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0 1 ottobre 2002 Armando Girotti Corso di perfezionamento “Metodologia dell’insegnamento filosofico” Libreria Filosofica http://www.libreriafilosofica.com/armando-girotti Armando Girotti APPLICAZIONI PRATICHE MULTIMEDIALI NELLA DIDATTICA PER CONCETTI Progetto Immaginando di voler attuare con una classe un lavoro che si riferisca al modello della didattica per concetti, si può utilizzare la multimedialità, partendo dall’analisi di un tema; se ne prenda ad esempio uno come “normatività e autonomia”. Esso può essere posto in due modi diversi, a seconda che si voglia costruire un percorso basato sulle teorie che nello svolgimento della storia del pensiero si sono avvicendate, e quindi seguendo un itinerario di tipo storico, oppure che si abbia l’intenzione di estenderlo oltre l’acquisizione di un patrimonio culturalenozionistico, allargandolo, anche e soprattutto, alla sfera esistenziale degli studenti, e con ciò seguendo un modello d’insegnamento che si rifà al metodo zetetico (cfr. Kant, non s’insegna la filosofia, ma a filosofare). La mia esemplificazione s’indirizza più volentieri verso la seconda opzione in quanto mi sembra più consono alla filosofia calarsi all’interno della formazione umana del soggetto, per dargli l’opportunità di riflettere su quei temi filosofici che potrebbero avere influenze anche su di lui, senza però dimenticare, come si vedrà, che quegli stessi problemi trovano il loro fondamento nella storia del pensiero. Per procedere lungo la direzione di questa scelta occorre però che il tema venga posto in forma problematica, nucleo fondante della filosofia, come se stessimo seguendo un insegnamento filosofico della filosofia, e perciò occorre dare al tema una coloritura più interrogativa: “obbligatorietà normativa per tutti o autonomia morale del singolo?”. Con quale canone? A questo punto, soffermando l’attenzione su alcune premesse teoriche, sarà bene considerare che il lavoro nella sua trattazione può essere svolto sia attraverso la scelta di una filosofia di riferimento, cui rapportare le singole riflessioni, sia cercando uno strumento che possa offrire una certa, per così dire, equanimità. Nel primo caso si attuerebbe quella opzione teoretica che, a mio avviso, è troppo condizionante perché offre già la soluzione del problema; così facendo si cadrebbe in quel modello teoreticosistematico nel quale l’insegnamento della filosofia capitolò fin dai tempi della riforma di Michele Amari (1863), quando il ministro optò per un insegnamento della filosofia non tanto per cadenze storiche, quanto per settori – metafisica, logica, etica – assumendo la filosofia positivistica come strumento che considerava ‘vere’ o ‘false’ le altre filosofie; nel secondo caso si starebbe lontani da ideologizzazione o imbonimento, cui non fu estranea neppure l’opzione compiuta negli anni cinquanta, quando il dibattito sulle metodologie di insegnamento si rianimò, da parte di chi scelse il modello critico invece di quello concernente il sapere storico. Ammesso, dunque, l’accoglimento favorevole di un insegnamento di tipo zetetico, è necessario però a monte assumere una chiave ermeneutica che permetta di affrontare il problema, senza per questo indirizzare gli studenti verso una soluzione già precostituita. La chiave ermeneutica, nel caso specifico, insiste sulla fedeltà ai documenti dei filosofi che hanno consegnato alla storia la loro interpretazione, permettendo così, in seconda battuta, un allargamento del problema con successiva presa di posizione personale degli studenti; perciò, partendo dall’esplicitazione dei concetti che stanno all’interno del problema, li si connetterà con l’aiuto di alcuni passi di autori che questo problema hanno affrontato (ciò permetterà di confrontare soluzioni diverse, senza che si traggano delle conclusioni avventate, che non si confanno alla scelta di equanimità che sta alla base della scelta metodologica testé dichiarata). In che cosa consiste il lavoro: Il lavoro multimediale consisterà nella costruzione di una mappa concettuale che, via via, si complicherà, mettendo tra loro in relazione un numero sempre maggiore di contenuti semantici, le cui connessioni con altri concetti determineranno nello studente un coinvolgimento mentale, una nuova strutturazione semantica dovuta sia ai suoi necessari sviluppi mentali sia alle soluzioni proposte dai vari pensatori. Non si crede con ciò né di costruire una storia della filosofia, né di imbonire gli studenti attraverso un’ideologia, né di convincerli della bontà di una soluzione nei confronti delle altre, ma si tratta di mostrare come la discussione su di un problema sia molto più complessa di quanto sembri a prima vista; posto un problema esso va argomentato con stringente consequenzialità, rimettendo in gioco vari concetti richiamati dal problema, confutandone altri che ostacolano il proprio punto di vista, per

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ottobre 2002 Armando Girotti Corso di perfezionamento “Metodologia dell’insegnamento filosofico”

Libreria  Filosofica  http://www.libreriafilosofica.com/armando-girotti

 

Armando  Girotti  

APPLICAZIONI  PRATICHE  MULTIMEDIALI  NELLA  DIDATTICA  PER  CONCETTI  

 

Progetto  Immaginando   di   voler   attuare   con   una   classe   un   lavoro   che   si   riferisca   al  

modello  della  didattica  per  concetti,   si  può  utilizzare   la  multimedialità,  partendo  dall’analisi   di   un   tema;   se   ne   prenda   ad   esempio   uno   come   “normatività   e  autonomia”.   Esso  può  essere  posto   in  due  modi  diversi,   a   seconda   che   si   voglia  costruire   un   percorso   basato   sulle   teorie   che   nello   svolgimento   della   storia   del  pensiero   si   sono   avvicendate,   e   quindi   seguendo   un   itinerario   di   tipo   storico,  oppure  che  si  abbia  l’intenzione  di  estenderlo  oltre  l’acquisizione  di  un  patrimonio  culturale-­‐nozionistico,   allargandolo,   anche   e   soprattutto,   alla   sfera   esistenziale  degli   studenti,   e   con   ciò   seguendo   un   modello   d’insegnamento   che   si   rifà   al  metodo   zetetico   (cfr.   Kant,   non   s’insegna   la   filosofia,   ma   a   filosofare).   La   mia  esemplificazione  s’indirizza  più  volentieri   verso   la   seconda  opzione   in  quanto  mi  sembra   più   consono   alla   filosofia   calarsi   all’interno   della   formazione   umana   del  soggetto,   per   dargli   l’opportunità   di   riflettere   su   quei   temi   filosofici   che  potrebbero   avere   influenze   anche   su   di   lui,   senza   però   dimenticare,   come   si  vedrà,   che   quegli   stessi   problemi   trovano   il   loro   fondamento   nella   storia   del  pensiero.  

Per   procedere   lungo   la   direzione   di   questa   scelta   occorre   però   che   il   tema  venga   posto   in   forma   problematica,   nucleo   fondante   della   filosofia,   come   se  stessimo   seguendo   un   insegnamento   filosofico   della   filosofia,   e   perciò   occorre  dare  al  tema  una  coloritura  più  interrogativa:  “obbligatorietà  normativa  per  tutti  o  autonomia  morale  del  singolo?”.  

Con  quale  canone?  A  questo  punto,   soffermando   l’attenzione   su  alcune  premesse   teoriche,   sarà  

bene   considerare   che   il   lavoro   nella   sua   trattazione   può   essere   svolto   sia  

attraverso   la   scelta   di   una   filosofia   di   riferimento,   cui   rapportare   le   singole  riflessioni,  sia  cercando  uno  strumento  che  possa  offrire  una  certa,  per  così  dire,  equanimità.   Nel   primo   caso   si   attuerebbe   quella   opzione   teoretica   che,   a   mio  avviso,   è   troppo   condizionante   perché   offre   già   la   soluzione   del   problema;   così  facendo   si   cadrebbe   in   quel   modello   teoretico-­‐sistematico   nel   quale  l’insegnamento  della  filosofia  capitolò  fin  dai  tempi  della  riforma  di  Michele  Amari  (1863),  quando  il  ministro  optò  per  un  insegnamento  della  filosofia  non  tanto  per  cadenze   storiche,   quanto   per   settori   –   metafisica,   logica,   etica   –   assumendo   la  filosofia   positivistica   come   strumento   che   considerava   ‘vere’   o   ‘false’   le   altre  filosofie;  nel  secondo  caso  si  starebbe  lontani  da  ideologizzazione  o  imbonimento,  cui  non   fu  estranea  neppure   l’opzione   compiuta  negli   anni   cinquanta,  quando   il  dibattito   sulle  metodologie   di   insegnamento   si   rianimò,   da   parte   di   chi   scelse   il  modello  critico  invece  di  quello  concernente  il  sapere  storico.  Ammesso,  dunque,  l’accoglimento  favorevole  di  un  insegnamento  di  tipo  zetetico,  è  necessario  però  a  monte  assumere  una  chiave  ermeneutica  che  permetta  di  affrontare  il  problema,  senza  per  questo   indirizzare  gli  studenti  verso  una  soluzione  già  precostituita.  La  chiave   ermeneutica,   nel   caso   specifico,   insiste   sulla   fedeltà   ai   documenti   dei  filosofi   che   hanno   consegnato   alla   storia   la   loro   interpretazione,   permettendo  così,   in   seconda   battuta,   un   allargamento   del   problema   con   successiva   presa   di  posizione   personale   degli   studenti;   perciò,   partendo   dall’esplicitazione   dei  concetti  che  stanno  all’interno  del  problema,  li  si  connetterà  con  l’aiuto  di  alcuni  passi   di   autori   che   questo   problema   hanno   affrontato   (ciò   permetterà   di  confrontare   soluzioni  diverse,   senza  che   si   traggano  delle   conclusioni  avventate,  che   non   si   confanno   alla   scelta   di   equanimità   che   sta   alla   base   della   scelta  metodologica  testé  dichiarata).  

In  che  cosa  consiste  il  lavoro:  Il   lavoro  multimediale  consisterà  nella  costruzione  di  una  mappa  concettuale  

che,   via   via,   si   complicherà,   mettendo   tra   loro   in   relazione   un   numero   sempre  maggiore   di   contenuti   semantici,   le   cui   connessioni   con   altri   concetti  determineranno   nello   studente   un   coinvolgimento   mentale,   una   nuova  strutturazione   semantica   dovuta   sia   ai   suoi   necessari   sviluppi   mentali   sia   alle  soluzioni   proposte   dai   vari   pensatori.   Non   si   crede   con   ciò   né   di   costruire   una  storia   della   filosofia,   né   di   imbonire   gli   studenti   attraverso   un’ideologia,   né   di  convincerli   della  bontà  di   una   soluzione  nei   confronti   delle   altre,  ma   si   tratta  di  mostrare   come   la   discussione   su   di   un   problema   sia   molto   più   complessa   di  quanto   sembri   a   prima   vista;   posto   un   problema   esso   va   argomentato   con  stringente   consequenzialità,   rimettendo   in   gioco   vari   concetti   richiamati   dal  problema,   confutandone   altri   che   ostacolano   il   proprio   punto   di   vista,   per  

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ottobre 2002 Armando Girotti Corso di perfezionamento “Metodologia dell’insegnamento filosofico”

giungere  alla  fine  ad  una  conclusione  fondata;  esso  può  anche  prender   le  mosse  da  una,  per  così  dire,  ‘argomentazione  impossibile’,  cioè  da  un  confronto  teorico  tra  autori  di  epoche  diverse  e  di  formazione  culturale  differenti,  messi  in  relazione  a  posteriori  dagli  stessi  studenti,  ma  non  può  fermarsi  ad  una  tiritera  di  posizioni  tra  loro  concordanti  o  discordanti;  c’è  la  necessità  di  creare  un  lavoro  filosofico  e  non   un   sapere   che,   come   disse   uno   studente   liceale   poco   tempo   fa   nei   suoi  desiderata:  “non  vorrei  che  la  filosofia  ricalcasse  le  orme  dell’insegnamento  della  letteratura   italiana”.   Ahimè,   evidentemente   il   suo   insegnante   di   filosofia   aveva  seguito   un   metodo   dossografico,   credendolo   storico,   e   così   ha   affossato   la  filosoficità  della  filosofia!  Se  si  vuole  rendere  la  filosofia  ‘cosa  filosofica’,  invece  di  criticare,  come  succede   troppo  spesso,   le  nuove   tecnologie  che   ‘fanno  giocare   il  ragazzo   senza   insegnargli   niente’,   cerchiamo   di   vedere   come   queste   possano  essere   calate  nell’insegnamento   filosofico,   facendo   loro   conseguire  quel   salto  di  qualità  che  permette  alla  filosofia  di  utilizzare  ogni  strumento  per  mostrarsi  così  al  di  sopra  di  ogni  mezzo  tanto  da  nobilitare  gli  stessi  dispositivi  utilizzati.  

Incominciamo  a  costruire  le  mappe:  Ma   torniamo   al   tema;   posto   il   problema,   la   mappa   iniziale   da   congegnare,  

prima  sulla  carta  e  solo  in  un  secondo  tempo  al  computer,  potrebbe  essere  quella  dell’immagine  n.  1.  

 

Il   lavoro   di   mappatura   sarà   tanto   più   utile   quanto   maggiore   sarà   stato   il  coinvolgimento   degli   studenti,   perciò   il   primo   approccio   potrebbe   essere  dialogico;   quanto   viene   realizzato   va   compiuto   ‘assieme’   agli   studenti.   Con   la  costruzione  della  mappa  si  attiva  nei  soggetti  quella  formazione  di  tipo  sintattico  che  fonda  i  nessi  filosofici,  si  evidenziano  così  le  strutture  che  stanno  alla  base  di  un  problema  specifico,  ma  nello  stesso  tempo  si  insegna  un  metodo  di  lavoro  che,  partendo   dai   primi   mattoni,   va   verso   la   costruzione   di   un   fabbricato   molto  complesso,   composto  di   piani   superiori,   con   finestre,   poggioli   e  magari   fiorellini  sui   davanzali;   questo   metodo   è   talmente   duttile   che   può   addirittura   essere  esportato   anche   nell’analisi   di   altri   problemi.   Se   gli   studenti   saranno   coinvolti  nella   ricerca   della   definizione   terminologica,   nell’analisi   delle   varie   accezioni   dei  termini,  con  l’aiuto  di  un  vocabolario  o  di  un  dizionarietto  filosofico,  si  attiverà  un  secondo   livello  di   formazione  di  base,  ottenendo   l’attivazione  di  una  formazione  semantica;   quando   poi   si   arriverà   a   rivedere   il   percorso,   anche   lasciandosi  coinvolgere   dal   problema   precisando   le   proprie   scelte,   allora   si   attiverà  quell’educazione  di   tipo  pragmatico1   che  Kant   vedeva   con  piacere   come   sbocco  del  metodo  zetetico2.  

1   I   tre  termini  sintattico,  semantico,  pragmatico  si  possono  far  risalire  a  Peirce,  anche  se  è  stato  

Morris   (Lineamenti   di   una   teoria   dei   segni,   Paravia,   To.   1954;   Segni,   linguaggio   e   comportamenti,  Longanesi,   Mi.   1963)   a   proporre   l’analisi,   schematizzandola   e   definendone   in   termini   chiari   la  classificazione  nel  1938;  per   sintattica  egli   intese   lo   studio  delle   relazioni   formali  dei   segni   l'uno  con  l'altro,  per  semantica   lo  studio  delle  relazioni  dei  segni  con  gli  oggetti  a  cui   i  segni  sono  applicabili  e  con   pragmatica   lo   studio   delle   relazioni   dei   segni   con   chi   li   interpreta.   Nel   1942   Carnap   riprese   la  formulazione  di  Morris  dicendo:   "Se   in  un'indagine   si   fa  esplicito   riferimento  al  parlante,   ...   allora   la  assegniamo  al  campo  della  pragmatica  [...].  Se  facciamo  astrazione  dall'utente  ...  e  analizziamo  solo  le  espressioni  e   i   loro  designata,   ci   troviamo  nel  campo  della  semantica.   Infine,   se   facciamo  astrazione  anche  dai  designata  e  analizziamo  solo  le  relazioni  fra  le  espressioni,  siamo  nel  campo  della  sintassi".  Nel   1946   Morris   riprendendo   tale   classificazione   affermò:   "La   pragmatica   è   quella   parte   della  semiotica  che  si  occupa  dell'origine,  gli  usi  e  gli  effetti  dei  segni  all'interno  del  comportamento  in  cui  occorrono;   la   semantica   si   occupa   delle   significanze   dei   segni   in   tutte   le   guise   del   significare;   la  sintattica  si  occupa  delle  combinazioni  dei  segni  a  prescindere  dalle  loro  significazioni  specifiche  o  dalla  loro  relazione  con  il  comportamento  all'interno  del  quale  essi  concorrono".  In  conclusione,  traducendo  in  parole  povere,  potremmo  dire  che  la  sintattica  studia  in  che  modo  i  segni  sono  collegati  tra  loro,  la  semantica  come  sono  collegati   con   le   cose,   la  pragmatica  come  sono  collegati   con  noi.  Rimando  chi  fosse   interessato   alla   traduzione  pratica   di   un   insegnamento  pragmatico   (anche   se   ormai   datato)   al  mio  volume  La  filosofia  per  unità  didattiche,  Pagus,  Treviso  1993.  

2   Per   un’analisi   sul   metodo   zetetico   si   veda   F.   BIANCO,   Insegnamento   della   filosofia:   metodo  ‘storico’   o  metodo   ‘zetetico’?,   «Paradigmi»,   23,   1990;   si   trova   anche   in   una   raccolta   curata   da   R.M.  CALCATERRA,  L’insegnamento  della  filosofia  oggi.  Prospettive  teoriche  e  questioni  didattiche,  Schena,  Fasano  1994   che   riporta   saggi   e   interventi   apparsi   su  «Paradigmi»  negli   anni   che   vanno  dal   1990  al  1993.  L'articolo  parte  dalla  considerazione  esibita  da  Kant  che  non  si  possa   insegnare   la   filosofia  ma  solo   a   filosofare,   cioè   che   nell’insegnamento   della   filosofia   non   sia   importante   apprendere   un  patrimonio   di   conoscenze   già   date,   ma   sia   fondamentale   l’esercizio   del   nostro   stesso   raziocinio.  

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Una  volta  date  le  definizioni,  si  possono  cercare  le  connessioni  all’interno  dei  termini,   diventati   ora   concetti;   questi   concetti   andranno   a   creare   una   ragnatela  che  potrà   anche  dar   luogo,   in   un   terzo   tempo,   ad  una   forma   ipertestuale   (a   tal  riguardo   si   sottolinea   la  duttilità  del  metodo  della   ‘didattica  per   concetti’,   come  uno  dei  più  adatti  per  l’utilizzo  della  multimedialità3).  

In   tal  modo   la  mappa  si   raffina,  complicandosi  sempre  più,  arrivando  così  ad  una  seconda  produzione,  simile  all’immagine  numero  2.  

 Come   si   vede   già   in   questo   secondo   passaggio,   nel   cercare   le   definizioni  

terminologiche,   ci   s’imbatte   in   inevitabili   connessioni   tra   concetti,   come   ad  esempio   comando,   divieto,   libertà,   condizionamento,   che   ci   daranno  l’opportunità   di   espandere   la   mappa   facendola   diventare   sempre   più  

L’autore  conduce  anche  una  disamina  sul  metodo  storico  che  da  Hegel  e  da  Gentile  prende  le  mosse  per  poi  sottolineare  che  l’interesse  nell’insegnamento  non  può  ridursi  a  vedere  'come  sono  andate  le  cose',  ma  deve  legarsi  all’interesse  filosofico  che  scaturisce  dalle  questioni  che  si  incontrano  nella  vita.  Compito  del  docente,  quindi,  dovrebbe  essere  quello  di  sollecitare,  attraverso  il  metodo  zetetico,  il  suo  uditorio  all'esplicitazione  degli  interessi  legati  all’esperienza  di  ciascuno  e  ai  problemi  a  quelli  connessi.  Si   sofferma   poi   ad   analizzare   tre   ordini   di   difficoltà   che   si   presentano   al   docente   che   volesse  istituzionalizzare   tale   tipo   di   insegnamento,   per   concludere   poi   che   ogni   reale   avvicinamento   al  passato,   ogni   domanda   che   venga   ad   esso   posta,   non   può   che   essere   mediata   dai   problemi   del  soggetto  che  si  avvicina  alla  filosofia.  

3  Si  veda  a  tal  riguardo  il  volume  di  E.  DAMIANO  (a  cura  di),  Insegnare  con  i  concetti.  Un  modello  didattico  fra  scienza  e  insegnamento,  SEI,  Torino  1994.  

coinvolgente,  come  appare  dall’immagine  3.  

 I  concetti  che  via  via  compaiono  possono  essere  trattati  o  per  conformità  o  per  

differenza:   per   conformità,   quando   si   cercano   delle   somiglianze,   delle   analogie,  delle  affinità,  delle  contiguità  con  i  significati  iniziali  (ad  esempio  libertà  che  cosa  significa   e   quali   attività   umane   coinvolge,   ecc…);   per   differenza,   quando   si  sondano   i   concetti,   esplorandoli   al   di   là   dei   loro   confini,   nei   concetti   divergenti,  discordanti,  disarmonici,   in  quelli   che   sono   in   contrasto   con   i  primi   (ad  esempio  comando   differisce   da   consiglio   o   massima).   Procedendo   in   questo   modo   si  implicano   altri   concetti   come   ad   esempio   intelligenza,   volontà,   responsabilità,  termini   che   possono   aprire   ulteriori   sbocchi   verso   altri   lidi   come   ad   esempio  sanzione,  scelta  (cfr.  scelta  in  ARISTOTELE,  Et.  Nic.,  3,  2,  1111b;  oppure  scelta  della  medietà,  Et.  Nic.,  II,  6,  1107a  6).  

Per  un  lavoro  filosofico,  prima  parte:  A  questo  punto  però,  con  la  specificazione  dei  termini,  con  la  loro  definizione  

e   con   i   loro   coinvolgimenti,   il   lavoro   è   rimasto   solo   all’inizio;   la   funzione  problematica  non  è  ancora  stata  attivata;  ogni  problema,  infatti,  non  implica  solo  concetti,  ma  li  usa  per  argomentare;  dunque  occorre  ora  vedere,  attraverso  i  testi  dei   filosofi,   come   siano   stati   affrontati   i   singoli   concetti   dai   filosofi   che   hanno  preso  posizioni  differenti   sullo  stesso   tema.  Così   la  mappa  che  si   sta  costruendo  

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con   gli   studenti   si   sostanzia   con   altre   trame   che,   o   sono   già   in   loro   possesso,   o  sono   predisposte   dal   docente;   nel   primo   caso   la  mappatura   del   problema   è   un  impegno   che   sintetizza   tutto   il   lavoro   svolto   nell’arco   di   una   frazione   di   tempo  annuale   (con   ciò   coinvolgendo   le   capacità   di   sintesi   del   gruppo   classe),   nel  secondo  caso   la  mappatura  è   l’estrinsecazione  visiva  di  un  procedimento   lineare  di   tipo  skinneriano  che,  a  mano  a  mano  che  si  dipana,   rende  note   le   implicanze  concettuali.  In  un  caso  o  nell’altro  la  mappa  prosegue  con  riferimenti  a  documenti  filosofici   riguardanti   alcuni   concetti   fin   qui   incontrati,   come   ad   esempio:   il  consiglio  (che  in  TOMMASO  coinvolge  sia  il  giudizio  sia  la  scelta,  In  III  Ethic,  lez.  VII-­‐IX),  l’intelletto  (TOMMASO,  In  II  Sent.,  d.38,  a.2,  q.2;  ALBERTO  MAGNO,  Metaph.,  XI,  I,  91)   che   appare   strettamente   legato   con   la   volontà   (ARISTOTELE,   Et.   Nic.,   III,   5;  TOMMASO,   De   Veritate,   q.22,   a.13;   TOMMASO,   Summa   theol.,   I,   q.82,   aa.3-­‐4),   la  responsabilità   legata   strettamente   alla   intenzionalità   (ARISTOTELE,   Et.   Nic.,   III,   4;  BONAVENTURA,   In   II  Sent.,  d.38,  a.2,  q.I   sed  c.  ed  anche  q.2,  ad  arg.;  TOMMASO,  De  intentione,   I-­‐II,   q.12);   sul   concetto   di   fare   il   bene   ed   evitare   il   male   si   possono  leggere   i   passi   di   Agostino,     Contra   Faustum,   I,   22,   c.27,   o   quelli   di   TOMMASO,  Summa   theol.,   I,   II,   q.   94,   a.   12.   Naturalmente   queste   sono   solo   indicazioni   di  massima   che   vanno   poi   riferite   al   proprio   programma,   ma   che   qui   interessano  meno,  poiché  lo  scopo  è  prettamente  metodologico.  

A  che  cosa  servono  i  testi  dei  filosofi  nel  lavoro  multimediale  se  non  ad  essere  sintetizzati,   schematizzati,   resi   fruibili   ‘a   vista’   con   il   rendere   manifesta   la   loro  argomentazione,   la   loro   tesi   iniziale,   il   discorso   a   sostegno,   le   confutazioni?  Riscrivere  il  documento  non  avrebbe  senso  (la  videata  deve  racchiudere  già  tutto,  e  ciò  che  esce  dalla  videata  va  posto  come  nuova  finestra),  né  si  farebbe  un  lavoro  a  fondo  se  si  riportasse  una  sola  frase,  a  meno  che  non  fosse  quella  sintomatica,  includente  il  nucleo  fondamentale  del  pensiero  del  filosofo;  meglio  sarebbe  però  aprire  una  finestra  sull’argomentazione  sostenuta;  in  effetti  il  lavoro  che  vogliamo  costruire   con   la   multimedialità   è   legato   strettamente   alla   problematizzazione  svolta  dai   filosofi   intorno  ad  una  tematica.   Il  percorso  può  snodarsi  sulle  vie  che  sono  state  trattate  nel  corso  dell’insegnamento  mensile,  quadrimestrale,  annuale,  nel  caso  in  cui  il  lavoro  sia  rivolto  al  recupero  sintetico  del  programma  svolto,  o  su  quelle   che   s’intendono   percorrere   con   la   classe,   nel   caso   in   cui   ci   si   accinga   ad  affrontare  per  la  prima  volta  la  tematica,  con  l’idea  di  allargarla  ad  una  successiva  analisi;   in  entrambi  i  casi  occorre  non  venga  perso  di  vista  l’obiettivo  che  si  deve  raggiungere,   la  problematizzazione.  A   tale   scopo  potranno  essere  messi   in  gioco  (contenutisticamente)  il  principio  etico  di  bene  che  per  Platone  ha  un  valore  forte,  mentre   per   Protagora   è   quello   riconosciuto   dal   consesso   umano   (PLATONE,  Teeteto,  172b);  per  Gorgia  invece  il  bene  risiede  nella  decisione  momentanea  del  soggetto   (DIELS,   FVS,   82   B11,   1);   quest’ultima   visione   fu   talmente   direttiva   da  

diventare  per  Antifonte   la   sola  a  garantire  un  equilibrio   (DIELS,   FVS,   87  B44a,  21-­‐25).  

Tutto  questo,  naturalmente  va  posto  all’interno  della  mappa,  alla  quale  poi  si  assoceranno  le  singole  finestre,  simili  a  quelle  che  appaiono  nell’immagine  n.  4.  

 Un   secondo   livello   di   approfondimento   (critico)   può   essere   raggiunto  

attraverso  l’inserimento  di  letture  critiche  al  riguardo;  si  pensi  ad  esempio,  da  una  parte  alla  valutazione  di  Bausola  (La  teologia  aristotelica¸  pp.  57-­‐58)  che  definisce  classista  la  visione  di  chi  considera  inscindibili  il  bene  dalla  conoscenza,  in  quanto  solo  pochi  uomini  sarebbero  capaci  di   intelligenza  profonda,  dall’altra  al  giudizio  di  Jaeger  (Aristotele,  pp.  541-­‐543)  che  mette  in  guardia  da  tale  pericolo  in  quanto  l’intelligenza   del   bene   potrebbe   diventare   semplice   contemplazione   del   vero   (si  veda  l’esempio  nell’immagine  n.  5).  

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 Dal   concetto  di  bene   si   può  anche  partire  per   seguire  una  via   che  analizza   il  

bene   del   singolo,   quello   della   famiglia   e   quello   della   città,   per   cui   avremo   una  nuova  espansione  della  mappa,  come  da  immagine  n.  6.  

 

Le  espansioni  possono  continuare  tenendo  presente  che  la  problematicità  sarà  tanto   più   coinvolgente   quanto  maggiore   è   il   numero   di   visioni   di   autori   diversi  (meglio   sarebbe   dire   quanto  maggiore   è   il   numero   di  modelli   di   razionalità   che  reggono  le  visioni  dei  singoli  autori);   il   loro  confronto  determinerà  la  crescita  del  problema.  

Per  un  lavoro  filosofico,  seconda  parte:  Nella  presente  esemplificazione  non  si  è  voluto  condurre  a  termine  un  lavoro  

ipertestuale;   si  è   solo   inteso  mostrare  come  sia  possibile,  partendo  da  un   tema,  tradurlo  in  un  lavoro  di  schematizzazione  sintetica  a  mappe  concettuali,  utili  per  la  evidenziazione  dei  nessi  o  degli  intrecci  propri  di  un  problema;  i  problemi,  infatti,  non  sono  mai  così  semplici  come  sembrano  quando  si  leggono  le  argomentazioni  del   filosofo;   ogni   argomentazione   prende   in   esame   non   tutte   le   possibilità,   ma  solo   quelle   che   il   filosofo   ritiene   più   facilmente   difendibili   in   quanto   credibili   o  ragionevoli,  oppure  quelle  che  possono  essere  confutate  con  maggiore  evidenza.  

Il   lavoro   di   problematizzazione   con   la   classe   non   si   conclude   però   con   una  schematizzazione   delle   posizioni   dei   singoli   autori   o   dei   singoli   modelli   di  razionalità;   esso   va   affrontato,   se   si   vuole   che   l’insegnamento   della   filosofia   sia  filosofico,   anche   dal   punto   di   vista   del   soggetto,   secondo   una   lettura   di   tipo  pragmatico  o  secondo  quel  metodo  zetetico  volto  a  suscitare  domande  e  a  porre  problemi   piuttosto   che   diretto   a   fermarsi   alla   presentazione   di   risposte  provenienti  da  altri;  e   così   la  problematizzazione  avverrebbe  se   si  mettessero   in  parallelo  le  soluzioni  dei  filosofi  con  una  propria  visione  della  vita  e  quindi  con  una  propria  presa  di  posizione,  però  argomentata;  e   l’argomentazione  sarà  tanto  più  possibile   quanto  maggiore   sarà   stato   il   coinvolgimento  mentre   si   enucleavano   i  concetti   nell’illustrazione   del   tema-­‐problema.   Lavorare   per   mappe   concettuali  può  dunque  insegnare  ai  giovani  anche  ad  argomentare  se,  una  volta  conclusa  la  mappa  si  chiederà  loro  di  difendere,  attraverso  il  tracciato  che  è  nelle  loro  mani,  una  tesi,  o  assegnata  o  scelta  autonomamente.  

Due  schemi:  Uno  schema  argomentativo  da  cui  partire  potrebbe  essere  il  seguente:  

1. Problema:   (è   la   messa   in   questione   di   un   tema;   nel   nostro   caso  “obbligatorietà  normativa  per  tutti  o  autonomia  morale  del  singolo?”).  

2. Tesi:  (io  sono  convinto  che….).  3. Descrizione  della  situazione  di  partenza  che  ha  provocato  il  sorgere  della  tesi.  4. Antitesi:  (c’è  invece  chi  dice  che…).  

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5. Argomento  a  sostegno  dell’antitesi  (almeno  uno,  meglio  se  due  o  tre;  non  di  più  altrimenti  l’interlocutore  si  stanca)  (perché  qualcuno  sostiene  che...).  

6. Esempi   a   sostegno   dell’antitesi   (inframezzati   agli   argomenti   o   a   sé   stanti)  (infatti,  per  esempio,  si  dice  che...).  

7. Obiezioni  all’antitesi  (con  la  conclusione  che  l’antitesi  è  errata  e  quindi  con  la  riconferma  della  tesi)  (io  sostengo  che  non  è  valida  la  sua  posizione).  

8. Riconferma   della   tesi   con   argomenti   a   sostegno   (io   sostengo   invece   che..  perché...).  

9. Esempi  a  sostegno  della  tesi  (infatti,  se  noi  ci  riferiamo  ad  esempio  a...).  10. Citazione  di  persone  degne  di  fede  che  hanno  o  potrebbero  avere  sostenuta  

la  tesi.  11. Conclusione  che  rimanda  alla  validità  della  tesi.  Schema  di  aiuto  (per  lo  studente):  • strategie  efficaci  sono  gli  inserimenti  di  argomenti  che:  • siano  condivisibili  da  una  grande  maggioranza  di  persone,  • si  basino  su  principi  di  ordine  generale,  • si  rifacciano  a  pensatori  autorevoli,  • citino  testi  fondamentali,  • si  richiamino  al  comportamento  di  persone  dotate  di  forza  carismatica,  • introducano  aspetti  del  problema  a  volte  trascurati,  • usino  l’ironia  socratica  con  la  quale  smontare  le  posizioni  dell’avversario.  

Seguendo   il   precedente   schema   lo   studente   dapprima   sulla   carta,   poi   con  l’aiuto  dello  strumento  multimediale,  potrà  creare  a  suo  piacimento  finestre  che  si  rimandano,  per  far  sì  che  la  sua  argomentazione,  richiamandosi  anche  a  tesi  di  pensatori  autorevoli,  possa  snodarsi  denunciando  la  sua  presa  di  posizione.  

Qualche  riflessione  sul  valore  aggiunto:  Quale   valore   aggiunto   si   è   dato   con   questo   lavoro   multimediale   al   solito  

insegnamento?    Non   vorrei   qui   ripetere   quanto   sostenni   in   un   saggio   presentato   tempo  

addietro4,   però   vorrei   sottolineare   che   la   conciliazione   tra   insegnamento   della  filosofia   e   multimedialità   non   è   immediata;   essa   esiste   se   hanno   in   comune   la  logica   della   ricerca   e   della   progettualità,   se   il   prodotto   favorisce   la   capacità   di  argomentazione   del   soggetto   e   il   suo   approccio   problematico   alla   realtà,   con   la  

4   Si   tratta   dell’articolo   Multimedialità   e   insegnamento   della   filosofia   pubblicato   in   «Nuovi  

orientamenti  di  didattica  della  filosofia»,  numero  4,  2002,  numero  monografico  di  EP.  

successiva  riflessione  e   la  susseguente  messa   in  discussione  dei  suoi  presupposti  del  sapere,  se  genera  interattività,  intesa  come  possibilità  di  rinvenimento  di  altre  forme   di   comunicazione   che   mettono   in   gioco   un   crescente   e   sempre   più  perfezionato   riconoscimento,   se   vengono   attivati   nuovi   sistemi   di  rappresentazione   grafico-­‐simbolica,   procedure   di   elaborazione   mentale   ad  elevato   tasso   di   plasticità   operativa   tali   da   orientare   verso   un   auto-­‐apprendimento  ad  alta  funzione  cognitiva.  In  tutti  questi  casi  ha  senso  parlare  di  multimedialità  nell’insegnamento  della   filosofia,   e  mi   sembra   che,  operando  nel  modo   suesposto,   non   se   ne   resti   lontani;   anzi   si   attiva   quel   metodo   che   fa  transitare   il   docente   dalla   lezione   cattedratica   al   laboratorio   didattico5,   che   più  facilmente   può   tener   conto   del   reticolo   presente   nella   mente   dello   studente,  dando  modo   anche   alle   libere   associazioni   prodotte   dal   soggetto   di   presentarsi  con   una   nuova   veste.   È   in   questa   prospettiva   che   lo   strumento   ipertestuale  diventa  utile  perché,  di  fronte  ai  problemi  che  si  ripropongono,  si  invita  il  soggetto  a  riconsiderarli   in   forma  personale,   lo  si  stimola  a  ricercare  altre  risposte,  nuove  vie   e   nuovi   significati,   nuovi   modi   di   approccio,   e,   autointerrogandosi,   a  comprendere  che  esistono  altri  modelli  di  razionalità,  che  ogni  soluzione  trovata  è  una   delle   tante   che   possono   decifrare   la   verità,   nessuna   delle   quali   l’abbraccia  totalmente.  

Le   strade   offerte   dallo   strumento   multimediale   sono   plurime;   la   loro  percorrenza   potrebbe   non   concludersi  mai,   come  mai   sono   conclusi   i   problemi,  che  si  rinviano  l’un  l’altro,  aprendo  a  volte  spiragli  verso  altri  lidi,  a  volte  voragini  che   non   si   possono   ignorare.   Lo   sbocco   ipertestuale,   necessariamente,   va  delimitato  entro  confini  ben  chiari,  per  evitare  che  gli  studenti  si  lascino  prendere  la   mano   dalle   continue   espansioni,   magari   perdendo   di   vista   la   specificità   del  problema.  In  effetti  sono  tanti  i  concetti  che  si  affacciano  all’interno  di  ogni  tema  che   potrebbero   addirittura   far   nascere   molteplici   mappe   collaterali,   non   solo  contenutistiche   o   metodologiche,   ma   anche   metacognitive,   di   secondo   livello,  comprendenti   le   strutture   a   cui   i   concetti   filosofici   si   rifanno   come   ad   esempio  quelle   riguardanti   i   concetti   di   contrapposizione,   di   confutazione,   di  contraddittorietà   (cfr.   Aristotele,   contrari,   contraddittori),   ecc...   Se   poi   gli  

5  Sulla  pratica  del  laboratorio  nella  disciplina  filosofica  si  veda  l’articolo  di  F.  C.  MANARA,  Imparare  

il  mestiere  di  pensare.  La  progettazione  di  un  laboratorio  di  Filosofia,  in  «Bollettino  della  SFI»,  n°  172,  gennaio-­‐aprile  2001,  pp.  34-­‐63,   ricco  di  note  con   rimandi  a  volumi  e  ad  articoli   sulla  multimedialità,  comprendente   una   bibliografia   specifica   che   qui   non   si   riporta;   si   veda   pure   il   suo   articolo   nel   sito  http://www.   athenaforum.org/farefilosofia.net/corso.htm;   si   veda   anche   l’articolo   di   E.   RUFFALDI,  L’insegnamento   della   filosofia   in   Italia,   soprattutto   nella   parte   in   cui   si   sofferma   a   descrivere   il  laboratorio   come   attività   che   indirizza   la   classe   a   diventare   ‘comunità   di   ricerca’  (www.athenaforum.org).  

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studenti,   oltre   ad   aver   appreso   di   filosofia,   si   saranno   anche   appassionati   alla  riflessione   filosofica,  ben  venga   la  duttilità  del  mezzo  multimediale  accanto,  o  al  posto,  della  solita  ‘lezione  fatta  di  parole’!