Storia Medievale II - tredicesima e quattordicesima lezione lezione

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L'espansione di Pisa nel Mediterraneo - seconda parte

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L’asse Gregorio VII - Matilde

1073 e 1080 Gregorio VII invia tre missive ai giudici sardi per far accettare al clero dell’isola i dettami della Riforma

1077 Gergorio VII mette a Pisa come vescovo un proprio uomo, Landolfo (post Guido) e gli affida il vicariato della Corsica; Matilde di Canossa dona beni al vescovo e i canonici

1077, donazione marchionale: Matilde affida ai cittadini un compito di controllo del buon esito dell’atto: i cives sarebbero subentrati ai reali beneficiari (vescovo e canonici) se questi ultimi si fossero dimostrati inadempienti e, in quel caso, avrebbero impiegato le relative rendite per l’edificazione della cattedrale e in redentionem captivorum.

1081 circa: insediamento dei monaci di S. Vittore di Marsiglia nel giudicato di Cagliari (in. ’60, i Pisani cercarono di contrastare l’arrivo sull’isola dei monaci di Montecassino) e al legame strettissimo tra Matilde di Canossa col partito gregoriano in Provenza

1082 donazione fatta dal giudice di Torres Mariano alla chiesa di Pisa

lettera di Gregorio ai Corsi, il papa specifica di avere in Tuscia, per grazia di Dio, nutrite truppe di conti e nobili, pronte se necessario alla difesa dell’isola

In una lettera inviata dal pontefice alla stessa Matilde alla fine del 1074 le chiese aiuto per una campagna mai realizzatasi contro i Turchi selgiuchidi

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Impresa di al-Mahdiya e Zawila

Estate del 1087: partecipano le flotte di Pisa e Genova, oltre che di un contingente da Amalfi. La preparazione dovette tuttavia occupare alcuni anni – almeno secondo le fonti arabe – dato che la flotta complessiva contava dalle 300 alle 400 navi.

Obiettivo: capitale militare e commerciale ziride; i cristiani vittoriosi su Tamim ibn al-Mu'izz (1062-1108) - figlio di quel al-Mu‛izz ibn Bādīs che subì l’attacco pisano a Bona - chiesero al sovrano ziride non solo la liberazione dei prigionieri, la promessa di cessare ogni attività corsara e l’impegno di versare tributi a Roma, ma anche la franchigia dai diritti doganali per Pisani e Genovesi e il pagamento di una pesante indennità (in vasellame d'oro e d'argento e in spezie).

Parte del bottino venne usato per costruire la chiesa di S. Sisto, il santo del giorno della vittoria (6 agosto), e parte per continuare la fabbrica del duomo.

Il ricordo dell’impresa venne cantato da un chierico pisano contemporaneo in un poema, il Carmen in victoriam, composto probabilmente all’indomani dell’impresa e comunque prima del 1119.

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Eco e propaganda

grande eco dell'evento fin tutte le coste del Mediterraneo.

Per l’assalto a Bona abbiamo solo quattro fonti, tutte pisane, per l’attacco a Palermo i resoconti sono a sei con due aggiunte di parte normanna; per al-Mahdiya si contano almeno sedici richiami differenti di cui la metà islamici.

kasida, una lunga elegia, composta da Abu al-Hasan ibn Muhammad al-Haddad probabile testimone oculare dell’evento; ne sopravvivono solo i primi versi (Amari, II. 64-65) tramandati da Abu Jl-Salt Ummaya, storiografo degli emiri di al-Mahdiya dell’inizio del XII secolo

1. al-Mahdiya era il porto/emporio principale dell’Ifrikja e base di partenza per continue razzie -> reazioni forti in ambito cristiano, come in quello islamico.

2. momento peculiare della produzione storiografica medievale: la riforma gregoriana, la lotta delle investiture e il formarsi di autonomie cittadine avevano dato un nuovo e potente impulso all’attività storiografica; effetto moltiplicatore della prima crociata e delle altre azioni militari contro i Musulmani.

3. Forte ruolo della poesia epica, più idonea a scaldare gli animi, esaltare glorie individuali e collettive e agire da cassa di risonanza di una peculiare visone del mondo, di sé stessi o della propria città.

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Propaganda e forza armata

ossia il numero delle navi in azione, che più fonti islamiche attestano in 300, per un totale di 30.000 uomini. 400 i legni pisani e genovesi che vanno a Valenza nel 1092, 120 quelli che Pisa mette a disposizione per la Prima Crociata; la partecipazione delle due città alle diverse operazioni marittime prima e dopo la conquista di Gerusalemme, sancì in maniera definitiva la “fama” europea inaugurata con al-Mahdya. Tale notorietà copriva sia l’abilità in battaglia, sia la perizia nel settore cantieristico-navale relativa alle imbarcazioni e alle macchine da guerra

Impresa Balearica (1113-1115): flotta d’attacco complessiva di cinquecento imbarcazioni, tra navi da guerra e di servizio,

Liber Maiolichinus: c’è tutto l’interesse ad esaltare gli alleati, pur senza mai rischiare di oscurare la superiorità pisana. Ma il contributo di ciascun partner non supera mai il numero delle venti navi. Il paragone, non cercato dall’autore del Liber, è schiacciante.

La chiave del primato pisano (e genovese) nel Mediterraneo occidentale starebbe quindi in buona parte proprio nella potenza di fuoco disponibile, sia per navi che per macchine da guerra, e quindi nell'investimento economico attuato con sistematicità in questo settore.

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Il Carmen in Victoria

Idea di guerra santa

la volontà divina Destruxerunt, occiderunt, sicut Deus voluit

il paragone dei soldati agli apostoli che per volere di Dio dimenticano il mondo

il segno della croce apposto nelle scarselle che recano con sé i soldati, il combattimento al loro fianco di s. Pietro cum cruce et gladio probabilmente apposto sui vessilli di guerra

l’appoggio ufficiale e concreto del papato His accesit Roma potens potenti auxilio

l’insulto verso il nemico: i saraceni sono gente empia che turbano il mondo con la loro perfidia, sunt quasi bestia e il loro capo è come l’anticristo, un drago crudele.

La violenza feroce portata indiscriminatamente dai cristiani alla popolazione saracenaDestruxerunt, occiderunt, sicut Deus voluit,

et fecerunt quod a mundo nunquam credi potuit. [..]

Altera ex parte Petrus cum cruce et gladio

Genuenses et Pisanos confortabat animo,

et conduxerat huc princeps cetum apostolicum:

nam videbat signum sui in scarsellis positum.

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Il Carmen in Victoria

Altri elementi

L’orgoglio civico l’eredità di Roma

Il compito di tutela internazionale assunto dalla città

il nemico è da disprezzare ma potente e abile in battaglia;

La liberazione di centinaia di migliaia di prigionieri cristiani catturati un po’ dovunque

la chiusura dell’impresa con un tributo e un accordo Et iam isti fatigati pausabant in requie,

ipsa rex misellus nimis pacem cepit petere.

Donat auri et argenti infinitum pretium,

ditat populum Pisanum atque Genuensium.

Iuravit per Deum celi, suas leges litteras:

iam ammodo Christianis non ponet insidias

et non tollet tulineum his utrisque populis,

serviturus in eternum eis quasi dominis.

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Il Carmen in Victoria

Il Carmen pisanum è stato scritto proprio negli anni a cavallo della prima crociata da unmembro del clero cittadino, forse proprio un canonico della cattedrale: una personaquindi che era perfettamente consapevole di tutti gli interessi in gioco. In quanto chierico, inoltre, conosceva bene l’apparato ideologico e dottrinale che si era sviluppato in ambiente pontificio in relazione alla lotta contro gli infedeli ed era stato testimone, all’indomani dell’impresa africana, del grande pellegrinaggio armato verso Gerusalemme: aveva quindi in mano gli strumenti teologici e culturali adatti per trasformare l’impresa in una “precrociata”.

Non espresse un sentire radicalmente diverso, o addirittura opposto a quello dei suoi concittadini, ma che con lui il fattore ideologico-religioso ebbe un accento più acuto; il contesto prima spiegato e la sua preparazione culturale lo resero più forte,più consapevole, più strutturato. Da qui la netta differenza con i messaggi della facciata delDuomo.

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Poesia epica

Epigrafi del duomo

il Carmen in victoriam : impresa del 1087

i Gesta triumphalia - sulla prima crociata e l’assalto alle Baleari del 1113-1115

Liber Maiolichinus, interamente dedicato all’impresa balearica.

Grande capacità di elaborazione culturale e politica dell’avvenimento. Beneficiata dalla presenza di chierici colti, letterati e fortemente ispirati dalla riforma, proprio in un momento in cui si rafforzava l’autonomia cittadina e si apriva la possibilità di estendere stabilmente l’influenza commerciale e politica a Corsica e Sardegna, la capacità mediatrice della parola scritta fu esaltata al massimo per cementare la comunità e dare alla città un ruolo ufficiale e glorioso di respiro mediterraneo.

Esaltazione di Pisa come paladina della cristianità e seconda Roma, frutto secondario, ma importante dell’alleanza che si era venuta a creare tra Gregorio e Matilde di Canossa, che si innestò su una tradizione già forte di servizio alla Marca, ma ora all'interno di un clima internazionale più che pronto all'idea di promuovere coalizioni “internazionali” negli sforzi bellici verso il nemico esterno.

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Partecipazione alla Crociata

le fonti «crociate» tendono a minimizzare la partecipazione dell’arcivescovo di Pisa (e in generale dei Pisani) agli avvenimenti legati alla conquista della città santa. In realtà Pisa inviò i propri contingenti, sotto la guida spirituale dell’arcivescovo Daiberto probabilmente già dall’estate del 1098 che divenne anche il primo patriarca latino di Gerusalemme.

Numerosi richiami (e appelli) alla flotte pisana e genovese si riscontrano nei resoconti della Prima Crociata, dove i vari cronisti dell’evento non fanno mancare critiche alla ferocia e all’avarizia dei due popoli, sempre e comunque spiacevole corredo di un’indubbia capacità bellica

La partecipazione delle due città alle diverse operazioni marittime prima e dopo la conquista di Gerusalemme, sancì in maniera definitiva la “fama” europea inaugurata con al-Mahdya. Tale notorietà copriva sia l’abilità in battaglia, sia la perizia nel settore cantieristico-navale relativa alle imbarcazioni e alle macchine da guerra

Fonte pisana: i Gesta triumphalia - sulla prima crociata e l’assalto alle Baleari del 1113-1115

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Impresa delle Baleari 1113-1115: esercito toscano, catalano e provenzale

Anche in questo caso Pisa si pose a capo di una coalizione internazionale al fine di liberare migliaia di prigionieri cristiani;

Anche in questo caso rispose prontamente alla volontà del pontefice, il quale diede alla flotta pisana crucem, romanaque signa;

come avvenne nella spedizione contro Alhmadia e Zawila e nella liberazione di Gerusalemme, capi spirituali e militari della spedizione furono dei prelati (il vescovo di Pisa Pietro e il legato papale Bosone);

medesime furono infine le segrete aspirazioni di Pisa ad acquisire tramite le il favore pontificio il controllo delle isole tirreniche.

Anche l’autore del Liber fu un chierico, il quale riversò a piene mani nei XXXX versi che lo compongono l’incrollabile adesione all’idea di guerra santa.

MA QUELLA DELLE BALEARI E’ L’ULTIMA IMPRESA; SI ASSISTE A UN CAMBIO COMPLETO (E REPENTINO?) DI STRATEGIA

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Nuova strategia

Dopo le Baleari non vi furono più spedizioni, si rifiutò al contrario la partecipazione ad altre missioni antisaracene

Si spesero progressivamente le speranze di Pisa di ottenere il controllo della Sardegna e della Corsica per mano papale e conseguentemente anche il bisogno di rispondere agli appelli del pontefice

Si incentivò una fitta rete di accordi diplomatici con il Magreb, l’Egitto, Al Andalus e le stesse Baleari. Tale rete consentì a Pisa - tra XII e XIII secolo - di essere un’interlocutrice indispensabile per il commercio tra mondo cristiano e islam.

Non fu una linea che si strutturò in un idea politica consapevolmente antitetica a quella della crociata: era invece una prassi che si sposava meglio dell’idea di crociata con l’idea, questa sì sempre presente, che si doveva sempre e comunque perseguire il benessere e la grandezza della città

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Azioni e mentalità

Liber Maiorichinus, il poema che ricorda l’ultima impresa pisana contro i Saraceni è letteralmente pervaso dall’idea di guerra santa. L’insulto verso il nemico bestiale, la giusta e cieca violenza che lo colpisce, la volontà di Dio espressa dal mandato e dai signa dati dal pontefice all’armata. Vi ritroviamo ancora il richiamo alla Romanitas e il ruolo di polizia internazionale che Pisa sente di giocare nel salvare i prigionieri cristiani (non solo pisani) e nel punire i loro carcerieri. MA SI TROVANO ANCHE: tentativi di dialogo e ricordo di relazioni diplomatiche con i Saraceni; azioni misericordiose e conversioni (regina di Maiorca)

Alla metà del XII secolo un corsaro pisano – tale Trapelicino - fu bandito dalla città per un delitto “abominevole” da lui commesso contro i Saraceni e la condanna fu talmente importante e inappellabile da venire inserita nella prima rubrica del breve dei consoli del 1162. Il delitto e la successiva condanna risalgono agli anni ’50 del XII secolo, quindi a poco più di un trentennio dalla redazione del Liber

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Contestualizzare Non possiamo accettare passivamente il “manifesto” della facciata del duomo né l’ideologia espressa dalla poesia epica pisana perché sono frutto di una specifica rielaborazione della storia della città e sono fonti che avevano in larga parte lo scopo di ottenere per la città uno specifico ruolo all’interno dello scacchiere politico e obiettivi molto precisi: influenza piena sul Sardegna e Corsica

Non si possono leggere le imprese solo come tappe della “riconquista” cristiana del Mediterraneo, ma si deve inserire queste tappe nella complessa rete di rapporti che legava fra loro le diverse “potenze” dell’epoca, si deve meglio contestualizzare i singoli accadimenti per poi recuperarli entro una visione, se possibile, unitaria.

Queste imprese nacquero in momenti e contesti fra loro differenti, ma nel riconsiderarle al fine di meglio caratterizzare la propria storia, la propria identità e il proprio programma politico, la società cittadina non faticò a scorgevi il tema comune, il motivo conduttore che le legava tutte. Questo non poteva essere riconosciuto banalmente nel contrasto contro gli infedeli, né solo in un non ben definito programma di preminenza commerciale nel Mediterraneo.

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Contestualizzare Il comune denominatore la città lo individuò nel significato “pubblico” che tali imprese ebbero, nel fatto che furono condotte per l’interesse comune, in appoggio più o meno palese alla volontà di autorità pubbliche - l’imperatore, il pontefice, la Marca - e all’interno di convogli che oggi potremmo definire tranquillamente “internazionali”.

Dietro le spedizioni militari come dietro gli accordi il ceto sociale era il medesimo e le due pratiche – quella guerresca e quella diplomatica – probabilmente convivevano nella società cittadina senza apparenti contraddizioni perché l’ideologia che in realtà le sorreggeva entrambe non era quella della guerra santa ma quella della grandezza materiale e politica della civitas, che solo in alcuni momenti e dietro a spinte precise trovò più utile la dimostrazione di forza.

Una di queste contingenze fu indubbiamente il periodo a cavallo della prima crociata, perché si verificò una straordinaria convergenza di interessi tra il papato e la città. E tale convergenza di interessi trovò nell’ideologia della guerra santa una cassa di risonanza ideale, fatta tuttavia risuonare – non lo dimentichiamo – quasi esclusivamente da chierici.

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Corridoi marittimi

Fino alla prima crociata Pisa risulta chiaramente proiettata sul solo Tirreno, dal mar Ligure fino al canale di Sicilia. Riguardo al Golfo del Leone, anche se è più che logico pensare che ci fossero scambi tra Toscana e Provenza (per altro già testimoniati nel X secolo), il salto di qualità forse avvenne dopo il 1092 e si intensificò al passaggio tra i due secoli.

Fu la superiorità nautica e militare, cresciuta progressivamente nel X secolo, sostenuta da Impero e Papato, rivelatasi con al-Mahdiya e consacrata dalla Prima Crociata ad aprire la strada a nuovi investimenti in aree diverse da quelle consuete: a ovest Africa nord-occidentale e la penisola iberica, a est la Terrasanta e Bisanzio. Tale apertura tuttavia impose un cambiamento totale di strategia, dovuto da un lato alla concorrenza tra Pisa e Genova e dall’altro all’esistenza di altri soggetti concorrenti (Venezia, i Normanni, le città marittime del Midi, Barcellona).

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al-Zuhri - inizi XII[..] Dopo questa città (si tratta di Genova), in direzione est, sulle rive del mare, si trova la città di Pisa, che è più importante di Genova. Essa è attraversata da un fiume chiamato “fiume di Pisa”, che discende dal monte Mandja, il quale è situato all’inizio del paese di Djilliqiya, verso nord. Su questo fiume c’è un grande ponte costruito su otto archi che una nave può attraversare a vele spiegate e sono muniti di battenti in legno rinforzati di ferro che si chiudono di notte e si aprono di giorno per paura dei vascelli dei musulmani. Queste porte sono state fabbricate quando la Sicilia, la Sardegna e Messina erano nelle mani dei musulmani e che si temevano gli attacchi dei loro navigli. Tra la città e il mare vi è una distanza di due parasanghe (circa 12 km). I suoi abitanti sono di una grande bravura in guerra e per lo più abili marinai. Essi sono tra i migliori costruttori di mangani, torri e strumenti di fortificazioni; sono combattenti temibili sul mare, esperti nel lanciare la nafta. Sono gente perfida e nefasta, pieni di violenza e di malvagità. Essi abbondano di legno da costruzione ma lavorano anche il ferro, di cui fanno ogni sorta di armi di qualità, come le cotte di maglia, gli elmi e le lance. E’ da essi che vengono le spade pisane, che sono differenti dalle spade dell’India in quanto sono così flessibili che ci si può cingere come una cintura, benché siano altrettanto affilate se non di più, delle spade indiane. Presso di essi il cavaliere come la sua cavalcatura è così tanto coperto dalla sua corazza che non si vede più niente di lui. Sono anche dei mercanti, di terra e di mare, che vanno fino ai limiti della Siria, fino ad Alessandria e all’Egitto, alle estremità del Maghreb e in Al-Andalus. [..]

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Specializzazioni e mutamenti

Pisa era più importante di Genova, ma le sue difese datavano a un periodo anteriore “quando la città era ancora minacciata dai musulmani”

i Pisani avevano capacità notevoli nella navigazione, nella guerra marittima, nella cantieristica e nella costruzioni di armi in legno e in ferro. Erano poi anche mercanti ed esportatori di spade, trementina, cuoio, zafferano e cotone per tutto il Mediterraneo.

La superiorità pisana si misurava quindi, fino a quella data, proprio nelle capacità nautiche, nell’esperienza bellica sul mare, nel know how cantieristico, e poi “anche” nella mercatura. Mercatura che diventò estremamente più lucrosa della razzia all’indomani della Prima Crociata

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