Lez i One Mendoza

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1 ROBERTO MENDOZA La procedura penale nel secondo Novecento Brevi cenni sul codice di procedura penale del 1930 (codice Rocco) (*) § 1. premessa Parlare dei principi e delle linee guida sui quali si fondò il codice di procedura penale del 1930 (cd. codice Rocco) richiederebbe una trattazione assai diffusa che non può esaurirsi in un breve compendio destinato a quanti operano nel settore delle fonti giudiziarie conservate o da riversare negli Archivi di Stato. Gli Archivi di Stato conservano invero atti della Procure, dei Tribunali, della Corti di Assise di primo e secondo grado, delle Corti di Appello compiuti dal 1931 fino al 1989 (data di entrata in vigore del vigente codice di procedura penale) ed anche successivamente in forza delle norme transitorie. Ebbene, l’operatore che esamini gli atti (ad es., un mandato di cattura, una richiesta di rinvio a giudizio, una sentenza) emessi nel periodo temporale compreso tra le suddette date si trova in evidente difficoltà se non li colloca nel contesto storico giuridico in cui sono sorti, in considerazione del fatto che il codice Rocco venne promulgato nella vigenza dello Statuto albertino e che venne gradualmente adattato al mutato sistema costituzionale repubblicano. Il codice Rocco ha invero subito fin dagli anni ’50 progressive e profonde modifiche - l’ultima delle quali introdotta a ridosso dell’entrata in vigore del vigente codice di rito (cd. codice Vassalli) - che hanno via via ampliato i diritti della difesa in ossequio all’art. 24 Cost. Sarebbe lungo elencare tutte le modifiche apportate all’originario testo del 1930 perchè soprattutto a partire dal decennio 1960-1970, oltre a parziali leggi di modifica, si moltiplicarono gli interventi della Consulta che dichiarò l’incostituzionalità delle norme processuali ritenute non più in linea ed anzi in contrasto con il dettato costituzionale (si ricorda che la Corte costituzionale entrò in funzione solo nel 1956). A seguito delle pronunce di incostituzionalità il legislatore spesso intervenne con decreti legge per colmare quei vuoti lasciati liberi dalle sentenze della Consulta. Pertanto, per fare un esempio, le norme processuali vigenti prima dell’anno 1969 presentano un grado di garanzia per l’imputato assai meno efficace rispetto alla normativa introdotta negli anni immediatamente successivi; del pari, può dirsi che il sistema processuale degli anni ’80 completò in gran parte tale lavoro di adeguamento ai principi costituzionali allorchè venne sostituito con il nuovo codice. Molti sostengono che con pochi ulteriori interventi il codice del 1930 avrebbe potuto contemperare le esigenze garantistiche con quelle di efficienza senza la necessità di sostituirlo da nuovo sistema processuale di importazione anglo-americana. ______________________________________________________________________________ (*) Quando nel testo vengono citati gli articoli senza alcuna specificazione (ad es. art. 75) si tratta di articoli del codice del 1930. Gli articoli del vigente codice di rito o di altre fonti sono invece specificati.

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  • 1

    ROBERTO MENDOZA

    La procedura penale nel secondo Novecento

    Brevi cenni sul codice di procedura penale del 1930 (codice Rocco) (*)

    1. premessa

    Parlare dei principi e delle linee guida sui quali si fond il codice di procedura penale del 1930

    (cd. codice Rocco) richiederebbe una trattazione assai diffusa che non pu esaurirsi in un breve

    compendio destinato a quanti operano nel settore delle fonti giudiziarie conservate o da riversare

    negli Archivi di Stato.

    Gli Archivi di Stato conservano invero atti della Procure, dei Tribunali, della Corti di Assise di

    primo e secondo grado, delle Corti di Appello compiuti dal 1931 fino al 1989 (data di entrata in

    vigore del vigente codice di procedura penale) ed anche successivamente in forza delle norme

    transitorie. Ebbene, loperatore che esamini gli atti (ad es., un mandato di cattura, una richiesta di

    rinvio a giudizio, una sentenza) emessi nel periodo temporale compreso tra le suddette date si

    trova in evidente difficolt se non li colloca nel contesto storico giuridico in cui sono sorti, in

    considerazione del fatto che il codice Rocco venne promulgato nella vigenza dello Statuto

    albertino e che venne gradualmente adattato al mutato sistema costituzionale repubblicano.

    Il codice Rocco ha invero subito fin dagli anni 50 progressive e profonde modifiche - lultima

    delle quali introdotta a ridosso dellentrata in vigore del vigente codice di rito (cd. codice

    Vassalli) - che hanno via via ampliato i diritti della difesa in ossequio allart. 24 Cost.

    Sarebbe lungo elencare tutte le modifiche apportate alloriginario testo del 1930 perch

    soprattutto a partire dal decennio 1960-1970, oltre a parziali leggi di modifica, si moltiplicarono

    gli interventi della Consulta che dichiar lincostituzionalit delle norme processuali ritenute non

    pi in linea ed anzi in contrasto con il dettato costituzionale (si ricorda che la Corte

    costituzionale entr in funzione solo nel 1956).

    A seguito delle pronunce di incostituzionalit il legislatore spesso intervenne con decreti legge

    per colmare quei vuoti lasciati liberi dalle sentenze della Consulta.

    Pertanto, per fare un esempio, le norme processuali vigenti prima dellanno 1969 presentano un

    grado di garanzia per limputato assai meno efficace rispetto alla normativa introdotta negli anni

    immediatamente successivi; del pari, pu dirsi che il sistema processuale degli anni 80 complet

    in gran parte tale lavoro di adeguamento ai principi costituzionali allorch venne sostituito con il

    nuovo codice.

    Molti sostengono che con pochi ulteriori interventi il codice del 1930 avrebbe potuto

    contemperare le esigenze garantistiche con quelle di efficienza senza la necessit di sostituirlo da

    nuovo sistema processuale di importazione anglo-americana.

    ______________________________________________________________________________

    (*) Quando nel testo vengono citati gli articoli senza alcuna specificazione (ad es. art. 75) si tratta di articoli del

    codice del 1930. Gli articoli del vigente codice di rito o di altre fonti sono invece specificati.

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    Nel 1989 venne infatti introdotto il sistema processuale di tipo accusatorio, proprio di tali ultimi

    ordinamenti, abbandonando il vecchio sistema inquisitorio su cui si basava il codice Rocco.

    Al riguardo, occorre per fare alcune brevi precisazioni.

    Quando si parla di sistema accusatorio si allude allesperienza giuridica britannica e

    successivamente americana, ma si ignora del tutto che nel diritto romano il sistema accusatorio

    era la regola per molti tipi di processi penali, tanto vero che nei territori doltre Manica esso

    continu ad essere seguito anche dopo la caduta dellImpero romano doccidente (ad es.,

    Cicerone poteva indifferentemente agire come accusatore o come difensore dellaccusato, come

    risulta dalle sue orazioni che costituiscono una base documentale imprescindibile per la

    conoscenza delle regole processuali penali della repubblica).

    Quanto al rito inquisitorio, va detto che esso trae origine dal diritto canonico che per ragioni sue

    proprie concentrava in ununica persona linquisitore e il giudice.

    Tuttavia, questa concentrazione di ruoli in un unico organo non assolutamente presente nel

    codice Rocco.

    Pertanto, si impone la prima doverosa precisazione: il codice del 1930 pu essere definito come

    si vuole ma non pu essere considerato inquisitorio nel senso genuino del termine perch la

    figura preponderante della fase predibattimentale non fu il P.M. (laccusatore) bens il G.I. al

    quale il primo doveva sottoporre le proprie richieste: il G.I. gestiva in proprio listruzione

    formale che era prescritta per i reati pi gravi.

    Pertanto, tutto da dimostrare che in assoluto sia pi garantista un P.M. - il quale parte e

    dominus assoluto della fase delle indagini nellattuale sistema processuale di tipo accusatorio -

    piuttosto che un G.I. che conduceva le indagini istruttorie pi complesse in una posizione di

    terziet.

    In altre parole, lopzione operata nel 1989 per il rito accusatorio stata il frutto di una scelta

    ideologica e politica piuttosto che la conseguenza di uno stato di necessit.

    Tornando al codice del 1930 loperatore che esamina gli atti giudiziari compiuti nel periodo della

    sua vigenza deve porre estrema cura alla data in cui essi furono emessi.

    Solo cos - ad esempio - potr evitare di censurarli per violazione di una regola processuale in

    verit emanata solo in un periodo posteriore a seguito di una sentenza di incostituzionalit e/o di

    una novella legislativa.

    In materia processuale, vige il principio tempus regit actum per cui la validit di un atto

    processuale (ordinanza, sentenza, mandato, ecc.) non pu essere stabilita sulla base di una norma

    successivamente introdotta dal legislatore, anche se la norma stessa ha profondamente

    modificato una norma precedente: ci in quanto il magistrato deve applicare la legge vigente

    anche se non la condivide, a meno di dubitare della sua incostituzionalit, nel qual caso deve

    rimettere gli atti al giudizio della Consulta.

    Corollario di questo principio che se un atto processuale ha prodotto ed esaurito gli effetti che

    da esso scaturiscono anteriormente ad una modifica legislativa, questa non pu togliere validit

    allatto medesimo.

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    Diverso il caso del diritto penale cd. sostanziale secondo cui nessuno pu essere condannato

    per un fatto che una norma posteriore (o una sentenza della Corte costituzionale) non considera

    pi reato: invero, in questo caso si tratta di evitare che qualcuno possa scontare una pena per un

    fatto che la coscienza sociale non ritiene pi meritevole di sanzione penale.

    Fatte le precisazioni che precedono, ritengo utile trattare i principi e gli istituti processuali pi

    importanti del codice di procedura penale del 1930 seguendoli schematicamente e senza alcuna

    pretesa di completezza nel loro sviluppo storico giuridico in considerazione dei mutamenti

    intervenuti a seguito delle pronunce di incostituzionalit e degli interventi legislativi.

    Ho anche ritenuto di riportare le disposizioni e le norme pi significative confrontandole

    alloccorrenza con quelle contenute nel codice di rito penale vigente.

    Ho volutamente tralasciato lesecuzione penale, lapplicazione delle misure di sicurezza e altre

    parti ancora del diritto processuale penale a causa della loro specificit: loperatore che,

    nellambito della sua attivit, ritenesse di dovere approfondire tali aspetti potr sempre

    consultare un codice di procedura penale sempre tenendo a mente il periodo in cui gli atti da

    esaminare furono emessi.

    2. I princpi processuali pi rilevanti

    I) Officialit e obbligatoriet dellazione penale

    Il principio processuale che regolava lintera materia processuale era che lazione penale era

    iniziata obbligatoriamente dufficio, salvo i casi in cui il legislatore avesse riservato a soggetti

    privati o pubblici il diritto di chiedere che fosse esercitata dagli organi preposti (v. infra) (art. 1).

    Al fine di rendere funzionale e operativo tale principio il codice predispose e disciplin gli

    istituti di seguito riportati.

    a) Obbligatoriet del rapporto

    Lofficialit dellazione penale era garantita dalla previsione dellobbligo del rapporto da parte di

    ufficiali di P.G., di pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio per i fatti appresi

    nellesercizio delle loro funzioni (art. 2).

    b) Esercizio dellazione penale da parte del pubblico ministero o del pretore

    Altro istituto che rendeva operativo il principio dellofficialit e obbligatoriet dellazione penale

    era la disciplina dellesercizio dellazione penale.

    Essa veniva esercitata esclusivamente dal pubblico ministero o dal pretore nei limiti delle loro

    competenze in relazione alla tipologia dei reati.

    Ci significa che il giudice non poteva procedere dufficio (ne eat judex ex officio) qualora

    avesse ravvisato che un fatto costituente reato era stato commesso ma non ancora contestato: in

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    una siffatta situazione, infatti, il giudice doveva rimettere gli atti al pubblico ministero o al

    pretore affinch provvedessero nei limiti delle loro competenze (art. 74).

    Due parole sul pubblico ministero e sul pretore.

    Il primo era lorgano incardinato presso ogni tribunale a cui spettava lesercizio dellazione

    penale in relazione ai reati pi gravi di competenza del Tribunale o della Corte dAssise.

    Il secondo era invece lorgano giudiziario diffuso capillarmente su tutto il territorio che al

    contempo esercitava lazione penale e la funzione giudicante in ordine ai reati di minore gravit.

    Con il codice di rito del 1989 la figura del pretore rest solo per quanto riguarda la funzione

    giudicante.

    Successivamente, tale organo stato soppresso e le funzioni giudicanti sono state assegnate al

    tribunale in composizione monocratica, cio ad un giudice del tribunale ordinario: ci in quanto

    apparso opportuno al legislatore che le funzioni giudicanti di primo grado dovessero essere

    attribuite ad un giudice unico, il tribunale.

    c) Irretrattabilit dellazione penale

    Al fine di rendere effettivo il principio dellobbligatoriet dellazione penale il codice prevedeva

    lirretrattabilit dellazione penale.

    In altre parole, una volta esercitata, lazione penale non poteva essere sospesa, interrotta o

    cessare se non nei casi espressamente previsti dalla legge (art. 75).

    d) Richieste e conclusioni del pubblico ministero

    In applicazione del principio sopra esposto il codice prescriveva che il giudice non potesse

    deliberare se non dopo avere sentito il P.M., salvo i casi previsti dalla legge (art. 76).

    Il principio dellobbligatoriet dellazione penale stato recepito nella Costituzione repubblicana

    secondo cui il Pubblico ministero ha lobbligo di esercitare lazione penale (art. 112) per cui

    pu affermarsi che allindomani dellentrata in vigore della Costituzione, esso ha ricevuto

    puntuale conferma assumendo il rango di principio costituzionale.

    Anche il vigente codice di procedura penale ha dovuto adeguarsi alla norma costituzionale

    predetta riconoscendo che il pubblico ministero esercita lazione penale quando non sussistono i

    presupposti per la richiesta di archiviazione (art. 50 comma 1) e prescrivendo che quando non

    necessaria la querela, la richiesta, listanza o lautorizzazione a procedere, lazione penale

    esercitata di ufficio (art. 50 comma 2).

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    II) Favor libertatis e favor rei

    Il principio del favor libertatis attiene allo stato di libert personale dellimputato che non pu

    essere compresso oltre i casi tassativamente previsti dalla legge: ci sta a significare che nella

    materia de qua vietato il ricorso allistituto dellanalogia.

    Corollario di tale principio lobbligo per il giudice e per il pubblico ministero di ripristinare lo

    status libertatis immediatamente quando vengono a mancare le cause che hanno consentito o

    imposto la detenzione.

    Il principio del favor rei consiste nella prevalenza dellinteresse dellimputato nei confronti

    dellinteresse punitivo esercitato dallo Stato nei suoi confronti in tutti i casi in cui si versi in una

    situazione di dubbio non ovviabile n altrimenti eliminabile (in dubio pro reo).

    In aderenza a tale principio il codice del 1930 prevedeva la formula di proscioglimento o

    assoluzione per insufficienza di prove (tale formula stata abolita dal nuovo codice: v. infra).

    Ulteriori aplicazioni si rinvengono nel divieto della reformatio in peius qualora ad impugnare

    una sentenza di condanna sia il solo imputato (art. 515 comma 3) e nellobbligo per il giudice di

    immediata declaratoria di proscioglimento o di assoluzione (art. 152).

    III) Libero convincimento del giudice: lobbligo della motivazione

    Tale principio direttamente correlato al fatto che nel sistema processuale penale dove sono in

    gioco la libert personale e patrimoniale dellimputato non possono essere operanti le cd. prove

    legali che di fatto possono rendere inutili le eccezioni e le allegazioni difensive come pure liter

    argomentativo e deduttivo del giudice in sede di decisione, tenuto conto del fatto che le prove

    legali hanno un carattere astratto che mal si concilia con il principio di responsabilit che pu

    essere affermato solo con un accertamento caso per caso: invero, il principio di responsabilit

    implica e postula un rimprovero da muoversi ad un soggetto non in astratto ma in un determinato

    contesto specifico, quello in cui costui ha operato.

    Il codice del 1930 ha quindi riconosciuto al giudice il diritto-dovere di valutare liberamente gli

    elementi probatori legittimamente acquisiti in giudizio senza restare vincolato ad atti che

    aprioristicamente avessero potuto rendere impossibile una ricostruzione complessiva della

    fattispecie concreta posta al suo esame: si parla al riguardo di principio dellaccertamento della

    verit materiale.

    Detto questo, al fine di non scambiare il libero convincimento in arbitrio, il codice del 1930

    aveva prescritto che il giudice dovesse motivare adeguatamente la sua decisione in modo da

    rendere possibile conoscere liter argomentativo da lui seguito in punto di fatto e in punto di

    diritto.

    Deve dunque trattarsi di accertamento giudiziale e non di opinione personale del giudice non

    supportata per dai necessari presupposti di fatto o addirittura non rispettosa dei dati acquisiti

    acriticamente e immotivatamente esclusi.

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    In altre parole, alla motivazione stata riconosciuta la funzione di valutare congruit della

    decisione adottata dal giudice al fine di consentire di impugnarla adeguatamente adducendo

    ragioni specifiche e non solo apodittiche o di principio.

    In sintesi, il principio del libero convincimento del giudice deve necessariamente coniugarsi alla

    motivazione su cui esso si fonda.

    IV) Contraddittorio tra le parti

    Tale principio consiste nella partecipazione contemporanea di tutte le parti nel giudizio in modo

    che ad ogni contestazione ciascuna parte possa rispondere con specifiche contestazioni,

    controbattendo con argomentazioni diverse, indicando o fornendo gli elementi di prova a suo

    favore.

    Il principio del contraddittorio non costituisce solo la migliore garanzia per le parti in causa ma

    anche un ausilio imprescindibile per il giudice perch propedeutico ad una visione degli atti pi

    articolata e ad una decisione pi ponderata.

    V) Diritto di difesa

    Per quanto concerne il diritto di difesa si rinvia al 3.

    3. Il procedimento. La fase istruttoria in genere

    Atti di istruzione preliminare del pretore e del procuratore della Repubblica. Listruzione

    formale e listruzione sommaria

    Dunque, ricevuta una notitia criminis, il pretore o il P.M. svolgevano gli atti di indagine ritenuti

    necessari, espletati i quali, il procedimento passava ad una diversa fase (art. 231, 232).

    In particolare, il pretore, una volta compiuti gli atti di indagine, o pronunciava sentenza di

    proscioglimento o emetteva decreto di citazione a giudizio davanti a s.

    Il P.M., una volta compiuti tali atti, o chiedeva sentenza di proscioglimento al G.I. ovvero faceva

    richiesta di rinvio a giudizio al giudice competente per il giudizio ovvero chiedeva al G.I. di

    procedere con istruzione formale.

    Cosera listruzione formale e in che cosa si differenziava dallistruttoria sommaria?

    Nel procedimento pretorile listruttoria era sempre sommaria (art. 389) nel senso che il giudice

    era monocratico e riassumeva in s sia le funzioni inquirenti sia quelle giudicanti.

    In altre parole, il pretore doveva compiere tutti gli atti di indagine e gli atti istruttori perch non

    esisteva un altro organo con cui condividere la funzione istruttoria: in questo senso va intesa

    lespressione istruttoria sommaria.

    Nel procedimento di competenza del tribunale o della corte di assise, invece, il pubblico

    ministero di regola compiva solo atti di indagine e trasmetteva il fascicolo al G.I. perch

    provvedesse allistruzione formale.

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    Il pubblico ministero procedeva invece con istruzione sommaria nelle ipotesi tassativamente

    prescritte dalla legge (art. 389):

    - nel caso in cui limputato fosse stato sorpreso in flagranza di reato ovvero quando il reato

    era stato commesso quando costui era arrestato se non si fosse potuto procedere con

    giudizio direttissimo;

    - nel caso di confessione dellimputato in sede di interrogatorio che non avesse richiesto

    altri atti di istruzione;

    - nel caso di prova evidente.

    Al di fuori di tali ipotesi, dunque, il pubblico ministero doveva trasmettere gli atti al G.I. affinch

    procedesse con istruzione formale (art. 295 e ss.) per i delitti di competenza della corte di assise

    e del tribunale.

    Ovviamente il P.M. poteva fare richieste e assisteva al compimento di atti di istruzione nel corso

    dei quali poteva proporre istanze, fare osservazioni e avanzare richieste (art. 303).

    Arresto obbligatorio e facoltativo in flagranza di reato

    Gli ufficiali e gli agenti della polizia giudiziaria avevano lobbligo o la facolt di arrestare in

    flagranza di reato i relativi autori.

    Per distinguere le ipotesi di obbligatoriet o di facoltativit di regola era determinante il criterio

    della pena edittale previsto per il singolo reato (oltre 3 anni di reclusione o lergastolo; reclusione

    da 2 a 3 anni); tuttavia gli artt. 235 e 236 contenevano altre previsioni del tutto sganciate dalla

    pena edittale che non si ritiene di di riprodurre rinviando al testo degli articoli cuitati.

    Listruzione formale: diritto di difesa

    Il codice del 1930 disciplinava la materia nel libro II titolo II capo I Dellistruzione formale.

    E basilare la disposizione che faceva obbligo al G.I. di nominare un difensore allimputato che

    non vi avesse provveduto.

    Recitava lart. 304:

    Il giudice, nel primo atto del procedimento in cui presente limputato, lo invita a scegliersi

    un difensore o glielo nomina dufficio se limputato non lo sceglie; lo invita altres, qualora non

    sia detenuto o internato, a dichiarare o eleggere il domicilio per le notificazioni, a norma

    dellart. 171.

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    Tuttavia, nellimpianto originario del codice Rocco, alla nomina del difensore di fiducia da parte

    dellimputato o del difensore di ufficio da parte del G.I. non seguivano quelle che appaiono le

    garanzie imprescindibili della difesa, la presenza agli atti processuali da compiere, lavviso del

    loro compimento, il deposito degli atti.

    In altre parole, fino alla novella del 1955 (legge 18 giugno 1955, n. 517) non era riconosciuto ai

    difensori alcun diritto di assistere agli atti compiuti dal G.I., tanto vero che non doveva essere

    loro dato alcun avviso circa il giorno, lora e il luogo fissato per le operazioni da compiere.

    Analogamente, nessun avviso doveva essere spedito per consentire la consultazione degli atti

    espletati nonch lestrazione di copie.

    Con la novella sopra richiamata furono specificati gli atti ai quali i difensori avevano diritto di

    assistere (art. 304-bis) in relazione ai quali i difensori dovevano essere preventivamente avvisati

    dellinizio delle operazioni (art. 304-ter) e successivamente avvisati del termine in cui essi

    restavano depositati in cancelleria (304-quater).

    Ci costitu un primo passo per adeguare il codice ai principi costituzionali e soprattutto al diritto

    di difesa stabilito dallart. 24 Cost., secondo comma, secondo cui

    La difesa diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.

    Tuttavia, sufficiente leggere lart. 304-bis comma 1 - la cui rubrica era Atti a cui possono

    assistere i difensori - per rendersi conto di quanto ladeguamento del codice del 1930 fosse

    lontano dal principio sancito dallart. 24 Cost., posto che ai difensori non veniva riconosciuto il

    diritto di assistere allinterrogatorio dellimputato:

    I difensori delle parti hanno diritto di assistere agli esperimenti giudiziari, alle perizie, alle

    perquisizioni domiciliari e alle ricognizioni, salvo le eccezioni espressamente stabilite dalla

    legge.

    Riassumendo, dal 1930 al 1955 i difensori non avevano diritto di assistere ad alcun atto

    processuale compiuto dal giudice.

    Con la novella del 1955, venne loro riconosciuto il diritto di assistere ad alcuni atti (esperimenti

    giudiziari, perizie, perquisizioni domiciliari, ricognizioni), ma non il diritto di assistere allatto

    difensivo per eccellenza, linterrogatorio, per il quale si dovr ancora attendereil 1971

    allorquando il legislatore dovette intervenire per colmare il vuoto normativo prodottosi a causa di

    ripetute sentenze della Corte costituzionale di accoglimento delle eccezioni di incostituzionalit

    sollevate dai giudici di legittimit e di merito relative alla violazione dellart. 24 Costituzione da

    parte del codice del 1930.

    La legge n. 932 del 1969 stabil dapprima che sin dal primo atto di istruzione il giudice istruttore

    - oltre allobbligo di ricevere la nomina del difensore dellimputato o di nominargliene, in

    mancanza, uno dufficio - doveva comunicare avviso di procedimento alle parti private che

    avessero interesse ad essere informate (art. 8)

  • 9

    Ma soprattutto la legge 18 marzo 1971, n. 62 a sancire il diritto dei difensori delle parti di

    assistere allinterrogatorio dellimputato modificando il primo comma dellart. 304-bis e

    aggiungendo un capoverso.

    Questo divenne dunque il testo definitivo dellart. 304-bis

    I difensori delle parti hanno diritto di assistere allinterrogatorio dellimputato.

    Hanno diritto altres di assistere agli esperimenti giudiziari, alle perizie, alle perquisizioni

    domiciliari e alle ricognizioni, salvo le eccezioni espressamente stabilite dalla legge. Il giudice

    pu autorizzare anche lassistenza dellimputato e della persona offesa dal reato agli atti

    suddetti, se lo ritiene necessario, ovvero se il pubblico ministero o i difensori ne fanno richiesta.

    Tale legge - che convert con modifiche il decreto-legge 23 gennaio 1971, n. 2 - si era resa

    necessaria in conseguenza della dichiarazione di incostituzionalit dellart. 304 bis comma 1 del

    c.p.p. nella parte in cui escludeva il diritto del difensore dellimputato di assistere

    allinterrogatorio (C. cost., 16 dicembre 1970, n. 190).

    Solo da tale momento, dunque, il diritto di difesa dellimputato pot essere esercitato in

    conformit allart. 24 Costituzione.

    Conseguentemente, la stessa legge (art. 3) modific lart. 225 c.p.p. (sommarie informazioni)

    stabilendo che, in caso di urgenza di raccogliere le prove del reato, la polizia giudiziaria poteva

    procedere a sommario interrogatorio dellimputato osservando per le norme dellistruzione

    formale, compresa dunque quella prevista dallart. 304-bis, per cui allinterrogatorio

    dellimputato si doveva procedere con lassistenza del difensore.

    In precedenza, cio fino allentrata in vigore della legge da ultimo citata, la polizia giudiziaria,

    sia pure solo in caso di urgenza, poteva interrogare limputato senza lassistenza del difensore.

    Pertanto, a partire dal periodo 1969-1971 si pot dire completato il percorso di adeguamento del

    codice alle esigenze di difesa dellimputato fin dai primi atti di istruzione secondo il dettato

    costituzionale.

    Va comunque precisato che il diritto di assistere al compimento degli atti processuali non era

    limitato al difensore dellimputato ma era esteso a tutti i difensori delle parti private: ad esempio

    il difensore della parte civile poteva intervenire facendo domande, sollecitando iniziative,

    facendo istanze.

    Ci premesso, fa discutere la soluzione adottata dal nuovo codice di procedura penale del 1989

    che limita il diritto di assistenza al compimento degli atti del pubblico ministero al solo difensore

    dellimputato.

    Nella logica seguita dal nuovo codice di rito, infatti, il denunciante o il querelante (e i loro

    difensori) non hanno diritto di ricevere alcun avviso circa il compimento di atti compiuti dal

    P.M. fino al momento in cui il giudice per le indagini preliminari (G.I.P.) - al quale il P.M.

    trasmette gli atti con richiesta di rinvio a giudizio - fissa ludienza preliminare.

    Solo allora le parti private diverse dallimputato possono interloquire.

  • 10

    E tutto da dimostrare che tale soluzione sia da considerare preferibile rispetto alla disciplina del

    codice del 1930.

    Unica eccezione allassistenza obbligatoria del difensore allinterrogatorio dellimputato rimase

    lipotesi disciplinata dallart. 304-ter ultimo comma, quella dellurgenza indifferibile

    nei casi di assoluta urgenza il giudice pu procedere agli atti menzionati nella prima parte

    anche senza darne avviso ai difensori, o prima del termine fissato, ma nel verbale deve, a pena

    di nullit, indicare i motivi per i quali ha derogato alle forme ordinarie. E salva in ogni caso la

    facolt del difensore di intervenire.

    In conclusione, se il codice Rocco nella sua originaria formulazione non riconosceva ai difensori

    di partecipare ad atti istruttori compiuti dal giudice, progressivamante venne adattato alle mutate

    esigenze costituzionali riconoscendo loro di intervenire via via a tutti gli atti processuali

    compreso linterrogatorio degli imputati.

    Il vigente codice di rito, invece, mentre riconosce e garantisce il diritto di difesa dellimputato

    sin dai primi atti, dallaltra non riconosce, salve sporadiche eccezioni, alle parti offese dal reato

    (e ai loro difensori il diritto di essere informate delle attivit processuali svolte dal P.M. (magari

    proprio a seguito della loro querela) consentendo il diritto di costituirsi parte civile solo per

    ludienza preliminare davanti al G.U.P. (quindi in un momento successivo alla conclusione delle

    indagini) e non prima: cfr. art. 79 c.p.p. del 1989.

    Pertanto, fa quasi sorridere il riconoscimento alla persona offesa del diritto di presentare

    memorie in ogni stato e grado del procedimento e indicare elementi di prova (art. 90 c.p.p. del

    1989) perch legittimo chiedersi quali memorie e quali elementi di prova pu mai addurre la

    vittima del reato se non posta in grado di partecipare agli atti e quindi di conoscere le risultanze

    processuali.

    Senza poi tenere conto del fatto che la persona offesa dal reato quello che doveva riferire alla

    polizia o al P.M. lo ha gi fatto in sede di denuncia o di querela.

    Dunque, salvo il caso in cui il P.M. deve disporre accertamenti tecnici non ripetibili (nel qual

    caso deve avvisare senza ritardo anche la persona offesa dal reato: art. 360 c.p.p. del 1989), la

    persona offesa rimane alloscuro delle indagini svolte cos che ne viene informata solo dopo la

    richiesta di rinvio a giudizio (art. 419 c.p.p. del 1989) o quando il P.M. chiede larchiviazione

    (art. 408 c.p.p. del 1989).

    Del resto, nella Relazione al progetto preliminare al codice di procedura penale (G.U. del

    24.10.1988, Suppl. Ord. n. 2, pag. 37) si legge a chiare lettere il disfavore relativo alla

    partecipazione del danneggiato al processo penale

    Nella sostanza, quindi, - seguendosi la linea segnata dal Progetto del 1978 - si privilegiata una

    disciplina che, favorendo il regime della separarazione fra azione penale e azione civile, sia in

    grado di non incoraggiare la partecipazione del danneggiato dal reato al processo penale

  • 11

    Il tema della tutela della vittima in ambito internazionale (Raccomandazioni dell UE, decisioni

    della Corte Europea dei Diritti dellUomo) molto vivo e alcuni passi avanti sono stati fatti;

    tuttavia, non questa la sede per seguire tali sviluppi.

    Quello che preme ribadire che il codice Rocco, nella sua originaria formulazione, non

    riconosceva ai difensori il diritto di assistere a numerosi e qualificanti atti processuali compiuti

    nella fase istruttoria.

    Le modifiche intervenute dopo la Costituzione, soprattutto dopo i ripetuti interventi della Corte

    costituzionale hanno progressivamente condotto al riconoscimento pieno del diritto di difesa.

    A seguito di tali modifiche, per, il diritto di difesa stato riconosciuto a tutte le parti e non solo

    agli imputati e ai loro difensori come invece previsto dalla normativa del codice vigente.

    Et de hoc satis.

    Listruzione formale: le prove e i mezzi di ricerca della prova

    Il codice del 1930 disciplinava la materia nel libro II titolo II capi II-IX Dellistruzione

    formale senza distinguere tra prove e mezzi di ricerca della prova, posto che listruttoria

    formale era condotta sempre dal giudice istruttore.

    Con lispezione giudiziale delle cose, delle persone e dei luoghi il G.I. accertava le eventuali

    tracce e gli altri effetti materiali lasciati dalla perpetrazione del reato (capo II, artt. 309-311)

    Con gli esperimenti giudiziali il G.I. poneva in essere unoperazione diretta ad accertare se un

    fatto potesse essere avvenuto o meno in un certo modo (capo II, artt. 312, 313): lart. 304-bis,

    introdotto dallart. 14 legge 18 giugno 1955, n. 517, riconobbe ai difensori il diritto di assistere

    agli esperimenti giudiziali.

    La perizia veniva disposta dal G.I. qualora si rendesse necessaria una indagine che richiedesse

    particolari cognizioni di determinate scienze o arti (capo III, art. 314 e ss.): anche per tale

    indagine era riconosciuto ai difensori delle parti private il diritto di assistere personalmente o per

    mezzo di propri consulenti tecnici i quali potevano interloquire presentando al giudice istanze,

    osservazioni e riserve nonch quesiti da porre al perito.

    Il P.M. non poteva avvalersi di un proprio consulente.

    La perizia veniva letta nelludienza dibattimentale cos come gli elaborati redatti dai consulenti

    tecnici delle parti private; successivamente, i periti e i consulenti tecnici venivano sentiti come

    testimoni sulla base delle domande poste dal giudice (art. 451).

    Il G.I., nelle ipotesi in cui fosse necessario, nominava un interprete per tradurre uno scritto in

    lingua straniera o decifrarne uno scritto in un dialetto non facilmente intellegibile.

    Lo stesso avveniva nel caso in cui una persona dovesse rendere dichiarazioni in lingua diversa

    dallitaliano (capo IV, artt. 326-331).

    Il G.I. poteva disporre perquisizione personale quando aveva ragione di sospettare che taluno

    potesse occultare sulla persona cose pertinenti al reato; del pari, poteva disporre perquisizione

    domiciliare qualora sussistesse fondato sospetto che dette cose potessero trovarsi in un

  • 12

    determinato luogo (capo V, artt. 332-336): alla perquisizione domiciliare avevano diritto di

    assistere i difensori delle parti.

    Il sequestro di cose pertinenti il reato veniva disposto dal G.I. con decreto motivato in ordine alla

    relazione tra la fattispecie criminosa e le cose stesse (capo VI, artt. 337-347): trattandosi di atto

    descrittivo e come tale irripetibile era consentita la lettura del relativo verbale nelludienza

    dibattimentale (art. 463 comma 1).

    La principale fonte di prova personale era la testimonianza disciplinata dal capo VII (artt. 348-

    359) cui il G.I. ricorreva quando doveva esaminare persone informate sui fatti per cui procedeva

    e che riteneva utili ai fini dellaccertamento della verit.

    Nessun avviso era riconosciuto ai difensori delle parti, posto che la testimonianza non formava

    oggetto di prova, nel senso che il testimone doveva essere poi sentito in contraddittorio tra le

    parti nella fase dibattimentale cos che, salvo eccezioni tassativamente previste, la lettura delle

    deposizioni testimoniali era vietata a pena di nullit (art. 462, ultimo comma).

    Alla ricognizione personale il G.I. ricorreva allorquando una persona era invitata a dire se

    riconosceva (o meno) unaltra persona vista in precedenza.

    La ricognizione di cose veniva disposta quando una o pi persone erano chiamate a dire se

    riconoscevano (o meno) le cose che avessero avuto attinenza con il procedimento in corso.

    Alle ricognizioni (capo VIII, artt. 360-364) avevano il diritto di assistere i difensori delle parti in

    considerazione del fatto che tali atti potevano assumere la valenza di prova, tanto che i relativi

    verbali potevano essere letti nelludienza dibattimentale (art. 463 comma 1).

    Linterrogatorio dellimputato, pur essendo un mezzo di difesa dellimputato non poteva non

    assurgere anche a mezzo di prova; il G.I. aveva lobbligo di interrogare limputato prima di

    rinviarlo a giudizio (art. 376) e del verbale di interrogatorio poteva darsi lettura in dibattimento,

    in tutto o in parte, in caso di contestazione delle precedenti dichiarazioni (art. 441 ult. comma)

    Mandati o ordini di cattura

    La distinzione tra istruzione formale e istruzione sommaria si riverberava sulla competenza ad

    emettere provvedimenti restrittivi della libert.

    Quando infatti si procedeva con istruzione formale, il G.I., nei casi previsti dalla legge, emetteva

    mandato di cattura che, a seconda delle gravit dei reati, poteva essere obbligatorio o facoltativo

    (artt. 253 e 254), ma il G.I. prima di emetterlo doveva sentire al riguardo il P.M. (art. 262). Il

    pretore procedeva dufficio.

    Il P.M. di regola chiedeva al G.I. lemissione del mandato di cattura e poteva impugnarne la

    decisione di rigetto (art. 263).

    Nel caso in cui il P.M. avesse proceduto con istruzione sommaria, il pubblico ministero poteva

    emettere ordine di cattura attenendosi alle norme stabilite per il mandato di cattura (art. 390).

    Il pubblico ministero e il pretore potevano poi ordinare la cattura dellimputato nelle ipotesi in

    cui era previsto larresto obbligatorio o facoltativo in flagranza di reato (art. 243).

  • 13

    Libert provvisoria

    Fino allentrata in vigore della legge n. 532 del 1982 la libert provvisoria non era ammessa

    qualora fosse obbligatoria lemissione del mandato di cattura (art. 277).

    Con la suddetta legge venne istituito il cd. Tribunale della libert che divenne lorgano

    competente a deliberare sulle impugnazioni avverso provvedimenti restrittivi della libert.

    Prima di allora la competenza a decidere sulle istanze di libert provvisoria era demandata

    allorgano giudiziario presso cui pendeva il procedimento (art. 279).

    Con lordinanza concessiva della libert provvisoria il giudice aveva la facolt di sottoporre

    limputato a cauzione o malleveria di cui si dir nel prosieguo (art. 282).

    Durata della custodia cautelare

    La durata della custodia cautelare era per cos dire modellata sulla distinzione tra mandato di

    cattura obbligatorio e mandato di cattura facoltativo e sulla distinzione tra istruzione formale e

    istruzione sommaria.

    In altre parole, la custodia cautelare non poteva oltrepassare alcuni limiti (art. 272) :

    - 2 anni o 1 anno (a seconda della pena edittale), qualora non fosse stata depositata

    sentenza di rinvio a giudizio (istruzione formale)

    - 40 giorni, qualora il P.M. non avesse richiesto il decreto di citazione a giudizio o il

    proscioglimento: in tal caso gli atti dovevano essere trasmessi al G.I. perch procedesse

    con istruzione formale)

    - 30 giorni nei procedimenti pretorili senza emissione del decreto di citazione a giudizio

    Prima dellentrata in vigore di varie leggi di modifica limpianto originario del codice Rocco non

    prevedeva altri limiti nelle fasi successive al rinvio a giudizio.

    Anzi, lart. 275 vietava la scarcerazione dellimputato detenuto condannato a pena detentiva

    anche se la sentenza era soggetta ad impugnazione.

    Dopo vari interventi legislativi culminati con la legge n. 398 del 1984 e con la legge n. 8 del

    1986 di conversione del d.l. n. 685 del 1985, lart. 272 novellato introdusse precisi limiti di

    tempo per la durata dellla custodia cautelare in corrispondenza delle varie fasi processuali.

    Tale impianto nelle linee generali non molto dissimile da quello adottato dal codice del 1989:

    ovviamente, questultimo deve tenere conto non solo delle varie fasi processuali ma anche della

    molteplicit dei riti che conducono alla definizione dei processi.

    Cauzione e malleveria

    Il codice di procedura penale del 1930 prevedeva che la libert provvisoria potesse essere

    sottoposta a cauzione o malleveria (art. 282 e ss.) per armonizzare le opposte esigenze di tutela

    della collettivit e di libert personale nelle singole fattispecie.

  • 14

    Con legge 5 agosto 1989, n. 330, emanata pochi mesi prima dellentrata in vigore del nuovo

    codicedi procedura penale, la cauzione e la malleveria divennero istituti processuali utilizzabili

    in alternativa allemissione di un mandato o ordine di cattura.

    In effetti, il legislatore del 1930 aveva in un certo senso anticipato la normativa che

    nellimmediato dopoguerra sarebbe stata posta dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti

    delluomo e delle libert fondamentali (CEDU) - firmata a Roma ol 4 novembre 1955 e del

    Protocollo addizionale firmato a Parigi il 20 marzo 1952 - ratificata e posta in esecuzione con

    legge 4 agosto 1955, n. 848.

    Invero, secondo lart. 5, par. 3 ultima parte, della CEDU, la rimessione in libert pu essere

    subordinata ad una garanzia che assicuri la comparizione della persona in udienza.

    Il legislatore del 1988, da parte sua, si era adeguato allimpegno internazionale del Consiglio

    dEuropa che nel luglio 1965, con risoluzione 65-1, aveva raccomandato i Governi a sostituire

    per quanto possibile la carcerazione preventiva con altre misure tra cui la prestazione di una

    garanzia.

    Infine, nel giugno 1980, a livello di delegati, il Comitato dei ministri adott la raccomandazione

    R(80)11 che nella terza parte enunciava analiticamente i principi applicabili alle misure

    alternative tra cui:

    - prestazione di una cauzione o di altre garanzie da parte della persona, tenuto conto delle sue

    risorse

    - prestazione di una garanzia da parte di un terzo

    Tuttavia, sia la cauzione sia la malleveria sono scomparse nel nuovo codice di procedura penale

    del 1989 molto probabilmente per un malcelato timore che tali istituti avrebbero potuto condurre

    ad una discriminazione tra gli imputati in ragione delle loro condizioni economiche,

    dimenticando per che lammontare della cauzione non avrebbe mai dovuto prescindere dalle

    loro risorse.

    Ebbene, bisogna convenire con obiettivit che sul tema in argomento il codice Rocco era stato

    pi lungimirante.

    Chiusura dellistruttoria formale e dellistruttoria sommaria

    Listruzione formale si concludeva con la trasmissione degli atti dal G.I. al P.M. : questultimo

    presentava le proprie requisitorie (art. 369) che potevano anche contenere ulteriori specifiche

    richieste di proseguimento dellistruttoria (art. 370).

    Espletate, se del caso, le ulteriori attivit istruttorie, al G.I. non restavano che due strade: rinviare

    a giudizio o prosciogliere.

    Originariamente, entrambi i provvedimenti erano dati con sentenza, ma con legge 15 dicembre

    1972, n. 773 il rinvio a giudizio venne disposto con ordinanza.

    Lart. 19 della legge 18 giugno 1955, n. 517 stabil che il G.I. non potesse rinviare a giudizio o

    prosciogliere limputato se non dopo averlo interrogato sul fatto costituente loggetto

  • 15

    dellimputazione, a meno che il fatto fosse stato enunciato in un mandato rimasto senza effetto,

    cio se limputato avesse preferito non presentarsi allinterrogatorio (art. 376 novellato).

    Lordinanza di rinvio a giudizio veniva emessa sul presupposto che sussistessero sufficienti

    prove a carico dellimputato (art. 374).

    La sentenza di proscioglimento (art. 378) doveva invece essere emessa qualora:

    1. il fatto non sussiste

    2. limputato non lo ha commesso

    3. si tratta di persona non imputabile o non punibile perch il fatto non costituisce reato o

    per unaltra ragione

    4. il reato fosse estinto

    5. lazione penale non poteva essere iniziata o proseguita nei casi prescritti dalla legge.

    Vale la pena di soffermarsi brevemente sulle ipotesi sub 3) e 4).

    Persona non imputabile il soggetto privo della capacit di intendere e di volere (art. 85 c.p.)

    La formula il fatto non costituisce reato allude al difetto nellimputato dellelemento soggettivo

    del reato: pertanto, se una persona ha commesso un fatto rientrante nella previsione

    incriminatrice di una norma penale senza per latteggiamento psichico richiesto dalla norma

    stessa, ebbene in questo caso doveva essere pronunciata sentenza di proscioglimento.

    (Se ad esempio una persona preleva dal tapis roulant dellaeroporto una valigia non sua ma che

    ha le stesse caratteristiche della propria - anchessa viaggiante sul nastro trasportatore - non pu

    essere accusato di furto colposo perch il furto, ovviamente, pu sussistere solo nella forma

    dolosa; se un chirurgo ha s cagionato materialmente la morte del paziente ma ha adottato tutte le

    precauzioni dellarte medico-chirurgica non pu ritenersi provata la colpa su cui si fonda

    lincriminazione di omicidio colposo)

    Lestinzione del reato si verifica quando ricorrono le fattispecie tassativamente previste e

    disciplinate dalla legge penale: ad esempio, amnistia, remissione di querela, prescrizione,

    oblazione nelle contravvenzioni, sospensione condizionale della pena qualora il condannato non

    commette un delitto o una contravvenzione della stessa indole nei termini stabiliti.

    Va sottolineato inoltre che il G.I. doveva prosciogliere perch il fatto non sussiste o perch

    limputato non lo ha commesso sia quando vi era la prova dellinnocenza dellimputato sia

    quando mancava del tutto la prova che il fatto sussistesse o che limputato lo avesse commesso.

    Il rinvio a giudizio era inoltre inibito quando a carico dellimputato non risultassero sufficienti

    prove: in questo caso la sentenza di proscioglimento veniva pronunciata per insufficienza di

    prove.

    Le sentenze istruttorie di proscioglimento potevano essere appellate dal procuratore generale e

    dal procuratore della Repubblica presso la sezione istruttoria della corte di appello; il primo

    poteva inoltre ricorrere per cassazione contro la decisione della stessa sezione istruttoria di non

    doversi procedere (art. 387).

  • 16

    Listruttoria sommaria poteva concludersi con la richiesta di proscioglimento del P.M. diretta al

    G.I. In questo caso, qualora il G.I. fosse stato del medesimo avviso del P.M., emetteva sentenza

    con cui dichiarava non doversi procedere; altrimenti, disponeva con ordinanza che listruttoria

    proseguisse in via formale (art. 395).

    Sempre allesito dellistruttoria sommaria, il P.M., qualora avesse ritenuto di avere raccolto

    prove sufficienti contro limputato, chiedeva al presidente della corte di assise o del tribunale il

    decreto di citazione a giudizio (art. 396).

    Per i reati di competenza pretorile, il pretore provvedeva dufficio sia per quanto concerneva il

    proscioglimento sia per quanto rigurdava il rinvio a giudizio davanti a s (art. 398).

    Anche per le sentenze istruttorie emesse dal pretore era prevista limpugnazione da parte del

    procuratore della Repubblica (art. 399).

    Riapertura dellistruzione

    Nel caso di sopravvenienza di nuove prove il codice del 1930 prevedeva la possibilit di

    sottoporre il prosciolto a nuovo giudizio per il medesimo fatto purch non fosse sopraggiunta una

    causa di estinzione del reato (art. 402).

    Questa norma si spiega con il fatto che limputato non pu essere sottoposto a nuovo giudizio per

    il medesimo fatto solo se il proscioglimento stato pronunciato in giudizio, nel qual caso si

    forma il giudicato (artt. 90, 576): v. infra 4, 2, r (b-3).

    Nel caso di proscioglimento in istruttoria, invece, non si forma il giudicato per cui possible il

    riesame della decisione entro determinati limiti e a determinate condizioni.

    I limiti sono quelli della mancata sopravvenienza di cause estintive del reato, nel qual caso

    ragioni di economia processuale impediscono di coltivare unimpugnazione o un rimedio

    destinate a non produrre effetti.

    Le condizioni sono la sopravvenienza di nuove prove (nuove deposizioni di testimoni,

    ritrattazioni o nuove dichiarazioni di persone che hanno commesso il reato, nuovi accertamenti

    tecnici, atti o documenti non potuti presentare al giudice) che integrano le prove gi esaminate o

    forniscono nuovi mezzi per laccertamento della verit .

    Accanto alla richiesta di apertura dellistruzione ad opera del P.M., il codice prevedeva la

    possibilit che fosse proprio il prosciolto a chiedere la riapertura medesima qualora la formula

    fosse stata per insufficienza di prove.

    In questa ipotesi, qualora il prosciolto avesse addotto nuove prove, poteva chiedere il

    proscioglimento con una formula piena (che avrebbe potuto essere utilizzata in eventuali giudizi

    civili di responsabilit o di risarcimento dei danni).

  • 17

    4. Il giudizio

    1. Atti preliminari al dibattimento

    A differenza del codice di rito vigente in cui la citazione a giudizio (con lindicazione della data

    e dellaula di udienza) avviene ad opera del GUP a chiusura delludienza preliminare ovvero ad

    opera del PM nel caso di citazione diretta, nel codice del 1930 essa avveniva per atto dellorgano

    giudicante.

    Pi precisamente, avveniva ad opera del presidente della corte di appello (per i delitti rientranti

    della competenza della corte di assise) e del presidente del tribunale (per i reati di competenza

    del tribunale), appena ricevuta la sentenza di rinvio a giudizio (poi divenuta ordinanza di rinvio a

    giudizio) a conclusione dellistruttoria formale ovvero dopo avere ricevuto la richiesta di decreto

    di citazione a conclusione dellistruttoria sommaria.

    Il pretore emetteva invece dufficio il decreto di citazione (artt. 405, 406).

    Le parti private dovevano ricevere la notificazione del decreto di citazione a giudizio al quale

    erano allegate la sentenza/ordinanza di rinvio a giudizio o la richiesta di decreto.

    Il termine per comparire non poteva essere inferiore a 15 giorni per i processi davanti alla corte

    di assise, di 8 gg. per quelli di competenza del tribunale e di 5 gg. per i giudizi pretorili.

    I difensori ricevevano congruo avviso della data fissata per il dibattimento (art. 410).

    Il presidente o il pretore, prima di iniziare il dibattimento, potevano disporre la riunione dei

    giudizi in caso di procedimenti connessi, ovvero qualora per il medesimo reato fossero state

    emesse pi ordinanze di rinvio a giudizio o pi richieste di decreto di citazione a carico di pi

    imputati.

    La riunione di procedimenti poteva essere disposta solo se poteva giovare alla speditezza del

    giudizio sia nei casi predetti sia nel caso in cui ne fosse evidente la convenienza (art. 413).

    Ex adverso, lorgano giudicante poteva disporre in dibattimento la separazione di giudizi a carico

    di uno o pi imputati qualora avesse ravvisato ragioni di economia processuale (art. 414).

    Le parti private e il pubblico ministero dovevano presentare le proprie liste di testimoni in

    termini ristretti (3 gg. prima del dibattimento) mentre nei giudizi pretorili la presentazione dei

    testimoni poteva avvenire anche in udienza.

    Nel nuovo codice del 1989 il fascicolo per il dibattimento ha un contenuto limitatissimo in virt

    del principio secondo cui la prova si forma nel dibattimento nel contraddittorio tra le parti:

    corollario di questo principio che lorgano giudicante poteva conoscere solo gli atti irripetibili

    compiuti nella fase delle indagini preliminari perch, essendo per lappunto irripetibili, dovevano

    essere inseriti nel fascicolo per il dibattimento.

    Viceversa, il fascicolo del P.M. resta a disposizione dellorgano dellaccusa ed conosciuto dalle

    altri parti private in quanto ha la funzione di consentire a tutti costoro di esplicare le rispettive

    attivit in giudizio soprattutto in sede di cross examination.

    Nel codice del 1930, gli atti contenuti nellistruzione formale o sommaria venivano

    integralmente inviati allorgano giudicante che quindi da subito poteva conoscere le attivit

    istruttorie svolte, i rapporti giudiziari redatti, i testimoni sentiti, i rilievi effettuati, ecc.

  • 18

    Ci spiega perch il codice del 1930 distingueva tra testimoni gi escussi dal P.M. o dal G.I. e

    testimoni mai esaminati nel corso dellistruzione fissando una diversa disciplina per introdurli in

    dibattimento.

    La ragione risiede nel fatto che dal fascicolo trasmesso allorgano giudicante risultavano sia i

    nominativi dei testimoni escussi sia le loro dichiarazioni, cosa che quindi dispensava il P.M. e le

    altri parti private a specificare nelle proprie liste testimoniali i fatti e le circostanze in ordine alle

    quali i testi sarebbero stati escussi in dibattimento.

    Al contrario, i testi mai sentiti prima nellistruzione erano del tutto sconosciuti alle parti diverse

    da quella che ne chiedeva lescussione: le suddette parti ignoravano i fatti su cui i testimoni

    avrebbero dovuto essere sentiti in dibattimento: ne consegue che la parte interessata ad introdurli

    in dibattimento doveva rendere noto alle altre parti e al giudice, a pena di nammissibilit,

    loggetto delle circostanze di fatto su cui avrebbe dovuto essere sentito il testimone.

    Possono essere richiamate al riguardo le seguenti disposizioni:

    se i testimoni non sono stati esaminati nellistruzione, i fatti e le circostanze su cui si chiesto

    lesame, devono essere specificatamente indicati nella lista, a pena di inammissibilit (art. 415

    comma 3)

    Il pubblico ministero e le parti private, nella rispettiva lista, possono chiedere la citazione dei

    testimoni assunti dal giudice o dal pubblico ministero nellistruzione con o senza giuramento e

    di quelli assunti per richiesta dellAutorit giudiziaria da ufficiali di polizia giudiziaria, ovvero

    chiedere solamente che sia data lettura nel dibattimento delle loro deposizioni (art. 415 comma

    4)

    Nel termine stabilito per la presentazione delle liste testimoniali le parti potevano chiedere il

    richiamo di documenti e la citazione di periti e consulenti tecnici che avevano prestato il loro

    ufficio nellistruzione (art. 417).

    Inoltre, sempre entro tale termine, potevano chiedere allorgano giudicante la nomina di un

    perito in ordine ad accertamenti tecnici che non avevano formato oggetto di esame: in caso di

    accoglimento della richiesta, il giudice nominava un perito che era ammesso ad esporre il suo

    parere in dibattimento (art. 418).

    Altra attivit che poteva espletare lorgano giudicante nella fase degli atti preliminari era lesame

    dei testimoni a futura memoria nei casi in cui prevedesse la loro impossibilit a comparire in

    dibattimento per infermit o per altro grave impedimento (art. 418).

    Nella fase degli atti preliminari al dibattimento il codice del 1930 riconosceva al giudice

    lobbligo di prosciogliere limputato qualora avesse constatato la ricorrenza di una causa di

    estinzione del reato o di una causa di improcedibilit dellazione penale.

    In queste ipotesi, qualora per laccertamento di tali cause (di estinzione o di improcedibilit) non

    fosse stato necessario procedere al dibattimento, il giudice, sentite le parti, pronunciava sentenza

    di proscioglimento enunciandone la causa nel dispositivo (art. 421).

  • 19

    Ovviamente, nella fase degli atti preliminari al dibattimento - cos come in ogni altra fase del

    procedimento - il giudice doveva prosciogliere limputato nel merito quando gi esistevano

    prove che palesavano in modo evidente che limputato non aveva commesso il fatto ascrittogli

    ovvero che il fatto non sussisteva o ancora che il fatto non era previsto come reato (artt. 152,

    421).

    2. Il dibattimento: a) le udienze

    Le udienze dibattimentali erano pubbliche, salvo alcune eccezioni (art. 423) correlate ad esigenze

    relative:

    1. alla sicurezza dello Stato

    2. allordine pubblico

    3. alla morale

    4. alla riprovevole curiosit

    5. al pericolo che manifestazioni potessero turbare la serenit del dibattimento

    6. al pericolo di morbi epidemici o altre malattie contagiose

    In questi casi si procedeva a porte chiuse, ma il provvedimento era revocato quando venivano a

    cessare i motivi per cui era stato emesso (art. 424).

    Fino al 1982 i procedimenti in cui erano imputati minori degli anni 18 erano celebrati a porte

    chiuse, ma dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 222 del 1983 (che dichiar

    costituzionalmente illegittimo lart. 9 del r.d. n. 1404 del 1934 ritenendo unico organo

    giudiziario competente a giudicare i minorenni il Tribunale per i minorenni) lart. 425 stato

    superato.

    Alle udienze limputato detenuto assisteva libero nella persona salvo che sussistessero particolari

    esigenze per prevenire il pericolo di fuga o di evasione (art. 427).

    Se limputato detenuto rifiutava di assistere alludienza senza alcuna valida ragione o evadeva , il

    procedimento continuava come se fosse presente (art. 427).

    Per quanto concerne limputato libero, il suo allontanamento dalludienza non comportava

    alcuna sospensione o rinvio perch costui veniva considerato come se fosse presente.

    Nel caso di allontanemnto dellimputato libero prima che questultimo avesse reso interrogatorio,

    il giudice sospendeva o rinviava il dibattimento solo se lassenza era dovuta ad assoluta necessit

    (art. 428).

    Il codice del 1930 - cos come quello del 1988 - riconosceva allimputato la facolt di non

    presentarsi in udienza strettamente correlata al diritto di non rispondere: in altre parole, il diritto

    di non rispondere era riconosciuto in modo assoluto cos che non era possibile costringere

    coattivamente limputato a presenziare alludienza per essere interrogato.

    Viceversa, laccompagnamento coattivo dellimputato poteva essere disposto dallorgano

    giudicante qualora fosse stato necessario procedere in udienza ad atti di ricognizione e confronto

  • 20

    che richiedevano s la presenza dellimputato ma che erano diversi e ben distinti

    dallinterrogatorio (art. 429).

    Una volta che il giudice aveva accertato la rituale costituzione delle parti, la presenza o lassenza

    di testimoni, periti, interpreti, faceva dare lettura delle imputazioni dichiarando aperto il

    dibattimento (art. 430): la lettura delle imputazioni nella prassi non stata quasi mai demandata

    al cancelliere (giudizio pretorile) o a un giudice a latere (giudizio collegiale), avendo di regola

    provveduto il pretore o il presidente del collegio a tale adempimento: incidenter tantum, va detto

    che le cose non sembrano essere cambiate anche nella vigenza del nuovo codice.

    Quando il dibattimento non poteva essere concluso in una sola udienza il codice prevedeva la

    possibilit di sospenderlo per uno o pi intervalli per motivi di assoluta necessit (art. 431).

    Viceversa, il dibattimento veniva rinviato in caso di assoluta necessit, ad es. quando occorreva

    rinnovare la citazione allimputato perch il decreto di citazione non gli era stato notificato: in

    questo caso la citazione doveva essere ripetuta e le parti conservavano i propri diritti e facolt

    (art. 432), salvo che per la costituzione di parte civile.

    In questultimo caso, infatti, lart. 93 comma 3 prevedeva come termine per la costituzione di

    parte civile il compimento per la prima volta delle formalit di apertura del dibattimento e

    conseguentemente, se la costituzione di parte civile non avveniva nel dibattimento poi rinviato,

    non poteva pi essere ripresentata nel dibattimento che prendeva le mosse dalla nuova citazione

    a giudizio.

    b) la polizia delle udienze e i reati commessi in udienza. Il giudizio immediato

    Lart. 433 disponeva che qualora lorgano giudicante si trovava in udienza il potere di polizia

    fosse di sua competenza esclusiva, riconoscendo invece analogo potere al pubblico ministero

    quando il giudice non fosse presente in aula: sostanzialmente tale disciplina rimasta invariata

    anche nella vigenza del nuovo codice di rito (art. 470).

    Quanto ai reati commessi un udienza, viceversa, la differenza tra la normativa del codice del

    1930 e quella vigente profonda.

    Secondo il codice del 1930, infatti, nellipotesi di reato commesso in udienza lorgano giudicante

    o in sua assenza il pubblico ministero faceva compilare il processo verbale ordinando larresto

    dellautore dello stesso quando per detto reato fosse obbligatorio o facoltativo larresto in

    flagranza (art. 435); quindi si procedeva immediatamente al giudizio sospendendo il giudizio nel

    corso del quale era stato commesso il reato: ovviamente, si poteva procedere con giudizio

    immediato quando il reato non era di competenza di un giudice superiore.

    La sentenza emessa era soggetta allordinario regime delle impugnazioni con la seguente

    eccezione: la sentenza del tribunale che aveva giudicato in ordine ad un reato di cognizione

    pretorile non poteva essere appellata ma era soggetta solo al ricorso per cassazione: va ricordato

    al riguardo che le sentenze del pretore erano appellabili davanti al tribunale e che solo con legge

    n. 400 del 1984 la corte di appello divenne giudice esclusivo dappello.

  • 21

    Per gravi delitti e per gravi ragioni il giudizio immediato non aveva luogo e il giudice, emesso

    mandato darresto nei casi di obbligatoriet o facoltativit dellarresto in flagranza, trasmetteva

    gli atti al pubblico ministero perch procedesse nelle forme ordinarie.

    Con il codice di procedura penale del 1989 la filosofia dei reati commessi in udienza

    radicalmente cambiata perch si guardato con estremo sfavore alla celebrazione di un giudizio

    immediato con riguardo al diritto di difesa, per cui il pubblico ministero dispone larresto nelle

    ipotesi in cui larresto obbligatorio o facoltativo e procede nelle forme ordinarie.

    Non solo.

    E anche tassativamente vietato larresto del testimone in udienza per reati concernenti il

    contenuto della sua deposizione (art. 476): ci in quanto, in una dialettica processuale in cui il

    contraddittorio tra le parti deve essere ad armi pari larresto di un testimone (o la minaccia di

    arresto di un testimone) potrebbe incidere sfavorevolmente sulla deposizione.

    Nel processo penale romano, se laccusato veniva assolto, poteva avvenire che la medesima

    giuria procedesse contro gli accusatori: Q. Asconio Pediano (29, 1-5) a proposito

    dellassoluzione di Cinna, difeso da Cicerone cos commenta

    Cato praetor cum vellet de accusatoribus in consilium mittere multique e populo manus in

    accusatores intenderent, cessit imperitae multitudini ac postero die in consilum de calumnia

    accusatorum misit

    Il pretore Catone, volendo procedere contro gli accusatori e poich molti tra il popolo

    protendevano le mani contro questi ultimi, si sottrasse alla moltitudine e il giorno dopo

    procedette contro gli accusatori

    Pur essendo il codice del 1989 improntato al sistema accusatorio, il denunciante o il querelante

    non pu assurgere ad accusatore alla stregua di quanto avveniva nel diritto romano: infatti, l

    accusator esercitatava in proprio laccusa mancando un organo pargonabile al pubblico

    ministero, il denunciante o il querelante espongono i fatti e sono sentiti come testimoni ma non

    esercitano lazione penale.

    Ci non li esimeva - alla luce del codice del 1930 e di quello del 1989 - dallobbligo di agire in

    modo non temerario: infatti, a norma degli artt. 382 e 482, in caso di proscioglimento

    dellimputato, il querelante poteva essere condannato al pagamento delle spese e dei danni e

    analoghe disposizioni si rinvengono negli artt. 427 e 542 c.p.p. del 1989.

    c) la direzione del dibattimento

    Per assicurare un corretto accertamento della verit e garantire il libero esercizio dei diritti

    spettanti alle parti, il codice del 1930 affidava allorgano giudicante la direzione del

    dibattimento: il giudice doveva reprimere le intimidazioni, le interruzioni e le altre

    manifestazioni illecite vietando le domande suggestive o inopportune dirigendo e moderando la

    discussione e facendo i richiami che ritiene necessari contro ogni eccesso in sostegno di accuse

  • 22

    o di difese (art. 437). Si ritenuto che tale norma implicitamente consacrasse il principio di lealt

    processuale delle parti in giudizio (art. 437).

    Incidenter tantum, va sottolineato che anche il sistema processuale penale romano era ispirato al

    principio di lealt processuale tanto che chi accusava doveva ad esempio prestare fideiussione e

    comunque giurare di non comportarsi in modo temerario al solo fine di danneggiare laccusato;

    anche molti statuti medioevali e rinascimentali (cfr. in particolare quello di Subiaco del 1456)

    riproducono sostanzialmente analogo precetto.

    d) le questioni incidentali e preliminari

    Fin dalle battute iniziali le parti potevano sollevare questioni incidentali e preliminari sulle quali

    si instaurava il contraddittorio e che dovevano essere prontamente decise dopo la discussione.

    Le questioni incidentali potevano avere oggetti svariati e potevano riguardare circostanze di fatto

    e circostanze di diritto: in sintesi, consistevano in qualsiasi richiesta formulata da una parte su cui

    si era delineato un contrasto in ordine alla quale il giudice doveva decidere con ordinanza (art.

    438).

    Le questioni preliminari erano invece quelle specificatamente previste e regolate dallart. 439 (la

    costituzione di parte civile, la citazione o lintervento del responsabile civile o della persona

    civilmente obbligata per lammenda; le eccezioni di nullit della sentenza di rinvio a giudizio):

    esse dovevano essere trattate e decise subito dopo il compimento per la prima volta delle

    formalit di apertura del dibattimento.

    Anche le altre eccezioni previste dal secondo comma dellart. 439 dovevano essere proposte e

    trattate dopo il compimento per la prima volta delle formalit di apertura del dibattimento:

    tuttavia, quando era possibile proporle solo in corso di dibattimento, le parti dovevano sollevarle

    non appena avutane contezza.

    e) gli interrogatori (440, 441, 442, 443)

    Superata la fase delle questioni preliminari e incidentali, lorgano giudicante procedeva

    allinterrogatorio degli imputati (art. 440).

    Allinterrogatorio dellimputato il codice del 1930 riservava dunque il primo posto tra le attivit

    dibattimentali. Ci segna una marcata differenza con il codice vigente in cui lesame

    dellimputato segue e non precede tutte le altre attivit dibattimentali e si spiega con il fatto che

    la prova si forma nel dibattimento per cui allimputato riconosciuto linteresse di conoscere i

    fatti a suo carico prima di valutare se e come rispondere.

    Viceversa, nel codice del 1930, gli elementi di accusa si trovavano gi nel fascicolo dudienza

    che raccoglieva tutta lattivit processuale formatasi nel corso dellistruttoria formale o

    sommaria.

    Ovviamente, in ossequio al diritto di difesa che comprende sia la facolt di non rispondere sia il

    la facolt di rendere dichiarazioni in qualsiasi momento, limputato presente poteva avvalersi di

  • 23

    entrambe le facolt e il giudice ne dava contezza nel processo verbale di udienza e comunque

    poteva contestare allimputato le dichiarazioni da lui rese in precedenza dando lettura in tutto o

    in parte dellinterrogatorio avvenuto nel corso dellistruzione formale o sommaria (artt. 441,

    443).

    Per impedire che un imputato potesse tenere conto delle dichiarazioni rese in precedenza da uno

    o pi coimputati (e quindi per meglio garantire la genuinit dellinterrogatorio) il giudice poteva

    procedere ad interrogatori separati facendo allontanare gli imputati che avrebbero dovuto essere

    interrogati successivamente (art. 442).

    f) lesame dei testimoni (450, 452, 453, 454, 458, 459)

    Le regole fondamentali in tema di assunzione delle testimonianze erano (art. 448):

    - lesame dei testi doveva avvvenire singolarmente luno dopo laltro

    - nessuno poteva o doveva comunicare con gli altri

    - ciascuno doveva prestare giuramento

    - al testimone doveva essere chieste informazioni su vincoli di parentela o dinteressi o su

    circostanze idonee a consentire la valutazione della loro credibilit

    Dallobbligo di prestare giuramento era esentato il minore degli anni 14 anche se doveva essere

    comunque ammonito circa le conseguenze cui andava incontro nel caso di dichiarazioni non

    veritiere o false (art. 449).

    Lart. 450 richiamava a proposito della testimonianza le regole e i principi disciplinati in sede di

    istruttoria formale che sinteticamente possono essere cos riassunti.

    Il giudice conduceva lesame testimoniale, anche su sollecitazione del P.M. e dei difensori,

    evitando di porre domande suggestive (che suggerissero cio la risposta) o tali da nuocere alla

    spontaneit e alla sincerit delle risposte. (art. 348).

    I testimoni dovevano essere escussi se informati su fatti ritenuti utili allaccertamento della verit

    (art. 348), sempre che tali fatti fossero specifici; non potevano esprimere apprezzamenti

    personali n riferire di voci correnti nel pubblico n deporre sulla moralit dellimputato o di

    terzi salvo che per fatti specifici idonei a delineare la personalit dellimputato o della persona

    offesa (art. 349).

    Di regola ogni persona aveva la capacit di testimoniare salvo i casi tassativamente previsti come

    quello di prossimi congiunti dellimputato o dei coimputati (artt. 348, 350).

    Un principio di civilt connesso al diritto di difesa imponeva di non sentire come testimoni gli

    imputati dello stesso reato per il quale si procedeva o di un reato ad esso connesso, salvo che

    fossero stati prosciolti o condannati in giudizio per non avere commesso il fatto o perch il fatto

    non sussiste (art. 348 u.c.).

    La ratio della citata disposizione si fonda sul fatto che fin quando fosse stata possibile una

    riapertura delle indagini limputato, anche se prosciolto, avrebbe potuto subire pregiudizi per il

    fatto di avere reso dichiarazioni testimoniali.

  • 24

    Quando invece costui fosse stato prosciolto con formula piena in giudizio (e in questo caso si era

    formato un giudicato che non consentiva pi un nuovo giudizio: principio del ne bis in idem, v.

    infra), tale pregiudizio non poteva sussistere e quindi la deposizione era ammessa.

    Quando veniva escusso un ufficiale o agente di polizia giudiziaria il giudice poteva chiedergli la

    fonte delle notizie da essi ricevute ma non poteva obbligarlo a rivelarne lidentit per cui le

    eventuali notizie riferite dalla fonte non rivelata non potevano essere ricevute e verbalizzate in

    quanto non verificabili (art. 349).

    Ad alcune categorie di soggetti era riconosciuto il diritto di astenersi dal testimoniare in ragione

    del segreto professionale: ad esempio, ai ministri della religione cattolica e di culti ammessi, agli

    avvocati, consulenti tecnici, notai, medici, chirurghi, farmacisti, levatrici e in genere esercenti

    una professione sanitaria (art. 351)

    Ai pubblici ufficiali, ai pubblici impiegati e incaricati di pubblico servizio era riconosciuto il

    diritto di non rispondere su fatti conosciuti per ragioni di ufficio e destinati a restare segreti,

    anche se lautorit giudiziaria poteva in via gerarchica far pervenire leccezione opposta da

    costoro al Ministro della Giustizia qualora lavesse ritenuta infondata (art. 352).

    Nel caso in cui il testimone o il perito non avesse potuto presentarsi per un legittimo

    impedimento destinato a durare nel tempo, il tribunale poteva delegare un proprio componente

    del collegio a sentirli nel luogo dove si trovavano e lo stesso veniva disposto quando era da

    assumere un Cardinale o un Grande Ufficiale dello Stato: le parti potevano intervenire (art. 453,

    454).

    g) le relazioni tecniche, i pareri e i chiarimenti di periti e di consulenti tecnici

    Esaurito lesame dei testimoni, il presidente del collegio o il pretore faceva dare lettura delle

    relazioni tecniche e delle osservazioni dei periti e dei consulenti tecnici i quali, se citati dal

    pubblico ministero o dai difensori, venivano sentiti subito dopo e rispondevano alle domande

    loro rivolte dallorgano giudicante.

    Viceversa, quando la perizia era stata disposta negli atti preliminari al dibattimento, periti e

    consulenti tecnici dovevano limitarsi al riassunto delle conclusioni presentate al giudice (art.

    451).

    h) la perizia nel dibattimento

    Nel caso in cui in dibattimento fossero emerse circostanze importanti, non conosciute dai periti

    assunti nella fase istruttoria, o quando i periti non si fossero espressi su circostanze ritenute

    rilevanti, il giudice poteva disporne la citazione. Egualmente, nel caso di assoluta necessit di

    unindagine sullo stato di mente dellimputato, lorgano giudicante poteva disporre perizia (art.

    455).

    Il procedimento invece regrediva nella fase istruttoria nel caso in cui non fosse possibile

    procedere con la citazione del perito in giudizio: il dibattimento veniva sospeso, gli atti venivano

  • 25

    trasmessi allufficio istruzione e, terminata la perizia, venivano restituiti alla cancelleria del

    giudice procedente (art. 456)

    i) lispezione locale

    Laccesso sul luogo del commesso reato da parte dellorgano giudicante era previsto qualora

    fosse ritenuto assolutamente necessario per laccertamento della verit (art. 457): in questo caso

    di seguivano le analoghe disposizioni prescritte per listruzione formale (art. 461) tra cui la

    descrizione dello stato dei luoghi e il compimento dei necessari rilievi (art. 309).

    Lobbligo di perseguire laccertamento della verit era alla base del potere dellorgano

    giudicante di disporre lesame di nuovi mezzi di prova (art. 457 comma 2).

    l) la presentazione del corpo del reato

    Qualora ne fosse stata fatta richiesta, ogni cosa che potesse essere utilizzabile a convinzione o a

    discolpa veniva presentata alle parti e ai testimoni affench dichiarassero se la riconoscevano

    (art. 460).

    m) le letture permesse di deposizioni testimoniali

    La regola fondamentale in tema di letture era il divieto di lettura di deposizioni testimoniali rese

    in istruttoria davanti al G.I. o rese al P.M. perch lorgano giudicante doveva assumere davanti a

    s i testi nel contraddittorio delle parti e ci sia perch in giudizio vigeva il principio delloralit

    sia perch il principio del libero convincimento del giudice escludeva la precostituzione di prove

    (tra cui le deposizioni testimoniali) quando le testimonianze potessero ripetersi nella fase

    dibattimentale (art. 462).

    Ci spiega la ragione per cui la lettura delle deposizioni poteva avere luogo:

    - se le parti vi consentivano (il giudice poteva comunque disporre la citazione dei testimoni

    qualora lo ritenesse necessario)

    - nel caso in cui vi fossero discrepanze o contraddizioni tra le dichiarazioni rese dal testimone

    nellistruzione e quelle rese in dibattimento

    - nel caso di morte, assenza dal territorio, irreperibilit o inabilit del testimonio

    - nel caso di testimone avesse reso dichiarazioni allestero in seguito a rogatoria

    Lart. 462 consentiva inoltre la lettura di altre deposizioni testimoniali tassativamente specificate

    ribadendo quindi che si trattava sempre di eccezioni al principio generale del divieto di lettura

    delle dichiarazioni rese dai testi nella fase istruttoria.

  • 26

    n) le letture permesse di altri atti o documenti

    Proprio perch non provenienti da testimoni era invece permessa la lettura dei verbali di

    ispezioni, esperimenti giudiziali, perquisizioni, sequestri, ricognizioni e confronti compiuti dal

    pubblico ministero, dal giudice istruttore o dalla polizia giudiziaria: in questultimo caso, gli

    ufficiali di polizia giudiziaria dovevano comparire in udienza se la loro presenza era richiesta

    dalle parti per cui la lettura degli atti a loro firma era vietata e poteva avvenire solo entro limiti

    prefissati).

    Al riguardo, va ancora una volta ribadito che fino al 1971 la polizia giudiziaria poteva procedere

    a sommario interrogatorio dellarrestato senza la presenza del difensore. Dopo tale data,

    dunque, anche il sommario interrogatorio dellarrestato pot essere letto solo se compiuto nel

    rispetto delle garanzie difensive (art. 463).

    Qualsiasi documento proveniente dallimputato poteva essere letto, come pure i verbali degli

    interrogatori degli imputati del medesimo reato o di un reato connesso: essi potevano essere

    sentiti come testimoni solo quando fossero stati prosciolti in giudizio per non avere commesso il

    fatto (art. 465).

    I rapporti giudiziari, i referti, le denunce, le querele e ogni documento legittimamente acquisito

    agli atti poteva essere letto e cos pure le sentenze civili e penali divenute irrevocabili potevano

    essere lette se il presidente o il pretore ne avesse constatato la pertinenza e lutilit (art. 466)

    o) le letture vietate

    Era viceversa vietata perch non riscontrabile con oggettivit - e quindi inattendibile - la lettura

    di informazioni sulle voci correnti del pubblico su fatti oggetto del giudizio.

    Parimenti, era vietata la lettura di informazioni sulla moralit in genere di imputati e testimoni

    fatta eccezione per i certificati del casellario giudiziale, per le sentenze irrevocabili, per le le

    informazioni di pubbliche autorit in relazione a fatti specifici atti astabilire la personalit

    dellimputato.

    Quando poi il fatto contestato allimputato doveva essere valutato unitamente a fatti e qualit

    morali della persona offesa, poteva essere data lettura delle informative concernenti la

    definizione della personalit della vittima del reato (art. 464).

    p) regime delle domande da porre a chi veniva sentito in udienza

    Tutte le parti e i giudici a latere potevano fare domande, ma queste, se ammesse, erano

    formulate dal presidente o dal pretore e rivolte alla persona destinataria della domanda (art. 467).

    Con il codice del 1989 stato invece introdotto listituto della cross examination che consente a

    ciascuna parte di rivolgersi direttamente allinterrogato senza alcuna mediazione del giudice, il

    quale conserva per i suoi poteri in ordine alla ammissibilit di ogni singola domanda.

  • 27

    q) la chiusura del dibattimento

    Terminata listruttoria dibattimentale, le parti prendevano le loro conclusioni a cominciare dalla

    parte civile, proseguendo con il pubblico ministero, con i difensori dei responsabili civili, della

    persona civilmente obbligata per lammenda, per terminare con i difensori dellimputato. Entro

    determinati limiti era prevista la possibilit di replicare (art. 468) e solo in casi eccezionali la

    discussione poteva essere interrotta per lacquisizione di nuove prove (art. 469).

    Quando poi le parti divagavano e abusavano della facolt di parlare, il presidente o il pretore

    potevano muovere due richiami e in caso di persistente abuso o divagazione, togliere la parola

    (art. 470).

    Questultima norma non compare nel nuovo codice del 1989 ma il mancato riconoscimento di

    una funzione di controllo in capo allorgano giudicante non immune da controindicazioni

    anche gravi.

    r) la sentenza

    Terminata la discussione il giudice (se monocratico) o il collegio entrava in camera di consiglio

    per deliberare (art. 472).

    Particolari norme regolavano la deliberazione della sentenza che restava sempre segreta (art.

    473). Solo con lintroduzione della legge n. 117/1988 sulla responsabilit civile del giudice

    venne previsto che in caso di dissenso tra i componenti dellorgano collegiale venisse steso un

    verbale in plico sigillato descrittivo delle opinioni e dei voti espressi.

    a) relazione tra sentenza e accusa

    Poteva accadere - e la questione ha un carattere generale che prescinde dal tipo di codice di rito

    adottato e che quindi pu ricorrere sempre - che lorgano giudicante ritenesse che il fatto ascritto

    allimputato dovesse essere giuridicamente qualificato in modo diverso rispetto alla

    contestazione contenuta nella sentenza-ordinanza di rinvio a giudizio (quando si era proceduto

    con istruttoria formale) ovvero contenuta nella richiesta di decreto di citazione a giudizio o nel

    decreto di citazione a giudizio (quando si era proceduto con istruttoria sommaria): ebbene, in

    questo caso il giudice poteva ritenere sussistente nel caso di specie un reato anche pi grave e

    infliggere pene anche maggiori di quelle previste per il fatto-reato originariamente contestato.

    Se invece il fatto ritenuto dal giudice era diverso da quello enunciato negli atti predetti era ovvio

    che non vi era correlazione tra accusa e sentenza in quanto limputato non aveva potuto

    difendersi in ordine ad un reato diverso (il contraddittorio deve essere garantito senza mutamento

    del thema decidendum).

    Possono essere assai sottili le linee di demarcazione tra lipotesi di diversa definizione giuridica

    del fatto e diversit del fatto.

    Anche in questo caso, il tema prescinde dal codice di rito adottato ed sempre dattualit: in

    linea generale limmutabilit del fatto ovvero la correlazione fra accusa e sentenza ricorre

    quando n lelemento materiale (azione od omissione, evento, rapporto di causalit tra le prime e

  • 28

    il secondo) n lelemento psicologico (dolo, colpa) n le circostanze della condotta sono

    modificate (art. 477).

    b) formule di proscioglimento

    Fino a quando il Tribunale ordinario o la Corte di assise potevano procedere contro minorenni

    coimputati con maggiorenni, il giudice che avesse ritenuto provato che il minorenne era autore

    del reato contestatogli, poteva proscioglierlo per perdono giudiziale (art. 478) ai sensi dellart.

    169 c.p.

    A seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 222 del 1983 (v. supra 4. 2-a) i minorenni,

    anche se imputati in concorso con maggiorenni, devono essere giudicati sempre dal loro giudice

    naturale che il Tribunale per i minorenni, il quale lunico giudice che pu applicare, se del

    caso, il perdono giudiziale.

    A differenza del perdono giudiziale, il quale postula un giudizio di responsabilit penale del

    minore che per sfocia nellastensione dal pronunciare la condanna, il codice di rito del 1930

    prevedeva altre e diverse ipotesi di proscioglimento.

    Con il termine proscioglimento il codice comprendeva sia lassoluzione nel merito dellimputato

    sia altre cause di improcedibilit (art. 479).

    Lassoluzione poteva essere pronunciata con formula piena (perch il fatto non sussiste, perch

    limputato non lo ha commesso, perch il fatto non costituisce reato) o con formula dubitativa

    per insufficienza di prove sullelemento materiale o psicologico del reato.

    La formula perch il fatto non costituisce reato allude principalmente al difetto di dolo o di colpa

    a seconda se il reato contestato era doloso o colposo.

    Nel codice Rocco, tuttavia, tale formula comprendeva anche le ipotesi di non imputabilit o di

    non punibilit e molto opportunamente il codice vigente ne ha fatto dei casi autonomi di

    proscioglimento.

    Altra riforma introdotta dal codice del 1989 labolizione della formula dubitativa; tuttavia,

    linsufficienza o la contraddittoriet della prova che il fatto sussiste, che limputato non lo ha

    commesso, che il fatto non costituisce reato o che il reato stato commesso da persona non

    imputabile disciplinata autonomamente dal secondo comma dellart. 530 c.p.p. del 1989, per

    cui quando la situazione di dubbio persiste e non altrimenti ovviabile la formula dubitativa si

    ricava con facilit.

    A differenza dellassoluzione nel merito, erano previste altre fattispecie di proscioglimento

    qualora il reato fosse estinto o che scattavano quando lazione penale non avrebbe potuto essere

    iniziata o proseguita: si parla di sentenze processuali.

    Uno dei casi pi noti il divieto del bis in idem che il pi importante degli effetti del giudicato:

    lart. 90 c.p.p. del 1930 stabiliva al riguardo che limputato condannato o prosciolto con sentenza

    divenuta irrevocabile non poteva pi essere sottoposto a procedimento penale per il medesimo

    fatto neppure se il fatto veniva diversamente qualificato per il titolo, per il grado e per le

    circostanze, salvo quanto disposto dagli artt. 17, 89, 402.

    Le eccezioni al principio erano le seguenti.

  • 29

    1) Una sentenza che avesse dichiarato limprocedibilit dellazione penale per mancanza o

    irregolarit della querela, della richiesta, dellistanza o dellautorizzazione, anche se divenuta

    irrevocabile, non poteva essere di ostacolo allesercizio dellazione penale per il medesimo fatto

    e contro la medesima persona se i predetti atti fossero stati regolarmente presentati (art. 17): si

    pensi alle prerogative del Ministro per la giustizia in tema di perseguibilit di delitti politici

    commessi allestero, di delitti comuni commessi in territorio estero, di delitti comuni commessi

    da stranieri allestero (art. 8 e ss. c.p.); si vedano i delitti elencati nellart. 313 c.p. in ordine ai

    quali non si pu procedere senza lautorizzazione del Ministro per la giustizia.

    2) una sentenza che avesse dichiarato limprocedibilit dellazione penale nei confronti di un

    soggetto erroneamente ritenuto morto, non era di ostacolo allesercizio dellazione penale per il

    medesimo fatto e contro la medesima persona di cui era accertata lesistenza in vita, anche se tale

    pronuncia fosse divenuta irrevocabile (art. 89).

    3) una sentenza emessa dal giudice istruttore che avesse prosciolto un imputato non poteva

    essere di ostacolo allesercizio dellazione penale per il medesimo fatto e contro la medesima

    persona qualora fossero emerse nuove prove a carico di questultima (art. 402).

    c) condanna

    Al di fuori dei casi sopra richiamati il giudice pronunciava sentenza di condanna irrogando le

    pene e applicando, se del caso, le pene accessorie e le misure di sicurezza (art. 483).

    In talune circostanze, la sentenza di condanna poteva dare immediata esecuzione alle misure di

    sicurezza (artt. 485, 486) e fino alla fine degli anni 70 poteva disporre la provvisoria esecuzione

    dele pene accessorie.

    Il giudice doveva inoltre condannare limputato al pagamento delle spese processuali (art. 488).

    Se vi era stata costituzione di parte civile, la sentenza di condanna, su richiesta della persona

    offesa dal reato, poteva condannare limputato al risarcimento dei danni se era in condizione di

    decidere allo stato degli atti; altrimenti, rimetteva le parti davnti al giudice civile (art. 489).

    In ogni caso, poteva concedere alla parte civile una provvisionale da imputarsi nella liquidazione

    definitiva che originariamente non era munita della clausola di provvisoria esecuzione:

    questultima, infatti, venne introdotta con la legge n. 773 del 1972 (art. 489-bis).

  • 30

    5. Giudizi speciali: a) giudizio in contumacia

    Questo tipo di giudizio - assai contestato dalla Corte Europea dei Diritti dellUomo (ex pluribus,

    cfr. sentenza 12 febbraio 1985, Colozza c. Italia; sent. 18 maggio 2004, Somogyi c. Italia) - sia

    quando era disciplinato dal codice Rocco sia quando venne regolato dal nuovo codice di rito del

    1989, rimasto in vigore - sia pure con modifiche e adattamenti - fino a quando stato

    definitivamente abolito in forza della legge n. 67 del 2014.

    Per quanto concerne il codice Rocco il giudizio in contumacia si differenziava quello ordinario

    solo per alcuni aspetti mentre per il resto si svolgeva secondo le forme generali.

    Dunque, quando limputato non era comparso in udienza, il giudice doveva per prima cosa

    accertare la ritualit della notifica del decreto di citazione a giudizio; se la notifica era