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1 Fondazione Giangiacomo Feltrinelli Viale Pasubio 5, Milano | www.fondazionefeltrinelli.it Lezione | kit didattico “Europa. La storia fa le rime” Materiale: Scheda PDF La lezione docente è preliminare alla proposta laboratoriale del Kit “Europa. La storia fa le rime”. Prima di proporre agli studenti la lezione è possibile chiedere loro di guardare a casa la puntata “La storia si ripete” dalla video-inchiesta condotta da Gad Lerner per Fischia il vento - Migrazioni – una produzione di laeffe – la tv di Feltrinelli e Repubblica. La puntata è visibile online al link: bit.ly/laeffe_LaStoriaSiRipete FASE 1 Introduzione alla lezione (10 minuti) Questa attività condotta dal docente ha l’obiettivo di proporre una metodologia attraverso cui affrontare le tematiche del kit didattico. La storia non si ripete, fa le rime: questa frase attribuita a Mark Twain esorta a trovare i segnali che nel presente ci portano a ritrovare il passato recente dell’Europa, senza tuttavia sovrapporre il presente alla storia. Allo stesso tempo mette in guardia dal rischio di cadere in un difetto di immaginazione, che rende incapaci di ipotizzare o prevedere gli esiti dei processi in atto nella contemporaneità. STEP 1: distribuire a ciascun ragazzo un post-it e chiedere loro di scrivere il significato che secondo loro ha la frase La storia non si ripete, fa le rime. STEP 2: discutere con i ragazzi delle risposte date, chiedendo loro di motivarle. L’insegnante può raggruppare i post-it a seconda delle categorie di risposte, mettendo in luce i diversi significati che questa frase può avere. Alcune domande guida possono essere: 1. Cosa si intende secondo voi per “rime”? 2. Credete che la storia sia utile? Perché? 3. Quali aspetti della storia secondo voi è importante conoscere?

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Lezione | kit didattico “Europa. La storia fa le rime” Materiale: Scheda PDF

La lezione docente è preliminare alla proposta laboratoriale del Kit “Europa. La storia fa le rime”.

Prima di proporre agli studenti la lezione è possibile chiedere loro di guardare a casa la puntata “La

storia si ripete” dalla video-inchiesta condotta da Gad Lerner per Fischia il vento - Migrazioni – una

produzione di laeffe – la tv di Feltrinelli e Repubblica.

La puntata è visibile online al link: bit.ly/laeffe_LaStoriaSiRipete

FASE 1

Introduzione alla lezione (10 minuti)

Questa attività condotta dal docente ha l’obiettivo di proporre una metodologia attraverso cui

affrontare le tematiche del kit didattico.

La storia non si ripete, fa le rime: questa frase attribuita a Mark Twain esorta a trovare i segnali che nel presente ci portano a ritrovare il passato recente dell’Europa, senza tuttavia sovrapporre il presente alla storia. Allo stesso tempo mette in guardia dal rischio di cadere in un difetto di immaginazione, che rende incapaci di ipotizzare o prevedere gli esiti dei processi in atto nella contemporaneità.

STEP 1: distribuire a ciascun ragazzo un post-it e chiedere loro di scrivere il significato che

secondo loro ha la frase La storia non si ripete, fa le rime.

STEP 2: discutere con i ragazzi delle risposte date, chiedendo loro di motivarle. L’insegnante può

raggruppare i post-it a seconda delle categorie di risposte, mettendo in luce i diversi significati

che questa frase può avere.

Alcune domande guida possono essere:

1. Cosa si intende secondo voi per “rime”? 2. Credete che la storia sia utile? Perché?

3. Quali aspetti della storia secondo voi è importante conoscere?

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FASE2

Contesto e metodo - lezione frontale (15 minuti)

La lezione prende le mosse da un concetto fondamentale all’introduzione dell’inchiesta “La storia si ripete” di Gad Lerner: l’uso dell’analogia in storia. L’obiettivo è di dichiarare un metodo preciso: l’intenzione non è di approfondire la storia per sovrapporla al presente, ma di capire quali aspetti della storia possono esserci utili al fine di porre domande più complesse al presente.

Oggi il termine “rifugiati” sembra riferirsi ad alcune immagini e metafore molto precise, che paiono non avere precedenti nella storia, basti pensare alla retorica dell’“invasione”. Per questo motivo è importante introdurre storicamente il concetto di “rifugiato”, al fine di fare comprendere che quello che l’Europa oggi sta affrontando non è un unicum nella storia ma una questione che ha precedenti molto lontani nel tempo, sebbene oggi la questione presenti delle particolarità e delle specificità nuove rispetto al passato.

Di fatto profughi e rifugiati sono sempre esistiti. Da sempre le persone che rischiano per diversi motivi la loro incolumità decidono di spostarsi in luoghi diversi per sopravvivere. Tuttavia solo nel passato recente si è giunti a livello internazionale a una definizione giuridica di queste categorie di persone. La definizione giuridica di “rifugiato” affonda infatti le sue radici nel XX secolo, a cavallo della seconda guerra mondiale: l’Europa che esce dal conflitto si rifonda su nuove basi, decisa a impegnarsi affinché non si ripetano le persecuzioni e gli sterminii che hanno caratterizzato il Novecento.

L’ascesa dei totalitarismi in Europa, e in particolare l’ascesa del nazismo in Germania, le persecuzioni alle categorie invise ai fascismi, lo scoppio della guerra, sono tutti eventi che portano grandi masse di persone a spostarsi attraverso i confini delle nazioni, alla ricerca di luoghi in cui poter vivere senza discriminazioni e senza il rischio di essere eliminati. Si tratta di numerosissimi profughi che, a seconda delle loro possibilità, tentano di fuggire oltre oceano o nei paesi vicini. Nel 1951, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, numerosi stati (tra cui l’Italia) nel tentativo di ricostruire un’Europa fondata sui valori della convivenza e dei diritti, aderiscono alla Convenzione di Ginevra, che all’articolo 1 definisce per la prima volta a livello internazionale il termine di rifugiato: «chiunque […] nel giustificato timore d’essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dallo Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato; oppure a chiunque, essendo apolide e trovandosi fuori dal suo Stato di domicilio in seguito a tali avvenimento, non può o, per il timore sopra indicato, non vuole ritornarvi». L’obiettivo dichiarato è di predisporre una sorta di legislazione internazionale al fine di difendere i diritti umani, riconosciuti per la prima volta nel 1948 con la Dichiarazione universale dei diritti umani.

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Questi accordi internazionali nascevano dietro la chiara volontà di non permettere al recente passato di ripetersi. Sono passati oltre settant’anni dalla fine della Seconda guerra mondiale e oggi l’Europa si trova di fronte a nuovi profughi in fuga dalle guerre, dalle persecuzioni e dalla fame. Di fronte a questo nuovo processo storico in atto gli Stati europei si chiudono su se stessi, fortificano le frontiere e alzano muri. Questa volta a chiedere rifugio non sono cittadini provenienti dal cuore dell’Europa, che si spostano nei paesi vicini o che cercano di attraversare l’oceano verso l’America: oggi i profughi arrivano “da fuori”, non sono cittadini europei. La storia non è la stessa di settant’anni fa, le premesse, i contesti politici sociali e culturali sono mutati. Tuttavia lo studio del passato può essere utile per fare quello sforzo d’immaginazione che permette di prevedere alcune delle conseguenze che determinati atteggiamenti e comportamenti (dei cittadini come degli Stati) possono avere nel futuro, proprio in ragione delle conseguenze che questi hanno avuto in passato. Operare una comparazione con la storia può essere utile per guardare a distanza alcuni processi sociali, culturali, umani (le conseguenze di determinati atteggiamenti, per esempio) che oggi ci coinvolgono da vicino e che, a causa del nostro coinvolgimento nella complessità nel presente, non riusciamo ad analizzare con la necessaria criticità.

L’analogia in storia A cura di David Bidussa

E’ importante cogliere le analogie tra episodi storici, ma anche è importante cogliere le differenze. Guardare al ripetersi di un fatto sulla scorta di categorie generali (nel nostro caso: mancanza di accoglienza o accoglienza problematica, respingimento, indifferenza, impegno, …) consente di fare delle comparazioni costringendo a individuare momenti, forme del discorso, parole, gesti che sono ricorrenti in situazioni specifiche in cui si presenta lo stesso tipo di fenomeno (nel nostro caso persone in fuga, profughi, …). E' importante non radunare a priori episodi distanti nel tempo collocandoli in una sola classe. Tenerli distinti ci aiuta a capire le differenze, e compararli ci stimola a trovare le cose che hanno in comune. Comparare significa sintetizzare in una tavola tutti gli elementi che costituiscono un evento e confrontare questa tavola con una identica riferita all’evento che con cui ci proponiamo di confrontarla. Metterli o no nella stessa categoria deve essere il risultato della comparazione e del confronto e non il presupposto della comparazione. Se si comparano eventi diversi è perché quello che la cultura media ha trattenuto di un episodio del passato è costituito da una sintesi, da alcuni tratti specifici. Il fatto che una comparazione sia possibile dipende anche da un fattore diverso. La conoscenza diffusa del passato spesso è testimoniata da un giudizio moralistico sul passato. Comparare e svolgere un’analisi verticale tra due o più episodi per vederne le analogie, le identità e le differenze è anche un modo per trovare gli argomenti che ci consentono di misurare i fatti “tenendo a freno” un giudizio morale. Nella storia i comportamenti, i giudizi di valore, le convinzioni tutto ciò che

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possiamo considerare disdicevole, o problematico, origina da una “scelta”, da un modo di pensare, da una convinzione che pare ai protagonisti della scema, convincente, plausibile, sostenibile, logica. Comparare è anche un modo in cui tentiamo di comprendere come riflettono, pensano, scelgono, e dunque anche agiscono, gli attori che sono in scena in un evento storico, non meno di come riflettono, pensano, scelgono, e dunque anche agiscono, gli attori che sono in scena nella nostra quotidianità con cui decidiamo di compararli.

La media education

La media education considera i media come strumenti da analizzare, e non solo da utilizzare, durante il processo educativo. L’obiettivo è di sviluppare una comprensione critica dei media, intesi come linguaggio, cultura e strutture di senso.

La lezione qui proposta parte da un’inchiesta di Gad Lerner che compara la storia dei rifugiati ebrei in fuga dal terzo Reich durante gli anni Trenta e Quaranta in Europa con quella che oggi viene definita la “crisi dei migranti”. L’obiettivo del giornalista è di incidere sulle coscienze dei cittadini facendo leva sull’emotività e sull’empatia. L’obiettivo dell’insegnante e dell’educatore dovrebbe dunque essere quello di svelare la strategia comunicativa retrostante il documento visivo, al fine di far comprendere ai giovani non solo i contenuti ma anche il metodo attraverso cui questi sono comunicati e presentati.

Alcune domande specifiche proposte durante la discussione guidata sono state pensate al fine di far ragionare i giovani sul metodo attraverso cui Gad Lerner utilizza le immagini per colpire e stimolare una riflessione nello spettatore.

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FASE 3

La storia si ripete – lezione interattiva (da 30 minuti a 1h30)

La lezione è basata sulla visione dell’episodio di Fischia il vento “La storia si ripete” a cui si accede online dal seguente link bit.ly/FischiaIlVentoLaStoriaSiRipete

La lezione interattiva prevede la divisione della video inchiesta in blocchi tematici; per ognuno sono proposte alcune domande di comprensione e alcuni approfondimenti tematici. È a discrezione dell’insegnante decidere se utilizzare la lezione completa o se lavorare solo su alcuni dei blocchi tematici presentati.

PRIMO BLOCCO

“I profughi ebrei e la conferenza di Evian”: dal minuto 1 a 3.43 / dal minuto 4.56 fino a 9.05

Il giornalista Gad Lerner discute insieme a Thomas Schlemmer, dell’Istituto di Storia Contemporanea di Monaco, di come la situazione di fronte alla quale oggi si trova l’Unione europea sia simile a quella fronteggiata dai governanti nel 1938, quando Roosevelt decise di indire una conferenza al fine di discutere della spartizione dei profughi in fuga dal Terzo Reich. Oggi come allora, prevale la volontà di chiudere le proprie frontiere.

Dopo la visione di questa prima parte discutete con gli studenti di ciò che hanno capito e di quello che li ha maggiormente colpiti o incuriositi attraverso alcune domande per la comprensione.

Domande guida per la comprensione:

1. Per quale motivo Gad Lerner compara la conferenza di Evian a quello che succede oggi in Europa?

2. Gad Lerner dice: “come andò a finire la storia ce lo ha insegnato”. Cosa vuole dire con questa frase? In che modo qui si utilizza un paragone con la storia?

3. Cosa vi colpisce di quanto avete visto e ascoltato?

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Media education:

1. Quali immagini propone Gad Lerner durante questi primi minuti del video? 2. Che effetto ha per la vostra sensibilità accostare le immagini dei profughi a quelle dei campi di

concentramento e sterminio? 3. Come sono rappresentati i profughi in queste immagini? 4. Secondo voi qual è l’obiettivo ricercato nel paragonare i profughi alle vittime della Shoah? 5. Secondo voi perché Gad Lerner usa questa strategia?

6. Condividete l’obiettivo del giornalista?

Consiglio per l’insegnante o l’educatore: è interessante fare notare ai ragazzi il fatto che, attraverso la comparazione dei profughi con le vittime della Shoah, Gad Lerner faccia leva sul senso di colpa dell’Europa e degli europei e sulla responsabilità che questi dovrebbero (e avrebbero dovuto) avere nei confronti dei migranti in fuga dalle guerre. C’è un chiaro giudizio morale dell’autore che emerge da queste immagini.

Inoltre mettere sullo stesso piano i destini riservati agli ebrei ieri e ai richiedenti asilo oggi pone immediatamente i secondi nella condizione di essere considerate come vittime. Perché questo? Sicuramente serve a stimolare empatia e produrre un senso di colpa nello spettatore che dovrebbe convincersi a “fare qualcosa”. Tuttavia il rischio è i profughi siano considerati come persone “da aiutare”, alle quali dare “almeno qualcosa perché sopravvivano” e non come esseri umani titolari di diritti, capaci di autonomia e con la prospettiva di un futuro da costruire per se stessi.

SECONDO BLOCCO

“Lilliana Segre e il destino degli ebrei d’Europa”: da 10.45 a 16.49

Gad Lerner pone alcune domande a Liliana Segre, ebrea deportata ad Auschwitz da Milano nel 1944. Con lei discute della comparabilità della sua esperienza con quella dei profughi odierni: al centro della discussione c’è la questione dell’indifferenza, punto dal quale partire per poter tracciare alcune continuità con il passato. Nella seconda parte del video viene invece raccontata la storia della St. Louis, una nave carica di profughi ebrei che lasciò il porto di Amburgo nel 1939 alla volta di Cuba, ma né Cuba né molti altri stati americani accettarono di accogliere i profughi a

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bordo della nave, che dovette tornare indietro dopo vari tentativi di approdo. I passeggeri furono accolti da alcuni paesi europei, dove trovarono la stessa sorte che toccò a Liliana Segre a causa dell’occupazione nazista qualche anno più tardi.

Dopo la visione di questa parte chiedete agli studenti di provare individualmente a riassumere i contenuti e le parole chiave che li hanno colpiti del racconto di Lilliana Segre.

Domande guida per la comprensione

1. Chi è Liliana Segre? 2. Cosa risponde alla domanda di Gad Lerner, quando le chiede se secondo lei sia possibile

comparare la situazione che lei si è trovata a vivere da bambina sotto il nazifascismo e quella dei profughi di oggi?

3. In che senso paragona i contrabbandieri che incontrò lei in Svizzera con gli scafisti di oggi? 4. Cosa racconta del suo respingimento in Svizzera? 5. Qual è la differenza che lei traccia tra i due momenti storici? 6. Cos’è secondo voi l’indifferenza? Cos’era ieri e cos’è oggi? 7. La storia di Liliana e quella dei profughi che oggi arrivano in Europa sono profondamente

differenti: in che cosa in particolare si distinguono? 8. Cosa c’è in queste due storie di simile? 9. Com’è la storia della St. Louis? A cosa la compara Gad Lerner?

10. Gli stati americani che non aprirono le porte ai profughi della St. Louis, sono secondo voi responsabili della sorte che toccò loro?

Media education:

1. Dove si trova Gad Lerner mentre discute con Lilliana Segre? 2. Perché secondo voi il giornalista ha scelto quel luogo e non un latro luogo della sua storia? 3. Le immagini del filo spinato e dei poliziotti con i cani, cosa rievocano? 4. Perché secondo voi? 5. Quali sono secondo voi le parole di Lilliana Segre che Gad Lerner usa come parole chiave

finalizzate al suo messaggio? 6. C’è qualche informazione storica che emerge della loro discussione su cui Gad Lerner decide di

non focalizzare la sua attenzione? 7. La storia della Saint Luis in che modo ricorda le storie dei profughi? Attraverso quali immagini è

proposto il paragone? 8. Qual è l’effetto delle immagini sullo spettatore in questo spezzone?

Consiglio per l’insegnante o l’educatore: Lilliana Segre racconta alcuni fatti storici legati alla sua vita. Chiedete ai ragazzi di ricostruire le vicende storiche di cui parla la testimone per poi isolare i

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fatti su cui si concentra il giornalista. Gad Lerner trattiene infatti alcune parole chiave (tra cui il tema dell’indifferenza) dalla discussione con la testimone, decidendo quali elementi sono utili al messaggio che egli vuole costruire nel documentario. È importante che gli studenti non solo colgano questa operazione, ma sappiano focalizzare la loro attenzione sulla storia della Segre a prescindere da quanto evidenziato dal giornalista, e sappiano leggere questo “documento” anche in autonomia dal documento più ampio che lo contiene (il documentario). Prima di passare al terzo blocco di storie chiedere agli studenti di riflettere sul tema dell’indifferenza. Liliana Segre racconta di quanto la ferì l’indifferenza della sua insegnante: l’Europa degli anni 30 fu nella stragrande maggioranza dei casi indifferente verso la sorte delle persone perseguitate dai totalitarismi. Si trattava di compagni di scuola, vicini di casa, conoscenti, amici. Oggi i profughi che chiedono all’Europa di entrare non sono persone vicine a noi, pertanto è più difficile interrogarci a proposito della nostra indifferenza nei loro confronti: che potere abbiamo in quanto cittadini comuni di incidere, di non essere indifferenti, nei confronti delle persone che arrivano da paesi lontani? Tuttavia possiamo chiederci in che modo possiamo non essere indifferenti verso le persone che vivono nelle nostre stesse città, che arrivano da lontano e che sono marchiati con l’etichetta di “rifugiati”, “migranti”, “stranieri”. L’esempio che racconta Gad Lerner nel blocco successivo rappresenta una delle possibili risposte a questa domanda: cosa si potrebbe fare oggi?

TERZO BLOCCO

“Gli esempi positivi”: da 19.40 a 26.47

In questa parte Gad Lerner incontra la tifoseria del Bayern Monaco, molto attiva sul tema dei rifugiati anche in ragione della storia del suo fondatore: Kurt Landauer, ebreo perseguitato dai nazisti.

Domande guida per la comprensione

1. Cosa si racconta in questo pezzo? 2. Perché secondo voi si racconta questa storia?

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3. Perché il Bayern Monaco si spende per i rifugiati? 4. Cosa fanno per i rifugiati? 5. Pensate che quello che fa il Bayern Monaco incida sulla realtà? In che modo? 6. Chi è Kurt Landauer? Cosa si racconta di lui? Perché la sua memoria è ritenuta importante? 7. Cos’è il Frem Project? Cosa fa? 8. Perché secondo voi questo centro si occupa di tenere viva la memoria delle deportazioni? A

cosa può essere utile? 9. Cosa dice Don Hans Lindemberg? 10. Che ruolo può avere la cittadinanza per incidere sulla realtà? Cosa è successo a Monaco? 11. Credi che quello che è successo a Monaco, la cultura della cittadinanza di cui parla Don Hans

Lindemberg sia un sentimento comune? Perché?

12. Perché secondo voi vengono raccontati questi esempi positivi?

Media education:

1. In questo spezzone Gad Lerner racconta alcuni esempi positivi di accoglienza. Quali immagini passano?

2. Le immagini utilizzate, quale idea di accoglienza trasmettono? 3. Provate a ragionare sull’uso delle musiche: in che modo cambiano durante questi spezzoni?

Cosa trasmettono? 4. Che differenza c’è tra l’immagine dei tifosi che trasmette Gad Lerner in questa parte

dell’inchiesta rispetto alle immagini che spesso passano sugli altri media? 5. Qual è l’obiettivo del giornalista nel raccontare la storia del Bayer Monaco secondo voi?

Consigli per l’insegnante o l’educatore

Alla fine di questo blocco l’insegnante può riprendere i post-it scritti dai ragazzi durante la prima parte della lezione e completare la discussione. Di seguito due domande che possono stimolare gli interventi degli studenti.

1. Dopo aver approfondito alcune storie dell’Europa degli anni Trenta e dell’Europa di oggi, quale significato possiamo attribuire alla frase di Mark Twain?

2. Conoscere queste storie è stato utile per porsi nuove domande e per gettare più luce sui processi che oggi sono in atto?