LibreriaFilosofica’ attraverso’ la scelta di’ ’di ... · 4 5 ottobre 2002 Armando Girotti...
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ottobre 2002 Armando Girotti Corso di perfezionamento “Metodologia dell’insegnamento filosofico”
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Armando Girotti
APPLICAZIONI PRATICHE MULTIMEDIALI NELLA DIDATTICA PER CONCETTI
Progetto Immaginando di voler attuare con una classe un lavoro che si riferisca al
modello della didattica per concetti, si può utilizzare la multimedialità, partendo dall’analisi di un tema; se ne prenda ad esempio uno come “normatività e autonomia”. Esso può essere posto in due modi diversi, a seconda che si voglia costruire un percorso basato sulle teorie che nello svolgimento della storia del pensiero si sono avvicendate, e quindi seguendo un itinerario di tipo storico, oppure che si abbia l’intenzione di estenderlo oltre l’acquisizione di un patrimonio culturale-‐nozionistico, allargandolo, anche e soprattutto, alla sfera esistenziale degli studenti, e con ciò seguendo un modello d’insegnamento che si rifà al metodo zetetico (cfr. Kant, non s’insegna la filosofia, ma a filosofare). La mia esemplificazione s’indirizza più volentieri verso la seconda opzione in quanto mi sembra più consono alla filosofia calarsi all’interno della formazione umana del soggetto, per dargli l’opportunità di riflettere su quei temi filosofici che potrebbero avere influenze anche su di lui, senza però dimenticare, come si vedrà, che quegli stessi problemi trovano il loro fondamento nella storia del pensiero.
Per procedere lungo la direzione di questa scelta occorre però che il tema venga posto in forma problematica, nucleo fondante della filosofia, come se stessimo seguendo un insegnamento filosofico della filosofia, e perciò occorre dare al tema una coloritura più interrogativa: “obbligatorietà normativa per tutti o autonomia morale del singolo?”.
Con quale canone? A questo punto, soffermando l’attenzione su alcune premesse teoriche, sarà
bene considerare che il lavoro nella sua trattazione può essere svolto sia
attraverso la scelta di una filosofia di riferimento, cui rapportare le singole riflessioni, sia cercando uno strumento che possa offrire una certa, per così dire, equanimità. Nel primo caso si attuerebbe quella opzione teoretica che, a mio avviso, è troppo condizionante perché offre già la soluzione del problema; così facendo si cadrebbe in quel modello teoretico-‐sistematico nel quale l’insegnamento della filosofia capitolò fin dai tempi della riforma di Michele Amari (1863), quando il ministro optò per un insegnamento della filosofia non tanto per cadenze storiche, quanto per settori – metafisica, logica, etica – assumendo la filosofia positivistica come strumento che considerava ‘vere’ o ‘false’ le altre filosofie; nel secondo caso si starebbe lontani da ideologizzazione o imbonimento, cui non fu estranea neppure l’opzione compiuta negli anni cinquanta, quando il dibattito sulle metodologie di insegnamento si rianimò, da parte di chi scelse il modello critico invece di quello concernente il sapere storico. Ammesso, dunque, l’accoglimento favorevole di un insegnamento di tipo zetetico, è necessario però a monte assumere una chiave ermeneutica che permetta di affrontare il problema, senza per questo indirizzare gli studenti verso una soluzione già precostituita. La chiave ermeneutica, nel caso specifico, insiste sulla fedeltà ai documenti dei filosofi che hanno consegnato alla storia la loro interpretazione, permettendo così, in seconda battuta, un allargamento del problema con successiva presa di posizione personale degli studenti; perciò, partendo dall’esplicitazione dei concetti che stanno all’interno del problema, li si connetterà con l’aiuto di alcuni passi di autori che questo problema hanno affrontato (ciò permetterà di confrontare soluzioni diverse, senza che si traggano delle conclusioni avventate, che non si confanno alla scelta di equanimità che sta alla base della scelta metodologica testé dichiarata).
In che cosa consiste il lavoro: Il lavoro multimediale consisterà nella costruzione di una mappa concettuale
che, via via, si complicherà, mettendo tra loro in relazione un numero sempre maggiore di contenuti semantici, le cui connessioni con altri concetti determineranno nello studente un coinvolgimento mentale, una nuova strutturazione semantica dovuta sia ai suoi necessari sviluppi mentali sia alle soluzioni proposte dai vari pensatori. Non si crede con ciò né di costruire una storia della filosofia, né di imbonire gli studenti attraverso un’ideologia, né di convincerli della bontà di una soluzione nei confronti delle altre, ma si tratta di mostrare come la discussione su di un problema sia molto più complessa di quanto sembri a prima vista; posto un problema esso va argomentato con stringente consequenzialità, rimettendo in gioco vari concetti richiamati dal problema, confutandone altri che ostacolano il proprio punto di vista, per
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giungere alla fine ad una conclusione fondata; esso può anche prender le mosse da una, per così dire, ‘argomentazione impossibile’, cioè da un confronto teorico tra autori di epoche diverse e di formazione culturale differenti, messi in relazione a posteriori dagli stessi studenti, ma non può fermarsi ad una tiritera di posizioni tra loro concordanti o discordanti; c’è la necessità di creare un lavoro filosofico e non un sapere che, come disse uno studente liceale poco tempo fa nei suoi desiderata: “non vorrei che la filosofia ricalcasse le orme dell’insegnamento della letteratura italiana”. Ahimè, evidentemente il suo insegnante di filosofia aveva seguito un metodo dossografico, credendolo storico, e così ha affossato la filosoficità della filosofia! Se si vuole rendere la filosofia ‘cosa filosofica’, invece di criticare, come succede troppo spesso, le nuove tecnologie che ‘fanno giocare il ragazzo senza insegnargli niente’, cerchiamo di vedere come queste possano essere calate nell’insegnamento filosofico, facendo loro conseguire quel salto di qualità che permette alla filosofia di utilizzare ogni strumento per mostrarsi così al di sopra di ogni mezzo tanto da nobilitare gli stessi dispositivi utilizzati.
Incominciamo a costruire le mappe: Ma torniamo al tema; posto il problema, la mappa iniziale da congegnare,
prima sulla carta e solo in un secondo tempo al computer, potrebbe essere quella dell’immagine n. 1.
Il lavoro di mappatura sarà tanto più utile quanto maggiore sarà stato il coinvolgimento degli studenti, perciò il primo approccio potrebbe essere dialogico; quanto viene realizzato va compiuto ‘assieme’ agli studenti. Con la costruzione della mappa si attiva nei soggetti quella formazione di tipo sintattico che fonda i nessi filosofici, si evidenziano così le strutture che stanno alla base di un problema specifico, ma nello stesso tempo si insegna un metodo di lavoro che, partendo dai primi mattoni, va verso la costruzione di un fabbricato molto complesso, composto di piani superiori, con finestre, poggioli e magari fiorellini sui davanzali; questo metodo è talmente duttile che può addirittura essere esportato anche nell’analisi di altri problemi. Se gli studenti saranno coinvolti nella ricerca della definizione terminologica, nell’analisi delle varie accezioni dei termini, con l’aiuto di un vocabolario o di un dizionarietto filosofico, si attiverà un secondo livello di formazione di base, ottenendo l’attivazione di una formazione semantica; quando poi si arriverà a rivedere il percorso, anche lasciandosi coinvolgere dal problema precisando le proprie scelte, allora si attiverà quell’educazione di tipo pragmatico1 che Kant vedeva con piacere come sbocco del metodo zetetico2.
1 I tre termini sintattico, semantico, pragmatico si possono far risalire a Peirce, anche se è stato
Morris (Lineamenti di una teoria dei segni, Paravia, To. 1954; Segni, linguaggio e comportamenti, Longanesi, Mi. 1963) a proporre l’analisi, schematizzandola e definendone in termini chiari la classificazione nel 1938; per sintattica egli intese lo studio delle relazioni formali dei segni l'uno con l'altro, per semantica lo studio delle relazioni dei segni con gli oggetti a cui i segni sono applicabili e con pragmatica lo studio delle relazioni dei segni con chi li interpreta. Nel 1942 Carnap riprese la formulazione di Morris dicendo: "Se in un'indagine si fa esplicito riferimento al parlante, ... allora la assegniamo al campo della pragmatica [...]. Se facciamo astrazione dall'utente ... e analizziamo solo le espressioni e i loro designata, ci troviamo nel campo della semantica. Infine, se facciamo astrazione anche dai designata e analizziamo solo le relazioni fra le espressioni, siamo nel campo della sintassi". Nel 1946 Morris riprendendo tale classificazione affermò: "La pragmatica è quella parte della semiotica che si occupa dell'origine, gli usi e gli effetti dei segni all'interno del comportamento in cui occorrono; la semantica si occupa delle significanze dei segni in tutte le guise del significare; la sintattica si occupa delle combinazioni dei segni a prescindere dalle loro significazioni specifiche o dalla loro relazione con il comportamento all'interno del quale essi concorrono". In conclusione, traducendo in parole povere, potremmo dire che la sintattica studia in che modo i segni sono collegati tra loro, la semantica come sono collegati con le cose, la pragmatica come sono collegati con noi. Rimando chi fosse interessato alla traduzione pratica di un insegnamento pragmatico (anche se ormai datato) al mio volume La filosofia per unità didattiche, Pagus, Treviso 1993.
2 Per un’analisi sul metodo zetetico si veda F. BIANCO, Insegnamento della filosofia: metodo ‘storico’ o metodo ‘zetetico’?, «Paradigmi», 23, 1990; si trova anche in una raccolta curata da R.M. CALCATERRA, L’insegnamento della filosofia oggi. Prospettive teoriche e questioni didattiche, Schena, Fasano 1994 che riporta saggi e interventi apparsi su «Paradigmi» negli anni che vanno dal 1990 al 1993. L'articolo parte dalla considerazione esibita da Kant che non si possa insegnare la filosofia ma solo a filosofare, cioè che nell’insegnamento della filosofia non sia importante apprendere un patrimonio di conoscenze già date, ma sia fondamentale l’esercizio del nostro stesso raziocinio.
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Una volta date le definizioni, si possono cercare le connessioni all’interno dei termini, diventati ora concetti; questi concetti andranno a creare una ragnatela che potrà anche dar luogo, in un terzo tempo, ad una forma ipertestuale (a tal riguardo si sottolinea la duttilità del metodo della ‘didattica per concetti’, come uno dei più adatti per l’utilizzo della multimedialità3).
In tal modo la mappa si raffina, complicandosi sempre più, arrivando così ad una seconda produzione, simile all’immagine numero 2.
Come si vede già in questo secondo passaggio, nel cercare le definizioni
terminologiche, ci s’imbatte in inevitabili connessioni tra concetti, come ad esempio comando, divieto, libertà, condizionamento, che ci daranno l’opportunità di espandere la mappa facendola diventare sempre più
L’autore conduce anche una disamina sul metodo storico che da Hegel e da Gentile prende le mosse per poi sottolineare che l’interesse nell’insegnamento non può ridursi a vedere 'come sono andate le cose', ma deve legarsi all’interesse filosofico che scaturisce dalle questioni che si incontrano nella vita. Compito del docente, quindi, dovrebbe essere quello di sollecitare, attraverso il metodo zetetico, il suo uditorio all'esplicitazione degli interessi legati all’esperienza di ciascuno e ai problemi a quelli connessi. Si sofferma poi ad analizzare tre ordini di difficoltà che si presentano al docente che volesse istituzionalizzare tale tipo di insegnamento, per concludere poi che ogni reale avvicinamento al passato, ogni domanda che venga ad esso posta, non può che essere mediata dai problemi del soggetto che si avvicina alla filosofia.
3 Si veda a tal riguardo il volume di E. DAMIANO (a cura di), Insegnare con i concetti. Un modello didattico fra scienza e insegnamento, SEI, Torino 1994.
coinvolgente, come appare dall’immagine 3.
I concetti che via via compaiono possono essere trattati o per conformità o per
differenza: per conformità, quando si cercano delle somiglianze, delle analogie, delle affinità, delle contiguità con i significati iniziali (ad esempio libertà che cosa significa e quali attività umane coinvolge, ecc…); per differenza, quando si sondano i concetti, esplorandoli al di là dei loro confini, nei concetti divergenti, discordanti, disarmonici, in quelli che sono in contrasto con i primi (ad esempio comando differisce da consiglio o massima). Procedendo in questo modo si implicano altri concetti come ad esempio intelligenza, volontà, responsabilità, termini che possono aprire ulteriori sbocchi verso altri lidi come ad esempio sanzione, scelta (cfr. scelta in ARISTOTELE, Et. Nic., 3, 2, 1111b; oppure scelta della medietà, Et. Nic., II, 6, 1107a 6).
Per un lavoro filosofico, prima parte: A questo punto però, con la specificazione dei termini, con la loro definizione
e con i loro coinvolgimenti, il lavoro è rimasto solo all’inizio; la funzione problematica non è ancora stata attivata; ogni problema, infatti, non implica solo concetti, ma li usa per argomentare; dunque occorre ora vedere, attraverso i testi dei filosofi, come siano stati affrontati i singoli concetti dai filosofi che hanno preso posizioni differenti sullo stesso tema. Così la mappa che si sta costruendo
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con gli studenti si sostanzia con altre trame che, o sono già in loro possesso, o sono predisposte dal docente; nel primo caso la mappatura del problema è un impegno che sintetizza tutto il lavoro svolto nell’arco di una frazione di tempo annuale (con ciò coinvolgendo le capacità di sintesi del gruppo classe), nel secondo caso la mappatura è l’estrinsecazione visiva di un procedimento lineare di tipo skinneriano che, a mano a mano che si dipana, rende note le implicanze concettuali. In un caso o nell’altro la mappa prosegue con riferimenti a documenti filosofici riguardanti alcuni concetti fin qui incontrati, come ad esempio: il consiglio (che in TOMMASO coinvolge sia il giudizio sia la scelta, In III Ethic, lez. VII-‐IX), l’intelletto (TOMMASO, In II Sent., d.38, a.2, q.2; ALBERTO MAGNO, Metaph., XI, I, 91) che appare strettamente legato con la volontà (ARISTOTELE, Et. Nic., III, 5; TOMMASO, De Veritate, q.22, a.13; TOMMASO, Summa theol., I, q.82, aa.3-‐4), la responsabilità legata strettamente alla intenzionalità (ARISTOTELE, Et. Nic., III, 4; BONAVENTURA, In II Sent., d.38, a.2, q.I sed c. ed anche q.2, ad arg.; TOMMASO, De intentione, I-‐II, q.12); sul concetto di fare il bene ed evitare il male si possono leggere i passi di Agostino, Contra Faustum, I, 22, c.27, o quelli di TOMMASO, Summa theol., I, II, q. 94, a. 12. Naturalmente queste sono solo indicazioni di massima che vanno poi riferite al proprio programma, ma che qui interessano meno, poiché lo scopo è prettamente metodologico.
A che cosa servono i testi dei filosofi nel lavoro multimediale se non ad essere sintetizzati, schematizzati, resi fruibili ‘a vista’ con il rendere manifesta la loro argomentazione, la loro tesi iniziale, il discorso a sostegno, le confutazioni? Riscrivere il documento non avrebbe senso (la videata deve racchiudere già tutto, e ciò che esce dalla videata va posto come nuova finestra), né si farebbe un lavoro a fondo se si riportasse una sola frase, a meno che non fosse quella sintomatica, includente il nucleo fondamentale del pensiero del filosofo; meglio sarebbe però aprire una finestra sull’argomentazione sostenuta; in effetti il lavoro che vogliamo costruire con la multimedialità è legato strettamente alla problematizzazione svolta dai filosofi intorno ad una tematica. Il percorso può snodarsi sulle vie che sono state trattate nel corso dell’insegnamento mensile, quadrimestrale, annuale, nel caso in cui il lavoro sia rivolto al recupero sintetico del programma svolto, o su quelle che s’intendono percorrere con la classe, nel caso in cui ci si accinga ad affrontare per la prima volta la tematica, con l’idea di allargarla ad una successiva analisi; in entrambi i casi occorre non venga perso di vista l’obiettivo che si deve raggiungere, la problematizzazione. A tale scopo potranno essere messi in gioco (contenutisticamente) il principio etico di bene che per Platone ha un valore forte, mentre per Protagora è quello riconosciuto dal consesso umano (PLATONE, Teeteto, 172b); per Gorgia invece il bene risiede nella decisione momentanea del soggetto (DIELS, FVS, 82 B11, 1); quest’ultima visione fu talmente direttiva da
diventare per Antifonte la sola a garantire un equilibrio (DIELS, FVS, 87 B44a, 21-‐25).
Tutto questo, naturalmente va posto all’interno della mappa, alla quale poi si assoceranno le singole finestre, simili a quelle che appaiono nell’immagine n. 4.
Un secondo livello di approfondimento (critico) può essere raggiunto
attraverso l’inserimento di letture critiche al riguardo; si pensi ad esempio, da una parte alla valutazione di Bausola (La teologia aristotelica¸ pp. 57-‐58) che definisce classista la visione di chi considera inscindibili il bene dalla conoscenza, in quanto solo pochi uomini sarebbero capaci di intelligenza profonda, dall’altra al giudizio di Jaeger (Aristotele, pp. 541-‐543) che mette in guardia da tale pericolo in quanto l’intelligenza del bene potrebbe diventare semplice contemplazione del vero (si veda l’esempio nell’immagine n. 5).
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Dal concetto di bene si può anche partire per seguire una via che analizza il
bene del singolo, quello della famiglia e quello della città, per cui avremo una nuova espansione della mappa, come da immagine n. 6.
Le espansioni possono continuare tenendo presente che la problematicità sarà tanto più coinvolgente quanto maggiore è il numero di visioni di autori diversi (meglio sarebbe dire quanto maggiore è il numero di modelli di razionalità che reggono le visioni dei singoli autori); il loro confronto determinerà la crescita del problema.
Per un lavoro filosofico, seconda parte: Nella presente esemplificazione non si è voluto condurre a termine un lavoro
ipertestuale; si è solo inteso mostrare come sia possibile, partendo da un tema, tradurlo in un lavoro di schematizzazione sintetica a mappe concettuali, utili per la evidenziazione dei nessi o degli intrecci propri di un problema; i problemi, infatti, non sono mai così semplici come sembrano quando si leggono le argomentazioni del filosofo; ogni argomentazione prende in esame non tutte le possibilità, ma solo quelle che il filosofo ritiene più facilmente difendibili in quanto credibili o ragionevoli, oppure quelle che possono essere confutate con maggiore evidenza.
Il lavoro di problematizzazione con la classe non si conclude però con una schematizzazione delle posizioni dei singoli autori o dei singoli modelli di razionalità; esso va affrontato, se si vuole che l’insegnamento della filosofia sia filosofico, anche dal punto di vista del soggetto, secondo una lettura di tipo pragmatico o secondo quel metodo zetetico volto a suscitare domande e a porre problemi piuttosto che diretto a fermarsi alla presentazione di risposte provenienti da altri; e così la problematizzazione avverrebbe se si mettessero in parallelo le soluzioni dei filosofi con una propria visione della vita e quindi con una propria presa di posizione, però argomentata; e l’argomentazione sarà tanto più possibile quanto maggiore sarà stato il coinvolgimento mentre si enucleavano i concetti nell’illustrazione del tema-‐problema. Lavorare per mappe concettuali può dunque insegnare ai giovani anche ad argomentare se, una volta conclusa la mappa si chiederà loro di difendere, attraverso il tracciato che è nelle loro mani, una tesi, o assegnata o scelta autonomamente.
Due schemi: Uno schema argomentativo da cui partire potrebbe essere il seguente:
1. Problema: (è la messa in questione di un tema; nel nostro caso “obbligatorietà normativa per tutti o autonomia morale del singolo?”).
2. Tesi: (io sono convinto che….). 3. Descrizione della situazione di partenza che ha provocato il sorgere della tesi. 4. Antitesi: (c’è invece chi dice che…).
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5. Argomento a sostegno dell’antitesi (almeno uno, meglio se due o tre; non di più altrimenti l’interlocutore si stanca) (perché qualcuno sostiene che...).
6. Esempi a sostegno dell’antitesi (inframezzati agli argomenti o a sé stanti) (infatti, per esempio, si dice che...).
7. Obiezioni all’antitesi (con la conclusione che l’antitesi è errata e quindi con la riconferma della tesi) (io sostengo che non è valida la sua posizione).
8. Riconferma della tesi con argomenti a sostegno (io sostengo invece che.. perché...).
9. Esempi a sostegno della tesi (infatti, se noi ci riferiamo ad esempio a...). 10. Citazione di persone degne di fede che hanno o potrebbero avere sostenuta
la tesi. 11. Conclusione che rimanda alla validità della tesi. Schema di aiuto (per lo studente): • strategie efficaci sono gli inserimenti di argomenti che: • siano condivisibili da una grande maggioranza di persone, • si basino su principi di ordine generale, • si rifacciano a pensatori autorevoli, • citino testi fondamentali, • si richiamino al comportamento di persone dotate di forza carismatica, • introducano aspetti del problema a volte trascurati, • usino l’ironia socratica con la quale smontare le posizioni dell’avversario.
Seguendo il precedente schema lo studente dapprima sulla carta, poi con l’aiuto dello strumento multimediale, potrà creare a suo piacimento finestre che si rimandano, per far sì che la sua argomentazione, richiamandosi anche a tesi di pensatori autorevoli, possa snodarsi denunciando la sua presa di posizione.
Qualche riflessione sul valore aggiunto: Quale valore aggiunto si è dato con questo lavoro multimediale al solito
insegnamento? Non vorrei qui ripetere quanto sostenni in un saggio presentato tempo
addietro4, però vorrei sottolineare che la conciliazione tra insegnamento della filosofia e multimedialità non è immediata; essa esiste se hanno in comune la logica della ricerca e della progettualità, se il prodotto favorisce la capacità di argomentazione del soggetto e il suo approccio problematico alla realtà, con la
4 Si tratta dell’articolo Multimedialità e insegnamento della filosofia pubblicato in «Nuovi
orientamenti di didattica della filosofia», numero 4, 2002, numero monografico di EP.
successiva riflessione e la susseguente messa in discussione dei suoi presupposti del sapere, se genera interattività, intesa come possibilità di rinvenimento di altre forme di comunicazione che mettono in gioco un crescente e sempre più perfezionato riconoscimento, se vengono attivati nuovi sistemi di rappresentazione grafico-‐simbolica, procedure di elaborazione mentale ad elevato tasso di plasticità operativa tali da orientare verso un auto-‐apprendimento ad alta funzione cognitiva. In tutti questi casi ha senso parlare di multimedialità nell’insegnamento della filosofia, e mi sembra che, operando nel modo suesposto, non se ne resti lontani; anzi si attiva quel metodo che fa transitare il docente dalla lezione cattedratica al laboratorio didattico5, che più facilmente può tener conto del reticolo presente nella mente dello studente, dando modo anche alle libere associazioni prodotte dal soggetto di presentarsi con una nuova veste. È in questa prospettiva che lo strumento ipertestuale diventa utile perché, di fronte ai problemi che si ripropongono, si invita il soggetto a riconsiderarli in forma personale, lo si stimola a ricercare altre risposte, nuove vie e nuovi significati, nuovi modi di approccio, e, autointerrogandosi, a comprendere che esistono altri modelli di razionalità, che ogni soluzione trovata è una delle tante che possono decifrare la verità, nessuna delle quali l’abbraccia totalmente.
Le strade offerte dallo strumento multimediale sono plurime; la loro percorrenza potrebbe non concludersi mai, come mai sono conclusi i problemi, che si rinviano l’un l’altro, aprendo a volte spiragli verso altri lidi, a volte voragini che non si possono ignorare. Lo sbocco ipertestuale, necessariamente, va delimitato entro confini ben chiari, per evitare che gli studenti si lascino prendere la mano dalle continue espansioni, magari perdendo di vista la specificità del problema. In effetti sono tanti i concetti che si affacciano all’interno di ogni tema che potrebbero addirittura far nascere molteplici mappe collaterali, non solo contenutistiche o metodologiche, ma anche metacognitive, di secondo livello, comprendenti le strutture a cui i concetti filosofici si rifanno come ad esempio quelle riguardanti i concetti di contrapposizione, di confutazione, di contraddittorietà (cfr. Aristotele, contrari, contraddittori), ecc... Se poi gli
5 Sulla pratica del laboratorio nella disciplina filosofica si veda l’articolo di F. C. MANARA, Imparare
il mestiere di pensare. La progettazione di un laboratorio di Filosofia, in «Bollettino della SFI», n° 172, gennaio-‐aprile 2001, pp. 34-‐63, ricco di note con rimandi a volumi e ad articoli sulla multimedialità, comprendente una bibliografia specifica che qui non si riporta; si veda pure il suo articolo nel sito http://www. athenaforum.org/farefilosofia.net/corso.htm; si veda anche l’articolo di E. RUFFALDI, L’insegnamento della filosofia in Italia, soprattutto nella parte in cui si sofferma a descrivere il laboratorio come attività che indirizza la classe a diventare ‘comunità di ricerca’ (www.athenaforum.org).
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studenti, oltre ad aver appreso di filosofia, si saranno anche appassionati alla riflessione filosofica, ben venga la duttilità del mezzo multimediale accanto, o al posto, della solita ‘lezione fatta di parole’!