizione dello yoga che avete raggiunto attra-verso la vostra lunga disciplina spirituale”.

In un’altra occasione, Lokenath ebbe dei comprensibili dubbi e lipresentò innocentemente al suo Gurudev dicendo: “La conoscenza dellesacre scritture dovrebbe essere parte della disciplina di un aspirante spirituale.Perché allora Gurudev è semplicemente indifferente riguardo questo aspetto,nonostante sia personalmente uno studioso di fama in tutte le scuole della filo-sofia vedica?”.

Gurudev rispose: “Perché dovreste prendervi il disturbo di impararegli shastra? Io ho studiato molto. Non avete bisogno di fare questa fati-ca. Perché dovreste perdere tempo a leggere pacchi di carte consunte estrappate? Ogni volta che avrete bisogno della guida di qualsiasi scrittu-ra sacra, potrete sempre riceverla da me.

“Invece di sprecare tempo nell’acquisizione di una conoscenza diseconda mano dai libri, utilizzate il tempo nella pratica dello yoga. Sesapete chi siete, arriverete a conoscere ogni cosa. Non esiste nulla in

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questo mondo esterno e manifestato che non sia in voi. Credete alle mieparole: non esiste alcuna verità esterna, perché il vostro Atman è ‘sar-vabhutatman’, l’Atman che risiede nel cuore di tutte le creature. In voiesiste la forma di seme potenziale di tutta la conoscenza, di tutto il pote-re e di tutta la ricchezza di questa intera creazione. Perché dovrestelasciare il diamante e sprecare tempo con pezzi di vetro?”.

Lokenath continuò: “Io pensavo che la conoscenza dei libri fosse essen-ziale per il nostro sadhana, e che senza di essa non avremmo potuto trovareun posto nella società dei saggi che sono così esperti nelle opere vediche”.

Pazientemente, Gurudev convinse Lokenath dicendo: “La disciplinadello yoga che io vi sto dando attraverso questa rigida osservanza dell’astinen-za e del digiuno vi porterà, a tempo debito, al raggiungimento della conoscen-za profonda, non solo delle sacre scritture ma anche di tutto ciò che esiste nelcosmo. Questa disciplina, combinata con la fiducia pura che avete nel vostroguru, permetterà a tutta la mia conoscenza delle scritture di essere trasmessa avoi senza che voi vi dedichiate allo studio”.

Gurudev continuò: “Studiando i vari shastra potreste rimanere con-fusi dalle molte opinioni contraddittorie dei commentatori e la concen-trazione della vostra mente ne sarebbe turbata. A parte questo, una voltache avrete studiato le scritture e vi sarete fatti un’opinione personale,non sarete più in grado di accettare la mia guida spirituale con la stessainnocenza e senza lamentarvi, come invece fate adesso. Giudicherestesempre le mie istruzioni alla luce della vostra conoscenza condizionata,presa a prestito da altri. Questo ostacolerebbe la vostra crescita spiritua-le che attualmente progredisce in modo costante grazie alla vostramente pulita e libera da condizionamenti. La conoscenza presa a prestitodiventa sempre una barriera per il progresso spirituale”.

Guru Bhagawan terminò il suo discorso dicendo: “La tua richiesta diimparare gli shastra senza avere una adeguata realizzazione può farti diventa-re un pandit onorato, un accademico di fama, un grande filosofo, ma mai unilluminato. Perciò segui la mia via e raggiungerai la tua meta”.

Guru Bhagawan era un maestro dotato di una profonda comprensio-ne della psicologia umana. Non era una persona compiacente, che accet-tava semplicemente l’osservanza del difficile digiuno come un mezzo diconsapevolezza spirituale. Anzi, vigilava attentamente sul gioco dellamente subconscia dei giovani brahmachari. Non un solo processo men-tale gli sfuggiva. Osservava accuratamente i loro pensieri e incanalava la

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loro energia nella direzione giusta. A questo fine, metteva a punto delletecniche che avrebbero allenato i brahmachari a mantenersi sempre sve-gli e attenti riguardo al gioco intricato della mente più profonda.

Ispirando i giovani brahmachari a praticare sinceramente la continen-za, Guru Bhagawan istruì i ragazzi anche nella disciplina dell’Hatha Yoga.Sulla via della Realizzazione del Sé l’Hatha Yoga svolge un ruolo impor-tante, poiché con questa pratica gli Hatha yogi raggiungono il perfetto con-trollo del corpo e del prana vitale. Il corpo e la mente sono strettamentecollegati tra loro come due facce della stessa medaglia e, finché le naturalitendenze tamasiche (più grossolane, N.d.T.) del corpo non vengono tra-sformate, il controllo della mente è impossibile. Poiché il corpo rappre-senta il veicolo per il viaggio nel mondo interiore, il ricercatore devedapprima purificarlo attraverso Asana, Pranayama, digiuno e altre prati-che simili in modo che diventi adatto per trasportare la mente alla suadestinazione finale, lo stato della non-mente.

Lo scopo dello Yoga è la cessazione completa della mente. Il corpo ècome un contenitore o un vaso e la mente è come l’acqua. Il minimomovimento del vaso disturba la calma dell’acqua, perciò finché il corponon viene portato con la pratica a raggiungere uno stato di quiete, lamente non può mai raggiungere uno stato di tranquillità. La mente tran-quilla, attraverso la pratica dello Yoga, raggiunge lo stato della non-mente, che è lo stato supremo del samadhi o coscienza totale di Dio.

Guru Bhagawan poteva prevedere con chiarezza il grande ruolo cheil suo discepolo era destinato a svolgere nei giorni a venire e diede aLokenath delle discipline che avrebbero preparato il suo corpo a riceve-re il dono della Grazia Divina che sarebbe scesa su di lui. La pratica dellacontinenza e dell’Hatha Yoga durante un periodo prolungato di trenta oquaranta anni venne eseguita con questo obiettivo.

Il ruolo del Satguru

Lokenath era sempre sopraffatto dall’emozione quando parlava del-l’amore materno di Guru Bhagawan durante questo lungo periodo dicontinenza e digiuno. Diceva: “Gurudev era sempre molto attento e face-va in modo che mentre eravamo seduti nella meditazione durante il digiunonon avessimo bisogno di muoverci. Non potevamo muoverci nemmeno per

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soddisfare le esigenze corporali. Come una madre amorevole, lui lavava l’uri-na o gli escrementi, ci trasportava in un luogo pulito, poi toglieva gli escre-menti e li gettava lontano, e infine puliva tutta la zona”.

Quelli che erano con Baba a Baradi dicono che Baba piangeva adirotto raccontando la tenerezza con cui il suo guru si era preso cura dilui. I devoti riuniti erano così commossi che anche loro trovavano diffi-cile controllare le proprie emozioni. L’amore che Guru Bhagawan avevaper i suoi due giovani discepoli è veramente un esempio raro e indi-menticabile della relazione tra guru e discepolo. E la devozione con cuiBaba Lokenath ricambiava il suo maestro era intensa e completa.

La necessità di un guru nella vita spirituale è stata spesso messa in dis-cussione nel mondo. Uno dei validi motivi di discussione è la paura cheè stata creata dalla presenza dei falsi guru sul mercato dei ricercatori spi-rituali. Il grande numero di sette e le vicende di abuso del potere spiri-tuale che sono circolate ripetutamente sui mass media hanno contribui-to legittimamente alla gurufobia, specialmente in coloro che non hannofamiliarità con la tradizione induista.

Ci sono altri che sono aperti all’idea di avere un guru, ma rimangonoconfusi riguardo al decidere quale sia quello giusto. Qualunque sia laragione dell’attuale gurufobia e della conseguente indifferenza riguardoal bisogno di un guru nella vita spirituale, la realtà dei fatti rimaneimmutata. La realizzazione del Sé e la necessità di avere un Satguruvanno sempre di pari passo. Il Satguru - o guru autentico - è una perso-na che ha raggiunto la meta più elevata di tutte, l’unione permanente ecompleta con il divino. Il maestro realizzato ha compiuto il processo dicoltivare il seme di Dio nel suo cuore (il maestro può essere sia uomo chedonna) finché fiorisce nella maturità. Soltanto questa persona puòdiventare il vero maestro che ha camminato sulla via della Verità affron-tando con successo tutte le alterne vicende del cammino spirituale perraggiungere la vetta dell’illuminazione. Gli Illuminati si rendono dispo-nibili al ricercatore grazie alla volontà divina. Il Satguru illumina la viacome incarnazione della compassione divina per quelli che tra noi sonoancora intrappolati nell’illusione della separazione. Senza la grazia di untale maestro come insegnante spirituale, percorrere la via della verità ècome viaggiare attraverso la giungla più fitta senza una guida.

Le sacre scritture e gli altri libri spirituali sono estremamente prezio-si, ma la semplice verità è che, per il ricercatore immaturo e instabile,

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per lo più si tratta di interpretazioni di seconda mano, inserite in con-cetti morti, distorti, errati o trasmessi senza vera comprensione, chelimitano la nostra effettiva applicazione della saggezza che contengono.È il divino cosciente e vivente che, attraverso il Satguru, dà al ricerca-tore la saggezza, la fiducia e gli strumenti per trovare la via attraverso lagiungla fino alla destinazione finale.

Il Satguru ci guida dall’esterno, nella forma di una persona tangibiledi cui possiamo udire le parole, la cui vita e i cui insegnamenti sonomanifestazioni viventi del Divino, la cui stessa presenza apre il centrodel cuore alla luce divina e alla musica interiore. Il Satguru è l’Uno cheattira la nostra attenzione sulla vacuità del mondo materiale e delle rela-zioni mondane. Creando situazioni che ci portano alla realtà il Satguruci mostra che solo Dio è reale e che noi siamo il seme di Dio.Dall’esterno, il guru ci spinge verso l’interno.

Il Satguru però ci guida anche dall’interno. Il Satguru è seduto nelnostro stesso cuore, nel sancta sanctorum, e ci attira verso il centro. Perquesto motivo il guru è chiamato anche Antaryamin, la presenza interio-re che controlla. È la coscienza - la facoltà di discriminare tra ciò che ètemporale e transeunte e ciò che è permanente e trascendente. Il Satguruè inseparabile dal Brahman, il campo di coscienza pura. Il Satguru operadall’interno della nostra consapevolezza, mettendoci in contatto con lagrande coscienza divina (a qualunque intensità siamo in grado di soste-nerla) grazie alla sua presenza inseparabile da noi e dal divino. Senza lagrazia del guru, nessuno può raggiungere lo stato della mente pura.

Come possiamo trovare un simile guru? Come ricercatori della veri-tà, noi siamo essenzialmente alla ricerca. Dobbiamo continuare a cerca-re il maestro, l’Uno alla cui presenza tutte le nostre domande - e lanostra mente irrequieta - troveranno riposo. Attraverso il guru troviamouna pace inesprimibile. Nella presenza del guru arriveremo a realizzareche ogni nostra cosiddetta conoscenza, solennità e grandiosità impalli-disce fino a diventare insignificante. Siamo pervasi da un profondosenso di silenzio interiore e di meditazione spontanea. Le nostre doman-de trovano risposta senza nemmeno bisogno di porle. Con una ricerca euna preghiera sincere ci prepariamo per il guru, che viene a noi quandosiamo pronti.

Lokenath dimostra al mondo come, attraverso la via della sottomissio-ne, il discepolo può raggiungere la vetta più alta del successo spirituale.

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E Guru Bhagawan è l’esempio del profondo amore che il guru ha semprenel cuore per un vero discepolo. Nessuna relazione al mondo può essereparagonata alla relazione tra guru e discepolo. Tutte le relazioni ordina-rie e mondane ci danno piacere e felicità, ma non possono mai darci lasaggezza del Sé. Tutte le relazioni sono legami che incatenano e ostaco-lano sottilmente l’anima e persino le relazioni umane più sane e soddi-sfacenti portano dolore, incomprensione e conflitti che spesso rimango-no irrisolti. Non possono darci la vera libertà. La libertà in ultima ana-lisi è uno stato mentale in cui non ci sono attaccamenti per niente onessuno, cosa che si pone in antitesi con la cura che è importante met-tere nelle relazioni umane. È soltanto il guru che può prendere il bam-bino per mano e portarlo attraverso le vie più ardue e sottili dello spiri-to, offrendogli la vera realizzazione della libertà. Il guru è colui o coleiche libera il discepolo dalla dolorosa catena karmica che lega tutte leanime, finché la vera libertà viene raggiunta.

Baba era un discepolo veramente sottomesso, capace di afferrare lagrandezza del dono del Satguru nella sua vita spirituale. Questo è il moti-vo per cui Baba piangeva come un bambino ogni volta che doveva par-lare del suo guru. Baba era l’incarnazione della guru-bhakti (l’amore peril proprio guru).

Quando parla del suo passato nella pratica dello yoga, Baba dimostraquanto sia sottile la guida del guru e l’importanza della sua saggezza nelcomprendere quando applicare una particolare lezione o pratica. BabaLokenath diceva della sua iniziale pratica dello yoga: “Durante i primigiorni della pratica della continenza restavamo sempre in isolamento, ma versola fine Gurudev fece esattamente il contrario. Ci portava in luoghi affollati enei mercati e ci chiedeva di sedere lì in meditazione. Quando vedevamo che ilmovimento attorno a noi disturbava seriamente la concentrazione della mentee lo facevamo notare a Gurudev, lui diceva: ‘Proprio come avete praticato laconcentrazione della mente in isolamento, dovete raggiungere uno stato di pro-fonda meditazione anche mentre siete seduti in mezzo a gente che interferiscee disturba’. Così cominciammo a praticare la meditazione seduti nelle piazzedi mercato, secondo le sue istruzioni.

“Nello stesso modo, Gurudev ci fece imparare a sopportare pazientemen-te il morso delle formiche e delle zanzare e di altri insetti durante la praticadella meditazione. Un giorno, mentre praticavamo lo yoga nella giungla, dissia Gurudev: ‘Qui le formiche sono un vero disturbo per la pace della nostra

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meditazione. Perché non ci trasferiamo in qualche altro posto?’. Poi mi sedet-ti nella posizione di meditazione ad occhi chiusi e finsi di meditare e con miagrande sorpresa, vidi che Gurudev cercava di attirare le formiche spargendozucchero attorno al posto dove stavamo meditando! Compresi allora che l’in-tenzione di Gurudev era quella di portarci a uno stato mentale in cui nonsaremmo più stati turbati dalle folle chiassose o dal morso degli insetti. In effet-ti, in seguito divenimmo capaci di assorbirci profondamente nella meditazioneritraendo totalmente i sensi dal loro contatto con il mondo esterno e oggettivo”.

Baba esitava a rivelare i dettagli dei suoi lunghi periodi di digiuno.Pochi erano messi a conoscenza di tali esperienze perché egli sentiva chele persone ordinarie non sarebbero riuscite a comprenderle. Baba dicevasemplicemente: “L’impossibile non viene espresso”. Era sempre contrario apubblicizzare la sua vita e il suo sadhana. Soltanto i suoi discepoli e devotipiù intimi potevano venire a conoscere da lui alcune delle esperienze deisuoi primi giorni nella disciplina spirituale.

Una volta Premananda Bharati, che divenne famoso in Americacome Baba Bharati, profondamente commosso dall’influenza spiritualedi questo yogi, espresse il desiderio di scrivere un libro sulla divina vitadi Baba Lokenath. Si sedette di fronte a Baba con carta e penna e glichiese di raccontargli la sua vita.

Baba rispose duramente: “Che c’è di tanto speciale nella mia vita? Nonsono sufficienti il Ramayana e il Mahabharata? Quante persone sono diven-tate come Rama e Lakshmana studiando il Ramayana? Quante persone sonodiventate veritiere e virtuose come Yudhisthira studiando il Mahabharata?Quanti Prahlad e Dhruva sono nati dallo studio dei Purana? Porta via di quicarta e penna! Non hai bisogno di scrivere la storia della mia vita. Questo èun ordine, non un consiglio!”.

Benché Lokenath avesse vietato a Premananda di scrivere un librosulla sua vita, in alcune occasioni effettivamente parlava di alcuni epi-sodi della sua giovinezza. A Brahmananda Bharati, suo discepolo diret-to, descrisse dettagliatamente un’esperienza che aveva avuto in unostato di profonda meditazione durante il suo secondo masabrata.

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Baba sperimenta la sua vita precedente

“Nella mia mente interiore potevo vedere, come in sogno, il fiume Damodarscorrere attraverso il distretto di Burdwan (Bengala occidentale), e sulla rivadel fiume c’era un villaggio non molto grande, di nome Beruga. In quel villag-gio, io mi trovo come Sitanath Bondopadhya nella famiglia di Bondopadhya.Quando parlai a Gurudev di questa esperienza, immediatamente prese unamatita e mi chiese di mettere per iscritto tutti i dettagli possibili. Così feci. Moltotempo dopo stavamo viaggiando a piedi tutti e tre, e raggiungemmo un luogosconosciuto, in riva a un fiume. Allora Gurudev indicò il villaggio sulla riva delfiume e chiese: ‘Hai mai visto questo posto prima di oggi?’.

“Io ricordai tutte le mie visioni durante il masabrata e dissi: ‘Una volta hoscritto dell’esperienza riguardo al fiume Damodar. Sembra che sia proprio que-sto fiume’. Allora riconobbi il villaggio di Beruga e tutti e tre vi entrammo. Miresi conto che l’esperienza durante il masabrata non era stata semplicementeun sogno ma un lampo di memoria dalla mia vita precedente.

“Gli anziani di Beruga che erano ancora in vita diedero dei riferimenti pre-cisi sulla vita di Sitanath Bondopadhya, e più loro parlavano, più ricordi delpassato mi tornavano di nuovo alla mente. Tutto ciò che avevo visto e anno-tato nel giorno dell’esperienza riguardo al padre di Sitanath e agli altri membridella famiglia si dimostrò esatto perché gli abitanti del villaggio diedero esatta-mente le stesse informazioni”.

Baba disse ancora: “Il ricordo spontaneo delle memorie della vita prece-dente si rafforzò rimanendo a Beruga per qualche giorno. Mentre la miamente si concentrava sempre più sui ricordi del passato, altri fatti riguardantila mia vita precedente affiorarono nuovamente alla superficie del livellocosciente, proprio come i ricordi dei primi giorni di questa vita”.

In risposta ad altre domande, Baba disse: “Potevo ricordare nei dettaglitutto ciò che avevo fatto come Sitanath Bondopadhya durante quella vita edopo la sua morte, finché non ero rinato nuovamente da mia madre nella vitaattuale”.

Generalmente le persone che sono jatishmara (cioè coloro che ricorda-no le vite passate) ricordano spontaneamente gli avvenimenti delle vitepassate, ma nel caso di Baba non fu così. Baba non sapeva nulla di tuttociò fino al giorno della sua esperienza mentre era in stato di samadhidurante il secondo masabrata.

Nel XVIII sutra di Vibhutipada negli Yoga Sutra di Patanjali, questo

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aspetto dell’esperienza spirituale viene espresso come “Samskara sakshatkaranat purvajati jnanena”. Attraverso la pratica di dharana, dhyana esamadhi, lo yogi può raggiungere la conoscenza delle sue vite passate neiricordi della mente più profonda. L’esperienza che Baba raggiunse duran-te il suo sadhana è una dimostrazione pratica della verità di questo sutra.

Dopo aver confermato la veridicità del ricordo di Lokenath sulla suavita passata, Guru Bhagawan lasciò Beruga per rifugiarsi nella giungla adia-cente e i brahmachari tornarono a concentrarsi profondamente nella lororicerca spirituale.

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. Capitolo 4 .

UNA LEZIONE SU MAYA

Dopo aver completato le discipline più rigorose e complesse delloyoga, Guru Bhagawan tornò con i suoi discepoli nel loro luogo natio perl’ultima volta, seguendo le regole degli shastra, che dicono che, dopoaver completato dodici anni di rinuncia, il sannyasi dovrebbe tornareun’ultima volta nel luogo della sua nascita.

Rievocando i giorni trascorsi nel suo luogo nativo, Baba Lokenathconfidò al suo discepolo Narisa Baba un importante insegnamento su unaspetto della vita umana che interessa ogni ricercatore spirituale. NarisaBaba riporta vividamente ciò che ascoltò dal suo maestro a propositodell’amore e del sesso.

Baba Lokenath disse: “L’amore supera ogni razionalizzazione umana.La naturale attrazione tra maschio e femmina è stata vista troppo spessocome una cosa immorale, ma è infantile rifiutare il sesso o condannarlocome un male sociale. Bisogna andare profondamente all’interno di que-sto fenomeno per conoscerne la fonte. Perché questo aspetto fondamen-tale della natura si trova negli esseri umani? Perché l’uomo cerca di solle-varsi al di sopra di questo impulso istintivo eppure fallisce nell’intento?”.

Baba diede poi la spiegazione più pratica dicendo: “Bollare il sessocome un peccato è l’errore più grave. Come si può chiamare peccato ciòche è indispensabile alla creazione? Il peccato è un sentimento dellamente nella condizione di non-coscienza. Il sesso non può venire sepa-rato dal mondo dei desideri. Le difficoltà e le scomodità materiali che unricercatore della verità accetta volentieri per ottenere la visione di Diosono basate sul desiderio. Potrete dire che il desiderio di piacere mate-riale è un desiderio limitato, mentre il desiderio per la grazia divina haun valore più grande nella vita, ma potete forse negare il fatto che allasua radice si trova il fenomeno del desiderio?

“Nell’uomo c’è il seme del desiderio e perciò esiste la possibilità dellatrasformazione divina. Nel regno animale questa sfera del desiderio èlimitata, perciò non esiste la possibilità dell’illuminazione divina. Se nonsiete capaci di desiderare la parte, come potrete crescere a desiderare il

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UNA LEZIONE SU MAYA

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tutto? L’intera creazione è stata fatta secondo un disegno divino. Possiedeuna propria armonia interna che cresce verso la perfezione finale. Nientedi ciò che è stato creato è privo di un significato profondo. Dal mondolimitato del piano materiale fino ai regni più alti dell’unità spirituale,ogni cosa fa parte del disegno divino dell’Uno Supremo. È soltanto attra-verso il desiderio per gli oggetti temporanei della vita materiale che ildesiderio più alto di fioritura spirituale si risveglierà nel cuore dell’uomo.

“L’intero segreto di questa creazione cosmica è nascosto in profondi-tà all’interno di questo fenomeno del Kama o desiderio o sesso. Poteteprotestare e inveire. Potete cercare di sopprimere l’impulso naturale, maè come tentare l’impossibile. Non è possibile raggiungere lo stato dell’a-more divino attraverso la repressione sessuale.

“La vostra vita materiale e la tendenza naturale a desiderare la feli-cità materiale fanno parte del piano divino per portarvi a uno stato dievoluzione superiore. Per mezzo di questo desiderio materiale raggiun-gete una fase in cui, attraverso la grazia del Divino, quando sarà arriva-to il momento, la vostra mente si rivolgerà a Dio e alla Sua gloria. Lavostra energia sessuale cambierà e si trasformerà in amore per il Divinoe allora voi trascenderete il desiderio di felicità del mondo materiale”.

Baba raccontò a Narisa Baba l’episodio più memorabile della sua vitache illustra chiaramente questo importante insegnamento.

Lokenath tornò al suo luogo natale dopo anni di osservanza del votodi astinenza. Era passato attraverso le varie discipline dello yoga senzamai essere turbato dall’interferenza sociale. La Madre Divina aveva por-tato il Suo amato figlio attraverso il difficile sentiero dell’austerità, maLokenath non aveva alcuna esperienza del mondo di Maya. Perciò laMadre preparò una lezione che l’avrebbe arricchito con l’esperienza del-l’attaccamento e del piacere sensuale. Lokenath avrebbe trasceso quelleesperienze, ma si trovò ad affrontare la prova più difficile della sua vita.

Quando i due giovani brahmachari, accompagnati dal vecchio mae-stro, ebbero raggiunto il loro villaggio natio, la notizia del loro arrivo sidiffuse rapidamente e gli abitanti arrivarono da tutte le direzioni perdare il benvenuto ai sadhu che tornavano. Con grande rispetto e devo-zione, la gente si faceva avanti con quel poco che aveva da offrire aisadhu e li serviva con tutto il cuore.

In India i sadhu e i sannyasi hanno sempre ricevuto il massimo rispettoda tutte le classi sociali e particolarmente nei villaggi, dove la popolazione

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analfabeta conta molto sulla fede. Immaginate l’eccitazione creata dalritorno dei due sannyasi e del vecchio guru dopo un periodo così lungo.Nel periodo intorno al 1750, gli abitanti dei villaggi erano semplici einnocenti. Tutti si rallegrarono del ritorno dei monaci. La gente arriva-va da tutte le parti per avere il Darshan dei sannyasi e portava offerte difrutta, latte e altri cibi ai monaci che si erano seduti sotto un enormealbero baniano sulla riva del grande lago del villaggio.

Il tradizionale ritorno nel luogo nativo dopo dodici anni di vita disannyas ha un duplice scopo: permette ai rinuncianti di offrire rispettoal luogo e alle persone da cui hanno avuto origine e allo stesso tempocostituisce una prova del livello di distacco raggiunto attraverso le disci-pline dello Yoga. Guru Bhagawan seguì la tradizione portando gli ana-coreti nel loro villaggio d’origine perché si rendessero conto diretta-mente del proprio stato mentale.

Una delle compagne di giochi d’infanzia di Baba, che era a queltempo rimasta vedova in giovane età, si fece avanti per offrire il suo ser-vizio a Lokenath. Immediatamente lo riconobbe, perché i ricordi deiloro giochi erano ancora chiari nella sua mente. Pregò Guru Bhagawanperché le consentisse di servire Lokenath e Gurudev approvò senza esi-tazione. Innocente e semplice di cuore, Lokenath non sospettava mini-mamente che questo fosse il piano di Mahamaya, la Madre Universale.Un giorno dopo l’altro, la giovane donna servì Lokenath con instanca-bile devozione e si conquistò un posto nel suo cuore. La giovane donnacominciò a provare un profondo senso di attaccamento per il giovanesannyasi e Lokenath, senza nessuna cattiva intenzione, trovava moltocommovente la semplice sottomissione e sincerità della ragazza.Tornarono ad essere amici intimi, godendo reciprocamente della com-pagnia e del servizio l’uno dell’altra.

Attirato dalla potenza illusoria di Maya, Lokenath trovava innocentee allo stesso tempo deliziosa la compagnia di questa donna. Non si ren-deva conto che la relazione stava superando i limiti dell’amicizia e si stavaradicando profondamente nel suo cuore. Ogni volta che si sedeva a medi-tare trovava maggiori difficoltà rispetto a quando praticava nella foresta,dove era abituato a meditare per ore senza alcuna distrazione o disturbo.Ora, anche se il suo corpo era immobile, la mente era irrequieta.

Inconsciamente, i suoi pensieri si spostavano al ricordo delle conversa-zioni con la ragazza. Provava un collegamento profondo: quell’attrazione

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non era facile da superare. In precedenza era riuscito a controllare lamente in situazioni più difficili, ma questa era una prova straordinaria.A volte interrompeva la pratica e andava a trovare la ragazza.

Guru Bhagawan vedeva e comprendeva ogni cosa. Sapeva cheLokenath doveva pagare i suoi antichi debiti con questa donna: è l’ine-vitabile legge del karma, che ogni essere umano deve affrontare, a qual-siasi livello sia situato. Attraverso la sua intuizione, il guru sapeva moltobene che Lokenath non era nato per rimanere per sempre attaccato ailegami della carne o a questa donna di villaggio, nobile eppure sempli-ce. Era un dramma temporaneo della Madre Divina che voleva portareentrambi attraverso il loro karma passato e far loro trascendere il sensodi attaccamento. Il guru faceva finta di non sapere nulla, eppure gioca-va molto sottilmente con il suo amato discepolo. Possiamo vedere cheGuru Bhagawan era un maestro dal cuore molto grande. Ogni volta chevedeva Lokenath in difficoltà a concentrarsi mentalmente nella medi-tazione, gli chiedeva di andare a fare un giro o di andare a parlare congli abitanti del villaggio senza farsi problemi. A volte consigliava al suodiscepolo di percepire il gioco divino di Maya e di attraversarlo in modoconsapevole senza lottare.

Possiamo vedere a questo stadio che le vie di un vero maestro sonodavvero imperscrutabili! Questo era lo stesso maestro che aveva affron-tato grandi difficoltà durante i primi anni di austerità, digiuno e asti-nenza, per recarsi in lontani villaggi a chiedere l’elemosina. Aveva bol-lito sesamo e latte senza permettere agli anacoreti di andare nei villaggi,perché non rischiassero di cadere preda di tentazioni. Era lo stesso guruche aveva mostrato tanta cura e possessività in ogni momento attraver-so la loro difficile disciplina nell’Hatha Yoga.

Perché quello stesso guru permise consapevolmente a Lokenath e aquella donna di sentirsi così vicini l’uno all’altra? La risposta è una chia-ra dimostrazione del perché abbiamo bisogno del guru nella vita spiri-tuale. Soltanto il guru sa quali situazioni creare per purificare i samska-ra interiori (le tendenze latenti) e dare al discepolo l’esperienza praticaper sollevarsi al di sopra delle profonde radici dell’attaccamento.Ciascun individuo in questo mondo è speciale. Non ci possono esseredue Buddha esattamente uguali, se non nel loro stato di Samadhi Prajna(coscienza dell’unità cosmica). La via della spiritualità può apparireuguale in superficie, ma ogni persona deve viaggiare su quella strada

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precisamente seguendo il corso della propria natura personale. GuruBhagawan sapeva che Lokenath era venuto per dimostrare che si posso-no attraversare tutte le umane debolezze, sollevarsi al di sopra di esse eraggiungere la buddità per portare sollievo a milioni di anime sofferenti.

Nella vita della maggior parte dei grandi santi leggiamo soltanto le sto-rie delle loro pratiche più difficili, della loro purezza e del loro sacrificio.Non riusciamo ad immaginarli mentre lottano contro difetti e comporta-menti simili ai nostri. La nostra mente ha un’idea fissa e preconcetta dipurezza e perfezione nella vita dei grandi santi, ma tali preconcetti dannoorigine al senso di colpa, che ci fa sentire ancora più indegni della luce edella grazia con cui Dio ci attira più vicino a Lui. La sensazione di nonmeritare Dio o la grazia di Dio, e tanto meno l’intimità o l’unità con ildivino, ci fa cadere dal sentiero, scoraggiati nella nostra ricerca del divi-no, pensando che sia una meta irraggiungibile. Ci sono sempre preti ecosiddetti insegnanti di religione che accendono il senso di colpa e diindegnità nella gente, sbandierando immagini pure e perfette della vitadei grandi santi e saggi. Per loro è inconcepibile che ci sia spazio per ilmanifestarsi di emozioni nella vita di un grande maestro spirituale.

La vita di Baba Lokenath, in tutti i suoi dettagli, è stata modellatadalla provvidenza per ispirare persino “il più basso di tutti” a sollevarsidalla sua posizione attuale e raggiungere il destino supremo dell’esisten-za umana. Se Baba ha potuto provare un attaccamento così profondo perquesta donna, dopo aver fatto voto di celibato e dopo anni di intensapratica dell’Hatha Yoga e di tecniche yogiche, perché dovrebbe scorag-giarsi un ricercatore che cade preda della stessa Maya? L’esempio di BabaLokenath, che attraversò questa prova eppure la trascese diventando l’e-sempio perfetto di yogi himalayano, è un invito a tutti affinché abban-donino la sensazione di indegnità personale risolvendola con la graziadel divino e di Baba: anche voi potete perfezionare voi stessi sulla viache vi riporta a casa, da Dio.

Ascoltiamo tutti l’episodio della vita di Baba così come l’ha descrit-to una volta al suo caro devoto, Kuladananda Brahmachari, che lo regi-strò nel suo diario personale, successivamente pubblicato con il titolo SriSri Satguru Sanga.

Baba disse: “Era destino per me che il mio guru mi portasse in unluogo dove viveva una giovane vedova. Questo mi diede la possibilità dipassare del tempo con quella ragazza traendone molto piacere. La cosa

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UNA LEZIONE SU MAYA

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continuò per quasi tre anni. Gradualmente il mio bisogno in quel campocominciò a diminuire, improvvisamente ebbi un pensiero profondo:‘Che cosa sto facendo? Ho rinunciato ai miei genitori e alla mia casapartendo con questo santo maestro per poi finire in questa situazione?’.Provai un profondo senso di frustrazione. Cominciai a chiedere al mioguru di partire per un altro luogo senza più tardare. Per alcuni giorni nonvolle ascoltare le mie richieste, poi cominciò intenzionalmente a ritar-dare la partenza rimandando sempre all’indomani. Il mio senso di urgen-za a lasciare quel luogo cresceva. Quando la mia decisione divenne fortee irrevocabile, Gurudev finse di essere malato.

“Un giorno provai un impulso incontrollabile ad andarmene e dissirudemente: ‘Non posso stare qui un solo minuto in più’. Gurudev disse:‘Mi sento molto malato, resteremo qui per altri due giorni’. Accecatodalla collera, afferrai un grosso bastone e mi precipitai verso il mio gurudicendo: ‘Quando te ne vai in giro per il villaggio o chiedi l’elemosina ocucini per noi non sei affatto malato, però non appena ti dico: ‘Andiamovia da questo posto’ cominci a stare male. Oggi ti ucciderò e uccideròanche me stesso’. Il mio vecchio maestro fuggì, ma dopo poco tornò edisse: ‘Andiamo, adesso è il momento’.

“Quando uscimmo dal villaggio chiesi a Gurudev: ‘In tutti questi gior-ni non ti sei curato di ciò che ti dicevo. Perché mi hai ascoltato oggi?’.Il mio guru disse: ‘Non l’avevi mai detto nel modo in cui ti sei espressooggi, figlio mio. Avevi abbandonato i piaceri, ma i piaceri e l’attacca-mento non avevano ancora abbandonato te. Oggi questo è accaduto’”.

Questa importante affermazione di Guru Bhagawan necessita di pro-fonde riflessioni per essere compresa. È estremamente comune per tutti gliesseri umani rendersi conto che gli attaccamenti portano l’infelicità nellavita. A tutti i livelli del sadhana, i praticanti cercano di abbandonaremiriadi di abitudini che riconoscono come dannose per se stessi (e per glialtri) e che sono di ostacolo alla pace interiore che rappresenta il fonda-mento del vero progresso spirituale. Quasi sempre però, anche se si abban-dona l’abitudine in sé, questa riappare talvolta più vigorosa. Nonostantele decisioni più radicali, persino gli yogi ai livelli più alti cadono. Finchénon ci siamo stabiliti pienamente e naturalmente nella condizione dilibertà dall’ego e dal desiderio, rimangono molte possibilità di caduta. Perquesto le Upanisad (i Veda) descrivono la via della spiritualità come cam-minare sul filo di un rasoio. La Bhagavad Gita ci insegna che questa Mayaillusoria è insormontabile senza la grazia del guru e di Dio.

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Le parole di Guru Bhagawan ci ricordano che non è sufficiente abban-donare qualcosa che sembra causarci dolore e infelicità. Le tendenze chesi manifestano nella mente sono radicate nei semi del karma che l’animaporta in questo corpo. Quando le circostanze e le situazioni diventanoparticolarmente provocanti, le tendenze latenti interiori del desiderio sirisvegliano, allungando i tentacoli per attirare l’oggetto del piacere piùvicino, finché il desiderio è soddisfatto. Soddisfacendo ripetutamente idesideri la sete aumenta e ricomincia ancora.

I semi del karma si consumano attraverso un processo naturale e coltempo la sete di piacere diminuisce. Man mano che il ricercatore passaattraverso fasi di causa e di effetto sperimentando le conseguenze interioried esteriori dell’attaccamento, il bisogno di risvegliarsi alle verità superiorisi afferma e diventa un desiderio sempre più prorompente di trovare pace earmonia più profonde di quelle che si possono raggiungere attraverso i desi-deri materiali e la loro soddisfazione.

Attraverso la grazia di Dio e del guru, il ricercatore diventa incrollabil-mente determinato ad abbandonare i desideri inutili. I suoi sforzi diventa-no più potenti e concentrati e attirano la grazia del guru per diventarecapace di sollevarsi al di sopra del karma. Questo è esattamente ciò cheaccadde nel caso di Lokenath. Guru Bhagawan ne fu testimone, appro-vando e guidando gli eventi finché il discepolo ebbe esaurito i semi delkarma attraverso i propri sforzi.

Non dobbiamo pensare che la ragazza sia stata abbandonata daLokenath dopo che i semi del loro karma insieme erano stati bruciati.Proprio come Lokenath aveva dovuto bruciare il proprio karma, anchela ragazza dovette rendersi conto che una relazione con un monacorinunciante era contraria alla norma sociale e non avrebbe portato cheulteriori sofferenze nella sua vita. Accettò la compagnia e l’amicizia diLokenath finché i debiti da entrambe le parti furono estinti. Nella socie-tà induista del diciottesimo secolo le vedove erano tenute a condurreuna vita di rinuncia, consumando solo cibi vegetariani, osservando stret-tamente il celibato e dedicandosi all’amore e alla devozione per Dio. Inultima analisi, la compagnia di Lokenath ispirò il seme di Dio che era inlei. Lokenath proseguì nel suo cammino di verità come mendicanteerrante e la donna, trasformata dal contatto con un sannyasi, offrì la pro-pria vita al Divino per raggiungere lo stato di libertà dal desiderio.

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UNA LEZIONE SU MAYA

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Esercizio di Meditazione

Il desiderio offerto nel Cuore della Compassione (usate il desideriosessuale se vi crea dei problemi).

Sedetevi tranquilli. Entrate interiormente in preghiera, invitando lapresenza di Baba. Chiedete la grazia di Baba affinché vi aiuti a risolvereun desiderio che vi turba. Innanzitutto riconoscete il desiderio e il pro-blema che vi sta causando, la verità e la forza della sua esistenza in voi.Accettatelo come parte della condizione umana, come un’opportunitàper sottomettervi più profondamente e un’occasione di grazia.

Con gli occhi chiusi, sperimentate il desiderio semplicemente comeenergia che si muove attraverso di voi. Lasciate che questa energia scor-ra liberamente attraverso il vostro corpo per qualche tempo, qualunquegrado di intensità assuma. Poi immaginate il cuore di Baba, il cuore dellacompassione infinita, tutto attorno e dentro di voi. Dirigete l’energia deldesiderio e tutti i problemi che vi provoca dentro il cuore di compassio-ne divina di Baba, lasciatelo andare a scomparire nella dolce essenzadella compassione per tutti. Poi, ogni volta che il desiderio riappare,ripetete il procedimento usando le stesse immagini.

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. Capitolo 5 .

LA REALIZZAZIONE DEL SÉ ELA DEVOZIONE AL GURU

Austerità sull’Himalaya

Considerato il terreno più sacro tra tutte le terre sacre in India, lapatria della spiritualità, l’Himalaya è sempre stato un campo rarefatto dipura energia divina. Attirati da tempo immemorabile dalla pace e dallatranquillità di queste vette inviolate, che sono ideali per il viaggio inte-riore verso il Sé, i grandi ricercatori della verità eterna, i più grandi yogie Rishi che sono i veri studiosi della scienza della vita, sono affluiti quiin modo costante. La squisita bellezza della natura e le vibrazioni spiri-tuali indisturbate sono favorevoli all’esperienza del campo unificato dipura energia ed essere che costituisce il substrato di tutte le manifesta-zioni superficiali. La mente viene elevata spontaneamente, distaccatadalle banalità mondane della vita quotidiana, perché la natura esterioreinfluenza ed informa la natura interiore.

I saggi e i Satguru dell’India che sono vissuti nell’Himalaya durante igiorni della loro pratica, come anche i pochi rari individui che hannoraggiunto le altezze e le grotte inaccessibili, raccontano di avervi incon-trato yogi e Rishi (coloro che contemplano la verità) vecchi di tre oquattrocento anni. Queste anime antiche e grandi sono sempre immer-se nella più profonda meditazione, dimentiche del corpo e del tempo,totalmente assorte nella consapevolezza cosmica. Vivono ad altitudiniestreme, in grotte nascoste, e dunque soltanto coloro che sonoPranayama Siddha (che hanno la padronanza completa della propriaaria vitale) possono raggiungerli attraverso la grazia del Satguru. A causadella presenza costante sull’Himalaya di tali sublimi saggi che intensifi-cano il campo di energia spirituale, questa zona è considerata la sededella cultura spirituale del mondo.

Lasciando il loro villaggio natale, i tre monaci erranti si diresseroverso l’Himalaya. Camminarono per tutta la strada, oltre mille miglia,passando attraverso molte foreste e giungle. A un certo punto sulla

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LA REALIZZAZIONE DEL SÉ E LA DEVOZIONE AL GURU

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strada incontrarono un mistico che era in grado di predire il futuro.Lokenath chiese al veggente se sarebbe stato capace di sopportare ilfreddo intenso che avrebbero dovuto affrontare nelle regioni innevatedell’Himalaya e se avrebbe raggiunto la realizzazione del Sé in quellavita. In risposta alle due domande il mistico affermò: “Tu realizzerai il Séin questa vita mentre esegui il tuo sadhana (pratica spirituale)sull’Himalaya. Attraverso lo yoga, imparerai a vivere nella neve senzaalcun problema fisico”. Lokenath fu estremamente felice e si sentì anco-ra più determinato nella via e nella meta. Dopo mesi di viaggio a piedi,finalmente raggiunsero l’Himalaya.

Lokenath, più tardi conosciuto come il Realizzato, parlava moltopoco del sadhana che aveva compiuto durante i quaranta lunghi annisull’Himalaya prima di raggiungere la realizzazione di Dio.

Lokenath era nato con una naturale tendenza per la fede profonda el’amore per il divino. La sua acuta intelligenza gli permetteva di assorbi-re e mettere in pratica i semi scelti che Guru Bhagawan aveva raccoltodal proprio profondo studio di Upanisad, Gita e Patanjali Yoga, e cheaveva seminato amorevolmente nella mente di Lokenath. La qualità piùimportante di Lokenath, però, era la sua sottomissione sincera e infanti-le al suo guru. Tale sottomissione era assolutamente incondizionata, al dilà di qualsiasi domanda, e diede a Guru Bhagawan la possibilità meravi-gliosa e necessaria di sperimentare le sue teorie su colui che le avrebbeportate alla loro manifestazione piena e pratica.

Realizzazione del Sé

Traversando le diverse vie e discipline dello yoga, Lokenath raggiun-se la vetta più alta della realizzazione. Aveva raggiunto il Sé, lo stato del-l’unione con il campo assoluto della realtà, diventando una sola cosacon l’Amato. Trascendendo ogni dualità e molteplicità, si era stabilitonel campo non duale di pura energia e puro essere - testimone piena-mente consapevole del gioco divino in tutte le sue innumerevoli formenella danza estatica di creazione, conservazione e distruzione.

A chi poteva parlare Baba di questo stato straordinario della sua mente?Chi avrebbe compreso il suo linguaggio trascendente? A volte, però, Babaparlava: “Le parole sono un veicolo così limitato per esprimere

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l’esperienza interiore. Qualsiasi tentativo di ridurla in parole non fa altroche sminuire la verità Suprema. È come un muto che cerchi di spiegare ilgusto del nettare”. Parlando con i suoi devoti intimi, Baba diceva:“Quando parlo di queste cose non riesco a mantenere il contatto con ilmio corpo. Quando penso a quello, divento quello e sono distaccato dallaconsapevolezza del corpo. È impossibile esprimere il sentimento più pro-fondo di felicità estatica secondo il linguaggio umano”.

“Tutto ciò che esiste nella creazione infinita esiste all’interno di me. In mec’è l’universo intero. Io sono l’esistenza al di là di spazio, tempo e causa. Lamia esistenza è senza inizio e senza fine. Io esisto in una espansione eterna.Queste sono parole da non condividere. Per questo motivo mi vedetepassare del tempo con gli uomini sposati, a soddisfare le loro richiestemateriali. Non pensate che quando sono impegnato con tutti voi nellecose materiali io perda il contatto con quella condizione estatica. No,chiunque raggiunge tale stato non cade mai da quella posizione. Nientepuò essere visto come isolato, solo come esperienza del Tutto. Nellavarietà consiste il gusto dell’Unità”.

“Poiché io mangio, bevo, soddisfo le esigenze corporali e vivo comeuno qualsiasi di voi, pensate che io sia come voi. Il vostro più grandeerrore è pensare a me come un corpo. Come posso spiegarvi chi sono?Tutti quanti sembrano così assorti nel soddisfare piccoli desideri.Incoscienti, dimentichi del proprio vero ‘io’”.

Le parole con cui Baba Lokenath si identifica con la verità supremascorrono come musica divina dal mondo trascendente. Riecheggiano leparole di Krishna nella Bhagavad Gita: “Le persone ignoranti che Mivedono nella forma umana Mi scambiano per un comune essere umano.Non sono in grado di comprendere che Io sono il Paramatman [Dio]”.(Gita, 9.11)

Esiste anche un testo vedico che spiega lo stato yogico di Baba:“L’unico Essere divino è nascosto in tutti gli esseri. È onnipresente, il Séche risiede interiormente in tutti gli esseri, il testimone, colui che con-cede la consapevolezza, incondizionato e libero da ogni qualità”.(Svetasvatara Upanisad 6.11)

Ricordando i suoi giorni sull’Himalaya, Baba Lokenath diceva spes-so: “Per oltre mezzo secolo il mio Gurudev mi portò attraverso le disci-pline più intense dello yoga. Con umiltà e sottomissione seguii le sueistruzioni praticando le diverse vie dello yoga. Se talvolta avevo dei

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dubbi, come una madre infinitamente paziente e amorevole Gurudev miguidava attraverso l’intero problema fino a un’esperienza più elevata.Con la più profonda fede in lui percorsi facilmente la via verso la meta.Attraversai i passi più difficili delle pratiche dello yoga con la sua graziae la sua capace guida. Immerso nell’oceano di felicità eterna dello statodi samadhi, non avevo alcuna consapevolezza del tempo.

“Mentre ero in samadhi il mio corpo veniva ricoperto da mucchi dineve, che poi si scioglieva. In quello stato sublime non avevo alcunasensazione dell’esistenza del mio corpo. Rimasi in quello stato di samad-hi (consapevolezza cosmica) per un tempo molto lungo. Poi finalmentevenne rivelato lo stato spontaneo della verità suprema. In quello statodi consapevolezza non c’era nessuna differenza tra me e il resto delcosmo in tutte le sue manifestazioni. L’interno e l’esterno si fondevanototalmente l’uno nell’altro come un’espressione della felicità suprema,della gioia assoluta. Non esiste uno stato superiore a questo che si possaraggiungere nella vita umana, né con lo sforzo più totale, né con la gra-zia divina”.

Mentre Baba Lokenath raggiungeva questo stato di buddità, fiorendonella divinità, l’intera natura celebrava questo raro momento nella sto-ria umana. Per madre natura ci vuole molto tempo per vedere la fioritu-ra del seme divino. Baba aveva novanta anni e il suo guru era un vegliar-do di centocinquanta anni. Ma per quanto la natura celebrasse, c’erauna sola eccezione, e quella era Buddha Lokenath stesso.

Discepolo e guru: lo specchio dell’amore

Mentre Lokenath piangeva, alzò lo sguardo su colui che l’aveva con-dotto alla perfezione suprema. Per la prima volta si rese conto della veragloria del suo guru. Questa grande anima che non si preoccupava dellapropria liberazione aveva sacrificato la propria vita per l’illuminazione deisuoi discepoli. Sopraffatto dalla rivelazione, Baba disse: “Oh! Gurudev!Ho attraversato l’oceano di questa creazione mayica (illusoria) ma vedoche tu sei ancora nel mezzo. Hai tollerato tante difficoltà per me e comerisultato io ho raggiunto la liberazione, ma tu sei rimasto nello stessostato. Io non sono paziente! Mi preoccupo di quando tu sarai liberato”.

Lo stato di non-mente che il ricercatore sperimenta come Nirvikalpa

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Samadhi è una condizione al di là delle vibrazioni di bene o male, puroe impuro, dolore e piacere, lode o insulto, virtù o vizio. Coloro che pra-ticano intense austerità e vi si dedicano per la propria salvezza personalenon tornano alla consapevolezza del corpo dopo aver raggiunto l’unionesuprema.

Per coloro che hanno nel proprio cuore i semi della compassione edell’amore, in quello stato di non-mente tutti i semi latenti del desiderioe delle tendenze si dissolvono e scompaiono. Gli unici semi che non ven-gono bruciati sono quelli dell’amore e della compassione. Jagad-guru, ilSignore dell’Universo, ordina a queste incarnazioni di amore e compas-sione di redimere l’umanità sofferente. I semi dell’energia sessuale ven-gono trasformati in amore travolgente, che tutto comprende. L’istintodella collera si trasforma nell’energia divina e santificante della compas-sione. Il Signore manifesta questa divina trasformazione nel corpo divi-nizzato del Satguru soltanto per dimostrare al mondo la possibilità spe-ciale e suprema dell’anima umana. Come dice Meister Eckhart: “Il semedi Dio è in noi. Dato a un contadino intelligente e industrioso, prospe-rerà crescendo fino a Dio, al quale il seme appartiene, e di conseguenzai suoi frutti avranno la natura di Dio. I semi di pera diventano alberi dipere, le noci diventano alberi di noci, i semi di Dio diventano Dio”.

Guru Bhagawan poté identificare in Lokenath questo perfetto conta-dino, perché l’aveva aiutato a nutrire e coltivare il seme di Dio che erapoi fiorito nel Lokenath illuminato. Sapeva che quando Lokenathavrebbe raggiunto il Supremo, i grandi fiumi del suo amore e della suacompassione sarebbero fluiti in direzioni diverse, nutrendo e trasfor-mando la vita fisica e spirituale di molte persone. Nel successo del suodiscepolo, Guru Bhagawan poteva prevedere la liberazione e la reden-zione di milioni di anime sofferenti in tutto il mondo nell’era successi-va. Questa era la sua massima soddisfazione come guru. Che cosa potreb-be aspettarsi o desiderare di più un guru? Per questo motivo GuruBhagawan lavorò molto duramente per tutta la vita per Lokenath. Sisentiva onorato di contribuire con il suo nobile sforzo a portare quellebenedizioni nel mondo.

Con amore materno, Guru Bhagawan sollevò il corpo alto e nudo diLokenath, con i suoi lunghi capelli incolti, vibrante di energia divina inogni cellula, e lo abbracciò. Ai suoi occhi, Lokenath era ancora il bambi-no undicenne che aveva preso per mano lasciando il villaggio nel giorno

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della cerimonia del filo sacro. Disse a Lokenath: “Non piangere. Il tuoeccezionale successo ha aperto i miei occhi. Ho potuto vedere in te ladimostrazione pratica del successo attraverso la via della fusione di Jnana(la conoscenza discriminante) e Bhakti (la sottomissione devozionale)come le ha insegnate Sri Krishna nella Gita. La via della ricerca delSupremo attraverso l’intelligenza discriminante è una strada arida. Iosono riuscito a creare in te la più straordinaria combinazione tra la testae il cuore. Sei riuscito a raggiungere la vetta soltanto grazie alla tua inno-cente sottomissione al guru e alla profonda fede in te stesso e in Dio. Nonti preoccupare di me. Ben presto andremo a Varanasi e là io lascerò que-sto mio vecchio corpo consunto, venendo poi a te nella mia prossimaincarnazione. Allora sarà tua responsabilità riconoscermi e guidarmi sullavia di questa grandiosa sintesi di yoga fin dall’inizio. Assicurati che io noncommetta di nuovo qualche errore. Attraverso di te le porte della libertàeterna si apriranno per me”.

Lokenath rimase deliziato nel sentire le istruzioni del suo guru: questaera l’opportunità di ripagare il grande debito che aveva nei suoi confron-ti. Durante tutto il suo viaggio spirituale aveva soltanto ricevuto la cura,l’amore e il servizio del suo guru, ma non aveva mai avuto la possibilità dioffrirgli qualcosa in cambio. Si gettò nuovamente ai suoi piedi e lo lodòdicendo: “Io ti appartengo e rimarrò sempre tuo. Tu raggiungerai la tualiberazione attraverso questo corpo del tuo discepolo. Sarò immensamen-te felice di servirti in qualsiasi modo vorrai”.

Secondo le scritture, il guru non può sottomettersi ai piedi del disce-polo finché continua ad esistere nello stesso corpo. Che sia illuminato ono, il guru è sempre il guru, l’incarnazione di Esistenza-Consapevolezza-Assoluta Felicità. Il discepolo che disobbedisce al guru o dà rifugio spiri-tuale al guru non si comporta secondo le istruzioni spirituali contenutenelle antiche scritture vediche - anche se il discepolo, come nel caso diBaba Lokenath, è uno Yoga Siddha, un risvegliato. Perciò GuruBhagawan doveva tornare in una vita successiva se desiderava riceverel’illuminazione da Lokenath. Guru Bhagawan avrebbe potuto facilmenteraggiungere tale stato in quella stessa vita sotto la guida di un altro guru,se l’avesse voluto. Ma sia Guru Bhagawan sia Lokenath onorarono l’auto-rità della regola delle scritture secondo cui Guru Bhagawan doveva rina-scere con un nuovo corpo per raggiungere la realizzazione del Sé. Questoè certamente un episodio straordinario nella storia della spiritualità.

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Non esiste legame più forte o più imperscrutabile di quello tra guru ediscepolo. La relazione può cambiare nel corso di molte vite, ma il lega-me che viene forgiato nel fuoco dell’anima non può mai essere spezzato.Il guru e il discepolo si riconosceranno sempre a vicenda. Così GuruBhagawan sapeva che avrebbe ritrovato Lokenath nella vita successiva.

Questo episodio della vita divina di Lokenath ci offre una lezionesilenziosa. Persino se il guru non è illuminato, se il discepolo pratica conla massima fede e incrollabile dedizione la via indicata dal guru, alloraper la pura grazia del maestro che lavora attraverso il guru, il discepolopuò raggiungere il livello più alto di realizzazione del Sé. Non soltanto:proprio come il discepolo ottiene un beneficio immenso quando il gururealizza il Sé, così anche quando il discepolo raggiunge lo stato della rea-lizzazione suprema, anche il guru riceve la benedizione della grazia infi-nita attraverso il puro veicolo del discepolo illuminato. Il guru è unosenza uguali, il Signore dell’Universo.

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Esercizio di Meditazione

Benché l’illuminazione raggiunta da Baba superi la nostra compren-sione, in virtù della sua unità con tutta la creazione Baba è dentro di noi.Noi possiamo aprirci a ricevere un’infusione della sua sublime energia.

Prendetevi qualche istante per aprire il vostro cuore a Baba pura-mente a livello energetico. Chiedete a Baba di nutrire il vostro cuore ela vostra anima con l’energia della sua consapevolezza cosmica in modiche potete assorbire e sperimentare, ma che sono al di là dell’espressio-ne verbale. Percepite la sua presenza che vibra dentro di voi. Poi rileg-gete con un atteggiamento di preghiera le descrizioni di Baba sul suostato illuminato. Percepite la sua energia divina che scorre attraverso ilcanale delle sue parole dentro il vostro corpo in modi che superano lavostra possibilità di comprensione. Chiudete gli occhi per assorbire piùpienamente qualsiasi movimento di energia, grazia, introspezione o col-legamento con Baba che si verifichi nel corso della lettura.

Ripetete spesso questa meditazione.

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. Capitolo 6 .

UN PONTE CHE UNIFICA LE RELIGIONI

Dopo che Baba Lokenath ebbe raggiunto l’illuminazione, i tre yogilasciarono le loro grotte himalayane diretti a Mecca e Medina, i luoghisacri di pellegrinaggio dei musulmani. Dopo aver vissuto sulle vettenevose dell’Himalaya per cinquant’anni e aver padroneggiato e sintetiz-zato le vie della sua originaria tradizione induista, Lokenath ora si misein cammino con Guru Bhagawan e Benimadhav, determinato a studia-re il sacro Corano.

Camminarono per tutto il tragitto dall’Himalaya fino a Kabul.Vedendo l’energia che irradiava dai tre yogi, i musulmani li accoglieva-no volentieri. Mollasadi, un grande studioso del Sacro Corano, si feceavanti per dare loro il benvenuto e li invitò nella sua casa come ospiti diriguardo, dove rimasero a studiare il Corano sotto la sua guida.

Baba Lokenath fece del proprio corpo un laboratorio per la veritàeterna secondo la quale, nonostante la molteplicità delle vie, la meta èunica e condivisa da tutte le religioni. Attraverso il suo studio delCorano Baba intraprese un secondo viaggio in quella stessa verità unicache aveva già raggiunto.

Nella Bhagavad Gita, Sri Krishna afferma che tutto ciò che fanno lepersone sante viene seguito come esempio dalle masse. Baba stava mani-festando per l’umanità intera la via che dobbiamo seguire. Come esempiovivente, Baba dimostra lo spirito universale che è l’essenza di ogni veraesperienza spirituale e ci indica la pace e l’armonia che costituiscono l’es-senza di tutte le religioni. Baba ci chiede di cercare nei regni superiori,nella esperienza diretta del divino, dove scompaiono tutte le barriere,tutte le divisioni tra religioni. Ci invita a dimenticare le differenze ai livel-li più bassi di credo, forma e rituale, perché è per ignoranza delle verità piùprofonde e per identificazione con le forme esterne del rituale che i fana-tici e i fondamentalisti combattono per affermare la propria religione sullealtre. Senza avere una vera esperienza religiosa propria, le masse diventa-no greggi, facilmente manipolate e convinte a seguire le interpretazioni diinsegnanti privi a loro volta di un’esperienza più profonda. La storia anche

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UN PONTE CHE UNIFICA LE RELIGIONI

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troppo frequente di interazioni distruttive e settarie tra le religioni delmondo si perpetua in un ciclo di ignoranza della vera natura del Divino.Dio è Uno, l’Unità stessa, l’onnipresenza stessa che tutto comprende e checerca i cuori sinceramente aperti.

Baba desiderava facilitare una migliore comprensione dell’armoniaessenziale che esiste tra induismo e islam. Attraverso la comprensione, iseguaci di entrambe le religioni sarebbero stati liberati dall’ignoranzache li spingeva a impegnarsi nella violenza religiosa basata su differenzesuperficiali tra rituali e pratiche esteriori.

Nel mondo dell’illuminato non esiste la discriminazione perché ognicosa è una manifestazione del Tutto, ma per dimostrare che tutti i fiumifiniscono per fondersi nell’unico oceano e che tutte le religioni nonsono che il mezzo per raggiungere la realizzazione finale del Paramatmanonnipresente, Baba Lokenath, dopo aver raggiunto i Siddhi attraverso lapratica di tutte le discipline spirituali prescritte dalle scritture vediche,voleva dimostrare che la stessa verità poteva venire realizzata attraversola fede nell’Islam insegnata dal profeta Maometto. Il suo studio e la suapratica dei principi del Corano e la sua ferma dichiarazione “io sonomusulmano” erano un grande passo per gettare un ponte sull’abisso tra ipopoli di queste due fedi che abitavano a quel tempo in un’India nonancora divisa.

Baba Lokenath voleva offrire il suo amorevole rifugio ai suoi devotiinduisti e allo stesso tempo abbracciare i figli dell’Islam come propri. Ilsuo amore universale abbracciava tutte le religioni e tutte le fedi. Eradiventato l’oceano della grazia divina e gente di ogni fede veniva a luiper bere il nettare del suo amore compassionevole. I devoti musulmani,che lo consideravano un Pir, un’anima realizzata, portavano i loro bam-bini all’ashram di Baba per ricevere le sue benedizioni. La porta del-l’ashram era sempre aperta a tutti senza distinzioni di casta, credo o reli-gione. Baba diffondeva le sue benedizioni continuamente e chiunqueveniva le riceveva in abbondanza.

L’esperienza dell’autore a Baradi

Mi sembra appropriato raccontare qui la mia esperienza personaledurante la visita a Baradi, 35 chilometri da Dacca, nel 1994.

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Ancora oggi, l’ashram è un luogo di pellegrinaggio sia per gli induistiche per i musulmani. Nelle occasioni speciali, come la celebrazione delMahasamadhi di Baba, milioni di persone visitano l’ashram. Sono rima-sto profondamente commosso nel vedere un gran numero di fratellimusulmani seduti nell’ashram sotto i vecchi alberi di mango, accanto aifratelli induisti. Un anziano fratello musulmano si fece avanti per darmiil benvenuto e mi abbracciò tremante di estasi, con le lacrime agli occhi.La sera, un giovane musulmano di trent’anni venne da me a dirmi: “Inquesto ashram, la presenza di Baba è molto viva. Possiamo percepire lasua energia divina. Nessun musulmano potrebbe mai distruggere questotempio di Baba. Qui non può aver presa alcuna violenza o energia nega-tiva, perché Baba regna supremo”. Poi aggiunse: “Ho detto a mia madre,quando muori, prenderò la polvere di questo ashram di Baba e la mette-rò nella tua tomba, e per la grazia di Baba riposerai nella pace eterna”.

Il giorno successivo, quando mi svegliai dopo un paio di ore delsonno più tranquillo della mia vita, vidi alla mattina presto molte donnemusulmane nei loro abiti neri, con la faccia coperta, che venivanoall’ashram con offerte e candele per Baba. Hanno una fede così profon-da in Baba, che ottengono tutto ciò che desiderano da lui.

La sera dopo l’Arati (l’offerta devozionale di una lampada ad olio sul-l’altare) a Baba nel tempio, fui invitato a cantare e parlare delle gloriedi Satguru Lokenath. Mi sentivo pieno di estasi nel vedere una cosìgrande assemblea di fratelli e sorelle induisti e musulmani riuniti nellostesso luogo a condividere la vibrazione dell’Unità Universale.

Una visita a Baradi è un’esperienza che trasforma la vita intera. La pre-senza di questo Buddha compassionevole che visse qui continuamenteper 26 anni ha caricato di energia ogni particella di polvere, fino a un altolivello di potere spirituale. Migliaia di persone affluiscono ogni giorno e iloro desideri vengono esauditi dalla potente presenza di Baba Lokenath.Le porte di questo tempio universale alla divinità vivente sono aperte perl’umanità intera, senza alcuna barriera, di religione o altro - non solo perla soddisfazione dei desideri materiali, ma per dare ai ricercatori la sensa-zione e il gusto della vita superiore su questo pianeta. L’intensità della pre-senza di Baba risveglia spontaneamente i ricercatori che vengono qui peril vero scopo della vita umana e apre loro la via per raggiungerlo.

Mentre viaggiava attraverso il deserto da Mecca a Medina, Lokenathincontrò uno yogi che aveva raggiunto un livello molto elevato. Abdul

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UN PONTE CHE UNIFICA LE RELIGIONI

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Gaffar, come era conosciuto dal popolo, aveva quattrocento anni e,anche se generalmente osservava il silenzio, il successo spirituale e ipoteri di questo yogi erano conosciuti da tutti.

Quando Lokenath si sedette davanti a lui, Abdul Gaffar gli chiese:“Chi sei tu?”. Lokenath rispose: “Sono venuto a chiedere a te chi sono io”.

Compiaciuto da questa risposta, lo yogi abbracciò Lokenath e lostrinse con profondo affetto.

Abdul Gaffar gli chiese di nuovo: “Quanti giorni hai vissuto?”Lokenath fece una breve pausa per contemplare profondamente il

vero significato della domanda e comprese che lo yogi gli stava chie-dendo del ricordo delle incarnazioni precedenti.

Lokenath rispose: “Io ho due giorni”. Rivelava così che poteva ricor-dare le sue due vite precedenti. Abdul Gaffar disse: “Io ho quattro gior-ni. Posso ricordare le esperienze delle mie ultime quattro incarnazioni”.

Entrambi i veggenti della verità si scambiarono le proprie esperienzeindividuali del livello spirituale più alto. L’incontro fu veramente stori-co. Durante la sua conversazione con Lokenath, Abdul Gaffar espresseil suo rispetto per Guru Bhagawan dicendo: “Tu hai raggiunto un livel-lo così alto soltanto attraverso la grazia e la capace guida del tuo guru. Ionon ho avuto la guida di un maestro così competente nella mia vita”.

Negli anni successivi trascorsi a Baradi, Baba Lokenath insegnò almondo l’universalità di tutte le religioni. Il modo sottile in cui scelse diimpartire la sua saggezza è difficile da comprendere. Sorprendeva i suoidevoti definendosi un “Mussalman” (musulmano) anche se era nato in unafamiglia induista. Quando gli chiesero perché si definisse musulmano, Babadisse: “La parola Mussalman deriva da ‘Mussalam Imaan’, che indica unapersona in cui si trova la divinità totale”. Nello stesso spirito di universali-tà Baba disse: “Ho viaggiato in lungo e in largo in tutto il mondo e ho trovatosoltanto tre bramini: Abdul Gaffar, Trailangya Swami e me stesso”. SecondoBaba un bramino è uno che conosce il Brahman, la verità suprema, e nonuna persona nata in una famiglia di casta braminica della religione indui-sta. Benché Abdul Gaffar fosse di religione musulmana, era un bramino nelsenso più puro perché conosceva il Brahman, la realtà assoluta.

L’affermazione di Baba “io sono musulmano” e il suo riferimento adAbdul Gaffar come bramino hanno un profondo significato spirituale.L’intenzione sottile che Lokenath aveva senza dubbio in mente nel farequeste affermazioni ardite e polemiche in un periodo in cui il dogmatismo

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religioso era al culmine, puntava a stabilire il fatto che praticando la spi-ritualità un individuo di qualsiasi fede religiosa può raggiungere il livel-lo che si trova al di là delle limitazioni umane nonostante il condizio-namento imposto dalle sette di induismo, islam e cristianesimo.

Dopo aver lasciato la Mecca, Guru Bhagawan decise che era arrivatoil momento di lasciare il suo vecchio corpo consunto. L’ora si avvicina-va e così disse a Lokenath e Benimadhav che voleva andare a Kashi(Varanasi), il sacro luogo di pellegrinaggio sulla riva di Madre Gange.

Sulla via per Varanasi incontrarono un grande yogi di nome HithlalMishra che era molto famoso a Varanasi come Trailangya Swami, loShiva vivente. Aveva vissuto per oltre duecento cinquanta anni e pote-va ricordare le esperienze delle sue ultime tre vite.

Guru Bhagawan si sentì molto sollevato nell’incontrare TrailangyaSwami perché era preoccupato per il futuro dei suoi figli. Nel corso deidecenni aveva sviluppato il tenero amore di una madre e non riusciva apensare a Lokenath o Benimadhav che come ai suoi bambini, nono-stante il fatto che a quel tempo avessero già cento anni.

Aveva fiducia che Trailangya Swami fosse la persona giusta per assu-mersi la responsabilità della loro cura. Un giorno mise la mano diLokenath e Benimadhav nelle mani di Hithlal e con le lacrime agliocchi disse: “Oggi affido la responsabilità di questi miei bambini nelletue mani capaci. Da questo giorno in poi, tu sarai il loro tutore”.Trailangya Swami accettò in silenzio.

Poco dopo Guru Bhagawan andò al Manikarnika Ghat sulla riva delsacro Gange e lasciò il suo corpo fisico seduto in meditazione. Lokenathsapeva che il suo amato Gurudev se n’era andato, così toccò lievemen-te il corpo e quello cadde a terra. Come figlio e discepolo devoto,Baba Lokenath compì gli ultimi riti funebri secondo le regole delle sa-cre scritture.

Così avvenne il trapasso di Guru Bhagawan Ganguly, un illustrefiglio di Madre India che aveva dedicato tutta la sua vita a creare unsanto destinato a dare rifugio al mondo, come un immenso albero bania-no. Guru Bhagawan si era dedicato completamente al servizio degli altriin questa vita e avrebbe ricevuto la ricompensa della propria realizzazio-ne nella successiva, come Baba Lokenath aveva promesso.

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UN PONTE CHE UNIFICA LE RELIGIONI

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Esercizio di Meditazione

Visualizzate la Terra dallo spazio: un gioiello risplendente di blu everde che scintilla di divinità in tutte le sue forme di vita. Osservate ipopoli di ogni continente nel corso del tempo, toccati dal sacro tuttoattorno a loro, che onorano il divino.

Visualizzate la vita di luce che è sempre sgorgata dalle preghiere diogni cuore umano. Ogni giorno quella luce ha circondato il globo, scor-rendo dalle anime dei più grandi santi e delle persone più semplici.Osservate ogni atto gentile, ogni gesto altruista, ogni sforzo per solleva-re la vita al di là delle limitazioni, come una preghiera di luce pura.Sperimentate la bellezza di quella luce... la sua dolcezza scintillante... lasua capacità di rafforzare e incoraggiare il bene in ogni altro cuore.Osservate il pianeta e la sua gente guarire mentre l’umanità giunge areclamare l’immensità di questa luce come la sua giusta eredità umana.Osservate questa luce che danza gioiosamente e canta per tutta la dura-ta della nostra vita, portandoci a casa, alla nostra unità.

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. Capitolo 7 .

BABA ESPLORA LA TERRA

Dopo il trapasso di Guru Bhagawan, Lokenath sentì un profondoimpulso ad esplorare gli angoli più remoti della Terra. Interiormente,Baba aveva visto molto del mondo e di tutto ciò che è al di là della mate-rialità, mentre era nella condizione sublime della sua consapevolezza purae unificata. Ora scelse di camminare sulla terra e di osservare personal-mente e fisicamente, come puro testimone divino, l’infinita gamma disublimi manifestazioni dell’essenza divina che si trovano sul pianeta.

I Veda proclamano che la più alta introspezione possibile per l’uma-nità è “Sarvam khalu edam brahman” (in verità tutto è Brahman, con-sapevolezza pura). È questa pura energia di consapevolezza divina checostituisce la fonte di ogni essere e forma e, in quanto essenza primor-diale, creativa ed elementale, si riversa in forme sempre nuove di mani-festazione. Questo divino immanente interiore è l’Uno la cui esistenzarisplende attraverso i molti (per coloro che hanno gli occhi e il cuore pervedere). Per la consapevolezza umana ordinaria, il mondo che vediamoe tocchiamo, gustiamo e odoriamo è reale e concreto e offre la testimo-nianza convincente e confermata dai millenni di realtà materiali sepa-rate, formando un blocco nella mente umana, rendendoci ciechi allaverità più sottile e suprema della nostra origine e del nostro essere, chesono divini. Noi siamo prigionieri, soggetti alla danza di Maya (illusio-ne) in un mondo in cui l’Uno si trova in uno stato costante di flusso nelcambiamento, e siamo tagliati fuori dalla realtà dimensionale e risplen-dente della nostra stessa vita e dalla sua partecipazione alla meraviglio-sa vita attorno a noi. Soltanto il vedantin che ha raggiunto la realizza-zione del Sé vede in modo coerente, con la vista integrale: gioisce nelgioco di Maya e nella piena rivelazione della divinità che ne viene oscu-rata. Al di là di questo, come Uno senza uguali, il Sé Non-Duale vedeperò il pieno splendore della luminosa realtà che danza attraverso tuttele manifestazioni come il proprio vero essere. In quello stato di unità,nello stato di “io sono”, “Dio è il Tutto”.

Baba Lokenath non parlava molto dei suoi lunghi viaggi, ma quel

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BABA ESPLORA LA TERRA

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poco che rivelò è straordinario. I grandi yogi Lokenath, Benimadhav eTrailangya Swami viaggiarono insieme per trenta o quarant’anni,cominciando con il recarsi a piedi a visitare l’occidente. A proposito diquesta parte del viaggio, Baba disse molto poco oltre al breve commen-to: “Il limite del viaggio a occidente è stato il mare”. Una volta, alcuni ingle-si visitarono l’ashram di Baba a Baradi e discutevano di una parola ingle-se che veniva pronunciata in modo differente dai francesi. Baba pro-nunciò alcune parole di francese e disse loro che aveva visitato laFrancia. Possiamo dunque presumere che quanto meno viaggiando nelcontinente europeo si spinse fino all’Oceano Atlantico.

In tutto Baba visitò tre volte Mecca e Medina durante la sua vita, evi si recò a piedi. Alla Mecca era molto rispettato dai musulmani ed eraconsiderato un santo dal grande potere spirituale e molto progredito. Erasempre trattato con la massima ospitalità. Come disse Baba: “La gentemusulmana mi disse: ‘se vuoi cucinare da solo puoi naturalmente farlo,noi ti forniremo tutto il cibo di cui hai bisogno, oppure, se ce lo per-metti, saremo felici di cucinare noi per te.’ Io accettai la seconda propo-sta. Osservarono tutti i rituali di pulizia e si coprirono la bocca mentrepreparavano i pasti in modo che il cibo non rimanesse contaminatodalla saliva che può cadere dalla lingua mentre si parla”.

Quando i tre yogi arrivarono a Medina, una grande folla fu natural-mente attratta da Lokenath per la sua forte presenza spirituale e per lasua padronanza della saggezza del Corano. I ricercatori islamici andava-no da lui come da un maestro realizzato, affidandosi alla sua guida spiri-tuale attraverso la loro via dell’Islam. Erano sorpresi e lieti di vedere unoyogi induista dell’Himalaya che aveva una saggezza così profonda e unatale padronanza dei più profondi segreti dell’Islam.

Gli insegnanti religiosi islamici locali andarono a incontrarlo pieni didubbi riguardo al vero scopo di questo induista e rimasero stupefatti nelsentire le sue interpretazioni del Corano, che erano le più profonde e lepiù naturali possibili. Conquistati dalla sua innocenza infantile e dallatenerezza del suo amore sublime che trascende ogni barriera religiosa,offrirono a Baba amore e sostegno.

La gente che andava a visitare Baba non se ne andava mai a manivuote. La maggior parte dei musulmani arrivava con dolci fatti in casa peroffrirli ai suoi piedi. Dopo averne assaggiato un po’ Baba distribuiva il resto,insieme con le sue benedizioni, ai ricercatori che andavano a trovarlo.

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Era una rara emozione per gli abitanti di Mecca e Medina vedere yogidell’India che incarnavano l’amore dell’universalità.

Dopo aver viaggiato in lungo e in largo attraverso Arabia, Israele,Persia, Afganistan e varie parti d’Europa, i tre tornarono nel gremboamorevole di madre Himalaya. Poiché si erano stancati di viaggiare sol-tanto in pianura, Lokenath decise di intraprendere il viaggio storico sullavia del Mahaprasthana, il sentiero che attraversa la catena himalayana,già percorso da Yudhisthira con gli altri fratelli Pandava e la loro moglieDraupadi, per raggiungere il paradiso con il loro corpo fisico dopo cheSri Krishna aveva lasciato il corpo (come racconta il Mahabharata).Secondo la leggenda, ancora oggi oltre il tempio di Badrikashram c’è unsentiero conosciuto come la via del Mahaprasthana, il ritiro finale.

Baba Lokenath voleva viaggiare sullo stesso percorso, ma prima diiniziare il viaggio sapeva che sarebbe stato saggio abituare il corpo alletemperature estremamente basse in modo da poter sopravvivere e cam-minare senza difficoltà, così rimase con Benimadhav nella zona diBadrikashram durante le varie stagioni, quelle fredde e quelle calde.Questa zona rimane chiusa per sei-otto mesi all’anno ed è umanamenteimpossibile rimanere lì per tutto l’anno. Ancora oggi i cancelli del tem-pio sacro di Badrinath rimangono chiusi per oltre sei mesi, poichédurante quel periodo l’intero tempio è ricoperto dalla neve.

Lokenath e Benimadhav vissero in questa zona per tre lunghi annicompletamente nudi e si abituarono alle rigide condizioni del clima.Alla fine Trailangya Swami andò da loro ed espresse il desiderio di esplo-rare con loro le regioni del Sumeru. Lokenath era pronto a portarlo consé, ma si preoccupava che Trailangya Swami non fosse abituato a viverein un clima così freddo e quindi potessero insorgere dei problemi. Babagli chiese dunque di vivere lì per un paio di anni per abituarsi prima diintraprendere un viaggio così difficile.

I tre yogi vissero nella zona di Badarikashram per altri tre anni abituan-dosi sempre più alle temperature estreme. Dopodiché iniziarono il viaggiodirigendosi attraverso le vette himalayane sulla via del Mahaprasthana.

Durante la lunga e noiosa scalata consumavano occasionalmentedelle kandamul (radici selvatiche) come cibo, che secondo Baba eranosufficienti.

Baba Lokenath avrebbe raccontato al suo discepolo Sri Brahma-nanda Bharati: “Non avevamo nemmeno degli abiti caldi sul corpo. Eravamo

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BABA ESPLORA LA TERRA

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completamente nudi. Vivendo e camminando così per lungo tempo, sul nostrocorpo apparve uno strato di pelle bianca, che ci dava una protezione naturalecontro il gelo. Così camminando raggiungemmo Manosarovar”. I devoti diBaba che lo videro nel suo corpo fisico durante i primi tempi a Baradiebbero la speciale opportunità di vedere questo strato bianco sulla suapelle, che poi scomparve gradualmente durante il soggiorno in pianura.

Parlando dei suoi viaggi, Baba descrisse Manosarovar. Quando glichiesero se si riferiva al Manosarovar nella zona del Tibet, BabaLokenath disse: “Il vostro Manosarovar si trova proprio all’angolo dellacasa”, indicando la sua estrema vicinanza. Il Manosarovar al quale siriferiva Baba era diverso da quello che la gente spesso visita nel Tibet, aipiedi del famoso Monte Kailash, che è considerato dagli induisti comeShiva stesso. Baba parla del Manosarovar, il grande lago nella regionehimalayana sconosciuto a viaggiatori e pellegrini, e raggiungibile sol-tanto dai mistici più progrediti.

Da ulteriori dettagli sulla sua meravigliosa odissea che Baba sporadi-camente offriva ai suoi discepoli, era evidente che i tre yogi si diresseroverso nord e varcarono i confini della Siberia nella Russia orientale.Camminarono ancora verso nord per migliaia di miglia, raggiungendofinalmente un luogo che chiamavano la terra “senza sole”, la regione piùoscura di questo pianeta. Gli yogi non riuscivano a vedere abbastanzaper poter continuare a camminare in quelle regioni buie, perciò decise-ro che era meglio restare dov’erano finché avrebbero potuto proseguirecon sicurezza.

Baba disse: “Dopo essere rimasti là per qualche tempo i nostri occhi si abi-tuarono naturalmente alle tenebre e la nostra vista, come anche la forma deinostri occhi, divenne simile a quella dei gatti. Riuscivamo a vedere nello stessomodo in cui si vedono gli oggetti in un lampo durante un temporale. Sviluppammoil potere di vedere anche al buio, e a quel punto proseguimmo oltre”.

Baba descrisse anche le sue incredibili esperienze in quelle regionibuie dicendo: “Durante il nostro soggiorno là vedemmo alcuni esseriumani molto insoliti, di statura molto piccola, da 35 a 50 centimetri dialtezza. Avevano una carnagione bianca e andavano in giro nudi perquelle regioni polari. In un primo tempo quando ci videro così alti rima-sero spaventati, ma poi osservando il nostro comportamento pacifico siconvinsero che eravamo creature innocue. Raccoglievano kandamul(radici selvatiche) per il nostro sostentamento e le lasciavano vicino a

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noi, ma non si avvicinavano mai direttamente. Non riuscivamo a com-prendere nulla del loro linguaggio, ma li osservammo abbastanza a lungoda vicino e riuscivamo a capirli dal loro comportamento. Scoprimmo chenella loro società non esiste l’istituzione del matrimonio. Se ne andava-no in giro completamente liberi. Anche se non riuscivo a comprendereil loro linguaggio, riuscii ad afferrare alcune parole che usavano spesso,come ‘ambian’ e ‘dhokar’”.

Gli yogi itineranti viaggiarono nella terra senza sole per moltotempo. Era molto difficile per loro calcolare il trascorrere del tempo poi-ché il sole non sorgeva e non tramontava. Sembra che calcolassero iltempo sulla base dell’accumularsi e dello sciogliersi delle nevi, comeindicazione dell’inverno e dell’estate. Ci vollero anni per andare alMonte Sumeru e tornare. Il Sumeru è la montagna più sacra secondo lamitologia induista. Sri Krishna dice nel Vibhuti Yoga che tra tutte lemontagne, Lui è il Sumeru, indicando la sacralità di questa montagnache si trova all’estremo nord del pianeta. Una visita a questa montagna,che è frequentata dagli esseri celesti, è considerata sacra secondo lamitologia induista.

Quando furono tornati nelle pianure, Trailanga Swami espresse ildesiderio di procedere verso est, così tutti e tre si incamminarono inquella direzione. Quando arrivarono in Cina, le sentinelle avvistarono itre personaggi dall’aspetto veramente insolito e immediatamente li arre-starono e li misero in prigione. Con loro grande sorpresa, le guardie sco-prirono che in uno spirito di assoluta indifferenza, i loro prigionierierano in grado di entrare e uscire dalla prigione a piacere attraverso icancelli chiusi. Il re, accortosi dei grandi poteri mistici dei suoi prigio-nieri, li fece liberare immediatamente.

Per lungo tempo i tre grandi yogi avevano viaggiato insieme. Ora eragiunto il momento per Trailangya Swami di dare i suoi insegnamenti aBaba Lokenath. Quando Baba disse che gli sarebbe piaciuto accompa-gnare Trailangya Swami nel suo viaggio in Estremo Oriente, TrailangyaSwami disse: “Lokenath, per favore non proseguire oltre insieme a me. Tuhai una missione divina da compiere nelle pianure. Vai ad eseguire la tua mis-sione”. I tre si separarono: Mahayogi Trailangya Swami proseguì da soloverso Oriente e Baba Lokenath con Benimadhav procedette versol’Himalaya attraverso il Tibet.

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BABA ESPLORA LA TERRA

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Esercizio di Meditazione

Perché Baba esplorò la Terra? Stava forse benedicendo il mondo inqualche modo, come testimone pienamente consapevole della sua bel-lezza e della sua bontà? Stava rafforzando le fondamenta prima dell’at-tacco di distruzione e dissacrazione del XX secolo?

Visualizzate Baba che si china sui fiori, in piedi sulle vette delle mon-tagne innevate, sotto gli alberi, accanto ai ruscelli, con le braccia aper-te, che osserva e ascolta gli uccelli, in adorazione per la bellezza deglianimali. Chiedete a Baba di affascinarvi e risvegliarvi alla consapevo-lezza del divino in ogni vita. Chiedetegli di mostrarvi nuovi modi diesplorare e amare la Terra. Pregate per ricevere la capacità di diventareun testimone più profondo e pieno della divinità insita nella bellezzadella Terra. Passate più tempo all’aperto a ricevere l’amore, le benedi-zioni e le rivelazioni delle innumerevoli energie estatiche della Terra.Diventate il bambino divino che gioca, in un universo di pura delizia.

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. Capitolo 8 .

BABA ARRIVA A BARADI

Lasciando la Cina, Lokenath e Benimadhav passarono attraverso ilconfine del Tibet diretti verso le colline ai piedi dell’Himalaya e con unalunga e difficile marcia attraverso le regioni himalayane e le pianuregiunsero alle colline di Chandranath nell’India orientale.

Durante il loro soggiorno in questa zona accadde un evento affasci-nante. Un giorno Lokenath era seduto sotto un albero nella giungla.Improvvisamente il ruggito selvaggio di una tigre ruppe il silenzio.Percependovi del dolore, Baba meditò sull’origine della difficoltà dell’a-nimale e ben presto si rese conto che si trattava di una tigre femminache aveva appena dato alla luce parecchi cuccioli molto belli. La bestiaera estremamente ansiosa all’idea di lasciare i cuccioli incustoditi perandare in cerca di cibo e ruggiva per la disperazione e per la frustrazio-ne. Mosso da una profonda compassione per lei, Baba Lokenath appar-ve davanti alla madre preoccupata per rassicurarla sulla protezione deitigrotti. Sollevata all’idea di poter lasciare i cuccioli in sua custodia, latigre andò a cercare cibo e così, con la tigre che lasciava regolarmente icuccioli con Baba per andare a caccia, nacque un raro legame di amoree fiducia. Quando i cuccioli furono un po’ più grandi, Baba pensò diessere ormai libero da quella responsabilità e riprese il suo viaggio conBenimadhav, ma prima che potessero allontanarsi di molto la tigre rico-minciò a ruggire. Baba sapeva che lo stava chiamando e comprese che latigre non era convinta che i cuccioli fossero pronti per essere lasciati dasoli, perciò non aveva altra scelta che esaudire la preghiera della madre.Lokenath rimase per altri due o tre mesi, finché i cuccioli furono abba-stanza grandi da accompagnare la madre a caccia.

Mentre si stavano preparando per ripartire Benimadhav, il fedeleamico d’infanzia e compagno spirituale di Baba, espresse il desiderio divisitare il Santuario della Madre Divina a Kamakshya in Assam. Eraarrivato il momento di separarsi: Lokenath acconsentì con la promessache avrebbe sempre benedetto Benimadhav con la sua presenza sottileaiutandolo in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento Benimadhav loavresse invocato. Si dissero addio e Benimadhav partì per Kamakshya.

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BABA ARRIVA A BARADI

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Non si sa nulla di certo su Benimadhav dopo questa separazione fisica;molti devoti di vari santi affermavano che il loro guru fosse Benimadhav,il compagno di Baba, ma non c’è modo di confermare tali ipotesi.

Lokenath si diresse verso le pianure. Scendendo dalle colline e dallegiungle di Chandranath incontrò un terribile incendio. Gli uccelli vola-vano via per salvarsi, ma per la maggior parte degli animali in preda alpanico non c’era via di fuga, intrappolati com’erano dalle fiamme rug-genti. Uno dei grandi santi del Bengal, Prabhupada Vijaya KrishnaGoswami, era intento a meditare sotto un albero quando scoppiò l’in-cendio. Disturbato nella sua meditazione dalle grida selvagge di animalie uccelli, alzò lo sguardo e scoprì di essere circondato dalle fiamme. Lamorte appariva imminente, eppure non ebbe paura. Nel suo cuore siarrese completamente al Divino e pregò Dio di aiutarlo. Quando aprì gliocchi, vide una figura umana, molto alta, completamente nuda e risplen-dente, che si avvicinava a lui attraverso le fiamme. Vijaya pensò che sitrattasse di una visione, ma l’essere luminoso dai lunghi capelli incoltisollevò Vijaya tra le braccia, se lo issò in spalla e lo trasportò senza sfor-zo attraverso il fuoco. Quando Vijaya tornò in sé, si trovò disteso in unluogo sicuro, ma non c’era traccia del suo misterioso salvatore. Qualcheanno più tardi, quando Vijaya Krishna Goswami incontrò Baba nel suoashram a Baradi, questi gli chiese della persona che lo aveva salvato dallaforesta in fiamme sulle colline Chandranath. Vijaya Krishna Goswami loriconobbe immediatamente e si prostrò ai piedi di Baba. Vijaya KrishnaGoswami divenne il più ardente devoto di Baba Lokenath.

Le alte lodi di Vijaya per Baba e i suoi poteri spirituali e la sua perfe-zione diffusero la parola di Baba dovunque Goswamiji andasse. BenchéVijaya Krishna Goswami avesse una grande missione personale comeprecettore spirituale, fu attraverso di lui che migliaia di persone in tuttoil Bengala vennero a conoscenza di Baba Lokenath e cominciarono adaffluire all’ashram di Baradi.

Sri Vijaya Krishna Goswami racconto così ai suoi devoti in che modoscoprì Baba Lokenath a Baradi.

Durante uno dei suoi pellegrinaggi a Manosarovar e nelle regioni piùalte dell’Himalaya, aveva avuto la rara occasione del darshan di alcunisanti che erano seduti in un profondo stato di meditazione in una grot-ta dell’Himalaya. Il loro corpo appariva molto vecchio, come se fossestato impegnato in austerità per secoli. Quando Goswamiji si prostrò ailoro piedi, uno degli yogi aprì gli occhi e lo vide. Quando Goswamiji lo

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pregò di concedergli la sua benedizione, lo yogi disse: “Perché ti sei presoil disturbo di venire fin quassù? C’è un Mahapurusha, uno yogi molto piùperfetto di noi, che vive proprio vicino alla tua casa”. A quel tempoGoswamiji non era al corrente della presenza di Baba Lokenath a Baradi,ma quando arrivò da Baba e ricevette la sua grazia divina, ricordò leparole che aveva sentito dagli yogi.

Dopo aver salvato Goswamiji, Baba discese verso il villaggio diDaudkandi, nel distretto di Tripura. A quel tempo Dengu Karmakar, unuomo originario di Baradi, un villaggio nel distretto di Narayanganj, abi-tava a Daudkandi perché era implicato in un caso giudiziario.

Dengu era in preda alla frustrazione più totale perché il caso giudi-ziario gli era praticamente sfuggito di mano. Era certo che sarebbe statogiudicato colpevole, un verdetto che molto probabilmente avrebbesignificato la pena di morte. Gli avvocati di Dengu avevano cominciatoa sfruttarlo, chiedendogli sempre più denaro e, nel tentativo disperato diraccogliere i fondi necessari, Dengu aveva cominciato a passare di casain casa chiedendo dei prestiti. Improvvisamente vide un sadhu nudoseduto sotto un albero, che lo fissava, il sadhu aveva un corpo sottile efragile, notevolmente alto. Nel momento stesso in cui lo vide, si sentìtranquillo e protetto. Senza alcuna esitazione Dengu si gettò ai piedi diBaba, presentandogli il racconto dei suoi problemi tra un fiume di lacri-me. Baba ascoltò pazientemente mentre Dengu gli raccontava dei pro-blemi della sua vita e della certezza del verdetto di morte. Dopo averlolasciato sfogare, Baba gli parlò con voce tenera e affettuosa.

“Tutti i tuoi tentativi di trovare prestiti sono inutili. Nessuno ti presterànulla. Non devi più preoccuparti di questo. Vai direttamente in tribunale. Ioho scritto la sentenza attraverso le mani del giudice. Sarai assolto.”

Dengu corse in tribunale e scoprì che le parole del santo si eranoavverate. La sua gioia era incontenibile e il suo cuore traboccava di gra-titudine e profonda reverenza per il santo sconosciuto. Senza perdere unmomento in tribunale, Dengu si precipitò di nuovo all’albero e trovò ilsanto ancora seduto nella stessa posizione, ma questa volta aveva un’e-spressione completamente diversa in volto. Baba sembrava assoluta-mente indifferente, come se non fosse successo nulla. Dengu si gettò aipiedi di Baba e gli espresse la sua profonda gratitudine, ma Baba, sedutoimmobile, era perduto nel suo mondo.

Mentre era seduto ai piedi di Baba, Dengu percepì il dolce odore delsuo corpo e si sentì pervaso dalla felicità. Per la prima volta nella vita si

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BABA ARRIVA A BARADI

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sentiva sollevato da ogni dolore e tensione, non era più preoccupato perla sua casa, le sue proprietà, la sua famiglia. Era concentrato solo sulgrande essere seduto davanti a lui. Baba gli appariva stranamente fami-liare, ma Dengu non riusciva a immaginare dove avesse potuto incon-trarlo prima.

Dopo parecchio tempo, Baba guardò Dengu, che a mani giuntecominciò a dire: “È soltanto per tua grazia che mi è stato restituito tuttociò che avevo nella vita, e tu sei il dono più grande di tutti. Io sento chetu sei Dio in forma umana. Ora dimmi dove vivi. Se lo desideri, possoaiutarti a raggiungere quel luogo”.

Baba sorrise e rispose: “Il mondo intero è la mia casa. Sono già arrivatoa casa”. Dengu, un uomo molto semplice con poca istruzione e intelli-genza, non capì bene le parole di Baba e pensò che non avesse una suadimora. Così afferrò i piedi di Baba e lo implorò di restare con lui nellasua piccola capanna al villaggio.

Baba cercò di convincere Dengu che i suoi vicini lo avrebbero criti-cato se permetteva a un sannyasi nudo di vivere nella sua casa con altrimembri della famiglia, ma Dengu non volle sentire ragioni. Aveva già unprofondo attaccamento per colui che aveva salvato la sua vita e ritene-va impensabile lasciarlo. Era pronto ad affrontare qualsiasi conseguenzapur di rimanere al fianco di Baba.

Baba sapeva bene che Dengu era destinato ad avere lo speciale privi-legio di portarlo a Baradi, il luogo del suo futuro gioco divino, perciòdisse: “Io rimarrò dovunque tu vorrai, e per tutto il tempo che vorrai”.

Dengu corse alla riva del fiume e noleggiò una barca per portare Babaa Baradi, dove Baba abitò nella casa di Dengu Karmakar.

Passarono alcuni giorni e molti cominciarono a criticare duramenteDengu perché permetteva a un pazzo nudo di abitare nella sua casa insie-me ad altri membri della famiglia; le parole di Baba si erano avverate.Persino i familiari di Dengu cominciarono ad opporsi con veemenza alladecisione del pover’uomo. Eppure, Baba rimaneva assolutamente indif-ferente a tutto ciò che accadeva attorno a lui.

Infine, le critiche e gli insulti divennero intollerabili per Dengu, per-ché erano infondati e diretti contro la persona che era la divinità del suocuore. Bambini e bambine tiravano sassi a Baba e lo tormentavano adogni occasione. Dengu stava al suo fianco per proteggerlo, ma ogni voltache si allontanava per occuparsi delle sue faccende, la tortura riprendeva,

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finché la situazione arrivò a un punto tale che Baba dovette andare anascondersi dietro i cespugli.

Dengu non poteva più sopportare di vedere Baba che subiva il cru-dele trattamento dei vicini ed espresse il dolore che questo gli provoca-va. Baba consolò Dengu dicendo: “È giusto da parte tua condannare que-sti bambini innocenti? Non sanno quello che stanno facendo, come puoi giu-dicarli male? Nel mio corpo non c’è quasi sangue. (Una volta Baba si tagliòuna gamba per esaminare la natura del suo sangue e ne colò un fluidopastoso.) Perciò le loro pietre non possono fare molto male. Le feriteguariranno in un paio di giorni.

“Se non posso tollerare questi piccoli insulti e dolori fisici, come potrò sop-portare nel mio cuore i dolori e le miserie di milioni e milioni di devoti chedovranno prendere rifugio in me? Il mio guru mi ha insegnato la tecnica dellatartaruga. La tartaruga ritrae la testa e gli arti nella dura corazza ogni voltache prevede un attacco esterno. Anch’io ho un guscio duro sopra il corpo, gliinsulti non possono penetrare la mia pelle e le pietre non possono farmi alcunmale. Io non sono mai turbato da tutte queste interferenze esteriori”.

Queste parole di Baba sono la manifestazione pratica di ciò che inse-gna la Bhagavad Gita sullo ‘sthitaprajna’, l’Uno che è stabilito nellaCoscienza Divina.

“L’Illuminato non è depresso dalle sofferenze fisiche, mentali o socia-li, né si esalta per alcun piacere della natura materiale. È sempre liberoda ogni senso di attaccamento, paura e collera.” (Bhagavad Gita 2.58)

“La persona realizzata controlla i sensi per propria libera scelta, pro-prio come la tartaruga ritira il collo e gli arti e li estende di nuovo ognivolta che vuole.” (Bhagavad Gita 2.58)

Le parole di Baba Lokenath riflettono gli insegnamenti dellaBhagavad Gita che, secondo lui, è una scrittura non soltanto da leggereo recitare regolarmente, ma da praticare nella propria vita. Lo scopodella vita è diventare la Gita. Baba era la Gita vivente.

Uno dei discepoli più intimi di Baba, Narisababa, un giorno si lamen-tò che Baba si occupava troppo delle persone che si presentavano a luicon richieste materialiste e un comportamento ipocrita. La Gita Viventerispose compassionevole: “Oh! Sono così infelici nella vita, così disperati.Questo è il motivo per cui vengono a piangere da me. Se ricevono una briciolada me, si sentono felici. Per questo non posso chiedere loro di andarsene. Comepuoi pretendere che questi poveri uomini di famiglia abbiano fede e devozione

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per Dio quando sono soggetti a tanta sofferenza e infelicità nella vita quotidia-na? Quando vedo la loro condizione di sofferenza, non posso rimanere indif-ferente. So molto bene che non sto facendo niente. Se loro pensano che io siaquello che concede loro ogni benedizione, che cosa ci perdo?”.

Baba era indifferente agli insulti fisici e mentali che gli venivanorivolti e rimase con Dengu per tutto il resto della vita di lui. Poiché Babanon si era ancora rivelato, la gente non poteva comprendere la grandez-za della sua potenza e lo sottovalutava, considerandolo un pazzo cheandava in giro nudo. Quando arrivò il momento di rivelare il suo statodivino, accadde un miracolo che segnalò l’inizio del gioco divino.

Un giorno alcuni preti bramini stavano seduti insieme, impegnati apreparare il filo sacro e, mentre lavoravano, il filo si ingarbugliò. Siccomenon riuscivano a sbrogliarlo, si misero a litigare.

Baba Lokenath apparve improvvisamente davanti a loro e disse:“Perché litigate tra voi? Non conoscete la tecnica per sbrogliare i fili? E cio-nonostante vi fate chiamare bramini?”.

Inizialmente i bramini reagirono duramente ai commenti dell’uomonudo e dissero: “Sappiamo bene che pronunciando il sacro MantraGayatri i nodi del filo sacro si allentano, ma questi nodi sembrano trop-po stretti e non riusciamo a sbrogliarli”.

Baba disse. “Io non so che razza di bramini siate voi. Be’, mentre io reci-to il Gayatri Japa, voi due tirate il filo annodato alle due estremità e vedreteche si svolgerà”.

I bramini avevano sentimenti contrastanti verso Baba. L’avevanoconsiderato un pazzo privo di senno, e ora si sentivano sconcertati dal-l’autorità con la quale parlava delle scritture. Non potevano ignorare ilpotere che irradiava dalle sue parole e dalla sua presenza e si sentivanotenuti a seguire le sue istruzioni. Così due bramini cominciarono a tirarele due estremità del filo come era stato detto loro, e contemporaneamen-te Baba cominciò a recitare il Maha Mantra Gayatri nel modo vedico piùpuro. Le vibrazioni trascendentali riempirono l’aria e in pochi secondil’intero filo si era raddrizzato e non rimaneva più nemmeno un nodo.

I bramini riconobbero allora Baba come un grande yogi e immedia-tamente si prosternarono ai suoi piedi chiedendo perdono.

La notizia di questo fatto e la verità sui grandi poteri spirituali di Babasi diffusero velocemente nei villaggi vicini e lontani e la folla cominciòa visitare Baradi per avere il darshan del grande yogi.

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In questo periodo Dengu Karmakar morì. La sua famiglia aveva godu-to della protezione e delle benedizioni di Baba, ma non appena Denguse ne fu andato, alcuni membri della sua famiglia cominciarono a prote-stare violentemente contro Baba perché non volevano che restasse nellaloro casa. Baba rispose in tono perfettamente indifferente: “Io sono unsannyasi. Non ho alcuna obiezione ad andarmene, ma le conseguenze nonsaranno buone. Questa è la mia unica preoccupazione”. In effetti la fami-glia di Dengu non si era resa conto che il miglioramento della loro for-tuna era dovuto alla presenza di Baba, che è la personificazione di Laxmi(la Dea della Fortuna).

La famiglia Nag era la più ricca tra i proprietari terrieri di Baradi aquel tempo; avevano un profondo attaccamento per Baba ed erano sem-pre pronti a servirlo in qualsiasi modo desiderasse. Quando Baba lasciòla casa di Dengu Karmakar, i Nag dissero immediatamente a Baba che,se lui lo consentiva, avrebbero costruito un ashram dove potesse risie-dere permanentemente. Baba rispose che era pronto ad accettare la loroofferta purché l’ashram fosse costruito su un terreno non tassabile.

Ad est del mercato di Baradi si trovò un terreno che non era tassatoperché un tempo era stato usato per cremare i morti. Baba approvò lascelta della proprietà e ben presto fu costruito l’ashram, sul modellodegli antichi eremitaggi dei rishi.

Quando l’ashram fu completato, la famiglia Nag pregò Baba di usaredegli abiti, e fu così che dopo aver vissuto come sadhu nudo per quasicentoquarant’anni, Baba Lokenath, con il suo solito atteggiamentoindifferente, si pose il filo sacro attorno al collo e rivestì il suo corpo divi-no con una pezza di stoffa bianca, che Baba usava indossare intorno allavita drappeggiandola poi sulla parte superiore del corpo. Baba si sedettee immediatamente prese a dispensare i suoi illimitati tesori al mondo.

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Esercizio di Meditazione

Nel rendersi completamente disponibile alla tigre e a Dengu, Baba cimostra quanto sia totalmente aperto a noi, a ogni livello delle nostre esi-genze. Il Divino vuole tutti noi. La persona santa ci chiede di portaretutte le piccole e grandi faccende della vita quotidiana nella nostra rela-zione con Lui.

La mattina decidete di essere consapevoli della presenza amorevole diBaba nel vostro cuore per tutta la giornata. Poi notate il flusso costantedelle vostre preoccupazioni quotidiane mentre trascorre la giornata.Offritele tutte, in quel momento, alle sue amorevoli cure. Chiedetegliconsiglio come fareste con il vostro più caro amico. Notate con quantasemplicità le risposte si formano nel vostro cuore. Chiedetegli aiuto perle cose più semplici e banali, condividete con lui le cose divertenti, leosservazioni, i momenti di bellezza - ogni aspetto della vostra giornata.Poi alla fine della giornata soffermatevi un attimo a riflettere sulla quali-tà del giorno che è trascorso e sulla differenza costituita dall’includereBaba in tutto questo. Poi esprimete la vostra gratitudine per la sua grazia.

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. Capitolo 9 .

IL POTERE DEL PERDONO

Per oltre ventisei anni il Lila di Baba Lokenath al suo ashram diBaradi venne registrato dai suoi discepoli più intimi. Questi racconti ciispirano ai più alti ideali della vita umana e, per quanto i fatti e gli aned-doti possano sembrare simili, il maestro rivela l’essenza del gioco divinoin modo differente a ciascun devoto. Quando irradia la sua luce, undevoto può esprimerla cantando le sue glorie, un altro può essere ispira-to a scrivere il suo messaggio di verità e ispirazione, ma è sempre Baba lafonte dell’ispirazione e della trasformazione.

Narisababa, che divenne uno dei discepoli più amati di Baba, nonaveva in partenza un carattere perfetto. Prima di incontrare Baba erastato una persona poco onesta che si nascondeva sotto le vesti arancio-ni del rinunciato.

Nella sua infanzia Narisababa aveva incontrato un monaco nudo dalcarattere discutibile, che gli aveva insegnato a truffare il prossimo.Avendo imparato l’arte dell’inganno in così tenera età, convincevafacilmente i contadini innocenti che era un monaco rinunciante.Quando raggiunse la maturità lasciò la compagnia del suo guru, ormaiconvinto che anche lui poteva recitare la parte del guru, e riuscì ad atti-rare alcuni personaggi indesiderabili che divennero suoi compagni ediscepoli. Si spostava da un villaggio all’altro con muli carichi di narco-tici come oppio e hashish e si dedicava a una vita di piaceri dei sensi. Dinotte i suoi discepoli organizzavano le cose in modo che potesse soddi-sfare le richieste della sua natura inferiore, e la sua vita sensuale incon-trollata andava avanti senza ostacoli mentre Narisababa sfruttava gliinnocenti abitanti dei villaggi in nome di Dio.

Un giorno, dopo essersi spalmato il corpo di cenere, Narisababa sisedette sotto un albero vicino a un fuoco. Improvvisamente dietro di sésentì una voce potente che lo chiamava con il suo vecchio nome difamiglia. Non aveva mai sentito una voce così autorevole e rimase scon-certato. Voltandosi per vedere chi l’aveva chiamato, Narisababa videcon stupore uno yogi molto alto e nudo che se ne stava lì ritto in piedi.

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IL POTERE DEL PERDONO

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Una strana sensazione pervase il corpo di Narisababa mentre contem-plava l’essere luminoso e sentiva su di sé lo sguardo penetrante di Baba.Quello sguardo divino penetrò nel profondo del cuore di Narisababaspazzando via le impurità che aveva accumulato nel corso di molte vite.Come trascinato da una potente calamita, Narisababa cadde ai piedidello yogi in piena sottomissione.

Proprio come una madre amorevole perdona le trasgressioni del figlioe lo prende in braccio, Baba abbracciò Narisababa con tenero affettomaterno. Con compassione, disse: “Non ti devi preoccupare dei tuoi peccati.Sono tutti miei. D’ora in poi tutte le tue responsabilità sono mie”.

Narisababa non riusciva a comprendere come un tale genere di com-passione e perdono fosse possibile in un essere umano. Baba conoscevatutti i suoi peccati passati e, quando prese la responsabilità di diventare ilsuo guru, lasciò Narisababa stupefatto e pieno di gratitudine. Restare lon-tano dalla compagnia santa di questo maestro divenne per lui inimmagi-nabile, anche per un solo momento.

Narisababa aveva sperimentato un solo sguardo trasformatore diBaba che aveva cambiato l’intero corso della sua esistenza e abbracciò ladivinità assoluta di Baba con trasporto. Non aveva mai visto Dio facciaa faccia, ma le qualità e gli ideali di tutto ciò che aveva predicato in pre-cedenza per guadagnarsi da vivere si potevano osservare perfettamenteespressi in ogni aspetto di Baba Lokenath. Baba salvò Narisababa da unavita di errori e lo trasformò in un ardente devoto.

Narisababa era sempre incantato dal modo in cui si esprimeva Babaquando insegnava ai suoi discepoli. Quando per esempio parlava delkarma yoga come è spiegato nella Bhagavad Gita, parlava con l’autoritàdi uno che è veramente diventato Dio.

Come Lokenath nella sua giovinezza, Narisababa desiderava impara-re gli shastra. Nella sua onniscienza, Baba gli disse: “Il mio guru non miha permesso di prendere la strada dell’acquisizione della conoscenza dai libri.Anche per te non vedo alcun bisogno di farlo.

“Per conoscere te stesso ascolta innanzitutto la verità direttamentedal tuo guru, che è l’incarnazione vivente delle sacre scritture. Con lamassima fiducia nelle sue parole e devozione nei suoi confronti, praticale discipline con tutta la tua forza, senza la minima esitazione o riserva.Quando avrai svuotato te stesso in questo lavoro, realizzerai che ti seirealizzato, che sei fiorito”.

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Baba disse: “La Gita non è materiale di lettura da studiare come un’abi-tudine. Devi diventare la Gita. Questo è l’intero scopo della Gita.

“È soltanto attraverso la grazia divina che puoi trovare i più alti principi del-l’amore e della sottomissione che si manifestano nel cuore del devoto. Se passiil tempo in discussioni astratte basate sui commenti dei vari studiosi, quandopotrai immergerti a fondo per realizzare la verità e diventare la Gita?”.

Il devoto chiese a Baba: “Puoi spiegare meglio il concetto dell’azionedistaccata e la sua applicazione pratica nella vita quotidiana?”. Babarispose ampiamente.

“Tu pensi che potete tutti seguire la via del Nishkama Karma Yoga?Coloro che fanno una vita mondana di desideri materiali affrontano lesue conseguenze negative finché si rendono conto che nessuna felicitàmateriale è priva di dolore o tristezza. In ultima analisi, la loro consape-volezza interiore aumenta e gradualmente cominciano a comprenderel’importanza del distacco dai frutti dell’azione. La Gita si manifesta spon-taneamente nel cuore di questi devoti. Tu vedi i devoti sempre consape-voli e coscienti della infelicità che segue ogni aspirazione materiale. Perloro la via del Nishkama Karma Yoga si apre spontaneamente. Il devotosviluppa una fiducia istintiva nel Signore come la presenza misericordio-sa e benevola e la mente del devoto non rincorre più così facilmente einconsciamente il frutto delle sue azioni. Il devoto si rende conto che ilsuo amato concederà tutto ciò che gli viene chiesto, ritirandosi imme-diatamente e lasciando che il devoto ne goda soltanto il frutto. Il verodevoto non si sente a suo agio in assenza del Divino. Ogni azione vienecompiuta con la mente fissa sul Divino, in costante preghiera, perché ildevoto prega costantemente di rimanere distaccato dal frutto dell’azionee di essere allenato eternamente ai piedi di loto del maestro.

“Nella vita di questo devoto si presentano anche l’infelicità e la tristezza, mapoiché lui sente la presenza di Dio all’interno e all’esterno come unico protet-tore, la mente rimane indisturbata. Con Lui, ogni cosa si faccia diventa un’e-sperienza di gioia”.

Baba Lokenath continuò: “La Gita non è semplicemente un libro da leg-gere. È una canzone, una melodia. Io non penso che esista un amante dellamusica che legga la musica invece di ascoltarla. Il ritmo, l’armonia, la dolcez-za della musica non si possono gustare attraverso la lettura! Da tempo imme-morabile il Signore Eterno che risiede nel cuore dei devoti, nel cuore di tutti gliesseri viventi, canta questa canzone Divina. Chi ne è consapevole? La mente

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IL POTERE DEL PERDONO

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è sempre impegnata a pensare al passato, a tessere sogni per il futuro o distrattadai diversi suoni del mondo esteriore. La Canzone Divina non si sente mai, mail Divino non smette mai di cantare. Continuerà a cantare finché lo sentirai”.

Il devoto chiese a Baba: “La nostra mente è irrequieta. In che modopossiamo ascoltare la Canzone Divina dall’interno?”

Baba rispose: “Senza la grazia divina nulla è possibile, e con la graziadivina persino l’impossibile diventa possibile. Quando ricevi la grazia latua mente si rivolge spontaneamente al Divino, e allora comprendi checosa sia la Gita.

“La sottomissione, la sottomissione incondizionata è la via. Devi cer-care costantemente di sottomettere il tuo ego, la tua mente e il tuo intel-letto al Divino. Non è una cosa che si possa ottenere in un solo giorno.Tutte le tue sofferenze arriveranno al termine nel momento in cui la gra-zia divina discenderà, ma perché arrivi quel momento, devi prima pre-pararti con devozione e con la massima perseveranza.”

“Non vedi i bambini? Quanto sono semplici e innocenti. Com’è natu-rale la loro sottomissione alla madre. Non c’è ipocrisia, non c’è falsoorgoglio di sapienza o ricchezza nel loro comportamento. Semplicementeuna richiesta innocente, e la madre risponde con gioia al bambino.Sottomettiti con la stessa semplicità e fiducia al Divino. Sottomettitialla suprema autorità del Divino che ti ama. Le tue preghiere dovrebbe-ro essere semplici e pure come quelle di un bambino che chiede qualsia-si cosa voglia ai suoi divini genitori. Il Divino è il grembo del tuo dive-nire, tuo padre e tua madre, l’Unico oggetto supremo di amore. È piùcaro di chiunque altro al mondo, l’Unico di cui ci si può fidare comple-tamente, l’Unico sul quale puoi esercitare tutti i tuoi diritti. Man manoche questa consapevolezza cresce nel tuo essere interiore, comprenderaiche ti sei avvicinato all’Amato, che non è più lontano, l’Amato cherisiede nel tuo stesso cuore.”

“L’essenza dello yoga consiste nel tuo sentimento per il Divino.Più il sentimento è profondo, più sei portato a uno stato di unione conl’Amato, che si manifesta gradualmente nel tuo cuore come l’unicoautore di tutte le tue attività. Allora ti renderai conto che sei diventa-to la Gita vivente. Karma, Bhakti e Jnana troveranno in te una fusionearmoniosa in una sintesi di suprema perfezione. Allora, e solo allora,saprai perché sei venuto in questo mondo con questo corpo umano.Non prima”.

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A proposito della rinuncia insegnata nella Gita, Baba dice: “La verarinuncia si raggiunge attraverso l’accettazione di tutto ciò che la vita offre. Ildistacco viene soltanto attraverso l’amore per il Divino. Più il devoto ama ilDivino con tutto il suo cuore, più evidente diventa il senso di distacco dallecose transitorie materiali della vita.

“Offri la tua mente al guru. Pensa alla sua gloria. Medita sugli idealisupremi di amore e compassione personificati dal guru. Vedrai che ilguru ti permetterà di godere con gioia della vita e ciò che deve essererifiutato ti lascerà per sempre, senza sforzo. Invece di glorificare il tuoego, glorifica il guru. Invece di soffrire nella falsa vanità di essere l’auto-re dell’azione, cerca di realizzare che Dio e il guru sono l’unico autore”.

La grazia divina ha un tale potere di trasformazione che il devoto nonha bisogno di rinunciare a nulla artificialmente. Le persone che osser-vano le manifestazioni esteriori della rinuncia pensano alla grandezza deldevoto, ma per il vero devoto del Signore l’amore e la devozione sono lesole cose importanti. “Immerso nell’amore, il vero devoto è sempreinondato dall’estasi divina e le cose banali dell’esistenza materiale per-dono potere e significato.”

“Alla radice di ogni desiderio c’è Dio soltanto. Desiderare e non desi-derare fanno ugualmente parte del gioco divino. Nell’intera creazionecosmica, solo Dio esiste.”

La presenza di Baba Lokenath nel piccolo ashram di Baradi diventòla fonte di soddisfazione per i desideri di tutti gli uomini e le donne chevi si recavano. Come il Kalpataru, l’albero che soddisfa i desideri, Babadistribuiva i doni della sua grazia senza la minima discriminazione.

Talvolta Narisababa esprimeva perplessità per l’atteggiamento indi-scriminato di Baba nel soddisfare tutti quei desideri, ma Baba risponde-va affettuosamente: “Tu giudichi una persona soltanto guardando la suaforma esteriore o dalle parole che dice, perché i tuoi occhi non sono capaci divedere al di là della pelle materiale. Io invece vedo l’Uno soltanto in ogni per-sona, puro e perfetto. Tutto ciò che io vedo appare puro e perfetto.

“Bene o male, virtù o vizio, tutte queste cose sono relatività del mondorelativo, la creazione della mente materiale. Io appartengo a un mondo dovenon ci sono discriminazioni. Tutto è bello. Io mi trovo nel tuo mondo, mamolto tempo fa, nel giorno in cui mi sono reso conto di chi sono, ho perso lacapacità di pensare come fate tutti voi. Non riesco a trovare colpe in nessuno.Tutto ciò che io vedo, buono o cattivo, è tutto Divino.

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IL POTERE DEL PERDONO

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“Ogni volta che le persone vengono da me depresse, piene di soffe-renza e angoscia, io vedo in loro l’Amato e mi perdo nell’estasi delDivino. Nel frattempo, il Signore soddisfa i desideri dei devoti. I devotimi vedono davanti a loro e pensano che sia io ad agire, ma io so che Luisolo è l’Autore, colui che concede ogni misericordia e grazia.”

Narisababa racconta un episodio che rivela una volta di più la pro-fondità della compassione di Baba e la misura della sua perfezione divina.

Un giorno una coppia appena sposata visitò l’ashram. La giovanesposa era pallida e sembrava gravemente depressa, come se qualcosa laturbasse da molto tempo. Dopo che i due sposi novelli si furono prostra-ti davanti a Baba, il marito si scusò ed uscì dalla stanza.

Da sola, alla divina presenza di Baba, la donna percepì un’inesprimi-bile sensazione di pace e serenità. Desiderava liberarsi dai problemi chel’avevano oppressa, ma si vergognava troppo per confessare i suoimisfatti o per parlare a Baba del doloroso ricordo dei suoi peccati. Congli occhi bassi pieni di lacrime di pentimento, aspettò che Baba spez-zasse il silenzio intollerabile.

La madre compassionevole in Baba le parlò: “Perché stai soffrendotanto? Quali peccati hai commesso? Non hai bisogno di dirmelo, io so tutto deltuo passato e con piena conoscenza ti chiedo, perché ti provochi un’inutile sof-ferenza pensando di essere una peccatrice?

“Qualsiasi cosa tu abbia fatto, l’hai fatto completamente di tua propriavolontà? Quanto poco conosci te stessa. Tu pensi e desideri fare molte cose, mariesci sempre a fare tutto secondo la tua volontà? Se la tua volontà è così impo-tente di fronte alla volontà invisibile che ti dirige dall’interno, perché allora pensidi essere tu la peccatrice?”.

La giovane donna non comprese le parole di Baba, ma sentì che lasua mente si calmava e percepì la presenza divina nel suo cuore.

La donna disse: “Baba, non riesco a perdonarmi per tutte le mie cat-tive azioni. La fiducia e l’amore che mio marito ha per me inasprisconoil fuoco della mia angoscia interiore, che non posso esprimere né tolle-rare. Qualche volta ho la sensazione che dovrei suicidarmi per metterefine a questa sofferenza nella mia vita”.

Baba, il divino medico, consolò la ragazza infelice dicendo: “Hai maipensato a chi è che ti ispira dall’interno a fare il bene o il male? Io sono l’Unicoche risiede nel profondo del tuo cuore. È soltanto la mia volontà che agisceattraverso di te. Se la volontà è la mia, allora come può essere tuo il peccato?

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Se qualcuno deve essere biasimato, quello sono io, non tu”.La donna era sconcertata. Non aveva mai sentito prima un discorso

del genere. Il Santo che sorrideva compassionevole non solo la assolve-va, ma si assumeva la colpa dei peccati che lei aveva commesso.

Baba disse: “Tu non comprenderai le mie parole, ma tieni sempre a menteche non sei più una peccatrice. Tuo marito è un bravo ragazzo e anche lui nonha da lamentarsi a tuo riguardo. Vuole soltanto che tu sia felice nella vita. Daoggi, mi prendo tutta la responsabilità per voi due. Lasciate a me ogni pensie-ro di peccato e del passato, e tornate a casa per vivere felici come marito emoglie. Vedrete che non avrete più problemi nella vita”.

La donna aveva la sensazione di essere stata toccata da una bacchet-ta magica. La pesantezza del suo cuore e della sua mente si dissiparonosenza lasciare traccia della sua sofferenza passata. Era in pace. Immersanella grazia divina di Baba, si affidò ai suoi piedi dicendo: “Baba, tu mihai concesso così tanta grazia. Benedicimi, in modo che io possa ricor-dare sempre la tua bontà e la tua grazia rimanendo sempre impegnata nelservizio devozionale ai tuoi piedi di loto”.

Dallo stato della sua suprema divinità Baba dichiarò: “L’Unico èovunque. Non ci sono altri all’infuori di Lui. Chi sarà buono, e con chi? Haimai visto una persona in questo mondo che è buona con se stessa? Io non rico-nosco l’esistenza di nient’altro che Me in tutta questa creazione. Ho viaggia-to tra colline e montagne, in giungle e foreste, in tutto il mondo, ma ho potu-to vedere soltanto Me stesso. Tu non puoi capire perché Io ti amo tanto, per-ché condivido le tue sofferenze e la tua infelicità”.

Marito e moglie bevvero il nettare delle parole eterne di Baba.Prosternandosi ai piedi di questa incarnazione vivente di amore e com-passione, con le sue parole divine che riecheggiavano nelle orecchiedella giovane donna, si congedarono da Baba.

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IL POTERE DEL PERDONO

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Esercizio di Meditazione

Il senso di colpa e il perdono

Fate suonare una bella musica o trovate un posto bello nella naturain cui passare un po’ di tempo scrivendo e pregando. Scrivete le cose percui vi sentite maggiormente in colpa, ora o del passato. Andate in pro-fondità. Siate sinceri con voi stessi e con Dio. Poi immaginatevi all’al-tare sacro del Divino o del vostro guru, se ne avete uno. Offrite tutti ivostri sensi di colpa, le sensazioni di peccato o di errore, nel cuore amo-revole del Divino. Deponete i vostri fardelli e abbandonateli agli amo-revoli piedi di loto del Divino. Sperimentate il completo perdono che viavvolge. Riposate nella tenera luce della compassione di Dio il più alungo possibile. Pregate o meditate, chiedendo al divino la capacità dicamminare con fiducia nella luce fluente della grazia. Poi trovate unmodo per esprimere la vostra gratitudine.

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. Capitolo 10 .

VIJAY KRISHNA VEDE LA FORMACOSMICA DI BABA

Il primo incontro di Goswamiji con Baba

Quando il seme della divinità giunge a piena fioritura in un indivi-duo, il profumo del fiore divino pervade talmente l’atmosfera che lecreature sono attirate da ogni dove. E così era con Baba: la gente trova-va in qualche modo la strada per arrivare al suo ashram.

Quando viveva con Dengu Karmakar, Baba si faceva passare permendicante pazzo. Sopportava tranquillamente tutti gli insulti e i mal-trattamenti degli abitanti del villaggio senza reagire affatto, e quando fuarrivato il momento, si rivelò manifestando i suoi poteri soprannaturali.

Dopo il miracolo del filo sacro, l’ashram di Baba divenne un sacroluogo di pellegrinaggio. Gente di varie religioni, senza distinzioni dicasta, razza o fede, accorrevano all’ashram per offrire i loro rispetti a Baba,per avere il suo darshan, ricevere le sue benedizioni e per vedere soddi-sfatti i propri innumerevoli desideri personali attraverso la sua grazia.

Come succede quasi sempre, il preziosissimo dono della verità veni-va chiesto molto raramente, perciò Baba ascoltava con compassione iproblemi mondani delle normali persone di famiglia. Arrivavano mol-tissime persone con malattie terribili: crollavano ai piedi di Baba eimploravano la sua misericordia. La grazia di Baba scorreva dal suo cuorecompassionevole come l’acqua sacra di Madre Gange. I devoti venivanopuliti, purificati e curati dalle loro malattie fisiche; nessuno se ne anda-va dall’ashram di Baba insoddisfatto.

Nel dicembre 1887 Prabhupada Sri Vijaya Krishna Goswami, un gurudi grande importanza, venne ai piedi di Baba a Baradi dopo un lungopellegrinaggio nei luoghi sacri dell’India.

Un giorno Baba era seduto nella sua capanna con alcuni devoti.Improvvisamente disse: “Sta arrivando Vijay. La sua imbarcazione si èincagliata nella sabbia della riva del fiume vicino a Chamarbari”, quindichiese ad alcuni devoti di andare ad accogliere Vijay e portarlo all’ashram.

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VIJAY KRISHNA VEDE LA FORMA COSMICA DI BABA

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Quando i devoti di Baba giunsero sulla riva del fiume trovarono labarca arenata e chiesero se era arrivato Vijaya Krishna Goswami. I devo-ti di Vijaya Krishna erano stupefatti e chiesero come facessero a saperedel suo arrivo. I devoti di Baba dissero che Baba Lokenath aveva datoloro ordine di andare alla riva del fiume per incontrare Goswamiji eaccompagnarlo all’ashram.

Quando Vijaya Krishna Goswamiji entrò nell’ashram e si trovò sullasoglia della stanza in cui Baba era seduto nella sua solita posizioneGomukhasana, entrò spontaneamente in una trance meditativa e,vedendo Baba nella Sua Forma Cosmica, cominciò a proclamare: “Oh!Ecco l’Unico che è illuminato nel sé! La luce del sole irradia dal suo corpo. Iovedo dei e dee nella sua forma divina. L’intera stanza è piena di esseri celesti!”.

Baba si alzò dal suo seggio e si avvicinò a Goswami a braccia aperte.Tutti i devoti si alzarono in piedi e furono testimoni di un momentoindimenticabile.

Goswamiji corse a gettarsi ai piedi di Baba. Come una madre amore-vole che riceve con gioia il figlio dopo una lunga separazione, Baba strin-se Goswamiji al proprio cuore. Abbracciandolo, Baba gli trasmise unflusso di poteri spirituali e il corpo di Goswamiji cominciò a tremarecome se fosse caricato da una corrente ad alto voltaggio. Quando Babaebbe terminato la trasmissione, Goswamiji quasi crollò a terra. I devotilo afferrarono e lo fecero sedere vicino a Baba. Quando Goswamiji tornòalla coscienza normale, chiese perché Baba avesse atteso a chiamarlo allasua presenza divina: perché era stato privato della misericordia di Baba?

Baba ribatté: “Tu proprio non hai cuore. Perché hai tardato tanto a veni-re?”. Sentendo queste parole, Goswamiji comprese quanto Baba loamasse, e pianse di gioia.

In quel mentre una folla di persone si era raccolta per accogliereGoswamiji. Quando uno dei discepoli di Goswamiji chiese a Baba il per-messo di congedare Goswamiji in modo che potesse incontrarsi conloro, Baba disse subito a Vijay: “Tu non sei caro soltanto a me. Tutti sem-brano ansiosi di incontrarti, perciò vai da loro”.

Dopo questo incontro storico, Sri Vijay Krishna Goswamiji rese ungrande tributo a Baba con la seguente affermazione:

“Nell’esperienza di tutta una vita ho incontrato molti santi e saggi in variashram e templi e centri di pellegrinaggio, ma non avevo mai trovato uno yogidi tale grandezza spirituale. La sua statura spirituale è al di là della compren-sione umana.

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“Il desiderio di Brahmachari Baba Lokenath è indipendente. Può lasciareil suo corpo mortale in qualsiasi momento lo desideri oppure mantenerlo in vitaeternamente. La grazia che Baba mi ha trasmesso in un solo momento è suf-ficiente per l’intera mia crescita spirituale”.

Goswamiji disse anche che Baba gli aveva detto in confidenza: “È beneche tu sia venuto. Prendi tu la responsabilità di completare il mio lavoro.Io me ne vado”. Poi Baba aveva guardato improvvisamente il corpo diGoswamiji, aveva cambiato idea e detto: “No, non è possibile. Il tuo corponon è sufficientemente adatto a svolgere la mia responsabilità. Devoprima prepararti a questo compito”.

Per tutta la sua vita Goswamiji disse varie volte ai suoi numerosidiscepoli e devoti: “Baradi è il luogo di nascita della mia vita spiritualee in Baba Lokenath ho visto la manifestazione della Divinità suprema.Un santo di tale statura discende raramente dall’Himalaya sul pianoinferiore. Baba Lokenath si è rivelato nelle tre differenti forme Divine diMadre Gayatri nei tre Sandhya: Alba, Mezzogiorno e Crepuscolo”.

Kuladananda e il suo diario

Goswamiji cominciò a predicare la divinità di Baba in tutto ilBengala. Quando i discepoli di Goswamiji sentirono che il loro amatoguru glorificava tanto Baba, vollero incontrarlo e avere il suo darshan.Uno di questi discepoli era Kuladananda. Aveva sentito parlare dellagrandezza e della gloria del Mahayogi Baba Lokenath ed era ansioso diincontrarlo. Chiese il permesso al suo maestro, e Vijaya Krishna disse:“Vai da lui, ma quando lo incontri non parlare e non chiedere niente. Tidirà lui stesso che cosa hai bisogno di fare”.

Kuladananda partì per Baradi con i suoi fratelli maggiori e Tarakanta.Più tardi Tarakanta Ganguly divenne famoso come BrahmanandaBharati. Nella sua onniscienza, Baba sapeva della visita dei devoti, perciòcome una madre compassionevole che aspetta l’arrivo dei suoi figli, nonchiuse la porta della capanna. Quando arrivarono all’ashram era notte eBaba disse loro: “Non ho chiuso la porta della capanna e aspettavo solo voi.Ora potete mangiare qualcosa e poi riposare”.

Il mattino successivo i devoti andarono da Baba e si prosternarono aisuoi piedi. Baba disse al fratello maggiore di Kuladananda: “Guadagna

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VIJAY KRISHNA VEDE LA FORMA COSMICA DI BABA

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denaro e spendilo senza egoismo per le persone che soffrono”. Baba spiegòchiaramente che guadagnare e spendere denaro non deve essere conside-rato un ostacolo per gli aspiranti spirituali. La cosa importante è l’atteg-giamento con cui viene usato il denaro. Il denaro diventa una maledizio-ne per coloro che vogliono usarlo solo per soddisfare i propri desiderimateriali: questo porta schiavitù. Un vero ricercatore vuole coltivare lospirito altruistico e un cuore compassionevole, e condivide le sue ricchez-ze con i figli meno privilegiati del Divino.

Kuladananda era seduto fuori nella veranda, Baba lo chiamò a seder-si accanto a sé e disse: “Non è forse vero che tu hai l’abitudine di scrivere untuo diario personale ogni giorno?”. Kuladananda teneva un diario, ma noncapiva come mai Baba lo sapesse. Baba continuò: “Nel tuo diario puoiannotare i commenti che ora ti dirò. Rinunciate alle comodità e ai lussi”. PoiBaba spiegò il significato a Kuladananda.

“Sulla via della realizzazione di Dio, la disciplina che le persone spo-sate devono praticare non è la stessa dei monaci rinuncianti. Per i rinun-cianti la via richiede di elevarsi sopra l’identificazione con il corpo pra-ticando una vita austera. Se un monaco rinunciante che si trova nellafase iniziale del sadhana non si sforza coscientemente di regolare le abi-tudini nel mangiare, le compagnie che frequenta, gli abiti che indossa ecose simili, allora l’ego creerà problemi sottili nel suo progresso e l’at-taccamento al corpo aumenterà”. Baba consigliò ai rinuncianti di accet-tare soltanto lo stretto necessario per mantenere il corpo in salute perpraticare la disciplina spirituale.

Baba disse ancora: “Se qualche volta ti senti depresso, puoi venire qui achiedermi consiglio. Puoi scrivermi. Non preoccuparti e non nutrire pensierinegativi senza necessità. Raggiungerai il successo nella tua ricerca spirituale.

“Tu soffri di dolori di stomaco dovuti alla colite, vero? Vieni, ti faccio unmassaggio e guarirai”. Subito dopo Baba disse: “Questo dolore che hai è dovu-to al tuo prarabdha karma (il risultato delle azioni compiute nelle vite preceden-ti). Se passo la mia mano sul tuo dolore guarirai, ma dovrai poi subire questostato di nuovo nella tua prossima vita. Non prendere medicine, perché potran-no solo aggravare il problema. Alla fine di questo prarabdha il dolore se ne andràautomaticamente. Se diventa intollerabile puoi strofinarci sopra della terra fre-sca e il dolore sarà alleviato”. Kuladananda era molto depresso per quellamalattia perché costituiva un grave ostacolo per la sua meditazione.

I commenti di Baba sul prarabdha karma ricordano al ricercatore che

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sulla via della verità bisogna sopportare con pazienza i dolori del corpo edella mente durante la pratica della meditazione. Anche se Kuladanandaviveva in modo regolato come un rinunciante e passava molte ore algiorno assorto nell’adorazione del Signore, doveva ancora subire gliintollerabili spasmi della colite a causa del karma che aveva accumulatodalle vite precedenti. Baba insegnò che bisogna avere pazienza e tolle-ranza per tollerare il prarabdha e la forza con cui colpisce.

Rinuncia, piacere e autodisciplina

Baba diede istruzioni diverse a Baradakanta, il secondo fratello diKuladananda: “Guadagna denaro, godi della vita ed esaurisci il tuo prarabd-ha”. Dopo aver sentito gli insoliti ordini di Baba, Baradakanta gli chie-se: “Non pensi che l’ordine degli shastra a proposito di upabhog (piacerefisico) non fa che intensificare invece che scoraggiare il piacere deisensi?”.

La risposta di Baba è immensamente preziosa per i ricercatori chevivono in famiglia. Eccola: “Io ti ho chiesto di esaurire il tuo karma attra-verso ‘bhog’ e non ‘upabhog’. La differenza tra i due è come quella tra unmarito e un amante. Quando trasgredisci gli ordini delle scritture e godi dellavita dei sensi senza controllarli adeguatamente, questo diventa ‘upabhog’, opiacere illecito, che non ti darà mai la pace. Se invece raggiungi la pace attra-verso il piacere dei sensi con un senso di controllo e rispetto per gli ordini dellescritture, questo è ‘bhog’. La tua relazione con tua moglie, nella misura in cuiè in accordo con gli shastra, non è mai sbagliata e non ti ostacolerà mai nel-l’esperienza spirituale. Se agisci in questo modo il prarabdha, le tendenze concui sei nato, sarà bruciato”.

Questa istruzione di Baba dovrebbe essere oggetto di profonda medita-zione da parte di tutti i ricercatori. Secondo Baba, sarebbe poco pratico epersino dannoso consigliare a individui ordinari di lasciare il mondo deisensi prima di essere riusciti a controllare le tendenze sensuali. Molte per-sone bene intenzionate entrano in monastero e diventano monaci o suoreprima di essere pronti a farlo. Reprimono le loro tendenze invano, perchéil metodo non è soltanto inefficace, ma dannoso. Quando ci si reprime, èsoltanto questione di tempo prima che le tendenze tornino a galla e l’a-spirante cada vittima dei desideri, oppure perda l’equilibrio mentale.

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Ci sono molti monaci che non sono progrediti quanto le persone difamiglia, perché non sono capaci di mantenere i loro voti. La rinunciadeve venire dai livelli più profondi e non arriva finché le tendenze nonsono state controllate con successo.

La repressione ha un effetto subconscio perché si rifiuta di riconoscereche i desideri esistono. La mente controllata aspira a uno scopo superioree il sacrificio è più spontaneo e cosciente. Si sperimenta il desiderio perDio come un ardore interiore che consuma i desideri di natura inferiore.In presenza della gioia interiore i sensi lasciano andare i loro attaccamen-ti esteriori e riposano in pace, assorti nel Divino. Baba Lokenath, il profe-ta pratico, ci mette in guardia contro un uso sfrenato dei sensi, incorag-giando contemporaneamente l’umanità a raggiungere le alte vette dellavita spirituale attraverso la regolazione dei piaceri dei sensi.

Una persona ordinaria si lascia andare alle attività dei sensi senzacontrollo, seguendo gli impulsi inconsci di mente e intelletto impuri.Non c’è da meravigliarsi che in mezzo all’abbondanza materiale nelmondo ci sia così tanta povertà spirituale. Il rifiuto deliberato di ascol-tare le parole dei Maestri e delle sacre scritture crea vibrazioni dannosenell’intero sistema cosmico: così facendo invitiamo la collera di MadreNatura, che non avrà altra alternativa che ricorrere alla distruzione dimassa per ristabilire i veri valori umani e la proporzione nella vita.

L’idea dell’autocontrollo non dovrebbe suscitare reazioni negative: èuna cosa assolutamente positiva. Noi siamo fatti per vivere in modocosciente, per poter sperimentare la verità suprema. L’esperienza dellavera gioia illimitata si può raggiungere purché i sensi non siano lasciaticompletamente liberi. Il controllo cosciente favorisce l’elevazione supe-riore della coscienza e la discesa della grazia divina.

Non servite gli istinti della mente imperfetta. Rivolgete la mente el’energia che essa contiene verso la luce del Divino e il maestro, e sare-te trasformati. Se la società umana potesse seguire le istruzioni dei santie dei saggi antichi, se rispettasse i principi della verità superiore, non sof-friremmo della malattia sociale della crisi dei valori e dell’angoscia cheprovoca. L’Amato rivela la sua missione sulla terra sia attraverso i mona-ci rinuncianti che attraverso le persone sposate che lavoreranno insiemeper realizzare lo sviluppo cosmico di una società umana integrale cheonora ogni vita come divina.

Kuladananda fu molto riconoscente per i consigli di Baba e negli anni

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successivi pubblicò uno dei più importanti diari spirituali di un brahma-chari praticante intitolato Sri Sri Sadguru Sanga, in cui descrive le sueesperienze su Baba.

“Gli occhi di Brahmachari Baba non battono mai le palpebre. Sequalcuno cercasse di guardare negli occhi di Baba per più di qualcheminuto, perderebbe coscienza. Gli yogi dall’Himalaya e dal Tibet visita-vano l’ashram di Baba di notte con il loro corpo ‘astrale’, lasciando ilcorpo grossolano nelle loro grotte, per ricevere istruzioni avanzate nelloyoga. Le porte della stanza di Baba rimanevano chiuse la sera. Nessunoaveva il permesso di entrare nella stanza di Baba la notte: quelli che lofecero per curiosità ebbero esperienze terrificanti”.

Questo breve racconto di Sri Kuladananda illustra una volta di più l’e-levazione e la gloria della posizione yogica di Baba Lokenath. Per tutta lagiornata stava seduto nel suo ashram con le porte aperte, accogliendo lefolle con tutti i loro problemi e concedendo loro le sue benedizioni. Dinotte, invece, svolgeva un ruolo diverso: era il maestro degli yogi più pro-grediti dell’Himalaya e del Tibet. Era dunque conosciuto come lo yogidegli yogi, lo Yogeshwara, l’Incarnazione e la personificazione della per-fezione suprema dello Yoga, lo Yogavatar.

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Esercizio di Meditazione

Dedicate una giornata a un nuovo inizio nella pratica dell’autocon-trollo. Iniziate la giornata leggendo la sezione del capitolo intitolata“Rinuncia, piacere e controllo di sé”. In preghiera, contemplate gli scopisuperiori della vostra vita. Rendeteli reali e vividi. Percepite la loro pro-messa, le benedizioni che porterebbero a voi, a coloro che amate e almondo. Notate in che punti vi sentite ostacolati dal desiderio. Provatea vedere se e come state reprimendo il desiderio, condannandovi al fal-limento. Cercate di prevenire qualsiasi desiderio problematico chepotrebbe insorgere nella giornata. Stabilite chiaramente nel cuore enella mente il bene superiore che volete raggiungere nella vita.Chiedete a Baba di aiutarvi a mantenere il bene superiore e vibrante inposizione predominante nel cuore e nella mente, ogni volta che si pre-senta un desiderio. Poi, per tutta la giornata, nel momento del desiderioinvocate l’aiuto di Baba. Offrite il desiderio - come sacrificio liberamen-te offerto - nel gioioso fuoco della vostra aspirazione al bene più alto, piùgrande e più vero al quale aspirate.

Coltivate la consapevolezza delle aspirazioni spirituali più profonde chesono sostituite dai desideri problematici. Pregate sinceramente Baba ognivolta che siete attanagliati da un desiderio, perché venga realizzata la veri-tà più profonda invece che il suo surrogato di gratificazione superficiale.

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. Capitolo 11 .

LE VIE MISTERIOSE DEL SATGURU

Durante i suoi ultimi anni nel corpo fisico, vediamo Baba nel ruolodi insegnante universale. Tra il 1886 e il 1890 Baba non soltanto distri-buì benefici materiali ai molti devoti che affluivano nell’ashram ognigiorno, ma iniziò anche quei pochi fortunati che andavano da lui incerca della verità eterna.

Le benedizioni di Baba non erano però limitate a coloro che aveva-no un contatto diretto con lui. Sua divina grazia era sempre disponibilea coloro che lo cercavano sinceramente. Spesso viaggiava nel suo corpoastrale in cerca degli aspiranti spirituali che erano impegnati nella pra-tica dello yoga. Un flusso costante di grazia scorreva a loro dalla sua sot-tile forma divina mentre li istruiva sui principi più alti dello yoga. Questiricercatori, dopo aver ricevuto queste istruzioni sottili, trovavano spessola strada per arrivare all’ashram di Baba. I devoti di Baba gli facevanospesso delle domande sul suo lavoro sul piano sottile, ma lui ne parlavamolto poco.

Rajani Brahmachari

Rajani Brahmachari, che divenne il devoto più ardente e dedicato diBaba, sentì parlare di lui da Sri Vijaya Krishna Goswamiji. Entrò in con-tatto con Baba nel 1887 e descrisse così il suo primo incontro Lui:

“Dopo aver fatto un bagno fresco al mattino, io e VrindavanChandra Dey partimmo per l’ashram di Baba. Ci venne detto che Babateneva sempre delle caramelle di zucchero in bocca, perciò gli portava-mo dei dolci. Quando arrivammo, trovammo l’ashram di BrahmachariBaba molto simile all’eremitaggio dei Rishi degli antichi tempi vedici.Era un luogo tranquillo, circondato da ogni parte da piante fiorite ealberi che offrivano la loro ombra ai visitatori. Un albero di bel adia-cente alla capanna di Baba era il centro dell’attrazione. Non avevo maivisto un albero di bel simile nella mia vita. Era molto alto, con i rami

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che si allargavano in ogni direzione, come un grande albero baniano.Una piattaforma elevata rotonda era stata eretta attorno alla radice del-l’albero.

“Quando entrai nella stanza di Baba mi trovai in sua presenza. Babaera seduto tranquillo mentre una donna adorava i suoi piedi con deifiori. Ben presto la donna terminò la sua adorazione e io deposi il pac-chetto di dolci davanti a lui, prosternandomi. Mentre toccavo i suoipiedi divini con la mia fronte, fui riempito della dolce fragranza del suocorpo. Era un profumo celestiale che non può essere paragonato a nes-suna cosa materiale.

“Caddi in una trance profonda e rimasi prosternato ai suoi piedi peroltre quindici minuti, completamente dimentico del mondo esteriore.Dopo che fui tornato alla coscienza esteriore mi sedetti alla destra diBaba e guardai i suoi occhi, che avevano uno sguardo divino. Mentrepassava il tempo, notai che le palpebre non battevano mai.

“Baba indicò alcuni stuoini che erano sull’angolo della veranda e dissein tono un po’ brusco: ‘Perché stai seduto qui? Vai a sederti là!’. Io gli rispo-si mitemente in tono sottomesso, dicendo: ‘Desidero sedermi ai tuoipiedi’. Baba rispose ancora bruscamente, dicendo: ‘I desideri sono la causadi ogni sofferenza.’ Mentre riflettevo sul significato delle sue parole, vidiche gli occhi di Baba erano diventati fissi. Praticamente non c’era alcunsegno di respirazione. Era seduto nella sua posizione di Gomukhasana,immobile come una statua, senza dare alcun segno di vita. Avevo la sen-sazione che il suo corpo fosse lì, ma che lui avesse lasciato il corpo perandare oltre, nel regno sconosciuto agli esseri umani. Mi trovavo facciaa faccia con un Dio vivente che era presente nel mondo. La sua presen-za mi incuteva una grande meraviglia. Avevo sentito parlare delSamadhi, la consapevolezza trascendentale, ma non avevo mai visto nes-suno in quello stato divino. Passarono quindici minuti. Ero completa-mente assorto, dimentico del passare del tempo, immerso nell’estasi.Continuavo a fissare la sua forma fisica risplendente. Proprio come eradiventato immobile, improvvisamente mostrò nuovamente segno diessere tornato in questo mondo”.

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La questione della castità in un matrimonio spirituale

Dopo essersi informato dei dettagli della famiglia di Rajani e aversaputo della morte di sua moglie, Baba disse: “Ti raccomando di sposartinuovamente”. Rajani Chakravarti, che era determinato a non sposarsipiù, confessò a Baba: “Non sarò in grado di eseguire il tuo ordine”. Babachiese: “Come mai?”.

Rajani rispose: “Per me, tutte le donne sono come mie madri”. Poiraccontò in dettaglio come un giorno sua moglie lo aveva avvicinato egli aveva chiesto di promettere che non avrebbero più avuto nessuncontatto fisico come marito e moglie, ma avrebbero vissuto invece comefratello e sorella. Rajani era stato entusiasta di quel cambiamento, chesapeva avrebbe aiutato molto la sua crescita spirituale. Dichiarò a suamoglie che da quel giorno in poi l’avrebbe considerata come sua madre,e lei accettò prontamente.

Sentendo quelle parole di Rajani, Baba Lokenath fu commosso edisse: “È tornata forse l’Età dell’Oro? Allora perché sei venuto tu da me?Avrei dovuto venire io da te”.

Queste parole di Baba mettono in luce un aspetto importante dei suoiinsegnamenti spirituali. Quando Baba seppe da Rajani che lui e suamoglie vivevano castamente pur essendo sposati, Baba ne fu profonda-mente compiaciuto. Baba sottolineava sempre la necessità del controllodei sensi nella vita di un vero aspirante alla spiritualità. Con le sue paro-le indicava che la verità può essere raggiunta soltanto attraverso lavolontà determinata a sottomettersi ai piedi del Divino che in parte simanifesta come risultato naturale della castità.

Il matrimonio di Rajani serve come perfetto esempio di matrimoniospirituale, anche se può essere una via difficile per i ricercatori del mondooccidentale, a causa dell’importanza che si dà alla gratificazione sessuale.I ricercatori devono rendersi conto che un matrimonio spirituale non siverifica senza sforzo. Il viaggio spirituale per le persone sposate inizia conun impegno reciproco verso uno scopo più alto. Generalmente nelle fasiiniziali del matrimonio l’attrazione reciproca tra marito e moglie simanifesta attraverso i sensi e ha sugli individui un potere maggiorerispetto alle qualità divine di amore e devozione. Alla fine questo cam-bierà. Se ciò non avviene, cioè se i due coniugi non riescono a trascende-re le loro passioni, è importante che ricordino che ogni conflitto interiore,

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senso di colpa o di indegnità che possono provare è in ultima analisi piùdannoso dell’atto sessuale di per se stesso.

I ricercatori spirituali potrebbero trovarsi nel dilemma della scelta trala repressione del desiderio sessuale o il suo soddisfacimento senza limi-ti. Nessuna di queste due alternative può portare la felicità. In ultimaanalisi, il sincero ricercatore spirituale deve affrontare consapevolmen-te il fatto che è impossibile risolvere il dilemma tra i suoi desideri e lasottomissione al Divino. Baba insegna che la passione può essere spiri-tualizzata attraverso la ripetizione del nome di Dio. Se gli aspirantiamano veramente Dio e sono sinceri, allora la trasformazione avverràgradualmente. È soltanto attraverso la grazia di Dio che le apparentidualità di carne e spirito possono essere riconciliate, perché in realtàsono una sola cosa.

Quando il desiderio di sperimentare Dio come una realtà vivente cre-sce nel cuore del ricercatore, questi si allontana spontaneamente dalpiacere sensuale, che sembra sempre più limitato. Il ricercatore si avvi-cina sempre più alla luce della divinità che si risveglia. Riempita di feli-cità, l’energia sessuale viene trasformata in energia divina, e allora ilmatrimonio con il Divino si manifesta dentro l’anima, e la relazione dimatrimonio arriva al compimento del suo destino: marito e moglie sonoattratti reciprocamente a causa dell’Amore Divino che sperimentanonel cuore e vedono uno nell’altra. Fondendosi nel senso più puro, con-dividono una più grande visione della vita e diventano modelli dellaverità vivente.

La questione del sesso è un problema per molti ricercatori spirituali emolti chiedono: “Che c’è di male nel sesso? L’espressione sessuale non èforse, per esempio, parte della natura e una profonda espressione diamore per molti?”.

Per rispondere a questa domanda, bisogna allargare la propria visuale. Siè detto molte volte che il problema è la fondamentale ignoranza dell’uomoa proposito della verità. Gli esseri umani non hanno mai veramente impa-rato o accettato l’idea che il nostro destino primario è quello di realizzareDio. La realizzazione di Dio è lo scopo finale della nostra esistenza: questoè il messaggio dei santi e dei saggi da tempo immemorabile. Se non com-prendiamo la nostra natura e il nostro scopo più alti, però, ci rimangonosoltanto i nostri sensi, che operano in schemi ciclici all’infinito. Il deside-rio eccitato esige soddisfazione, che a sua volta alimenta la fiamma di un

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maggiore desiderio: in questo modo ci ritroviamo a rincorrere gli oggetti delnostro desiderio, usando la maggior parte della nostra energia e attenzione(se non tutta) in questo tentativo. Il mondo che possiamo vedere, toccaree percepire diventa una realtà unica che ci assorbe quasi completamente,lasciando ben poco per perseguire lo scopo divino. E poiché il divino è sot-tile, facilmente scompare in modo completo dalla coscienza: la successivaconcentrazione esclusiva sul mondo materiale limitato diventa la radice delproblema.

In ogni epoca la religione ha esortato l’umanità a controllare i propriimpulsi sensuali, ma in molti case tale prescrizione è stata affermata senzadare spiegazioni. Se non si comprende la saggezza di una data legge, que-sta diventa un’imposizione crudele. Dopo tutto, se agiamo dando perscontato che nulla esiste al di là dei sensi, allora è naturale che ci ribel-liamo contro ciò che ci impedisce di godere della fonte del nostro piace-re nella vita. Se riuscissimo a intravedere uno spiraglio dei tesori spiritualiche ci aspettano, niente ci tratterrebbe dal fare tutto il possibile per recla-mare la nostra eredità divina. In questa fugace visione potremmo com-prendere che nulla nel mondo transitorio può essere paragonato in alcunmodo all’esperienza di amore, libertà e gioia che ci attende.

Queste stesse domande sull’espressione sessuale e il suo ruolo posso-no essere esaminate anche da un’altra prospettiva. Se dovessimo viag-giare per il mondo o anche nello spazio, dovremmo necessariamenteviaggiare con un aereo o un’astronave, e questi veicoli, per quanto sofi-sticati, non potrebbero mai muoversi senza carburante. Lo stesso accadenel processo spirituale. Abbiamo bisogno di carburante per raggiungerela nostra destinazione spirituale. In questo caso il carburante è la quan-tità di energia che ciascuno di noi riceve alla nascita. Senza questa ener-gia non si può fare niente. Nella sua forma primordiale essa viene speri-mentata come energia sessuale e attraverso la pratica della disciplina spi-rituale viene attirata su per i chakra - i centri spirituali situati lungo laspina dorsale - finché raggiunge la corona, cosa che segnala la realizza-zione di Dio. L’uso direzionato di tale energia porta grandi risultati spiri-tuali, ma ciascuno di noi ha il potere del libero arbitrio e può usare l’e-nergia in qualsiasi modo desidera. Se l’energia viene direzionata maleattraverso la collera, il sesso, l’avidità, l’ansietà e simili espressioni, vienedissipata e non può essere utilizzata per trasformare la coscienza in statipiù elevati, e noi non saremo capaci di sperimentare la gioia e la libertà

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che sono il nostro diritto di nascita. Dovremo invece continuare a torna-re vita dopo vita finché avremo imparato attraverso l’esperienza il valoree lo scopo di questa energia: così comincia il nostro viaggio verso casa.

Rajani Chakravarti, avendo imparato a controllare i sensi, ricevettel’iniziazione da Baba e divenne noto come Rajani Brahmachari. Nellavita di Rajani, Baba dimostrò in modo esperto la sua abilità di gurusupremo. Sapeva esattamente cosa fosse necessario per il progresso deisuoi discepoli e come avvicinarli secondo il loro carattere individuale.Faceva tutto ciò che era necessario per condurre i suoi amati figli al loroscopo divino. Come rivela il prossimo episodio, comunque, spesso Babainsegnava e spingeva i suoi devoti verso la consapevolezza superiore inmodo giocoso e birichino.

La cura di Baba per le abitudini e le dipendenze

Rajani aveva l’abitudine di fumare tabacco. Un giorno, durante il suosoggiorno da Baba, per tre volte ebbe l’impulso di fumare tabacco e sor-prendentemente tutte e tre le volte Baba disse: “Ma che razza di devotosei? Non mi offri nemmeno del tabacco?”.

Ogni volta che Baba lo chiese, Rajani preparò il tabacco nella propriatazza e lo offrì a Baba. Quando poi Baba gli passò il tabacco, lo accettòsilenziosamente e stava per uscire dalla stanza per fumare fuori, quandoBaba lo richiamò: “Devi fumare qui, proprio di fronte a me”. Rajani dissepiù tardi che dopo la terza volta, la sua inveterata abitudine di fumare lolasciò per sempre, per grazia di Baba Lokenath. Vediamo così come Baba,nel suo modo compassionevole e giocoso, aiutò Rajani a liberarsi daun’abitudine malsana che interferiva con la sua crescita spirituale.

Il modo in cui Baba scelse di offrire la sua guida a Rajani, pur essen-do tenero e giocoso, ha importanti e molteplici risvolti e applicazioni -e speranza - per tutti coloro che soffrono di tossicodipendenze. IlSatguru non ci chiede di portare all’altare della sua presenza soltanto inostri sacrifici migliori e completi. Ci chiede TUTTO ciò che siamo,buoni e cattivi, forti e incorreggibilmente deboli. Attraverso Rajani,Baba ci dice che non dobbiamo mai permettere che i nostri difetti, ilnostro senso di colpa e la nostra vergogna ci tengano lontani dall’altare

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del divino, anche per un solo istante. Dobbiamo invece portare i nostrivizi più ostinati a lui, nello stesso istante del nostro fallimento nel con-trollarli - anche molte volte, se necessario - finché non saremo guaritiper la sua grazia. Non c’è peccato così grande o debolezza così ostinatache il Satguru non possa guarire e che non guarirà in coloro che riman-gono con amore nella sua presenza.

Quando Baba voleva che i suoi devoti venissero a incontrarlo aBaradi, non mandava messaggeri, ma chiamava interiormente il devotoattraverso il suo comando sottile. Il devoto che riceveva questa chiama-ta sottile sentiva un urgente e profondo desiderio di correre da Baba. Unavolta, Rajani ricevette una di queste chiamate da Baba a Baradi e glivenne detto di partire senza ombrello.

Rajani partì immediatamente per Baradi a piedi sotto il sole cocente,lasciando ubbidiente a casa l’ombrello. La distanza tra Dacca e Baradiera notevole, e la strada dissestata e piena di sassi.

La chiamata improvvisa può essere stata il modo in cui Baba mette-va alla prova il suo discepolo. Rajani era capace di accettare l’ordine diBaba senza lamentarsi e di eseguirlo? Rajani lo fece volentieri e anche seandava scalzo scoprì con sua grande sorpresa che non era disturbato nédalle condizioni della strada né dal calore cocente, e non si stancava. Sisentiva invece riposato e nel momento in cui toccò i piedi di Baba tuttoil suo essere si riempì di gioia e pace.

A volte Baba si arrabbiava moltissimo se qualcuno mancava di com-piere il suo dovere. In una di queste occasioni disse a Rajani: “Io nonsono Rishi Janak, Rishi Janak non si preoccupava mai se un lato si bruciava.Io insulto uno e picchio l’altro. E prendo sulle ginocchia un altro ancora”.

Questa affermazione di Baba richiede un’attenta analisi. Il re Janakaè un esempio di Rajarishi, il re santo della mitologia indiana. Attraversola via dell’azione distaccata (karma yoga), Janaka aveva raggiunto untale stato di libertà dal desiderio nella coscienza spirituale che, puressendo re e immerso in tutti i piaceri materiali collegati alla sua posi-zione, non era toccato da nulla e rimaneva libero dall’attaccamento.

L’affermazione di Baba che “Janaka non si preoccupava mai se un lato sibruciava” si riferisce a un episodio in cui il palazzo andò a fuoco. Tuttiscappavano per salvarsi la vita ma Janaka, per nulla turbato dal perico-lo imminente, rimase tranquillo a ridere dell’intera faccenda. Si trattaeffettivamente di un livello spirituale elevato, ma Baba aveva raggiunto

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un livello ancora più elevato, lo stato di Brahmarishi. Tra le categorie diyogi e coloro che conoscono il Brahman, era Brahmavidvaristha, ilsupremo conoscitore del Brahman Supremo.

Dicendo “ Io insulto uno e picchio l’altro. E prendo sulle ginocchia un altroancora”, Baba indicava che rimaneva sempre in uno stato di assoluto dis-tacco in relazione a tutto ciò che succedeva. Allo stesso tempo, alloscopo di insegnare, svolgeva il ruolo di un uomo di famiglia molto attac-cato, mentre in realtà rimaneva distaccato. Reagiva alle situazioni ester-ne molto spontaneamente, come fanno gli illuminati. Rimproveravaquando ce n’era bisogno e allo stesso tempo consolava il dolore dei suoifigli sofferenti con l’amore di una madre.

Un illuminato non è semplicemente l’incarnazione del distacco. Ilprofondo senso di compassione che fiorisce in lui gli fa svolgere il ruolodi insegnante nel mondo. Accetta le sofferenze delle persone comuni eallo stesso tempo insegna loro la via che li porterà alla trascendenza,lasciando indietro le pene della vita mondana. Gesù, Buddha, Mahavira,Sri Chaitanya, Sri Ramakrishna sono esempi di tali manifestazioni divi-ne. Non c’è da meravigliarsi che siano adorati in tutto il mondo comeDio stesso.

I devoti di Baba, coloro che prendono rifugio in lui, dovrebbero essereconsapevoli che, benché Baba sia felice di soddisfare i desideri materialidei suoi figli, non esiterà a rimproverarli per gli errori che commettono.

Baba continuò a guidare attentamente Rajani. Un giorno Baba gliaveva ordinato di indossare un perizoma come biancheria intima e usarestoffe di pregio per coprirsi il corpo, indicando che Rajani aveva rag-giunto il distacco verso le cose materiali del mondo. Una volta Babaaveva detto a Rajani: “La causa di tutti gli attaccamenti mi è conosciuta.Perché permettere che ti travolgano?”. Rajani chiese: “Posso conoscere lecause?”. Baba disse: “Il dolore di parole offensive, il dolore della separazionedalle persone amate e il dolore della perdita di ricchezze: chi sa sopportare conpazienza queste tre ferite può trascendere perfino la morte”.

Quando Baba usava la parola “ferita” si riferiva alla ferita causata dauna freccia. Il metodo usato da Baba per istruire Rajani sulle ferite degliinsulti è molto interessante e costituisce un ulteriore esempio dei meto-di insoliti con cui il guru mette alla prova il discepolo sulla via delladisciplina spirituale.

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Come maestro, Baba adottò una tecnica veramente meravigliosa permettere alla prova la devozione di Rajani per il suo guru. Cominciò a fargirare la voce tra i seguaci di Rajani, che spesso visitavano l’ashram, cheRajani era un ipocrita. “Rajani dice che io gli ho ordinato di indossare unKaupinam (perizoma), ma è una bugia. Sta cercando di acquisire gloria inquesto modo”.

L’affermazione di Baba provocò grande confusione nella mente deiseguaci di Rajani, che ben presto cominciarono a dubitare dell’autenti-cità del suo successo spirituale, e anche coloro che erano stati più attac-cati a Rajani cominciarono ad evitare la sua compagnia.

La gente credette alle accuse di Baba perché tutti sapevano che erasoltanto per la sua grazia che Rajani aveva fatto progressi così velocisulla via dello yoga. Quando sentirono Baba che parlava in modo cosìdispregiativo del proprio discepolo, queste persone caddero vittima delgioco di Baba e cominciarono a loro volta a parlare male di Rajani, pro-prio come Baba si era aspettato.

Le voci continuarono a circolare per qualche tempo e Rajani, sapen-do che il suo Gurudev lo stava mettendo alla prova, rimase indifferenteverso l’intera faccenda. Quando arrivò il momento andò da Baba e glidisse: “Sembra che tu stia dicendo ai tuoi devoti che non mi hai maichiesto di indossare un perizoma, e che io l’abbia indossato con l’inten-zione di acquisire la gloria di un santo tra la gente”. Baba rispose: “Sì,l’ho detto”. Rajani chiese: “Perché hai detto questa bugia?”. Baba rispo-se: “Perché da quando ti ho dato il perizoma hai continuato a diffonde-re la grandezza del tuo guru e di conseguenza vengo disturbato troppospesso. Non mi lasciano riposare in pace”.

La prova di fiducia nel guru che Baba impose a Rajani fu estrema-mente difficile. Soltanto una persona con un grande senso di distacco eprofonda fiducia nel guru poteva superare l’esame con successo. Di frontea questa difficile situazione Rajani non perdette mai la fiducia e la devo-zione al guru e disse: “Brahmachari Baba è totalmente misericordioso.Tutto ciò che dice deve essere per il mio bene”. Questa sottomissioneindiscussa alla volontà del guru deve essere l’atteggiamento del discepolo.

Baba chiese a Rajani: “Hai compreso il segreto del perizoma?”. Poi si rispo-se da solo: “Serve come bastone per la punizione. Aiuta a mantenere la mente

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ben controllata e non le permette di abbandonarsi alla sua natura inferiore”.La ragione dietro la bugia di Baba fu rivelata gradualmente a tutti.

Con la sua profonda fiducia in Baba e i suoi sforzi sinceri per elevarsi spi-ritualmente e diventare un vero discepolo di Baba Lokenath, Rajani svi-luppò una grande compassione. Cominciò a curare molte persone damalattie inguaribili e coloro che non potevano andare a Baradi andava-no a trovare Rajani per parlargli dei loro problemi. Rajani li benedivasempre nel nome di Lokenath, e attraverso la grazia di Baba il miracolosi verificava.

Baba Lokenath insegnò che come ricercatore Rajani non doveva inco-raggiare attività che gli portavano fama e che potevano rallentare il suoprogresso spirituale. Baba voleva smascherare la vera natura delle personeegoiste e mostrare un esempio di autentico discepolo attraverso la tolle-ranza e il rispetto di Rajani.

Baba Lokenath vide che Rajani era progredito in modo considerevo-le: era arrivato il momento per lui di lasciare la casa e abitare in unacapanna separata e da solo, per poter entrare nei livelli più profondi del-l’esperienza spirituale. Baba disse un giorno a Rajani: “Non puoi avereanche tu una stanza come la mia e rimanere seduto in meditazione?”. Spiegòla ragione di questa istruzione dicendo: “Finché non tagli tutti i legami conla tua relazione con la casa ed entri in uno stato di meditazione profonda conla mente concentrata in modo acuto, non puoi realizzarti. Devi quindi affret-tarti in questa direzione per raggiungere lo stato finale”.

Poco dopo aver ricevuto l’istruzione di Baba, Rajani Brahmacharilasciò la casa per sempre e cominciò a vivere a Wari Yogashrama, e allafine stabilì il proprio ashram vicino a Dacca, dove visse per il resto dellasua vita assorto nel sadhana e servì come lo strumento prescelto da BabaLokenath dopo che questi ebbe abbandonato il suo corpo mortale.

Baba Lokenath, come maestro spirituale dei maestri, manifestò unLila simile con i discepoli e devoti di Sri Vijaya Krishna Goswamiji.Ogni volta che i discepoli o devoti di Goswamiji andavano da Baba perricevere darshan e benedizioni, Baba parlava male di Goswamiji davan-ti a loro. Era difficile per i discepoli e i devoti capire la ragione del giocodi Baba.

Un giorno Baba era seduto, circondato da una folla di devoti e disce-poli. Improvvisamente la sua attenzione si fissò sul cancello dell’ashram,dove un devoto si stava avvicinando alla sua capanna. Nel momento

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stesso in cui vide arrivare il devoto, Baba cambiò umore. Indicò l’estra-neo ai devoti e disse: “Ecco che arriva uno dei discepoli di Jivan Krishna. Stasprecando la sua vita seguendo il maestro sbagliato. Se questa non è la verità,come si spiega che io non vedo alcun sviluppo nel suo stato spirituale nono-stante che stia seguendo sinceramente il suo guru?”.

In Sri Sri Satguru Sanga, Kuladananda parla di questo discepolo di SriVijaya Krishna Goswami, che era pazzamente innamorato del suo mae-stro. L’amore e l’incrollabile devozione che Sridhar aveva per il suoGurudev è veramente un esempio che tutti i discepoli dovrebbero imi-tare. Baba voleva dimostrare attraverso Sridhar la posizione del verodiscepolo, indicando le qualità di amore, rispetto, devozione e profondafiducia nel maestro. Attraverso questo Lila di Baba apprendiamo chetutte le azioni e le parole degli illuminati sono carichi di profondo signi-ficato e istruzioni spirituali.

Sridhar venne a cercare il darshan di Baba, perché aveva sentitomolto parlare il suo maestro Goswamiji di Baba e della sua grande posi-zione spirituale. Rimase colpito nel più profondo del cuore nel sentire ilsaggio che insultava il suo amato maestro, che per lui era l’incarnazionedella Divinità. Non poteva tollerare una sola parola di insulto per il suocaro maestro. Sapeva, anzi era profondamente convinto che parlaremale del suo guru o ascoltare parole ingiuriose nei suoi confronti fosse unsuicidio per qualsiasi discepolo, e non permetteva a nessuno di commet-tere questo errore. Non riusciva a immaginare che la persona della qualeil suo Gurudev parlava con tanti elogi potesse degradarsi a un livello cosìbasso da criticare il suo maestro davanti a così tante persone!

Per aggiungere più combustibile al fuoco della rabbia che bruciavanel cuore di Sridhar, Baba aggiunse: “Se tu credi che il tuo guru ha un qual-che potere di verità in lui, allora perché te ne stai in silenzio? Il tuo guru è ciecoe sei cieco anche tu. La tua è la storia del cieco che guida il cieco. Ti suggeri-rei di lasciare il tuo guru e venire da me. Vedrai da te stesso in che modo tidarò visioni divine immediatamente”.

Accecato dalla collera Sridhar raccolse da terra un bastone e corseverso Baba con l’intenzione di ammazzarlo di botte. Era convinto che lamorte fosse la punizione giusta e corretta per un atto così ignobile daparte di quel monaco.

I devoti, preoccupati per gli spiacevoli sviluppi della situazione, corse-ro da Sridhar e cercarono di dissuaderlo dal compiere un’azione così pazza.

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Nel frattempo Baba si alzò dal suo seggio e andò diritto da Sridhar abraccia aperte, e lo abbracciò con immenso amore. Lo scopo della dimo-strazione di Baba era mostrare ai discepoli presenti e anche ai discepoliin generale la profondità dell’amore che un discepolo dovrebbe avereper il suo maestro.

Baba portò Sridhar nella sua stanza e lo coprì di affetto e amoredicendo: “Ti ho dato così tanto dolore, parlando male del tuo guru, soltantoper vedere da te questo comportamento. Sono così contento della profonditàdell’amore che hai per il tuo maestro. Sei benedetto. Hai giustamente svilup-pato la guru-bhakti, la sincera devozione per il maestro. Coloro che seguonola via della disciplina spirituale senza avere questo genere di profondo amoreper il maestro non otterranno mai la rivelazione della vera verità. Poiché tu cel’hai, raggiungerai il tuo scopo”.

Baba benedisse Sridhar con tutto il cuore e disse: “La ragione per cuiio critico Jivan Krishna (Vijaya Krishna Goswamiji) ogni volta che i suoidiscepoli e devoti vengono da me è ben nota a me e al tuo maestro. Questo èil motivo per cui in questi giorni non permette ai suoi discepoli e devoti intimidi venire da me. Nessuno comprende il dolore che Jivan Krishna soffre per isuoi discepoli e devoti. Come può un uomo ordinario comprendere chi è JivanKrishna? Perché è venuto e perché sta distribuendo con tale altruismo i ricchitesori spirituali agli uomini ordinari. Quando raggiungerai lo stato di perfezio-ne attraverso la tua sottomissione incondizionata al guru, ti renderai conto cheJivan Krishna e io siamo una sola cosa, la stessa cosa nel regno dell’EternoGioco Divino”.

Baba terminò di parlare e subito dopo entrò nel mondo trascenden-te. Il suo corpo rimase sul seggio come una statua senza vita, senzamostrare la minima pulsazione vitale. Era in uno stato di samadhi eSridhar, seduto accanto a questa incarnazione divina, provò una felicitàinesprimibile. Un’aura di brillante splendore circondava il corpo di Babae l’intera stanza era piena di un profumo sublime: Sridhar era immersoin uno stato di ebbrezza divina. Chiuse gli occhi per sperimentare pie-namente la gioia interiore e quando li riaprì vide il suo amato maestroVijaya Krishna Goswamiji seduto al posto di Baba. Ebbro di estasi, siprosternò ai piedi del suo maestro e quando sollevò la testa per vederlodi nuovo, c’era Baba Lokenath seduto là con un sorriso divino.

Baba aveva ricompensato l’amore e la devozione di Baba perGoswamiji con un’esperienza che l’aveva elevato a un nuovo livello di

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comprensione. Quell’esperienza aveva dimostrato la verità dell’afferma-zione di Baba secondo cui Baba e il suo maestro erano veramente Uno ela stessa cosa nel regno dell’Eterno Gioco Divino.

Il commovente gioco divino di Baba dissipa le tenebre nella mente deiseguaci del Satguru, che temono che se si inchinano e rispettano altriSatguru, potrebbero mancare di fedeltà. La Guru Gita proclama “madguru shree jagadguru”: il mio guru è il maestro universale. Bisogna averela devozione più dedicata e concentrata per il proprio maestro, ma anchetenere il cuore aperto a ricevere la luce da tutti gli illuminati, perché oltreil piano del corpo materiale, sono una cosa sola nel campo supremo dellaconsapevolezza pura.

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LE VIE MISTERIOSE DEL SATGURU

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Esercizio di meditazione

La maggior parte dei devoti prendono talmente sul serio la propriavita e Dio da rimanere appesantiti e perdersi il piacere con cui Dio e ilguru preferirebbero giocare con noi. Chiedete a Baba di aiutarvi a lasciarandare OGNI pesantezza. Poi, mentre trascorre la giornata, cercatemodi di giocare con gli altri, con voi stessi e con la vostra situazione.Immaginate che sia Baba che viene a giocare con voi. Dove si nascondela gioia? In che modo si nasconde l’insegnamento? Se vi trovate in cir-costanze che normalmente vi stressano o vi fanno arrabbiare, fate unpasso indietro. Vedete tutto questo come Baba che viene a giocare convoi, spingendovi gioiosamente ad alleggerirvi, a godere dell’assurdità, atrovare una gioia più grande e coltivare la leggerezza dell’essere.

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. Capitolo 12 .

I DISCEPOLI PIÙ INTIMI

Satguru Lokenath attirava i suoi devoti da molte direzioni.Inizialmente molti venivano soltanto per trovare sollievo ai loro proble-mi mondani, ma dopo essere stati toccati dalla sua grazia, molti di quel-li che erano stati liberati dagli ostacoli fisici si trovavano attirati neiregni della luce mistica. Esaminando la vita dei discepoli intimi di Babache vennero a Baradi e raggiunsero un alto livello nello yoga, è impor-tante notare che per la maggior parte erano uomini di famiglia. Baba liattirò a Baradi guidandoli a una vita di vera rinuncia. Baba non creò unabanda di sannyasi, vestiti di arancione, che vivevano da rinuncianti, malavorava con normali uomini di famiglia e li elevava alla vita di brah-machari e allo stato di sannyas come messaggio diretto per il millennio avenire. Non c’è nessun bisogno di fuggire da casa, moglie, figli o posse-dimenti materiali. Ciò che è necessario è la rinuncia all’attaccamentoattraverso l’amore possessivo del Satguru. Baba mostrò al mondo che conla grazia del Satguru, l’intensa devozione e perseveranza del discepolo, larealizzazione di Dio non è un sogno lontano, ma una realtà pratica.Sottomettendosi veramente al Satguru, si può raggiungere la casa divina.

Gwalini Ma

Una anziana signora di nome Kamala viveva in una piccola capannavicino all’ashram di Baba Lokenath. L’unica cosa che possedeva nellavita era una mucca malaticcia e viveva vendendo il latte della mucca.

Un giorno venne per il darshan di Baba e gli portò in offerta un po’di latte di mucca. Quando la vide avvicinarsi, Baba ne fu deliziato e lainvitò nella stanza dicendo: “Come mai la madre ha potuto rimanere lon-tano dal figlio per così tanto tempo?”. Anche l’anziana donna provò un pro-fondo sentimento materno nel momento in cui vide Baba e lo prese sulleginocchia come se Baba fosse proprio suo figlio. Baba la chiamò GwaliniMa, e questo è il nome con il quale divenne famosa.

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I DISCEPOLI PIÙ INTIMI

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Attraverso la grazia di Baba, Gwalini Ma sostenne molte responsabi-lità nell’ashram nonostante fosse molto avanti con gli anni. Si occupavadei visitatori distribuendo loro prasad (cibo benedetto) e assisteva imalati sofferenti che venivano in gran numero a cercare le benedizionidi Baba. Baba sviluppò una tale fiducia in Gwalini Ma che non fece mainulla che riguardasse l’amministrazione dell’ashram senza consultarla.

Baba preparava da sé il suo pasto del mattino (balbhog) nel lato norddella veranda davanti alla sua capanna di una sola stanza, e mangiava lì.Il pasto o bhog del pomeriggio era preparato da Gwalini Ma, che duranteil lavoro si copriva sempre la bocca con un pezzo di stoffa, e non permet-teva a nessuno di entrare finché Baba non aveva finito di mangiare. Oggi,in ogni luogo in cui si adora Baba Lokenath e gli viene offerto del cibo (obhog), ci si aspetta che i devoti si coprano la bocca come era la tradizionerigidamente seguita al Baradi Ashram.

Gwalini Ma ebbe così la fortuna di osservare da vicino il raro feno-meno dell’illuminato, e raccontava i Lila di Baba ogni volta che i devo-ti glielo chiedevano. Un giorno un fulmine scosse quasi le fondamentadell’ashram e un devoto si spaventò. Gwalini Ma disse tranquillamenteal devoto che il potere della tempesta era trascurabile, paragonato alpotere di Baba, e rassicurò il devoto dicendogli che non c’era bisogno dipreoccuparsi. Spiegò che dopo aver passato molto tempo nell’ashramnella presenza di Baba, aveva constatato che non esisteva alcun poterein cielo o in terra che potesse fare del male ai suoi devoti.

Il devoto volle sapere dove fosse Baba in quella notte di tempesta, eGwalini Ma rispose che nessuno poteva dire dov’era e dove non era.Anche se lei gli era molto vicina, confessò che non era in grado di com-prendere i suoi imprevedibili movimenti e le sue manifestazioni.

A volte Baba era seduto sul suo seggio e dopo un attimo non c’erapiù. A volte era nella sua stanza, il suo corpo era lì ma lui no. Altre volteBaba risultava presente con la sua forma tangibile in diversi posti con-temporaneamente.

Gwalini Ma disse ai devoti: “Nessun pensiero che abbiamo in mentepuò sfuggirgli. I primi tempi ero spaventata all’idea che egli sapesse checosa mi passava per la testa. A volte diceva, e in genere fingeva, di nonsapere niente. In seguito, quando appresi che egli risiede nel mio cuore,e osserva tutti i miei pensieri, cominciai ad accettare la situazione e adessere a mio agio”.

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“Ho capito che qualsiasi cosa io faccia, è lui a farla; qualsiasi cosa iopensi, è lui che pensa - io non sono responsabile di niente. E sono a mioagio lasciando a lui tutta la responsabilità.”

Brahmananda Bharati

Un altro intimo compagno e discepolo di Baba, oltre a Gwalini Ma,era Brahmananda Bharati. Nel cuore la maggior parte dei devoti di Babasi chiedono che cosa ne sia stato della rinascita di Guru Bhagawan e delsuo ritorno a Baba. Molti credono che tornò come BrahmanandaBharati, mentre altri ritengono che fosse Rajani Brahmachari, perchéentrambi progredirono considerevolmente sulla via spirituale attraversola grazia di Baba.

Brahmananda Bharati era un uomo di famiglia, conosciuto in prece-denza come Tarakanta Ganguli. Era un uomo colto, esperto nelle scrit-ture e un ricercatore sulla via del Jnana. Attraverso la grazia di Babaanche lui venne trasformato e negli anni successivi divenne l’ardentediscepolo che scrisse Siddha Jivani in lingua bengali, un libro sulla vita eil gioco divino di Baba.

Quando incontrò Baba a Baradi per la prima volta, Baba gli chieseperché fosse venuto e lui rispose come un colto filosofo: “Io sto moren-do nella fossa che ho scavato. Sono incastrato sul livello mondano permia stessa volontà e intrappolato nella rete distesa dalla mia stessa igno-ranza. Sono legato dalle catene dell’attaccamento e non so superare que-sto legame. Tu sei un illuminato. Perché non mi mostri la tua grazia inmodo che io possa diventare libero da questa schiavitù di Maya? Se lofarai, ti prego di rivelarmi la tecnica con la quale hai trasceso questaschiavitù in modo che anch’io possa trascendere questa illusione creatadalla natura”.

Baba rispose alla sua domanda molto semplicemente: “TrascendiMaya adorandoLa”.

Tarakanta Ganguly, che aveva la mente piena di informazioni rac-colte attraverso le varie scritture sacre, pensava che con la grazia di Babaavrebbe potuto vincere la natura, ma Baba, dal suo sacco pieno di ricchitesori spirituali, aveva estratto una gemma di inestimabile valore e l’a-veva offerta a Tarakanta Ganguly con queste semplici parole.

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Baba indicava che Maya, l’invincibile Madre Natura, l’energia pri-mordiale dell’esistenza, non può mai essere vinta. Se invece La adoria-mo, soddisfacendoLa attraverso il sadhana (la disciplina spirituale), rice-veremo la Sua grazia divina. La natura inferiore viene trasformata e tra-scende spontaneamente ogni legame di ignoranza e attaccamento.Attraverso l’adorazione, Maya cessa di essere Maya e diventaMahamaya, il Divino in persona, la Madre Universale. Noi compren-diamo che Lei soltanto Si manifesta nell’intera creazione, perciò chi sarà con-quistato da chi?

Tarakanta Ganguly obiettò: “Ma la natura è inerte. Non voglio ado-rare la natura inerte”.

Baba rimase in silenzio per un po’ e poi rispose: “La larva ricopre il pro-prio corpo con le fibre setose prodotte dalla propria bocca e rimane legata den-tro quella cella. Nessuno può aiutarla a uscirne, ma quando a tempo debito sitrasforma in farfalla, allora perfora la propria cella e ne esce senza l’aiuto dinessuno”.

Con questo esempio Baba cercava di convincere Tarakanta che l’uo-mo è legato dalle proprie azioni e dai propri pensieri. La mente rimanelegata a causa del suo coinvolgimento nella natura inferiore o negliattaccamenti mondani e materialisti, ma quella stessa mente può tra-sformarsi, rafforzata dalla disciplina spirituale, e diventare la mente pura,che costituisce la porta per la liberazione e conduce alla perfezionesuprema della vita.

In seguito Tarakanta sviluppò una profonda fede e devozione perBaba, che lo iniziò e gli diede il nome di Brahmananda Bharati. Dopoil Mahasamadhi di Baba, Tarakanta, che era un avvocato di successonel distretto di Dacca Narayangaunj, lasciò la sua professione e la casaavita per stabilirsi a Varanasi e dedicarsi alla sua ardente aspirazione direalizzare il Sé.

Chandra Kishore Chakravarti

Un altro famoso seguace di Baba era Sri Chandra KishoreChakravarti, un abitante di Bikrompur. Un giorno, Chandra Kishorearrivò a Baradi e rimase fuori dalla stanza di Baba per nove giorni con-secutivi senza né mangiare né bere.

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La nona notte Baba uscì dalla stanza e cominciò a chiamare i resi-denti dell’ashram dicendo che si sentiva irrequieto e che bisognava offri-re immediatamente del latte e delle caramelle a Chandra Kishore.

Chandra Kishore divenne un devoto di Baba e ricevette la grazia percui poteva compiere miracoli con i poteri spirituali che aveva ottenutorestando seduto vicino alla stanza di Baba. Guariva istantaneamentemolte persone storpie e malate gettando su di loro della polvere in nomedi Baba Lokenath. Poiché a Dacca era diventato molto famoso, la suacasa era frequentata da una grande folla di persone. Purtroppo l’ego preseil sopravvento e infine perse i suoi poteri spirituali a causa di cattiveazioni che compì in seguito.

Baba disse una volta: “Io ho ogni cosa in me. Dovete soltanto prender-la”. Chandra Kishore credeva nei poteri spirituali di Baba, ma volevagodere di quei poteri e della fama che gli arrecavano. Baba l’aveva messoalla prova durante quei nove giorni ed aveva acconsentito ad accordar-gli alcuni poteri spirituali, ma Chandra Kishore non era ben sintonizza-to per ricevere la vera grazia e mancò di praticare le discipline spiritualiche avrebbero portato alla purificazione del suo corpo e della sua mente,permettendogli di trattenere i poteri che Baba gli aveva trasmesso. Diconseguenza i suoi poteri svanirono nel corso del tempo, poiché le sueazioni erano motivate dal desiderio egoistico.

Chandra Kishore è un esempio del motivo per cui le scritture hannodato così poca importanza ai poteri mistici. I grandi santi ci hanno sem-pre messo in guardia contro questi poteri, perché usati male possonocausare la caduta del ricercatore. Baba ha detto: “Soltanto quando si èliberi dall’ego questi poteri possono diventare una vera benedizione per lasocietà in generale”.

Abhaya Charan Chakravarti

Un altro ricercatore che venne elevato spiritualmente dalle benedi-zioni di Baba fu Abhaya Charan Chakravarti. Rinunciando alla suafamiglia e a tutte le sue proprietà materiali, Abhaya Charan Chakravartidivenne un mendicante errante, un brahmachari, e viaggiò molto perdiciassette anni prima di compiere un pellegrinaggio a Baradi per vede-re lo Shiva vivente.

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Di solito Baba non concedeva facilmente le sue benedizioni a coloroche gli chiedevano la felicità spirituale e volle mettere alla prova Abhaya.Dopo aver passato una notte nell’ashram, Abhaya si presentò a Baba e glichiese la sua grazia divina. Baba rispose: “Perché sei venuto da me? Tu seiun essere umano e lo sono anch’io. Tu mangi e soddisfi le esigenze dellanatura e anch’io mangio e faccio i miei bisogni come tutti voi”.

Quando Abhaya sentì queste parole, si convinse che Baba non avreb-be ceduto facilmente, perciò si prosternò davanti a lui, batté la testa trevolte poi se ne andò arrabbiato. Immediatamente Baba lo richiamòindietro e disse: “Tu avrai cibo da mangiare”.

Abhaya rimase piuttosto irritato da quelle parole e rispose bruscamen-te: “Io non sono venuto qui per mangiare; posso stare senza cibo per diver-si giorni e come bramino posso sempre ricevere in elemosina una mancia-ta di riso”. A quell’ora del mattino non c’era cibo nell’ashram. Baba nonsopportava l’idea che suo figlio restasse senza cibo dopo aver digiunato,perciò il cibo apparve. Mentre Abhaya stava per andarsene di nuovo,incontrò una giovane vedova con la sua vecchia madre che veniva a tro-vare Baba con una varietà di cibi cucinati e dolci. Allora Baba chiamòAbhaya con affetto e gli offrì tutto il cibo che le donne avevano portato.

Il giorno dopo, quando Abhaya si sedette davanti a Baba, questi glidisse: “Tu hai viaggiato per colline e montagne per diciassette anni. Hairaggiunto quello che cercavi?”.

Il brahmachari rispose: “No, non l’ho trovato”.Allora Baba prese il polso destro di Abhaya nella propria mano e

disse: “Ciò per cui hai viaggiato, io l’ho legato nella tua mano. Non haipiù bisogno di andartene in giro. Che cosa otterrai semplicemente viag-giando? L’azione è Brahman”. Poi Baba indicò Rajani Brahmachari chestava seduto al suo fianco e disse: “Vai con lui. Osserva il suo lavoro. Io elui siamo una cosa sola”.

Le parole di Baba ad Abhaya si riferiscono alla via del karma yoga.L’azione priva di desiderio è yoga. Baba chiarì per tutti i ricercatori chela cosa importante non è la visita ai templi e ai luoghi sacri di pellegri-naggio, ma piuttosto l’atteggiamento mentale. Finché la mente non hala possibilità di gravitare verso il centro interiore, verso il Divino cherisiede nel cuore del ricercatore stesso, questi non sarà in grado di per-cepire la presenza del Divino o di ricevere la luce dai livelli più alti dellacoscienza spirituale.

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Baba insegnò inoltre che, poiché è il Divino l’autore in ogni cosa,ogni azione è inseparabile da Dio. Secondo le parole di Baba: “L’azioneè Brahman”. Proprio come il Danzatore Cosmico, Shiva, non può esse-re separato dalla Sua danza, le azioni compiute nella consapevolezza diDio come autore sono trasformate in una danza divina. L’autore umanoscompare nell’autore divino. L’azione diventa adorazione, trascendendoconsapevolmente le imperfezioni dell’ego attraverso l’azione disinteres-sata... e l’essere umano ordinario diventa lo strumento dell’azione per lapace e le benedizioni nel mondo.

La volontà divina si manifesta come energia in ogni cosa attorno anoi. Diventando coscienti del Divino che si nasconde in tutte le circo-stanze, possiamo allinearci con gli scopi più alti di tutto ciò che la vita ciporta. Tutti i risentimenti e le negatività scompaiono. Le nuvole checoprono la mente si sollevano gradualmente e l’energia divina si manife-sta attraverso la mente con maggiore chiarezza, muovendo verso la perfe-zione. Quando ci comportiamo sgarbatamente verso qualcuno, senzasaperlo gettiamo una copertura sopra la sua mente e la nostra. Invece diaiutare a elevare il mondo, perpetuiamo le tenebre che lo tengono pri-gioniero. Il Divino cerca lo strumento che è sempre pronto a ricevere edare energia superiore. Offrire noi stessi e tutte le nostre azioni all’autoredivino, affidandoci a Dio per il risultato di tale azione, è la via del karmache non lega mai, ma libera l’anima dai legami di Maya (illusione).

Haricharan Chakravarti

La gente di Baradi chiamava Baba Lokenath “Kalpataru”, l’Alberoche soddisfa i desideri, descritto dalla mitologia induista. Baba soddisfa-ceva le richieste di tutti coloro che andavano da Lui, ma nella vita diuno dei suoi devoti - Haricharan Chakravarti - Baba manifestò letteral-mente questo Kalpataru Lila.

Haricharan era un avvocato di grande successo nel tribunale diDacca (Bangladesh). Era per natura buono e devoto a Dio. A queltempo, il nome di Baba si stava diffondendo moltissimo in tutta Daccagrazie a Vijaya Krishna Goswamiji e la storia degli straordinari poteriyogici di Baba divenne conosciuta in tutte le case. Haricharan avevacercato sinceramente un maestro illuminato che potesse guidarlo alla

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verità suprema e, sentendo il nome di Baba, fu immediatamente attrat-to da lui. Haricharan sapeva che la pratica delle tecniche yoga e il cantonon sono sufficienti da soli e riconobbe immediatamente nelle storie diBaba il maestro illuminato che era venuto per riportarlo a casa. Si recòdi corsa a Baradi.

Guardando negli occhi intensi di Baba, che non battevano mai lepalpebre, Haricharan sentì immediatamente che la propria mente si cal-mava. Era senza parole. La voce intuitiva e immobile dentro di lui disse:“Sì! È proprio lui quello che stavo cercando, il Rishi dei tempi vedici èrinato ed era così vicino, eppure non lo sapevo!”.

Haricharan si prosternò ai piedi di Baba e si sottomise completa-mente a lui per il resto della sua vita. Anche Baba fu profondamentecommosso nel vedere la profondità della sottomissione e della devozio-ne di Haricharan: lo accettò come suo discepolo intimo, si assunse laresponsabilità di dissipare tutte le tenebre e l’ignoranza e istruìHaricharan sulla via della beatitudine.

L’intenso amore e le attente pratiche di Haricharan gli permisero difare veloci progressi. Soddisfatto dalla guru-bhakti (amore per il guru) diHaricharan, Baba gli regalò i propri sandali di legno. Il nomeHaricharan, in sanscrito, significa “i Piedi del Signore Hari”, e Baba rati-ficò quel nome con il suo dono. Per il resto della sua vita Haricharanadorò i sandali di legno di Baba e, dopo la sua morte, la moglie portò isandali di Baba a Varanasi e proseguì tale adorazione dei paduka (san-dali) di Baba fino alla propria morte. Baba aveva donato i suoi paduka aVijaya Krishna Goswami, che era già un santo realizzato, ma dando isuoi paduka a un uomo di famiglia, Baba dimostrò che se la mente èpiena di amore e sottomissione al Satguru, è possibile raggiungere i Suoipiedi di loto. I paduka sono un forte simbolo di quella realtà.

Un giorno il figlio di Haricharan, Satyacharan, si trovò prossimo amorire a causa di una malattia inguaribile. Haricharan portò il corpo delfiglio moribondo all’ashram di Baradi e lo lasciò ai piedi di Baba, conlacrime e preghiere. Baba chiese a Satyacharan di alzarsi e muoversi.Satyacharan, toccato dalla grazia di Baba, si alzò libero dalla malattiaterminale per il potere della parola divina di Baba.

Baba manifestava il suo potere di guarigione ogni volta che se ne pre-sentava l’occasione. Un’altra volta, il figlio minore di Haricharan,Saradacharan, contrasse una malattia cronica, che aveva resistito a tutte

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le cure. Di nuovo Haricharan si presentò ai piedi del suo maestro chie-dendo la sua misericordia per la vita del ragazzo. Baba amava tutti i fami-liari di Haricharan e Sarada gli era molto caro, perciò diede a Sarada lapossibilità di scegliere la propria medicina. Sarada raccolse il rametto di unrampicante che, con grande meraviglia di tutti i devoti presenti, lo guarì.

Per un fratello la cura era stata la parola di Baba, per l’altro Babaaveva dato a lui il potere di scegliere la propria medicina, ma in entram-bi i casi era stata la compassione e l’energia divina di Baba ad operare ilmiracolo. Baba disse ripetutamente: “Ogni volta che i devoti piangonoper la sofferenza e la disperazione, il mio cuore si scioglie - e così il miopotere scorre verso di loro liberandoli dalle loro sofferenze”.

Un giorno Baba disse a Haricharan: “Haricharan, io sono diventatoKalpataru adesso, prendi da me tutto ciò che vuoi”. Sopraffatti dallagioia al pensiero che il suo amato avesse aperto la sua stanza del tesoroper loro, Hari e sua moglie sapevano di non aver bisogno di nient’altronella vita. Il guru aveva dato loro i suoi piedi di loto nella forma dei suoisandali. Che altro si poteva chiedere? Per la grazia di Baba, entrambierano sempre in uno stato di felicità, davanti al quale le cose materialidiventavano insignificanti.

Piangendo lacrime di devozione, Hari e sua moglie si gettarono aipiedi di Baba, lodando la sua compassione e la sua grazia. Hari disse:“Che tu possa essere sempre soddisfatto di noi. Dacci la tua benedizioneaffinché possiamo sempre avere la gioia della compagnia dei tuoi piedi diloto, e la devozione per te. Non vogliamo nient’altro che le tue compas-sionevoli benedizioni per poter restare eternamente ai tuoi piedi”.Compiaciuto dalla loro devozione e semplicità, Baba diede loro la bene-dizione di “lasciare il corpo in modo consapevole al momento dellamorte, in uno stato di profonda meditazione sul Brahman, la consape-volezza pura”.

Haricharan viveva semplicemente come uomo di famiglia, conmoglie e figli. La sua mente era totalmente dedicata a Dio nella formadi Baba e raggiunse un elevato livello di successo nello yoga.

Santificato dalla continua ripetizione del nome del suo guru, manifestòi poteri mistici. Una volta vecchio, capì quando stava arrivando ilmomento della morte: era giunta l’ora di godere della benedizione accor-datagli da Kalpataru Lokenath. Tre giorni prima di morire chiese allamoglie e ai figli di lasciarlo solo. Entrò quindi in uno stato di meditazione

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I DISCEPOLI PIÙ INTIMI

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profonda e, contemplando i piedi di loto del suo amato Baba, lasciò ilcorpo in piena consapevolezza in accordo alla benedizione di Baba. Laparte si immerse nel tutto. Haricharan si immerse nell’oceano cosmicodella beatitudine eterna. Gloria a Dio, e tutte le glorie al puro devoto!Haricharan fu la dimostrazione della guru-bhakti, la devozione al guru,e di come essa culmini nella purezza della più profonda concentrazionee illuminazione.

Surathnath Brahmachari

Surathnath Brahmachari fu un grande esempio della grazia di SatguruLokenath. Prima di arrivare da Baba e di essere così fortunato da ricevereda lui gli insegnamenti spirituali, Surathnath viveva in un villaggio chia-mato Govindapur, nel distretto di Dacca. Il suo nome allora era AkhilChandra Sen. Alto, ricco e molto bello, fu presto vittima di cattive com-pagnie e conduceva un’esistenza dedita al vizio, al vino e alle donne. Eandò avanti così a lungo prima che la sua vita arrivasse a una svolta.

Le notizie del mistico himalayano che viveva a Baradi arrivavanodappertutto e giunsero anche all’orecchio di Akhil, che sviluppò il desi-derio di andare a Baradi per avere il darshan di Baba. L’occasione si pre-sentò e Akhil partì.

Baba attirò Akhila a prendere rifugio in lui. Incontrando il Santo perla prima volta nella sua vita, Akhila provò un’estasi interiore inesplica-bile. Per tutta la vita aveva goduto di tutti i piaceri fisici, che erano peròtemporanei e deludenti. In presenza di Baba ebbe l’esperienza di un pia-cere che andava oltre i sensi e trapassava il nucleo stesso del suo essere.Dopo aver gustato questa gioia che trascendeva i sensi, tornò correndoa Baradi varie volte. Le impurità della sua mente cominciarono a dissol-versi alla divina presenza di Baba.

Akhila non era soltanto bello di aspetto, ma anche molto ricercatonel vestire. Indossava soltanto gli abiti più moderni, con un orologioplaccato d’oro. Un giorno Baba gli disse: “Perché ti sei messo un vestitocosì costoso?”.

Immediatamente Akhil rispose con convinzione: “Questo corpo è iltempio di Dio. Se non lo adorno, che altro dovrei decorare?”.

Baba fu compiaciuto della risposta di suo figlio. Era felice di vedere

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che nel mezzo dell’identificazione con il corpo ora si manifestava unacrescita nell’evoluzione della consapevolezza verso lo scopo del corpo.

Gradualmente, in presenza di Baba, Akhil esaurì le reazioni del suopassato (prarabdha) e si avvicinò sempre più al guru. Infine un giornoBaba chiamò Akhil, gli diede istruzioni spirituali e abiti color ocra, e loiniziò nell’ordine del brahmacharia, con il nuovo nome di SurathnathBrahmachari.

Toccato dalla grazia divina di Satguru Lokenath, Surathnath fecerapidi progressi nella pratica spirituale. Abbandonando tutte le vecchieabitudini e gli attaccamenti, si immerse nella pratica della guru-bhakti edella meditazione e in breve tempo raggiunse alte vette di successo spi-rituale. Divenne lo strumento del suo guru e tutti coloro che venivanoa lui erano toccati spiritualmente e guariti da tutte le loro malattie fisi-che e mentali. In quel periodo iniziò un grande numero di devoti nellavia della Bhakti (devozione a Dio e al guru) come guru.

Mentre cantava le glorie del suo maestro, Surathnath diceva:“Persino un animale come me è stato trasformato in oro dal tocco diSatguru Lokenath”.

Attraverso la vita di Akhil Chandra, Baba insegna a tutti noi unagrande lezione. Per quanto abominevole, il passato non è importante: èil presente quello che conta. Nonostante il suo passato sensuale, Akhilnon venne respinto da Dio, ma accettato con amore e ottenne l’oppor-tunità di diventare un santo ed esplorare le infinite potenzialità dell’es-sere. La maggior parte degli uomini di famiglia che hanno un passato sof-frono di sensi di colpa e di indegnità, e hanno dei complessi riguardo allapropria capacità di percorrere il sentiero della luce spirituale, ma BabaLokenath ci mostra attraverso Akhil che, se riusciamo a sottometterci,la grazia trasformatrice del Satguru renderà possibile l’impossibile.Surathnath lasciò il corpo in età assai avanzata, dopo aver ispirato moltepersone a perseguire la vita divina, e raggiunse la Casa dell’unione conil suo maestro.

Krishna Chandra Roy

A causa di una sventura inattesa, Krishna Chandra perse ogni cosa edivenne praticamente un derelitto. Mentre vagava senza meta incontrò

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I DISCEPOLI PIÙ INTIMI

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due sannyasi, che lo portarono con sé in una regione montuosa, dovevisse servendoli nella loro meditazione.

I santi furono compiaciuti dal servizio di Krishna Chandra, ma gli dis-sero: “Devi tornare a vivere in famiglia perché vediamo che sarai bene-detto da due figli. Vediamo anche che avrai la fortuna di ottenere lacompagnia di un grande maestro che risiede sulla riva del fiume Meghna.Lui è il tuo guru. Vai da lui e tutti i tuoi desideri saranno soddisfatti”.

La profezia dei santi mette in evidenza che l’incontro con il guru nella vitadi un vero ricercatore è predestinato. Il destino si realizza spontaneamentequando è arrivato il momento. Contro il suo desiderio, Krishna Chandralasciò dunque la celestiale compagnia dei santi ed entrò nella vita difamiglia. La predizione dei santi si avverò.

Trovò Baba che aspettava il suo arrivo sulla riva del fiume Meghna e,nel momento in cui vide Baba, si sottomise a lui per il resto della sua vita.

Con il tempo fu benedetto da due figli: Haridas e Janakidas. KrishnaChandra passava la maggior parte delle giornate immerso in profondameditazione su Baba, che per lui era Dio stesso. Dopo che Baba fu entra-to nel mahasamadhi, Krishna Chandra offrì tutto il suo tempo esclusi-vamente all’adorazione dell’immagine di Baba, meditando senza maismettere. In brevissimo tempo, la grazia del guru inondò l’essere diKrishna Chandra che vide il mondo intero come manifestazione del suoguru Lokenath.

Baba cominciò a manifestare il suo divino Lila attraverso il corpo diKrishna Chandra.

La gente cominciò ad arrivare da ogni parte con desideri da esaudire.Persone con malattie inguaribili presero rifugio sotto la sua influenzabenevola e vennero guarite. Per la grazia di Baba Krishna Chandra rag-giunse un tale stato di compassione che attraverso lo yoga poteva attirarela malattia di altri nel proprio corpo e soffrire al posto loro. In questoperiodo il figlio di uno dei suoi devoti venne colpito da una grave febbreinguaribile e il devoto andò da Krishna Chandra piangendo e pregandoper la vita di suo figlio. Rendendosi conto che la malattia era ormai senzarimedio, disse: “La malattia è terminale e non c’è modo di guarirla”. Ildevoto piangeva così amaramente per la vita di suo figlio che, mosso acompassione, Krishna Chandra attirò la malattia nel proprio corpo, poi sirecò nel suo ashram a Dacca e dichiarò che la sua morte era inevitabile.

Nonostante la febbre alta e il dolore fisico intollerabile, non smise di

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compiere i suoi doveri, come preparare l’offerta del cibo per Baba e com-piere i rituali dell’adorazione al guru. Quando si avvicinò il momento dilasciare il suo corpo mortale partì da Dacca e giunse al Baradi Ashramdi Baba, dove si sedette in yogasana (posizione yoga di meditazione) elasciò il corpo recitando “Dayal guru, Dayal guru”, che significa “Oh,guru di compassione! Oh, guru di compassione!”, e si fuse nella coscien-za cosmica del guru.

Jamini Kumar Mukhopadhaya

Jamini Kumar Mukhopadhaya era uno dei devoti più intimi di Baba. Ilsuo piccolo libro sul vangelo di Baba intitolato Dharmasaar Sangraha è unadelle fonti più autentiche sugli insegnamenti di Baba. Ci furono moltidevoti che ebbero la fortuna di sedersi accanto al Buddha vivente, ma fuJaimini a registrare le parole che emanavano dall’essere divino di Baba.Senza il desiderio e la benedizione del Satguru, nessuno potrebbe mai fareun simile lavoro. Il suo libro fu apprezzato da gente di ogni religione.

Jamini incontrò Vijaya Krishna e seppe da lui di Baba. Vijay gli disse:“Dopo aver visitato molti centri sacri e le colline e le montagne dell’India,non ho trovato un solo yogi della sua statura. In tutta l’India non c’è unasola persona che può essere paragonata al suo livello. I suoi occhi non bat-tono mai le palpebre. Durante la notte gli yogi dell’Himalaya vengono dalui a prendere lezioni di yoga della massima elevazione”.

Jamini non riusciva a credere che un santo così grande vivesse tantovicino a casa sua o che uno che insegnava agli yogi tibetani e himalaya-ni nella forma sottile fosse disponibile per le persone comuni. Senza per-dere un solo istante corse alla terra sacra di Baradi e venne trasformato,il suo intero essere venne inondato di pace e gioia nel momento in cuivide Baba. Dopo una profonda comunione con la presenza di Baba,ritornò a casa con la sensazione che la sua coppa fosse piena.

A casa, disse a sua madre: “Madre! Tu non puoi amarmi tanto quan-to il brahmachari di Baradi (Baba)”. Se qualcuno gli chiedeva di Baba,diceva: “Ho visto ‘la Gita vivente’ con i miei stessi occhi”.

Jamini scrisse nel suo libro: “Brahmachari Baba era una personamolto pratica. Diceva spesso: ‘Non potete dire ad altri cose che nonavete sperimentato personalmente’. Per spiegarmi il ruolo del Satguru

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I DISCEPOLI PIÙ INTIMI

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nella vita di un ricercatore, un giorno dopo aver mangiato mi chiamò emi chiese di sedere al suo fianco. Cosa abbastanza insolita, chiese damangiare di nuovo e quando il cibo venne servito per la seconda volta,cominciò a mangiare e di propria mano mi mise del cibo in bocca.Mentre mi imboccava in questo modo, chiese: ‘Jamini! Che cosa sta suc-cedendo?’. Io dissi: ‘Tu metti del cibo nella mia bocca e io mastico emangio’. Lui disse: ‘Questo è esattamente ciò che fa il guru - niente di più.Mette il cibo in bocca. Nient’altro. È il discepolo che deve masticare, man-giare e digerire, tutto da solo’”.

Questa è l’essenza del ruolo del guru e spiega anche il modo in cui ilSatguru insegna la via alla realizzazione del sé. Baba avrebbe potuto sem-plicemente spiegare a parole, ma per dimostrare a Jamini quanto loamava, chiese del cibo e mangiò dallo stesso piatto con il suo discepolo,cosa che non fece mai con nessun altro. Baba stava chiarendo che nonè sufficiente avere un guru che ha raggiunto un alto livello di realizza-zione spirituale. Non è sufficiente nemmeno stare a contatto fisico diret-to con il guru. La cosa più importante è lo sforzo sincero da parte deldiscepolo di percorrere effettivamente, con la massima fiducia e pazien-za, la via stabilita dal guru. Il guru può reggere il timone della barca perattraversare l’oceano della vita, ma non può remare per il discepolo.Remare è una parte che deve svolgere il discepolo - costruire la fiduciain se stesso attraverso la fiducia nel guru.

Ramkumar Chakravarti

Nato in una famiglia bramina di Baradi, Ramkumar manifestavatutte le qualità migliori nella vita. Dopo aver completato i suoi dovericome uomo di famiglia, sentì un profondissimo desiderio di offrirsi com-pletamente ai piedi di Baba per realizzare il suo sé superiore.

Quando per lui fu arrivato il momento giusto, il guru arrivò a risve-gliare lo spirito della rinuncia autentica e dell’amore per Dio.

Ci sono buone ragioni per credere che Ramkumar Chakravarti fossein realtà Guru Bhagawan stesso. Dal momento in cui entrò in contattocon Baba, il suo senso latente di rinuncia venne a galla e volle lasciarela casa per eseguire austerità nella natura come mendicante errante.Baba diede a Ramkumar istruzioni sulla via dello yoga e attenzioni

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molto speciali, e gli suggerì anche di lasciare la casa e diventare un verosannyasi.

Benedetto da Baba, Ramkumar sentì che la sua preghiera interioreera stata esaudita e lasciò la casa. Mentre si separavano, Baba gli disse:“Ram, quando arriverà il momento, io ti chiamerò a me. Ogni volta chemi ricorderai, sentirai la mia presenza dentro di te”.

Anni dopo, il 1 giugno 1890 Ramkumar apparve a Baradi con l’a-spetto trasformato di un saggio.

Il 2 giugno Ramkumar, in compagnia di un anziano del villaggio,Chan- drakumar Bhattacharya, venne a prendere il darshan del suo guruall’ashram. Baba lo chiamò dentro e a Chandra venne richiesto di aspet-tare fuori. Il guru e il discepolo parlarono privatamente per parecchiotempo. Chandrakumar disse che poteva percepire la profonda comunio-ne spirituale che esisteva tra loro due. Baba disse a Ramkumar che loaveva chiamato da tanto lontano perché aveva deciso di lasciare il corpoquel giorno. Diede istruzioni a Ramkumar di compiere tutti i riti e lecerimonie collegati con il suo funerale secondo le regole delle scritture.

Ramkumar eseguì gli estremi riti quel giorno dopo il mahasamadhi diBaba e rimase nell’ashram per tre o quattro giorni, consolando migliaiadi devoti che soffrivano immensamente per la perdita del Dio vivente.Ramkumar disse loro, con la luce e il potere della propria realizzazione,che la morte di Baba non era altro che la scomparsa del corpo, che Babaera eternamente presente e vivo e inseparabile dal cuore dei suoi devoti.

Ramkumar lasciò poi Baradi e si recò a Varanasi al ManikarnikaGhat, dove si sedette in meditazione ed entrò in mahasamadhi. Uno deidevoti più ardenti di Baba, Nishikanta Bose, scrisse nel suo diario per-sonale che aveva sentito dire da Amarchandra Bhattacharya (un paren-te stretto di Ramkumar del villaggio di Vidyakut nel distretto di Tripura)i dettagli di come Ramkumar aveva ricevuto il messaggio sottile da Babache gli chiedeva di andare a Baradi ad essere presente al momento delsuo mahasamadhi e agli eventi successivo fino al mahasamadhi diRamkumar stesso a Varanasi.

Ci sono opinioni contrastanti riguardo a chi, tra i devoti e discepoli piùintimi, fosse Guru Bhagawan. Molti affermavano che si trattava diBrahmananda Bharati. Per i seguaci di Rajani Brahmachari, era lui GuruBhagawan. Se però analizziamo con imparzialità la vita di Baba eRamkumar, ci sono evidenti paralleli misteriosi e significativi.

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Ramkumar fu attratto a Baradi da Baba da grande distanza appenaprima del suo mahasamadhi. Baba diede a Ramkumar il tocco finaledella sua grazia per l’unione suprema. Proprio come Baba aveva esegui-to gli ultimi rituali per il suo amato Gurudev, così, nonostante la pre-senza di tutti i discepoli e devoti più intimi, Baba chiese a Ramkumar dicompiere gli estremi riti.

Guru Bhagawan lasciò il corpo a Manikarnika Ghat a Varanasi, eRam-kumar percorse tutta la strada da Baradi a Varanasi per entrare inmahasamadhi nello stesso luogo. Tutte queste sono indicazioni di unaverità sottile.

Sempre nel diario di Nishikanta Bose troviamo un’ulteriore confer-ma: Nishikanta scrisse che aveva incontrato un certo RamanimohanDas del villaggio Narida, che gli aveva raccontato la storia seguente.

Il figlio di Ramani, che aveva nove anni, era stato salvato da mortecerta per la grazia di Baba Lokenath. Dopo che il bambino ebbe ritrova-to la salute, ogni tanto aveva degli episodi di trance spontanea, dovediventava il medium di Baba Lokenath o Benimadhav o GuruBhagawan. Gli episodi iniziavano quando il bambino diceva: “BabaLokenath è arrivato, Benimadhav è arrivato!”. Nel suo stato di consa-pevolezza normale, però, non ricordava nulla.

Ramani non sapeva nulla di Nishikanta, ma un giorno, attraversouna trance di suo figlio, Baba Lokenath gli ordinò di incontrare Nishi.Sentendo quest’ordine attraverso suo figlio, si mise a cercare Nishi efinalmente trovò la casa di Nishi a Baradi. Con sua sorpresa, constatòche le parole del bambino erano perfettamente accurate!

Ramani disse a Nishikanta che una volta avevano chiesto al bambi-no, mentre Baba stava parlando attraverso di lui, chi era GuruBhagawan in questa vita. Attraverso il bambino, Baba rispose che GuruBhagawan era nato come Ramkumar Chakravarti di Baradi per la suaultima vita e che era venuto a Baradi per trovare la liberazione.

Attraverso una profonda intuizione, anche l’autore è profondamenteconvinto che Ramkumar fosse Guru Bhagawan.

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Mathuramohan Chakravarti

Mathuramohan era un altro dei devoti più intimi e sinceri di Baba.Quando era giovane andò da Baba per farsi guarire da una malattia estre-mamente dolorosa e, mentre veniva guarito fisicamente, riconobbe ilsuo guru.

Era il preside del liceo nel villaggio di Roail, nel distretto di Dacca,ma lasciò il suo lavoro per diffondere le medicine aurvediche e aprì unapiccola fabbrica per produrle. In un’occasione rivolse una preghiera aBaba per il successo della sua impresa commerciale e Baba lo benedissedicendo che i suoi desideri sarebbero stati esauditi. Così in brevissimotempo la sua fabbrica di medicine aurvediche, conosciuta come ShaktiAushadhalaya, divenne molto famosa e lui si arricchì.

Mathuramohan non era però immerso nell’ebbrezza di Maya che puòessere causata dal denaro. Continuava a dedicarsi alla sua pratica spiri-tuale, sottomettendosi alla volontà di Baba e seguendo la via dellaBhakti, la devozione al guru. Era un bramino estremamente devoto, cheriempiva le ore del primo mattino con l’adorazione al guru, cantando lagloria di Baba Lokenath. Immerso negli insegnamenti di Baba su comeperfezionare il Karma Yoga, Mathuramohan costruì un grande tempiodedicato allo Shiva vivente, Baba Lokenath. Ancora oggi il “DaccaLokenath Brahmachari Ashram”, situato all’interno della proprietà dellafabbrica aurvedica, attira migliaia di devoti di Lokenath ogni giorno.

Mathuramohan cantò le glorie del suo guru dicendo: “Il maestromondiale Sri Sri Lokenath Brahmachari Baba era il più grande tra iSiddha yogi. Era il modello vivente della gloria del Brahman comeconoscitore del Brahman”.

Brahmachari Baba lasciò un messaggio per noi dicendo: “Discendendodalle vette dell’Himalaya fino alle pianure, ho creato un meraviglioso giardino difiori. Nel corso del tempo i fiori sbocceranno in questo giardino e il profumo si dif-fonderà molto lontano”.

Il giardino è il giardino della grazia di Baba. Il giardino è Madre Terra.Di volta in volta, la Sua grazia si manifesterà nei cuori di pochi presceltiche diventeranno il campo puro di energia e saranno fiori di purezza eperfezione, altruismo e amore. Con l’andare del tempo, la fragranza diquesta grazia manifestata di Baba si diffonderà molto lontano, toccandoil cuore di milioni di persone e aprendo il centro del loro cuore al lavoro

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di creare il paradiso sulla terra. Sì, anche voi potete essere questo campoe con la vostra sincera pratica e sottomissione a Baba potreste attirare lagrazia trasformatrice e permettere che il seme di Dio germogli in voi. Èla vostra convinzione e sincerità, sono i vostri sforzi verso l’arte di vive-re senza sforzo!

Baba disse molte volte a Mathuramohan: “Io sono infinitamentericco” e “la mia immensa prosperità è facilmente disponibile per i mieifigli sinceri in tutto il mondo”. Questo è il Baba, il padre, che ha uncuore grande come il cielo e profondo come l’oceano, che dà libera-mente ai suoi figli amorevoli e ci offre il suo amore insondabile con lasua promessa: “Starete seduti a casa a goderne”.

Questo non significa che la grazia di Baba sarà concessa a coloro chenon fanno nulla e si immergono nella vita oziosa e tamasica (di energiainferiore), ma soltanto che i suoi figli, coloro che prendono rifugio sottola sua grazia divina, non hanno bisogno di lasciare il mondo, rinunciarea tutto e trasferirsi nell’ashram o nel monastero, o vivere da soli medi-tando sulle montagne. Come Mathuramohan, anche noi possiamo esse-re devoti sinceri, molto impegnati nel mondo, senza essere confusi dallefalse identità e dalle vanità dell’ego.

Molto tempo dopo il Mahasamadhi di Baba, Mathuramohan ebbeun’esperienza che dimostra come ancora oggi Baba si può manifestarenel suo corpo grossolano a un devoto, se la sua chiamata è sincera.Mathuramohan era andato al tempio di Sri Viswanath (Shiva) aVaranasi con un profondo desiderio inespresso di avere il darshan delsuo amato maestro nella sua forma fisica nel tempio! Al momento del-l’arati (la cerimonia di offerta delle lampade) c’erano troppe persone allaporta del santuario, perciò non riuscì a entrare e rimase sul cancello.Improvvisamente sentì qualcuno che lo tirava da dietro, tenendogli lemani. Si voltò e vide Baba Lokenath in piedi davanti a lui. Prima chepotesse assimilare la realtà di quella situazione, Baba lo tirò fuori dallafolla, davanti alla Divinità. Vedendolo arrivare tutti si spostarono, cosìBaba camminò attraverso i cancelli proprio fino alla divinità di Shiva,insieme con Mathuramohan.

L’intero essere di Mathuramohan fu inondato di gioia nella presenzafisica di Baba davanti a Shiva. Bevve la forma splendente dello Shivavivente e poi si gettò ai piedi di Baba. Dopo l’arati, Baba condusseMathuramohan fuori dal tempio nello stesso modo in cui erano entrati.Poi sparì attraverso i vicoli bui!

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Un’altra volta, quando stava cercando un posto dove vivere aVaranasi, Mathuramohan era preoccupato pensando a quale casa sareb-be stata più favorevole per lui. Mentre sedeva fuori ponderando sullaquestione, improvvisamente vide Baba apparire nella sua piena formanel cielo, e con un dito indicava una casa dicendo “casa buona”. Non c’èbisogno di dire che Mathuramohan acquistò la casa.

In questo modo, Mathuramohan ricevette la grazia di Baba fino alsuo ultimo giorno.

Janakinath Brahmachari

Janakinath era nato in una famiglia di bramini di Baradi. Suo padre,Ramratan Chakravarti, era un famoso medico aurvedico. PoichéJanakinath era l’unico figlio di devoti genitori bramini, Baba ricorse amisure estreme per portare il suo discepolo accanto a sé e gli mostrò unagrazia infinita.

Quando era molto giovane, Janaki ebbe un attacco acuto di kalaazar,una grave febbre tropicale che quasi sempre risulta fatale. Giorno dopogiorno, le cure dei medici e di suo padre non sortivano alcun risultato, eogni giorno sprofondava sempre più vicino alla morte. I genitori diJanaki erano quasi impazziti per l’ansietà. Dopo che tutte le medicineebbero fallito, si resero conto che soltanto Baba poteva salvare la vitadel loro unico figlio. Ramratan e sua moglie trasportarono il corpo delfiglio all’ashram di Baba e piangendo lo deposero ai piedi divini di Baba.Incapace di sopportare il pensiero di perdere il suo unico figlio,Ramratan pregò: “Baba, senza la tua grazia questo bambino non puòvivere oltre. Noi sappiamo che la tua volontà è suprema. Tu solo puoidargli la vita. Siamo venuti da te a implorare per la sua vita”.Compassionevole, Baba rispose con tranquillità: “Lasciatelo all’ashram”.

Il giorno dopo Baba ordinò a Janaki: “Vai a prendere l’acqua dalla cister-na all’angolo orientale dell’ashram e impegnati nel servizio all’ashram”.

Non si trattava semplicemente di parole, ma di una trasmissionediretta di potere che è prerogativa unica del Satguru. Riempito di ispira-zione ed energia, Janaki seguì le istruzioni di Baba e attraverso il servizio,la sua salute migliorò gradualmente. Ogni giorno prendeva la charanam-ritam di Baba (l’acqua sacra che ha lavato i piedi del Satguru) e spalma-va sul corpo la polvere dei piedi di Baba. Queste erano le sue medicine.

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I DISCEPOLI PIÙ INTIMI

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Gradualmente Janaki cominciò a praticare esercizi yoga e meditazio-ne sotto la guida diretta d Baba. La notizia della salute riacquistata daJanaki raggiunse i suoi genitori, che vennero da Baba a chiedergli il per-messo di riportare il figlio a casa. Baba chiese a Janaki di fare come glidiceva sua madre e tornare a casa, ma il seme della rinuncia era germo-gliato in compagnia del Satguru e ben presto prese il sopravvento. Conumile sottomissione, si affidò al suo maestro dicendo: “Io non avevo spe-ranze di sopravvivere. È soltanto la tua grazia che mi ha riportato in vita,perciò nessuno ha dei diritti su questo corpo. Il mio corpo è destinato sol-tanto a servire te. Io l’ho offerto soltanto a te in servizio, adorazione emeditazione. Non tornerò mai alla vita di casa e alla mia famiglia”.

Baba guardava Janaki in silenzio. La madre scoppiò a piangere,implorando Janaki di tornare a casa, ma l’impegno di Janaki di dedicarela sua vita al guru, come rinunciante dedito al servizio dell’ashram, eracosì forte che alla fine sua madre si rassegnò, lasciando per sempre Janakiai piedi del suo salvatore.

Libero dagli obblighi della vita di un uomo di famiglia, Janaki situffò profondamente nell’oceano della grazia del guru. Con il corpo, lamente e l’anima sottomesse al Dio della sua vita, sperimentò una pro-fonda comunione. Praticando lo yoga in otto parti di Patanjali (Astangayoga) sotto le istruzioni dirette di Baba, salì presto alle vette del succes-so nello yoga. Continuando a servire le necessità fisiche di Baba e medi-tando sulla sua forma divina, Janaki cominciò a trasformarsi nella formadel suo guru, non soltanto come consapevolezza ma persino come corpogrossolano. La grazia di Baba inondava il suo essere e i poteri misticiscorrevano da lui spontaneamente. Baba diede istruzioni che dopo la suascomparsa fisica, Janaki avrebbe dovuto assumersi tutte le responsabili-tà dell’ashram di Baradi.

Janaki era stupefatto. Come avrebbe potuto prendersi cura dell’ash-ram in assenza del suo guru? Ciò che Janaki non comprendeva era cherisiedendo nell’ashram di Baradi avrebbe dimostrato ai devoti l’esempiodella autentica guru bhakti e sarebbe stato il prossimo a rappresentarenell’ashram il Dio che camminò sulla terra.

Baba chiamò a sé Janaki e disse: “Sei preoccupato per come potraiprovvedere alle ingenti spese per mantenere l’ashram? Pensi che io saròmorto, che non ci sarò più? Io sono indistruttibile. Per rassicurarti, ti diròche ogni giorno, pulendo la mia stanza, troverai due rupie (monete) sotto

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la mia stuoia. Quel denaro sarà sufficiente per le spese della giornata.Dopo che Baba entrò in mahasamadhi, ogni giorno fino alla fine

della sua vita, Janaki trovò due rupie sotto il seggio di Baba come sim-bolo tangibile della benedizione e della presenza di Baba nell’ashram.

***

Gli anziani di Baradi parlavano con grande rispetto dell’amore inten-so di Janaki per Baba. Ogni giorno, quando lui cucinava il cibo per Baba,l’intero ashram si riempiva di un profumo celestiale. Dopo il mahasa-madhi di Baba, Janaki continuò a cucinare regolarmente e, dopo avereofferto il cibo a Baba nel tempio, portava fuori il prasad e chiamava:“Venite, venite”. Sentendo il suo richiamo, due sciacalli e molti altrianimali e uccelli accorrevano a mangiare dalle mani di Janaki il cibobenedetto da Baba.

Identificato con il guru, il corpo di Janaki divenne lo strumentoattraverso cui i poteri yogici di Baba si manifestavano. Dopo il mahasa-madhi di Baba, i ricercatori e le persone sofferenti trovarono rifugio inJanaki, tanto che i racconti della compassione e dei poteri mistici diBaba si diffusero ovunque.

La folla arrivava numerosa cercando guida spirituale da lui e lo accet-tava come guru.

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Uno dei discepoli di Janakinath, Gurudayal Das, fu benedetto con unfiglio, ma fin dalla nascita il bambino era debole e cieco. Un giornoGurudayal venne all’ashram a pregare Guru Janaki perché il suo unicofiglio ottenesse la salute e la vista. Janaki disse: “Vai, prendi la polveredi questo ashram e cospargine il corpo e gli occhi del bambino. Ben pre-sto sarà sano e potrà vedere”.

Gurudayal seguì le parole del suo guru e dopo pochi giorni il bambi-no ritrovò la salute e, con grande stupefazione degli abitanti del villag-gio, anche la vista! Questo bambino benedetto, di nome Bhagawan Das,visse in buona salute e con una vista perfetta per oltre novantadue anni.

Un giorno Janakinath diede una moneta da un paisa (un centesimodi rupia) a un devoto, Trailakyanath, che era molto povero, dicendo:“Tieni questa moneta al sicuro e non soffrirai mai la povertà nella vita”.

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I DISCEPOLI PIÙ INTIMI

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Le sue parole si dimostrarono vere. Ben presto la situazione economicadi Trailakyanath migliorò e i suoi figli e nipoti vissero tutti in pace eprosperità.

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Haricharan, un pescatore che viveva vicino all’ashram di Baradi,aveva una fede profonda in Baba Lokenath. Ogni giorno prima dell’albafaceva il bagno e andava all’ashram di Baba, prosternandosi davanti allasua capanna e spalmandosi sul corpo la polvere dei piedi di Baba, poiandava a dedicarsi alle sue attività quotidiane.

Nel suo cuore desiderava segretamente la benedizione di essere accet-tato come discepolo da Janakinath. Janaki conosceva la semplicità e ladevozione di questo umile devoto e in un giorno di buon augurio lo chia-mò e lo iniziò alla via dello yoga. Haricharan continuò a svolgere tutti idoveri della vita di famiglia, ma il suo cuore e la sua anima erano offer-ti al suo guru, Janaki. La sua indifferenza verso ogni cosa mondana e l’au-tenticità della sua rinuncia impressionarono tutti gli abitanti del villag-gio e ben presto venne chiamato “Haricharan sadhu” (sadhu significavero amante di Dio). Al momento di lasciare il corpo mortale si sedettein meditazione, cantando coscientemente il nome di Guru Janaki, epartì per il regno eterno a incontrare Baba Lokenath.

La rinuncia di Janaki e la sua devozione incrollabile trasformaronoanche sua madre. La madre che un tempo aveva supplicato il figlio ditornare a casa lo seguì in una lunga vita di rinuncia. Vivendo con la suafamiglia come una sannyasini che indossava abiti color ocra, si lasciòcrescere i capelli incolti e si immerse nell’amore divino. Janakinath eraandato da Baba per avere la vita: Baba esaudì quel desiderio e lo iniziòal segreto della vita. Allora il profumo dell’austerità e della guru-bhaktidi Janaki si diffuse a migliaia di anime assetate che presero rifugio sottola sua guida divina.

Janaki Brahmachari entrò in mahasamadhi nel 1912. In seguito, sottola divina direzione di Baba Lokenath, venne costruito un TempioSamadhi sui resti mortali di Janaki, la personificazione della guru-bhakti,accanto al Tempio Samadhi di Baba. Insieme ai normali rituali di ado-razione, cibo e lampade offerte a Baba nel tempio principale, gli stessirituali sono offerti oggi a Janakinath. Il Tempio Samadhi di Janakinath,

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accanto a quello di Baba, è un simbolo significativo del fatto che il verodevoto e Dio sono inseparabili.

I devoti che abbiamo descritto rappresentano soltanto una piccolaparte degli innumerevoli ricercatori che visitavano regolarmente l’ash-ram e ricevevano la grazia illimitata di Baba. Baba offriva una guidaattenta ai devoti che si sottomettevano ai suoi piedi di loto, ispirandolia seguire la via che era più adatta a loro individualmente, secondo laloro natura e il loro karma. L’insegnamento dominante, comunque, erasempre conforme all’esempio che aveva stabilito in relazione al proprioamato Guru Bhagawan: sottomissione incondizionata alla volontà delmaestro e del Signore Supremo.

Queste espressioni tenere e intensamente personali di grazia cheemana dal cuore del Satguru nella vita dei devoti sinceri sono molto piùche storie, sono specchi della relazione con il Divino alla quale aspiria-mo maggiormente. Sono fonte di una luce viva e caleidoscopica che siirraggia nel nostro cuore attraversando i secoli, e suscitano in noi ladolce e pura essenza della relazione tra guru e discepolo. Ci chiamanoperché torniamo a loro, ripetutamente, per risvegliare più a fondo lequalità di cuore e servizio che aspiriamo a deporre ai piedi del Divino.

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I DISCEPOLI PIÙ INTIMI

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Esercizio di Meditazione

Tornate a una storia di questo capitolo che vi ha particolarmente toc-cato. Rileggetela con atteggiamento meditativo, percependo la dolcepossibilità e il desiderio di veder fiorire nel vostro cuore queste qualitàdi discepolo. Immaginate la vostra vita quotidiana e la vostra pratica spi-rituale che fluiscono colorate da queste qualità di discepolo. Poi pren-dete il vostro desiderio di realizzare questa visione di voi stessi comedevoti e portatela nella meditazione, chiedendo a Baba di perfezionarequeste qualità in voi. Concludete la meditazione con alcuni istanti incui vi aprite il più completamente possibile ai modi unici e inattesi incui il Divino può agire su di voi per il vostro sviluppo spirituale.

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. Capitolo 13 .

LA COMPASSIONE DI BABA PERTUTTE LE CREATURE

Dopo aver osservato austerità inconcepibilmente difficili per quasiun secolo, Baba aveva raggiunto una posizione in cui occupava un corpoma lo trascendeva. La sua compassione fluiva verso tutti, mentre mani-festava spontaneamente i siddhi o poteri mistici del più alto livello.

Il suo amore era universale, perché superava i limiti dell’ego che trac-cia confini e quindi crea separazione e ignoranza. Diffondeva il suoamore imparzialmente su tutti e ogni volta che una persona gli chiede-va una benedizione, spirituale o materiale, la concedeva senza la mini-ma esitazione.

Amore e compassione così illimitati non erano diretti soltanto agliesseri umani di differenti caste, razze e fedi che vivevano in India e in tuttoil mondo, ma anche agli animali, agli uccelli e a tutte le creature viventi.

Agli occhi imparziali di Baba non c’era differenza tra un ricco devotoche gli offriva un cesto pieno di frutta e una piccola formica che ricevevail cibo da lui.

Era un benefattore del più alto livello perché si trovava al di sopra diogni discriminazione e del settarismo ristretto ed egoista. Nessuno se neandava mai dalla sua presenza a mani vuote e persino i criminali riceveva-no la loro parte della sua grazia divina ed erano trasformati in cittadiniresponsabili.

A coloro che cercavano la ricchezza, Baba dava ricchezza. A coloroche cercavano la spiritualità dava ispirazione e guida spirituali. A coloroche cercavano la conoscenza dava conoscenza. Gli affamati ricevevanocibo, coloro che non avevano rifugio trovavano un posto dove stare,coloro che stavano morendo di malattie inguaribili e avevano perso lasperanza si ritrovavano guariti. Come per il maestro Gesù, la parola diBaba era sufficiente per guarire i malati.

In Baba le apparenze erano ingannevoli. Sembrava molto duro e avolte parlava aspramente, ma in realtà era la madre profondamentecompassionevole a cui sanguina il cuore alla vista delle sofferenze dei

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LA COMPASSIONE DI BABA PER TUTTE LE CREATURE

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suoi figli. Le sue parole rivelano la profondità dei suoi sentimenti:“Pensate che io voglia vedervi soffrire le pene delle vostre malattie? Avete accu-mulato grandi quantità di peccati per molte vite. In che altro modo potete libe-rarvi di essi senza le malattie fisiche e la sofferenza mentale?

Quando vedo che la vostra sofferenza è diventata quasi intollerabile per voi,non posso più sopportare il vostro dolore. So molto bene che curandovi dallevostre malattie indirettamente vi incoraggio, ma non posso restare indifferente.Cerco di convincermi dicendo che si tratta dei miei figli: chi altri, all’infuori di me,curerà le loro malattie dolorose?

Io posso insultarli, punirli, e allo stesso tempo prenderli in braccio. Non dòconsigli a nessuno e non voglio che nessuno mi dia consigli. È una questione dicomando e ordine, non di consiglio. Io farò ciò che è giusto.

Non mi preoccupo delle regole o dei dogmi, perché sono libero. Io sono libe-ro di fare ciò che penso giusto”.

Con questa affermazione Baba parla da una posizione di autoritàsuprema e dichiara di non essere legato dalle leggi della natura, e chepuò eliminare il karma individuale se decide di farlo. È una dimostrazio-ne potente della divinità che si manifesta dentro di lui. La vita e il liladi Baba sono una prova che risiede in ogni cuore, perché in quella posi-zione suprema non ci sono uguali.

Nell’uomo vive la bestia. Trasformato, è Dio. Baba Lokenath dimo-strò che con la pratica e la determinazione ogni individuo può raggiun-gere lo stato della Divinità.

Astasiddhi - gli otto poteri divini

Nello Yogashastra è detto che i Siddha, i Benedetti, possiedono gliotto poteri divini che sono chiamati Astasiddhi. Dopo aver raggiunto laposizione del Brahman, Baba diventò l’espressione viventedell’Astasiddhi, che si manifestava spontaneamente come il profumo daun fiore. Questi otto poteri sono chiamati Anima, Laghima, Mahima,Prapti, Prakamya, Ishita, Vashita e Kamavasayita.

Anima è il potere per cui uno yogi può andare in giro nel suo corposottile senza essere visto da altri.

Laghima è il potere per cui uno yogi può levitare e diventare leggerocome l’aria.

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Prapti è il potere con il quale uno yogi manifesta qualsiasi oggetto o creaqualsiasi situazione nel momento in cui lo desidera. Si tratta del potere diguarigione.

Prakamya è il potere che permette a uno yogi di vedere un oggetto adistanza.

Mahima è il potere che permette allo yogi di sperimentare se stessoimmenso come l’intero universo e vedere se stesso come l’esistenza tota-le, e allo stesso tempo mostrare ad altri la sua forma onnipresente. Unesempio di questo potere divino è mostrato nella Bhagavad Gita quandoSri Krishna mostra la Sua forma onnipresente ad Arjuna. Il dono diBaba a Vijay Krishna, che vide la manifestazione cosmica nel corpo diBaba, ne è un altro esempio.

Vashita è il potere con cui lo yogi può muoversi liberamente a pro-prio piacimento.

Kamavasayita è il potere con cui uno yogi può restare o muoversiliberamente sia sulla terra sia in cielo o su altri pianeti.

È assolutamente essenziale avere un corpo divinizzato per ricevere eraggiungere tutti questi poteri spirituali e vederli manifestati. È attraversola rigida disciplina dello yoga che il corpo dello yogi diventa divinizzato:gli atomi stessi del corpo cambiano attraverso la scienza dello yoga. È sol-tanto in rari casi che un individuo può raggiungere lo stato di divinitàtotale attraverso la trasformazione e divinizzazione di corpo-mente, corpovitale e intelletto. Questi otto siddhi sono il risultato della divinità totale.

Baba Lokenath possedeva questi grandi poteri ma non aveva alcundesiderio di esibirli. Era soltanto attraverso la volontà dei suoi devoti chetali poteri si manifestavano spontaneamente. Baba non aveva alcun desi-derio di fare qualsiasi cosa per sé, non aveva un’esistenza separata come leanime ordinarie e individualizzate. Identificandosi con l’esistenza nella suatotalità, il suo Sé divino entrava in azione ogni volta che i suoi devoti cer-cavano la sua assistenza e la sua grazia.

Le innumerevoli manifestazioni di questi poteri divini durante la vitadi Baba divennero leggendarie. Ancora oggi i devoti di Baba Lokenathricevono la sua misericordia incondizionata e sentono la sua costantepresenza.

Baba usava metodi interessanti per insegnare alle persone di famigliao materialiste. Ecco ora un episodio che si verificò all’ashram di Baradi inpresenza di Rajani Brahmachari.

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Un regalo deve essere incondizionato

Kali Charan Poddar, il figlio di un uomo benestante di Dacca, andò ungiorno a visitare l’ashram di Baba. Arrivò con cinque litri di latte e stavaper metterlo davanti alla veranda della stanza di Baba, quando questigridò in tono aspro: “No! No! Non si può mettere lì!”. Bhojileram, unodei residenti dell’ashram, tolse immediatamente il latte e lo mise sotto laveranda. Kali ci rimase molto male, perciò si avvicinò a Baba a mani giun-te e lo pregò per favore di accettare. Baba disse: “Tu sei il figlio di una fami-glia ricca. Se puoi darmi il latte insieme con il contenitore, lo accetterò”.

Kali non capì il significato più profondo dell’affermazione di Baba,perciò trovò un vaso di terracotta, vi versò il latte e cercò di nuovo dimetterlo sulla veranda, ma di nuovo Baba gridò dal suo seggio: “No! No!Non si può mettere lì!”. Di nuovo il latte fu tolto e messo a terra. Ben pre-sto arrivò un cane che cominciò a bere il latte. Kali, vedendo quello chestava succedendo, saltò immediatamente addosso al cane e lo scacciò.

Osservando Kali, Baba gli disse: “È per questo motivo che non avevoaccettato la tua offerta di latte. Tu mi hai offerto il latte. Una volta offerto, nonhai più alcuna voce in capitolo sul latte. Che diritto hai di scacciare il cane cheappartiene all’ashram?”. È interessante notare che dopo quell’episodionessun cane o gatto o altro animale toccò quel latte.

C’è molto da imparare da questa storia. Innanzitutto ci ricorda che,per un illuminato, non c’è discriminazione tra ricchi e poveri, uomini oanimali o altre creature. Per lui sono tutti uguali perché tutti esistonodentro di lui.

Dicendo: “Una volta offerto, non hai più alcuna voce in capitolo sullatte”, Baba rivela il principio essenziale dell’ “offerta”. Offrire al Divinoè in sé un sadhana, un atto spirituale. La maggior parte delle persone, inparticolare coloro che possiedono ricchezze, credono che il valore diun’offerta che viene fatta a un tempio o a un santo sia determinata dallaquantità o dalla somma donata, ma in realtà l’importante non è la quan-tità ma il bhav, l’intenzione o devozione con cui viene offerta. Dio nonvede ciò che viene portato all’altare, vede soltanto l’amore e la devozio-ne con cui viene offerto.

Le parole di Baba: “Una volta che l’hai offerto a me, non hai più alcunavoce in capitolo sul latte”, dovrebbero essere comprese nella giusta pro-spettiva. Un regalo dovrebbe essere libero dall’attaccamento dell’ego.

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Una volta dato, chi lo riceve non dovrebbe essere legato in alcun modoriguardo all’uso del dono - dovrebbe sentirsi libero di gettarlo via o di darloa qualcun altro. Se questo accade il donatore non deve sentirsi offeso, per-ché dal momento in cui l’azione del dare e ricevere viene completata, ilregalo non è più sua proprietà. Dovrebbe lasciarlo andare con gioia.Questo è l’ideale. Generalmente, la maggior parte delle offerte non posso-no essere considerate atti di adorazione perché sono motivate dall’ego, el’ego vuole la sua ricompensa. Un vero donatore è colui che offre il donosenza condizioni ed è profondamente soddisfatto quando il dono vieneaccettato. Ciò che viene fatto poi con gli oggetti o il denaro non dovreb-be interessare il vero benefattore. L’adorazione è completa una volta cheil divino che risiede in chi riceve ha accettato l’umile offerta: un’offertacosì distaccata non solo porta ricompense moltiplicate molte volte, mainnalza il donatore a un livello più alto di consapevolezza.

Dio è il tutto completo. Il Divino non esige nulla perché la sua veranatura è trascendentale. Così anche il santo, essendo ‘atmarama’, stabi-lito nel sé trascendentale, non si aspetta nulla da nessuno. Desidera sol-tanto dare ai devoti. Prima svuota e poi riempie. Tutto ciò che è offertoal Divino, lo accetta soltanto per restituirlo moltiplicato, soddisfacendocosì i desideri dei devoti. L’offerta deve essere pulita e non egoistica.

La tenerezza di Baba con gli animali

Nell’ashram di Baba tutti godevano degli stessi privilegi. Kalichand,un toro, visitava regolarmente l’ashram e Baba lo amava come un figlio.C’erano diversi cani nell’ashram, e Baba li nutriva di propria mano conlatte, zucchero e altri cibi deliziosi.

C’era anche una gatta nell’ashram. Baba la chiamava Adari (cara).Un giorno Adari stava correndo in giro disperata cercando un postosicuro dove partorire i suoi piccoli. Consapevole della situazione, Babala chiamò e la prese sulle ginocchia aiutandola a partorire comodamen-te i micini. Si tolse persino la stoffa che indossava attorno ai fianchi e lausò per pulire la gatta, lasciando l’abito macchiato di sangue. Spesso lagente non si prende adeguatamente cura degli animali, ma nella suavisione equanime Baba diede amorevolmente rifugio alla gatta nelmomento del bisogno.

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Quest’atto è un caldo esempio dell’equanimità e della compassione diBaba per tutte le creature viventi. Baba comprendeva il linguaggio deglianimali e degli insetti e spesso lo si vedeva comunicare con loro nel suomodo molto caratteristico.

Ogni volta che si sedeva per mangiare, diceva: “Venite! Venite!”. Gliuccelli volavano da lui dai rami degli alberi senza la minima paura e siappollaiavano sui suoi capelli incolti o sulle sue ginocchia. Gli animaliche sentivano il suo richiamo arrivavano correndo per mangiare dallasua mano. Persino gli insetti rispondevano quando li chiamava.

Offriva zucchero e altri dolci alle formiche e poi si sedeva a osservar-le mentre si affaccendavano a trasportare il cibo fino ai loro nidi.

Un giorno alcuni visitatori arrivarono al suo ashram. Baba era nellasua stanza e la porta era sbarrata dall’interno. Baba gridò dalla stanza:“Non venite. La mia famiglia è nella stanza!”. Dopo qualche tempo Babaaprì la porta e, mentre oltrepassavano la soglia, i visitatori videro cheBaba aveva gli occhi fissi sulle ultime formiche che si allontanavanomarciando. Allora Baba disse: “Non vi ho permesso di entrare perché avevopaura che senza accorgervi avreste potuto calpestare queste formiche che eranoimpegnate a ricevere lo zucchero da me”.

Un giorno un cane randagio si rifugiò nella proprietà dell’ashram diBaba. Il povero animale agonizzava per il dolore. Vedendo le sofferenzedel cane, Gwalini Ma ne ebbe compassione e pregò Baba: “Tu allevi lesofferenze di tutte le persone che vengono a prendere rifugio in te. Perchénon hai pietà di questo cane e fai qualcosa per lui? Il suo dolore è intol-lerabile. Ed è ugualmente doloroso per me vedere il cane che soffre cosìtanto, vicino ai tuoi piedi di loto”.

Commosso dalle compassionevoli parole di Gwalini Ma, Baba si alzòimmediatamente dal suo seggio e andò dal cane. Toccò con le dita lafronte dell’animale sofferente e guarì il suo dolore in modo permanente.

Un altro esempio della visione equanime di Baba verso gli animali èdescritto da una persona che fu testimone del seguente episodio:

“Una volta andai a visitare Baradi e quando raggiunsi la stanza di Baba,trovai una donna che stava offrendogli una pentola piena di latte. Babaaccettò il latte e chiamò ad alta voce: ‘Vieni! vieni!’, ma non capivamo chistesse chiamando. Ben presto, con nostra grande sorpresa e spavento, ungrosso cobra reale si avvicinò a Baba. Io ero seduto proprio di fronte a lui ein qualche modo sentii nel mio cuore che in sua presenza ero al sicuro.

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Quando il serpente mortale raggiunse i piedi di Baba, lui lo prese peril collo e gli infilò la testa nel contenitore del latte. Dopo aver bevuto asazietà, il serpente alzò la testa e Baba disse: “Ora puoi andare” e il ser-pente si allontanò, come un servitore molto obbediente.

Per Baba nessun animale era pericoloso o mortale, nemmeno unatigre feroce. Una volta, due giovani volevano scacciare Baba da Baradiperché la sua vasta popolarità era diventata un grave ostacolo alla cre-scita dell’istituzione “Brahmo Samaj”. Di conseguenza, una notte i duegiovanotti si armarono di bastoni e arrivarono alla porta della stanza diBaba. Improvvisamente apparve sulla scena una grossa tigre. I ragazzi,terribilmente spaventati alla vista della feroce tigre, urlarono e corseroin una stanza vicina. Quando guardarono fuori dalla finestra videro cheBaba stava uscendo dalla stanza e pensarono che la tigre avrebbe fattopiazza pulita per loro, ma con loro grande sorpresa l’animale, invece diattaccare Baba, si gettò ai suoi piedi come un micino inoffensivo. Babaaccarezzò la testa e la gola della tigre e disse: “Madre, non dovevi venireall’ashram. La gente viene spesso a visitare questo posto. Dovresti andarenella giungla, là troverai da mangiare”. Nel momento in cui la tigre com-prese le parole di Baba, balzò nelle tenebre della notte e scomparve.

Vedendo la scena, i ragazzi si resero conto che Baba non era un uomoordinario, ma un grande santo. Pieni di vergogna andarono da lui, si pro-sternarono ai suoi piedi e gli chiesero perdono per le loro cattive inten-zioni. Baba li abbracciò e con voce gentile li ammonì a non correre piùil rischio di visitare l’ashram di notte.

Baba non faceva compromessi quando si trattava del bene dei suoifigli. Non riusciva a pensare che anche una sola formica dell’ashramrimanesse senza cibo.

Soltanto uno che ha raggiunto l’unione con la verità eterna può amaree accudire, ugualmente e imparzialmente, tutte le creature viventi.

Quando si riesce a sperimentare se stessi in ogni oggetto, si compren-dono i sentimenti di tutti. Tutte le ideologie utopistiche dei cosiddetti“ismi” rimangono incapaci di realizzare l’uguaglianza in questo mondo. Ileader politici si inebriano di potere e fama e, governati dal loro ego chedivide e differenzia, non possono mai realizzare l’uguaglianza. È soltantocon uno stato mentale libero dall’ego che si può veramente dare l’esempiodi uguaglianza e fraternità. Il comportamento illuminato è l’unica soluzio-ne ai problemi del nostro mondo sofferente.

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Baba insegnò e dimostrò il valore dell’equanimità e la sua importan-za nella nostra vita. Affinché la pace possa diventare una realtà nelmondo, deve prima esistere nel cuore di ciascun individuo. Dobbiamocercare di vedere i bisogni e i problemi degli altri - che sono creaturecome noi - con la stessa sollecitudine con cui consideriamo i nostri e faretutto il possibile per aiutarli e confortarli. Se nel mondo tutti adottasse-ro questo atteggiamento, allora i conflitti dell’umanità e anche gli squi-libri ecologici sarebbero risolti. Un nuovo sistema sociale pacifico ver-rebbe stabilito, sulla base del rispetto per la vita, e il servizio altruisticodiventerebbe il nostro modo normale di vivere.

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Esercizio di Meditazione

Mentre entrate in meditazione immaginate il vostro corpo come uncanale aperto e cavo attraverso il quale si riversa la dolce e magneticaluce della divina compassione di Baba. Ad ogni inspirazione lasciatevisollevare ancora più dolcemente e completamente nella compassionesottile, rarefatta e onnipervadente per tutti gli esseri umani e le creatu-re che soffrono. Con ogni espirazione, attirate la luce della compassionegiù nel vostro corpo, lasciando che vi riempia. Sperimentate la dolcezzadella compassione di Dio per voi.

Dopo aver meditato trattenete gentilmente nel cuore le domandeseguenti:

In che modo ho espresso attivamente compassione nel passato?In che modo ho mancato di esprimerla?Dove sto esprimendo compassione nella mia vita oggi?Quali nuove espressioni di compassione scelgo oggi, con sincera gra-

titudine verso Dio per tutto ciò che mi è stato dato?

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LA COMPASSIONE DI BABA PER TUTTE LE CREATURE

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. Capitolo 14 .

IL GIOCO DIVINO

Baba Lokenath era conosciuto per il suo Lila divino quando risiede-va all’ashram di Baradi: giocava con i suoi devoti e insegnava loro la viaverso la verità e la libertà.

Il gioco divino è sacro e bellissimo allo stesso tempo, perché è ilBambino Supremo che interpreta tutti i ruoli, dimostrando le qualitàinfinite della realtà divina. Sri Ramkrishna lo spiega in questo modo:

“Ci sono due aspetti della realtà: Nitya e Lila. Il Nitya, o assoluto, èl’indivisibile satchidananda e il Lila, o gioco, prende miriadi di forme: ilLila come Dio, il Lila come devoto, il Lila come uomo e il Lila comeUniverso”. (Vangelo di Sri Ramakrishna, pag. 289)

Molti devoti furono testimoni dei Lila di Baba. Sperimentando lagioia, la meraviglia e la pienezza della divinità di Baba, lasciarono reso-conti scritti in modo che le generazioni future potessero condividere quel-l’esperienza. Nei due capitoli che seguono impareremo qualcosa di piùsugli stati sovrumani di Baba, osservando il Bambino Supremo che gioca.

L’ospite indesiderato

Una volta c’era un devoto che spesso chiedeva insistentemente aBaba di partecipare a una cena che aveva organizzato per i riti funebri disuo padre. Baba non lasciava mai l’ashram per partecipare a tali eventisociali e in generale nessuno insisteva mai perché vi partecipasse di per-sona. I devoti erano soddisfatti se Baba benediva le loro cerimonie, maper questo devoto non era sufficiente. Dopo molta persuasione, Babapromise che avrebbe partecipato.

Il giorno dell’evento il devoto ricevette cordialmente i suoi ospiti,ma tutta la sua attenzione era concentrata sull’arrivo del suo ospite piùimportante, Baba Lokenath, la cui visita avrebbe trasformato la sua casain un santo luogo di pellegrinaggio. Ansioso di vedere Baba, il devoto simuoveva in giro per la casa irrequieto. Dopo che tutti gli ospiti furono

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arrivati, ebbero banchettato e lasciato la casa uno dopo l’altro, ancoranon c’era segno dell’arrivo di Baba. Quella notte il devoto era moltodepresso non riusciva a credere che Baba avesse mancato a una promes-sa. Era angustiato dai sensi di colpa, pensando che doveva essere sen-z’altro un peccatore, perché altrimenti come aveva potuto essere abban-donato dal suo maestro?

Il mattino seguente, trascurando tutti i suoi impegni importanti, partìper l’ashram di Baradi. Quando arrivò ai piedi di Baba, si prosternò echiese: “Come mai non sei venuto a casa nostra quando avevi promessoche saresti venuto a trovarci? Io ti aspettavo con tutto il cuore”.

Baba rispose: “Io sono venuto a casa tua, ma tu mi hai cacciato via”. Ildevoto rimase esterrefatto alla risposta di Baba. Durante la funzione erastato cortese con tutti gli ospiti e non ricordava di essersi comportatosgarbatamente con nessuno, perciò disse: “Baba, come puoi dirlo? Io tiho cacciato via?”.

Baba Lokenath gli rivelò la verità: “Un cane ha cercato di prendere deidolci dalla dispensa. Non una sola volta, ma tre volte lo hai picchiato con unbastone cacciandolo via”. Poi Baba mostrò al devoto i lividi sul suo corpo.“Quel cane ero io. Io sono venuto a trovarti in forma di cane. Se tu non seicapace di riconoscermi, che ci posso fare?”.

Il devoto bramino ricordò immediatamente l’episodio: in effetti avevapicchiato tre volte un cane che stava cercando di prendere dei dolci dalladispensa. Come poteva sapere che Baba sarebbe venuto a casa sua nellaforma di un cane? Si gettò ai piedi di Baba e implorò il suo perdono.

Baba voleva insegnare ai devoti sia l’importanza del riconoscere lamanifestazione del divino in ogni creatura, sia la necessità di essere gen-tili e buoni con tutti in uno spirito di devozione. Il devoto era stato effet-tivamente gentile e buono con tutti gli ospiti, ma non era stato capacedi offrire qualche dolce al cane, che era un’altra manifestazione del suoamorevole Baba.

Attraverso un altro lila, Baba aiutò un abitante del villaggio a supe-rare la propria disonestà. L’uomo era stato arrestato per truffa e portatoin tribunale per il processo, ma durante l’udienza aveva rifiutato di con-fessare il crimine. Dopo che la corte si era aggiornata, era andato diret-tamente a Baradi e di nuovo aveva protestato la sua innocenza. Babadisse: “Bene, sarai rilasciato”.

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Se si sottomettono, i colpevoli sono perdonati

Così rassicurato da Baba, l’uomo lasciò l’ashram con grande sollievo,ma un residente dell’ashram che conosceva la verità non riusciva a tol-lerare che qualcuno ricevesse una promessa di Baba con l’inganno, per-ciò chiamò quell’uomo e gli disse che, mentre il crimine che aveva com-messo era perdonabile, il crimine di mentire a Baba non lo era. Il devo-to avvertì il visitatore che se non avesse confessato la verità a Baba, neavrebbe subito le conseguenze.

Pieno di vergogna dopo il rimprovero del devoto, quell’uomo tornòimmediatamente sui suoi passi per chiedere perdono e quando arrivò daBaba si gettò ai suoi piedi dicendo: “Io sono colpevole, ma dicendoti unabugia ho accresciuto il peso della mia colpa di cento volte. Ora tutta lamia coscienza mi rimorde dall’interno. Sono venuto ai tuoi piedi a sup-plicarti di perdonarmi”. Baba disse: “Se veramente ti sei sottomesso a me,farai quello che ti dico?”.

“Sì!”, rispose immediatamente l’uomo. Allora Baba gli consigliò: “Vaiin tribunale e confessa la tua colpevolezza davanti ai giudici. Le mie parole:‘sarai rilasciato’, non saranno vane”.

Il devoto si presentò in tribunale e confessò di essere colpevole, ma igiudici sospettarono che fosse stato costretto a farlo dalla parte avversa,perciò il caso fu rimandato alla corte d’appello. Anche nell’udienza d’ap-pello l’uomo si confessò colpevole e il caso arrivò alla corte suprema. Ildevoto era deciso a mantenere la sua promessa e, poiché la sua fede nelleparole di Baba si era rafforzata, confessò la sua colpevolezza davantiall’intero consesso dei giudici. Il verdetto fu a favore del devoto di Baba,che venne prosciolto senza condizioni. La promessa di Baba si era avve-rata: riconoscente per la propria libertà, l’uomo corse a Baradi a proster-narsi davanti a Baba.

***

Radhika Mohan Roy, un uomo facoltoso di Dacca, soffriva di reuma-tismi cronici che l’avevano parzialmente paralizzato. Poiché era riccopoteva permettersi le migliori cure, ma niente riusciva a migliorare le suecondizioni: era una situazione apparentemente disperata. Sua moglie,una devota di Dio dal cuore puro, credeva che soltanto i santi dotati dipoteri spirituali potessero aiutare suo marito a ritrovare la salute perduta

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e compì pellegrinaggi in vari luoghi sacri in cerca di un santo che potesseguarire il marito. Infine, dopo aver sentito parlare dei poteri divini e dellamisericordia di Baba Lokenath, trovò la strada per arrivare ai suoi piedi.

Radhika Mohan aveva cattive abitudini e mancava di rispetto allasua fedele moglie, impegnandosi in molte attività malvagie. Baba cono-sceva il motivo per cui Radhika era stato colpito dalla paralisi e nonaveva molta simpatia per lui, a causa del carattere impenitente ed ego-centrico di Radhika, ma il cuore compassionevole di Baba si sciolse allepreghiere e alle lacrime di sua moglie, la cui purezza e devozione rima-nevano immacolate. Anche se il marito aveva trascurato la moglie e siera comportato in modo dissoluto, Baba ebbe pietà di lui, soltanto gra-zie alle preghiere sincere della moglie virtuosa.

Con la grazia di Baba, Radhika ritrovò gradualmente la forza dellemembra e in pochi giorni cominciò a muoversi. Il miglioramento venneconsiderato miracoloso, in quanto prima era completamente invalido.Soltanto il braccio rimase paralizzato come prima.

Un giorno, mentre Baba era seduto nella sua stanza, la moglie diRadhika andò a trovarlo con un’espressione depressa in volto. Si pro-sternò davanti a Baba, che le chiese come mai fosse così pallida.

Con le lacrime agli occhi, la donna disse che, pur essendo profonda-mente riconoscente per la grazia di Baba che aveva permesso a suo mari-to di ricominciare a muoversi, si sentiva triste perché il braccio era anco-ra paralizzato e lui non riusciva a sollevarlo. Pregò Baba di concederglila sua misericordia.

Sentendo queste parole della moglie di Radhika, Baba alzò la manoper tre volte, dicendo: “Vai e troverai che tuo marito è ora in grado di alza-re le mani”.

La donna aveva sviluppato una profonda fiducia nella parola di Babacome cura definitiva e, pienamente convinta della totale guarigione delmarito, corse all’imbarcazione dove il marito era disteso. Con sua gran-de felicità, vide che il marito era stato completamente guarito dalla suaparalisi.

Un altro simile racconto di una guarigione operata da Baba mostracome la sottomissione alla sua volontà, con determinazione e fede com-pleta, manifesti spontaneamente il miracolo.

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***

Un uomo facoltoso di Calcutta, di nome Sitanath Das, aveva abban-donato ogni speranza di tornare a vivere come un normale essere umanodopo una paralisi prolungata. Un’ispirazione interiore gli aprì la portaalla grazia di Baba e partì per Baradi con molti servitori. Quando la suaimbarcazione toccò la riva del fiume nei pressi dell’ashram, Sitanathdecise di stendersi a terra a cielo aperto, davanti alla stanza di Baba.

Determinato a esporre il proprio corpo alle intemperie, Sitanath sidistese sulla nuda terra e vi trascorse due giorni consecutivi. I suoi fami-liari e i servitori continuavano a cercare di convincerlo a non sottopor-si a tanta sofferenza dato che la sua salute era estremamente compro-messa, ma Sitanath era determinato a ricevere la grazia di Baba attra-verso la sottomissione e disse loro che anche se avesse dovuto morire,sarebbe stato per lui un privilegio morire ai piedi di un grande yogi.

Baba rimase completamente indifferente, comportandosi come senon si fosse nemmeno accorto dell’arrivo di Sitanath nell’ashram, ma lofece soltanto per mettere alla prova la determinazione e la fiducia diSitanath, perché la grazia di Baba scorreva sempre verso coloro che ave-vano fede e devozione per lui. Dopo due giorni, alle prime ore dell’alba,Baba andò da Sitanath e lo chiamò per nome.

Quando Sitanath vide Baba, così insolitamente alto, in piedi accan-to a lui che lo guardava con compassione, gli occhi grandi come petalidi loto, fu profondamente commosso. Nel momento in cui Lokenathtoccò il suo corpo dicendo: “Ti ho fatto molto soffrire, adesso alzati”, fucome se fosse stato toccato da una bacchetta magica, Sitanath si sentì inforze, si alzò a sedere da solo, poi si mise in piedi. Sopraffatto dalla gra-titudine, si gettò allora ai piedi di Baba, con le lacrime che gli rigavanole guance. In un solo istante, aveva ritrovato la salute perduta: si senti-va così forte e sano che persino il ricordo della sua lunga malattia sem-brava lontano.

Baba abbracciò Sitanath e disse: “Sono contento di vedere lo spirito disottomissione con cui sei rimasto disteso a cielo aperto nell’ashram, trascu-rando il tuo attaccamento al corpo, alla mente, alla moglie, ai figli e alle pro-prietà personali. Io ho versato lacrime per te. Ora sei di nuovo in salute. Ciòche tu mi hai offerto rimarrà con me. D’ora in avanti, godi della tua vita. Tene dò il permesso”.

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Questo episodio è un bellissimo esempio di come le lacrime e il dolo-re del devoto commuovano il cuore di Dio. Anche Dio versa lacrimequando vede il dolore dei suoi devoti. Baba diede a Sitanath il diritto digodere di ogni cosa nella vita, ma soltanto con il senso di distacco cheaveva sperimentato durante il suo soggiorno nell’ashram.

Il latte del paradiso per il bambino divino

Un altro esempio della misericordia di Baba è la storia di SriUmaprasanna Nag, un abitante di Baradi. Era stato benedetto dallanascita di un figlio, ma sua moglie era morta di parto e non c’era nessu-no nella sua casa che potesse allattare il piccolo. La sorella diUmaprasanna, Sindhuvasini Devi, non era in grado di aiutarlo.

Di fronte all’urgenza della situazione, Umaprasanna decise di pagare unadonna che allattasse il bambino, per salvargli la vita, e Sindhuvasini, sen-tite le intenzioni del fratello, andò direttamente da Baba Lokenath e glispiegò la situazione.

Baba ascoltò la storia con molta pazienza e poi disse a Sindhuvasini:“Non c’è bisogno di trovare una balia a pagamento. Vieni a sederti davanti ame. Io succhierò il tuo latte”.

Sindhuvasini sapeva molto bene di essere sterile. Nel suo cuore avevasempre desiderato ardentemente di diventare madre, ma fino a quelmomento il suo sogno non si era realizzato. Ora non credeva alle sueorecchie: la madre che era in lei si fece avanti per ricevere la più gran-de benedizione della sua vita: diventare madre di Dio in persona.

La dona sterile si sedette di fronte al bambino divino e, nel momentoin cui Baba toccò il suo seno con la bocca, questo si riempì di così tantolatte che sgorgò fino a bagnarle gli abiti. Fu così che il piccolo orfano trovòuna madre in Sindhuvasini. Con il nutrimento di quel latte di nettare,crebbe fino a diventare un ragazzo santo e un ardente devoto di Baba.

Umaprasanna diede al bambino il nome di Brahmaprasanna, poichéil bambino era sopravvissuto grazie alle benedizioni del Dio incarnato,Lokenath. In seguito Brahmaprasanna si stabilì a Calcutta e fondò untempio dedicato a Baba Lokenath a Garia.

Un fatto simile avvenne un’altra volta, quando Baba era seduto nellasua stanza in presenza di molti devoti. Una donna anziana si presentò

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con la figlia e il nipotino e pose il bambino ai piedi di Baba spiegando ilproblema. Disse che la figlia non aveva latte e il bambino non volevabere il latte di mucca che gli veniva dato. La vita del piccolo era in peri-colo e soltanto la grazia di Baba poteva salvare suo nipote: chiese a Babadi succhiare il seno di sua figlia, in modo che si riempisse di latte. Babadisse: “Dovrò forse succhiare il seno della mamma alla mia età?”. Poi dissealla giovane madre di avvicinarsi e, quando la donna si scostò gli abitidal seno, Baba cominciò a succhiare come un neonato, poi disse: “Oraho preso il latte, puoi andare”.

Lasciarono l’ashram ma ben presto tornarono da Baba con lo stessoproblema. Ancora la madre non aveva latte. Baba annuì, indicando chelo sapeva, e disse alla donna che non aveva motivo di preoccuparsi.Dovevano aver fede in Baba: il bambino non sarebbe morto. La donnaobbedì e il bambino crebbe sano e forte.

Rajani Brahmachari era presente quando accaddero questi fatti e poi-ché non riusciva a capire il mistero di questo gioco divino, chiese a Babadi spiegargliene il segreto. Baba rispose: “Il latte che ho succhiato dalseno della madre era molto denso e dolce. Non potevano comprender-ne il segreto, perciò ho dovuto dire loro di non preoccuparsi del lattedella madre e continuare normalmente, lasciando il bambino alla volon-tà di Baba. Vedendo gli occhi e la forma fisica del neonato, sapevo chenon era un bambino ordinario, ma un’anima spiritualmente avanzata,poiché era quasi costantemente in uno stato di beatitudine. Quando unapersona si trova in uno stato di estasi spirituale naturalmente non sentela fame, perciò il latte della madre, che era molto denso e dolce, era suf-ficiente per lui anche in minima quantità. E non c’era nessun bisognodel latte di mucca, perciò il bambino piangeva quando cercavano disomministrarglielo”.

Le donne sterili concepiscono

Un altro esempio dei lila di Baba riguarda le donne sterili che anda-vano da lui a supplicarlo di concedere loro un figlio per la sua miseri-cordia. Spesso Baba si impietosiva per queste donne sfortunate chedesideravano ardentemente avere un figlio, ma non potevano conce-pirlo per qualche ragione fisica. Baba le benediva sempre dicendo:

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“Sarai benedetta da un bambino e io verrò nella tua casa come tuo figlio”.Poiché Baba diceva le stesse parole a tutte le donne, molte persone

rimanevano confuse da tali affermazioni. Quando la gente chiedeva aBaba il significato di queste parole così difficili da capire, Baba dicevasorridendo: “Per voi esiste la dualità, ma per me non esiste nient’altro che ilmio sé. Io sono divenuto ogni cosa, perciò chi altro può nascere se non io?”.

Un giorno una giovane donna andò da Baba accompagnata dalla suo-cera vedova e supplicò Baba di benedirla con la nascita di un bambino,poiché più di una volta aveva avuto figli nati morti. Come succedevasempre, le lacrime della devota commossero il cuore compassionevole diBaba e lui benedisse la donna dicendo: “Metti da parte un paisa (un cen-tesimo) ogni giorno fino a quello del parto, e quando avrai partorito un bam-bino sano, vieni a donare quel denaro al fondo dell’ashram. Se lo farai, il bam-bino non morirà”. Il marito della donna seguì fedelmente l’ordine e miseda parte un paisa ogni giorno in nome di Baba; grazie alle sue benedi-zioni, finalmente nacque una bambina sana.

Onorare le proprie promesse fatte a Dio

Sri Chandrakumar Dutta di Bicrampur era il magistrato reggente diDacca. Dopo una lunga malattia, sua moglie aveva perso l’uso dellaparola e non riusciva a mangiare né a evacuare escrementi o urina.Aveva ricevuto le migliori cure mediche, ma le sue condizioni conti-nuavano a deteriorarsi. Soltanto Dio poteva salvarle la vita.

Baba Lokenath era l’unico rifugio. Chandrakumar portò sua moglie daBaba e implorò la sua misericordia. Baba disse: “Per mettere alla prova la vali-dità dello stato di Brahman che ho raggiunto, ho curato novantaquattro pazientiin punto di morte, semplicemente con la parola. Ora non ho più questo deside-rio. Ma se qualcuno può portarmi a desiderarlo, oggi stesso può essere guarito”.

Chandrakumar chiese a Baba come potesse portarlo ad avere taledesiderio e Baba rispose: “Proprio come tu provi il desiderio di cibo per sod-disfare il tuo appetito, come tu hai bisogno di soddisfare i bisogni fisiologici permantenere la salute del corpo, allo stesso modo se una persona prova il biso-gno di me, può portarmi a desiderare e quindi a soddisfare i suoi desideri”.

Con questa affermazione, Baba suggerisce la via della bhakti a coloroche cercano la grazia divina. Una persona che ama veramente Dio, con

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devozione e fiducia esclusive nel Divino, raggiunge uno stato in cui l’aspi-razione per il divino eclissa ogni altra necessità di natura materiale. L’amoredi Dio diventa il sangue vitale del devoto. La preghiera di un’anima cosìdevota non rimane mai inascoltata, perché la grazia scorre con un flussocostante verso coloro che dipendono totalmente dalla volontà divina.

La pietosa condizione della moglie di Chandrakumar toccò il cuoredi Baba. Era così riservata che sedeva davanti a Baba con l’intero corpoavvolto nel sari, in modo che nemmeno un centimetro del suo corpofosse visibile. Baba le chiese di allungare le mani. Quando la donna stesetimidamente la mano, Baba gliela afferrò velocemente e la tirò a sé.Distese le sue lunghe gambe e disse: “Afferrale forte!”. Quando la signo-ra afferrò le gambe di Baba con quel poco di energia che ancora avevanel corpo, Baba chiese a Chandrakumar se era disposto a lasciare suamoglie all’ashram. Chandrakumar aveva dei problemi personali e nonpoteva lasciarla, ma quando tornò a Dacca la rimandò immediatamenteai piedi di Baba.

La signora rimase per due mesi all’ashram di Baradi e attraverso lagrazia di Baba e le cure materne di Gwalini Ma, ritrovò la parola e guarìanche dagli altri problemi. Il giorno che doveva tornare alla casa di suomarito, aveva persino la forza di cucinare. Con profonda gratitudine edevozione, presentò la sua offerta a Baba.

La moglie di Chandrakumar tornò a Dacca in buona salute e dopobreve tempo Chandrakumar fu trasferito a Barishal. Chandrakumaraveva però promesso a Baba che avrebbe offerto un mese di stipendio,per l’ammontare di 500 rupie, in donazione all’ashram se sua mogliefosse guarita. Baba gli ricordò in una lettera personale che non avrebbedovuto mancare alla promessa che aveva fatto e che doveva mandare ildenaro all’ashram senza indugio. Chandrakumar mandò in risposta unalettera che diceva: “Tu sei un sannyasi. Che te ne farai di tutto queldenaro?”. Come risultato, entro un periodo di un anno dopo la lettera diBaba, la moglie di Chandrakumar si ammalò nuovamente con tutte lecomplicazioni che aveva avuto in precedenza.

Da questo lila dobbiamo imparare una lezione molto seria. Di suaspontanea volontà Chandrakumar aveva promesso che avrebbe fattouna donazione di 500 rupie all’ashram se sua moglie fosse guarita. Le sof-ferenze della donna avevano mosso a compassione Baba e lui l’avrebbecurata anche senza quella promessa, perché era vero che Baba non aveva

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bisogno di denaro. Una volta però che Chandrakumar aveva fatto di suaspontanea volontà quella promessa, la sua parola l’aveva legato.Chandrakumar si sottrasse deliberatamente alla sua responsabilità e,quando Baba gli ricordò il suo impegno, lui gli fece notare con arrogan-za il suo voto di rinuncia. Così facendo aveva messo in gioco la sua for-tuna e le benedizioni che aveva ricevuto da Baba erano state ritirate.Purtroppo, la moglie dovette soffrire per le sciocche azioni del marito.

L’illuminato non si preoccupa mai del denaro che gli viene offerto,perché non ha desideri personali propri, ma se il devoto cerca di imbro-gliare il maestro o rompe una promessa, attira il disastro su di sé.Deviando dalla veridicità, pianta i semi della sofferenza e ne dovrà sub-ire le conseguenze personalmente. Bisogna dunque essere consapevoliche, dopo aver fatto una promessa a qualsiasi santo, maestro, divinità otempio, per vedere soddisfatto un proprio desiderio, quella promessadovrà essere mantenuta a qualsiasi costo.

Uno dei messaggi di Baba ai suoi devoti riguarda l’importanza dimantenere le proprie promesse al maestro illuminato!

***Una volta un abitante del villaggio di Baradi venne morso da un ser-

pente molto velenoso e nel giro di pochi minuti si trovò in gravi condi-zioni. I tentativi del medico del villaggio e di tutti gli altri si rivelaronoinefficaci e il pover’uomo stava morendo. Quando la certezza della finesi mostrò vicina, la famiglia si riunì in casa per pregare Baba, promet-tendo che se il loro caro fosse sopravvissuto, avrebbero offerto un’adora-zione speciale a Baba. Dopo pochi minuti dalla loro preghiera e promes-sa, l’uomo migliorò immediatamente in modo incredibile, ma la famigliadimenticò subito la promessa e diede più credito all’opera del medicoche alla grazia di Baba.

Poco dopo l’incidente, la vittima del serpente tornò alla sua vita nor-male e al lavoro, ma il divino ha un modo tutto suo di insegnare agliegocentrici! Improvvisamente sentì un dolore nel punto in cui era statomorso. Il veleno si diffuse rapidamente in ogni parte del corpo e l’uomosvenne per il dolore intollerabile. La sua famiglia era esterrefatta.Com’era possibile che il veleno reagisse senza alcuna ragione? Alloratornò loro in mente la promessa che avevano fatto a Baba. Convinti chetutto l’accaduto fosse dovuto soltanto alla loro mancanza di sincerità,

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corsero all’ashram a prosternarsi a Baba, con offerte di fiori e frutti.Dopo pochi istanti, alcuni abitanti del villaggio li raggiunsero di corsa,con la buona notizia che il loro familiare era tornato in salute!

L’amore materno e onnisciente di Baba

Due devoti della famiglia Nag erano venuti per ricevere il darshan diBaba. Non appena arrivarono all’ashram, Baba affettuosamente disseloro: “Siete venuti qui senza portarvi del cibo da casa. Restate qui eprendete un po’ di khitchri (riso bollito con lenticchie). Con queste paro-le, si alzò e andò personalmente in magazzino, poi diede riso e lenticchiea Gwalini Ma perché li cucinasse. Tutti rimasero sorpresi nel vedereBaba portare cereali sufficienti per nutrire cinquanta o sessanta persone,quando c’erano soltanto due ospiti. Un devoto volle prendersi gioco del-l’errore di valutazione di Baba a proposito della quantità necessaria ecommentò: “Chi mangerà tutto quel khitchri?”.

I due devoti consumarono il pasto e, quando venne il momento di chie-dere il permesso e le benedizioni di Baba per lasciare l’ashram, Baba ripe-té furbescamente nello stesso tono: “Chi mangerà tutto quel khichri?”. Ildevoto che aveva fatto quel commento era imbarazzato, ma si chiedevaancora come mai Baba aveva fatto cucinare a Gwalini Ma tutto quel cibo.Non dovette aspettare a lungo per la risposta: nel momento in cui misepiede fuori dall’ashram vide che una sessantina di persone stavano arri-vando lì. Da dietro udì la voce del Baba onnisciente, che diceva con untocco di umorismo: “Chi mangerà tutto quel khichri?”.

Ora i due devoti si rendevano conto che proprio come Baba avevasaputo che erano arrivati all’ashram senza mangiare, sapeva anche del-l’arrivo di un folto gruppo di devoti che stavano viaggiando da tempo ederano affamati per aver percorso tanta strada. Come la madre più affet-tuosa, aveva fatto preparare il cibo prima che i figli arrivassero a casa.Non c’era nulla di ignoto a lui, anche se era fisicamente presente all’ash-ram di Baradi.

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Baba richiama Goswamiji dalla morte

Baba aveva sempre avuto un debole per il grande maestro o guruVijaya Krishna e i suoi devoti. Una volta Vijaya Krishna era andato aDharbhanga per insegnare e mentre si trovava là aveva avuto un gravis-simo attacco di polmonite. I due famosi medici chiamati al suo capezza-le avevano praticamente abbandonato ogni speranza di guarigione edichiararono che era vicino alla fine.

Shyamacharan Bakshi, un devoto discepolo di Vijaya Krishnaji, seppeche il suo Gurudev, che era la sua vita stessa, si trovava sul letto di morte.Sapeva bene che Baba poteva fare ciò che era impossibile persino per glidei, e che amava Vijaya Krishna, perciò non perse tempo e corse all’ashramdi Baradi. Singhiozzando, pregò Baba di salvare la vita del suo maestro.

Baba amava sempre i devoti che amavano il loro guru, perciò i pro-fondi sentimenti con cui Shyama supplicò per la vita del suo maestro locommossero oltre al proprio profondo amore per Vijaya Krishna. Eppure,nel suo gioco divino, Lokenath voleva mettere ulteriormente alla provala devozione e l’amore di Shyamacharan per il suo guru, perciò gli chie-se: “Che cosa saresti disposto a fare per il tuo guru?”.

Shyamacharan non aveva nessuno in questo mondo che fosse caro alsuo cuore come il suo Gurudev, perciò rispose prontamente con sinceri-tà e devozione: “Posso offrire la vita per il mio maestro. Subito, prendimetà della mia vita per il mio Gurudev. Ti prego, salvalo!”.

Baba fu commosso dalla sua devozione, ma volle mettere ancora allaprova la profondità del suo amore e disse nel suo modo tutto particola-re: “Se ne va, perché preoccuparsi? Sono qui io a prendermi cura di tuttivoi”. Incrollabile nella sua devozione al guru, Shyamacharan ribatté:“Non vogliamo te, vogliamo riavere lui a qualsiasi costo!”.

Questo atteggiamento ardito a rischio perfino di insultare un guru èproprio ciò che Baba voleva mettere alla prova. Fu soddisfatto. Nelmomento successivo il suo corpo divenne immobile. Dopo qualchetempo tornò dallo stato di samadhi e disse: “Sei venuto quando il tempoè ormai finito. Che cosa posso fare adesso? Non l’ho visto a casa sua. Èpossibile che abbia già lasciato il suo corpo mortale, oppure il suo gurudeve avergli dato il potere di rimanere lontano dal suo corpo. Adessopuoi andare. Se ricevi un telegramma entro martedì, saprai per certo chenon c’è niente da temere. Io adesso vado là”.

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Mentre parlava con Shyamacharan, Baba era andato a Darbhanganella sua forma sottile per vedere il suo amorevole Vijaya, ma non l’a-veva trovato. Le parole di Baba sul fatto che non aveva trovato Vijay ‘acasa’ si riferivano al suo corpo come ‘casa’, dunque Vijay aveva lasciatoil corpo, oppure il suo guru gli doveva aver dato il permesso di restarelontano da esso. Determinato a salvare Vijay in qualsiasi circostanza,Baba uscì dall’ashram e disse a tutti i devoti riuniti: “Finché io non aprola porta dall’interno, nessuno deve bussare alla porta o aprirla”. Babachiuse il catenaccio dall’interno il venerdì, dicendo che le notizie sareb-bero arrivate il martedì.

Quel giorno tutti i familiari di Vijaya Krishna erano partiti su unalancia a vapore diretti da Goaland a Darbhanga. Il figlio di VijayKrishna, Yogjivan, guardava il cielo con il cuore pesante, ripetendo ilnome divino e pregando per la vita di suo padre. Improvvisamente, stu-pefatto, chiamò tutti gli altri indicando il cielo: “Guardate! BrahmachariBaba (Baba Lokenath) sta andando verso Darbhanga. Mi ha salutato agitan-do la mano e ha detto: ‘Vado anch’io a Darbhanga. Non dovete più preoccu-parvi. Non c’è niente da temere!’”.

Dietro le porte chiuse dell’ashram di Baradi, il corpo di Baba era dis-teso e non mostrava la minima pulsazione di vita. Nella sua forma astra-le sottile era partito per Darbhanga volando nel cielo per insufflare ilrespiro nel corpo quasi morto di Vijay. Baba si muoveva attraverso ilfuoco, l’acqua o lo spazio, senza sforzo.

Quando la madre di Vijay Krishna, Burothakuran, raggiunseDarbhang, poté vedere Baba Lokenath con i suoi stessi occhi, seduto alcapezzale di Vijay, che lo fissava senza battere le palpebre.

I discepoli e i devoti di Vijay a Dhaka attendevano ansiosamente iltelegramma con la notizia della guarigione del loro guru. Avevano pienafede nella promessa di Baba, infatti come aveva predetto, martedì arrivòil telegramma con la notizia del miglioramento di Vijay.

I parenti più stretti di Vijay Krishna, raccolti attorno al suo letto dimorte, potevano chiaramente vedere Brahmachari Baba (BabaLokenath) seduto accanto alla testa di Vijay. Più di una volta, Baba sol-levò il corpo di Vijay con le sue stesse mani per farlo sedere sul letto.Videro Vijay Krishna cercare di sollevarsi a sedere due volte, e ricadereprivo di coscienza sul letto, ma al terzo tentativo si tirò su ed era com-pletamente guarito.

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Sri Vijaya Krishna Goswami dichiarò in seguito a tutti i suoi devotiriuniti che Baba Lokenath era apparso al suo letto di morte e l’avevatirato quasi fisicamente con le proprie mani, facendolo sedere sul letto.Immediatamente aveva ritrovato le energie perdute e si era sentito per-fettamente in salute.

Vijaya Krishnaji, che considerava Baba Lokenath il più grande yogiche avesse mai incontrato in vita sua, parlava dei poteri spirituali supre-mi di Baba e di come lo aveva salvato dalla morte. Di fatto era accadu-to che quando Vijaya Krishnaji lasciava il suo corpo fisico a causa deldolore intollerabile, Baba costringeva la sua anima a rientrare di nuovonel corpo, e così accadde per ben due volte. Infine, quando VijayaKrishna disperato aveva lasciato il suo corpo mortale con l’intenzione dinon rientrarvi più, il grande potere spirituale di Baba aveva dominato lasua volontà costringendo l’anima di Goswamiji a rientrare nuovamentenel corpo.

Questo episodio illustra i poteri illimitati di Baba e il suo amore per idevoti che sono disposti a morire per il proprio guru. Fu a causa dei pro-fondi sentimenti di Shyamacharan per il suo maestro che Baba si recònel suo corpo astrale a salvare Goswamiji.

All’opposto, l’episodio che segue mostra la risposta di Baba a coloroche non sono sinceri. Un giorno un uomo andò all’ashram di Baba e conuna drammatica dimostrazione di devozione si gettò ai suoi piedi pre-gando per la sua misericordia e le sue benedizioni. Baba, che è onni-sciente, sapeva che l’uomo era un ipocrita e che la sua devozione eraartificiale, perciò gli disse duramente: “Tu non sei capace nemmeno diamare tua moglie, come puoi amare me?”. Poi Baba gli lanciò un’occhiataindifferente e l’uomo si sentì stupido e fuori posto, e se ne andò sconfit-to dalla stanza di Baba.

Come sempre, le parole di Baba erano piene di significato. Anche seerano dirette a un individuo specifico, il messaggio valeva per tutti. Babadiceva sempre che l’amore per Dio non è possibile, se non si amano i pro-pri cari. Come si può far piacere a Dio, che è l’Esistenza Onnipervadenteche risiede in ogni creazione, se si manca di rispetto al nostro prossimoumano o alle altre creature? Cercare di amare un santo o adorare idoli dipietra o simboli nei templi senza prima amare il nostro prossimo umanoè da ipocriti.

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Il punto di partenza per l’amore divino è il sentimento di empatia pertutte le creature viventi. Come può un devoto sognare di soddisfare Dioe ricevere la Sua grazia divina se provoca sofferenza a quello stesso Dioche risiede nel cuore di tutti gli esseri?

Così Baba dice che bisogna prima imparare ad amare le persone che cisono più vicine, poi espandere gradualmente questo amore a tutti i nostrifratelli e sorelle umani. Quando non potete più ferire i sentimenti di nes-suno, quando il vostro cuore sensibile percepisce il dolore degli altri, allo-ra Dio, che esiste in tutti, è molto soddisfatto di voi e vi benedice.

La maggior parte dei devoti che visitavano regolarmente l’ashram diBaradi e i residenti dell’ashram che servivano Baba più spesso ebbero l’e-sperienza delle manifestazioni soprannaturali di Baba, che lasciava il suocorpo divino a piacere, si muoveva liberamente in qualsiasi luogo e inqualsiasi momento desiderava, e poi rientrava nel corpo. Per lui, il corpoera una gabbia e lui era un uccello libero, che volava nel cielo ogni voltache voleva.

Quando lasciava il corpo in questo modo, questo rimaneva semplice-mente seduto al suo posto, appoggiato allo schienale di legno che vede-te nel suo ritratto, come se dormisse, ma con gli occhi ben aperti.Osservando periodicamente questo fenomeno, i devoti ci si abituarono;in quei momenti, dicevano che Baba era temporaneamente morto. Edera in effetti vero che durante il periodo in cui era fuori dal corpo la suaforma era priva di vita, senza segno di pulsazioni o respiro.

Molte persone, curiose riguardo a questo aspetto del lila di Baba, glichiesero ripetutamente il segreto di come lasciasse il corpo e che cosafacesse nel suo corpo sottile. Benché Baba fosse estremamente riluttante aparlare di queste cose, lasciò capire che andava a visitare dei ricercatorispirituali per osservare il loro progresso. Quando era necessario fornivaloro la giusta guida per un rapido progresso spirituale nello yoga avanzato.

Ancora oggi, quasi cento anni dopo il Mahasamadhi di Baba, i ricer-catori della verità sulla via dello yoga ricevono visioni divine di Baba esono benedetti con istruzioni per proseguire nel loro avanzamento spiri-tuale. Chiunque desideri avere il darshan di Baba e il raggio della suamisericordia illimitata e incondizionata può riceverli pregandolo confiducia e pura devozione. Questa è la verità e continuerà a valere ancheper i posteri. Baba è il guru dei guru, il Jagadguru, il maestro spiritualeuniversale.

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IL GIOCO DIVINO

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Baba mantiene la promessa

Un avvocato di successo alla corte di Dacca, Sri Biharilal Mukherjee,era un ardente devoto di Baba. Un giorno, mentre viaggiava in barca inmezzo a un fiume, fu sorpreso improvvisamente da una furiosa tempesta.Venti impetuosi spazzavano la barca di Biharilal come se fosse un gio-cattolo e la sbattevano qua e là con onde gigantesche, fino quasi a farlaaffondare. Biharilal e gli altri passeggeri si resero conto che la situazioneera assolutamente incontrollabile dal barcaiolo e si prepararono alla fine.

In quella situazione disperata, improvvisamente Biharilal si ricordòdelle parole di Baba: “Nella foresta o nell’oceano, ogni volta che siete in peri-colo, ricordatevi di Me. Io vi salverò”. Si rese conto che soltanto Babapoteva salvarlo da morte certa e cominciò a pregarlo con tutto il cuore.Le sincere preghiere del devoto raggiunsero le orecchie di Baba eimprovvisamente i passeggeri furono consapevoli della presenza di Babasulla barca. Come per magia, l’imbarcazione si raddrizzò lentamente eraggiunse la destinazione senza problemi. Anche se i passeggeri nonconoscevano ‘l’autore’ di questa impresa impossibile, Biharilal era asso-lutamente convinto che la grazia di Baba aveva salvato lui e gli altri pas-seggeri da una morte prematura.

Anath Bandhu Mallik era a Baradi seduto accanto a Baba nel momen-to in cui accaddero i fatti. Baba disse ad Anath Bandhu: “Anath, la vitadi Bihari è in pericolo. Sta pregando per la mia grazia. Vado a salvarlo”.

Il suo corpo rimase in uno stato di profonda trance e dopo qualchetempo ritornò alla coscienza dicendo: “Maya, il potere illusorio di MadreNatura, è così forte! Ero un po’ troppo preoccupato per Bihari, perciò all’ini-zio non riuscivo a trovare esattamente il luogo dove si trovava. Sono andatoprima a Dacca ma non l’ho trovato, perciò sono andato a casa sua. Non eranemmeno là, così sono andato nel luogo di quella furiosa tempesta sul fiumee l’ho trovato. L’ho salvato da morte certa e anche gli altri passeggeri sono statisalvati assieme a lui”.

Dopo questi fatti passò qualche tempo. Un giorno Biharilal andò aBaradi a offrire i suoi rispetti a Baba. Nel momento in cui alzò la testa dopoaver toccato i piedi di Baba, questi gli chiese se si era ricordato fortementedi lui nel periodo appena trascorso. L’uomo di mondo si era già dimentica-to che la grazia divina di Baba gli aveva salvato la vita, e disse distratta-mente a Baba che aveva desiderato il darshan dei suoi piedi di loto.

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Baba gli rammentò il pericolo che aveva corso durante la tempesta sulfiume e Biharilal ricordò quel giorno fatale: immediatamente si gettò aipiedi di Baba e poi raccontò l’intero episodio ai devoti riuniti.

***

Un giorno alcuni devoti di Dacca visitarono l’ashram di Baba e, dopoaver ricevuto il suo darshan, decisero di tornare a piedi. Esitavano però,perché la giornata era estremamente calda e avevano timore di affron-tare la calura del sole di mezzogiorno. Baba li chiamò e disse loro:“Procedete sulla vostra strada. Non dovrete soffrire per il calore del sole”.

I devoti obbedirono al comando di Baba e partirono a piedi per Dacca.Si erano allontanati di poco dall’ashram quando dal nulla apparve unanuvola che li riparava dai raggi cocenti del sole. Riconoscendo in questola grazia di Baba, ritornarono all’ashram e dissero: “Baba, come tu avevipredetto, la nuvola ha coperto il sole permettendoci di camminare age-volmente all’ombra e al fresco, ma non siamo totalmente convinti chequesto sia dovuto al tuo potere. Siamo venuti a chiederti fino a dove lanuvola ci farà ombra, e a che punto vedremo di nuovo brillare il sole”.

Baba rispose: “Quando raggiungerete Daryagunj, vicino a Dacca, rive-drete il sole cocente”.

I devoti accettarono le benedizioni di Baba e partirono dall’ashramper constatare con i propri occhi la verità delle sue parole.Camminarono per miglia e miglia e la nuvola si muoveva con loro.Percepivano le benedizioni di Baba mentre la fresca ombra offriva loroprotezione dal sole. Poi, come Baba aveva predetto, la nuvola scompar-ve quando raggiunsero Dayagunj e il sole tornò con i suoi raggi ardenti.

Il miracolo lasciò i devoti stupefatti. Meravigliati per la grazia e ilpotere di Baba, tornarono indietro nel calore ardente per tutta la stradafino a Baradi invece di procedere per la loro destinazione. Quando arri-varono all’ashram si prosternarono ai piedi di Baba e lui sorrise. I devo-ti espressero la loro gratitudine per l’esperienza che Baba aveva offertoloro, perché in quell’esperienza aveva dimostrato di possedere i segretidell’universo, segreti che non potrebbero mai essere compresi dall’intel-letto umano. Compiendo questo miracolo Baba liberò i devoti dai dubbiche avevano rannuvolato la loro mente, dando loro una visione delpotere infinito che è nascosto nell’anima umana.

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IL GIOCO DIVINO

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. Capitolo 15 .

L’ONNIPOTENZA E ONNISCIENZA DI BABA

Il regno dello spirito si trova al di là dell’intelletto umano. Nella loroeccessiva identificazione con l’intelletto, i razionalisti si sentono natu-ralmente minacciati dalle cose dello spirito. I dubbi sulla religione sonocomprensibili alla luce degli abusi perpetrati nella storia in nome di Dio,ma ciò non invalida la verità che lo spirito, come origine di tutto ciò cheesiste, contiene il segreto del cosmo intero, la chiave per i misteri dellaNatura stessa e della nostra natura. La mente, l’intelletto e tutta la cono-scenza materiale umana, per quanto progredita, impallidiscono fino adiventare insignificanti davanti alla scienza suprema della vita, la scien-za dello spirito.

La vita dello spirito e la pratica spirituale possono essere giustamen-te considerate come la ricerca che lo scienziato spirituale conduce con-tinuamente nel laboratorio del proprio corpo, mente e intelletto. Il suc-cesso di tale ricerca conferisce il raggiungimento di siddhi, l’illumina-zione, la conoscenza del segreto dell’esistenza. Non si tratta però di unaconoscenza oggettiva, ma di una realizzazione soggettiva. È essere ediventare. Come ricercatori, noi non scopriamo niente di nuovo, maarriviamo a riconoscere ciò che è sempre esistito, l’Unità di tuttol’Essere. Questo riconoscimento è lo stato della realizzazione.

Con questa realizzazione giunge la manifestazione degli ideali e deipoteri divini più alti. Colui che conosce la realtà assoluta è stato rico-nosciuto in ogni tempo come l’incarnazione stessa degli ideali, dei prin-cipi e dei poteri divini. Questo è il motivo per cui i più grandi tra i capivalorosi sono a malapena ricordati, mentre Gesù, Maometto, Buddha eKrishna sono adorati da miliardi di persone in tutto il mondo.

Mentre continuiamo con il racconto dei lila di Baba, vedremo altriesempi del suo potere illimitato e della sua profonda compassione pertutte le creature viventi.

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L’ONNIPOTENZA E ONNISCIENZA DI BABA

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Controllo del potere celeste

Un giorno, mentre Baba era seduto fuori dalla sua stanza, vide unadonna vestita con un sari rosso, in piedi accanto a lui. Il volto delladonna era segnato da cicatrici e Baba la riconobbe come Sitala Devi inpersona, la dea (essere celeste) che annuncia la varicella. Sitala Devidisse a Baba: “Voglio lasciare questo luogo”. Entrambi rimasero in silen-zio e dopo qualche tempo, la dea si portò di fronte a Baba.

Baba la rimproverò in un tono molto serio: “Io sono qui. Pensi forseche io non sia niente?”.

La dea fece immediatamente un passo indietro, pregando: “Non mipermetterai dunque di lasciare questo luogo? Devo rimanere imprigiona-ta qui?”. Baba le rispose: “No, non hai bisogno di restare qui. Prendi sempli-cemente la strada che si trova sulla riva inferiore del fiume Chawal Baghini enon andare mai, per nessuna ragione, nelle pianure dove abitano esseri umani”.

Pochi giorni dopo questo incidente una famiglia, che viveva sullasponda inferiore del fiume, ebbe un grave attacco di varicella. Quandoandarono da Baba a informarlo dell’epidemia, egli chiese dove si trovas-se la capanna e gli venne detto che era sulla sponda inferiore del fiume.Baba consigliò a quelle persone di lasciare immediatamente la lorocapanna e di fuggire in un luogo sicuro. Erano l’unica famiglia che vive-va sulla strada che Baba aveva indicato a Sitala Devi quando avevalasciato Baradi.

Questo particolare episodio illustra il controllo di Baba sugli essericelesti: persino gli dei e le dee obbedivano al suo comando. Bisognanotare che da quel tempo non ci sono più state epidemie di varicella inquella zona, mentre prima che Baba arrivasse a Baradi, ogni anno si veri-ficava una grave epidemia, che spesso uccideva centinaia o anchemigliaia di contadini innocenti.

Ogni volta che un individuo raggiunge il livello del BrahmanAssoluto gode di una supremazia infinita non soltanto sui mortali ordi-nari di questa terra, ma anche su tutti gli dei e le dee, o deva, del pianoceleste. Anche la visione di Sri Vijaya Krishna Goswamiji, che avevavisto tutti gli dei e le dee nel corpo di Baba Lokenath, indica che gliesseri celesti amano la compagnia di una persona che, nel corpo umano,ha raggiunto il livello più alto di realizzazione, lo stato del Brahman.

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Baba come testimone oculare

Un giorno Baba doveva presentarsi in un tribunale come testimone.L’avvocato della parte avversa vide che Baba era anziano e voleva inva-lidare la sua testimonianza, perciò gli chiese quanti anni avesse. Babarispose. “150 o 155”. Il giudice non credeva che qualcuno potesse vive-re fino a quell’età e disse: “Questa è una corte legale e un’affermazionecosì assurda del testimone non sarà accettata!”.

Poi l’avvocato procedette all’interrogatorio e chiese a Baba se avessevisto l’intero fatto in questione. Baba fece un cenno affermativo e l’av-vocato mise in dubbio la sua capacità visiva. Chiese a Baba come aves-se potuto vedere a tale distanza. Invece di rispondere direttamente alladomanda, Baba volle dimostrare il potere divino di uno yogi. Chieseall’avvocato di avvicinarsi e indicò un albero che si trovava a una certadistanza dal tribunale. Baba chiese se l’avvocato riusciva a vedere dellecreature che si arrampicavano su e giù per l’albero e l’avvocato, con lasua vista ordinaria, poteva vedere l’albero soltanto, quindi rispose di no.

Baba disse: “Voi vi considerate giovani, ma la vostra vista lascia tanto adesiderare. Io posso vedere da qui una fila di formiche che salgono sull’alberoda terra”.

Il caso era interessante e aveva attirato l’attenzione di molte persone.Sentendo l’affermazione di Baba, molti di coloro che erano riuniti in tri-bunale corsero fuori a controllare l’albero e con loro grande sorpresa tro-varono veramente una fila di formiche che saliva sull’albero da terra.

Il segreto dell’unica fotografia di Baba

Rajendra Naryan Raibahadur, il re di Bhawal, aveva un fortissimodesiderio di vedere Baba con i propri occhi e un giorno partì per Baradicon tutti i suoi ministri più importanti. Durante il viaggio alcuni comin-ciarono a discutere se avrebbero dovuto prosternarsi davanti a Babaoppure no, e si creò un disaccordo. Il re era dell’opinione che, siccome nonsi conosceva la casta del sannyasi, non avrebbero dovuto prosternarsidavanti al santo, ma quando raggiunsero la porta della stanza di Baba e lovidero seduto nella sua posizione di Gomukhasana, con gli occhi comepetali di loto e le pupille dei suoi occhi immobili brillanti come diamanti,

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L’ONNIPOTENZA E ONNISCIENZA DI BABA

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sui quali non battevano mai le palpebre, furono commossi al di là di ognidescrizione. Il re si prosternò per primo davanti a Baba e pregò di riceve-re le sue benedizioni. Baba sorrise e disse: “Non avevi forse deciso di nonprosternarti?”. Il re e i suoi ministri furono esterrefatti nel sentire Babache ripeteva le parole che avevano pronunciato durante il viaggio e chi-narono la testa per la vergogna.

Benché seduto in silenzio divino, Baba attirava a sé una vasta gammadi persone senza il minimo sforzo. Persino i sadhu e i sannyasi che visi-tavano l’ashram di Baradi rimanevano talmente sopraffatti dalla presen-za divina di Baba che si prosternavano e chiedevano le sue benedizionicome gli altri visitatori sposati. Questo era il grado dell’influenza spiri-tuale di Baba, non soltanto tra le persone comuni e i personaggi regali,ma anche sulla comunità dei monaci rinuncianti.

In seguito il re di Bhawal divenne uno dei seguaci più devoti di Babae cominciò ad adorarlo come lo Shiva vivente. Chiedeva sempre consi-glio a Baba sia per i problemi personali sia per le questioni delicate nel-l’amministrazione delle sue vaste proprietà, e sempre considerava leistruzioni di Baba come la decisione finale.

Il re era deciso a portare Baba a vivere sulla sua proprietà. Volevacostruire un tempio e dedicarlo allo Shiva vivente, Baba Lokenath.Pregava continuamente Baba di lasciare Baradi e trasferirsi sui suoi ter-reni, ma Baradi era il luogo prescelto dal disegno divino come luogosacro di pellegrinaggio per manifestare il gioco divino di un Dio viven-te. Baba rispose indirettamente: “Io sono ovunque”.

I devoti di Baba Lokenath resteranno per sempre riconoscenti al redi Bhawal, perché per il suo interessamento e il suo sincero sforzo Babasi convinse a permettere a un fotografo di fargli un ritratto. Un giorno ilre arrivò all’ashram con la macchina fotografica caricata sopra il suo ele-fante ed espresse il desiderio di fare una fotografia a Baba, perché fino adallora non ne erano mai state fatte.

Esprimendo la sua solita posizione contraria a ogni pubblicità, Babarifiutò e disse al re: “Questo corpo è effimero. A che serve tenere una fotogra-fia di questo corpo mortale?”. Il re però non era disposto a cedere facilmen-te e continuò a pregare Baba chiedendogli gentilmente il permesso, dicen-do che venuto da tanto lontano con quella grossa macchina fotografica.

Baba chiese: “Perché pensi che questa fotografia aiuterà la gente?”.Il re rispose: “Coloro che terranno la tua fotografia in casa la troveranno

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trasformata in un tempio, e la tua presenza nella foto farà sempre del bene allepersone per tutti i tempi a venire”.

Quando Baba sentì che la foto avrebbe beneficiato la gente, il miseri-cordioso Lokenath acconsentì immediatamente ed uscì dalla sua stanza:quella fu l’unica volta in cui Baba permise a qualcuno di fargli una foto-grafia. I ritratti di Baba che vennero dipinti in seguito sono stati ispirati daquell’unica sua fotografia.

La natura obbedisce a Baba!

In un’altra occasione, il re visitò l’ashram con un gran seguito.Quando fu arrivato il momento di ripartire, Baba gli chiese di attende-re. Ansioso di partire, il re non prestò ascolto alle parole di Baba e ini-ziò il viaggio. Nel momento in cui usciva dall’ashram, però, cominciò apiovere a dirotto e il re tornò riluttante nell’ashram con il suo seguito.Mentre si avvicinava a Baba, Baba gli chiese: “Come mai sei tornato indie-tro?”. Il re rispose “Il temporale mi ha costretto a ritornare”. Baba com-mentò casualmente “Hai fatto bene”.

Quando smise di piovere, il re partì per la seconda volta, ma fucostretto a tornare di nuovo indietro, perché minacciava ancora pioggia.Davanti a questi ripetuti fallimenti dovette chiedersi la ragione per cuipioveva e indovinò facilmente che i temporali erano causati da Babache voleva dargli una lezione, così infine tornò all’ashram e si sottomi-se ai piedi di Baba pregando: “Ora comprendo che finché tu non miavrai dato il permesso di andarmene, io non avrò il potere di lasciarequesto luogo. Ti chiedo perdono per la mia disobbedienza. Ti prego diperdonarmi e di permetterci di partire”.

Baba sorrise e disse: “Be’, non ti avevo forse detto di aspettare un po’ epoi di partire? Hai dovuto subire la pioggia perché non hai obbedito alle mieparole. Ora puoi andare”.

Il re Rajendra Narayan Raibahadur toccò i piedi di Baba e con le suebenedizioni lasciò l’ashram; questa volta il cielo era limpido e non c’eratraccia della pioggia che era caduta soltanto pochi minuti prima!

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L’ONNIPOTENZA E ONNISCIENZA DI BABA

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Baba si manifesta a una donna americana

La manifestazione del gioco divino di Baba non fu limitata all’India.Persone che abitavano in altre nazioni del mondo ricevettero la grazia diBaba mentre si occupava instancabilmente dei desideri delle persone chevenivano all’ashram di Baradi. L’episodio seguente, raccontato da uno deisuoi devoti, illustra come Baba si servisse della bilocazione quando senti-va un richiamo di aiuto.

Il dottor Nishikanta Basu, un ardente devoto di Baba, lavorava comemedico in un sanatorio di Chicago. Il gioco divino del maestro si mani-festò per dimostrare la sua onnipresenza. Ecco un estratto dal diario per-sonale del dottor Nishikanta Basu.

“Era mattino presto; una paziente del nostro sanatorio venne nel miostudio a trovarmi e si sedette su una sedia davanti a me. Era venuta perfarsi curare un tumore allo stomaco. La condizione del tumore era moltograve e lei era davvero preoccupata.

“Trovandomi da solo, mi confidò: ‘Dottor Basu, io mi fido di lei. Sonoin questo ospedale da molto tempo, ma non ho visto miglioramenti. Checosa dovrei fare? Farò qualsiasi cosa lei mi consiglierà’.

“Stavo per rispondere, quando lei esclamò: ‘Un momento! Non dicaniente! Vedo qualcuno dietro di lei, molto alto, che sovrasta la sua testa. Sachi possa essere? Deve essere la sua guida spirituale. Ha i capelli tutti tirati suin cima alla testa. Il volto guarda in una direzione, gli occhi in un’altra (nota-re gli occhi). Ha barba e baffi lunghi e bianchi. Una stoffa è avvolta attornoal suo corpo da sotto l’ascella destra, e dopo aver girato attorno alla parte ante-riore del corpo, copre la spalla sinistra. Lo vedo fino alla vita’”.

Dopo questa miracolosa visione della signora americana, il dottorBasu scrisse nel suo diario: “Non ho guardato dietro di me, l’ha visto sol-tanto la signora, ma sapevo che Baba era venuto. Mi fece sapere che èla presenza divina e che è sempre dietro di me a proteggermi.

“È stato il dono della grazia di Baba. Il suo lila mi ha ispirato anco-ra più amore e devozione per lui. Gli sono eternamente riconoscenteper il resto della mia vita. Sono stato benedetto. La mia vita umana èstata coronata dal successo. Ho trovato rifugio nel SignoreOnnipotente, il mio maestro. Ho scritto su un pezzo di carta ‘SriLokenath’ e l’ho dato alla signora americana. Le ho detto di ripetere ilnome di Baba e di ricordarLo, e le ho consigliato di andare in un altroospedale a farsi operare il tumore mentre sapevo molto bene che se

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fosse andata in un altro ospedale, da un punto di vista professionale, ilsanatorio avrebbe perduto un cliente. Eppure le ho consigliato di anda-re, perché proprio mentre stavo per dirle di rimanere nel sanatorioqualche giorno ancora per far contenti i dirigenti dell’ospedale, BabaLokenath mi è apparso per mostrarmi la via della verità e della rettitu-dine. Con la sua divina presenza, Baba mi ha ispirato ad avere la fermafede che lui veglia sempre su di me per salvarmi da ogni pericolo. Lamia mente è attratta sempre più spontaneamente verso il compassione-vole maestro Baba Lokenath”.

***

Una volta alcuni visitatori vennero a Baradi e rimasero all’ashramper qualche giorno. Dopo il loro felice soggiorno chiesero a Baba il per-messo di partire e Baba chiese loro se potevano ritardare la partenza diqualche giorno. I visitatori spiegarono i loro problemi e chiesero dinuovo la benedizione per partire.

Baba diede il permesso a tutti tranne che a uno, a cui chiese di rima-nere all’ashram. I devoti compresero che ci doveva essere qualche signi-ficato profondo nell’azione di Baba, perciò lasciarono l’amico nell’ash-ram e procedettero per la loro strada.

Il visitatore a cui era stato chiesto di restare cominciò a sentirsi malee ben presto si mise a vomitare. L’improvvisa malattia era un grave attac-co di colera. La grazia di Baba, insieme alle cure materne di Gwalini Ma,salvarono quell’uomo dalla morte. I devoti si resero conto che, se nonfosse stato per la grazia di Baba, sarebbero partiti con il loro compagnoammalato e sulla strada ci sarebbero state delle conseguenze fatali.

Una volta uno dei devoti di Baba che aveva visto esaudito un suo desi-derio attraverso la grazia di Madre Kali, lasciò a Gwalini Ma alcuni ogget-ti da offrire alla Madre divina. Gwalini Ma voleva mandare l’offerta conalcuni devoti che stavano partendo per Kalighat. Baba sentì la richiesta edisse con molta pazienza: “Puoi dare a me il denaro e anche gli oggetti per l’of-ferta. Non hai bisogno di mandarli a Calcutta. Io sono Madre Kali di Kalighat”.

Gwalini Ma aveva una fede immensa nelle parole di Baba, perciòsenza altre discussioni uscì dalla stanza per prendere gli oggetti da offrir-gli. Rientrando nella stanza, ebbe una visione divina: vide Madre Kali diKalighat seduta sul seggio di Baba. Il momento successivo, vide Babaseduto sullo stesso seggio, con un sorriso pieno di significato.

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Come fortunata testimone del gioco divino di Baba, Gwalini Ma spe-rimentò direttamente che Baradi e Kalighat erano una sola cosa e Babaera il Tutto e Baba allo stesso tempo. È Brahman. È Krishna. È Kali. È laDivinità totale in forma umana.

Baba dimostra Laghima!

Raramente Baba dimostrava i suoi poteri spirituali, ma un giornodeliziò uno dei suoi devoti più ardenti usando il potere di laghima, ilpotere che permette a uno yogi di diventare leggero come l’aria.

Una signora di mezza età di nome Annada Sundari Dasi visitava spes-so l’ashram di Baradi ed era profondamente attaccata a Baba. Provava‘vatsalyabhav’, il sentimento materno verso il santo. Ai suoi occhi,Lokenath era il figlio più amato della sua vita. Non poteva pensare anessun altro che a questo anziano uomo come al suo unico figlio e rifu-gio supremo.

Baba amava questa signora con tutto il cuore e la chiamava madre.Un giorno il figlio ebbe il desiderio giocoso di sedersi in braccio a suamadre, così disse allegramente: “Tu sei mia madre. Non puoi prendermi inbraccio?”.

Annada Sundari confessò molto sinceramente che poiché Babaaveva un corpo così alto, dubitava di poter reggere il peso di un bambi-no così grande, ma aggiunse: “Se Baba me ne dà il potere, allora è cer-tamente possibile”. Baba si avvicinò e le si sedette in grembo. AnnadaSundari ebbe l’esperienza più straordinaria della sua vita: il grande corpofisico di Lokenath era leggero come una piuma e la signora non riuscivaa credere alla sensazione. L’amore materno e la devozione traboccaronodal cuore di Annada Sundari e lei fu inondata da una profonda estasidevozionale. Le lacrime le scorrevano abbondanti sulle guance e leipregò Lokenath: “Se tu lo desideri, ogni cosa è possibile in questomondo. Tu sei il dio vivente, Gopala Krishna”.

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Esercizio di Meditazione

Sedetevi comodamente eretti per la meditazione, con gli occhi chiu-si, e inspirate lentamente, rilassandovi profondamente con ogni respiro.Osservate l’energia che sale attraverso il vostro corpo con ogni inspira-zione. Immaginate il respiro che culmina nella vostra fronte, nell’altaresublime della divina onniscienza e onnipotenza. Offrite tutto ciò chesiete nella luce che sale all’interno del respiro, sottomettendovi com-pletamente a quell’altare. Attirate la sua grazia nel vostro corpo, com-pletamente rilassato ed aperto, con ogni espirazione. Perdetevi nelleenergie dell’altare sublime. Prima di concludere la meditazione immagi-nate queste energie che fluiscono all’esterno attraverso il vostro cuoreverso il mondo, benedicendo ogni cuore, elevando ogni vita, guarendoogni male. Poi ringraziate Dio, Baba, il vostro guru se ne avete uno, pertutta la loro bellezza e grazia presenti nella vostra vita.

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. Capitolo 16 .

L’INSEGNANTE UNIVERSALE

Che Dio esista oppure no, può essere una domanda ontologica este-riore. I Buddha viventi che hanno camminato sulla terra, comunque,hanno dimostrato la realtà dello stato libero dall’ego. Hanno dimostra-to inoltre che è soltanto l’essere unificato, libero dall’ego, che può gui-dare gli individui, le società e il mondo intero a una felicità duratura.

Se Dio è amore, i Buddha hanno manifestato l’amore nella sua subli-me purezza. Se Dio è gioia, hanno vissuto in modo estremamente attivolavorando per il bene dell’umanità mentre la loro consapevolezza e laloro esistenza sgorgano direttamente dall’estasi. Se Dio è conoscenza,sono stati esempi viventi del Sé Onnisciente, che accende la luce dellaconoscenza che porta all’amore e alla felicità in tutti gli esseri umani.

Anche se tutte le religioni e l’idea stessa di Dio dovessero scompari-re dalla terra, il mondo sarebbe trasformato se gli esseri umani accettas-sero l’esempio glorioso e gli insegnamenti dei Buddha viventi.

La fioritura dell’illuminazione, però, si esprime in modo speciale.Proprio come non esistono due fiori uguali, non ci sono due illuminatiuguali. Ciascuno di loro è unico, senza artificialità. Ogni conoscenza eignoranza viene trascesa, eternamente assorbita nello stato gioioso elibero dall’ego di Sat-Chit-Ananda, Esistenza - Conoscenza -Beatitudine Assoluta. La vita e gli insegnamenti di questi illuminatiscorrono in un fiume creativo dal loro essere infinito come rivelazionefresca e appropriata per l’individuo, il momento, l’età e il tempo eterno,tutto simultaneamente, per sempre. I Buddha, la loro vita, le loro inte-razioni, i loro insegnamenti ci offrono immagini mitiche e viventi checontengono e riflettono il tutto dentro di noi e liberano l’energia neces-saria per il movimento di evoluzione della nostra anima.

***

Un giorno, mentre era seduto sulla piattaforma sopraelevata sottol’albero di bael, Baba ricevette la visita di un pandit della scuola locale.

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Questa persona aveva accumulato una quantità di informazioni dai librie cominciò a tenere una conferenza sugli shastra a Baba, che lo ascoltò insilenzio. Mentre il pandit parlava, un corvo cominciò a gracchiare inmodo spiacevole. Il pandit trovò la cosa intollerabile, perciò gli lanciòun sasso per farlo volare via, ma l’uccello ritornò immediatamente allostesso ramo, riprendendo a gracchiare. L’uccello stava esprimendo libe-ramente la bellezza della sua esistenza attraverso i suoni che gli eranopropri. Quando per la seconda volta il pandit cercò di scacciarlo, Babaintervenne.

“Tu hai scacciato il corvo perché il suo verso sembrava molto spiacevolealle tue orecchie, ma anche il rumore che tu fai mi sembra altrettanto spiace-vole e irritante”.

Il pandit era scioccato. Come si potevano mettere sullo stesso livelloun corvo e un essere umano? Un corvo è un corvo e un essere umano èil maestro superiore a tutte le creature.

Per Baba invece ogni creazione è in se stessa la manifestazione dellaDivinità e lui provava gli stessi sentimenti per la formica più piccola eper l’essere più elevato. Per lui, la possibilità che l’ego tracciasse unalinea di demarcazione era completamente scomparsa e di conseguenzal’odio non trovava posto nel suo cuore.

Il pandit sentiva soltanto la dimensione fisica e rozza del verso delcorvo e perciò era irritato da quel suono, ma Baba vedeva il divino nelcorvo e sentiva in esso il suono della divinità, proprio come vedeva lapresenza del divino nel pandit. Nella sua grande misericordia, Baba nondisprezzava nulla e nessuno.

Baba Lokenath era l’insegnante, la guida, il riformatore più alto per-ché in lui erano scomparse tutte le barriere della diversità. Vedeva sol-tanto il bene e faceva soltanto il bene. Attraverso questo episodio con ilpandit, Baba voleva insegnare che non si deve disprezzare nulla in que-sta intera creazione. Ogni cosa creata in questo mondo ha la sua gran-dezza intrinseca.

Rispettando gli altri, noi rispettiamo unicamente noi stessi. Il mondointero è uno specchio nel quale vediamo il riflesso delle nostre azioni edei nostri pensieri. L’amore genera amore. L’odio genera odio. La pauragenera paura. Noi vediamo il mondo, interpretiamo il mondo, rispon-diamo al mondo, attraverso l’essenza distillata della nostra consapevo-lezza, e otteniamo dal mondo quella stessa essenza.

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Gente di ogni tipo veniva da Baba a chiedere consiglio non soltantoper questioni collegate alla spiritualità ma anche sul modo migliore dirisolvere i complessi problemi della vita quotidiana. Baba mostrava sem-pre un profondo interesse per i loro problemi e suggeriva azioni adegua-te. I suoi suggerimenti erano sempre una benedizione sia per il ricerca-tore che per la società in generale. Baba predicava il rispetto reciprocotra tutte le classi e la dipendenza reciproca senza lo sfruttamento di alcu-na classe. Baba desiderava “un sistema sociale dove governa l’amore e nonl’odio e la discriminazione”.

Alla domanda: “Qual è la via giusta per vivere in modo felice e paci-fico?”. Baba rispose spontaneamente: “Fai quello che vuoi, ma fallo consa-pevolmente, con consapevolezza”. La persona che aveva fatto la domandavoleva però ulteriori spiegazioni e proseguì: “Se tu mi dai il permesso difare ciò che mi aggrada, cosa diresti se picchiassi in testa qualcuno conun bastone?”.

Baba rispose sorridendo: “Fallo e vedrai. Io ti ho chiesto di compiere tuttele tue azioni in modo consapevole. Una volta che sarai diventato cosciente econsapevole, vedrai che la tua coscienza ti impedirà di fare una cosa del gene-re”. Il male viene compiuto nella società perché non c’è consapevolez-za. Tutte le azioni malvagie sono il risultato della mancanza di coscien-za. Se una persona diventa pienamente consapevole della collera e dellesue conseguenze, la collera perde il suo potere su quella persona e suquelli che le stanno attorno.

Il peccato viene commesso in uno stato di ignoranza e mancanza dicoscienza. Baba dice: “L’azione che ti provoca un senso di pentimento dopoaverla compiuta è un peccato, perché ti getta nell’infelicità. Qualunque azio-ne che ti aiuti ad avere più fiducia in te stesso e crea uno stato mentale di feli-cità è una virtù”. Baba afferma comunque che peccato e azione virtuosasono termini relativi e che il fattore importante è l’atteggiamento men-tale. La conseguenza del vizio è sempre l’infelicità e quella dell’azionevirtuosa è la felicità.

A coloro che ricercano la verità e la gioia, Baba ha dato una prezio-sa istruzione: “Se avete intenzione di diventare spirituali, dovete analizzare levostre azioni e i vostri pensieri di ogni giorno prima di andare a letto la sera.Dovete valutare le azioni buone e quelle cattive e decidere fermamente di nonripetere più le azioni cattive”.

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Un ricercatore dovrebbe tentare di compiere ogni attività in unostato di consapevolezza. Questo è l’“abhasa-yoga”, o pratica spirituale,più importante per il candidato alla spiritualità. La maggior parte delleazioni ricorrenti che nascono da lussuria, collera, avidità, invidia e simi-li, si manifestano soltanto in uno stato di scarsa consapevolezza. I semidi queste tendenze cattive si trovano allo stato latente negli strati sub-consci della mente.

Nondimeno, Baba dice che senza prendere la via del “vichara”, che èla discriminazione cosciente dell’azione e del pensiero, non è possibileraggiungere lo stato di libertà dal desiderio. Soltanto una mente liberadai desideri può portare il candidato allo stato di samadhi. Bisognainnanzitutto riconoscere tutte le cause della distorsione della mente, poiquesta stessa presa di coscienza sarà il rimedio per la malattia.

Baba dice anche: “Arrabbiatevi pure, ma non fatevi accecare dalla colle-ra”. Non permettete alla collera di possedervi e rendervi ciechi, di ren-dervi incoscienti. È soltanto quando la collera viene lasciata senza frenoche scoppia e provoca danni non soltanto alla persona contro cui vienediretta, ma anche, e più gravemente, alla persona che si arrabbia, a tuttii livelli dell’essere.

Lasciate che la collera diventi cosciente. Fate un passo indietro, siatetestimoni della collera e dei suoi meccanismi, osservate ciò che è appro-priato o non adatto alla situazione. Mostrare collera in situazioni appro-priate può essere inevitabile nella vita quotidiana. Il padre che rimpro-vera il figlio, l’insegnante che rimprovera lo studente, possono aver biso-gno di mostrare collera allo scopo di guidare e proteggere il bambino. Néil padre né l’insegnante dovrebbero essere travolti dalla collera, ma piut-tosto rimanere il veicolo di un’espressione appropriata e consapevole dicollera. In questo modo, la collera non può possedere o danneggiare lamente o il corpo.

Sri Ramakrishna Paramahamsa raccontava un bellissimo aneddotosulla collera. Alcuni ragazzi portavano al pascolo delle mucche in uncampo, dove viveva un serpente velenoso. Tutti stavano molto attenti anon avvicinarsi a quella zona. Un giorno passò un santo: i ragazzi corseroverso di lui e lo avvertirono di non andare nella direzione del serpente.Il sant’uomo disse loro: “Non ho paura di quel serpente perché conosco ilmantra”. Il santo cominciò a ripetere il mantra e continuò nel suo

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cammino, ma i ragazzi avevano troppa paura e non vollero accompagnarlo.Improvvisamente il serpente si precipitò verso di lui e subito il santo

cominciò a recitare il mantra. Il serpente perdette il suo potere e rimaseseduto come un verme ai suoi piedi.

Il santo disse al serpente: “Figlio mio, perché sei così invidioso deglialtri? Ti darò un mantra e tu cantandolo troverai Dio in te stesso, que-sto ti aiuterà a non impegnarti in attività ostili”. Così il sant’uomo ini-ziò il serpente con il mantra. Dopo aver ricevuto l’iniziazione, il serpen-te si inchinò al santo e gli chiese come doveva eseguire la disciplina tra-scendentale, il santo rispose: “Recita il mantra e non essere ostile versogli altri”. Così dicendo se ne andò, assicurando al serpente che sarebbetornato presto.

Passarono i giorni. I pastorelli si accorsero che il serpente non liaggrediva più. Cominciarono a tirargli dei sassi, ma il serpente non siarrabbiava più. Un giorno uno dei ragazzi afferrò il serpente per la codae lo fece roteare in aria, sbattendolo poi ripetutamente a terra. Il ser-pente cominciò a vomitare sangue e perse conoscenza, e i ragazzi se neandarono a casa, convinti che il serpente fosse morto.

Durante la notte il serpente riprese coscienza e tornò alla sua tana,molto lentamente e dolorosamente. Non aveva abbastanza energia acausa delle percosse subite e dopo molti giorni, quando non poté più resi-stere alla fame, si avventurò fuori in cerca di cibo. Non provava ostilitàverso nessuno, da quando era stato iniziato dal santo, e in qualche modoriuscì a rimanere in vita mangiando foglie e frutti caduti dagli alberi.

Circa un anno dopo il santo tornò nello stesso luogo a cercare il ser-pente. I pastorelli gli dissero che il serpente era morto, ma il santo noncredette a quella storia. Continuò a chiamare per nome il serpente vici-no al luogo dove l’aveva visto l’ultima volta. Dopo un po’, sentendo lavoce del suo maestro, il serpente uscì dalla tana e si inchinò a lui. Ilsanto chiese: “Come stai?”. Il serpente rispose: “Signore, sto bene”. Ilsanto chiese ancora: “Come mai sei diventato così magro?”. E il serpen-te rispose: “Mi hai consigliato di non essere ostile verso gli altri, cosìadesso sopravvivo nutrendomi di foglie e frutti caduti dagli alberi. Perquesto sono magro”.

Il serpente era così cambiato che non provava più alcuna collera.Aveva quasi dimenticato che i ragazzi avevano cercato di ucciderlo. Il san-t’uomo disse che non era possibile arrivare a essere ridotti così soltanto

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con il digiuno, perciò chiese quale fosse l’altra ragione della sua trasfor-mazione e il serpente ricordò le torture che gli avevano inflitto i pastorel-li. Quindi rispose: “Maestro, ora ricordo. I pastorelli mi hanno torturato.Sono soltanto ignoranti. Non conoscono la mia condizione mentale.Come fanno a sapere che adesso non colpirei e non ferirei nessuno?”.

Il sant’uomo disse: “Io ti ho detto di non mordere, ma questo nonsignifica che non devi cercare di salvare te stesso. Perché non fai fintadi colpire? È necessario mostrare collera verso le persone malvagie, assu-mendo la posizione di uno che sta per colpire, altrimenti potrebbero fartidel male. Ma non iniettare mai del veleno dentro di loro”.

Quella che Baba consiglia è una giusta espressione di collera. Quandola mente è inconsapevole la collera ci possiede, e noi diventiamo la col-lera stessa. Diventiamo ciechi di rabbia e la nostra cecità permette al sub-conscio di dominare. Una persona accecata dalla collera commette i cri-mini peggiori, per poi subire delle conseguenze estreme. C’è ben poca dif-ferenza tra una persona travolta da una rabbia incontrollata e una bestia.

Baba dice che se volete essere felici dovete praticare la consapevo-lezza. Non lasciatevi andare agli istinti bestiali che si trovano dentro divoi. Per esempio, uno yogi è chi mette ogni sforzo nello svegliarsi dalsonno dell’ignoranza e dell’incoscienza.

Come insegnante mondiale, Baba seguiva sempre la massima: “Primapratica, poi predica”. Spesso ripeteva questo principio ai suoi devoti, prin-cipio che seguiva perfettamente. Per esempio, Baba insegnava la via del-l’azione libera dal desiderio e l’importanza di aiutare se stessi, come unavirtù che ogni individuo dovrebbe praticare, a prescindere dai suoi suc-cessi materiali. Quando i proprietari terrieri locali offrirono a Baba laterra per costruire l’ashram e spiegarono la loro intenzione di donare deifondi per pagare gli operai affinché costruissero la capanna, Baba nonvolle accettare e lavorò personalmente alla costruzione della sua picco-la capanna con l’aiuto degli abitanti del villaggio. Con la sua azioneBaba ispirò la gente a non vergognarsi mai di svolgere il lavoro manua-le, perché ogni lavoro è servizio al Divino.

Dopo che l’ashram di Baradi fu costruito, divenne un sacro luogo dipellegrinaggio dove si incontravano le comunità in conflitto ideologico- induisti e musulmani. I devoti maomettani di Baba visitavano spessol’ashram e presentavano i loro problemi personali, sia materiali che spi-rituali. Sulle questioni riguardanti i conflitti con la comunità rivale

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induista, la decisione e il potere di Baba avevano l’ultima parola. Per loro,la parola di Baba era la parola di Dio. Come segno del loro più alto rispettoper Baba, i musulmani smisero di macellare mucche a Baradi. In verità, taledecisione fu suggerita gentilmente dalla pura influenza dell’illuminato.

In un’occasione, un devoto andò da Baba con un dubbio urgente sullagenuinità di un mantra che gli era stato dato dal suo guru. Esitava però apresentare la sua domanda e rimaneva muto di fronte a Baba. AntaryaminBaba divenne serio e con tono imperioso disse: “Un discepolo non deve giu-dicare la genuinità del mantra dato dal suo guru. Qualsiasi mantra abbia datoil guru, il discepolo deve accettarlo e recitare il Japa con devozione e fiducia”.Le nubi che avevano offuscato la mente del devoto svanirono all’istantee lui si gettò ai piedi di Baba chiedendo perdono e misericordia.

Questa istruzione dovrebbe chiarire simili dubbi in tutti i ricercatori eispirarli ad avere una incrollabile devozione e amore per il maestro e le sueistruzioni. Le persone materialiste, motivate da interessi mondani, pos-sono prendere l’iniziazione dal guru, ma quando vedono che il loro scoponon è soddisfatto, cominciano a dubitare dei poteri del guru e dellagenuinità del Mantra che hanno ricevuto.

Baba afferma direttamente: “Una volta che avete accettato una personacome vostro guru, dovete sottomettervi con fede senza discutere. Il vostroatteggiamento dovrebbe essere ‘Mantramulam Gurur Vakyam’”, che si rife-risce al significato della Guru Gita: “La parola del guru deve essere ono-rata come mantra”. Prima di accettare una persona come guru, il disce-polo può mettere alla prova l’insegnante, come accadde nella vita diParamhansa Sri Ramakrishna e Swami Vivekananda. Con la sua menteanalitica e logica, Vivekananda non riusciva ad accettare facilmenteParamhansa, perciò usò varie tecniche per mettere alla prova la genui-nità del maestro. Dopo che fu completamente convinto, si sottomiseincondizionatamnte ai suoi piedi e rimase il suo umile servitore per tuttala vita. Sri Ramakrishna diceva spesso: “Prima di accettare il guru, osser-vatelo bene durante il giorno e la notte per un anno e quando siete con-vinti della sua divinità, sottomettetevi senza discutere”. Mentre cerca unguru, il discepolo dovrebbe esaminare rigorosamente la sincerità dei suoimotivi e anche l’onestà della propria sottomissione al maestro, e nondovrebbe mai giudicare il guru in nessuna circostanza. Se uno non hashraddha (fede) nel proprio guru, non ci sarà mai la possibilità di risve-gliarsi spiritualmente e raggiungere il successo.

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Baba dava sempre molta importanza a shraddha (la fiducia) nella via disci-plinata dello yoga. Baba diceva: “Agire nel modo giusto, ascoltare le paroledei santi e compiere quelle azioni nella società che sono care al guru è il veroguru seva o servizio al maestro”.

Baba spiegava ancora: “In uno stato di mente libero dall’ego, la mentestessa diventa il guru del ricercatore spirituale. Il puro intelletto si risveglia. Ladiscriminazione tra l’eterno e il transitorio si manifesta. Se riuscite a realizza-re la dolce fusione tra Jnana e Bhakti nella vostra via di risveglio spirituale,allora shraddha (la fiducia nelle parole del guru) diventerà il vostro rifugio,shraddha diventerà il vostro amico e la via per la realizzazione del sé”. La mas-sima fiducia di Baba nel proprio maestro è la dimostrazione della massi-ma: “Prima pratica, poi predica”.

Quando Baba predicava e insegnava, i suoi metodi erano sempreimprevedibili. Per esempio, un giorno un giovanotto elegante entrònella stanza di Baba. Era stato costretto a venire da Baba dietro le insi-stenze della madre, ma la sua mente razionale non aveva spazio per lafiducia verso i santi. Prima che potesse parlare, Baba ruppe il silenziodella stanza con la sua voce imperiosa: “Come mai sei venuto a incontrareun imbroglione, un ciarlatano?”.

Il giovane era scioccato, perché quelle erano proprio le parole cheaveva pronunciato a proposito di Baba, quando sua madre aveva insisti-to per farlo venire all’ashram di Baradi. Rimase in piedi, silenzioso e congli occhi bassi, e si vergognava di stare di fronte a Baba.

Un istante dopo Baba si ammorbidì e disse: “Chiunque segua, di pro-pria volontà o controvoglia, le parole di sua madre, è sempre benedettoda Dio. La preghiera di tua madre non rimarrà vana. Tu sei già stato sceltodalla Commissione d’Esame. Avresti potuto comparire nella prima lista, senon fosse per la votazione scarsa della tua tesi di Antropologia. Non ti seipreoccupato di scoprire chi aveva messo il libro scritto da Thompson nel tuostudio, con le tre domande segnate con l’inchiostro rosso, la sera prima del-l’esame”.

Poi Baba insisté che il giovane aprisse una lettera che aveva ricevu-to per leggere la notizia della sua promozione. Il ragazzo aveva ricevutoalcune lettere prima di uscire, ma non aveva avuto il tempo di leggerle.Seguì l’istruzione di Baba e ne aprì una, trovando la notizia che aspetta-va così ansiosamente.

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Baba disse: “Adesso sei ancora così orgoglioso della tua piccola intelligen-za? Chiamerai ancora ciarlatano questa persona?”.

Continuò: “Prendi un po’ di terra sotto l’albero di Bael e strofinala sul-l’addome di tua madre. I suoi dolori gastrici cronici saranno curati”.

Il giovane non si era mai trovato prima in una situazione più imba-razzante o delicata, ed era prossimo a crollare per la confusione. Babapercepì il turbamento del giovane e la madre che era in Baba si manife-stò spontaneamente mentre chiamava il ragazzo con il tono più amore-vole e gli chiedeva di sedersi accanto a lui.

Il giovane si avvicinò a Baba con gli occhi pieni di lacrime, si gettòai suoi piedi e Baba lo risollevò come se fosse il proprio figlio, abbrac-ciandolo con affetto tenero e materno. Baba disse: “Mi hai giudicato conl’intelligenza che hai, perciò non c’è niente di male. Se qualcuno ne ha colpa,quello sono io e non tu. Io ti proteggo da molto tempo”.

Poi Baba accennò a due episodi in cui il giovane era stato in perico-lo di vita, una volta per mano di alcuni criminali e l’altra quando la suaimbarcazione si era capovolta nel mezzo di un fiume. Entrambe le volteera stato salvato da Baba. Baba continuò: “Questa è la prima e l’ultimavolta che ci incontriamo. Ora tu inizierai la tua carriera nella vita e, dopo annidi servizio attivo, sarai elevato alla posizione di autorità suprema in questodistretto. Non lasciarti inebriare dal potere. Io desidero che tu ti prenda laresponsabilità di migliorare il livello di vita tra i più poveri della comunità.Riceverai la mia grazia in tutti i tuoi sforzi di servire i poveri”.

Baba concluse le sue parole divine dicendo: “Se mai proverai un senti-mento di gratitudine verso di me, offrimi qualcosa in elemosina. Qualsiasi cosatu darai ai poveri, agli emarginati, ai tuoi fratelli oppressi, io la riceverò”.Appena ebbe terminato di parlare, il corpo divino di Baba divenneimmobile, con gli occhi spalancati: era perduto nel mondo trascendente.

Questo episodio di insegnamento non soltanto getta luce sull’aspettodi sé onnisciente di Baba, ma anche sull’ideale di servizio all’umanitàcome servizio a Dio. “Tutto ciò che offri, con amore, ai poveri e ai bisognosi,io lo riceverò”. Le parole di Baba riecheggiano le parole profonde di Gesù:

“Venite, voi benedetti da mio Padre, ereditate il regno preparato pervoi dalla fondazione del mondo: perché avevo fame e mi avete dato damangiare, avevo sete e mi avete dato da bere, ero forestiero e mi aveteaccolto, ero nudo e mi avete vestito, ero malato e mi avete curato, eroin prigione e siete venuti a trovarmi.

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L’INSEGNANTE UNIVERSALE

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“In verità vi dico, tutto ciò che avete fatto all’ultimo di questi mieifratelli, voi l’avete fatto a me”. (Matteo, 25.34)

Sia Baba che Gesù stavano insegnando la stessa lezione con questeparole. Chi dà deve essere sempre consapevole che il suo dono viene ineffetti ricevuto dal Signore che risiede nel cuore di tutti. Poiché Baba eGesù non sono separati da Dio, esistono in tutte le cose viventi, hannoinsegnato che quando l’amore e la devozione possono essere espressiattraverso il servizio d’amore a coloro che si trovano nel bisogno, è sem-pre il Signore ad essere soddisfatto. Tutte le azioni sono azioni divinequando vengono compiute con il sincero desiderio di servire Dio. Laquintessenza del karma yoga viene espressa nelle parole di Baba:“Servite, ma servite in modo consapevole. Non dimenticate chi è l’Autore eallo stesso tempo il Destinatario di ogni azione”.

Baba raccomandò al giovane di non lasciarsi inebriare dal potere:questo è precisamente ciò che accade alla maggior parte delle personeche acquisiscono autorità. Non c’è molto da meravigliarsi se gli emargi-nati e gli analfabeti rimangono in condizioni pietose. Il potere corrom-pe e il potere assoluto corrompe in modo assoluto. Baba voleva soltantoavvertire che il potere è un dono del Divino e una persona prudentedovrebbe utilizzarlo per fare del bene al prossimo. Il servizio all’umanitàè la via attraverso la quale si può essere liberati dai legami del Karma. Èla via della purificazione e porta a uno stato di felicità libera dall’ego.

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Esercizio di Meditazione

Sul Karma Yoga

Nel corso della vostra giornata, coltivate la consapevolezza nelmomento dell’azione. Offrite consapevolmente tutto ciò che fate a Dio.Trasformate la più piccola attività in un’oblazione agli scopi divini piùelevati per la creazione. Lavorate duramente per Dio. Impegnate piùenergie, più coraggio, andate oltre ciò che normalmente fareste o dire-ste, per fare di ogni sforzo il dono più meraviglioso che potete deporresull’altare. Trovate gioia nell’offerta stessa, abbandonando ogni risultatoa Dio.

Chiedete a voi stessi alla fine della giornata: quanto spazio ho fattonella mia vita e nel mio cuore per servire la missione di Dio, di solleva-re i figli bisognosi del divino? In che modo posso espandere quelladimensione della mia vita spirituale? Chiedete la grazia e la guida diBaba nel mostrarvi dove siete chiamati a dare di più.

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L’INSEGNANTE UNIVERSALE

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. Capitolo 17 .

IL VANGELO

Soltanto chi ha raggiunto l’elevazione della visione divina può vede-re la grandezza e la gloria di una manifestazione vivente del Divino. Èdetto che Bhagawan Sri Ramchandra, l’incarnazione divina, fu ricono-sciuto soltanto da dodici Rishi.

Baba Lokenath diceva spesso: “La gente pensa che io sia un corpo. È lìche si sbagliano. Io non sono il corpo. Come posso spiegarvi chi sono io? Anchesoltanto pensarci, mi fa distaccare dal mio corpo. Perciò l’esperienza di quellasensazione non può essere espressa attraverso lo strumento della mia mente”.

L’aspetto più insolito della presenza fisica di Baba era costituito daisuoi occhi, che erano sempre spalancati e meravigliosi come petali diloto. Baba non chiuse mai gli occhi né batté le palpebre in tutti i venti-sei anni in cui visse a Baradi. Era un personaggio imponente, alto più didue metri e dieci, con poca carne sul corpo, ma grazie alle sue pratichedi yoga la pelle appariva elastica e sorprendentemente morbida per unapersona così magra.

Il suo corpo divino non era soggetto alle solite manifestazioni fisichecome la fame, la sete, il sonno o la malattia. Aveva il controllo comple-to delle funzioni naturali e comuni del corpo umano. I rigidi invernidell’Himalaya non riuscirono a distoglierlo dalle sue pratiche e raccon-tava spesso come durante le sue austerità la neve si accumulasse alta sulsuo corpo e poi si sciogliesse da sola durante l’estate.

Il corpo divino di Baba può essere paragonato all’Atman Imperituroche non è toccato da acqua, fuoco o qualsiasi altro elemento naturale.Quando Vijaya Krishna Goswamiji descrisse Baba che camminava attra-verso il fuoco ardente per salvarlo, disse: “Mentre il Mahatma cammi-nava attraverso il fuoco portandomi sulle spalle, ebbi la sensazione cheil fuoco avesse perso ogni calore e non potesse toccare i nostri corpi”.

All’ashram di Baradi nessuno vide mai Baba praticare lo yoga, perchéaveva già raggiunto il livello supremo. Il suo scopo principale per duedecenni a Baradi fu quello di insegnare la divinità come primo diritto diogni individuo. La verità è già presente, deve essere soltanto accettata e

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IL VANGELO

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realizzata, ma Baba non insegnava semplicemente la verità: era la veritàvivente.

Baba non apparteneva a nessuna Sampradaya (una particolare settadella religione induista) né predicava un particolare metodo o via perraggiungere Dio. Era disponibile come Buddha vivente. I ricercatori didiverse fedi, sette e tradizioni venivano a lui, come anche quelli chenon avevano mai creduto in Dio o nei santi. Lui rispondeva alle parti-colari esigenze del momento per facilitare in modo creativo l’evoluzio-ne naturale di ciascuna anima verso la consapevolezza. Tutte le diversevie che trovavano il loro compimento nel suo Sé divino rifluivano nuo-vamente, attraverso di lui, ai ricercatori delle varie vie, conducendoliverso la liberazione.

I seguaci delle differenti sette induiste trovavano in lui la personifi-cazione stessa della propria via. Ispirava e addestrava coloro che veniva-no a lui per trovare la verità attraverso la via della propria tradizione. Erauna confluenza sacra: i fiumi arrivavano da diverse direzioni e si fonde-vano nella sua distesa oceanica. Anche i seguaci dell’Islam e delCristianesimo trovavano nella sua divina presenza le risposte a qualsiasidomanda irrisolta riguardante la propria religione.

Trascendendo ogni barriera religiosa settaria, Baba mostrava la viaverso le qualità più alte di un’umanità fedele a se stessa. Mostrava comeraggiungere, da quella base e attraverso la vita dello spirito, la dimen-sione del divino. Mostrava la via per tornare a casa, alla più profondaessenza della nostra esistenza umana.

Per i devoti musulmani, Baba era un vero musulmano. Non soltantoaveva imparato e insegnato il Sacro Corano: l’aveva vissuto.

Jamini Kumar Mukhopadhya, un discepolo molto intimo di Baba,ci ha lasciato un ricco tesoro: il resoconto della conversazione cheebbe con Baba Lokenath riguardo a differenti questioni spirituali.Questa conversazione ci offre uno spiraglio sul Mahapurusha e sulla suainsondabile profondità di saggezza. Le parole di Baba offrono i principi eter-ni della religione universale dell’amore e del servizio divino, trascendonotutti i limiti del settarismo, tutti i pregiudizi religiosi e i dogmi ristretti.

Ecco un estratto dal libro di Sri Jamini Kumar Mukhopadhya, intito-lato Dharmasar Sangraha.

Jamini: qual è il significato del termine “taap”?

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Baba: È lo stato di mente che si verifica come conseguenza dell’esperienzadi dolori, gioie, vittoria o sconfitta.

Jamini: Se la verità è che io posso fare tutto ciò che mi piace, alloraposso commettere un peccato, come un furto o un adulterio?

Baba: Non puoi. Prova e vedrai, non puoi farlo. Man mano che un indi-viduo progredisce sulla via dello spirito, non riesce più a fare quelle attività chesono contrarie alle norme delle sacre scritture o della società, perché invaria-bilmente prova pentimento. Di solito non torni più nella fase che hai già attra-versato, proprio come non puoi più andare carponi sul pavimento come unbambino, adesso che sei cresciuto.

Jamini: Che cos’è il peccato?Baba: Questa è una faccenda personale. Ciò che è giusto e dovrebbe esse-

re compiuto da te potrebbe essere sbagliato per un altro, e viceversa.Jamini: Se io ho mal di testa, provo dolore. Possiamo considerare che

il mal di testa sia un peccato?Baba: Sì.Jamini: Non riesco a capire come un mal di testa possa essere consi-

derato un peccato.Baba: Che cos’è una testa? La testa di chi? Che cos’è il dolore? Chi sente

dolore? Se analizzi tutte queste domande, ti renderai conto che il dolore è ilrisultato dell’ignoranza perché in ignoranza (Avidya) il dolore viene creato,conservato e distrutto. Allora comprenderai che dove c’è Avidya o ignoranzasulla verità, c’è il peccato e l’infelicità che vi è collegata. In uno stato di Vidya,o realizzazione, non esiste il peccato, il dolore o l’infelicità.

Jamini: Baba, io non vedo nulla che sia libero dalla sofferenza!Baba: Hai ragione. Colui che esegue ogni azione con questa conoscenza di

base è una persona liberata. Non ci possono essere azioni senza una piccolaquantità di infelicità collegata, persino la creazione di Dio non sfugge a questalegge naturale.

Jamini: Non riesco a comprendere quando dici che nemmeno Diopuò creare senza che vi sia collegata una piccola quantità di sofferenza.

Baba: La causa prima di tutta la sofferenza è l’ignoranza. Persino Diocompie l’atto della creazione con l’aiuto dell’ignoranza, Avidya, perciò tuttele azioni generano una piccola quantità di infelicità.

Jamini: Chi è il guru?Baba: Gli ostacoli! Dovunque tu sia incastrato, impari. Impari attraverso

le lezioni. La persona di cui segui le istruzioni è il tuo guru.

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IL VANGELO

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Jamini: Bisogna sempre ricordare il proprio guru. Qual è il significa-to di queste parole?

Baba: Ricorda sempre le istruzioni del tuo guru. L’ingiunzione o il coman-do è il guru stesso.

Jamini: Se il comando del guru è il guru stesso, allora posso mancaredi rispetto al corpo del guru?

Baba: No, la gente rispetta il contenitore dell’acqua del Sacro Gange.Jamini: Bisogna prendere rifugio ai piedi del maestro. Che cosa

significa?Baba: Dovresti seguire la via del tuo maestro. Questa è la via che ha por-

tato il tuo guru allo stato di Shivatva (Divinità). Dovresti seguirla e agire diconseguenza.

Jamini: Che cosa significa offrire un asana (seggio) al guru?Baba: Offrire un seggio significa che devi contemplare e concentrarti sulle

istruzioni del maestro nel tuo cuore. Non esprimere le sue istruzioni agli atei eai non devoti.

Jamini: guruvat guru putrashu. Che cosa significa?Baba: Devi rispettare i figli e i nipoti degni del guru come rispetti il tuo guru.Jamini: Chi è figlio del guru?Baba: Il figlio generato dal guru o colui o colei che ha raggiunto la realiz-

zazione seguendo le istruzioni del guru.Jamini: Se il figlio del guru è uno sciocco privo di cultura e comun-

que posso mostrare devozione verso di lui, sto sbagliando?Baba: “Se” è un termine ambiguo. Innanzitutto devi vedere se puoi farlo

veramente. Se lo fai soltanto come dimostrazione esteriore, allora invece difarti del bene ti farà del male.

Jamini: Quando abbiamo i Veda, i Tantra, i Purana, la Guru Gita, laBhagavad Gita, il Chandi (inni alla Madre divina) e altri sublimi testi spi-rituali, perché avremmo bisogno di un guru nella vita?

Baba: Gli shastra (scritture religiose) possono darti la conoscenza ma nonla saggezza intuitiva. Nessuno che non abbia un’esperienza diretta del conte-nuto di queste scritture comprende veramente il significato di queste scritture.

Se tu leggi attentamente tutti gli shastra che hai appena menzionato,vedrai che ciascuna di queste scritture ha spiegato in profondità ogni cosa sullameta e sul cammino da percorrere, ma alla fine della lettura avrà detto chedevi avvicinare un maestro realizzato per essere illuminato - per conoscere larealtà. Per esempio:

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“Tad viddhi pranipatena pariprashnena sevayaupadekshyanti te jnanam jnaninas tattva darshinah”(Bhagavad Gita 4/34)

“Impara attraverso il rispetto umile, facendo domande e servendo.Gli uomini di saggezza che hanno visto la verità ti istruiranno nellaconoscenza.”

Ciò significa servire i piedi di loto del guru, adorarlo e fargli doman-de continuamente: in questo modo conoscerai la saggezza del Sé.Il Tattvadarshi guru, cioè il maestro realizzato, ti istruirà nel realizzare laverità. Questa è la ragione per cui la Guru Gita proclama:

“Na guror adhikam, na guror adhikam, na guror adhikam”.“Non c’è nessuno superiore al guru. Nessuno è superiore al guru.

Nessuno è superiore al guru.” La Guru Gita lo ripete tre volte per sotto-lineare la verità dell’affermazione. Baba citò ancora:

“Yajna dana tapo vrata tirthanusevanamgurutattvam avijnaya nishfalam natra samshayah”.“Se uno intraprende la via di Yajna (il rituale vedico del fuoco), di

Dana (carità), Tapah (austerità), Japa (la disciplina del Mantra) o visita ipellegrinaggi sacri senza sapere che cosa sia il ‘gurutattva’ (che cosa sia ilguru), tutti i suoi sforzi saranno senza dubbio vani, per quanto virtuosi.”

Gli shastra (scritture) sono il mezzo principale per raggiungere laliberazione, ma bisogna praticare quelle discipline prescritte dalle scrit-ture soltanto sotto la capace guida del guru esperto.

Jamini: Qual è il dovere del guru verso il discepolo?Baba: Accende la luce della saggezza nel cuore del discepolo. Chi sono io?

Che cosa dovrei fare nella vita? Da dove sono venuto? Dove devo andare?Qual è il segreto di questa creazione? Ti fa cercare le soluzioni a questedomande fondamentali della vita e ti guida a realizzarle.

Jamini: Perché nella Guru Gita ci sono differenti tipi di mantra cheglorificano le qualità e gli attributi del guru:?

Baba: Il guru è infinito! I suoi attributi e le sue forme divine sono illimitati.Nella Guru Gita sono menzionati soltanto alcuni di questi attributi divini.A seconda della sua competenza, il devoto può essere capace di comprendereo raggiungere la vera natura del guru e, di conseguenza, di evolversi nelle gra-dazioni sottili dei regni della coscienza spirituale.

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Jamini: Qual è la causa della mia prigionia e della mia liberazionefinale?

Baba: La ragione è una sola. Chi ti lega ti libera anche dai legami. È laDea, Mahamaya. È Lei che ha creato questo intero cosmo. AdorandoLa, seriesci a soddisfarLa, ti benedirà liberandoti dalla prigionia.

Tu sei legato dalla lingua e dal desiderio sessuale. Quando sarai libero dagliattaccamenti a questi due, sarai libero.

Quando hai fame, mangia. Mangia ciò che è necessario per placare la tuafame. Non mangiare di più. Quando non hai fame, o quando hai mangiatoabbastanza, non mangiare per avidità o per la pressione che esercitano gli altri.

Meditate e venerate la vostra fame. Non venerate l’avidità o la vostra lingua.

“Ya Devi Sarva BhuteshuKshudha rupena samsthita”(Chandi 5/28)

La Madre Divina si manifesta come fame in tutti gli esseri viventi. Quindi,mangiate meditando, portando offerte al fuoco della fame nel vostro stomaco.

Jamini: Come faccio a sapere se sono legato o se sono libero?Baba: La pietra di paragone è il sentimento di infelicità. Quando non sei

mai infelice nel piacere o nel dolore, con gli insulti o con le lodi, con freddo ocol caldo, quando rimani in uno stato di equanimità, allora sai di essere libe-ro, liberato!

Jamini: Qual è la causa dell’infelicità nella vita?Baba: Il desiderio è la radice di tutta la sofferenza. Chi non ha desideri non

conosce infelicità nella vita.Jamini: Se nessuna azione può portare vera gioia all’essere umano, e

se il desiderio è la causa di tutte le sofferenze, perché non abbandonare‘ogni azione con anche moglie e figli’, accettare il voto di sannyas eandare a vivere sotto un albero o sulle montagne?

Baba: Anche se fosse proprio la cosa giusta da fare, tu ne saresti capace?Puoi illuderti per un po’ di essere distaccato e privo di passioni, ma non sarestiin grado di vedere le radici degli attaccamenti profondi e dei desideri sepolti nellatua mente. Non puoi vederle semplicemente perché sei cieco alla loro realtà. Sehai dei desideri profondamente radicati nella mente, anche se accetti l’ordine disannyas, di monaco rinunciante, e vai a vivere sotto un albero, non raggiun-gerai il vero sannyas. Otterrai solo di abbandonare la tua legittima moglie, che

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a suo tempo hai accettato dando la tua parola davanti a Dio, per prendereun’altra donna al tuo servizio.

(Nota: Baba vuole che sia ben chiaro che abbandonare le relazioni ele apparenze esteriori non è vera rinuncia, la quale invece è caratterizza-ta da uno stato mentale di profondo abbandono nel puro amore per Dio.È molto meglio lavorare sulla propria mente nelle situazioni che ci aiuta-no a purificare i nostri istinti e a riconoscere il bisogno di diminuire idesideri, meditare di più, vivere in modo più semplice e coltivare pensie-ri elevati. Vivere consapevolmente la realtà della famiglia può prepararciallo stato di assenza dei desideri e libertà dall’ego che è il vero sannyas.)

Jamini: Il sannyas è uno stato mentale positivo?Baba: Sì, è uno stato mentale positivo.Jamini: Che cos’è il sannyas?Baba: “Colui che vede l’azione e l’inazione come la stessa cosa, può esse-

re definito un sannyasi. Coloro che rinunciano a ogni attività e rimangonoinattivi, non possono essere chiamati sannyasi.”

(Nota: Non-azione significa abbandonare l’agire. In questo stato men-tale l’azione si compie attraverso lo yogi, che però rimane un testimone,proprio come noi osserviamo altri che agiscono ma non ci identifichiamo.)

Jamini: Quali sono le tre cause di sofferenza in questo mondo?Baba: Questo mondo è pieno di dolori e sofferenze: 1) la ferita provocata da

parole offensive, 2) il colpo provocato dalla perdita di ricchezze, e 3) il doloredella perdita delle persone amate. Queste sono le tre cause di sofferenza. Chi ècapace di tollerare con pazienza queste tre frecce può vincere persino la morte.

Jamini: Secondo te, rimanere attivi nel mezzo di queste sofferenze einfelicità, è il giusto atteggiamento?

Baba: Sì, io lo considero giusto, perché l’azione è meglio dell’inazione.(Nota: Baba preferisce sempre il dinamismo.)Jamini: Queste sofferenze della vita hanno qualche effetto benefico?Baba: Sì, hanno un grande effetto benefico sulla vita. Considerate la vita

di Sita e Prahlad.Jamini: Non ho capito cosa intendi esattamente con l’esempio di Sita

e Prahlad.

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IL VANGELO

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Baba: Comprendi la ragione dell’incarnazione divina? Dio Onnipotentediscende per proteggere gli interessi della vera spiritualità ogni volta che arrivail momento giusto. E Lui stesso pratica la spiritualità e la predica alla gente.

(Nota: Baba come incarnazione divina praticò le discipline, visse laverità e la predicò.)

Jamini: Nel caso di Sita e Prahlad possiamo vedere quali terribili tor-ture dovettero tollerare per ricevere la grazia divina.

Baba: Sì, questo è vero, ma non furono destinati a soccombere.Jamini: Quali lezioni dobbiamo trarre dalla vita di Sita e Prahlad?Baba: Nonostante sofferenze intollerabili, quando Sita entrò nel mezzo del

fuoco, il fuoco non poté toccarla. Sri Hari prese in braccio Sita e Prahlad ognivolta che furono costretti a subire delle torture fisiche.

(Nota: questo riferimento alla tradizione indiana è tratto dalRamayana e dai Purana. Baba indica la verità che nel fuoco dell’agonial’anima viene purificata e liberata. Il devoto non perisce mai. La soffe-renza apre la porta al regno della realizzazione divina.)

Jamini: Come mai sei sempre libero da ogni ansietà e ogni sforzo?Baba: Io sono saggio e tu sei ignorante. Io so che non offro cibo a nessu-

no. Colui che ha il cibo a disposizione, lo prende per suo conto. Colui che nonha cibo a disposizione, non lo ottiene. Questo è ciò che sento, nient’altro. Tutemi che se non puoi offrire cibo, potresti dover affrontare il biasimo dellasocietà. Io non ho simili paure.

(Nota: Baba parla qui del corso del destino. Chi è destinato ad averecibo lo avrà. Baba è il Sé testimone. Non è turbato dalle parole dellagente!)

Jamini: Se noi aspiriamo alle qualità più elevate, che beneficio neavremo?

Baba: Proprio come le tenebre svaniscono con il sorgere del sole, propriocome il ladro scappa quando il padrone di casa si sveglia, nello stesso modo secontempli le qualità superiori, gli istinti inferiori scapperanno via da te e il tuocorpo sarà trasformato in un tempio del Divino. In seguito, quando il poteredel Brahman si risveglierà in te, tu diventerai Brahman.

Jamini: Ci sono dei metodi per purificare il corpo e la mente?Baba: Sì, ci sono. Il cibo sattvico purifica il corpo e la rinuncia ai desideri

purifica la mente. Quando il corpo e la mente saranno purificati, realizzeraiHari. Allora saprai che cos’è Hari per te.

(Nota: Hari si riferisce a Sri Vishnu, che sostiene questo universo. I cibivegetali puri sono sempre adatti per il corpo e la mente. Mantengono la

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mente sempre calma. Nella vita spirituale il cibo vegetariano, puro e fre-sco, è considerato sattvico e conferisce stabilità alla mente.)

Jamini: Il potere del Brahman si manifesterà nel mio cuore. Che cosasignifica?

Baba: Perché, non hai visto l’immagine di Madre Kali che viene adoratanel giorno di Mahastami?

Jamini: Sì, l’ho vista, ma cosa devo dedurne?Baba: Questa Kali è la Brahma-Shakti, l’energia potenziale del Brahman.

È in piedi sopra un cadavere.Jamini: Chi è il cadavere?Baba: Tutti voi lo conoscete come Shiva.Jamini: Perché dici che il cadavere è Shiva?Baba: La ragione è che Shiva è Shav, o morto!Jamini: Shiva è conosciuto anche come Mritunjay, il vincitore della

morte, e allora perché dici che Shiva è Shav, cioè morto?Baba: La ragione per cui è l’Immortale, è la ragione per cui viene chiama-

to Shav, o morto.Jamini: Non riesco a capire. Qual è la ragione?Baba: Rinunciando a tutti i desideri, quando si raggiunge uno stato di liber-

tà dal desiderio, si ottiene l’immortalità. La distruzione o annientamento delvaso (il corpo) è la morte, ma chi non si identifica con il corpo non muore.Come può verificarsi il fenomeno della morte per uno che non ha ego? In quel-lo stato, tutte le azioni della vita quotidiana vengono compiute senza identifica-zione con l’agire. In assenza del desiderio, la Jiva (l’individuo) si muove in que-sto mondo come un morto vivente. Nel momento in cui un individuo raggiungelo stato di libertà dal desiderio, cioè ‘jivatva’, l’identificazione mondana cessa esi raggiunge lo stato di Shivatva: ‘Divinità’. Jivabhav, le tendenze alla monda-nità, sono trasformate e si fondono nell’essere esistenziale del Brahman. In quel-lo stato l’energia potenziale divina, Brahmashakti, prende possesso del mortovivente e attraverso il corpo del morto vivente compie le Sue azioni di Creazione,Mantenimento e Annientamento. Così caricato di qualità divine, il jiva o l’ani-ma individuale, diviene conosciuto come Shiva, Dio nella forma umana.

Jamini: Se raggiungo uno stato di libertà dal desiderio, devo vedere laforma di madre Kali a quattro braccia nel mio cuore?

Baba: “Sadhakaanam hitarthya brahmano rupakalpanam”. Spero che tusappia il significato di questa frase.

Jamini: Sì, lo conosco, ma ti prego di spiegarlo meglio.

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IL VANGELO

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Baba: La realtà assoluta senza forma (Brahman) assume una forma perbenedire il ricercatore con la visione divina della divinità prescelta.

(Nota: Baba afferma che il Senza Forma assume una forma per soddi-sfare il devoto che aspira a vedere Dio in una particolare forma.)

Jamini: Quante categorie di ricercatori spirituali esistono?Baba: Quattro tipi: 1) Jnani, 2) Yogi, 3) Bhakta, 4) Karmi.Coloro che sono Jnani dicono che il Brahman (la consapevolezza pura) è

Jnanaswarupa, cioè la saggezza Infinita, Onnisciente. Coloro che sonoBhakta (devoti) dicono che Dio ha una forma (come si vede negli Dei del-l’adorazione induista). Coloro che sono Karmayogi dicono che il Karma è ilBrahman (l’azione non è separabile da Dio). Gli yogi dicono che l’Atmanè Brahman (il sé individuale non è differente dal Sé Cosmico).

Jamini: C’è qualche differenza nella tecnica e nel metodo tra questiquattro tipi di discipline spirituali?

Baba: Sì, la disciplina spirituale di un Jnani è Satsanga (la compagnia deisanti e lo studio delle scritture), Dana (la carità), Vichara (la discriminazio-ne tra ciò che è eterno e ciò che è temporaneo) e Santosh (la capacità di accon-tentarsi). La disciplina dello Yoga consiste nell’unire il Jivatman (l’anima indi-viduale) con il Paramatman (la Divinità suprema), cioè risvegliare laKundalini e permetterle di fondersi con il ParamShiva, la Divinità suprema, ounire Radha con Krishna.

La disciplina della Bhakti consiste nell’adorare il Divino e servirLo come siservirebbe il proprio sé.

La disciplina del Karma è Dana (carità), Yajna (il fuoco del sacrificio), ilcompimento di tutte le attività mondane in uno spirito di distacco e libertàdalla passione. Anche se ho parlato dei quattro tipi delle discipline diyoga, tutti i ricercatori spirituali - qualsiasi via stiano seguendo - devo-no compiere ogni azione con consapevolezza e discriminazione, rag-giungendo così lo stato di libertà dal desiderio, per diventare liberati.

Jamini: Qual è il beneficio del Satsanga, la compagnia dei santi?Baba: La gloria della compagnia dei santi supera la capacità di espressione

umana.Jamini: Qual è il beneficio di Dana, o del dare in carità?Baba: Ti aiuta ad arricchire i tuoi sentimenti verso gli altri e a raggiungere

la rinuncia.Jamini: Qual è il beneficio di Vichara?Baba: Ti aiuta a comprendere direttamente la differenza tra l’Atman e

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l’Anatman. Quando la tua consapevolezza di discriminazione tra l’eterno e iltransitorio si risveglia, diventi veramente distaccato. Allora Jiva diventaShiva. Cioè, l’uomo diventa Dio.

Jamini: Qual è il modo per raggiungere la soddisfazione spontanea?Baba: Cercare costantemente di mantenere la mente felice attraverso la

coscienza di Dio in ogni circostanza. Mentre ci si occupa di tutte le proprieattività mondane quotidiane.

Jamini: Se una persona è benedetta dalla visione divina, come mainon raggiunge la liberazione?

Baba: È soltanto attraverso la sofferenza che ha termine il “PrarabdhaKarma”.

Jamini: Che cos’è il Prarabdha Karma?Baba: I saggi hanno paragonato il Prarabdha Karma a delle frecce. Proprio

come l’arciere non ha alcun controllo sulla freccia che ha lasciato l’arco e, aseconda della propria velocità la freccia cade a una certa distanza, così succe-de anche per il Prarabdha Karma della Jiva (l’anima individuale).

Jamini: Non ti ho compreso bene.Baba: Non hai forse letto nella tua infanzia: “Lalate likhitam yattu sathi

jagar vasare. Na Hari Shankaro Brahma cha anyatha kartum iti”? Sasthi siriferisce alla somma totale di sei, non sparsi o separati, ma insieme, come unacosa sola. Jagar Vasare è uno stato risvegliato. Lo sloka significa: prima dellacreazione, quando il Brahman Assoluto era Uno ed espresse il desiderio che:“Ekameva bahushyam” (“Io sono Uno, ma sarò molti”), l’intera creazionecominciò ad esistere. A questo punto, qualsiasi cosa sia scritta sulla fronte diognuno, cioè qualsiasi attività sia prescritta per ciascun individuo secondo lavolontà del Signore, che si tratti persino di Brahma, Vishnu e Maheswara,tutti sono legati a quel desiderio. Questo desiderio si chiama Prarabdha.

Jamini: Perché durante i canti devozionali e il Japa (la ripetizione delNome Divino) o la meditazione provo una gioia interiore?

Baba: Poiché in quel momento non stai pensando o agendo per il beneficiodella lingua o del sesso.

Baba dice che a seconda della natura del ricercatore, tutti i tipi dirituali del fuoco, adorazione e meditazione sono importanti nella vitadegli esseri umani. Ad alcuni diede dei mantra e ad altri permise di com-piere tutti i rituali induisti di adorazione. Inoltre consigliò l’adorazionedi Shiva, Krishna e Kali come estremamente benefica per l’anima allaricerca del Divino.

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Baba disse una volta a Jamini: “Tua madre ti dice di mangiare un po’ dipiù. Ti sta incoraggiando a godere maggiormente del cibo. Tuo padre ti dice dinon mangiare di più, perché se mangi troppo ti ammalerai. Lui ti indica la viadel sacrificio. E io ti dico: ‘Jamini, non ricercare né il piacere, né la rinuncia.Tu non sei né bhogi (ricercatore del piacere), né tyagi (ricercatore della rinun-cia). Tu sei l’immutabile, eterno, antico Purusha (il Sé). Tu sei eternamentefelice, non vi è mai traccia di peccato in te”.

Jamini conclude il suo diario con queste parole: “Sono benedetto,perché ho potuto sedere ai piedi di un tale Satguru. Questa fortuna devederivarmi dalle buone azioni compiute in molte vite precedenti e dallebenedizioni dei miei antenati”.

La saggezza di Baba fluiva senza sosta per tutti coloro che erano dis-posti ad ascoltare. In alcune rare occasioni esprimeva i suoi sentimenti.Una volta, parlando ai devoti, Baba Lokenath disse: “Dopo decenni diviaggi in lungo e in largo per il mondo, quando sono arrivato a Baradi,ho provato un profondo impulso a dare, a dare tutto ciò che avevo por-tato con me, ma difficilmente ho trovato qualcuno che fosse pronto aricevere ciò che ero venuto a ‘distribuire’.

Baba disse: “Una volta mi chiedevo se fossi diventato il Brahman oppureno. Così, per scoprirlo, guarii novantaquattro pazienti in punto di morte,semplicemente con la mia parola. Di conseguenza, l’intero ashram si trasfor-mò in un grande ospedale, ma la gente mi prendeva per un medico delle malat-tie fisiche, mentre io ero venuto a curare la malattia causata dal contatto conla vita materiale”.

Nella Bhagavad Gita, Bhagawan Sri Krishna dice:“O Arjuna! Il perfetto yogi è colui a cui ogni essere è caro come il pro-

prio Sé e che condivide la felicità e le sofferenze degli altri, proprio comese fossero sue”.

(6.32 Bhagavad Gita)

La visione equanime di Baba Lokenath abbracciava tutti, dalla piùpiccola creatura vivente fino agli yogi più elevati dell’Himalaya e delTibet, e agli dei e alle dee, su tutti diffondeva la sua infinita compassio-ne e grazia in modo eguale. Baba Lokenath diceva: “Ho viaggiato per col-line e montagne per oltre un secolo. Cumuli di neve si sono posati sul miocorpo e si sono sciolti da soli, ma non ho trovato il vostro Dio in nessun luogo.Io ho visto soltanto Me stesso. Io sono legato dal mio stesso Karma. Il mondo

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materialista è legato dalla lingua e dai genitali. Chi è in grado di controllarequesti due organi è degno di raggiungere i Siddhi”.

Questo è il livello più alto, descritto nella Bhagavad Gita. Lo yogivede in se stesso il Brahman onnipervadente e nel Brahman onniperva-dente vede se stesso. Questo è l’Essere Unificato totale.

Come risultato di tale realizzazione, lo yogi si identifica completa-mente con le manifestazioni oggettive. Il soggettivo e l’oggettivo si fon-dono l’uno nell’altro in un’armonia divina. Tutti i muri delle differenzescompaiono e il sama-darshana, la visione equanime, regna nel cuoredello yogi. La compassione diventa naturale e spontanea come il respiro.

L’amore si manifesta attraverso lo yogi come il profumo nei fiori.L’amore non è un’azione, ma uno stato di esistenza. Per l’anima realizza-ta l’amore si verifica spontaneamente, in contrasto con l’amore degliesseri materialisti non realizzati, in cui l’amore è sempre mescolato conl’odio. L’uomo che è appesantito dall’ego non può mai amare: il suoamore non è che una manifestazione dell’ego. Per questo motivo trovia-mo che nelle relazioni materialiste la minima provocazione o le circo-stanze sfavorevoli trasformano facilmente l’amore in antipatia o persinoin odio.

L’amore che si manifesta in uno yogi non si trasforma mai in odio: inlui l’amore è incondizionato. È il vero amore nel senso più puro del ter-mine. E il vero amore è possibile soltanto dove l’ego è stato trasformatoin divinità. L’amore è dunque una manifestazione divina. L’amore è Dio.L’amore è divinità.

Una volta chiesero a Baba che cosa l’avesse spinto a discendere dalladimora celeste dell’Himalaya e lui rispose: “Quando ho raggiunto lo stato diidentificazione con tutte le manifestazioni viventi, non ho potuto fare a meno dipercepire il dolore e la sofferenza di tutti, come se stessero capitando diretta-mente a me. Ho potuto vedere il Brahman, l’unica verità Esistenziale, che vivein tutti, perciò la questione di paradiso e inferno non sussisteva più in nessunluogo. Perché Lui era tutto ciò che esisteva”.

L’illuminato è libero da orgoglio e ignoranza e non è mai attacca-to alle sue azioni o ai suoi frutti. È costantemente illuminato nellaconsapevolezza cosciente del Divino, non turbato dagli opposti di piace-re e dolore, amore e odio del piano materiale. Si muove nel mondo comeil Dio vivente, in uno stato di assoluto distacco e libertà dal desiderio.

Dall’alba al tramonto Baba Lokenath era impegnato nello svolgimento

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di numerose e varie attività nell’ashram. La gente arrivava da ogni parteper ricevere la sua guida e la sua grazia divina, ma osservando anche soloun po’ da vicino, i devoti potevano vedere la verità: Baba rimaneva sem-pre distaccato e perso nel suo sé trascendentale. Come può uno che èstabilito nel proprio sé essere disturbato da qualche influenza esterna delmondo oggettivo? Coloro che erano entrati in contatto stretto con que-sto Buddha vivente avevano visto in lui la più semplice espressione diquesto meraviglioso sloka della Gita:

“Niaramana-moha-jita-sanga-dosaadhyatma-nitya vinivritta-kamahDvandvair-vimuktah sukha-dukha-samjnair-gacchanty-amuydhah padam-avayam tat”(Bhagavad Gita 15.5)

Sri Krishna afferma nella Gita che lo yogi che, dopo aver raggiuntola realizzazione del sé, lavora misericordiosamente per il bene e il bene-ficio della gente, per la loro liberazione spirituale e materiale, è il piùcaro di tutti. È il più perfetto tra gli yogi.

Fu soltanto grazie a una profonda divina ebbrezza e a una grandecompassione che Baba parlava arditamente dell’immortalità ai suoi figli:“Io ho viaggiato su colline e montagne e ho guadagnato sufficienti tesori; voine potrete godere restando a casa vostra”. Questa dichiarazione sottolinea,una volta di più, la profondità dell’amore incondizionato di Baba, cheera un esempio vivente della propria interpretazione della Bhagavad Gita- cioè che la Gita non è semplicemente un libro da leggere, ma una can-zone, una melodia, una sinfonia cantata dal Signore Supremo, che èseduto nel vostro cuore. Una volta che siete immersi nell’ebbrezza dellasua melodia, sarete trasformati da comuni mortali in esseri divini.

Una volta Baba disse ai suoi devoti: “Anche se uno yogi di duecentoanni venisse da me, se non è al mio livello, lo considererò un bambino. Sonoio dunque che vi permetto di raggiungermi, solo per questo mi potete raggiun-gere, altrimenti la vostra forza è insufficiente”.

Queste parole sono l’espressione della divinità totale di Baba, perchéè il Divino ad essere al di là della portata della mente e dell’intelletto.

Baba disse: “Io sono Eterno e non perirò mai, dunque non c’è bisogno diriti funebri per questo corpo. La gente pensa che io sia un uomo. È qui che si

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sbagliano maggiormente. Io posso fare quello che voglio, ma voi non avete fidu-cia, perciò i vostri desideri rimangono insoddisfatti. Che shraddha (la fiducianelle parole del guru e degli shastra) sia il vostro rifugio. Che shraddha sia ilvostro amico e la via per la realizzazione”.

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IL VANGELO

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. Capitolo 18 .

L’ADDIO: “IO SONO CON VOI”

La morte è un fenomeno del corpo. Ciò che è nato è destinato a deca-dere e a morire nel tempo, ma l’Atman è libero dalla nascita e dallamorte. È eterno.

L’Unico che è libero dalla nascita assume il corpo umano soltanto perstabilire la verità dello spirito, per proteggere i buoni e correggere i cat-tivi, piuttosto che per punirli. Benché prenda un corpo umano è diffe-rente dagli altri che sono identificati grossolanamente con il corpo. Ècostantemente in uno stato di yoga, o unione con l’esistenza - consape-volezza - gioia infinita. Il Jivanmukta (chi è nel corpo eppure eterna-mente libero) è Dio nella forma umana. Baba Lokenath era ilJivanmukta, il cui avvento doveva aiutare gli esseri umani di tutto ilmondo a unirsi a Dio. Baba distribuì ricchezza, prosperità e guarigione amolti, ma i suoi abbondanti doni e benedizioni spirituali sono il verotesoro della sua venuta sulla Terra.

Abbiamo visto il suo gioco divino. Lavorava sulla mente dei devotiper controllare le tendenze al vizio e al male. Ispirava loro fiducia e stimain se stessi e li aiutava ad avvicinarsi alla luce dello spirito. Nei 160 annidella sua vita incarnò gli attributi e le qualità di Dio.

Come disse Gwalini Ma con le sue parole semplici: “Niente può rima-nere nascosto a Baba. Lui conosceva tutti i miei pensieri con chiarezzaassoluta”. Migliaia di persone che visitarono Baradi ebbero la stessa espe-rienza. Baba aveva accesso e un controllo assoluto sulla mente delle perso-ne e li usava per ispirare fede e mostrare la via per migliorare di se stessi.

Spesso Baba Lokenath diceva: “La gente commette l’errore più grave pen-sando a me come a una persona, un corpo”. Persino Arjuna non riusciva acomprendere la verità che Sri Krishna, che era suo amico e auriga, fosseDio stesso. Fu soltanto quando Sri Krishna gli concesse la visione divina,che ebbe gli occhi soprannaturali per vedere la Forma Universale delBrahman onnipervadente in Sri Krishna.

“Io sono eterno, imperituro, eternamente esistente”. Baba descrivevacosì lo stato supremo della sua totale identificazione con il Paramatman.

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L’ADDIO: “IO SONO CON VOI”

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Il suo corpo divinizzato aveva poche delle qualità caratteristiche deifenomeni materiali.

Una volta a un devoto intimo disse che stava vivendo oltre il termi-ne predestinato della sua vita. “In questo stato, se permetto al sonno disopraggiungere, questo corpo cadrà (morirà)”. Nessuno lo aveva mai vistodormire o chiudere gli occhi. Di notte si limitava ad appoggiarsi, peralcuni istanti, allo schienale di legno che vedete nel suo ritratto, così dariposarsi da sveglio.

Gli illuminati non muoiono. Il Buddha lascia il proprio corpo di suavolontà. Prabhupada Vijay Krishna Goswami disse ripetutamente cheBaba era completamente libero: poteva lasciare il corpo in qualsiasimomento, se lo desiderava, o mantenerlo in eterno. I liberati, comun-que, seguono sempre le leggi naturali, anche se sono al di là di esse.

Il sannyasi nudo che era entrato nel villaggio di Baradi insieme aDengu Karmakar verso l’anno 1864 passò ventisei lunghi anni nellostesso luogo, rivelando gradualmente la propria divinità. Più di ognialtra cosa, inondò la terra con la sua compassione e il suo amore illimi-tati, come la pioggia che scende in modo imparziale. Ognuno ebbe la suaparte, a seconda dei propri sforzi spirituali e della propria fiducia nelladivina presenza di Baba.

Durante quegli anni Baba dimostrò il gioco divino di Dio nella formaumana: “Nara-lila”, come diceva spesso Sri Ramakrishna.

Durante l’ultimo anno del suo gioco divino Baba trovava difficilerestare nella sua gabbia fisica e spesso dimenticava l’esistenza del propriocorpo. Alcuni mesi prima del mahasamadhi di Baba, uno dei devoti gliaffidò la vita del suo unico figlio. Il bambino si era ammalato grave-mente di tubercolosi e stava morendo. Baba vide il bambino e dichiaròche la sua morte sarebbe avvenuta inevitabilmente entro breve tempo.Il padre del bambino, sconvolto nel sentire queste parole, disse: “Baba,nessuno lascia il tuo ashram insoddisfatto. Niente è impossibile per te.Io so che grazie alla tua misericordia il bambino vivrà”. L’uomo sin-ghiozzava e il cuore di Baba si sciolse. Disse: “Molto bene, ho assorbito lamalattia nel mio corpo. Ora puoi andare”. La prima dichiarazione di Babanon andò in vano: il bambino guarì dalla malattia, ma nel giro di quat-tro o cinque mesi morì per altre cause.

Poco dopo aver guarito il bambino, Baba cominciò a mostrare i sin-tomi della stessa terribile malattia. Assumendo sul proprio corpo la

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malattia del bambino, Baba segnalava al mondo che aveva deciso dilasciare il corpo. Sebbene soffrisse per i violenti attacchi di tosse conassoluto distacco, il suo corpo cominciò a deteriorarsi.

Uno dei devoti di Baba cominciò a preoccuparsi parecchio, benchéavesse spesso visto Baba assorbire le malattie dei devoti e soffrirne nelproprio corpo, ma fino ad allora Baba aveva sofferto soltanto per periodimolto brevi. Gli spaventosi sintomi della malattia si manifestavano sem-plicemente nel suo corpo di yoga-siddha come una nuvola di passaggio eBaba rimaneva sempre indisturbato come il cielo, ma questa volta le suecondizioni fisiche continuavano a deteriorarsi di giorno in giorno.

Divenne chiaro che Baba aveva deciso di lasciare il suo tempio delDivino vecchio di centosessanta anni per entrare nel cuore di milioni emilioni di amati figli in tutto il mondo.

Appena otto giorni prima del suo mahasamadhi, Baba chiese ai suoidevoti: “Sapete dirmi qual è il modo giusto per compiere gli ultimi rituali perun cadavere?”. Alcuni risposero che il modo migliore era quello di bru-ciare il corpo, altri pensavano che fosse meglio seppellirlo in un cimite-ro. L’ultimo gruppo suggerì di affidare il corpo al Gange. Baba aggiunseche c’era un altro metodo ancora, quello di lasciare il corpo in un luogoisolato dove potesse venire mangiato da avvoltoi e altri animali.

Poi chiese ancora al gruppo: “Quale pensate sia il metodo più veloce perdistruggere un cadavere?”, e la maggior parte dei devoti optarono per lacremazione del corpo su una pira funeraria. Baba dichiarò: “Quando ilmio corpo cadrà, bruciatelo finché sia ridotto in cenere”.

Osservando il peggioramento della propria salute, Baba decise dilasciare il corpo al più presto - il giorno e l’ora dipendevano dalla suascelta. Dichiarò dunque ai suoi devoti che nel diciannovesimo giorno diJaistha (2 giugno) del 1890 avrebbe lasciato il corpo mortale e sarebbeentrato nel Mahasamadhi.

Niente avrebbe potuto sconvolgere o spezzare il cuore dei figli diBaba in modo più grave. Le loro vite erano state trasformate spontanea-mente nell’istante in cui avevano trovato rifugio ai piedi di questa incar-nazione divina. La presenza stessa di Baba durante i momenti più criticidella loro vita aveva ispirato in loro una tale fiducia che erano semprestati felici e liberi dalla paura. La maggior parte dei discepoli e dei devo-ti di Baba avevano una fede così totale nei suoi poteri divini che spessoavevano espresso la sensazione che persino Yama, il dio della morte, si

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L’ADDIO: “IO SONO CON VOI”

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sarebbe inchinato davanti alla sua volontà. I devoti sarebbero morti sol-tanto quando Baba lo voleva.

Nella sua condizione di saggezza illuminata, Baba considerava il suocorpo soltanto una manifestazione materiale composta dai cinque ele-menti fondamentali, che si sarebbero decomposti e mescolati con gli ele-menti di Madre Natura. Lui era la “presenza”, che costituiva il fenomenoimmutabile ed eterno.

Come potevano però gli esseri umani ignoranti concepire questacomprensione astratta, questa realizzazione? Conoscono soltanto ilcorpo, non l’Atman, perciò il loro attaccamento a Baba era più centra-to sul corpo che sul Paramatman Eterno che era il suo vero essere.Quando Baba annunciò il suo ultimo giorno nel mondo materiale, ilpensiero stesso li fece piangere amaramente, completamente disperati.

Piangendo, i devoti supplicarono ripetutamente Baba di avere pietàdi loro: “Come puoi lasciarci così presto? Come puoi essere così spietatoe lasciarci orfani? Se volevi lasciarci così presto, perché ci hai portatoalla tua santa presenza? Perché ci hai amato così tanto?”

Uomini e donne, vecchi e giovani, cominciarono ad arrivare all’ash-ram e cercavano ripetutamente di convincere Baba a riconsiderare la suadecisione. Erano convinti che la sua dipartita fosse soltanto una que-stione di preferenza, che poteva dunque essere rimandata a una data lon-tana nel futuro.

Baba rispondeva alle preghiere dei suoi discepoli e devoti nel modopiù amorevole e compassionevole. Così disse loro:

“Dopo che questo corpo sarà caduto, non pensate che tutto finirà. Quandoavrò lasciato questo corpo grossolano, vivrò nel cuore di tutti gli esseri viven-ti nella mia forma sottile e chiunque cercherà il mio rifugio, riceverà sempre lamia grazia”.

Baba disse anche: “Se mi capita di lasciare il corpo durante il giorno, nelperiodo di Uttarayana, e se il sole risplende molto luminoso nel cielo limpido,allora potete essere sicuri che sono penetrato nel sistema solare (Surya Mandal)e l’ho trasceso. Che io mi reincarni oppure no, dipenderà dalla mia volontà”.

Queste parole di Baba si riferiscono all’ottavo capitolo della BhagavadGita e alla Chandogya Upanisad (4.15.5).

Chi conosce il Brahman Supremo raggiunge lo stato finale delBrahman Assoluto se lascia il corpo mortale nel momento di Agni eJyoti (la divinità che presiede alla quindicina della luna crescente) e di

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Uttarayana (la divinità che presiede ai sei mesi in cui il Sole passa a norddell’equatore).

La coincidenza di questi principi di Agni, Jyoti e Uttarayana è consi-derata il momento più favorevole e vediamo che Baba scelse il dicianno-vesimo giorno di Jaistha (domenica 2 giugno 1890) considerando questifattori. Il fatto che dicesse “se il sole splenderà luminoso”, era soltanto peronorare i precetti degli shastra, perché era ben cosciente che il deva delsole avrebbe sempre esaudito qualsiasi desiderio del Brahmarishi.

Il cielo era carico di presagi e il morale nell’ashram era cupo, man manoche si avvicinava il giorno della dipartita di Baba. Per i devoti, la dura real-tà della natura, secondo cui ciò che è nato deve morire, appariva come lalegge più crudele.

Il diciottesimo giorno di Jaistha (1 giugno) il cielo rimase nuvoloso.Alcuni rovesci di pioggia portarono un po’ di sollievo dalla calura e idevoti di Baba trattenevano nella mente la vaga speranza che se il cielofosse rimasto coperto, il giorno successivo Baba avrebbe potuto cambia-re idea, ma il desiderio dell’illuminato è il desiderio di Dio stesso. Il devadel Sole preparò il suo carro per portare il benedetto alla dimora delBrahman. La mattina del diciannovesimo giorno di Jaistha il cielo eralimpido e il sole luminoso.

Da ogni direzione i discepoli e i devoti erano arrivati all’ashram diBaradi per avere l’ultimo darshan di Baba nella sua presenza fisica.

La mattina presto del 2 giugno 1890, Ramkumar Chakravarti, disce-polo intimo di Baba, arrivò all’ashram. Per qualche tempo parlò priva-tamente con Baba che lo istruì su come celebrare gli ultimi riti dopo ilsuo mahasamadhi.

Verso le dieci del mattino Baba chiamò i suoi devoti e volle che man-giassero. Nessuno aveva voglia di prendere cibo, ma si trattava dell’i-struzione del maestro. Il cibo venne servito sotto la diretta supervisionedi Baba e quando l’ultima persona nell’ashram ebbe ricevuto il cibobenedetto, Baba entrò nella sua stanza e si sedette sul suo asana nellasolita posizione di gomukhasana.

I devoti si sedettero accanto a Baba, sperando che per pura miseri-cordia verso i suoi figli avrebbe infine cambiato idea. Un divino silenziosi sparse per la stanza. Con i suoi occhi di loto, che non battevano maile palpebre, Baba guardò tutti i devoti e i discepoli e disse con la vocepiù compassionevole:

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L’ADDIO: “IO SONO CON VOI”

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“Figli miei! Perché siete tutti così preoccupati? Pensate che io stia per mori-re? Soltanto questo vecchio corpo consunto cadrà, ma io sono sempre presen-te. Io non sono toccato dalla morte.

Se, con un piccolo tocco di amore e devozione, mi chiamerete, immedia-tamente sentirete quanto vi sono vicino. Così come sento le vostre parole nelcorpo, così le sentirò anche quando il mio corpo non esisterà più. Propriocome voi ricevete ora la mia grazia, riceverete sempre la mia protezione e lamia grazia in futuro. Questa è la mia promessa.

Dove posso andare? Io sono eternamente presente nell’intera esistenza.Chiunque cercherà la mia presenza eterna e la mia grazia con la giusta

fiducia e sottomissione, mi troverà.Con ferma devozione, aggrappatevi alla verità. Sottomettetevi con sinceri-

tà al divino e camminate sulla via mostrata dal Satguru.Lo yoga della realizzazione del Sé è la via per la libertà. La devozione e l’a-

more sono l’essenza. I mantra sono un aiuto. Con devozione e amore, proce-dete senza paura. Chi potrà ostacolare il vostro cammino? Voi siete i miei figli.

Nessuno può avere potere sopra i miei figli. Non l’ho mai predicato.Questo è un ordine.

Non siete mai soli, io sono sempre con voi. Non dimenticate mai questaverità. Io sono eternamente presente in voi. Rimarrò con voi nelle generazio-ni a venire.

Io sono eterno. Io non sono toccato dalla morte”.

La grande folla dei devoti riuniti ascoltò per l’ultima volta le parole diamore e compassione del Dio vivente. Le parole immortali scorrevanocome il nettare dei Veda, come le acque sacre del Gange dalle eccelse vettedell’Himalaya verso le pianure, alleviando i cuori brucianti dei figli soffe-renti, che desideravano ansiosamente rinascere a uno scopo superiore.

La voce tonante proclamava la rivelazione vedica: “Non abbiatepaura, io sono con voi”. Voleva soltanto che i suoi figli procedessero senzapaura sul campo di battaglia della vita quotidiana con la massima fidu-cia in se stessi e con la massima fiducia in Lui.

Brahmarishi Baba Lokenath benedisse i devoti con i suoi occhi, suiquali le palpebre non battevano mai. Un istante dopo, con la sua volon-tà indipendente, Baba passò attraverso la sommità del suo capo attraver-so i raggi solari, verso l’unione suprema. Il Mahasamadhi. Ritornò a quel-lo stesso campo puro di esistenza eterna, il regno dal quale era venuto a

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soggiornare qui per il bene di tutti i suoi figli sofferenti, per portare lorosollievo e pace e per mostrare loro il cammino, la via celeste, verso laluce e la benedizione.

Anche il mahasamadhi di Baba fu davvero speciale! Era immerso nelmahasamadhi, ma i devoti videro che il corpo di Baba rimaneva sedutonella stessa posizione yogica, con gli occhi spalancati come al solito. Idevoti erano in dubbio, perché in passato avevano già visto Baba in quel-la posizione inerte (samadhi), ma per periodi brevi. Questa volta Baba nonmostrò segni di vita per lungo tempo.

Penetrando attraverso il sole, la fonte di luce e di vita per questomondo, Baba raggiunse la trascendenza, diventando il Sole Eterno delcielo spirituale, la fonte di illuminazione che diffonde luce e amore pertutto il mondo, lavorando silenziosamente nel cuore di tutti per la lorotrasformazione spirituale.

Alle undici e quarantacinque circa del mattino i devoti toccarono ilcorpo di Baba e videro che se n’era andato per sempre. L’intera atmosfe-ra si caricò delle voci tonanti dei discepoli e dei devoti che gridavano:“Jai Baba Lokenath! Gloria a Baba Lokenath!”. Tutti i devoti, vecchi egiovani, sopraffatti dall’emozione, scoppiarono in lacrime. In qualchemodo, ancora non riuscivano a comprendere che Baba se n’era andatodefinitivamente. Pur sapendo nel loro cuore che Baba sarebbe semprestato con loro, erano profondamente addolorati nell’affrontare la realtàche il loro amato Baba Lokenath non sarebbe più stato presente nel suocorpo divinizzato di amore e compassione per ascoltare i loro problemi erassicurarli con le sue parole di ispirazione e coraggio.

La vecchia madre dell’ashram, Gwalini Ma, non riusciva a control-larsi. Per la grazia di Baba si era elevata ad un alto livello di distacco, matutta la sua saggezza si sciolse in un mare di lacrime. Prese il corpo diBaba con tenerezza possessiva, domandando perché il figlio amorevolese ne fosse andato da questo mondo senza portare con sé la sua vecchiamadre. Ripetutamente, implorò il suo divino figlio e guru di tornare, mail samadhi era definitivo.

I devoti trasportarono il corpo di Baba e lo posero sotto l’albero di bael.La voce si diffuse istantaneamente ovunque. Migliaia di abitanti dei vil-laggi, appartenenti a ogni fede, accorsero all’ashram. Non riuscivano a cre-dere che Baba avesse potuto morire: era un vuoto che non sarebbe maistato colmato da nessuno.

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Dal più povero tra i poveri, fino al più ricco tra i ricchi, tutti veniva-no con ghee (burro chiarificato) e legno di sandalo per preparare l’ulti-mo letto della pira funeraria. Deposero migliaia di fiori e ghirlande sulcorpo divino. Persino le donne più riservate, che non uscivano mai inpubblico, dimenticarono i loro tabù e caddero piangendo incontrolla-bilmente ai piedi di Baba per toccare un’ultima volta il loro beneamato.

La pira funebre fu accesa da Ramkumar. Le fiamme si alzarono e con-sumarono il corpo perituro con il fuoco. I cinque elementi - terra, acqua,fuoco, aria, etere - erano tornati al loro posto. I devoti riempirono l’ariacon il canto del nome divino di Dio incarnato, Baba Lokenath.

Così terminò il gioco divino di Dio nella forma umana nel mondomortale. Il suo gioco continua nel regno eterno, senza inizio né fine. Lasintesi dello yoga che Baba Lokenath insegnò al mondo attraverso ilsuo gioco divino a Baradi per oltre due decenni aveva unicamente loscopo di piantare i semi della divinità nei suoi figli. Li stava preparan-do per il mondo di domani, in cui avrebbero inaugurato un’era di veri-tà e benedizioni.

Dopo che Baba Lokenath ebbe lasciato il suo corpo mortale, i suoiinsegnamenti e ideali di vita si diffusero per ogni dove, toccando l’inte-ra Asia con uno sviluppo graduale, come succede per tutti gli illumina-ti. Durante la loro vita soltanto pochissime persone raggiungono la loropresenza fisica e ancora meno numerosi sono coloro che comprendonoveramente la divinità che è in loro, ma dopo che hanno lasciato il corpofisico, le loro vibrazioni spirituali si diffondono e silenziosamente com-piono meraviglie nel cuore dei devoti. Con il passare del tempo vengo-no dunque adorati come incarnazioni viventi di Dio da milioni e milio-ni di persone.

Oggi Baba non è più nel suo corpo fisico, ma milioni dei suoi devotipercepiscono la sua presenza e sentono nel profondo del cuore che Babaè sempre con loro nei momenti di sofferenza e anche di felicità.

La sua promessa: “Ogni volta che vi troverete in pericolo, che sia in guer-ra, nella foresta, nell’oceano o nella giungla, ricordatevi di me. Io vi salverò”,e la sua rassicurazione: “Ho viaggiato molto per colline e montagne e ho gua-dagnato sufficienti tesori spirituali, ma voi resterete seduti a casa vostra agodere dei frutti delle mie austerità”, vengono capite sempre di più in tuttoil mondo come una realtà che può sempre essere messa alla prova e sullaquale si può fare affidamento.

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LOKENATH È ETERNO. ANCHE LE SUE PAROLE DI RASSI-CURAZIONE SONO ETERNE.

Baba Lokenath visse e praticò i principi predicati da Sri Krishna nellaBhagavad Gita. La Gita vivente dimostrò la gloriosa eredità dell’India, laterra della spiritualità, mostrando che la vera pace e la vera gioia si otten-gono solo attraverso la pratica del controllo e la consapevolezza spirituale.La felicità non esiste in alcun luogo nel mondo materiale, esiste soltantonel cuore e può essere raggiunta attraverso uno sforzo consapevole, attra-verso la volontà di elevarsi al di sopra della schiavitù dell’azione compiutacon attaccamento. Baba visse la verità. Insegnò la sintesi di Jnana, Bhakti,Karma e Astanga Yoga come la suprema formula alchemica.

Ancora oggi l’ashram di Baradi è un sacro luogo di pellegrinaggio nonsemplicemente per gli induisti, ma per milioni di musulmani, cristiani epersone di altre religioni. La Bhagavad Gita, il Corano e la Bibbia si sonomanifestati nella vita divina di Baba Lokenath.

Lokenath è il sole. Dov’è Lokenath, le tenebre dell’ignoranza, dellapaura e dell’infelicità si dissipano. Cercate la sua grazia con fiducia, conamore, e Lui sarà con voi. È il fiume perenne della grazia spirituale, chescorre eternamente. Dovete semplicemente accettare il suo Madhunam(Dolce Nome Trascendentale) e bere il nettare del suo amore, che vi sol-leverà dall’infelicità e dall’angoscia del mondo fino al risveglio spirituale,alla pace eterna e alla gioia.

Situata nel cuore dei suoi devoti, la luce interiore brilla con parole dirassicurazione eterna - lo Shiva vivente continua a danzare e cantare:

“Oh! Figli miei! Quando riuscirete a credere che io soltanto sonol’autore dell’azione? Fidatevi di me, appoggiatevi a me. Abbandonatel’illusione che siete voi ad agire. Compite i vostri doveri con sincerità ededizione. Lasciate ogni cosa a me. Sicuramente raggiungerete la pace.

Chiunque cerca la mia presenza e la mia grazia nei momenti di sof-ferenza e pericolo sentirà immediatamente la mia grazia di guarigione.

Io ho lasciato il corpo, ma per proteggere i miei devoti da ogni peri-colo, sono sempre con loro. Voi non mi riconoscete perché non avetegli occhi per vedermi.

Più avrete fede e fiducia in me, più i vostri desideri nella vitasaranno soddisfatti.

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Nessuno se ne va da me a mani vuote. Coloro che accettano rag-giungeranno le mete alle quali aspirano.

Non lasciatevi però assorbire dalle richieste materiali del mondo,dimenticando il Sé. Cercate di realizzare la verità. La mia grazia vi aiu-terà presto a raggiungere il successo nella vostra ricerca spirituale.

Sappiate con certezza che io porto sulle spalle il fardello dei mieidevoti. Tutte le vostre responsabilità sono mie. Dovete solo affidarmiil vostro cuore e la vostra mente con semplicità.

Io chiedo in elemosina il vostro amore, La mia misericordia si dif-fonde su tutto il mondo. Chiedetela con fiducia e amore.Raccoglietela.

A coloro che offrono tutto il loro cuore e tutta la loro mente a mesoltanto, io mi dò completamente. Sono eternamente in debito versodi loro.

In voi io vivo come la verità senza tempo. Sono eternamente risve-gliato. Mi sento felice quando voi siete felici, infelice quando sieteinfelici.

Io sono il Sé imperituro. Io sono. Io sono. Io sono.”

Sarve bhavantu sukhinahSarve santu niramayahSarve bhadrani pasyantu

Ma kaschit dukkha bhag bhavet.Om Shanti Om Shanti Om Shanti

Che tutti siano felici, che tutti godano di buona salute fisica e mentale, che tutti vedano il bene negli altri e in ogni cosa, che nessuno nel mondo soffra di dolori e infelicità.

Che la Pace sia ovunque!

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Esercizio di Meditazione

Leggete e rileggete le promesse e le rassicurazioni di Baba scritte ingrassetto. Lasciate che si riversino nel vostro cuore. Lasciate che inon-dino il vostro essere. Assorbite il potere e l’energia che il Divino vi inviain esse. In preghiera e in meditazione, dirigete l’immensità di quell’a-more verso tutto ciò che vi trattiene nella vita. Lasciate che Baba e ladolce forza struggente dell’amore divino contenuto in quelle promesse,vi trasportino, oggi e sempre, alle vette di luce per cui siete stati creati.

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IL LAVORO DI BABA OGGI

La missione di compassione di Baba continua oggi nella vita di milio-ni di devoti nonostante sia già trascorso un secolo dal suo mahasamadhi.Continua anche nella divinità che danza nella vita di tutti i ricercatorisinceri, che abbiano mai sentito il suo nome oppure no. Continua neldivino che spinge dall’interno, invisibile, aspirando ad essere onorato edespresso consapevolmente ad ogni livello della vita umana.

Dichiarazione personale dell’autore

La mia ricerca personale per riscoprire l’infinito - e l’unità, all’inter-no e all’esterno, della pura consapevolezza - mi ha portato a BabaLokenath con una visione che ha trasformato la mia vita. Baba mi harivelato che il modo migliore per sottomettermi a lui consisteva nel ser-vire i poveri, nei sobborghi e nei villaggi più poveri, quali manifestazio-ne dell’infinito.

Essendo cresciuto a Calcutta, la “Città della Gioia”, i miei occhi sisono aperti fin dalla più tenera età alle realtà delle terribili tragedie, dellapovertà intensa e delle privazioni incessanti. Con tutte le sue meravi-gliose contraddizioni, Calcutta fornisce ampie opportunità di espander-si, di percepire con tutto il cuore la sofferenza di coloro che ci stannoattorno e di offrire ai Suoi dolci figli quel poco che Dio ci ha dato.

In un mondo sofferente come il nostro, la gioia della vera meditazio-ne non è limitata allo stare seduti, ad occhi chiusi, in silenzio.

Baba accende la fiamma del Karma Yoga - la via del lavoro con lemani e del cuore per Dio. Perché il lavoro di Baba è amore, puro amorenell’azione, che celebra la divinità nei figli vulnerabili di Dio miglio-rando le loro condizioni, che lasciate immutate li schiaccerebbero con lasofferenza, negando loro un accesso consapevole al divino.

Non esiste esperienza più profonda del condividere ciò che abbiamocon gli esseri umani disperati, sofferenti, piangenti e moribondi chestanno attorno a noi. È una scelta che risveglia immediatamente il Diolatente in noi. L’amore non finisce mai, scorre, ritorna a noi con una gra-zia illimitata, riverberando nel cuore di tutti gli esseri.

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LOKENATH DIVINE LIFE MISSION

Come atto di adorazione a Baba e suo strumento, ho fondato la LOKE-NATH DIVINE MISSION nel 1985, nella pace himalayana diBageshwar. Nel 1988, in una delle stradine buie e sporche della parte norddi Calcutta, è stata inaugurata la prima clinica dei bassifondi, dedicata acurare coloro che non hanno denaro per dottori o medicine. Il primopaziente è stata una donna anziana punta da uno scorpione. Piangeva,non tanto per il dolore intollerabile, quanto perché non sarebbe stata ingrado di raccogliere sterco di mucca per fare e vendere le formelle di ster-co che erano la sua unica fonte di reddito per mangiare.

Ben presto il lavoro si è allargato ad alcuni altri quartieri poveri ed èstato adottato un villaggio lontano. Quel progetto oggi si è allargato a com-prendere altri quattordici villaggi della zona: offre un’istruzione scolasticaregolare a oltre 900 bambini poveri e cure mediche gratuite a migliaia diuomini, donne e bambini.

Nel 1990, la mia prima visita negli Stati Uniti aprì le porte per la dif-fusione nel mondo degli insegnamenti del mio maestro e della sua gra-zia. Dal cuore sensibile di indiani e americani sono arrivati i fondi perl’ashram di Calcutta. Visitando diverse città negli Stati Uniti, inCanada, in Germania e in Inghilterra ho visto aprirsi finestre per animebenevole che desideravano fare qualcosa di più che parlare della Gita edella filosofia. Volevano sentir parlare qualcuno che aveva camminatoscalzo attraverso le lontane e fangose paludi delle Sundarban (famoseper le tigri e i coccodrilli), per ispirare speranza, dare conforto e offrireun sorriso!

***

Tabupara, un piccolo villaggio maledetto e condannato per lungheepoche come rifugio di criminali e centro di fabbricazione di tossici liquo-ri illegali, è stato trasformato. I telai a mano producono musica, oltre chetessuti. Le donne vanno a testa alta, con un nuovo rispetto per se stesse.Nel 1992 ho visitato il villaggio per chiedere alle donne di collaborare adaiutare se stesse. Ho distribuito lavagne e pezzi di gesso bianco ai bambini

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che, per la prima volta da generazioni, sono stati portati al mondo dellaluce e della conoscenza. Coloro che visitano questo progetto vengonoarricchiti da una nuova filosofia sulla vita stessa.

Nel 1997 abbiamo dato agli abitanti del villaggio di Tabupara duegrosse pompe per attingere l’acqua del Gange e irrigare oltre centocin-quanta acri di terra, cosa che porterà almeno due o tre raccolti all’anno.Più di quattromila persone saranno direttamente beneficiate da questoprogetto di irrigazione. Grazie alla ICA (Indians for Collective Action),che ha donato i fondi dagli Stati Uniti per installare questo impianto, icontadini poveri ora possono fare due pasti al giorno, grazie il loro one-sto lavoro.

***

Moloy Kundu, un brillante studente del MIT che da bambino eravenuto in India ed era stato preso dal panico nel vedere tanta acqua nelbagno della casa dello zio, è venuto a lavorare come volontario nei bas-sifondi e nelle scuole di villaggio. Era la stagione delle piogge, ed hacamminato per le strade allagate con i calzoni arrotolati sopra il ginoc-chio per raggiungere le facce radiose e illuminate dal paradiso dei bam-bini nel quartiere povero di Lake Bastee. L’acqua della pioggia si mesco-lava a quella delle fogne scoperte, mettendo alla prova il suo amore peri bambini, ma resistette per un mese intero. Quando arrivò il giorno diripartire, andò a Bastee per congedarsi. Pioveva a dirotto, ma i piccoliangeli stavano aspettando il loro Moloyda (‘da’ significa fratello mag-giore) in un piccolo rifugio. Moloy li abbracciò e i piccoli si aggrappa-vano a lui, tutti in lacrime. Infine arrivò il momento dell’addio. I bam-bini più poveri delle piccole baracche lungo la ferrovia offrirono aMoloy un umile dono: un portapenne completo di penne. Moloy scop-piò a piangere. La Città della Gioia gli aveva dimostrato che Dio non ènei libri. La vera gioia non si trova nei piaceri egoistici, ma nel condivi-dere il nostro essere con gli altri.

Nel 1994, mentre stavo correndo all’aeroporto dopo una conferenzaal MIT, Moloy mi fermò. Prese un pacchettino dalla tasca e con le lacri-me agli occhi mi disse: “Tu mi hai dato l’opportunità di conoscerel’India, di sapere cosa significa essere ricchi nella vita”. Mi mostrò lepenne e disse con la convinzione dell’esperienza: “Questo è il mio Dio”.

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Non è mai tornato indietro. La sua vita è ormai dedicata ai coraggiosiangeli di Calcutta.

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Ogni volta che visitavo Kalighat (il Tempio di Madre Kali) il miocuore piangeva per i bambini che chiedono ai visitatori di tutto ilmondo qualche moneta per comprare cibo e placare la propria fame. Lavita sugli sporchi marciapiedi e nei bassifondi aveva insegnato loro sol-tanto a dire parolacce, litigare con gli altri e ad arraffare con prepotenza laloro parte. Sapevo che avevano bisogno di qualcosa di più del cibo: ave-vano bisogno dell’amore del cuore umano.

Cercai un piccolo spazio dove cominciare una scuola per questi bam-bini. Nessuno voleva offrire nemmeno lo spazio dove sedersi per un paiod’ore al giorno. Prima che la mia pazienza si esaurisse, però, trovai unameravigliosa insegnante (anzi, una madre). Un bel pomeriggio dell’ago-sto del 1995 iniziammo la scuola direttamente per strada, per la preci-sione si trattava di un vicolo. La strada venne pulita, vennero disposti aterra degli stuoini di paglia e arrivarono i bambini. Li presi in bracciouno dopo l’altro, diedi loro una lavagnetta e li aiutai a scrivere le primelettere dell’alfabeto, guidando le loro piccole dita.

Questi bambini divini sono mendicanti e quindi trascurati. Si man-tenevano sporchi, trasandati e puzzolenti perché la gente avesse pietà diloro. Dando loro le prime lettere, offrii loro anche l’amore del mio cuoree dissi che avrei dato loro tutto ciò che volevano, se soltanto si fosseromantenuti puliti, avessero fatto il bagno regolarmente, si fossero petti-nati i capelli e avessero smesso di insultarsi a vicenda.

L’amore sbocciò sui visini malaticci ma radiosi di questi piccoli fiori.Più tardi, mentre stavo sul terrazzo di una casa adiacente, vidi con miapiacevole sorpresa alcuni dei bambini scrivere le lettere che avevanoappena imparato sul muro di una casa, usando della terra. La luce dellaconoscenza era dentro di loro: il mio compito stava solo nell’accenderla.

Questi settanta bambini, che ricevono lezioni regolari e un pasto dimezzogiorno in strada, non hanno cambiato soltanto se stessi, hannoanche trasformato la vita di molte persone cosiddette colte che abitanonella zona e che soltanto poco tempo fa li condannavano per la lorodegradazione.

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Era un mattino d’estate. Il dottor N.N. Dutta di Londra, che ha dona-to la Clinica Mobile, e Joanna Pierine di San Francisco, ci accompa-gnarono a un villaggio di nome Noorpur, 59 chilometri a sud diCalcutta, sulla riva del Gange. Era con noi il dottor Ranen Roy, medicoomeopata e fabbricante di medicine omeopatiche, che portava moltemedicine. Nel momento in cui entrammo nel villaggio i bambini arri-varono di corsa da ogni direzione, seguendo la jeep e gridando di gioia.

Scendemmo e in pochi minuti si sparse la voce che il dottore era venu-to in jeep insieme a un altro dottore di Londra, e fummo circondati. Leparole “dottore” e “medicine”, in un villaggio isolato, sono come gocce dipioggia sul terreno arido.

Con grande sgomento constatammo che la maggior parte dei bambinidel villaggio aveva la scabbia (una malattia della pelle molto contagiosa):era una vera epidemia. Avevano le dita quasi rigide per il gonfiore e il pus.La malattia si era diffusa in tutte le parti del corpo, le loro condizionierano allarmanti. Il dottor Dutta, esperto ginecologo, osservava il medicoomeopatico affrontare un’epidemia dermatologica così difficile. Ranendiede medicine a tutti i bambini e distribuimmo pacchetti di medicinepreventive ai bambini che non avevano ancora contratto l’infezione.Dopo aver curato oltre centoventi pazienti tornammo a Calcutta.

Dopo due settimane fu il mio turno di accompagnare Ranen aNoorpur per visitare di nuovo i bambini. Arrivarono con le stesse gridagioiose, ma questa volta ci mostrarono la magia della cura omeopatica ela grazia della guarigione di Baba attraverso le mani del medico. La dolo-rosissima e contagiosa infezione della scabbia era quasi scomparsa,lasciando soltanto cicatrici sulla pelle, e nessun altro aveva contratto laterribile malattia!

Nello stesso villaggio, un uomo di mezza età reso quasi invalido dal-l’artrite cronica venne trasportato di peso fino alla Clinica Mobile. Poichéera responsabile del mantenimento della famiglia, piangeva amaramente,frustrato per la propria impotenza, e supplicava il medico di aiutarlo acamminare. Ranen lo visitò e disse: “Abbi fiducia in Baba. Tu cammine-rai di nuovo”. In sei mesi, le medicine avevano compiuto il miracolo gra-zie alla sua fede. Ora cammina, corre, lavora per mantenersi e non è piùun peso per se stesso o per la sua famiglia.

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La Lokenath Divine Life Mission ha fatto molta strada in pocotempo. Le sue attività si espandono velocemente arrivando a trasforma-re la vita di centinaia di migliaia di persone. Agenzie e privati dall’Indiae dall’estero hanno riversato il sostegno del loro cuore per continuare lacrociata di Baba per alleviare il dolore e la sofferenza di uomini, donnee bambini innocenti. La Missione non ha grandi edifici e istituzioni:lavoriamo direttamente nei villaggi più poveri e nei bassifondi, spen-dendo il meno possibile per le infrastrutture.

La pressione sulle città sovrappopolate dell’India continua a cresce-re, perché la maggior parte dei contadini e dei piccoli proprietari terrie-ri sono costretti a lasciare la loro terra. Disponendo di un solo raccolto,che dipende sempre dalla stagione delle piogge, hanno una vita econo-mica fragile, se non inesistente.

La Missione è principalmente strutturata per risvegliare il potenzialedei poveri a diventare autosufficienti. Collaboriamo con loro, li tiriamofuori dalla disperazione e dalla passività, li incoraggiamo ad aiutare sestessi. La Missione trova gli strumenti e fornisce l’addestramento, cioèdiamo il sostegno pratico necessario perché gli abitanti dei villaggi ren-dano le proprie comunità economicamente sostenibili.

La Missione attacca i problemi alla radice, al livello della gente.Motiviamo e organizziamo le comunità a scavare pozzi, imparando conl’acqua pulita a spezzare il ciclo mortale della malattia. Apriamo scuoleper i bambini, portando a rotazione cliniche mediche mobili nellecomunità. I nostri gruppi di sostegno per le donne e i contadini sono l’e-lemento chiave: sviluppano piani per adeguate imprese di produzione,che forniscono una nuova base economica per la comunità. La Missioneha avuto così tanto successo nello sviluppo di questi gruppi di sostegnoe associazioni di contadini che la Federal Rural Bank of India e molteagenzie finanziarie nazionali e internazionali sono ora disposte a soste-nere i progetti dei villaggi che noi sponsorizziamo.

La Missione usa l’omeopatia come medicina alternativa. Un soloinsegnante fa scuola a trentacinque bambini. I Gruppi di Sostegno delleDonne, le Associazioni dei Contadini, i centri di riabilitazione per ledonne abbandonate dei villaggi sono stati gli strumenti per combatterela maledizione della povertà e dare agli esseri umani i mezzi per viverecon dignità e amore.

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Un quadro generale alle sue attività

- La Missione ha adottato 108 villaggi in località isolate del Bengalaoccidentale e 35 quartieri poveri di Calcutta.

- Il numero dei Centri di Scolarizzazione per i bambini aumentacostantemente. Dal febbraio del 1997 oltre 164 di questi Centri offrononon solo istruzione scolastica, ma trasformano la vita di oltre 8209 bam-bini che vivono in zone rurali inaccessibili del Bengala e nei bassifondidi Calcutta.

- Le Cliniche Mediche gratuite forniscono cure basate su medicineomeopatiche con Cliniche Mobili che servono oltre 130.000 pazienti(in 14 villaggi e 11 quartieri poveri cittadini) ogni anno.

- 182 donne in difficoltà vengono riabilitate in oltre 13 Centri diProduzione e Addestramento all’Artigianato. Con ulteriori risorse, que-sto lavoro potrebbe allargarsi facilmente a migliaia di altre donne ditalento, offrendo loro l’opportunità di vivere rispettando se stesse inve-ce di subire lo sfruttamento e la vergogna.

- Oltre alla scolarizzazione di massa e alla consapevolezza sanitaria, laMissione è interessata soprattutto al miglioramento delle condizionidelle donne nelle zone rurali. In 18 progetti di villaggi abbiamo Gruppidi Sostegno per Donne (Lokenath Mahila Mandal) con 270 donne ingruppi di 10 o 15, che ricevono un addestramento al ruolo di guida invarie questioni economiche e sociali. Sono collegati con il SistemaBancario Rurale locale che dà sostegno economico allo sviluppo diimprese casalinghe e artigiane. Questo movimento è sponsorizzato dallaFederal Rural Bank of India (NABARD).

- Insieme al Movimento di Sostegno delle Donne, la Missione orga-nizza i contadini in Associazioni di Contadini (Lokenath KrishakSangha). Fornendo loro informazioni sugli sviluppi più recenti nell’agri-coltura e nel settore non professionale, i contadini vengono educati suipericoli dei fertilizzanti chimici e sui meriti a lungo termine dell’agricol-tura biologica. Con il sostegno di donatori di tutto il mondo, la Missioneacquista per i contadini aratri a mano e pompe per piccoli progetti di irri-gazione. Le associazioni dei contadini stanno acquistando forza nei lorovillaggi e lavorano per proteggere i valori ambientali, sociali e culturali.Questo approccio dalla base sostenuto dalla Missione favorisce lo svilup-po rurale integrale sostenibile che è l’unica possibilità di salvare le città.

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La Missione ha dieci Associazioni di Contadini con 160 contadinivolontari come dirigenti. Anche queste Associazioni sono collegate conil sistema bancario rurale (con la garanzia della Missione verso la Banca)per ottenere il sostegno finanziario che aiuta la gente a sottrarsi alle ter-ribili grinfie degli usurai.

Il cammino continua. La grazia di Baba compie il suo miracolo silen-zioso nel trasformare la vita di molte anime sfortunate attraverso il soste-gno di coloro che si preoccupano per loro.

COME POTETE AIUTARE

La Missione accetta con gioia chiunque voglia sostenere con amoreil lavoro di luce e compassione di Baba per coloro che soffrono.Chiunque desideri contribuire con talenti, risorse, tempo, energia odenaro agli sforzi della Missione, è invitato a scrivermi in qualsiasimomento all’indirizzo postale o all’indirizzo email riportati qui sotto.

La Missione accoglie con riconoscenza i volontari dal cuore apertoche desiderano condividere il nostro lavoro. La conoscenza della lingualocale, il bengali, rende più facile lavorare con i bambini nelle scuole, sianei bassifondi sia nei villaggi isolati. Poiché non abbiamo case, ma pro-getti nei quartieri poveri in certe ore del giorno, e la maggior parte deiprogetti si trova in villaggi remoti, soggiornare in un villaggio può esse-re estremamente difficile per uno straniero che non vi è abituato.Certamente l’assistenza medica o paramedica specializzata può costitui-re una grande benedizione per gli abitanti dei villaggi.

La Missione ha appena ottenuto del terreno e costruirà un ashramcon stanze per gli ospiti. Vi preghiamo di scrivere o di mandarci unaemail per organizzare il vostro soggiorno, dopo che l’ashram sarà com-pletato nel marzo del 1998, oppure potete organizzarvi per conto vostroper soggiornare a Calcutta e lavorare ai progetti.

La missione non ha un programma di adozioni.Noi promettiamo fiumi di dolce grazia e gioia e anche la protezione

di Baba, a tutti coloro che ci sostengono o lavorano con noi in questasanta missione.

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.......................................................................................................................................................................................................LA VITA DI UNO YOGI DELL’HIMALAYA BABA LOKENATH

Chiunque desideri ulteriori chiarimenti sul nostro lavoro o sugli inse-gnamenti di Baba è cordialmente invitato a scrivermi o a contattarmi.

I contributi finanziari possono essere spediti alla nostra Missione,all’indirizzo riportato qui sotto. Vi preghiamo di intestare gli assegni alla“Lokenath Divine Life Mission”. Tutte le donazioni sono accolte congratitudine e noi spediamo una ricevuta ufficiale della Missione nonappena ci arrivano gli assegni. La nostra banca ci permette di incassarequalsiasi valuta straniera o assegno attraverso il nostro conto, che vienecontrollato separatamente dal Governo indiano. La nostra banca hagentilmente accettato di offrire gratuitamente le spese bancarie e accre-dita immediatamente i fondi sul nostro conto.

INDIRIZZO DI CALCUTTA:Lokenath Divine Life MissionP 591 Purna Das Road, Calcutta 700 029, IndiaFax: 011’91’33’464’1587/33’243’2193E-mail: <[email protected]>(lettere minuscole, dopo la L zero e uno).Venite a trovarci sul sito: http://members.aol.com/LDLFCYBER/index.html

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GLOSSARIO

Acharya: Precettore spirituale, insegnante.

Adharma: Assenza di legge, virtù, rettitudine e senso del dovere.

Advaita: Non-dualità.

Adiguru: Il guru originale, il guru dei guru.

Anatman: Il non-sé, definisce tutto ciò che viene sperimentato come dif-ferente dal Sé Trascendentale.

Antaryamin Guru: Precettore spirituale che è considerato onnisciente.

Arjuna: Il guerriero eroe della Bhagavad Gita. Uno dei fratelli Pandava.

Asana: Posizione di yoga o posizione del corpo nella meditazione e nell’e-sercizio fisico.

Ashram: Comunità spirituale, scuola spirituale.

Astanga yoga: La via in otto fasi dello yoga descritta da Patanjali, o Yogadella Trascendenza.

Atman: Il Sé o Anima; indica inoltre l’Anima Suprema, alla qualesecondo la filosofia non dualista del Vedanta, è identica in essenzal’anima individuale, l’aspetto immanente di Dio.

Avatara: Un’incarnazione di Dio. La discesa del Divino nel corpo divi-nizzato dell’illuminato. Dio in forma umana, nato per la redenzionedelle anime sofferenti.

Atmarama: Stabilito nel Sé, soddisfatto nel Sé, lo yogi che è testimonedel gioco divino.

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.......................................................................................................................................................................................................LA VITA DI UNO YOGI DELL’HIMALAYA BABA LOKENATH

Badrikashram: Un sacro luogo di pellegrinaggio dedicato a Vishnu,situato nell’Himalaya.

Bael: Un albero i cui frutti e foglie sono sacri a Shiva.

Bhagavad Gita: Letteralmente: “La Canzone di Dio”. I diciotto capito-li di quest’opera fanno parte del poema epico indiano Mahabharata.

Bhakti: Relazione d’amore con il Dio Personale, devozione a Dio, amoredi Dio. È una delle principali discipline spirituali dell’induismo. Ildevoto ama Dio con il cuore e l’anima, senza aspettarsi nulla di mate-riale in cambio.

Bharat: Un fratello di Sri Rama. La terra di Bharat si riferisce all’India.

Brahma: Il Dio creatore, la prima Persona della Trinità induista, di cuigli altri due componenti sono Vishnu e Shiva.

Brahma Jnana: Realizzazione di Dio.

Brahmachari: Il ricercatore che ha fatto voto di celibato e totale dedi-zione a Dio.

Brahmacharia: Letteralmente: “condotta braminica”. Indica essenzial-mente l’ideale della castità. All’aspirante viene chiesto di emulare lacondizione asessuata del Brahman per poter conservare e coltivare ilgrande potere insito nello sperma.

Brahman: L’Assoluto, la realtà suprema, l’Esistenza Onnipervadente. LaRealtà Assoluta della filosofia del Vedanta.

Bramino: Membro della casta sacerdotale, la più elevata nella societàinduista.

Brahma Loca: La regione di Brahma, che corrisponde al cielo più altodelle regioni dualiste dove vanno le anime spiritualmente evolutedopo la morte.

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Brahmo-Samaj: Un movimento di riforma socio-religiosa in India fon-dato da Raja Rammohan Roy, 1774-1833.

Bal bhog: Pasto del mattino, che Baba consumava tra le 9 e le 9.30.

Buddha: “l’illuminato”. Il termine si riferisce specificamente aGautama-Buddha, 560-480 a.C. Nato come principe Siddhartha,rinunciò al mondo per diventare uno dei grandi insegnanti spiritualidella storia e fondatore del Buddismo.

Chakra: Ruota, plesso, centro: i setti centri fisiologici nel corpo sottilelocalizzati lungo la colonna vertebrale, alla sommità della testa, tra lesopracciglia, alla gola, al cuore, all’ombelico, all’addome e alla basedella colonna vertebrale.

Chaitanya Mahaprabhu: Profeta nato nel 1485 e vissuto in Bengala, pre-dicò l’importanza nella via dell’amore divino per la realizzazione di Dio.

Corano, o Koran: Il libro sacro dell’Islam.

Darshan: Offrire rispetti a un luogo sacro o a una persona con una visitacerimoniale. La benedizione o purificazione percepita nella presenzadella santità.

Dei e dee: Gli dei e le dee sono differenti forme dell’Unico Sé assolutoche compie il gioco divino della creazione, del mantenimento e delladistruzione di miriadi di forme di vita.

Devoto: Il termine viene usato in questo libro per definire una personadevota a Dio, generalmente sulla via dell’amore. Un devoto di BabaLokenath è uno che gli è devoto e segue i suoi insegnamenti.

Dharana: Concentrazione.

Dharma: Dovere, legge, rettitudine e virtù. Nell’induismo definisce lalegge della crescita interiore determinata dalle azioni dell’uomo nellesue vite passate, che influenzano il suo attuale modo di vivere.

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.......................................................................................................................................................................................................LA VITA DI UNO YOGI DELL’HIMALAYA BABA LOKENATH

Dhruva: Un bambino che era devoto di Vishnu. Conosciuto anchecome colui che controlla la Stella Polare.

Dhyana: Profondo stato di meditazione.

Draupadi: Moglie dei principi Pandava nel Mahabharata, figlia del reDrupada.

Età dell’oro: Si riferisce a un’epoca in cui la maggioranza della gente intutto il mondo segue la via della verità e della rettitudine, dell’amo-re e del sacrificio.

Filo sacro, cerimonia del: Un rituale per i ragazzi nati in una famiglia dibramini. Alla presenza del fuoco sacro il ragazzo viene iniziato allarecitazione del mahamantra Gayatri da un bramino anziano.

Gayatri mantra: Il mantra più sacro e famoso dell’induismo, che vienerecitato sin dagli antichi tempi vedici.

Gomukha-asana: Posizione dello yoga. La fotografia di Baba lo mostraseduto in questa posizione.

Guna: Le tre qualità che caratterizzano la sostanza primordiale, i matto-ni fondamentali della natura che legano il sé incarnato a un partico-lare corpo. Le qualità sono Sattva - purezza e armonia, Rajas - emo-zione e azione, Tamas - inerzia e tenebra.

Guru: Il maestro illuminato, precettore spirituale, insegnante.

Gurubhakti: Devozione al maestro.

Hari: Dio, uno dei molti nomi di Vishnu o Krishna.

Jagadguru: Insegnante del mondo, ‘jagat’.

Japa: La pratica di ripetere il Santo Nome di Dio; o in genere il propriomantra.

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Jatishmara: Una persona che ricorda le vite passate fin dalla nascita.

Jivanmukta: Uno che ha raggiunto la liberazione mentre vive nel corpo.

Jnana: Conoscenza, saggezza, comprensione.

Kali: Un nome della Madre divina. Kali simboleggia l’aspetto dinamicodello spirito, l’energia primordiale.

Kama: Soddisfazione del desiderio, uno dei quattro scopi della ricercaumana.

Kali Yuga: L’età del ferro. L’età delle forze che dividono, della violenza,della falsità, della vanagloria del sé, che governano questa epoca.L’unico aspetto positivo di questo Kali yuga è che le persone che sonodevote a Dio e che cantano il nome di Dio saranno liberate dalle sof-ferenze.

Kalpataru: L’albero che soddisfa i desideri. Secondo la mitologia indui-sta, tutto ciò che si desidera stando seduti sotto il Kalpataru si realiz-za istantaneamente.

Kamakshya: L’antico tempio dedicato alla Madre divina. Il più grandesantuario della Shakti, l’energia divina, situato in cima a una collinanella città di Guwahati, la capitale dello stato dell’Assam, nell’Indianord-orientale.

Karma: Azione in generale; catena di causa ed effetto che opera nelmondo mortale.

Khitchri: Un piatto preparato con riso e lenticchie bolliti.

Krishna: Una delle incarnazioni più adorate nell’induismo.

Kurukshetra: Il campo di battaglia sul quale Krishna istruì Arjuna nellaBhagavad Gita.

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.......................................................................................................................................................................................................LA VITA DI UNO YOGI DELL’HIMALAYA BABA LOKENATH

Lakshmana: Il fratello di Sri Rama.

Lakshmi, Laxmi: La Madre divina come Dea della ricchezza e consortedi Vishnu.

Lalate: Sulla fronte. È credenza che il destino sia scritto sulla fronte.

Lila: Il gioco divino in cui lo stesso attore, Dio, svolge tutti i ruoli.

Lokenath: Letteralmente, il maestro di tutti i ‘loka’, i mondi, fisici emetafisici.

Mahabharata: Il grande poema epico dell’India che comprende la BhagavadGita.

Mahabhav: Unità estatica con il Supremo.

Mahamaya: La grande incantatrice, la Madre dell’Universo, la realtàdivina. Mahamaya è la potenza del Brahman; da una parte è Lei chegetta un velo sugli occhi delle creature per perpetuare la creazione;d’altra parte è sempre lei che libera tutti gli esseri dalle trappole delmondo.

Mahapurusha: Uno yogi che ha raggiunto un livello molto elevato.

Mahasamadhi: La dipartita finale degli illuminati; l’atto consapevolecon cui un maestro lascio il corpo per unirsi eternamente con il Sécosmico.

Mahatma: Grande Anima. Una persona santa. Una persona che viveper la felicità degli altri.

Mahavir: Un nome di Hanuman, la scimmia devota a Rama, e profetadei Giainisti.

Manikarnika Ghat: Famoso luogo di cremazione sulla riva del Gange aVaranasi. Si crede che Shiva stesso sussurri il mantra divino all’orecchio

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dei cadaveri che vengono portati in questo luogo per la cremazione,garantendo loro la liberazione.

Mantra: Il particolare nome di Dio che corrisponde all’ideale presceltodal discepolo, con il quale il discepolo viene iniziato alla vita spiri-tuale dal suo guru. Il mantra rappresenta l’essenza delle istruzioni delguru al discepolo, che deve mantenerlo sacro e segreto, e meditaresull’aspetto di Dio che simboleggia, per il resto della sua vita. Il man-tra è usato nel Japa.

Manosarovar: Un grande lago ai piedi delle montagne Kailashnell’Himalaya.

Maya: Letteralmente: “illusione”. Un termine della filosofia induistache definisce l’ignoranza che oscura la visione della realtà; l’illusionecosmica che fa sì che l’Unico appaia come molteplice e l’Assolutocome relativo.

Mohammed o Maometto: Secondo l’Islam, l’ultimo dei messaggeri divi-ni inviati da Allah, Dio.

Naistic brahmachari: A differenza dei brahmachari che indossano abitibianchi, il Naistic indossa abiti color ocra e deve seguire delle regolepiù ortodosse di celibato, regole alimentari, eccetera, secondo questoordine monacale.

Nirvikalpa samadhi: Il livello più alto del samadhi, lo stato di unionesenza forma con Dio.

Nishkama karma: Azione dedicata, azione disinteressata, azione liberadal desiderio.

Om, Aum: La sillaba sacra che è il più antico e venerato tra tutti i man-tra induisti. Il suono “Om” simboleggia il Divino. Om è la parola nondifferenziata che ha prodotto tutte le manifestazioni. La forma sono-ra del Senza Forma.

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.......................................................................................................................................................................................................LA VITA DI UNO YOGI DELL’HIMALAYA BABA LOKENATH

Paduka: I sandali di legno generalmente usati da sannyasi e monaci. Idiscepoli e i devoti adorano i sandali del guru come incarnazionedella sua grazia.

Paramatman: Il Tutto, la Divinità suprema. Dio.

Patanjali: L’autore degli Yoga Sutra, fondatore del sistema dello yoga,uno dei sei sistemi della filosofia induista ortodossa, che tratta delcontrollo della mente, della meditazione, eccetera.

Pir, peer: Santo Sufi; insegnante.

Prahlad: Il figlio del re demone Hiranyakashipu, menzionato nelBhagavatam, che rimase incrollabile nella devozione a Vishnu, il suoideale prescelto, nonostante ripetute torture e attentati alla sua vitada parte del suo malvagio padre.

Prana: L’energia vitale del corpo.

Pranayama: Controllo dell’energia vitale (prana) attraverso la praticadegli esercizi di respirazione.

Prarabdha: Prarabdha è quella parte di accumuli del passato con cuinascono gli esseri umani, e che determina la felicità e le sofferenzeche sperimenteranno e attraverso cui l’anima si svilupperà. Il corsodestinato e inalterabile che può essere ridotto di intensità soltantoper la grazia di Dio e del Satguru.

Prasad: Cibo o qualsiasi altra offerta che sia stata presentata a Dio o aun santo con una cerimonia. Una volta benedetta, viene general-mente distribuita ai devoti.

Puja: Rituale di adorazione induista. La Puja è studiata per concentrarela mente su Dio e quindi sulla devozione più alta.

Pundit o Pandit: Uno studioso esperto nelle scritture induiste.

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Purana: Antichi racconti mitologici collegati alla tradizione sacra.

Purnavatar: La pienezza di Dio.

Rama: Una delle incarnazioni divine più popolari dell’induismo; eroeguerriero del Ramayana.

Ramakrishna: 1836-1886. Santo di eccezionali capacità spirituali, la cuivita ispirò il rinascimento moderno del Vedanta.

Ramayana: Il poema epico sanscrito più antico, scritto dal saggioValmiki, che descrive la vita di Sri Rama.

Reincarnazione: La successione di nascita, morte e rinascita che risultadall’ignoranza dell’uomo riguardo alla propria divinità.

Rishi: Un veggente della verità, al quale è stata rivelata la saggezza deiVeda.

Sadhana: La pratica delle discipline spirituali.

Sadhu: Un vero amante di Dio. Il mendicante errante. Il rinunciante,un monaco, un santo.

Samadarshana: Si riferisce al livello di una persona che osserva il Sé inogni cosa. La Bhagavad Gita elogia tale persona come il più avanzatotra gli yogi.

Samadhi: Lo stato di supercoscienza in cui l’uomo sperimenta l’identitàcon la Realtà suprema. Unione estatica con Dio.

Samskara: Impressione o tendenza creata nella mente di una personacome risultato di un’azione o di un pensiero. La somma totale deisamskara di una persona, compresi quelli delle vite precedenti, formail suo carattere.

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.......................................................................................................................................................................................................LA VITA DI UNO YOGI DELL’HIMALAYA BABA LOKENATH

Sanatana Dharma: La religione eterna dell’uomo basata sui principisenza tempo dei Veda; nome tradizionale dell’induismo.

Sandhya: La “giunzione del tempo” all’alba, a mezzogiorno o al tramon-to. Durante questi periodi il campo di energia di Madre Natura è almassimo. I ricercatori dovrebbero meditare in questi momenti perottenere il massimo beneficio dalla natura esterna e interna.

Sannyasi: Un monaco che ha accettato il voto di rinuncia del sannyas.

Sanscrito: L’antica lingua dell’India. La maggior parte delle scritturesacre induiste sono scritte in questa lingua.

Sat-Cit-Ananda: Esistenza Assoluta, Conoscenza Assoluta, GioiaAssoluta; aspetti del Brahman.

Satya-Yuga: L’età dell’oro.

Shankaracharya: 688-720. Uno dei più grandi santi e filosofi dell’India,principale esponente dell’Advaita Vedanta.

Shakti, Sakti: Dio come madre dell’Universo, personificazione dell’e-nergia primordiale o potere del Brahman.

Shiva: Letteralmente: “il Buono”. Dio nel Suo aspetto di distruttore del-l’universo. È la terza persona nella trinità induista, adorato anchecome la realtà suprema.

Shraddha: Fede nelle verità delle scritture e negli insegnamenti del guru.

Siddhi: Poteri che vengono acquisiti attraverso una lunga e intensadisciplina spirituale.

Sita: Consorte di Sri Rama, figlia di re Janaka.

Sitala Devi: Una dea che annuncia la varicella.

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Sri: Questa parola (che significa “onorato” o “santo”) viene usata comeprefisso per onorare una divinità, una persona santa o un libro sacro.

Svarupa: La natura essenziale di una cosa; per esempio, la solidità è unacaratteristica propria dell’elemento terra.

Sufi: Praticante del misticismo islamico.

Sumeru: Il sacro Monte Meru della mitologia induista. Sri Krishnadichiara nella Bhagavad Gita che tra tutte le Montagne Lui è ilSumeru. Questa montagna è situata nell’estremo Nord del pianeta edè visitata da tutti gli esseri celesti.

Tantra: Una filosofia religiosa secondo la quale Shakti è generalmentela divinità principale oggetto di adorazione e l’universo è considera-to il gioco divino di Shakti e Shiva.

Upanisad: Le sacre scritture induiste che contengono l’aspetto filosofi-co dei Veda e trattano principalmente della conoscenza di Dio eriportano le esperienze spirituali dei saggi dell’antica India.

Veda: Le scritture più antiche degli induisti, considerate dagli ortodossicome rivelazione divina diretta e suprema autorità in tutte le que-stioni religiose.

Vedanta: Letteralmente: “la conclusione o essenza dei Veda”. Un siste-ma di filosofia discusso nelle Upanisad, nel Brahma Sutra e nellaBhagavad Gita.

Vedantin: Vedantin è chi segue la via della filosofia del Vedanta, ilMonismo. Il Sé Non-Duale.

Vichara: Discriminazione tra giusto e sbagliato, transitorio e permanen-te; uno stato di consapevolezza.

Yajna: Antico rituale vedico del fuoco.

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GLOSSARIO

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.......................................................................................................................................................................................................LA VITA DI UNO YOGI DELL’HIMALAYA BABA LOKENATH

Yoga: L’unione dell’anima individuale con l’Anima Suprema. Anche, ladisciplina attraverso la quale tale unione viene effettuata.

Yoga integrale: La Via della sintesi tra Jnana-yoga, Karma-yoga, Bhakti-yoga e Astanga yoga di Patanjali.

Yoga Siddha: Perfezione dello yoga.

Yoga Sutra: I famosi aforismi sulla filosofia e la pratica dello yoga, com-pilati da Patanjali.

Yudhisthira: Il maggiore dei cinque fratelli Pandava della grande epopeadel Mahabharata. È chiamato anche Dharma Raj, il re virtuoso.

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Finito di stamparenel mese di maggio 2014

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