Lezione 07 (01-12-06) Immunologia

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Oggi analizzeremo la modalità di risposta dei linfociti T attivati, cioè la vera e propria immunità cellulo mediata, una di quelle branche di risposta principali che il sistema immunitario può mettere in opera. Abbiamo visto la volta scorsa l¶immagine riguardante l¶espansione clonale (diapositiva 1) una volta avvenuta l¶attivazione con integrazione del doppio segnale, in particolare della citochina IL-2, quando una seria di eventi portano all¶aumento delle cellule specifiche per il fatto che modificano alcu ne delle loro caratteristiche di membrana e poi si ha gradualmente la riduzione del numero e in pratia rimangono solo le cellule memoria. Le cellule effettrici vanno in apoptosi e quelle memoria rimangono pronte per un e ventuale secondo incontro. Gli eventi fondamentali nella risposta cellulo mediata sono solo in parte mediati direttamente dai linfocitiT e i parte da linfocitiT citotossici che sono in grado di distruggere direttamente le cellule bersaglio. Altri effetti di difesa sono mediati da citochine e dal contatto diretto dei linfociti Th1 e azione delle citochine prodotte dai linfocitiTh1 che reclutano cellule dell¶immunità aspecifica, ha grande importanza il macrofago che dopo essere stato il potenziale attivatore del linfocitaTh0, attivandolo e cond izionandone l¶evoluzione in senso Th1, a sua volta viene attivato dall¶IFK, la citochina chiave che identifica la risp cellulomediata. Altre modalità impiegate sono date dall¶attivazione, attraverso l¶azione di altre cellule aspecif ihe che vengono reclutat e anche localmente come i granulociti, anche qui vengono richiamate e attivate delle cellule di tipo fagocitarlo (???). ricordiamo che l¶IFK è in grado di agire sui linfocitiT promovendo la trascrizione di immunoglobuline di tipo G1 che sono poi quelle che legandosi all¶antigene e tramite il loro frammento fc ai recettori presenti sui granulociti neutrofili, su macrofagi e altre cellule infiammatorie determinano un ulteriore potenziamento della fagocitosi, perché le Ig fungono da opsonine e, una volta formato il complesso antigene-anticorpo, determinano l¶attivazio ne del complemento con ulteriore opsonizzazione da parte del frammento C3b. quindi esistono varie modalità dove il macrofago riveste il ruolo centrale. Un altro aspetto che dobbiamo focalizzare è che una volta attivato il linfocitaT che media tutte queste risposte, indirettamente se linocitaTh, direttamente se linfocitaTcitotossico, modifica alcune delle sue molecole di membrana e acquisisce la capacità di ricircolare non più tra circolo sistemico e organo linfatico secondario come accadeva per il naive, ma tra circolo sistemico e i vari tessuti periferici dell¶organismo. Questo accade perché una volta che sia stato attivato a livello dell¶organo linfatico secondario, abbia cioè riconosciuto il suo a ntigene, abbia avuto il secondo segnale con CD28 che interagisce con B712, che abbia avuto anche il segnale citochinico per l¶espressione clonale, la funzione materiale di rispondere deve avvenire i n periferia, laddove presumibilmente è giunto l¶antigene. Spostiamo la nostra attenzione verso la periferia, d'altronde se andiamo incontro ad una infezione localizzata è in questa zona che vediamo il fenomeno infiammatorio, se una persona volendo vedere un¶infiammazione su base immunologica  prende come esempio una reazione di senbilizzazione al nickel che causa una dermatite da contatto, la zona che viene esposta all¶antigene manifesta il quadro in fiammato rio perché è in questa zona che arriva il lin focitaT attivato in  precedenza, e quindi un linfocita memoria che possiede sulla sua superficie integrine (VLA1, VLA4) che gli consentono di passare rapidamente attaverso l¶endotelio che esprime il ligando ad alta affinità. Questi ligandi vengono espressi quando localmente si crea una situazione di in fiammaz ione e qui ndi una risposta alle citohine, alcune di tipo ??, localmente si ha l a risposta. Il primo evento è caratterizzato dalla selezione clonale, espansione, risposta effettrice e formazione delle cellule memoria. Nel secondo evento si verifica l¶espansione clonale veloce e la risposta effettrice, ciò significa che la cellula che è stata attivata alla prima esposizione non ha bisogno del secondo segnale per essere atti vata. Quindi abbiamo più cellule specializzate per un determinato antigene, cellule che tendono a circolare tra tessuti e sangue e abbiamo cellule in grado di attiva rsi uscendo dallo stato di cellule memoria con il solo contatto con l¶antigene specifico. Se questo avviene nella prima fase con i linfociti che passano attraverso le venule ad alto endote lio per entrare nel linfonodo e poi lo lasciano attraverso i linfatici efferenti, ricordate che per quanto riguarda le cellule memoria qui dobbiamo sostituire il tessuto periferico. In questo grafico sono messe in evidenza le caratteristiche che differenziano le cellule T naive, le attivate effettrici e quelle memoria. Sono molto importanti le variazioni dell¶espressione dei recettori di accasamento linfonodale, molecole che favoriscono il passaggio attraverso le venule ad alto endotelio, presenti nei linfo citi naive ma non negli effettori e nele cellule memoria perché non più necessari.  Nelle cellule effettrici e nelle memoria vengono espresse le molecole di adesione e le integrine, in particolare LFA1 e VLA4. Il VLA4 è stato selezionato in alcune speriment azioni come bersaglio per potenziali terapie. In alcuni casi il linfocitaT è attivato nei confronti di autoantigeni. Si ha quindi una flogosi e un continuo arrivo di linfociti memoria specifici che possono lasciare il vaso per entrare in quello che sarà il focolaio d¶infezione grazie al fatto che esprimono sulla superficie integrine ad alta affinità.  Nel caso della sclerosi multipla è stato utilizzato un anticorpo monoclinale antiVLA4 che ha dato buoni ri sultati anche da un punto di vista di efficacia ma ad un certo punto ha manifestato un effetto collaterale che ha imposto la fine della sperimentazione. Se si utilizza un anticorpo monoclinale anti-integrina ad alta efficienza con lo scopo di impedire al linfocita attivato, al di là della sua specificità, di passare dal circolo al focolaio, questo risultato viene ottenuto sia per il linfocitaT autoreattivo sia per i l infocitiT alloreattivi. I soggetti sottoposti alla sperimentazione hanno manifestato focolai infettivi a livello encefalico e questo ha portato alla sospensione della speri mentazione.

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Oggi analizzeremo la modalità di risposta dei linfociti T attivati, cioè la vera e propria immunità cellulo mediata, una diquelle branche di risposta principali che il sistema immunitario può mettere in opera.Abbiamo visto la volta scorsa l¶immagine riguardante l¶espansione clonale (diapositiva 1) una volta avvenutal¶attivazione con integrazione del doppio segnale, in particolare della citochina IL-2, quando una seria di eventi portanoall¶aumento delle cellule specifiche per il fatto che modificano alcune delle loro caratteristiche di membrana e poi si hagradualmente la riduzione del numero e in pratia rimangono solo le cellule memoria. Le cellule effettrici vanno inapoptosi e quelle memoria rimangono pronte per un eventuale secondo incontro. Gli eventi fondamentali nella risposta

cellulo mediata sono solo in parte mediati direttamente dai linfocitiT e i parte da linfocitiT citotossici che sono in gradodi distruggere direttamente le cellule bersaglio. Altri effetti di difesa sono mediati da citochine e dal contatto diretto deilinfociti Th1 e azione delle citochine prodotte dai linfocitiTh1 che reclutano cellule dell¶immunità aspecifica, ha grandeimportanza il macrofago che dopo essere stato il potenziale attivatore del linfocitaTh0, attivandolo e condizionandonel¶evoluzione in senso Th1, a sua volta viene attivato dall¶IFK, la citochina chiave che identifica la risp cellulomediata.Altre modalità impiegate sono date dall¶attivazione, attraverso l¶azione di altre cellule aspecifihe che vengono reclutat eanche localmente come i granulociti, anche qui vengono richiamate e attivate delle cellule di tipo fagocitarlo (???).ricordiamo che l¶IFK è in grado di agire sui linfocitiT promovendo la trascrizione di immunoglobuline di tipo G1 chesono poi quelle che legandosi all¶antigene e tramite il loro frammento fc ai recettori presenti sui granulociti neutrofili,su macrofagi e altre cellule infiammatorie determinano un ulteriore potenziamento della fagocitosi, perché le Igfungono da opsonine e, una volta formato il complesso antigene-anticorpo, determinano l¶attivazione del complementocon ulteriore opsonizzazione da parte del frammento C3b.quindi esistono varie modalità dove il macrofago riveste il ruolo centrale.Un altro aspetto che dobbiamo focalizzare è che una volta attivato il linfocitaT che media tutte queste risposte,

indirettamente se linocitaTh, direttamente se linfocitaTcitotossico, modifica alcune delle sue molecole di membrana eacquisisce la capacità di ricircolare non più tra circolo sistemico e organo linfatico secondario come accadeva per ilnaive, ma tra circolo sistemico e i vari tessuti periferici dell¶organismo. Questo accade perché una volta che sia statoattivato a livello dell¶organo linfatico secondario, abbia cioè riconosciuto il suo antigene, abbia avuto il secondo segnalecon CD28 che interagisce con B712, che abbia avuto anche il segnale citochinico per l¶espressione clonale, la funzionemateriale di rispondere deve avvenire in periferia, laddove presumibilmente è giunto l¶antigene.Spostiamo la nostra attenzione verso la periferia, d'altronde se andiamo incontro ad una infezione localizzata è in questazona che vediamo il fenomeno infiammatorio, se una persona volendo vedere un¶infiammazione su base immunologica prende come esempio una reazione di senbilizzazione al nickel che causa una dermatite da contatto, la zona che vieneesposta all¶antigene manifesta il quadro infiammatorio perché è in questa zona che arriva il linfocitaT attivato in precedenza, e quindi un linfocita memoria che possiede sulla sua superficie integrine (VLA1, VLA4) che gliconsentono di passare rapidamente attaverso l¶endotelio che esprime il ligando ad alta affinità. Questi ligandi vengonoespressi quando localmente si crea una situazione di infiammazione e quindi una risposta alle citohine, alcune di tipo ??localmente si ha la risposta.Il primo evento è caratterizzato dalla selezione clonale, espansione, risposta effettrice e formazione delle cellulememoria. Nel secondo evento si verifica l¶espansione clonale veloce e la risposta effettrice, ciò significa che la cellulache è stata attivata alla prima esposizione non ha bisogno del secondo segnale per essere attivata. Quindi abbiamo piùcellule specializzate per un determinato antigene, cellule che tendono a circolare tra tessuti e sangue e abbiamo cellulein grado di attivarsi uscendo dallo stato di cellule memoria con il solo contatto con l¶antigene specifico.Se questo avviene nella prima fase con i linfociti che passano attraverso le venule ad alto endote lio per entrare nellinfonodo e poi lo lasciano attraverso i linfatici efferenti, ricordate che per quanto riguarda le cellule memoria quidobbiamo sostituire il tessuto periferico.In questo grafico sono messe in evidenza le caratteristiche che differenziano le cellule T naive, le attivate effettrici equelle memoria.Sono molto importanti le variazioni dell¶espressione dei recettori di accasamento linfonodale, molecole che favorisconoil passaggio attraverso le venule ad alto endotelio, presenti nei linfociti naive ma non negli effettori e nele cellulememoria perché non più necessari. Nelle cellule effettrici e nelle memoria vengono espresse le molecole di adesione e le integrine, in particolare LFA1 eVLA4. Il VLA4 è stato selezionato in alcune sperimentazioni come bersaglio per potenziali terapie. In alcuni casi illinfocitaT è attivato nei confronti di autoantigeni. Si ha quindi una flogosi e un continuo arrivo di linfociti memoriaspecifici che possono lasciare il vaso per entrare in quello che sarà il focolaio d¶infezione grazie al fatto che esprimonosulla superficie integrine ad alta affinità. Nel caso della sclerosi multipla è stato utilizzato un anticorpo monoclinale antiVLA4 che ha dato buoni risultati ancheda un punto di vista di efficacia ma ad un certo punto ha manifestato un effetto collaterale che ha imposto la fine dellasperimentazione.Se si utilizza un anticorpo monoclinale anti-integrina ad alta efficienza con lo scopo di impedire al linfocita attivato, aldi là della sua specificità, di passare dal circolo al focolaio, questo risultato viene ottenuto sia per il linfocitaTautoreattivo sia per i linfocitiT alloreattivi.I soggetti sottoposti alla sperimentazione hanno manifestato focolai infettivi a livello encefalico e questo ha portato allasospensione della sperimentazione.

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Questi vari meccanismi vengono studiati perché rappresentano potenziali bersagli terapeutici, si pone però un problemadi selettività. Infatti bloccare esclusivamente l¶attività di un particolare linfocita che ha un a certa specificità senza bloccare dei fenomeni fondamentali per la funzionalità dei linfociti attivati in genere è un processo molto complicato espesso crea degli effetti collaterali particolarmente dannosi.Quindi i fenomeni di attivazione dei macrofagi, il reclutamento locale dei PMN, l¶utilizzo degli anticorpi di cui è stataindotta la sintesi per favorire determinate modalità di eliminazione dell¶antigene, sono fenomeni che si verificanolocalmente. Centralmente si verifica l¶attivazione dei linfocit i Thelper 1 e 2, perifericamente abbiamo la risposta vera e

propria.Grazie alla presenza di questo recettore presente sulla superficie, nel momento in cui si trova il ligando, viene espressoil ligando ad alta affinità sugli endoteli. L¶endotelio non viene attraversato esclusivamente dai linfocitiT specifici maanche da linfocitiT attivati o memoria non specifici per l¶antigene che determinato il tutto. Questi linfociti nontroveranno il loro antigene e torneranno in circolo mentre i linfociti specifici r iconosceranno l¶antigene e potrannoiniziare la loro attività.Lµattività consiste nella produzione di If K e di una serie di altre citochine (TNF«).Localmente l¶attivazione dei macrofagi, che sono le cellule chiave della risposta, avviene attraverso un mediatoresolubile, che è lo stesso If K, che interagisce con i recettori del macrofago favorendo l¶aumento del metabolismo, delle proteasi, della produzione dei ROS. È molto importante anche l¶interazione cellula-cellula tra linfocitiT e macrofagi.In fase iniziale abbiamo visto che il macrofago, cellula presentante l¶antigene, espone le molecole di seconda classe per il riconoscimento da parte dei linfocitiT specifici helper CD4 positivi. (questa parte era praticamente incomprensibilequindi«)Solo il macrofago che abbia espresso sulla superficie la molecola costimolatoria B712 può dare il secondo segnale per

la vera e propria attivazione dei linfocitiT.Il linfoT attivato produce IFK che va ad attivare a sua volta il macrofago, bisogna anche dire che il contatto cellula-cellula tra macrofagi e linfocitiT comporta anche un segnale di ritorno. Il linfocitaT attivato espone sulla superficie ilCD40ligando che si lega alla molecola CD40 presente sul macrofago. Quindi il macrofago inizialmente attiva illinfocita attraverso il primo e il secondo stimolo, il linfocitaT attivato produce IFK che attiva il macrofago, espone comeespressione della prima attivazione il CD40ligando che interagendo con il CD40 del macrofago costituisce un segnaledi attivazione potentissimo per il macrofago stesso, inducendo la produzione di citochine e di tutti i cambiamentimetabolici che portano all¶aumento della fagocitosi.Troveremo questo meccanismo di ritorno anche nella cooperazione tra Th2 e i linfocitiB, meccanismo molto importante per la produzione di anticorpi (???).Il macrofago quindi attraverso la fagocitosi di tipo aspecifico e la produzione di citochine sta alla base della captazionedell¶antigene esogeno, della sua degradazione e poi l¶esposizione di TCD4.Il linfocitaTCD4 produce a sua volta delle citochine (IFK) che vanno ad attivare il macrofago assieme ad un¶interazionecellula-cellula piuttosto complessa che comporta l¶interazione CD40ligando-CD40.

È il macrofago attivato che determina il quadro di produzione di citochine, sia di eliminazione mediante fagocitosi dei patogeni che sta alla base della risposta cellulo mediata che è un tipo di risposta che avviene selezionando l¶antigene einternalizzandolo entro vescicole.Un altro degli effetti mediati dall¶IFK, oltre l¶attivazione del macrofago, è il potenziamento della sintesi di B712 e IL-12da parte del macrofago. Questo fa si che localmente si abbia un potenziamento delle prestazioni degli antigeni neiconfronti dei linfocitiT e un condizionamento in senso Thelper1.Questo grafico riguarda dei topolini che sono stati infettati con LIsteria monocitogenes. In blu sono rappresentatitopolini immunocompetenti che hanno la capacità di produrre IFK dopo l¶esposizione all¶antigene. In rosso sonorappresentati i topolini KO per il gene codificante per l¶IFK, queste cavie hanno un sistema immunitario completo manon possono produrre IFK. I primi mostrano una sopravvivenza del 100%, i secondi hanno una sopravvivenza ridotta.Ciò dimostra che IFK è un mediatore essenziale per questo tipo di risposta.

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Il topolino viene infettato con il micobatterio tubercolare e mostra una lesione sulla zampa,. Alcune settimane doponello stesso topino viene inoculato l¶antigene del micobatterio sull¶altra zampa o sul dorso. Nel giro di 48 -72h compareuna marcata infiammazione nella zona di inoculazione che può presentare un¶area di necrosi centrale e un peggioramento della lesione iniziale. Questo accade perché una volta che l¶antigene è arrivato a livello del linfonodotributario di quella zona, è stato presentato al linfocitaT specifico che è stato attivato, che ha avuto la sua espansioneclonale, ha avuto la risposta locale e poi si sono formate un certo numero di linfociti memoria in circol, quandol¶antigene viene inoculato in un¶altra zona alle caratteristiche che abbiamo elencato di ricircolo verso i tessuti,

perifericamente si ha il riconoscimento locale diretto senza bisogno di ???Un fenomeno analogo viene utilizzato in diagnostica umana, il Ttest infatti serve a determinare se un individuo è entratoin contatto con il micobatterio tubercolare.Viene utilizzato un derivato proteico purificato PPD che viene messo in contatto con la cute attraverso degli stick che presentano dei piccoli aghi, viene fatta una pressione a livello della faccia volare dell¶avambraccio, dopo 2 o3 giorni siesamina la cute.Se il soggetto non ha mai avuto contatti con il micobatterio localmente non abbiamo nessuna reazione ed il soggettoviene definito negativo, vergine per quanto riguarda il micobatterio, il che vuol dire che vuol dire che non ha maisviluppato una risposta e una memoria immunologicanei confronti dell¶antigene.Se il soggetto ha avuto un contatto e l¶ha gestito senza ammalarsi ma ha le celllule memoria in circolo, dopo 48-72h,dipende dall¶entità della reazione, nella zona di applicazione dell¶antigene compare un infiltrato, la cute appare spessa erilevata, arrossata a cui si accompagna una sensazione dolorosa, quadro che si verifica durante un¶infiammazionesostenuta da un¶infiltrazione cellulare. Nella zona in cui è stato iniettato l¶antigene è stato procurato un traumameccanico, in quell¶area so instaura una flogosi anche aspecifica, nel frattempo vengono attivati i linfocitiT specificiche attiveranno i macrofagi e così via fino a quando si r ende manifesta la lesione. Si forma una papula che puòimpiegare anche un paio di giorni a scomparire.

Se un paziente presenta una febbre sospetta e si vuole vedere se il soggetto è entrato in contatto con il micobatterio siesegue questo test che non fa diagnosi di malattia ma esclusivamente di avvenuto contatto.Lo stesso meccanismo viene utilizzato pee verificare se la vaccinazione ha indotto l¶immunizzazione.

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Questo è l¶infiltrato cellulare che caratterizza le reazioni di ipersensibilità ritardata, costituito da linfocitiT, chel¶immunoistochimica rivelerà essere CD4, e macrofagi attivati il cui fine ultimo è quello di eliminare l¶antigene stesso.In qualche caso la risposta non è sufficiente ad eliminare l¶antigene, il micobatterio riesce a sfugg ire alla tossicit delmacrofago bloccando la fusione tra fagosomi e lisosomi rallentando i tempi della risposta. Il mico non solo non vieneucciso dal macrofago ma lo utilizza quasi per proteggersi dalle altre modalità di difesa dell¶organismo o da un ulte riorefagocitosi da parte di macrofagidi nuova attivazione, quindi più efficienti.Quando il patogeno non può essere eliminato si instaura un avento classico. Il macrofago tenta di ucciderlo ma non ciriesce, quindi muore liberando patogeni e quindi favorendo l¶infezione. Il macrofago porta anche in superficie gliantigeni comportando l¶attivazione dei linfocitiT specifici che richiamano i macrofagi nel tentativo di eliminarel¶antigene provocando un accumulo di macrofagi con un vallo di linfocitiT attivati, molti dei quali sono specifici. Dal punto di vista istologico si manifesta il quadro tipico dell¶infezione granulomatosa.

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Questo è un granuloma caratterizzato da una grande quantità di macrofagi che spesso presenta una necrosi centrale. Imacrofagi sono talmente stipati da avere i limiti cellula-cellula smili ai limiti delle cellule epiteliali, da cui il nome dicellule epitelioidi. I macrofagi possono fondersi dando origine alle cellule giganti multinucleate, con i nuclei posti in periferia. Alla periferia del granuloma sono presenti i linfociti. Il granuloma è l¶espressione dell¶incapacità del sistemaimmunitario di eliminare l¶antigene in questo caso tramite la modalità di risposta cellulo -mediata.

Il TNF è prodotto dai linfocitiT ma anche dai macrofagi e tanto più da quelli attivati.TNF è una citochina infiammatoria che media effetti diversi come scala a seconda della quantità in cuii viene prodotto.Quantità molto basse danno un¶infiammzione locale e questa è la ³fisiologia´.Quantità più alte portano alla produzione di sintomi sistemici che servono a favorire l¶eliminazione dell¶antigene, comel¶aumento della temperatura corporea, l¶induzione della sintesi delle proteine della fase acuta, leucocitosi, tutti i sintomidell¶infiammazione acuta mediati non solo dal TNF ma anche dall¶IL6 e dall¶IL1.Se prodotto in quantità massive in seguito alla massiccia attivazione dei linfocitiT e soprattutto dei macrofagi porta adun quadro clinico molto temuto che è lo shock settico che presnta una letalità del 50%.Il TNF determina un aumeno della permeabilità e del calibro dei vasi, che determina un ipotensione generalizzata datadall¶aumento del letto vascolare, una depressione dell¶attività contrattile che aggrava il quadro determinato dallariduzione del ritorno venoso. A livello epatico si determina ipoglicemia.Si cerca di intervenire inibendo il mediatore principale dello shock, somministrando degli anticorpi monoclinaliantiTNF che hanno dato buoni risultati.In questo caso non è il patogeno il problema il mediatore prodotto in sua risposta.

LEZIONE DI IMMUNOLOGIA 1 DICEMBRE, 2° ora(sbob da Roberta Pellegrino, con grande fatica e santa pazienza!!!)

Piccolo inciso: l¶attivazione di monociti e macrofagi non comporta necessariamente un coinvolgimento del sistimmunitario specifico;questo coinvolgimento può invece verificarsi in alcune situazioni che si manifestano come shock tossico.Lo shock tossico è determinato dalla presenza di particolari molecole tossiche che si comportano come super-antigeni.

Ora dobbiamo confrontarci col concetto di superantigene: nella DIAPOSITIVA 19 , nell¶immagine a sinistra vedete ilriconoscimento specifico da parte del TCR del suo antigene, nel contesto della molecola di II classe;in azzurro è mostrato l¶ antigene.

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Vediamo nell¶immagine a dx, che ci sono molecole in grado di legarsi, grazie alla loro struttura, sia al recettore TCR,sia alla molecola di II classe, ma non utilizzando la tasca binding-site della MCH II e la zona di riconoscimentospecifico del TCR, bensì una zona esterna al sito specifico delle zone di riconoscimento:la catena beta del dominio variabile del TCR,e la catena beta della molecola di II classe.Questo segnale viene comunque inviato all¶ interno della cell;dà ugualmente luogo ad un meccanismo di aggregazione dei recettori;

e porta all¶ attivazione dei linfociti T.La differenza sostanziale è che:

y nel primo caso parliamo di riconoscimento specifico, ed il numero di linifici T con questo TCR, specifico per un dato antigene , è esiguo;

y i superantigeni al contrario si legano a zone del recettore della molecola MHC II che sono altamenteconservate in cloni differenti di linfociti T;i linfociti T cioè hanno una diversa specificità, ma nel loro recettore presentano parti della catena beta

conservate, per cui si attivano contemporaneamente molti cloni linfocitari a specificità diversa.

L¶azione dei superantigeni determina quindi un¶ attivazione massiva del sistema immunitario, che può tradursi alla finein un danno molto più intenso di quanto non avrebbe determinato l¶effetto diretto della tossina/patogeno.

Uno dei quadri messo in evidenza anni fa è quello dello shock tossico da tossine di stafilococco, che aveva contaminatotamponi intravaginali:lo stafilococco contaminate aveva prodotto la tossina in grande quantità;una volta in circolo, questa aveva determinato un¶attivazione massiccia di molti cloni linfocitari, associata ad elevataletalità.

Anche determinati virus possiedono superantigeni, che possono determinare un quadro di attivazione massiva, non piùclonale, ma policlonale, con effetti non più localizzati verso un unico antigene, ma diffusi.

Prendiamo ora in considerazione una categoria di patogeni verso i quali la risposta immunitaria non è mediata dai CD4;sono quei patogeni che si trovano all¶interno della cellula, in particolare ci stiamo riferendo ai virus.I VIRUS dipendono dalla cellula ospite per la loro sopravvivenza e replicazione: una volta internalizzati, sfruttanol¶apparato sintetico della cell, per produrre proteine virali sulla base del loro patrimonio genetico.Come tutte le proteine endogene prodotte, anche quelle virali, una volta processate nel proteosoma, vengono esposte nelcontesto delle MCH I classe.Anche verso questo tipo di patogeni abbiamo una risposta di tipo cell-mediata:la componente cell è rappresentata dal linf T citotossico, in grado di riconoscere l¶antigene nel contesto delle MCH Iclasse.

I linfociti CD8 una volta attivati vengono chiamati linfociti CTL (Linfociti T Citotossici);sono dei killer che, interagendo con la cell bersaglio, ne inducono l¶apoptosi, causandone la morte.

L¶induzione dell¶apoptosi nelle cell bersaglio da parte dei CTL, può avvenire secondo diversi meccanismi:interazione Fas-ligando del CTL, col Fas della cell bersaglio;contatto cell-cell;secrezione citochine.

Questo meccanismo di tossicità avviene secondo step successivi:il primo punto è altamente specifico: il CD8, col suo recettore, riconosce il bersaglio che espone nel contesto delleMCH I classe i peptidi di origine virale;si forma il coniugato;il CD8 ha poi bisogno di un secondo segnale, la cui ricezione innesca l¶attivazione del CTL;una volta attivato il CTL prolifera secondo un meccanismo di espansione clonale.

L¶attivazione dei CTL determina:il contatto con la cell che espone l¶ antigene;l¶aggancio della cell bersaglio;l¶esocitosi dei granuli linfocitari, a liv della zona di contatto fra le due cell, con liberazione del loro contenuto nella c ell bersaglio, dove questo materiale linfocitario media l¶apoptosi.

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In seguito all¶esocitosi dei granuli linfocitari, il CTL si distacca ed è così disponibile ad una nuova interazione conun¶altra cell che esponga sulla sua superficie l¶antigene specifico.

Nel mentre, nella cell bersaglio, è stato innescato il meccanismo apoptotico, che la porterà alla morte.

Il CD8 può essere attivato con un sistema tipico, analogo a quello di attivazione del CD4:

riconoscimento dei peptici antigenici, associati alla MCH I classe, mediante i TCR;secondo segnale;attivazione con espansione clonale, differenziazione«

Una seconda possibilità di attivazione del linfocita CD8 prevede che il riconoscimento specifico (TCR/peptideantigenico associato MCH I classe) non sia associato al secondo segnale cell-cell: le APC cioè possono non esporre ilB7-1/2.La mancanza di questo secondo segnale può essere bypassata dalla presenza di Interleuchina-2.IL-2, prodotta localmente dopo l¶attivazione dei T-helper, in qualche modo determina il secondo segnale che sisostituisce a B7-1, che non è esposto sull¶APC.Anche in questo caso abbiamo attivazione, espansione clonale e così via.

L¶attivazione del CD8 è più semplice rispetto a quella del CD4, perché vi sono diverse possibili vie, attraverso cui puòrealizzarsi.

Infine i linfociti CD4 interagiscono con una APC, su cui è presente il CD40, mediante il CD40 -ligando, potenziandol¶espressione delle molecole quali B-7 e IL-2 , in grado di favorire il differenziamento dei linfociti CD8.<<Pertanto l¶interazione CD40/CD40Ligando promuove l¶attivazione linfocitaria in modo indiretto, potenziandol¶efficaciadelle APC>>.

Quindi l¶attivazione può avvenire mediante riconoscimento specifico diretto, tramite il solito doppio stimolo, ma ilsecondo stimolo può essere di tipo solubile e derivare dall¶attivazione del linfocita T-helper, che si comporta quindi daamplificatore di reazione.Badate bene che questi due sistemi possono funzionare contemporaneamente!Abbiamo visto l¶attivazione specifica con doppio segnale cell-cell o solubile.

Passiamo ora all¶ESOCITOSI dei GRANULI LINFOCITARI.Il CTL una volta che è stato attivato, tende a riorganizzare il proprio citoscheletro ed a polarizzarlo verso la zona dicontatto con la cell bersaglio, che è sempre quella su cui riconosce l¶antigene;tende cioè a concentrare il materiale presente nei granuli verso la zona di contatto.L¶attivazione del CTL comporta aggregazione delle varie molecole di adesione attorno al CTL stesso;si forma quindi un polo di contatto, con uno spazio quasi virtuale fra le due cell, ed è verso questo polo che siriorganizza l¶ pparato citoscheletrico, in modo da indirizzarvi il materiale contenuto nei granuli, che serve per l¶eliminazione della cell bersaglio.Questo meccanismo serve a garantire:il massimo dell¶efficienza nell¶eliminazione;ed il minimo effetto collaterale, evitando la dispersione di materiale che, una volta all¶interno della cell, ne inducel¶apoptosi.

Il materiale che viene liberato è rappresentato dalle perforine e dagli enzimi granulari.Le perforine sono molecole che, in ambiente extra-cell, tendono a polimerizzare e formare ³tubi´, in cui la parete èformata da tante perforine polimerizzate fra loro, con una parte cava, che si inseriscono a tutto spessore nella membranadella cell bersaglio, formando un canale trans-membrana.Gli enzimi granulari , liberati anch¶essi per esocitosi, trovano questa via d¶ingresso direttamente nella cell bersaglio, laattraversano ed una volta all¶ interno della cell bersaglio attivano la pro-caspasi3, innescando il processo apoptotico.Quindi questo è il sistema classico di eliminazione della cell bersaglio.

Un altro meccanismo che può essere utilizzato sempre per determinare apoptosi della cell bersaglio è quello mediato dal Fas :l¶attivazione del linfocita T comporta sempre l¶esposizione sulla sua superficie del Fas-ligando;l¶interazione del Fas-L col Fas sulla cell bersaglio, ne innesca l¶apoptosi.

Questo meccanismo (diap 25) che comporta esocitosi dei granuli linfocitari, polimerizzazione perforine con formazionecanale trans-membrana sulla cell bersaglio che consente l¶ingresso degli enzimi granulari, deve richiamare alla vostra

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memoria un altro sistema citotossico in cui si ha polimerizzazione di molecole e formazione di un canale trans -membrana« quello del Complemento!

Ancora l¶apoptosi può essere innescata nella cell bersaglio, mediante produzione di TNF, che interagendo col propriorecettore specifico, determina morte cell per apoptosi.

Abbiamo quindi molti e diversi meccanismi, finalizzati allo stesso scopo: determinare la morte della cell bersaglio,

mediante apoptosi.In un¶immagine di microscopia elettronica (DIAP 29), vedete la cell bersaglio(Target-Cell), circondata da CTL, in cui è possibile notare la polarizzazione del CTL, che tende a portare i granuli nel la direzione della zona di contatto fra le duecell.

C¶è un¶altra cell, non specifica, che è dotata di un¶intensissima attività citotossica, ed è quindi capace di uccidere altrecell: sono lecell Natural Killer (NK) , dei linfociti privi di recettori specifici.

I CTL sono quindi : i linfociti CD3+, e quelli CD8+;I Natural Killer sono invece i linfociti quali sono i CD3- (privi di recettore specifico), CD8- e linfociti CD16+, chehanno cioè un recettore per le Fc delle IgG.

C¶è un circuito di attivazione reciproca (diap 30) a livello di immunità innata, quindi molto precoce, fra macrofagi e cel NK:il macrofago infatti, una volta stimolato, produce immediatamente varie citochine, alcune ad azione prettamenteinfiammatoria, altre come l¶ IL-12, che determina attivazione anche delle cell NK.

L¶ IL-12 non solo favorisce il passaggio del linfocita T-helper attivato in Th1 , ma è anche un fattore di attivazione deilinfociti NK, che a loro volta sono ottimi produttori di interferone gamma.Quindi IFN-gamma è prodotto dai linfociti Th1 e dalle cell NK.

Le funzioni delle cell NK sono (diap31):da un lato il potenziamento dell¶attività dei macrofagi, con conseguente eliminazione dei microbi fagocitati dalmacrofago;dall¶altro dimostrano di possedere un potenziale di difesa nei confronti delle cell infettate dai virus e delle cellneoplastiche.

Le cell NK hanno due tipi di recettori sulla loro superficie:y recettori ATTIVATORI, che interagiscono con pattner molecolari altamente conservati fra le specie, esposti

dalla maggior parte delle nostre cell; l¶interazione recettore/ligando invia un segnale di attivazione alla cell NKy recettori INIBITORI, che interagiscono con le molecole MHC di I classe, inviando segnali di blocco alla cell

NK.

(DIAP 32)Tutte le nostre cell espongono i pattner molecolari altamente conservati che interagiscono coi recettoriattivatori delle NK;contemporaneamente però le nostre cell espongono anche le MHC I classe, che interagendo coi recettori inibitori, bloccano l¶attività delle cell NK. Normalmente quindi il risultato finale è che la cell NK è inibita, non c¶è attivazione, e non uccide le cell self dell¶organismo.

Se la cell perde la capacità di sintetizzare o esporre in superficie le MHC I classe, come per effetto di un¶infezionevirale, allora venendo meno l¶interazione MHC I classe/recettore inibitorio cell NK, sono reclutati esclusivamente irecettori attivatori della cell NK, che, una volta attivata, promuove l¶uccisione delle cell infettate.

In assenza di MHC di I classe, la ce ll diventa il bersaglio dell¶ attività citotossica del NK.

C¶è una complementarietà nel meccanismo di azione fra queste due linee linfocitarie dotate di attività citotossica: i CTLed i Natural Killer:i CTL riconoscono ed interagiscono esclusivamente con cell che presentano loro la MHC di I classe, ³vedono´ solo ciòche gli è presentato dalle APC;le cell NK ³vedono´ solo se la cell espone o meno la MHC I classe.

Se una cell è invisibile ai CTL, perché non espone le MHC I classe, diventa automaticamente bersaglio dei NK.

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Questo sistema garantisce che cell che sono andate in contro ad una sottrazione così grave, come la mancata espressionedi MHC I classe, siano comunque eliminate, tramite l¶azione dei NK.

Il MECCANISMO di ELIMINAZIONE promosso dai NK è anologo a quello dei CTL:una volta attivati, mediante un innesco che è differente da quello dei CTL, anche nei NK assistiamo a esocitosi deigranuli con liberazione di perforine ed enzimi granulari, che promuovono l¶apoptosi della cell bersaglio;

ancora i NK sfruttano il sistema FasLigando/Fas e quello TNF/TNFr per innescare l¶apoptosi nei propri target.E¶ poi presente un ulteriore sistema che consente una citotossicità mediata da anticorpi (ADCC), consentito dal fattoche i Nk presentano sulla loro superficie il CD16, un recettore per le IgG;

Se noi abbiamo un anticorpo specifico verso un determinato antigene, esposto sulla superficie di una cell, l¶anticorpo silega all¶antigene; il NK si lega a sua volta all¶anticorpo e tramite la mediazione di quest ¶ultimo si attiva.Anche se la cell possiede le MHC I classe, il riconoscimento sulla sua superficie di un antigene non -self, ed il legamedella molecola IgG, è sufficiente a garantire l¶attivazione del meccanismo citotossico dei NK, indirizzato al bersagl iospecifico.

Abbiamo anche delle situazioni in cui la morte per apoptosi può essere utilizzata nei confronti di cell self: pensiamo ad esempio ad una malattia autoimmune come la Tiroidine di Hashimoto, una patologia piuttosto frequentenelle donne in età anche adolescenziale, in cui la tiroide va incontro ad un processo di infiammazione cronica, coninfiltrazione linfocitaria e distruzione dei tireociti ad opera dei CTL autoreattivi.

Un meccanismo analogo si ha nella distruzione delle isole pancreatiche, in cui le cell beta vengono riconosciute comeestranee dai CTL, che ne innescano la morte per apoptosi;si determina così un¶insufficienza nella produzione di insulina e la comparsa del diabete.

Se noi pensiamo al feto, uno dei problemi in gravidanza è quello di assicurarsi che questo non venga rigettato perchèriconosciuto come estraneo dal sistema immunitari materno.Per scongiurare quest¶evenienza si assiste al ri-orientamento del sist immunitario materno a favore dei linfociti Th2;le modalità di risposta materna sono cioè spostate a vantaggio di una risposta di tipo umorale, che garantisce la nonaggressione del feto ed una sua maggiore condivisione dell¶esperienza immunitaria materna.Il feto quindi sopravvive e può nascere con la maggiore protezione passiva possibile.

Una donna quindi durate la gravidanza è in uno stato di immunodeficienza tale per cui la rende più esposta ad eventualiagenti patogeni.Un altro esempio di modulazione di questi meccanismi di attivazione linfocitaria ci è suggerito d a ciò che avviene alivello dell¶interfaccia materna della placenta, organo essenziale alla sopravvivenza fetale.A questo livello infatti non sono espresse le MHC di I classe, ed in questo modo la placenta è resa ³invisibile´ ailinfociti CD4 e CD8; tuttavia ciò non basta a garantirle l¶immunità anche nei confronti dell¶azione citotossica dei NK.Si ricorre quindi ad un escamotage: vengono sintetizzate delle molecole non classiche HLAG, che non sonoriconosciute dai CD8, e quindi non sono suscettibili ad un attacco da parte di questi linfociti, ma contemporaneamentesono in grado di inibire l¶attività dei NK, al pari delle MHC I classe.