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Lexalia Newsletter n. 2/2019

Novità ed approfondimenti di gennaio 2019

Milano, 28 gennaio 2019

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Indice

Novità ................................................................................................................................................ 3

LEGGE DI BILANCIO 2019 – PRINCIPALI NOVITA’ SU LAVORO E PREVIDENZA ................. 3

RECEPIMENTO DELLA DIRETTIVA ANTIELUSIONE – PRINCIPALI MODIFICHE AL TUIR .. 11

BUONI CORRISPETTIVO O “VOUCHER” – DISCIPLINA IVA .................................................. 19

APPROVAZIONE DEI MODELLI IVA 2019 ................................................................................ 22

DIRITTO CAMERALE ANNUALE 2019 ...................................................................................... 24

DEPOSITO DEI BILANCI IN FORMATO XBRL .......................................................................... 26

@FATTURA - NUOVE MODALITA’ PER IL PAGAMENTO DELL’IMPOSTA DI BOLLO .......... 28

Approfondimenti ............................................................................................................................ 29

COMPENSO AMMINISTRATORE REVERSIBILE – IL TRATTAMENTO FISCALE .................. 29

CESSIONI INTRACOMUNITARIE – LA PROVA DEL TRASFERIMENTO ................................ 32

@FATTURA – VIDEOFORUM DEL 15.01.2019 ......................................................................... 34

IL CONTRATTO DI APPRENDISTATO ALL’INTERNO DEL DISTACCO .................................. 37

BONUS AI DIPENDENTI A DEDUCIBILITA’ CONDIZIONATA .................................................. 38

Dal Mondo ...................................................................................................................................... 40

REPORT DELLA COMMISSIONE UE SULLO SCAMBIO AUTOMATICO DI INFORMAZIONI . 40

ANDAMENTO DELLE ENTRATE TRIBUTARIE EUROPEE....................................................... 42

OCSE – REPORT SUL FISCO SOCIETARIO ............................................................................ 44

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Novità

LEGGE DI BILANCIO 2019 – PRINCIPALI NOVITA’ SU LAVORO E PREVIDENZA

L. 30 dicembre 2018 n. 145

Con la L. 30.12.2018 n. 145 è stata emanata la “legge di bilancio 2019”, in vigore dal 1° gennaio 2019.

Di seguito si riepilogano le principali novità in materia di lavoro e previdenza, contenute nella legge di bilancio 2019.

BONUS OCCUPAZIONALE GIOVANI ECCELLENZE

Viene previsto un incentivo in favore dei datori di lavoro privati che, nel corso del 2019, assumono con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato:

• cittadini in possesso della laurea magistrale, ottenuta nel periodo compreso tra l’1.1.2018 e il 30.6.2019 con la votazione di 110 e lode e con una media ponderata di almeno 108/110, entro la durata legale del corso di studi e prima del compimento dei 30 anni, in università statali o non statali legalmente riconosciute;

• cittadini in possesso di un dottorato di ricerca, ottenuto nel periodo compreso tra l’1.1.2018 e il 30.6.2019 e prima del compimento dei 34 anni, in università statali o non statali legalmente riconosciute.

L’incentivo è riconosciuto anche nel caso di:

• assunzione a tempo parziale (purché con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato);

• trasformazione di un contratto di lavoro a tempo determinato in contratto di lavoro a tempo indeterminato; in tal caso, ai fini dell’applicabilità dell’incentivo, la trasformazione deve avvenire nel periodo compreso tra l’1.1.2019 e il 31.12.2019 e alla data della trasformazione i lavoratori devono possedere i requisiti sopra indicati.

Esclusioni

L’incentivo non si applica ai:

• rapporti di lavoro domestico;

• datori di lavoro che, nei 12 mesi precedenti all’assunzione, abbiano proceduto a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo ovvero a licenziamenti collettivi nell’unità produttiva per la quale intendono procedere all’assunzione di personale agevolato.

Assetto e misura dell’incentivo

L’incentivo consiste nell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL.

L’esonero è riconosciuto per un periodo massimo di 12 mesi decorrenti dalla data di assunzione, nel limite massimo di 8.000,00 euro per ogni assunzione effettuata; nel

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caso di assunzione a tempo parziale, il limite massimo dell’incentivo è proporzionalmente ridotto.

Utilizzo dell’incentivo

L’incentivo:

• è “portabile”, nel senso che è riconosciuto, per il periodo residuo utile alla sua piena fruizione, ai datori di lavoro che, nel periodo compreso tra l’1.1.2019 e il 31.12.2019, assumano a tempo indeterminato il lavoratore per la cui assunzione, in precedenza, un altro datore di lavoro abbia già parzialmente fruito dello stesso incentivo;

• è cumulabile con altri incentivi all’assunzione, di natura economica o contributiva, definiti su base nazionale e regionale;

• è fruito nel rispetto delle norme dell’Unione europea in materia di aiuti “de minimis”.

Revoca e decadenza dell’incentivo

Comportano la revoca dell’esonero e il recupero delle somme corrispondenti al beneficio già fruito:

• il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo del lavoratore assunto avvalendosi del beneficio, effettuato nei 24 mesi successivi all’assunzione dello stesso soggetto;

• il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo di un lavoratore impiegato nella medesima unità produttiva e inquadrato con la medesima qualifica del lavoratore assunto avvalendosi del beneficio, effettuato nei 24 mesi successivi all’assunzione del lavoratore agevolato.

Inoltre, il diritto a fruire dell’incentivo decadrebbe nelle ipotesi di cui all’art. 24 co. 4 del DL 83/2012, in materia di credito d’imposta per nuove assunzioni di profili altamente qualificati.

Modalità di riconoscimento dell’incentivo

Le modalità di fruizione dell’incentivo saranno stabilite dall’INPS con una apposita circolare.

Inoltre, al fine di ottenere l’esonero, si applicherebbero – si ritiene, in quanto compatibili con la diversa natura dell’esonero introdotto dalla legge di bilancio 2019 – le procedure, le modalità e i controlli previsti dal decreto del Ministro dello sviluppo economico 23.10.2013, nonché quanto previsto dall’art. 24 co. 2, 5, 7, 8, 9 e 10 del DL 83/2012, in materia di credito d’imposta per nuove assunzioni di profili altamente qualificati.

LAVORO AGILE

Viene riconosciuto carattere prioritario alle richieste di esecuzione del rapporto di lavoro in modalità agile formulate:

• dalle lavoratrici nei 3 anni successivi alla conclusione del periodo di congedo di maternità (art. 16 del DLgs. 151/2001);

• dai lavoratori con figli in condizioni di disabilità (art. 3 co. 3 della L. 104/92).

INCREMENTO DELLE SANZIONI PER VIOLAZIONI IN MATERIA DI LAVORO

Con la finalità di rafforzare l’attività di contrasto del fenomeno del lavoro sommerso e irregolare e la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, la legge di bilancio 2019 prevede:

• l’assunzione di personale, prevalentemente ispettivo, pari a 300 unità l’anno nel biennio 2019-2020 e a 330 unità per il 2021;

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• un aumento degli importi delle sanzioni in materia di lavoro, in relazione a diverse tipologie di violazioni.

In particolare, si stabilisce un incremento del 20% degli importi dovuti con riferimento:

• alla sanzione amministrativa pecuniaria per il caso di ulteriore impiego (dopo la diffida) di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato (c.d. “maxisanzione per il lavoro nero”);

• alle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all’art. 18-bis co. 3 e 4 del DLgs. 66/2003, previste in caso di inosservanza delle norme che disciplinano l’orario di lavoro;

• alle ammende penali e alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dall’art. 18 del DLgs. 276/2003 per la violazione di alcune norme in materia di somministrazione di lavoro;

• alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dall’art. 12 del DLgs. 136/2016 per la violazione di alcuni obblighi posti dalla disciplina sul distacco temporaneo in Italia di lavoratori occupati abitualmente in un altro Stato;

• alla violazione delle altre disposizioni in materia di lavoro e legislazione sociale, individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

Viene invece previsto un incremento del 10% degli importi delle sanzioni previste dal DLgs. 81/2008 dovute per la violazione delle norme in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

Si prevede, altresì, che le predette maggiorazioni vengano raddoppiate se, nei 3 anni precedenti, il datore di lavoro è già stato colpito da sanzioni amministrative o penali per i medesimi illeciti.

POTENZIAMENTO DEL “SISTEMA DUALE”

Viene incrementata di 50 milioni di euro, limitatamente all’esercizio finanziario 2019, la dotazione economica prevista per il “Fondo sociale per l’occupazione e la formazione”, avente la finalità di finanziare percorsi formativi rivolti:

• all’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore (c.d. apprendistato di primo livello);

• all’alternanza scuola-lavoro.

RIDENOMINAZIONE DEI PERCORSI DI ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO E RIDETERMINAZIONE DELLA DURATA

I percorsi di alternanza scuola-lavoro di cui al DLgs. 77/2005 sono ridenominati “percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento” e, a decorrere dall’anno scolastico 2018-2019, con effetti dall’esercizio finanziario 2019, sono attuati per una durata complessiva:

• non inferiore a 210 ore nel triennio terminale del percorso di studi degli istituti professionali;

• non inferiore a 150 ore nel secondo biennio e nell’ultimo anno del percorso di studi degli istituti tecnici;

• non inferiore a 90 ore nel secondo biennio e nel quinto anno dei licei.

RIDUZIONE DEI FONDI PER L’ESTENSIONE DEGLI INCENTIVI ALL’APPRENDISTATO

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Si prevede una riduzione, a partire dal 2019, dei finanziamenti per l’estensione degli incentivi per il contratto di apprendistato per la qualifica, il diploma e il certificato di specializzazione tecnica superiore.

RECUPERO OCCUPAZIONALE E POLITICHE ATTIVE PER IL LAVORO

Intervenendo in materia di occupazione, vengono stanziate risorse al fine di sostenere:

• il completamento dei piani di recupero occupazionale per la mobilità in deroga nelle aree di crisi industriale complessa;

• interventi di politica attiva del lavoro, incrementando a tal fine anche il Fondo per le politiche attive del lavoro, istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con l’obiettivo di favorire il reinserimento lavorativo dei fruitori di ammortizzatori sociali, anche in deroga, e di lavoratori in stato di disoccupazione involontaria.

REVISIONE DI PREMI E CONTRIBUTI INAIL E NOVITÀ IN MATERIA DI AUTOLIQUIDAZIONE

Viene disposta la riduzione delle tariffe dei premi e dei contributi INAIL per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, con effetto dall’1.1.2019 al 31.12.2021.

Per consentire l’applicazione delle nuove tariffe a decorrere dall’1.1.2019, è stata prevista la proroga, per il solo anno 2019:

• dal 31.12.2018 al 31.3.2019, del termine entro cui l’INAIL deve mettere a disposizione dei datori di lavoro le basi di calcolo del premio assicurativo;

• dal 16.2.2019 al 16.5.2019, dei termini per i seguenti adempimenti:

– la comunicazione motivata di riduzione delle retribuzioni presunte da parte dei datori di lavoro che presumono di erogare nell’anno 2019 un importo di retribuzioni inferiore a quello corrisposto nell’anno 2018;

– il versamento del premio anticipato per l’anno 2019 e della regolazione del premio relativa al periodo assicurativo 2018;

– in caso di pagamento rateizzato dei premi, il pagamento della prima rata, che dovrà quindi essere effettuato insieme al versamento della seconda rata;

• dal 28.2.2019 al 16.5.2019, del termine per la denuncia delle retribuzioni effettivamente corrisposte nell’anno 2018.

Dall’1.1.2019, vengono inoltre disposte:

• modifiche ai criteri di riconoscimento del risarcimento del danno a seguito di infortunio sul lavoro;

• l’aumento a 10.000,00 euro dell’importo dell’assegno una tantum in caso di morte del lavoratore a seguito dell’infortunio (c.d. “assegno funerario”), modificando i criteri per stabilire la “vivenza a carico” dei familiari superstiti e sopprimendo la condizione della sussistenza dei requisiti per la rendita INAIL ai fini del riconoscimento dell’assegno;

• la soppressione del premio supplementare per silicosi e asbestosi (artt. 153 e 154 del DPR 1124/65);

• l’abrogazione del beneficio della riduzione dell’11,50% dei contributi e dei premi dovuti all’INAIL, applicabile alle imprese edili in relazione agli operai occupati per 40 ore settimanali;

• la riduzione della misura massima dei tassi medi nazionali, da 130 a 110 per mille.

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DISPOSIZIONI IN MATERIA DI MOBILITÀ IN DEROGA

Si prevede che il trattamento di mobilità in deroga venga concesso, nel limite massimo di 12 mesi, anche a coloro che:

• hanno cessato la Cassa integrazione guadagni in deroga nel periodo compreso tra l’1.12.2017 e il 31.12.3018;

• e non hanno diritto all’indennità di disoccupazione NASpI.

Ai predetti lavoratori verranno applicate misure di politica attiva, individuate in un apposito piano regionale, da comunicare al Ministero del lavoro e all’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL)

MISURE IN FAVORE DI SOGGETTI AFFETTI DA DISABILITÀ DA LAVORO E ASSEGNO DI RICOLLOCAZIONE

Viene previsto un rimborso pari al 60% della retribuzione corrisposta dai datori di lavoro che impiegano soggetti disabili da lavoro nell’ambito di progetti di reinserimento mirato alla conservazione del posto di lavoro.

Inoltre, viene incluso l’INAIL tra i soggetti finanziatori dell’assegno di ricollocazione (art. 23 del DLgs. 150/2015).

DIFFERIMENTO DEL CONGEDO DI MATERNITÀ

Viene riconosciuto alle lavoratrici madri la facoltà di differire la fruizione del congedo obbligatorio di maternità, astenendosi dal lavoro:

• esclusivamente dopo il parto, entro i 5 mesi successivi allo stesso;

• a condizione che il medico specialista del SSN e il medico competente ai fini della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della lavoratrice e del bambino.

PROROGA DEL CONGEDO DEL PADRE LAVORATORE

Per l’anno 2019 si prevede:

• un’ulteriore proroga del congedo di paternità obbligatorio, con un aumento della durata da 4 a 5 giorni;

• la possibilità, per il padre lavoratore dipendente, di astenersi per il periodo ulteriore di un giorno, previo accordo con la madre ed in sua sostituzione, in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest’ultima.

MISURE IN MATERIA DI PEREQUAZIONE PENSIONISTICA

Per il triennio 2019-2021, la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, di cui all’art. 34 co. 1 della L. 448/98, viene riconosciuta nelle seguenti misure:

• al 100%, se i trattamenti complessivi non sono superiori a 3 volte il trattamento minimo dell’INPS;

• al 97%, se i trattamenti complessivi non sono superiori a 4 volte il trattamento minimo dell’INPS;

• al 77%, se i trattamenti complessivi sono superiori a 4 volte il trattamento minimo dell’INPS ma non sono superiori a 5 volte il medesimo trattamento minimo;

• al 52%, se i trattamenti complessivi sono superiori a 5 volte il trattamento minimo dell’INPS ma non sono superiori a 6 volte il medesimo trattamento minimo;

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• al 47%, se i trattamenti complessivi sono superiori a 6 volte il trattamento minimo dell’INPS ma non sono superiori a 8 volte il medesimo trattamento minimo;

• al 45%, se i trattamenti complessivi sono superiori a 8 volte il trattamento minimo dell’INPS ma non sono superiori a 9 volte il medesimo trattamento minimo;

• al 40%, se i trattamenti complessivi sono superiori a 9 volte il trattamento minimo dell’INPS.

CONTRIBUTO DI SOLIDARIETÀ SULLE C.D. “PENSIONI D’ORO”

Viene introdotta, per 5 anni, una progressiva riduzione dei trattamenti pensionistici complessivamente di importo superiore a 100.000,00 euro lordi su base annua, finalizzata ad alimentare un apposito Fondo istituito presso l’INPS per garantire l’adeguatezza delle prestazioni pensionistiche in favore di particolari categorie di soggetti.

Nel dettaglio, si applicano le seguenti aliquote di riduzione:

• 15%, per la parte eccedente l’importo di 100.000,00 euro e fino a 130.000,00 euro;

• 25%, per la parte eccedente l’importo di 130.000,00 euro e fino a 200.000,00 euro;

• 30%, per la parte eccedente l’importo di 200.000,00 euro e fino a 350.000,00 euro;

• 35%, per la parte eccedente l’importo di 350.000,00 euro e fino a 500.000,00 euro;

• 40%, per la parte eccedente l’importo di 500.000,00 euro.

I suddetti importi sono soggetti a rivalutazione.

La riduzione in esame non si applica:

• ai trattamenti pensionistici interamente liquidati con il sistema contributivo;

• alle pensioni di invalidità;

• ai trattamenti pensionistici riconosciuti ai superstiti;

• ai trattamenti riconosciuti a favore delle vittime del dovere o di azioni terroristiche.

AUMENTO DEL BUONO ASILI NIDO

Viene previsto un aumento dell’importo del c.d. “buono asili nido”, da 1.000,00 a 1.500,00 euro per il triennio 2019-2021. A decorrere dall’anno 2022 l’importo spettante sarà determinato in misura comunque non inferiore a 1.000,00 euro.

Il contributo è corrisposto su base annua, parametrato a 11 mensilità, e può essere erogato:

• sotto forma di “contributo asili nido”, per il pagamento delle rette relative alla frequenza di asili nido pubblici e privati autorizzati;

• o, in alternativa, a fini assistenziali, in caso di bambini fino a 3 anni affetti da gravi patologie croniche, al fine di favorire l’introduzione di forme di supporto presso la propria abitazione

REDDITO DI CITTADINANZA E PENSIONAMENTO ANTICIPATO

La legge di bilancio 2019 istituisce due distinti Fondi presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con possibilità per gli stessi di utilizzare reci-procamente a compensazione eventuali risparmi realizzati.

Più precisamente, si tratta del:

• Fondo per il reddito di cittadinanza, volto a introdurre nel nostro ordinamento il reddito e la pensione di cittadinanza;

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• Fondo per la revisione del sistema pensionistico attraverso l’introduzione di ulteriori forme di pensionamento anticipato e misure per incentivare l’assunzione di lavoratori giovani.

Per il Fondo per il reddito di cittadinanza vengono stanziati:

• 7.100.000.000,00 di euro per il 2019;

• 8.055.000.000,00 di euro per il 2020;

• 8.317.000.000,00 di euro annui a decorrere dal 2021.

Parte delle risorse ad esso destinate vengono vincolate:

• al potenziamento dei Centri per l’impiego di cui all’art. 18 del DLgs. 150/2015, per un importo fino a un miliardo di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020;

• come contributo per il funzionamento di “ANPAL Servizi S.p.A.”, per un importo fino a 10 milioni di euro per il 2019.

Per il Fondo per la revisione del sistema pensionistico si prevede lo stanzia-mento di una dotazione finanziaria pari a:

• 3.968.000.000,00 di euro per il 2019;

• 8.336.000.000,00 di euro per il 2020;

• 8.684.000.000,00 di euro per il 2021;

• 8.153.000.000,00 di euro per il 2022;

• 6.999.000.000,00 di euro per il 2023;

• 7.000.000.000,00 di euro a decorrere dal 2024

INCENTIVI OCCUPAZIONALI PER IL MEZZOGIORNO

La legge di bilancio 2019 stabilisce che i programmi operativi nazionali, regionali e complementari possano prevedere – nel limite complessivo di 500 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 – misure per favorire, nelle Regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna, l’assunzione con contratto a tempo indeterminato:

• di soggetti che non abbiano compiuto 35 anni di età;

• ovvero di soggetti con almeno 35 anni di età privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi.

Si stabilisce, altresì, che per i citati soggetti l’esonero contributivo di cui all’art. 1-bis co. 1 del DL 87/2018 (c.d. “decreto dignità”) sia:

• elevato fino al 100%, nel limite massimo di importo pari a 8.060,00 euro su base annua;

cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente, limitatamente al periodo di applicazione degli stessi.

INCENTIVI GIOVANI CONDUCENTI PER IL SETTORE DELL’AUTOTRASPORTO

Vengono previsti incentivi, per gli anni 2019 e 2020, in favore dei giovani conducenti del settore dell’autotrasporto merci in possesso dei seguenti requisiti:

• età inferiore a 35 anni alla data dell’1.1.2019;

• regolare rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con un’impresa di autotrasporto di merci per conto di terzi attiva sul territorio italiano, regolarmente iscritta

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al Registro elettronico nazionale delle imprese di trasporto su strada (REN) e all’Albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto di terzi;

• inquadramento con le qualifiche Q1, Q2 o Q3 previste dal CCNL “Logistica, trasporto merci e spedizione”.

Assetto e misura degli incentivi

Viene riconosciuto:

• ai lavoratori incentivati, un rimborso del 50% del totale delle spese sostenute e documentate per il conseguimento della patente e delle abilitazioni professionali per la guida dei veicoli destinati all’esercizio dell’attività di autotrasporto di merci per conto di terzi; dal rimborso sono esclusi i versamenti corrisposti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per il rilascio della patente e delle abilitazioni professionali per la guida dei veicoli destinati all’esercizio dell’attività di autotrasporto di merci per conto di terzi, nonché per le spese relative all’acquisto dei contrassegni telematici richiesti dalla normativa vigente;

• alle imprese datrici di lavoro, una detrazione totale dall’IRES lorda per una quota pari ai rimborsi erogati, fino ad un ammontare complessivo degli stessi non superiore a 1.500,00 euro totali per ciascun periodo d’imposta

Modalità di riconoscimento del rimborso

Il rimborso è erogato da ciascuna impresa:

• entro 6 mesi dalla data di decorrenza del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato;

• nel caso di conducenti già assunti e già inquadrati nelle imprese di autotrasporto di merci per conto di terzi, entro l’1.7.2019, purché al momento della richiesta sussistano i requisiti sopra descritti.

Disposizioni attuative

Le modalità di richiesta e di erogazione del rimborso saranno definite dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali con apposito provvedimento da adottare entro l’1.4.2019.

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Novità

RECEPIMENTO DELLA DIRETTIVA ANTIELUSIONE – PRINCIPALI MODIFICHE AL TUIR

D. Lgs. 29/11/2018 n. 142

Il D. Lgs. 29.11.2018 n. 142 (pubblicato sulla G.U. 28.12.2018 n. 300) ha recepito la direttiva UE 12.7.2016 n. 1164 (c.d. “Anti Tax Avoidance Directive”, in acronimo ATAD), modificando numerose disposizioni fiscali nell’obiettivo di contrastare l’elusione fiscale e l’erosione della base imponibile.

Le disposizioni della direttiva si applicano, ove non diversamente indicato nei paragrafi seguenti, dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31.12.2018 e, quindi, dal 2019, per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare.

INTERESSI PASSIVI

L’art. 1 del DLgs. 142/2018 riscrive le regole di deducibilità degli interessi passivi per i soggetti IRES contenute nell’art. 96 del TUIR. Non cambiano, invece, le regole previste per gli imprenditori individuali e le società di persone, per i quali gli interessi passivi continuano ad essere dedotti integralmente, purché inerenti all’esercizio dell’impresa.

Criteri generali di deducibilità

Il criterio generale di deducibilità che si profila dal 2019 per i soggetti IRES non muta, nei suoi tratti generali, rispetto al passato. È, infatti, previsto che gli interessi passivi siano deducibili nel limite degli interessi attivi e, per l’eccedenza, nel limite del 30% del risultato operativo lordo della gestione caratteristica (ROL).

Così, se la società presenta 100.000,00 euro di interessi passivi, 20.000,00 euro di interessi attivi e un ROL di 250.000,00 euro, gli interessi passivi sono deducibili:

• in prima battuta per 20.000,00 euro (importo corrispondente agli interessi attivi);

• nonché per ulteriori 75.000,00 euro (il 30% del ROL).

L’importo complessivamente deducibile è, quindi, pari a 95.000,00 euro (i 5.000,00 euro residui devono essere ripresi in aumento in dichiarazione dei redditi).

Riporto delle eccedenze di interessi attivi

Il DLgs. 142/2018 prevede, nel contesto della regola sopra indicata, che gli interessi attivi da considerare non siano solo quelli dell’esercizio per cui si effettua il calcolo, ma anche quelli degli esercizi precedenti che hanno ecceduto gli interessi passivi.

Riprendendo l’esempio di cui sopra, se nell’esercizio precedente la società avesse rilevato 12.000,00 euro di interessi passivi e 15.000,00 euro di interessi attivi:

• in tale esercizio gli interessi passivi sarebbero stati integralmente deducibili;

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• nell’esercizio successivo, gli interessi passivi (100.000,00 euro) sarebbero deducibili nel limite di 98.000,00 euro, pari alla somma degli interessi attivi di periodo (20.000,00 euro), degli interessi attivi non “sfruttati” dall’esercizio precedente (3.000,00 euro) e del 30% del ROL (75.000,00 euro).

Interessi passivi soggetti al confronto con gli interessi attivi e con il rol

Rispetto al regime applicato sino al 2018, dal 2019 sono soggetti ai limiti di deducibilità previsti nell’art. 96 del TUIR anche gli interessi passivi capitalizzati nel costo dei beni.

Se, quindi, una società sostiene costi per la costruzione di un impianto per 500.000,00 euro, di cui 100.000,00 euro a titolo di interessi passivi:

• tutto l’importo di 500.000,00 euro è ammortizzabile nei modi ordinari;

• nell’esercizio in cui avviene la capitalizzazione, gli interessi passivi (100.000,00 euro) vengono sottoposti al test di deducibilità (riprendendo l’esempio precedente, essi sarebbero deducibili nel limite di 98.000,00 euro, con la conseguente necessità di apportare una variazione in aumento di 2.000,00 euro).

Dal 2019 sono, invece, esclusi dal test di deducibilità gli interessi passivi relativi a prestiti contratti per finanziare progetti infrastrutturali pubblici a lungo termine.

Interessi passivi delle società immobiliari di gestione

L’art. 14 del DLgs. 142/2018 ha abrogato la norma contenuta nell’art. 1 co. 36 della L. 244/2007, secondo cui, per le società immobiliari di gestione, sono deducibili senza le limitazioni dell’art. 96 del TUIR gli interessi passivi relativi a finanziamenti garantiti da ipoteca su immobili destinati alla locazione.

La norma in questione è stata, però, di fatto ripristinata dalla L. 145/2018 (legge di bilancio 2019) e si applica quindi senza soluzione di continuità.

Determinazione del rol

Come in passato, il ROL è determinato quale differenza tra il valore della produzione (macroclasse A del Conto economico) e i costi della produzione (macroclasse B del Conto economico), escludendo da questi ultimi gli ammortamenti dei beni materiali e immateriali e i canoni di leasing dei beni strumentali.

Dal 2019, tuttavia, i ricavi e i costi che concorrono a formare il ROL sono quantificati non più in base al valore contabile, ma in base al valore fiscale. Ad esempio, i costi di telefonia non devono più essere conteggiati per l’intero importo iscritto a Conto economico, ma per l’80% di esso (cioè per l’importo fiscalmente dedotto).

Riporto delle eccedenze di interessi passivi e delle eccedenze di rol

Anche a seguito delle novità del DLgs. 142/2018, le eccedenze di interessi (cioè gli interessi passivi iscritti in bilancio, ma che non hanno potuto essere dedotti per assenza o incapienza degli interessi attivi e/o del ROL) continuano ad essere riportate agli esercizi successivi, senza alcuna limitazione di carattere temporale; esse saranno dedotte nel momento in cui si verificherà la situazione inversa, ovvero un ammontare di interessi attivi e di ROL – assunto sempre nel limite del 30% – superiore a quello di tali eccedenze.

Questo meccanismo di riporto riguarda anche le eccedenze di interessi passivi realizzate sino al 2018, le quali saranno dedotte dal 2019 secondo le nuove regole.

Le eccedenze di ROL, invece:

• se formatesi sino al 2018, sono perse (fanno eccezione a questo principio le eccedenze relative a prestiti contratti prima del 17.6.2016);

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• se formatesi dal 2019, sono riportabili solo entro il quinto periodo d’imposta successivo.

Utilizzo prioritario del ROL di periodo

Nel nuovo regime è previsto l’utilizzo prioritario del 30% del ROL di periodo e, solo successivamente, del 30% delle eccedenze riportate dagli esercizi precedenti.

Quindi, se ad esempio la società ha in bilancio 100.000,00 euro di interessi passivi, non ha in bilancio interessi attivi, ha un ROL di periodo di 250.000,00 euro ed eccedenze di ROL riportate dagli esercizi precedenti per 150.000,00 euro:

• occorre utilizzare prioritariamente il ROL di periodo, per 75.000,00 euro (il 30%);

• una volta esaurito tale plafond, si attinge dalle eccedenze pregresse.

Tabella di sintesi

La tabella che segue riepiloga le principali novità che si prospettano dal 2019 in materia di interessi passivi a seguito dell’entrata in vigore del DLgs. 142/2018.

Disciplina sino al 2018 Disciplina dal 2019

Deducibilità degli interessi passivi nel limite degli interessi attivi

Deducibilità degli interessi passivi nel limite della somma degli interessi attivi di periodo e delle eccedenze di interessi attivi riportati dai periodi d’im-posta precedenti

Eccedenze di interessi passivi riportabili senza limitazioni temporali

Eccedenze di interessi passivi riportabili senza limitazioni temporali

Eccedenze di ROL riportabili senza limitazioni temporali

Eccedenze di ROL riportabili solo entro i 5 periodi d’imposta successivi

Nessuna “segmentazioneˮ tra il ROL di periodo e le eccedenze pregresse

Utilizzo prioritario del ROL di periodo rispetto alle eccedenze pregresse

ROL quantificato in base ai valori contabili dei ricavi e dei costi

ROL quantificato in base ai valori fiscali dei ricavi e dei costi

Limitazioni alla deducibilità non previste per gli interessi passivi capitalizzati

Limitazioni alla deducibilità estese agli interessi passivi capitalizzati

TRASFERIMENTO DELLA SEDE DALL’ITALIA ALL’ESTERO O DALL’ESTERO IN ITALIA

Gli artt. 2 e 3 del DLgs. 142/2018 riscrivono la disciplina fiscale del trasferimento della sede all’estero di imprese commerciali (società di persone e di capitali o, meno comunemente, imprese individuali) e del trasferimento della sede dall’estero all’Italia delle stesse, contenuta rispettivamente negli artt. 166 e 166-bis del TUIR.

Trasferimento della sede all’estero

Anche a seguito delle modifiche apportate dal DLgs. 142/2018, non viene meno il principio per cui il trasferimento della sede all’estero che comporti la perdita della residenza fiscale italiana determina la tassazione delle plusvalenze latenti: se, quindi, ad esempio la differenza tra le attività e le passività della società ha un costo fiscalmente riconosciuto di 5 milioni di euro, ma un valore di mercato di 12 milioni di euro, la differenza di 7 milioni di euro deve essere assoggettata a tassazione.

Permane, altresì, il principio per cui non vi è tassazione per i beni che rimangono “attratti” ad una stabile organizzazione in Italia. Se, quindi, la società italiana con due unità produttive A e B trasferisce la sede all’estero, unitamente all’unità produttiva A:

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• l’unità produttiva B assume la veste di stabile organizzazione italiana della società, divenuta non residente;

• i maggiori valori riferiti all’unità produttiva A sono tassati, mentre quelli riferiti all’unità produttiva B non lo sono.

Rispetto a questo quadro, il DLgs. 142/2018 modifica:

• l’ambito delle operazioni, ulteriori rispetto al trasferimento della sede “propriamente detto”, suscettibili di generare plusvalenze;

• il regime dei trasferimenti intracomunitari.

In relazione al primo punto, vengono attratte alla disciplina dell’art. 166 del TUIR anche operazioni quali, a titolo esemplificativo:

• il trasferimento, da parte di un’impresa residente all’estero, della stabile organizzazione italiana (o di attivi facenti parte della stabile organizzazione) alla sede centrale o ad altra stabile organizzazione estera;

• una serie di operazioni straordinarie (fusione di una società residente in Italia in una società residente all’estero, scissione di una società residente in Italia a favore di una o più beneficiarie residenti all’estero e conferimento, da parte di un soggetto residente in Italia, di una stabile organizzazione – o di un ramo di essa – situata all’estero a favore di un soggetto residente all’estero).

Per i trasferimenti verso Stati dell’Unione europea o appartenenti allo Spazio economico europeo (Islanda, Norvegia e Liechtenstein) che abbiano sottoscritto un accordo per la reciproca assistenza in materia di recupero dei crediti tributari, sino al 2018 erano possibili due opzioni:

• sospendere il pagamento dell’imposta italiana sulle plusvalenze (exit tax) sino al momento della cessione dei beni della società nello Stato di destinazione;

• rateizzare il debito, indipendentemente dalla cessione o meno dei beni nello Stato estero, in 6 rate annuali di pari importo, con gli interessi nella misura prevista dall’art. 20 del DPR 602/73 (attualmente pari al 4%).

Dal 2019, per tali trasferimenti non è più possibile optare per la sospensione della riscossione dell’imposta sulle plusvalenze; rimane invece in vita l’opzione per la rateizzazione dell’exit tax, ma il numero di rate, sempre da corrispondere su base annuale e con gli interessi nella misura prevista dall’art. 20 del DPR 602/73, scende da 6 a 5.

Tabella di sintesi

La tabella che segue riepiloga le principali novità che si prospettano dal 2019 in materia di trasferimento della sede all’estero a seguito dell’entrata in vigore del DLgs. 142/2018.

Disciplina sino al 2018 Disciplina dal 2019

Il trasferimento della sede all’estero genera plusvalenze assoggettate a tassazione in Italia

Il trasferimento della sede all’estero genera plusvalenze assoggettate a tassazione in Italia

Per i trasferimenti intracomunitari, è possibile optare per la sospensione della riscossione dell’exit tax

La sospensione della riscossione dell’exit tax non è più possibile

Per i trasferimenti intracomunitari, è possibile optare per la rateizzazione dell’exit tax (6 rate)

Per i trasferimenti intracomunitari, è possibile optare per la rateizzazione dell’exit tax (5 rate)

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Trasferimento della sede in Italia

Per il trasferimento della sede dall’estero in Italia, non muta nella sostanza il contenuto della norma di riferimento (art. 166-bis del TUIR), che regola la valorizzazione, ai fini fiscali, dei beni “in entrata”.

In particolare:

• se lo Stato di provenienza appartiene all’Unione europea o è incluso nella white list degli Stati che assicurano lo scambio di informazioni ai fini fiscali, il valore fiscale “di ingresso” delle attività e delle passività è sempre assunto nel valore di mercato;

• se, invece, lo Stato di provenienza non fa parte dell’Unione europea, nè è ricompreso nella white list:

– il valore fiscale di ingresso è determinato nel valore di mercato solo se è stato raggiunto un apposito accordo con l’Agenzia delle Entrate;

– in assenza di tale ruling, il valore fiscale di ingresso delle attività è assunto nel minore tra il costo di acquisto, il valore di bilancio e il valore di mercato (per le passività si assume, invece, il maggiore tra questi valori).

REGIME DELLE CONTROLLED FOREIGN COMPANIES

L’art. 4 del DLgs. 142/2018 ha riscritto l’art. 167 del TUIR relativo alle controlled foreign companies (CFC).

Rimane inalterato il principio di fondo, per cui se un soggetto (di qualunque natura giuridica) residente in Italia controlla società o enti esteri a regime privilegiato, il reddito di tali soggetti esteri viene tassato in Italia per trasparenza (quindi, nell’esercizio in cui viene prodotto, indipendentemente dall’effettiva percezione).

Rispetto al regime in vigore sino al 2018, tuttavia, cambiano:

• i presupposti a fronte dei quali la società o ente estero è qualificato come CFC;

• le circostanze che permettono di disapplicare la disciplina.

Qualificazione della controllata estera come cfc

Sino al 2018, erano qualificate come CFC:

• le società (non comunitarie) con livello di tassazione nominale inferiore al 50% di quello italiano;

• le società (anche comunitarie) con livello di tassazione effettiva inferiore al 50% di quello italiano e proventi rappresentati per oltre il 50% da passive income (dividendi, royalties, ecc.).

Nel contesto che si delinea dal 2019, invece, sono CFC le società (anche comunitarie):

• il cui livello di tassazione effettiva è inferiore al 50% di quello italiano;

• i cui proventi sono costituiti per oltre 1/3 da passive income.

Ai fini del parametro della tassazione effettiva occorre considerare il 50% dell’aliquota IRES, attualmente pari al 24%. La società estera si qualifica, quindi, come CFC se la tassazione effettiva scontata nel proprio Stato è inferiore al 12%.

Resta fermo che, affinché operino le penalizzazioni fiscali contenute nell’art. 167 del TUIR, devono essere verificati entrambi i parametri della tassazione effettiva e del “peso” dei passive income, per cui ad esempio:

• la controllata estera che, nel proprio Stato di residenza, ha tra i propri proventi solo royalties, ma sconta una tassazione effettiva del 15%, non rientra tra le CFC, in

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quanto è soddisfatto il requisito dei passive income, ma la tassazione effettiva è congrua;

• la controllata estera che, nel proprio Stato di residenza, svolge un’attività industriale e sconta una tassazione effettiva pari al 5% (o al limite non è soggetta ad alcuna corporation tax), non rientra tra le CFC, in quanto, pur non essendo congruo il livello di tassazione effettiva, i proventi non hanno natura di passive income;

• la controllata estera che, nel proprio Stato di residenza, consegue royalties per il 40% e proventi derivanti da altre prestazioni di servizi per il 60%, e che presenta un livello di tassazione effettiva pari al 10% rientra tra le CFC, in quanto risultano soddisfatti entrambi i requisiti previsti dalla norma.

Disapplicazione della disciplina

Sino al 2018, la disciplina CFC poteva comunque essere disapplicata dimostrando, alternativamente:

• che la partecipata svolgeva un’attività economica effettiva;

• che dalle partecipazioni non conseguiva l’effetto di localizzare i redditi nel paradiso fiscale.

Dal 2019 rimane, sostanzialmente, in vita la sola prima causa esimente, per cui è necessario dimostrare che la partecipata estera svolge un’attività economica effettiva con l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali.

Tabella di sintesi

La tabella che segue riepiloga le principali novità che si prospettano dal 2019 in materia di controlled foreign companies a seguito dell’entrata in vigore del DLgs. 142/2018.

Disciplina sino al 2018 Disciplina dal 2019

Sono CFC:

• le società (non comunitarie) con livello di tassazione nominale inferiore al 50% di quello italiano;

• le società (anche comunitarie) con livello di tassazione effettiva inferiore al 50% di quello italiano e proventi per oltre il 50% da passive income.

Sono CFC le società (anche comunitarie):

• il cui livello di tassazione effettiva è inferiore al 50% di quello italiano;

• i cui proventi sono costituiti per oltre 1/3 da passive income (interessi, royalties, dividendi, redditi da leasing finanziario, ecc.).

Disapplicazione della norma:

• la partecipata estera svolge un’attività economica effettiva;

• dalle partecipazioni non consegue l’effetto di localizzare i redditi nel paradiso fiscale.

Disapplicazione della norma solo se la partecipata estera svolge un’attività economica effettiva con l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali.

DIVIDENDI E PLUSVALENZE DI FONTE ESTERA

L’art. 5 del DLgs. 142/2018 introduce nel TUIR l’art. 47-bis, il quale definisce i “regimi fiscali privilegiati” ai fini della tassazione dei dividendi e delle plusvalenze di fonte estera, sia per i soggetti imprenditori che per i soggetti non imprenditori.

Laddove la società estera abbia un regime fiscale privilegiato, i dividendi percepiti dal socio italiano, così come le plusvalenze che derivano dalla cessione delle partecipazioni nella società estera, sono assoggettati all’IRES, o alle aliquote IRPEF progressive, per il 100% del loro ammontare.

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Nozione di “regimi fiscali privilegiati”

Sono regimi fiscali privilegiati ai fini della tassazione dei dividendi e delle plusvalenze:

• per le partecipazioni di controllo, i regimi delle partecipate estere il cui livello di tassazione effettiva è inferiore al 50% di quello italiano;

• per le partecipazioni non di controllo, i regimi delle partecipate estere il cui livello di tassazione nominale è inferiore al 50% di quello italiano.

Non sono mai privilegiati i regimi fiscali degli Stati dell’Unione europea.

Disapplicazione della disciplina

Anche se la partecipata risulta a regime fiscale privilegiato, rimane salva la possibilità di dimostrare che dalle partecipazioni non consegue l’effetto di localizzare i redditi nel paradiso fiscale.

Se ciò avviene, i dividendi sono tassati come ordinari dividendi di fonte estera (ad esempio, nel limite del 5% del relativo ammontare, se il percipiente è una società di capitali italiana), e non per l’intero ammontare.

Analogo beneficio è accordato alle plusvalenze.

Partecipazioni qualificate in società quotate nei mercati regolamentati

Con apposite modifiche di coordinamento all’art. 68 del TUIR è stato previsto che, se un soggetto IRPEF non imprenditore (es. persona fisica, società semplice) detiene una partecipazione qualificata (che attribuisce, quindi, più del 2% dei diritti di voto o più del 5% del capitale) in una società quotata nei mercati regolamentati:

• la relativa plusvalenza non è mai assoggettata alle aliquote IRPEF progressive per il 100% del relativo ammontare, anche se la società è a regime fiscale privilegiato;

• la tassazione avviene con imposta sostitutiva del 26%.

Si è così esteso a tali partecipazioni il regime in precedenza riservato alle sole partecipazioni non qualificate in società quotate.

Modifiche al regime della participation exemption

Viene modificato l’art. 87 co. 2 del TUIR in materia di participation exemption, prevedendo:

• che il requisito dell’esercizio di imprese commerciali da parte della società partecipata debba sussistere ininterrottamente dal primo giorno del terzo periodo d’imposta anteriore a quello del realizzo (come prima);

• che il requisito della residenza fiscale della società partecipata in uno Stato a regime non privilegiato debba essere verificato su un arco temporale più ampio (novità).

In particolare:

• se la cessione della partecipazione avviene nei confronti di una società del gruppo, occorre risalire sino all’inizio del periodo di possesso;

• se la cessione della partecipazione avviene nei confronti di un soggetto terzo, il periodo di sorveglianza è fissato in cinque periodi d’imposta.

INTERMEDIARI FINANZIARI E HOLDING INDUSTRIALI

L’art. 12 del DLgs. 142/2018 disciplina, ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP, i soggetti che operano in ambito finanziario, attraverso l’introduzione nel TUIR dell’art. 162-bis.

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La norma in questione, diversamente dalle altre disposizioni del decreto, si applica dal periodo d’imposta in corso al 31.12.2018, quindi dal 2018 per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare.

Nozione di intermediari finanziari

Sono “intermediari finanziariˮ:

• i soggetti autorizzati ad erogare finanziamenti nei confronti del pubblico di cui all’art. 106 del TUB (c.d. “intermediari IFRSˮ), quali banche, SIM, SGR, ecc.;

• i confidi minori e gli operatori del microcredito (c.d. “intermediari non IFRSˮ);

• le società che hanno quale oggetto esclusivo o principale l’assunzione di partecipazioni in intermediari finanziari (es. holding che controllano banche).

Norme fiscali a cui sono soggetti gli intermediari finanziari

Ai soli intermediari finanziari (e non, quindi, agli altri soggetti che operano in ambito finanziario di cui al successivo paragrafo) sono riservate una serie di norme, che prevedono, ad esempio:

• l’esclusione dalle limitazioni alla deducibilità degli interessi passivi (art. 96 del TUIR);

• la deducibilità integrale delle svalutazioni e delle perdite su crediti verso la clientela (art. 106 del TUIR);

• l’addizionale IRES del 3,5% (art. 1 co. 65 della L. 208/2015), non dovuta però per espressa disposizione di legge dalle SIM e dalle SGR.

Società di partecipazione non finanziaria

Il nuovo art. 162-bis del TUIR introduce, altresì, la nozione di “società di partecipazione non finanziaria e soggetti assimilati”. Sono tali:

• i soggetti che esercitano in via esclusiva o prevalente l’attività di assunzione di partecipazioni in società industriali, commerciali e di servizi (a questi fini, la prevalenza sussiste quando l’ammontare complessivo delle partecipazioni in questi soggetti e degli elementi patrimoniali intercorrenti con i medesimi – quali i crediti finanziari – eccede il 50% dell’attivo patrimoniale);

• i soggetti che svolgono attività finanziarie non nei confronti del pubblico.

Rientrano nella prima di tali definizioni i soggetti comunemente denominati “holding industriali” o “holding di famiglia”, che si limitano a detenere partecipazioni in società non finanziarie.

Nel secondo gruppo sono, invece, ricompresi i soggetti che, pur non detenendo partecipazioni e pur svolgendo attività oggettivamente di carattere finanziario (es. tesoreria, concessione di finanziamenti), limitano queste attività nei confronti del gruppo di appartenenza.

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Novità

BUONI CORRISPETTIVO O “VOUCHER” – DISCIPLINA IVA

D. Lgs. 29/11/2018 n. 141

In attuazione della direttiva UE 27.6.2016 n. 1065, con il DLgs. 29.11.2018 n. 141 (pubblicato sulla G.U. 28.12.2018 n. 300) è stata introdotta nell’ordinamento nazionale la disciplina relativa al trattamento IVA dei buoni-corrispettivo (o “voucher”) mediante l’inserimento, all’interno del DPR 633/72, degli artt. 6-bis, 6-ter e 6-quater, nonché del co. 5-bis nell’art. 13.

Le nuove disposizioni si applicano ai buoni-corrispettivo emessi successivamente al 31.12.2018, ossia a partire dall’1.1.2019.

NOZIONE DI “BUONO-CORRISPETTIVO”

L’art. 6-bis del DPR 633/72 definisce il “buono-corrispettivo” come “uno strumento che contiene l’obbligo di essere accettato come corrispettivo o parziale corrispettivo a fronte di una cessione di beni o di una prestazione di servizi e che indica, sullo strumento medesimo o nella relativa documentazione, i beni o i servizi da cedere o prestare o le identità dei potenziali cedenti o prestatori, ivi incluse le condizioni generali di utilizzo ad esso relative”.

I buoni-corrispettivo possono presentarsi in forma fisica o elettronica.

A seconda che le informazioni necessarie per la tassazione siano disponibili al momento dell’emissione del buono o a quello del riscatto dello stesso, un buono-corrispettivo può essere:

• monouso;

• multiuso.

BUONO-CORRISPETTIVO “MONOUSO”

La disciplina IVA dei buoni-corrispettivo “monouso” è contenuta nell’art. 6-ter del DPR 633/72.

Un buono-corrispettivo si considera “monouso” se, al momento della sua emissione, è nota la disciplina IVA applicabile alla cessione dei beni o alla prestazione dei servizi a cui il predetto buono dà diritto.

Momento di effettuazione dell’operazione

Ogni trasferimento del buono-corrispettivo monouso precedente alla cessione dei beni o alla prestazione dei servizi a cui il buono dà diritto costituisce effettuazione di detta operazione. La successiva consegna materiale dei beni o la concreta prestazione dei servizi dietro presentazione del buono non assume rilevanza ai fini IVA.

Qualora la cessione di beni o la prestazione dei servizi a cui il buono-corrispettivo monouso dà diritto sia effettuata da un soggetto diverso da quello che ha emesso il buono, la cessione del buono:

• è rilevante ai fini IVA;

• si considera effettuata nei confronti del soggetto che ha emesso il buono.

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Base imponibile Iva

La base imponibile IVA per il trasferimento dei buoni-corrispettivo monouso è data dal corrispettivo ricevuto per la cessione dello stesso.

BUONO-CORRISPETTIVO “MULTIUSO”

La disciplina IVA dei buoni-corrispettivo “multiuso” è contenuta:

• nell’art. 6-quater del DPR 633/72;

• nell’art. 13 co. 5-bis del DPR 633/72, in relazione alla determinazione della base imponibile IVA.

Non sono interessate le situazioni in cui un buono-corrispettivo multiuso non è riscattato dal consumatore finale durante il periodo di validità e il corrispettivo ricevuto è conservato dal venditore.

Definizione

Un buono-corrispettivo si considera “multiuso” se, al momento della sua emissione, non è nota la disciplina IVA applicabile alla cessione dei beni o alla prestazione dei servizi a cui il predetto buono dà diritto.

A titolo esemplificativo, si pensi a una “carta regalo” la quale può essere utilizzata presso un esercizio commerciale per acquistare beni soggetti ad aliquote IVA differenti.

Momento di effettuazione

Nel caso di un buono-corrispettivo multiuso, la cessione di beni o la prestazione dei servizi si considera effettuata al verificarsi degli eventi previsti dall’art. 6 del DPR 633/72 (es. consegna o spedizione per le cessioni di beni mobili), considerando come momento del pagamento l’accettazione del buono come corrispettivo (o parziale corrispettivo) dei beni o dei servizi.

Ogni trasferimento del predetto buono precedente all’accettazione dello stesso come corrispettivo (o parziale corrispettivo) della cessione dei beni o della prestazione dei servizi non costituisce, pertanto, momento di effettuazione dell’operazione.

Per i trasferimenti del buono-corrispettivo multiuso diversi da quelli che intercorrono tra il soggetto che effettua le operazioni soggette ad IVA e i soggetti nei cui confronti tali operazioni sono effettuate, i servizi di distribuzione e simili sono autonomamente rilevanti ai fini IVA.

Base imponibile iva

In caso di utilizzo di un buono-corrispettivo multiuso, la base imponibile dell’operazione soggetta ad IVA è costituita:

• dal corrispettivo dovuto per il buono;

• ovvero, in assenza di informazioni su tale corrispettivo, dal valore monetario del buono al netto dell’IVA relativa ai beni ceduti o ai servizi prestati.

Se il buono è usato solo parzialmente, la base imponibile è rappresentata dalla corrispondente parte di corrispettivo o di valore monetario del buono.

Per i predetti servizi di distribuzione e simili autonomamente rilevanti ai fini IVA, la base imponibile comprensiva dell’imposta è costituita, qualora non sia stabilito uno specifico corrispettivo, dalla differenza fra:

• il valore monetario del buono;

• l’importo dovuto per il trasferimento dello stesso.

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FATTISPECIE ESCLUSE

Come precisato nei “Considerando” della direttiva 2016/1065/UE, richiamati anche nella relazione illustrativa del DLgs. 141/2018, la predetta disciplina non riguarda:

• gli strumenti di pagamento, i quali non comportano il diritto a ricevere beni o servizi, ma hanno la sola finalità di effettuare il pagamento;

• i titoli di trasporto, i biglietti di ingresso a cinema e musei, i francobolli e altri titoli similari a dette tipologie di documenti;

• gli strumenti che conferiscono al titolare il diritto a uno sconto all’atto dell’acquisto di beni o servizi.

Nella relazione illustrativa del DLgs. 141/2018 è stato precisato, inoltre, che:

• i buoni pasto continuano a essere assoggettati alla disciplina IVA prevista per le prestazioni di servizi sostitutivi di mense aziendali (DM 7.6.2017 n. 122);

• continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all’art. 74 co. 1 lett. d) del DPR 633/72 (c.d. “regime monofase”) per la vendita di qualsiasi mezzo tecnico, ivi compresa la fornitura di codici di accesso, per fruire dei servizi di telecomunicazione, fissa o mobile, e di telematica, dal titolare della concessione o autorizzazione a esercitare i servizi, sulla base del corrispettivo dovuto dall’utente o, se non ancora determinato, sulla base del prezzo mediamente praticato per la vendita al pubblico in relazione alla quantità di traffico telefonico messo a disposizione tramite il mezzo tecnico.

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Novità

APPROVAZIONE DEI MODELLI IVA 2019

Provv. AE 15/01/2019 N. 10659 e 10665

Con il provv. Agenzia delle Entrate 15.1.2019 n. 10659 sono stati approvati i modelli IVA/2019 e IVA Base/2019 per il periodo d’imposta 2018 e le relative istruzioni. Nella medesima data, è stato approvato anche il modello IVA 74 bis per il fallimento o per la liquidazione coatta amministrativa unitamente alle relative istruzioni (provv. Agenzia delle Entrate 15.1.2019 n. 10665).

Si riepilogano, di seguito, le principali modifiche introdotte nel modello IVA/2019.

QUADRI VA, VX E VY

I quadri VA, VX e VY sono stati modificati come segue con riferimento ai soggetti passivi che, a partire dall’1.1.2019, partecipano al Gruppo IVA (artt. da 70-bis a 70-duodecies del DPR 633/72):

• è stato introdotto il rigo VA16 denominato “Gruppo IVA art. 70-bis”, nel quale è presente una casella che il partecipante deve barrare per comunicare che si tratta dell’ultima dichiarazione annuale IVA precedente all’ingresso nel Gruppo IVA;

• nel rigo VX2, ove si riporta l’ammontare dell’eccedenza annuale d’imposta detraibile, è stato inserito il campo 2 per indicare la parte della predetta eccedenza che deve essere trasferita al Gruppo IVA dall’1.1.2019;

• nel rigo VY2 è stato inserito il campo 2 per consentire alla controllante nella liquidazione IVA di gruppo (art. 73 co. 3 del DPR 633/72) di indicare la parte dell’ec-cedenza detraibile risultante dal prospetto che deve essere trasferita al Gruppo IVA;

• nel rigo VY4, la casella contenuta nel nuovo campo 3 deve essere barrata dalla predetta controllante che partecipa a un Gruppo IVA a partire dall’1.1.2019, qualora intenda chiedere a rimborso la parte dell’eccedenza detraibile risultante dal citato prospetto per la quota che non deve essere trasferita al Gruppo IVA.

QUADRO VG

Nel quadro VG, relativo agli enti e alle società commerciali controllanti che intendono avvalersi della liquidazione IVA di gruppo a partire dal 2019, è stata inserita la casella “Soggetto estero”:

• nella sezione 1 righi da VG2 a VG4;

• nella sezione 2.

Tali caselle devono essere barrate se il soggetto non residente che detiene il controllo non ha una posizione IVA in Italia.

QUADRO VO

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Nel quadro VO riguardante opzioni e revoche è stata inserita, nel rigo VO34, la casella 3 riservata ai soggetti che, avendo optato nel corso del 2015 per l’applicazione del regime di “vantaggio” (art. 27 co. 1-2 del DL 98/2011), revocano tale scelta e accedono dal 2018 al regime “forfetario” (art. 1 co. 54-89 della L. 190/2014).

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Novità

DIRITTO CAMERALE ANNUALE 2019

Circ. Min. Sviluppo Economico 21/12/2018 n. 432856

La circ. MISE 21.12.2018 n. 432856 ha confermato, per il 2019, le misure del diritto camerale annuale già dovute per l’anno scorso.

Il tributo viene determinato applicando agli importi fissati dal DM 21.4.2011 la riduzione del 50% disposta dall’art. 28 co. 1 del DL 24.6.2014 n. 90.

SEZIONE SPECIALE DEL REGISTRO DELLE IMPRESE

Per i soggetti iscritti nella sezione speciale del Registro delle imprese, il diritto è dovuto secondo quanto di seguito riportato:

• società semplici non agricole: 100,00 euro (unità locale 20,00 euro);

• società semplici agricole: 50,00 euro (unità locale 10,00 euro);

• società tra avvocati ex DLgs. 96/2001: 100,00 euro (unità locale 20,00 euro);

• imprese individuali (piccoli imprenditori, artigiani, coltivatori diretti, imprenditori agricoli): 44,00 euro (unità locale 8,80 euro).

SEZIONE ORDINARIA DEL REGISTRO DELLE IMPRESE

Relativamente alle imprese iscritte nella sezione ordinaria del Registro, le misure sono le seguenti:

• imprese individuali: 100,00 euro (unità locale 20,00 euro);

• tutte le altre imprese: importi variabili in relazione all’aliquota applicabile per lo scaglione di fatturato relativo al 2018, da un minimo di 100,00 euro ad un massimo di 20.000,00 euro (unità locale 20% di quanto dovuto per la sede principale con un massimo di 100,00 euro).

SOGGETTI ISCRITTI AL REA

Il tributo è dovuto anche dai soggetti iscritti al REA, i quali corrispondono un diritto annuale nella misura fissa pari a 15,00 euro.

UNITÀ LOCALI E SEDI SECONDARIE DI IMPRESE STRANIERE

Le unità locali e le sedi secondarie di imprese con sede principale all’estero devono versare, per ciascuna unità o sede, l’importo di 55,00 euro.

IMPRESE CHE SI ISCRIVONO NEL CORSO DEL 2019

Le nuove imprese individuali iscritte o annotate nella sezione speciale o nella sezione ordinaria ed i nuovi soggetti iscritti al REA nel corso del 2019 sono tenuti al versamento del tributo nelle misure sopra indicate. Le nuove imprese che determinano il reddito in base al fatturato, invece, devono il tributo pari a 100,00 euro.

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MAGGIORAZIONI APPLICATE DALLE SINGOLE CAMERE DI COMMERCIO

Gli importi sopra indicati devono essere incrementati applicando le maggiorazioni fino al 20% approvate con:

• il DM 22.5.2017, per il triennio 2017-2019;

• il DM 2.3.2018, per il biennio 2018-2019.

Non risultano approvate, per il 2019, le maggiorazioni fino al 50% in favore delle Camere di Commercio i cui bilanci presentino squilibri strutturali in grado di provocare il dissesto finanziario (art. 1 co. 784 della L. 205/2017).

VERSAMENTO

Il diritto camerale deve essere versato in unica soluzione con il modello F24, utilizzando il codice tributo “3850” da indicare nella sezione “IMU ed altri tributi locali”.

I termini di versamento sono diversi a seconda che l’impresa si sia iscritta nel Registro delle imprese:

• in corso d’anno, nel qual caso il versamento deve essere effettuato, tramite il modello F24 o direttamente allo sportello camerale, entro 30 giorni dalla presentazione della domanda di iscrizione o di annotazione;

• ovvero in anni precedenti, nel qual caso il termine di versamento coincide con quello del primo acconto delle imposte sui redditi.

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Novità

DEPOSITO DEI BILANCI IN FORMATO XBRL

Comunicato MISE 08.01.2019

È stato pubblicato sulla G.U. 8.1.2019 n. 6 il comunicato del Ministero dello Sviluppo economico che ufficializza il rilascio della nuova tassonomia XBRL da utilizzare ai fini del deposito dei bilanci presso il Registro delle imprese ex art. 37 co. 21-bis del DL 223/2006 (conv. L. 248/2006).

AMBITO DI APPLICAZIONE

La nuova tassonomia, identificata con il codice PCI 2018-11-04, è dedicata alla codifica dei bilanci d’esercizio e consolidati redatti, rispettivamente, secondo gli artt. 2423 ss. c.c. e secondo le disposizioni del DLgs. 127/91.

Il nuovo tracciato non si applica, invece, ai soggetti che redigono il bilancio in conformità ai principi contabili internazionali IAS/IFRS, che sono, per ora, esclusi dall’obbligo di utilizzare il formato elettronico elaborabile.

CARATTERISTICHE DELLA NUOVA TASSONOMIA

Rispetto alla tassonomia previgente (PCI 2017-07-06), sono state inserite alcune modifiche, che riguardano la codifica della Nota integrativa, riportate nella seguente tabella.

Parte modificata Modifiche apportate rispetto alla

tassonomia PCI 2017-07-06

Parte iniziale della Nota integrativa

Inserimento di specifici campi testuali denominati: • “Principi di redazione”; • “Casi eccezionali ex art. 2423, quinto

comma, del Codice Civile”; • “Cambiamenti di principi contabili” e

“Correzione di errori rilevanti”; • “Problematiche di comparabilità e di

adattamento”; • “Criteri di valutazione applicati”; • “Altre informazioni”.

Informazioni relative alle cooperative Previsione di campi testuali specifici

Informativa sulle sovvenzioni, sui contributi, sugli incarichi retribuiti e sui vantaggi economici ricevuti dalle Amministrazioni pubbliche

Inserimento di un apposito campo testuale

Oltre a quanto evidenziato, la nuova tassonomia non prevede modifiche rispetto alla precedente versione e, quindi, avuto riguardo al contenuto, codifica in formato elaborabile

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gli schemi quantitativi (Stato patrimoniale, Conto economico e Rendiconto finanziario) del bilancio d’esercizio e del bilancio consolidato.

Le tabelle relative alla Nota integrativa sono disponibili, invece, soltanto con riferimento al bilancio d’esercizio.

INFORMATIVA SULLE SOVVENZIONI, SUI CONTRIBUTI, SUGLI INCARICHI RETRIBUITI E SUI VANTAGGI ECONOMICI RICEVUTI DALLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE

L’inserimento nella Nota Integrativa di un apposito campo relativo a quanto in oggetto è connesso all’articolo 1, commi 125 e seguenti, della legge 124/2017 (legge concorrenza) che ha previsto, nell’ambito di una serie di obblighi di trasparenza rivolti a soggetti ben determinati, che “le imprese che ricevono sovvenzioni, contributi, incarichi retribuiti e comunque vantaggi economici di qualunque genere dalle pubbliche amministrazioni e dai soggetti di cui al primo periodo sono tenute a pubblicare tali importi nella nota integrativa del bilancio di esercizio e nella nota integrativa dell’eventuale bilancio consolidato”.

Al comma 127) si prevede che per evitare l’accumulo di informazioni non rilevanti l’obbligo di pubblicazione non sussiste se l’importo ricevuto dal beneficiario (non si comprende bene se a livello di singola provvidenza o complessivo) è inferiore a 10mila euro nel periodo considerato.

La conseguenza ad un eventuale inadempimento è fissata dalla medesima disposizione: l’inosservanza dell’obbligo, infatti, determina “la restituzione delle somme ai soggetti eroganti entro tre mesi dalla data di cui al periodo precedente”, data che dovrebbe essere identificata nel termine di deposito del bilancio.

E’ sicuramente da evidenziare l’ampia estensione di un simile obbligo, in particolare se considerato alla luce del fatto che le più importanti informazioni da pubblicare sono già attentamente monitorate dalla Pa. Si pensi, ad esempio, alle agevolazioni di natura tributaria (super e iperammortamenti, crediti d’imposta, detrazioni), che sono già oggetto di monitoraggio nell’ambito della dichiarazione dei redditi.

Assonime, nella circolare n. 21/2018, non ha mancato di rilevare come appare “sproporzionato un parallelo sistema di pubblicità, come quello previsto dal comma 125, accompagnato da un regime sanzionatorio in base al quale l’inosservanza dell’obbligo comporta la restituzione delle somme ai soggetti eroganti”.

DECORRENZA

La nuova versione della tassonomia si applica obbligatoriamente a partire dall’1.3.2019 per i bilanci riferiti ad esercizi chiusi il 31.12.2018 o in data successiva. La stessa può, comunque, essere applicata anticipatamente, ossia a qualsiasi bilancio con inizio dell’esercizio in data 1.1.2016 o successiva.

La previgente versione PCI 2017-07-06 può essere utilizzata fino al 28.2.2019 per esercizi chiusi in data 31.12.2018 o in data successiva, mentre, dopo il 28.2.2019, può essere utilizzata solo per bilanci riferiti ad esercizi chiusi prima del 31.12.2018.

DISMISSIONE DELLE PRECEDENTI TASSONOMIE

Le tassonomie PCI 2017-07-06 e PCI 2018-11-04 sono coerenti con la disciplina introdotta dal DLgs. 139/2015.

Pertanto, i bilanci d’esercizio e consolidati relativi a periodi amministrativi iniziati prima dell’1.1.2016 possono essere codificati soltanto mediante la tassonomia PCI 2015-12-14.

Tutte le altre tassonomie diverse da quelle sopra indicate (tra cui la tassonomia PCI 2016-11-14) sono, invece, dismesse.

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Novità

@FATTURA - NUOVE MODALITA’ PER IL PAGAMENTO DELL’IMPOSTA DI BOLLO

Dm 28 dicembre 2018

Nella Gazzetta Ufficiale del 7 gennaio 2019 è stato pubblicato il Dm 28 dicembre

2018 che, modificando l’articolo 6, comma 2, del Dm 17 giugno 2014 (Modalità di

assolvimento degli obblighi fiscali relativi ai documenti informatici e alla loro riproduzione

su diversi tipi di supporto), ha stabilito che il pagamento dell’imposta relativa alle e-fatture

emesse in ciascun trimestre solare deve essere effettuato entro il giorno 20 del primo

mese successivo.

L’articolo 6 definisce in che modo deve essere versata l’imposta di bollo su libri, registri e

altri documenti rilevanti ai fini fiscali, stabilendo, innanzitutto, che sui documenti informatici

fiscalmente rilevanti il tributo deve essere corrisposto mediante F24 con modalità

esclusivamente telematiche.

Per effetto delle modifiche introdotte dal Dm 28 dicembre 2018, il nuovo comma 2

dell’articolo 6 stabilisce che il pagamento dell’imposta relativa agli atti, ai documenti e ai

registri emessi o utilizzati durante l’anno avviene in un’unica soluzione entro 120 giorni

dalla chiusura dell’esercizio.

Con specifico riferimento alle fatture elettroniche, invece, si prevede che il versamento

dell’imposta relativa alle e-fatture emesse in ciascun trimestre solare deve essere eseguito

entro il giorno 20 del primo mese successivo.

Per consentire il pagamento, l’Agenzia delle entrate rende noto l’ammontare della

somma dovuta sulla base dei dati presenti nelle e-fatture inviate attraverso il Sistema

di interscambio (SdI). Questa informazione, in particolare, viene riportata all’interno

dell’area riservata del soggetto passivo Iva presente sul sito dell’Agenzia.

Il pagamento dell’imposta può essere effettuato mediante il servizio presente nell’area

riservata, con addebito su conto corrente bancario o postale, oppure utilizzando il modello

F24 predisposto dalle Entrate.

Le fatture elettroniche per le quali è obbligatorio il pagamento dell’imposta di bollo devono

riportare specifica annotazione dell’assolvimento dell’imposta di bollo ai sensi del DM 17

giugno 2014.

Quanto all’efficacia delle nuove regole, si prevede che esse trovino applicazione per le

fatture elettroniche emesse dal 1° gennaio 2019.

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Approfondimenti

COMPENSO AMMINISTRATORE REVERSIBILE – IL TRATTAMENTO FISCALE

Accade frequentemente che fra società, di norma appartenenti allo stesso gruppo, si instauri un rapporto contrattuale in base al quale i compensi spettanti al dipendente di un’impresa nominato quale membro dell’organo amministrativo di un’altra società possano contrattualmente essere versati direttamente all’impresa.

Il rapporto contrattuale basato sul compenso reversibile risulta essere uno strumento adatto ed utilizzato all’interno di Gruppi principalmente multinazionali in cui può capitare che l’amministratore assunto da una determinata società in un dato Paese si ritrovi - di solito per un periodo definito di tempo - ad amministrare un’altra società del Gruppo in un altro Paese.

Tale tematica, qualche anno fa, è stata oggetto di un approfondimento della AIDC (Norma di comportamento n. 169/2007) che risulta attuale ancora oggi.

TRATTAMENTO FISCALE

Di seguito si analizza la situazione relativa ad un dipendente che, assunto dalla società controllante, presterà il proprio lavoro presso la società controllata. In particolare, di seguito si evidenzia il trattamento ai fini fiscali in capo al dipendente, alla società controllata e a quella controllante.

Trattamento fiscale in capo al dipendente

Il compenso di amministratore ai fini delle imposte sui redditi non rileva in capo al dipendente in base al principio per cui non si configurano quale reddito imponibile di un soggetto le somme di cui egli non ottenga in alcun modo la disponibilità. A tale proposito si rammenta che l’art 50, comma 1, lett. b), del T.U.I.R. esclude dai redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente i compensi a carico di terzi spettanti al lavoratore dipendente per incarichi svolti in relazione a tale qualità che, per clausola contrattuale, devono essere riversati al datore di lavoro.

L’AIDC nella sopra citata norma di comportamento afferma che, in assenza di presupposto impositivo in capo al dipendente, nessuna ritenuta alla fonte deve essere operata nei suoi confronti ai sensi dell’art. 24, comma 1-ter, del D.P.R. n. 600/1973.

In merito agli aspetti legati all’IVA, poiché la prestazione viene svolta non dalla società, ma da un soggetto persona fisica nell’ambito di attività non rientrante nel presupposto soggettivo dell’IVA, si applica la disciplina prevista dall’art. 5 del D.P.R. n. 633/1972 e pertanto la prestazione è esclusa dal campo di applicazione dell’IVA.

Trattamento fiscale in capo alla controllata

Per la società controllata, il costo sostenuto è deducibile ai fini delle imposte dirette per competenza; infatti, essendo il compenso attribuito a un soggetto titolare di reddito d’impresa, non è applicabile il criterio di cassa di cui all’art. 95, comma 5 del T.U.I.R.

Trattamento fiscale in capo alla controllante

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Le somme corrisposte al datore di lavoro dell’amministratore concorrono, per effetto della reversibilità, a formare il reddito imponibile della società percipiente.

Se il compenso viene corrisposto:

✓ ad una società residente in Italia o ad una stabile organizzazione in Italia di un soggetto non residente, esso concorre a formare il suo reddito imponibile per competenza e non è soggetto alla ritenuta d’acconto di cui all’art. 24, comma 1-ter del D.P.R. n. 600/1973.

Ai fini IRAP, si dovrebbe fare riferimento alla prassi in tema di distacco di personale. A questo proposito, si ricorda che, in base alla circolare n. 22/E/2015, par. 2:

o i costi sostenuti in relazione al personale dipendente distaccato impiegato con contratto di lavoro a tempo indeterminato sono deducibili in capo all’impresa distaccante, con conseguente rilevanza degli importi spettanti, a titolo di rimborso, delle spese afferenti al medesimo personale;

o permane in capo al distaccatario, la facoltà di deduzione integrale delle somme dovute al distaccante a titolo di rimborso degli oneri dei dipendenti a tempo indeterminato distaccati presso di lui;

✓ ad una società non residente e non è relativo ad una stabile organizzazione in Italia, potrebbe trovare applicazione la ritenuta d’imposta di cui all’art. 24, comma 1-ter del D.P.R. n. 600/1973, dato che il presupposto territoriale dei redditi di collaborazione coordinata e continuativa è costituito, anche per le imprese non residenti, dalla residenza in Italia del soggetto che eroga il compenso.

ASPETTI PREVIDENZIALI E SULLA SICUREZZA SUL LAVORO

Per quanto riguarda gli aspetti previdenziali a livello domestico si evidenzia nell’ambito del compenso reversibile la non imponibilità ai fini previdenziali.

A livello pratico risulta peraltro utile procedere con un’assicurazione per l’amministratore ai fini INAIL utilizzando i valori convenzionali/minimali dei collaboratori.

LA POSIZIONE DELLA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI MILANO

Con la sentenza n. 6357, depositata il 13 novembre 2017, i giudici della Commissione Tributaria Provinciale di Milano sono intervenuti sul tema in esame arrivando però a conclusioni diverse.

La controversia scaturisce da una contestazione della Guardia di Finanza in merito ai componenti negativi legati agli emolumenti agli amministratori corrisposti dalle società estere (datrici di lavoro).

Più nel dettaglio i passaggi che hanno condotto alla decisione finale sono stati i seguenti:

✓ la fattispecie in esame va inquadrata all’interno del comma1, lett. b), art. 50 del T.U.I.R. che esclude i predetti redditi da quelli di lavoro dipendente;

✓ pertanto il reddito sarà qualificabile come il reddito prodotto dal datore di lavoro e pertanto nel caso di specie, reddito di impresa;

✓ ai sensi del par. 1, art. 7 della Convenzione, i redditi di impresa sono imponibili esclusivamente nello stato del percettore a meno che lo stesso non disponga di una stabile organizzazione.

Vi sono però alcune considerazioni che potrebbero indurre ad una diversa conclusione e in particolare:

✓ l’art. 16 del Modello di Convenzione fiscale (prendiamo il caso della Convenzione tra Italia e Francia) prevede che i compensi degli amministratori percepiti da un residente

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di uno Stato (Francia) che esercita funzioni direttive o di vigilanza in una società che è residente dell’altro Stato (Italia), o che è membro del consiglio di amministrazione o di sorveglianza di tale società, possono essere tassati in tale altro Stato (Italia) nel caso in cui la società non abbia una stabile organizzazione in un altro Stato. Qui troviamo la prima conferma dell’imposizione fiscale in Italia per lo stipendio pagato dalla controllata alla controllante;

✓ l’art. 7 del medesimo Modello convenzionale (Utile d’impresa) par. 7 evidenzia che quando gli utili includono elementi di reddito che sono trattati separatamente in altri articoli della presente convenzione, le disposizioni di tali articoli non saranno interessate dalle disposizioni del presente articolo. Ciò significa che, anche se lo stipendio è versato ad un’altra società (la controllante), il trattamento fiscale dei compensi degli amministratori dovrebbe seguire il principio espresso nell’art. 16 del Modello di Convenzione fiscale.

Pertanto, a livello pratico - considerando anche che la sentenza citata è il primo grado di giudizio quindi ce ne potrebbero essere altri con risultati diversi - sarebbe in ogni caso preferibile che la controllata effettui la ritenuta sul compenso reversibile versato alla controllante la quale potrà in ogni caso beneficiare del tax credit nello Stato estero di residenza. Tale ultimo aspetto andrebbe sicuramente valutato insieme ai professionisti della società controllante in quanto, nel caso in cui lo Stato estero non riconosca la correttezza della ritenuta applicata da parte della società controllata residente, potrebbe disconoscere il predetto tax credit.

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Approfondimenti

CESSIONI INTRACOMUNITARIE – LA PROVA DEL TRASFERIMENTO

Cassazione – Sent. n. 9717/2018 del 19/04/2018

La recente Sentenza della Corte di Cassazione n. 9717/2018 del 19 aprile 2018, si è occupata della ricorrente tematica della “prova” dell’effettivo trasferimento dei beni in altro Stato membro, conditio sine qua non per l’accesso al regime IVA di non imponibilità della cessione ex art. 41 del D.L. n. 331/1973, convertito in Legge n. 427/19931.

LA SENTENZA

Con la sentenza in rassegna n. 9717/2018, i giudici di legittimità sono tornati ad occuparsi nuovamente dei documenti attraverso i quali può essere fornita la valida prova per le cessioni intracomunitarie, attestante l’avvenuto effettivo trasferimento (rectius consegna) dei beni dallo Stato comunitario del cedente a quello di destinazione del cessionario.

Nel caso oggetto di valutazione la Suprema Corte si è pronunciata in modo restrittivo, non ritenendo idonea la documentazione, di origine privata, presentata dal contribuente e costituita dalle contabili dei bonifici bancari e delle dichiarazioni private degli acquirenti attestanti la ricezione della merce nel territorio comunitario di destinazione, mentre non erano stati forniti i più agevoli CMR (lettera di vettura internazionale) comprovanti il trasporto dei beni e riportanti i dati della spedizione, le firme del cedente, del vettore e del cessionario comunitario, nonché i contratti stipulati tra le parti.

Più in dettaglio, nel caso di specie per i giudici è venuta meno la prova che per consolidata prassi giurisprudenziale comunitaria (e amministrativa domestica) grava sul cedente del bene, atta a dimostrare l’effettività del rapporto commerciale posto in essere, da cui consegue che l’invio dei beni in altro Stato UE è un elemento costitutivo della fattispecie de qua, in assenza del quale non può considerarsi legittima l’emissione di una fattura non imponibile ad IVA.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Nonostante la ratio che ha mosso i giudici verso tale soluzione, che si ritiene sia l’intenzione di contrastare eventuali comportamenti elusivi e da qui la richiesta di prove incontrovertibili, così come previsto nel caso delle esportazioni, non si può non rilevare che ci si trova, comunque, in presenza di una soluzione parziale e diversa dalle esportazioni in Paesi extra-UE, senza contare che è notorio che il documento principe citato dalla Corte di cassazione (i.e. CMR) è previsto soltanto nel caso in cui interviene la figura del “vettore” incaricato del trasporto, quale soggetto terzo rispetto alle parti.

Pertanto, si ritiene che il possesso del CMR, anch’esso da annoverare tra i documenti di origine privata, non sia per nulla equiparabile alle attestazioni doganali o della pubblica autorità e, per questo, non dovrebbe essere considerato come condizione tassativa per provare l’effettività della cessione intracomunitaria, laddove si riesca a dimostrare attraverso altri documenti idonei che le merci sono state inviate in altro Stato membro, così come chiarito dall’Agenzia delle entrate, tra l’altro, con la risoluzione del 15 dicembre 2008, n. 477.

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Inoltre, giova ricordare che in altra sentenza, n. 1974/2013, la stessa Corte di cassazione ha precisato che neppure il CMR sarebbe sufficiente a provare il trasferimento dei beni nelle cessioni intracomunitarie c.d. franco fabbrica (ExWorks o EXW), essendo necessario un ulteriore documento firmato dal destinatario che ne attesti la ricezione dei beni nell’altro Stato membro.

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Approfondimenti

@FATTURA – VIDEOFORUM DEL 15.01.2019

CNDCEC – Nota Informativa n. 7

Con la nota informativa n. 7 del 21 gennaio 2019, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili ha reso disponibile il documento, redatto in collaborazione con l’Agenzia delle Entrate, “La fatturazione elettronica tra privati – Le risposte dell’Agenzia delle Entrate ai quesiti posti dal CNDCEC”, nel quale vengono riportate le risposte fornite dall’amministrazione finanziaria ai quesiti posti in tema di fatturazione elettronica nel corso del Videoforum del 15 gennaio 2019.

Le risposte sono suddivise nei seguenti blocchi tematici:

(1) Contenuto delle fatture elettroniche;

(2) Emissione e ricezione;

(3) Conservazione;

(4) QR code;

(5) Obblighi invio dati per dichiarazione precompilata;

(6) Spese per carburanti;

(7) Rapporti con l'estero;

(8) Portale fatture e corrispettivi;

(9) Deleghe.

Riportiamo di seguito alcuni dei chiarimenti forniti.

CONTENUTO DELLA FATTURA ELETTRONICA – CAMPO “DATA” DEL FILE “XML”

La data fattura da indicare nel campo “data” del documento è quella di effettuazione dell’operazione (e non quella di emissione/trasmissione al SdI). In caso di fattura differita, la data da indicare è quella di emissione del documento (FE), poiché all’interno della fattura sono riportati i dati del DDT, che identifica il momento di effettuazione dell’operazione.

Nel primo semestre 2019, le fatture possono essere trasmesse entro i termini previsti per la liquidazione IVA, senza applicazione di sanzioni.

GRUPPO IVA – CODICE DESTINATARIO PER SINGOLA SOCIETÀ

È possibile scegliere indirizzi elettronici differenti per ciascuna società, tuttavia il Gruppo IVA è un unico operatore IVA e quindi, le fatture attive dovranno riportare la partita IVA del Gruppo ed il codice fiscale del singolo partecipante al Gruppo IVA a cui l’operazione è riferibile. Le fatture passive ricevute dal Gruppo devono riportare la partita IVA del Gruppo ed il codice fiscale del singolo partecipante a cui l’operazione è riferibile.

DATI OBBLIGATORI – CAMPO “CODICE FISCALE”

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Nelle fatture elettroniche emesse nei confronti titolari di partita IVA, la sezione “Cessionario/Committente” va compilato specificando la partita IVA o il codice fiscale. Nel caso in cui il cliente fornisca solo codice fiscale alfanumerico, pur essendo titolare di partita IVA, l’operazione verrà considerata come non effettuata nell’ambito dell’attività di impresa, arte o professione.

TIPO DOCUMENTO - REVERSE CHARGE PER ACQUISTI INTERNI (EX. ART. 17 (6) DPR 633/1972)

Nel campo “tipo documento” va inserito il codice TD01 (fattura) e non il codice TD20 (autofattura), che va invece utilizzato per le fatture emesse ai sensi dell’articolo 6 (8) del D.Lgs. 471/1997 (caso in cui il cessionario o committente, che opera nell'esercizio di imprese, arti o professioni, abbia acquistato beni o servizi senza che sia stata emessa fattura nei termini di legge o con emissione di fattura irregolare da parte dell'altro contraente e debba provvedere a regolarizzare l’operazione).

VALUTA ESTERA

Se la fattura è emessa da soggetti residenti o stabiliti in Italia, la fattura elettronica deve essere compilata specificando il campo “divisa” obbligatoriamente con “EUR”. Se, per fini gestionali, nel documento si vuole indicare gli importi in valuta estera, sarà necessario utilizzare i campi opzionali: (a) blocco “codice articolo”: “codice tipo” per la divisa e “codice valore” per l’importo in divisa estera; (b) blocco “altri dati gestionali”.

FATTURE 2018 RICEVUTE NEL 2019

Le fatture datate dicembre 2018 ma inviate al cliente (per posta e pec) nei primi giorni del 2019 possono essere analogiche ed il cessionario / committente, che riceve la fattura a gennaio 2019, potrà esercitare la detrazione nella liquidazione di gennaio 2019.

FATTURE ELETTRONICHE EMESSE NEI CONFRONTI DI SOGGETTI UE – OBBLIGHI INTRA

L’emissione della fattura nei confronti di soggetti UE in formato elettronico è facoltativa. Nel caso ci si voglia avvalere di tale opzione, il campo codice destinatario dovrà essere compilato inserendo 7 volte “X”. La trasmissione della fattura elettronica consente di evitare l’invio, per la specifica fattura, del cosiddetto “esterometro”. Restano invece in vigore gli obblighi di invio dei modelli INTRASTAT.

ESTRAZIONE DI BENI DA UN DEPOSITO IVA – INTEGRAZIONE/AUTOFATTURA ELETTRONICA

In caso di estrazione di beni da un deposito IVA per beni di origine UE/ExtraUE soggetti al meccanismo del “reverse charge”, il documento che verrà prodotto al momento dell’estrazione dei beni dovrà essere trasmesso al SdI come fattura elettronica (tipo documento “TD01”) e includere i dati identificativi dell’operatore residente o stabilito in Italia che ha effettuato l’estrazione (sia nella sezione “cedente/prestatore” che in quella “cessionario/committente”.

CHIUSURA PROCEDURA FALLIMENTARE – NOTA DI CREDITO

In caso di emissione di una nota di accredito ai soli fini IVA a seguito della chiusura di una procedura fallimentare, non essendo possibile emettere un documento elettronico con imponibile zero, si potrà ricorrere al tipo documento “Fattura semplificata”.

PERIODO DI CONSERVAZIONE E SERVIZI DELL’ADE

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Stipulando l’accordo di servizio con l’Agenzia delle Entrate è garantita la conservazione delle fatture elettroniche attive e passive per 15 anni. La conservazione dei documenti in formato elettronico viene garantita anche nel caso in cui il soggetto passivo chiuda la partita IVA.

CARBURANTI – MANCATA EMISSIONE DELLA FATTURA

La mancata emissione della fattura elettronica (nel caso di impianto di distribuzione carburanti: pagamento con carta di credito ma senza emissione di fattura per assenza dell’esercente o mancanza degli strumenti telematici necessari) può essere sanata dall’acquirente secondo quanto previsto dall’articolo 6 (8) del D.Lgs. 471/1997 e quanto specificato dal Provvedimento AdE 30.04.2018

OPERAZIONI INTRAUE - MODELLI INTRASTAT ED “ESTEROMETRO”

L’invio dei modelli INTRASTAT non esonera dalla presentazione della comunicazione dei dati delle fatture transfrontaliere (a meno, per le operazioni attive, non sia stata emessa fattura elettronica).

I dati delle fatture di acquisto intracomunitarie vanno trasmessi con la comunicazione di cui sopra (“esterometro”).

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Approfondimenti

IL CONTRATTO DI APPRENDISTATO ALL’INTERNO DEL DISTACCO

Occorre innanzitutto ricordare che l’istituto del distacco è disciplinato dall’art. 30 del D.Lgs. 276/2003 e si realizza ogni volta che il datore di lavoro (ossia il distaccante) invia in distacco, appunto, un dipendente presso un altro soggetto (c.d. distaccatario) per un proprio interesse, sottolineando, però, che deve trattarsi di un interesse assolutamente momentaneo.

Dall’altro lato sappiamo che il contratto di apprendistato (quello professionalizzante) è quel contratto di lavoro stipulato con soggetti che non abbiano ancora compiuto il trentesimo anno di età e che è caratterizzato fondamentalmente dall’attività formativa.

Erano già in passato sorti dei dubbi in merito alla compatibilità o meno dell’istituto del distacco con il contratto di apprendistato, dubbi che erano già stati superati dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) che, con la nota n. 290/2018, aveva già risposto ad un quesito su tale tema non ravvisando alcuna incompatibilità tra distacco e apprendistato, a condizione che, ovviamente, venisse conservata la finalità formativa del contratto di apprendistato.

Con l’istituto del distacco si crea un rapporto trilaterale tra tre soggetti, il distaccante, il distaccatario e il lavoratore: in tale rapporto il lavoratore identifica momentaneamente il proprio datore di lavoro nella figura del distaccatario, sebbene nella realtà l’effettivo datore di lavoro sia sempre quello con cui ha instaurato “ab origine” il proprio contratto di lavoro e da cui è stato assunto, cioè il distaccante.

Ed è proprio su tale tema che il Ministero del Lavoro con il parere n. 1118 del 17 gennaio 2019 è ritornato a fornire chiarimenti, ribadendo e confermando tutto quanto affermato dall’INL con la nota n. 290/2018 sopracitata.

Come già sappiamo l’attività della formazione viene affidata ad un “tutor” che segua passo per passo l’apprendimento del soggetto: perché questo possa avvenire sarebbe necessario inserire tale figura all’interno del contesto aziendale del distaccatario; pertanto, il tutor dovrebbe o essere distaccato anch’egli presso il distaccatario o sarebbe necessario individuare un altro soggetto come “ponte” di collegamento tra il lavoratore e il tutor operante nella sede del distaccante.

Quello che veramente rileva, a tal fine, è che non venga sottovalutato, né tantomeno, dimenticato l’aspetto formativo dell’apprendista.

Un altro elemento da tenere in considerazione per rafforzare l’assenza di incompatibilità tra distacco e apprendistato è rappresentato dall’inserimento, all’interno del piano formativo redatto per ogni apprendista dagli Enti di Formazione secondo le direttive regionali, del riferimento al distacco del soggetto presso altro datore di lavoro; tutto ciò, ovviamente, per rafforzare ancora di più la non impugnabilità del distacco del soggetto apprendista.

Infine, ricordando il sopracitato interesse momentaneo che caratterizza il distacco, è chiaro che l’istituto del distacco e il contratto di apprendistato non potranno assolutamente avere la medesima durata; tutto ciò per evitare, ovviamente, che vengano affidati ad un terzo soggetto, rispetto al datore di lavoro originario, tutti gli aspetti formativi caratterizzanti il contratto di apprendistato.

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Approfondimenti

BONUS AI DIPENDENTI A DEDUCIBILITA’ CONDIZIONATA

AE risposta Interpello n. 01/2019

In applicazione del principio di derivazione rafforzata, come esteso ai soggetti “Nuovi Oic”, la deducibilità dei bonus erogati al personale dipendente di una stabile organizzazione in Italia di una società estera è ammessa nel caso in cui, dal punto di vista contabile, i bonus non hanno natura di accantonamento.

È questa, in sintesi, la soluzione indicata dall’Agenzia delle entrate nella risposta a un’istanza di interpello (risposta n. 1/2019)

IL QUESITO

A rivolgersi all’Amministrazione è una società estera che possiede una stabile organizzazione in Italia.

Il personale della branch opera in base a un contratto di lavoro dipendente, inclusi i dipendenti “partner”, la cui remunerazione è costituita da una base fissa e una variabile.

Quest’ultimo tipo di contribuzione, definita “bonus”, viene determinata mediante un processo di valutazione “peer review” condotto nell’ambito del gruppo a livello internazionale.

La richiesta di chiarimenti attiene proprio al corretto trattamento fiscale dei bonus.

Secondo la società istante, l’intero ammontare dei bonus riconosciuti ai dipendenti deve essere dedotto dal reddito imponibile relativo al periodo d’imposta di competenza, ossia quello riferibile all’esercizio oggetto della valutazione dell’operato dei dipendenti della stabile organizzazione.

LA RISPOSTA

Nell’articolare la propria risposta, l’Agenzia ricorda, innanzitutto, che in base al Tuir per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali e per i soggetti, diversi dalle microimprese, che redigono il bilancio in conformità alle disposizioni del codice civile, valgono i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti dai rispettivi principi contabili.

In altri termini, il principio di “derivazione rafforzata”, già previsto per le imprese che redigono il bilancio d’esercizio secondo i principi internazionali Ias/Ifrs, è stato esteso ai soggetti “Nuovi Oic” (articolo 83, comma 1, come modificato dall’articolo 13-bis, comma 2, lettera a, n. 1, Dl 244/2016).

Peraltro, lo stesso articolo 86 (comma 1-bis) estende “in quanto compatibili” ai Nuovi Oic le disposizioni che limitano la derivazione rafforzata per i soggetti Ias/Ifrs.

La normativa attuativa di riferimento è contenuta nei seguenti atti:

• Dm n. 48 del 1° aprile 2009 (Regolamento Ias)

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• Dm 8 giugno 2011 (decreto Ias 2011), come modificato dal Dm 3 agosto 2017 (Decreto Oic/Ifrs 2017)

• Dm 10 gennaio 2018 (Decreto Oic/Ifrs 2018).

Fatta questa premessa di ordine normativo, l’Agenzia sottolinea che nel caso sottoposto alla sua attenzione, la stabile organizzazione italiana della società istante imputa contabilmente all’esercizio 2017, tra i costi del personale alla voce B9 del rendiconto economico, i bonus spettanti ai partner in relazione alla medesima annualità, a prescindere dalla circostanza che una quota sia corrisposta nell’esercizio successivo (marzo 2018). Inoltre, la società ha precisato che, trattandosi di una stabile organizzazione, la procedura utilizzata dalla branch per la contabilizzazione dei costi non è formalizzata in nota integrativa o in altri documenti ufficiali.

Alla luce delle indicazioni contenute nell’istanza di interpello, l’Amministrazione sostiene che la componente b) in esame sembrerebbe avere natura di accantonamento dal punto di vista contabile ai sensi dell’Oic 29 e dell’Oic 31: ciò la renderebbe indeducibile dal reddito d’impresa nel 2017, anche in base alle nuove regole di derivazione rafforzata introdotte per i soggetti Oic (cfr Dm 3 agosto 2017).

Viceversa, nel caso in cui la componente b) non avesse natura di accantonamento dal punto di vista contabile, i bonus in esame, imputati nel rendiconto economico chiuso al 31 dicembre 2017 (annualità oggetto di valutazione), sarebbero fiscalmente deducibili nello stesso periodo di imposta.

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Dal Mondo

REPORT DELLA COMMISSIONE UE SULLO SCAMBIO AUTOMATICO DI INFORMAZIONI

In merito allo scambio automatico di informazioni nel settore delle imposte dirette, notevoli passi in avanti sono stati fatti dalla Direttiva 2011/16/UE (la Direttiva), con la quale sono state profondamente rinnovate le forme di cooperazione amministrativa tra gli Stati membri che risalivano al 1977. In questi anni, infatti, la Direttiva ha subito diverse implementazioni attraverso direttive di modifica, che hanno portato a 6 il numero complessivo degli interventi (contraddistinti dalla sigla DAC e da un numero progressivo) con l’intento di rafforzare le forme di cooperazione.

La maggior parte delle azioni intraprese fa riferimento allo scambio automatico, che si contraddistingue per la trasmissione delle informazioni a un altro Paese senza una specifica richiesta.

Il documento della Commissione, che si sofferma sulle prime tre misure di scambio automatico istituite (identificabili con i codici DAC1, DAC2 e DAC3), risponde ad una specifica previsione contenuta nella Direttiva che richiedeva di formulare una valutazione entro il 1° gennaio 2019.

LO SCAMBIO AUTOMATICO RELATIVO A 5 CATEGORIE DI REDDITI E PATRIMONIO (DAC1)

La prima Direttiva conteneva una previsione di scambio automatico nei confronti dello Stato membro di residenza del contribuente, relativamente a cinque categorie di reddito e di patrimonio. Si tratta di: redditi da lavoro dipendente, compensi per dirigenti, prodotti di assicurazione sulla vita, pensioni, nonché proprietà e redditi immobiliari.

I primi scambi hanno avuto luogo nel giugno 2015 e riguardavano il periodo d'imposta 2014. Con un approccio per fasi progressive, gli Stati membri erano tenuti a inviare entro il 2017 informazioni per almeno tre categorie delle cinque individuate.

Il periodo sottoposto ad osservazione da parte della Commissione ha preso in considerazione gli anni d’imposta 2015, 2016 e 2017 (solo primo semestre).

In questo intervallo gli Stati membri hanno scambiato dati relativi a 16 milioni di contribuenti per un controvalore di 120 miliardi di euro.

L’evoluzione dei dati mostra un aumento (nello specifico un raddoppio nel confronto da un anno all’altro) del volume delle informazioni scambiate, sia in termini di numero di contribuenti sia di valore. A livello di flussi, i Paesi di emigrazione si dimostrano come grandi destinatari di informazioni.

Soddisfacente il profilo qualitativo degli scambi. Nel 2017 otto Stati membri disponevano di informazioni per tutte le 5 categorie previste dalla DAC1, mentre altri nove disponevano di informazioni per tutte le voci ad eccezione dei prodotti di assicurazione sulla vita.

Da migliorare, invece, gli aspetti tecnici.

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Il primo è attinente alla presenza di elementi di identificazione all'interno dei dati inviati, fondamentale per gli Stati membri affinché possano associare le informazioni ricevute con le banche dati nazionali dei contribuenti. Nel complesso appena il 2% dei contribuenti per i quali ha avuto luogo uno scambio di informazioni è stato associato al relativo codice di identificazione fiscale emesso dal Paese destinatario.

Il secondo aspetto riguarda il divario temporale tra l’anno di riferimento e la data di invio delle informazioni. Il limite è fissato a 6 mesi dal termine dell’anno fiscale durante il quale le informazioni sono state rese disponibili. Benché esistano differenze significative tra gli Stati membri, le informazioni fiscali risultano inviate, in media, dodici mesi dopo la fine dell'anno fiscale di riferimento.

L’ultimo aspetto riguarda il trattamento e l’utilizzo delle informazioni ricevute. La fruibilità dei dati dipende dall’identificazione dei soggetti e dalla capacità di associarli alle banche dati interne. Si osservano differenze in base al tipo di informazione trasmessa. Elevate le percentuali di collegamento per le posizioni comunicate in relazione a redditi di lavoro dipendente e pensioni. Da migliorare invece quella relativa ai prodotti assicurativi sulla vita.

LO SCAMBIO AUTOMATICO DI INFORMAZIONI SUI CONTI FINANZIARI (DAC2)

Conformemente alla disciplina DAC2 (Direttiva 2014/107/UE), gli Stati membri sono tenuti allo scambio automatico di informazioni sui conti finanziari (saldo di fine anno dei conti, dividendi, interessi, introiti lordi e altri redditi di capitale versati sul conto durante l'anno).

La DAC2 attua in ambito Ue lo standard comune di comunicazione di informazioni elaborato dall'OCSE.

I primi scambi hanno avuto luogo nel settembre 2017. Le informazioni analizzate dalla Commissione si riferiscono al semestre compreso tra metà settembre 2017 e marzo 2018.

Nel periodo osservato gli Stati membri hanno scambiato informazioni relative a circa 8,7 milioni di conti. In termini di saldo di conto di fine anno corrisponde ad un valore complessivo di 2.919 miliardi di euro.

Per quanto riguarda i flussi di informazioni finanziarie in uscita, il Lussemburgo svolge un ruolo predominante, attestandosi al 17 % per numero di conti e quasi all'80 % per valore degli importi.

Dal punto di vista tecnico, nel caso della DAC2 l'inclusione del codice di identificazione fiscale è molto più frequente rispetto alla DAC1. Tale aspetto si ricollega alla responsabilità delle istituzioni finanziarie verso l’adempimento degli obblighi di adeguata verifica della clientela.

LA CONDIVISIONE DI INFORMAZIONI SU RULING ED ACCORDI PREVENTIVI (DAC3)

La DAC3 (Direttiva 2015/2376/UE) prevede la condivisione di informazioni sui ruling preventivi transfrontalieri e sugli accordi preventivi sui prezzi di trasferimento emanati nei confronti di una persona o di un gruppo di persone diverse dalle persone fisiche.

La DAC3 ha prodotto un significativo aumento della trasparenza delle informazioni.

Nel 2017 nel registro centrale sono stati inseriti quasi 18.000 ruling. In considerazione della recente implementazione, al momento non si hanno indicazioni in merito all’utilizzo delle informazioni.

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Dal Mondo

ANDAMENTO DELLE ENTRATE TRIBUTARIE EUROPEE

Bollettino MEF n. 119

Continua la varietà nell’andamento delle entrate tributarie europee. Analogamente a quanto osservato nei mesi scorsi, anche l’ultimo bollettino sulle entrate tributarie

internazionali pubblicato dal Dipartimento delle Finanze1 , relativo al periodo gennaio-novembre 2018, rileva tendenze molto differenziate tra i Paesi europei analizzati.

In particolare, aumenta il gettito tributario dell’Irlanda (+8,8%). Dinamica positiva anche per le entrate fiscali di Spagna (+8%), Germania (+6,3%), Portogallo (+5,4%), Regno Unito (+3,9%) e Italia (1,8%).

Si conferma invece in flessione la Francia, con un andamento tendenziale negativo (-3,1%) in linea con gli ultimi cinque mesi.

Mettendo a confronto i primi 11 mesi del 2018 con l’analogo periodo del 2017, in tutti i Paesi analizzati il gettito Iva è cresciuto, a cominciare da quello della Spagna (+9,3%), seguita da Irlanda (+6,5%), Portogallo (+5,6%), Regno Unito (+5,2%), Italia (+3,3%), Germania (+3,2%) e Francia (+2,3%).

I DUE ESTREMI, IRLANDA E FRANCIA

Alla variazione positiva delle entrate irlandesi rispetto al 2017 contribuiscono il gettito delle imposte sui redditi, sia delle persone fisiche (+6,4%) sia soprattutto delle società (+23,4%) e l’Iva (+6,5%).

Per quanto riguarda la Francia, invece, l’andamento negativo del -3,1% delle entrate dei primi undici mesi dell’anno tra 2017 e 2018 corrisponde a una flessione di circa 8,3 miliardi di euro considerando le entrate tributarie al netto dei rimborsi e degli sgravi fiscali. Un effetto su cui ha influito soprattutto la tendenza negativa riscontrata per il reddito delle imposte sulle società, pari a un -25,4%. Tra gli altri dati francesi spicca tuttavia, e questa volta in positivo, il gettito dell’accisa sui consumi dei prodotti energetici, con un aumento di circa 2 miliardi di euro, corrispondente a un +20,4% rispetto allo stesso periodo del 2017.

LA COMPOSIZIONE DELLE ENTRATE FISCALI NEI PAESI UE

Il report di dedica un focus all’analisi del livello e della composizione delle entrate fiscali in Europa sulla base delle statistiche pubblicate da Eurostat.

In particolare, in 12 anni, considerando i dati del periodo 2004-2016, la pressione fiscale Ue è aumentata di 1,6 punti percentuali, passando dal 37,3% del 2004 al 38,9% del 2016, anche se occorre considerare che i singoli Paesi hanno mostrato dinamiche molto differenti tra loro, tanto che in alcune realtà la pressione fiscale non è cresciuta, come in Irlanda (-6,3%) e Spagna (-0,8%).

1 hiip://www.finanze.gov.it/export/sites/finanze/it/.content/Documenti/entrate_tributarie/Entrate -Tributarie-

Internazionali-2018-11.pdf

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Per quanto riguarda il tax mix, ovvero la composizione delle entrate fiscali, dal 2004 al 2016 le modifiche normative introdotte dai vari Paesi hanno determinato una variazione dell’incidenza dei diversi tributi rispetto al gettito fiscale generale, ma con variazioni per la maggior parte minime: per esempio, sempre tra 2004 e 2016 è aumentato il peso percentuale dell’imposta sui redditi personali (+0,8%), dell’Iva (+0,5%) e delle imposte e dei dazi sulle importazioni (+0,1%), mentre si è ridotto il peso dell’imposta sui redditi societari (-0,2%), dei contributi sociali (-0,6%) e delle altre imposte sulla produzione, esclusi Iva e imposte sulle importazioni (-1,1%).

Infine, andando a guardare il peso delle varie imposte, nel 2016 sul gettito fiscale totale hanno inciso soprattutto i contributi sociali (31,2%), l’imposta sui redditi personali (24,1%) e l’Iva (18%).

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Dal Mondo

OCSE – REPORT SUL FISCO SOCIETARIO

Qual è il Paese in cui le imposte sulle società arrivano fino al 40% della tassazione o al 6% del Pil? Quali sono le tendenze delle entrate fiscali societarie nei Paesi in via di sviluppo? Questi e altri temi sono al centro dell’ultimo report e database dell’Ocse “Corporate tax statistics”2, che fornisce statistiche e analisi comparabili a livello internazionale di circa 100 Paesi in tutto il mondo su quattro categorie principali di dati: le entrate fiscali delle società (1965-2016), le aliquote dell'imposta sul reddito delle società (2000-2018), le aliquote fiscali effettive delle società (2017) e gli incentivi fiscali relativi all’innovazione (2000-2018).

I DATI SULLE ENTRATE FISCALI SOCIETARIE

Il report, in particolare, mostra che l’imposta sul reddito delle società rimane una fonte significativa di entrate fiscali per i governi di tutto il mondo. Dai dati che coprono il periodo che va dal 1965 al 2016, risulta che nell’anno 2016, i ricavi delle imposte sulle società rappresentavano in media il 13,3% delle entrate fiscali complessive e il 3% del Pil nelle 88 giurisdizioni per cui sono disponibili i dati, in aumento rispetto al 12% registrato nel 2000.

Altri dati evidenziano che nei Paesi africani (15,3%) e in quelli latino-americani (15,4%) le società contribuiscono con una porzione maggiore alle entrate complessive da tassazione rispetto ai Paesi Ocse (9%). Come quota del Pil, l’incidenza maggiore della tassazione societaria risulta nei Paesi latino-americani (3,4%), seguiti dai Paesi Ocse (2,9%) e da quelli africani (2,8%). Cuba è in testa con oltre il 6% del Pil, seguita dalla Malesia, mentre 12 Paesi o giurisdizioni, tra cui Polonia, Estonia, Lettonia, Turchia, Tunisia e Slovenia, sono sotto il 2% del Pil.

Il report mette in evidenza come le entrate derivanti dalle imposte sulle società siano guidate dal ciclo economico. Per il periodo 2000-2016, le entrate medie di queste imposte come percentuale del Pil hanno raggiunto il picco nel 2007 (3,6%) e sono diminuite nel 2009 e nel 2010 (rispettivamente del 3,2% e del 3,1%), riflettendo l’impatto della crisi finanziaria ed economica a livello globale.

Sulla base dei dati del 2016, la Malesia è il Paese in cui le imposte sulle società arrivano fino al 40% della tassazione complessiva, seguono Egitto con il 31,9%, Papua Nuova Guinea con il 28,4%, Egitto, Filippine e Kazakistan con oltre il 25%, mentre sono a zero le Bahamas e Tokelau, tre atolli corallini a sud della Nuova Zelanda.

LE TENDENZE DELLE ALIQUOTE SULL’IMPOSTA SUI REDDITI DELLA SOCIETÀ

Dal report Ocse emerge anche una chiara tendenza relativa al calo delle aliquote di imposizione standard sui redditi delle società nel periodo 2000-2018, che è scesa dal 28,6% nel 2000 al 21,4% nel 2018. Oltre il 60% delle 94 giurisdizioni per cui i dati sulle aliquote sono disponibili avevano aliquote fiscali maggiori o uguali al 30% nel 2000, rispetto a meno del 20% delle giurisdizioni nel 2018.

2 hiip://www.oecd.org/tax/tax-policy/tax-database.htm

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L’aliquota maggiore è in India, dove raggiunge il 48,3% e include i dividendi distribuiti. Nel 2018, 12 giurisdizioni non avevano regime fiscale aziendale o un’aliquota dell'imposta sul reddito legale pari a zero. Solo un Paese, l’Ungheria (9%), ha avuto un’aliquota fiscale standard inferiore al 10%. I maggiori aumenti tra il 2000 e il 2018 sono stati registrati a Andorra e Cile (entrambi a 10 punti percentuali) e le Maldive (15 punti percentuali).

GLI INCENTIVI FISCALI R&S

Per quanto riguarda gli incentivi fiscali dedicati alla ricerca e allo sviluppo, dai dati disponibili (periodo 2000-2018), 30 delle 36 giurisdizioni dell’Ocse hanno offerto delle agevolazioni fiscali per le spese investite in attività di ricerca e sviluppo, rispetto alle 19 del 2000. Gli incentivi fiscali in media sono costituiti per il 46% dal sostegno governativo per il settore di ricerca e sviluppo nell’Ocse, raggiungendo oltre l’80% in Australia, Canada, Giappone e Paesi Bassi.

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Hanno partecipato alla redazione del presente numero:

Gianluca Ronzio - Dottore Commercialista e Revisore Legale

Veronica Vitale - Dottore Commercialista e Revisore Legale

Andrea Musile Tanzi - Dottore Commercialista e Revisore Legale

Eduardo Galardi - Dottore Commercialista e Revisore Legale

Sara Inglese - Dottore Commercialista e Revisore Legale

Lexalia è uno Studio Legale e Tributario indipendente, con sede a Milano, composto da avvocati e dottori commercialisti. Lo Studio offre un’ampia gamma di servizi di consulenza legale e fiscale, presentandosi come una boutique professionale multidisciplinare che integra al suo interno specialisti esperti nei principali settori del diritto degli affari e della fiscalità nazionale e internazionale.

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