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Lexalia Newsletter n. 4/2016

Novità ed approfondimenti di giugno 2016

Milano, 24 giugno 2016

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Indice

Novità ................................................................................................................................................ 3

ASSEGNAZIONE DEI BENI AI SOCI, TRASFORMAZIONE IN SOCIETA’ SEMPLICE ............... 3

OMESSO VERSAMENTO DELLE RITENUTE PREVIDENZIALI E CONTESTAZIONE DEGLI

ILLECITI......................................................................................................................................... 5

SUPERBONUS OCCUPAZIONALE TIROCINI – GARANZIA GIOVANI ...................................... 7

NUOVO ORGANISMO DI COMPOSIZIONE DELLE CRISI A MILANO ..................................... 10

Approfondimenti ............................................................................................................................ 11

IL REVERSE CHARGE NEL SETTORE INFORMATICO ........................................................... 11

LA NUOVA LEGGE SUL TERZO SETTORE .............................................................................. 15

CHIARIMENTI RELATIVI ALL’AGEVOLAZIONE DEL C.D. MAXI AMMORTAMENTO .............. 18

NUOVO REGOLAMENTO EUROPEO SULLA PRIVACY: LA FIGURA DEL DATA

PROTECTION OFFICER ............................................................................................................ 20

Dal mondo ...................................................................................................................................... 23

INIZIATO IL PERCORSO LEGISLATIVO PER LA RATIFICA DELL’INTESA SULLA DOPPIA

IMPOSIZIONE TRA ITALIA E IRAN ............................................................................................ 23

PARLAMENTO UE: ACCORDO SULLA PROPOSTA DELLA COMMISSIONE EUROPEA

SULLA DIRETTIVA ANTI-ELUSIONE ......................................................................................... 25

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Novità

ASSEGNAZIONE DEI BENI AI SOCI, TRASFORMAZIONE IN SOCIETA’ SEMPLICE

Circolare n. 26/E del 1° giugno 2016

La Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 2/E del 1° giugno 2016 (la “Circolare”) ha fornito chiarimenti in merito alle operazioni agevolate dall’art. 1, commi 115-121, della L. 28.12.2015 n. 208 (Legge di stabilità 2016):

assegnazione e cessione di beni ai soci;

trasformazione in società semplice;

estromissione dell’immobile strumentale dell’imprenditore individuale.

BENI AGEVOLABILI

Possono beneficiare delle agevolazioni per l’assegnazione o la cessione ai soci gli

immobili, fatta eccezione per quelli strumentali per destinazione, ed i beni mobili

iscritti nei pubblici registri non aventi carattere strumentale.

Sul punto, la Circolare precisa che il mutamento di destinazione dei beni anche in

prossimità dell’assegnazione o della cessione al fine di beneficiare delle agevolazioni

fiscali non ha carattere abusivo, in quanto atto meramente preordinato a sfruttare le agevolazioni stesse. È quindi possibile “dismettere” gli immobili in precedenza utilizzati direttamente per l’esercizio dell’impresa anche in prossimità dell’assegnazione o della cessione ai soci senza che ciò possa essere contestato dall’Amministrazione finanziaria.

IMPOSTA SOSTITUTIVA SULLE PLUSVALENZE

Sulle plusvalenze che emergono a seguito dell’assegnazione o della cessione è dovuta

un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP pari all’8% (misura aumentata al 10,5% per le società che risultano di comodo per almeno due periodi d’imposta su tre del triennio 2013-2015). In merito a questa maggiorazione, l’Agenzia delle Entrate precisa che, per il 2015, non si considerano di comodo le società che ritengono sussistenti le condizioni per non esserlo senza presentare interpello, ma fornendo solamente le indicazioni sostitutive nel prospetto del quadro RS del modello UNICO.

Sulle riserve in sospensione d’imposta annullate per effetto dell’assegnazione è,

inoltre, dovuta un’imposta sostitutiva del 13%.

REDDITO DEI SOCI ASSEGNATARI

Coerentemente con la linea interpretativa contenuta nella precedente circolare n.40 del

2002, l’Agenzia delle Entrate precisa che il reddito in natura del socio assegnatario è

ridotto dei valori assoggettati ad imposizione sostitutiva dell’8% o del 10,5% in capo alla società.

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Come per la determinazione dell’imposta sostitutiva sulle plusvalenze, anche per la

fiscalità del socio è possibile utilizzare, in luogo del valore normale degli immobili, il loro

valore catastale determinato a norma dell’art. 52 del DPR 131/86.

TRASFORMAZIONE IN SOCIETÀ SEMPLICE

Le modalità di applicazione delle imposte sostitutive sulle plusvalenze e sulle riserve in sospensione d’imposta nel caso di trasformazione in società semplice sono analoghe a quelle previste per l’assegnazione.

La Circolare fornisce, però, un importante chiarimento in merito alla fiscalità dei soci,

precisando che le riserve di utili che si sono formate in capo alle società di capitali

si considerano tassate in capo ai soci nel periodo d’imposta successivo a quello

della trasformazione in società semplice, in quanto non ricostituite in bilancio, a norma dell’art. 170 co. 4 del TUIR.

Pur non essendovi un chiarimento espresso, si deve invece ritenere che non siano

assoggettate a tassazione le riserve pregresse delle società di persone, in quanto già tassate per trasparenza in capo ai soci.

IVA E IMPOSTE INDIRETTE

La Circolare in commento conferma il principio secondo cui l’assegnazione è

operazione che rientra nel campo di applicazione dell’IVA (ex art. 2, comma 2, n. 5, del DPR 633/72); ciò non vale, tuttavia, per i beni acquisiti senza l’addebito dell’imposta da parte del cedente (in quanto acquistati da un privato, o prima del 1973, o in regime di esenzione), i quali sono assegnati fuori campo IVA.

La base imponibile è individuata nel prezzo di acquisto dei beni, maggiorato di tutte le spese che si sono rese necessarie per le migliorie sul bene che ne abbiano comportato un incremento di valore duraturo, tenendosi comunque conto del deprezzamento che il bene ha subìto nel tempo. Non deve, invece, mai essere utilizzato il valore normale.

Per quanto riguarda l’imposta di registro (ridotta al 50% in virtù delle disposizioni

agevolative, se dovuta in misura proporzionale), viene data la possibilità di utilizzare il

valore catastale per tutti gli immobili, e non solo per quelli a destinazione abitativa assegnati a persone fisiche non imprenditori.

EFFICACIA DELLE OPERAZIONI AGEVOLATE

Secondo l’Agenzia delle Entrate, l’efficacia delle operazioni agevolate è subordinata

all’indicazione dei valori e della correlata imposta sostitutiva nel modello UNICO (per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, si tratta del modello UNICO 2017); l’omesso o insufficiente versamento dell’imposta sostitutiva può, quindi, essere regolarizzato con il ravvedimento (o, in assenza di ravvedimento, conduce all’iscrizione a ruolo dell’imposta non versata), non inficiando, però, gli effetti fiscali delle operazioni poste in essere.

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Novità

OMESSO VERSAMENTO DELLE RITENUTE PREVIDENZIALI E CONTESTAZIONE DEGLI ILLECITI

Nota del Ministero del Lavoro, n. 9099 del 03/05/2016

Il Ministero del lavoro, con Nota n. 9099 del 3 maggio 2016, ha spiegato come individuare il parametro annuo di riferimento per l’individuazione dell’importo complessivo dei versamenti omessi a titolo di ritenute previdenziali sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti.

Ricordiamo che il D.Lgs. n. 8/2016 pubblicato in G.U. - Serie Generale n.17 del 22/01/2016 (il “Decreto”) e recante “Disposizioni in materia di depenalizzazione, a norma dell’art. 2, comma 2, della legge n. 67 del 28 aprile 2014”, ha depenalizzato alcune ipotesi di reato in materia di lavoro, tra le quali l’omesso versamento delle ritenute previdenziali.

I reati depenalizzati la cui portata è stata compiutamente illustrata dalla circolare n. 6 del 2016 del Ministero del Lavoro, modificano significativamente il diritto sanzionatorio del lavoro determinando un ampliamento della sfera applicativa delle sanzioni amministrative a fronte di una corrispondente riduzione di quelle penali.

Il nuovo art. 2 comma 1-bis della Legge n. 683/1983 con riferimento agli omessi versamenti all’INPS dei contributi previdenziali per la quota corrispondente alle ritenute operate nei riguardi dei lavoratori dipendenti e dei collaboratori coordinati e continuativi, distingue due differenti ipotesi di illecito, una penale ed una amministrativa.

In base al valore dell’omissione compiuta scatta:

- la pena della reclusione fino a 3 anni congiunta alla multa fino a euro 1.032 per i

soli omessi versamenti delle ritenute di importo superiore a euro 10.000 annui;

- se l’omissione resta al di sotto di tale soglia si applica la sanzione amministrativa da 10.000 a 50.000 euro.

La novità del Decreto risiede nell’aver riconosciuto il limite di Euro 10.000 quale soglia di “non punibilità penale”, in quanto nella previgente formulazione qualunque importo omesso era considerato reato perseguibile.

Con la nota in commento, il Ministero ha fornito alcuni chiarimenti sull’individuazione del periodo di riferimento ai fini della contestazione dell’illecito e sull’atto di contestazione degli illeciti amministrativi da parte dell’INPS.

Sul punto si segnala che il riferimento temporale per l’individuazione dell’importo delle

ritenute non versate è l’anno civile, ovvero il periodo dall’1 gennaio al 31 dicembre.

Più precisamente si dovranno considerare, a parere del Ministero, i versamenti in

scadenza nell’anno civile di riferimento, ovvero i versamenti effettuati dal 16 gennaio

(relativi al mese di dicembre dell’anno precedente) al 16 dicembre (relativi al mese di novembre).

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Il Ministero precisa, infine, che si avranno tanti illeciti (amministrativi o penali) quanti sono gli atti in cui si sia verificato un omesso versamento.

Ad esempio, se un’impresa non ha versato ritenute per un importo complessivo di 15.000 euro nell’anno 2014 e di 5.000 euro nell’anno 2015, sarà contestato un illecito penale per l’anno 2014 ed un illecito amministrativo per l’anno 2015.

Il Ministero ha precisato inoltre che nel verbale di contestazione dovrà essere data evidenza che il datore di lavoro, a norma dell’art. 2 comma 1 bis, non è punibile con la sanzione penale e non è assoggettabile neppure alla nuova sanzione amministrativa se versa quanto dovuto entro 3 mesi dalla notifica del verbale unico di accertamento. In caso di mancato pagamento nei tre mesi, il trasgressore potrà versare l’importo ridotto della sanzione amministrativa nel successivo termine di 60 giorni, ai fini dell’estinzione del procedimento sanzionatorio.

Le disposizioni in commento sono entrate in vigore lo scorso 6 febbraio 2016 e si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente (anche se accertate e passate in giudicato) alla data di entrata in vigore del decreto stesso.

Per gli illeciti accertati e giudicati come reati, il cui procedimento penale si è concluso con sentenza di condanna o decreto irrevocabili prima del 6 febbraio 2016, il giudice dell’esecuzione dovrà procedere alla revoca della sentenza o del decreto, con dichiarazione espressa che il fatto non è più previsto dalla legge come reato (art. 8, comma 2, del D.lgs. n. 8/2016).

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Novità

SUPERBONUS OCCUPAZIONALE TIROCINI – GARANZIA GIOVANI

Decreto Direttoriale n. 16 del 3 febbraio 2016 e n. 79 dell’8 aprile 2016

Circolare Inps n. 89 del 24 maggio 2016

Con il Decreto n. 16 del 3 febbraio 2016, il Ministero del Lavoro al fine di promuovere la trasformazione di tirocini in contratti di lavoro, ha previsto un “Super bonus occupazionale trasformazione tirocini” per le stabilizzazioni a tempo indeterminato effettuate tra il 1° marzo 2016 ed il 31 dicembre 2016 per i tirocini di tipo extracurriculare avviati/conclusi nell’ambito del “Programma Garanzia Giovani” entro il 31 gennaio 2016 e con giovani che all’inizio del tirocinio possedevano i requisiti di NEET (Not Engaged in Education, Empolyment or Training), ossia non siano inseriti in un percorso di Studi e/o non siano occupati.

L'Inps, con la Circolare n. 89 del 24/5/2016, ha fornito le istruzioni per la fruizione del bonus per l'assunzione di tali soggetti.

Il nuovo incentivo trova applicazione per le assunzioni effettuate nell’intero territorio nazionale, ad esclusione di quelle con sede di lavoro nella Provincia di Bolzano; pertanto, possono legittimamente fruirne anche i datori di lavoro con sede di lavoro nelle Regioni in cui il bonus occupazionale ordinario non sia stato attivato.

RAPPORTI INCENTIVATI

Il Decreto n. 16/2016 ha previsto che l’incentivo del “Programma Garanzia Giovani” possa essere applicato a tutte le stabilizzazioni di tirocini extracurriculari tramite assunzioni a tempo indeterminato.

L’INPS, nella Circolare in esame, precisa che tra le tipologie contrattuali destinatarie del beneficio vanno considerate anche:

la somministrazione;

- le assunzioni nell’ambito di apprendistato professionalizzante, nonché - i dipendenti soci di cooperative.

Tale beneficio non spetta, invece, per le seguenti tipologie contrattuali:

- contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore;

- contratto di apprendistato di alta formazione e di ricerca; - il contratto di lavoro domestico, intermittente e accessorio.

Vanno inoltre escluse dalla fruizione dell’incentivo quelle assunzioni a tempo indeterminato di tirocinanti per i quali si sia già fruito in passato del Super bonus, sia da parte del dello stesso datore di lavoro sia da parte di altri datori di lavoro.

Non spetterà, inoltre, il Super bonus alle assunzioni di lavoratori che in passato abbiano fatto fruire l’incentivo Garanzia Giovani (GAGI ordinario).

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MISURA DELL’INCENTIVO

L’importo dell’incentivo è determinato dalla classe di profilazione (con la quale si stima il grado di difficoltà nella ricerca di un’occupazione) attribuita al giovane al momento dell’iscrizione al Programma Operativo Nazionale “Iniziativa Occupazione Giovani” secondo il seguente schema:

TIPOLOGIA DI CONTRATTI

INCENTIVATI

BONUS ASSEGNATI IN BASE AL PROFILING DEL

GIOVANE E DELLE DIFFERENZE TERRITORIALI

BASSA

1

MEDIA

2

ALTA

3

MOLTO ALTA

4

Contratti a tempo

indeterminato

3.000

6.000

9.000

12.000

In caso di rapporti a tempo parziale l’Istituto precisa che il beneficio sarà fruibile solo qualora la percentuale part-time sia pari ad almeno al 60%: al fine della quantificazione dell’importo del Super Bonus spettante, andrà considerata la percentuale risultante dal rapporto tra l’orario settimanale ridotto e quello del corrispondente lavoratore full-time.

L’incentivo è autorizzato dall’INPS sulla base dell’ordine cronologico di presentazione delle istanze e nei limiti delle risorse stanziate.

CONDIZIONI DI SPETTANZA DELL’INCENTIVO

Al fine di fruire dell’incentivo, oltre a requisiti soggettivi posseduti dal lavoratore, sono

necessari anche requisiti oggettivi del datore, così come stabilito dalla normativa vigente e specificatamente:

1) regolarità prevista dall’articolo 1 commi 1175 e 1176 della legge 296/2006 in relazione agli:

- adempimenti degli obblighi contributivi; - osservanza delle norme poste a tutela delle condizioni di lavoro; - rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali, nonché regionali, territoriali e/o

aziendali stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;

2) rispetto dei principi generali in materia di incentivi all’occupazione stabiliti, da ultimo, dall’art. 31 del decreto legislativo n. 150/2015, ovvero:

- l’assunzione non deve costituisce attuazione di un obbligo preesistente, stabilito da norme di legge o della contrattazione collettiva;

- non violi un diritto di precedenza, stabilito dalla legge o dal contratto collettivo; - in generale il datore non deve avere in atto sospensioni dal lavoro connesse ad una

crisi o riorganizzazione aziendale; - il precedente datore di lavoro, con riferimento a quei lavoratori licenziati nei sei mesi

precedenti, non presenti assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli del datore di lavoro che assume o utilizza in somministrazione, ovvero risulta con quest'ultimo in rapporto di collegamento o controllo;

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SUPERBONUS E “DE MINIMIS”

Il Superbonus può essere fruito nel rispetto delle previsioni di cui al regolamento UE n. 1407 – relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea agli aiuti “De Minimis” – o in alternativa, oltre tali limiti nell’ipotesi un cui l’assunzione del giovane comporti un incremento occupazionale netto.

CUMULABILITÀ CON ALTRI INCENTIVI

L’incentivo del Superbonus è cumulabile con altri incentivi all’assunzione di natura economica o contributiva non selettivi come ad esempio l’esonero contributivo per le nuove assunzioni con contratto a tempo indeterminato effettuate nel corso dell’anno 2016 ai sensi dell’art. 1 commi 178 e seguenti, della legge 208/2015.

Nel caso di incentivi di natura economica o contributiva aventi natura selettiva in quanto le condizione di spettanza sono legate ad un’assunzione che comporti il rischio di alterare la libera concorrenza, il Superbonus è cumulabile nei limiti del 50% dei costi salariali.

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Novità

NUOVO ORGANISMO DI COMPOSIZIONE DELLE CRISI A MILANO

Una strada assistita per ricorrere alla composizione della crisi da sovraindebitamento, introdotta con legge

27 gennaio 2012 n. 3

Il 3 maggio 2016 a Milano è stato presentato il nuovo Organismo di Composizione delle Crisi (OCC) fondato dall’Ordine degli Avvocati di Milano e iscritto al Registro degli Organismi presso il Ministero della Giustizia, come introdotto dalla Legge 27 gennaio 2012, n. 3 (e successive modifiche ed integrazioni).

La procedura di composizione delle crisi da sovraindebitamento è uno strumento che

permette di risolvere a livello negoziale le situazioni di morosità di coloro che si trovano in condizioni di grave indebitamento e non possono usufruire delle procedure fallimentari.

Con la creazione dell’Organismo, diventa possibile, anche nel capoluogo lombardo,

rivolgersi ad un’organizzazione in grado di fornire strumenti tecnico-specialistici che permettano al debitore in difficoltà di richiedere l’apertura del procedimento presso il Tribunale competente, al fine di sottoscrivere un piano di rientro con i creditori che possa fornire garanzie a quest’ultimi, in modo tale da ottenere l’approvazione di almeno il 60% degli stessi (condizione necessaria ai fini della omologazione del piano).

I soggetti morosi legittimati a rivolgersi all’OCC possono essere artigiani, commercianti, piccoli imprenditori e, comunque, soggetti non fallibili, come definiti ai sensi dell’art. 1 della Legge Fallimentare.

Tramite l’Organismo sarà loro possibile essere guidati nella predisposizione dell’istanza da presentare al presidente della Sezione Fallimentare del Tribunale, il quale, successivamente, qualora ritenga l’istanza ammissibile, procederà alla nomina del professionista abilitato che curi la proposta di accordo sul credito, al cui deposito segue un procedimento inteso a verificare se sussistono le condizioni per l’omologazione.

L’Organismo di composizione delle crisi si pone l’obiettivo di favorire il dialogo tra parti in genere fortemente contrapposte (debitore e creditori), mirando a ridurre gli attriti sociali e le lunghe tempistiche del recupero dei crediti insoluti.

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Approfondimenti

IL REVERSE CHARGE NEL SETTORE INFORMATICO

Circolare n. 21/E del 25 maggio 2016

Il D. Lgs. 11.2.2016 n. 24 (il “Decreto”), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 3 marzo 2016 n. 52, ha modificato l’art. 17 del DPR 633/72.

In particolare, per quanto attiene al settore informatico, la novellata lett. c) dell’art. 17 co. 6 del DPR 633/72 ha disposto:

l’estensione del meccanismo del reverse charge alle cessioni di console da gioco, tablet PC e laptop;

l’estensione del meccanismo del reverse charge alle cessioni di dispositivi a circuito integrato, quali microprocessori e unità centrali di elaborazione, effettuate prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale;

l’abolizione del meccanismo del reverse charge per le cessioni di personal computer e loro componenti e accessori, per le quali il reverse charge è stato disapplicato a seguito della decisione del Consiglio UE 22.11.2010 n. 710.

Dette disposizioni si applicano alle operazioni effettuate dal 2.5.2016 e fino al

31.12.2018.

Per completezza, si rammenta che il Decreto ha altresì introdotto le seguenti novità:

è stato abolito il meccanismo del reverse charge per le cessioni di componenti

ed accessori dei telefoni cellulari, in quanto tale disposizione non era mai stata applicata, in mancanza della necessaria autorizzazione da parte dell’Unione Europea (art. 17 co. 6 lett. b) del DPR 633/72);

sono state abrogate le disposizioni che prevedevano l’applicazione del reverse

charge alle cessioni di materiali e prodotti lapidei direttamente provenienti da

cave e miniere e alle cessioni di beni nei confronti di ipermercati, supermercati

e discount alimentari (art. 17 co. 6 lett. d) e d-quinquies) del DPR 633/72), in quanto anche tali disposizioni non avevano trovato applicazione in assenza della necessaria autorizzazione dell’Unione Europea;

è stata limitata fino al 31.12.2018 l’applicazione del reverse charge relativamente alle seguenti operazioni:

o cessioni di telefoni cellulari;

o trasferimenti di quote di emissioni di gas a effetto serra come definite dall’art. 3 della direttiva 2003/87/CE;

o trasferimenti di altre unità che possono essere utilizzate dai gestori per conformarsi alla direttiva 2003/87/CE;

o trasferimenti di certificati relativi al gas e all’energia elettrica (es. certificati bianchi, certificati verdi);

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o cessioni di gas e di energia elettrica a soggetti passivi-rivenditori;

o è stata introdotta la possibilità di estendere il meccanismo del reverse charge ad

ulteriori operazioni, mediante l’emanazione di successivi decreti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, in base agli artt. 199 e 199-bis della direttiva 2006/112/CE, nonché in base alla misura speciale del meccanismo di reazione rapida di cui all’art. 199-ter della citata direttiva.

Si ricorda che le disposizioni del DLgs. 11.2.2016 n. 24 diverse da quelle concernenti l’applicazione del reverse charge al settore informatico (art. 17 co. 6 lett. c) del DPR

633/72) esplicano la loro efficacia a partire dalla data di entrata in vigore del decreto (3 2016).

CHIARIMENTI DELLA CIRC. AGENZIA DELLE ENTRATE 25.5.2016 N. 21

Con la Circolare n. 21/E del 25 maggio 2016 (la “Circolare”), l’Agenzia delle Entrate ha

fornito chiarimenti in merito alle novità sopra elencate, con particolare riferimento alle

norme di carattere innovativo introdotte dal Decreto concernenti l’ambito di applicazione

del reverse charge per le cessioni di beni nel settore informatico.

A tal proposito, si evidenzia che i chiarimenti più rilevanti riguardano:

sotto il profilo oggettivo, l’individuazione dei beni (console da gioco, tablet PC e laptop) interessati dalla nuova disciplina;

sotto il profilo soggettivo, la delimitazione dell’ambito di applicazione del reverse charge di cui all’art. 17 co. 6 lett. c) del DPR 633/72 alle sole operazioni effettuate nella fase distributiva che precede la commercializzazione al dettaglio.

AMBITO OGGETTIVO

Dispositivi a circuito integrato

Per quanto riguarda le cessioni di dispositivi a circuito integrato, quali microprocessori e unità centrali di elaborazione, effettuate prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale, l’Agenzia ricorda che i necessari chiarimenti sono già stati forniti con la circ. 23.12.2010 n. 59 e con la ris. 31.3.2011 n. 36, a seguito della decisione del Consiglio UE 22.11.2010 n. 710.

Console da gioco, tablet PC e laptop

L’Agenzia definisce i criteri per l’individuazione di detti beni, precisando che, a tal proposito, occorre fare riferimento non alla denominazione “commerciale”, bensì alla circostanza che si tratti di beni della stessa qualità commerciale, con le stesse caratteristiche tecniche e riconducibili allo stesso codice della Nomenclatura combinata:

codice 9504.50.00, per le console da gioco;

codice 8471.30.00, sia per i tablet PC che per i laptop.

AMBITO SOGGETTIVO

Il meccanismo del reverse charge comporta l’assolvimento dell’IVA da parte del

cessionario in luogo del cedente e può trovare applicazione soltanto per le operazioni

effettuate nei confronti di soggetti passivi d’imposta.

Soggetti non residenti

L’Agenzia precisa che, alla luce di quanto già chiarito con la Risoluzione n. 28/2012, il cessionario è obbligato all’assolvimento dell’imposta mediante il meccanismo del reverse charge anche se si tratta di soggetto passivo non stabilito in Italia.

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In tali ipotesi, il cessionario è tenuto a identificarsi ai fini IVA in Italia per assolvere gli obblighi relativi all’inversione contabile.

Esclusione del reverse charge per le cessioni al dettaglio

Analogamente a quanto indicato con la circolare n. 59/2010 in merito alle cessioni di

telefoni cellulari, la Circolare chiarisce che l’applicazione del reverse charge alle

cessioni di prodotti informatici di cui all’art. 17 co. 6 lett. c) del DPR 633/72 è limitata alle

operazioni effettuate nella fase distributiva che precede quella del commercio al

dettaglio dei prodotti.

Detta limitazione è giustificata dalla frequenza delle operazioni che caratterizza l’attività di commercio al dettaglio, tale da rendere particolarmente onerosa l’applicazione dell’in-versione contabile.

L’Agenzia delle Entrate osserva che, a tal proposito, possono ritenersi valide le indicazioni fornite dalla Risoluzione n. 36/2011, secondo cui l’esclusione dall’obbligo del reverse charge è applicabile:

alle cessioni effettuate dai soggetti che esercitano attività di commercio al minuto e attività assimilate di cui all’art. 22 del DPR 633/72, eseguite in “locali aperti al pubblico, in spacci interni, mediante apparecchi di distribuzione, per corrispondenza, a domicilio o in forma ambulante”, i cui cessionari sono, di regola, utilizzatori finali dei beni, ancorché soggetti passivi;

alle cessioni effettuate da soggetti diversi da quelli di cui all’art. 22 del DPR 633/72, purché eseguano le operazioni direttamente nei confronti di cessionari-consumatori finali.

Pertanto, anche con riferimento alle cessioni di console da gioco, tablet PC e laptop, il

reverse charge non trova applicazione se le operazioni sono poste in essere

nell’ambito del commercio al dettaglio o comunque nei confronti del cessionario-

consumatore finale, ancorché soggetto passivo IVA, sempreché non siano

destinate alla successiva rivendita.

SANZIONI

In caso di omessa o errata applicazione del reverse charge si applicano le sanzioni di cui all’art. 6 co. 9-bis.1 e 9-bis.2 del D.Lgs. 471/97. Si tratta delle ipotesi in cui:

il cedente ha applicato l’imposta nei modi ordinari anziché mediante l’inversione

contabile - La sanzione, da 250,00 a 10.000,00 euro, è a carico del cessionario. Tuttavia, resta fermo il diritto alla detrazione dell’IVA per il cessionario e il cedente è solidalmente obbligato con quest’ultimo al pagamento della sanzione;

il cedente ha applicato l’inversione contabile in assenza dei requisiti prescritti,

così che l’imposta è stata assolta irregolarmente dal cessionario - La sanzione, da

250,00 a 10.000,00 euro, è a carico del cedente. Tuttavia, resta fermo il diritto alla detrazione dell’IVA per il cessionario e quest’ultimo è solidalmente obbligato con il cedente al pagamento della sanzione.

Laddove l’errore sia stato determinato da intento di evasione o di frode, e sia provato che, rispettivamente, il cessionario o il cedente ne erano consapevoli, si applica la sanzione proporzionale di cui all’art. 6 co. 1 del DLgs. 471/97 (dal 90% al 180% dell’imposta, con un minimo di 500,00 euro).

Nella Circolare si precisa, tuttavia, che le suddette sanzioni non dovranno essere applicate in caso di violazioni commesse relativamente ad operazioni effettuate tra la

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data del 2.5.2016 (data a partire dalla quale le disposizioni di cui al novellato art. 17 co. 6 lett. c) del DPR 633/72 esplicano la loro efficacia) e la data di emanazione della Circolare.

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Approfondimenti

LA NUOVA LEGGE SUL TERZO SETTORE

Le novità introdotte dalla nuova legge delega sul Terzo Settore, n. 106 del 6 giugno 2016, approvata

definitivamente il 25 maggio 2016

Lo scorso 25 maggio 2016 il Parlamento italiano ha approvato la legge n. 106 del 6 giugno 2016, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 18 giugno 2016 e che entrerà ufficialmente in vigore il 7 luglio 2016.

Come già brevemente anticipato nella Flash News Lexalia del 27 maggio u.s., la legge delega avrà come principale finalità quella di riordinare l’impianto legislativo del c.d. Terzo Settore, semplificandone i contenuti, puntando sulla trasparenza e su un sistema di controllo rafforzato. Peraltro, tale testo normativo si limiterà a definire i principi fondamentali a cui dovranno ispirarsi i decreti delegati che verranno emanati dal Governo entro un anno e che andranno a creare un vero e proprio Testo Unico del Terzo Settore.

La nuova legge ha, finalmente, esplicitato una definizione in positivo (e non residuale)

del Terzo Settore, qualificato come “il complesso degli enti privati costituiti con finalità civiche e solidaristiche che, senza scopo di lucro, promuovono e realizzano attività d’interesse generale, anche mediante la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale conseguiti anche attraverso forme di mutualità, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con le finalità stabilite nei rispettivi statuti o atti costitutivi”. Si riconosce espressamente che non fanno parte del Terzo Settore le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche, mentre alle fondazioni bancarie, pur facendo parte del Terzo Settore, non si applicheranno, in ogni caso, le disposizioni contenute nella legge delega e nei relativi decreti attuativi.

Verrà delegata al governo la revisione del Titolo II del Libro I del Codice Civile in materia

di associazioni, fondazioni e altre istituzioni di carattere privato senza scopo di lucro, riconosciute come persone giuridiche o non riconosciute. Tale revisione sarà ispirata dalle seguenti principali finalità:

(a) rivedere e semplificare il procedimento finalizzato al riconoscimento della

personalità giuridica e definire le informazioni obbligatorie da inserire negli statuti e negli atti costitutivi di tali enti. Verranno previsti obblighi di trasparenza attraverso forme di pubblicità dei bilanci e degli altri atti fondamentali dell’ente e verrà stabilita una precisa disciplina per la conservazione del patrimonio degli enti;

(b) disciplinare il regime di responsabilità limitata degli enti riconosciuti come persone giuridiche e la responsabilità degli amministratori;

(c) prevedere che alle associazioni e alle fondazioni, che esercitano stabilmente e prevalentemente attività d’impresa, si applichino le norme previste dal Codice Civile per le società commerciali e le cooperative;

(d) disciplinare il procedimento per ottenere la trasformazione diretta e la fusione tra

associazioni e fondazioni.

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Come anticipato, il nuovo testo normativo delegherà al governo la definizione di un vero

e proprio Testo Unico del Terzo Settore, all’interno del quale saranno fissate le disposizioni generali e comuni applicabili a tutti gli enti del Terzo Settore. Come si specificherà di seguito, il nuovo Testo Unico definirà, tra l’altro, forme e modalità di organizzazione, amministrazione e controllo degli enti e tali interventi saranno ispirati ai principi costituzionali di democrazia, eguaglianza e pari opportunità. Verrà, inoltre, previsto il divieto di distribuzione, anche in forma indiretta, degli utili o degli avanzi di gestione e del patrimonio dell’ente.

Al fine di garantire l’assenza degli scopi lucrativi, il Testo Unico dovrà promuovere un principio di proporzionalità tra i diversi trattamenti economici spettanti ai soci ed agli amministratori e disciplinare, nel pieno rispetto del principio di trasparenza, i limiti e gli obblighi di pubblicità relativi agli emolumenti, ai compensi o ai corrispettivi a qualsiasi titolo attribuiti ai componenti degli organi di amministrazione e controllo, ai dirigenti nonché agli associati.

Verrà prevista una riorganizzazione del sistema di registrazione degli enti e di tutti gli atti di gestione rilevanti, secondo criteri di semplificazione e attraverso la previsione di un

Registro Unico Nazionale del Terzo settore, suddiviso in specifiche sezioni, da istituire presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, favorendone, anche con modalità telematiche, la piena conoscibilità in tutto il territorio nazionale. L’iscrizione nel Registro, sarà obbligatoria per gli enti del Terzo Settore, che si avvalgono prevalentemente o stabilmente di finanziamenti pubblici, di fondi privati raccolti attraverso pubbliche sottoscrizioni o di fondi europei destinati al sostegno dell’economia sociale o che esercitano attività in regime di convenzione o di accreditamento con enti pubblici.

Una delle novità principali apportate dalla legge delega consiste in una vera e propria

revisione normativa della disciplina in materia di impresa sociale, secondo i seguenti principi:

(a) qualificazione dell’impresa sociale come organizzazione privata che svolge attività

d’impresa per finalità solidaristiche e che destina i propri utili prioritariamente al conseguimento dell’oggetto sociale, adotta modalità di gestione responsabili e trasparenti e quindi rientra nel complesso degli enti del Terzo Settore;

(b) individuazione dei settori in cui può essere svolta l’attività d’impresa;

(c) acquisizione di diritto della qualifica di impresa sociale da parte delle cooperative sociali e dei loro consorzi;

(d) previsione di forme di remunerazione del capitale sociale che assicurino la

prevalente destinazione degli utili al conseguimento dell’oggetto sociale, da assoggettare a condizioni e limiti massimi previsti per le cooperative a mutualità prevalente. Previsione del divieto di ripartire eventuali avanzi di gestione per gli enti per i quali tale possibilità è esclusa per legge, anche qualora assumano la qualifica di impresa sociale;

(e) previsione dell’obbligo di redigere il bilancio per l’organizzazione che esercita l’impresa sociale;

(f) previsione di specifici obblighi di trasparenza e di limiti in materia di remunerazione delle cariche sociali e di retribuzione dei titolari degli organismi dirigenti;

(g) possibilità per le imprese private e per le amministrazioni pubbliche di assumere cariche sociali negli organi di amministrazione delle imprese sociali, salvo il divieto di assumerne la direzione, la presidenza e il controllo;

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(h) previsione della nomina, in base a princìpi di terzietà, fin dall’atto costitutivo, di uno o più sindaci allo scopo di monitorare e vigilare sull’osservanza della legge e dello statuto da parte dell’impresa sociale.

La nuova legge delega ha, altresì, previsto una revisione della disciplina in materia di

servizio civile nazionale ed una serie di politiche di agevolazione fiscale degli enti del Terzo Settore.

È stata, inoltre, istituita la Fondazione Italia Sociale con lo scopo di sostenere, mediante l’apporto di risorse finanziarie e di competenze gestionali, la realizzazione e lo sviluppo di interventi innovativi da parte di enti del Terzo Settore, caratterizzati dalla produzione di beni e servizi con un elevato impatto sociale e occupazionale e rivolti, in particolare, ai territori e ai soggetti maggiormente svantaggiati.

L’opinione pubblica e gli specialisti in materia hanno salutato la nuova legge delega con entusiasmo ed ottimismo, dando particolare enfasi all’importantissimo riconoscimento di un vero e proprio DNA giuridico autonomo degli enti del Terzo Settore, che passa da una definizione residuale ad una qualificazione che riconosce una pregnante identità normativa a tali organizzazioni.1

In particolare, è stata accolta positivamente l’intenzione del legislatore di riformare le norme presenti all’interno del Primo Libro del Codice Civile in materia di associazioni e fondazioni e di andare a costituire un Testo Unico del Terzo Settore, che avrà l’innegabile effetto di rendere più chiare e “trasparenti” le norme in materia.

Sin da subito si è creata grande attesa per i contenuti dei decreti delegati che verranno emessi dal Governo nei prossimi mesi e che dovranno andare a concretizzare le lodevoli novità introdotte, per ora solo in termini di principio, dalla legge delega.

1 Elio Silva, Il Sole 24 Ore, 27 maggio 2016.

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Approfondimenti

CHIARIMENTI RELATIVI ALL’AGEVOLAZIONE DEL C.D. MAXI AMMORTAMENTO

Circolare n. 23/E del 26 maggio 2016

Con la Circolare 26 maggio 2016 n. 23, l’Agenzia delle Entrate ha fornito importanti

chiarimenti sull’agevolazione del c.d. maxi ammortamento introdotta dalla Legge di Stabilità 2016 (art. 1, commi da 91 a 94 e 97).

In particolare, il documento di prassi esamina i profili soggettivi ed oggettivi

dell’agevolazione soffermandosi in particolare sulle novità rispetto a precedenti disposizioni agevolative.

Di seguito una sintesi dei principali chiarimenti forniti:

Possono usufruire del bonus, oltre ai titolari di reddito di impresa, gli esercenti

arti e professioni anche se applicano il regime dei minimi o il regime cosiddetto di vantaggio (ma non quelli in regime forfettario). In ogni caso, anche per i lavoratori autonomi la rilevanza temporale degli investimenti si determina con le ordinarie regole di competenza.

La deduzione del 40% spetta, in caso di affitto di azienda, all’affittuario (legittimato a dedurre le quote ordinarie), oppure al concedente laddove il contratto preveda la deroga alle disposizioni civilistiche sulla conservazione dei beni.

Per quanto concerne gli interventi di miglioria effettuati su cespiti condotti in

affitto o in comodato, è stato chiarito che se si tratta di beni che hanno una propria individualità e una autonoma funzionalità - che possono quindi essere rimossi al termine del contratto - il relativo costo si iscrive, secondo il documento Oic 16, nelle immobilizzazioni materiali, spettando dunque (in presenza degli altri requisiti) la deduzione maggiorata. Se invece, precisa l’Agenzia, si tratta di meri costi da iscrivere nelle immobilizzazioni immateriali il maxi ammortamento non potrà essere stanziato.

La maggiorazione in esame va effettuata nella dichiarazione dei redditi e va calcolata applicando la percentuale:

o all’importo delle quote di ammortamento “massime” risultanti

dall’applicazione al costo dei beni dei coefficienti stabiliti dal Dm 31 dicembre

1988. Non assume, quindi, rilevanza la quota - eventualmente inferiore - che è stata imputata al conto economico, ma resta ferma la regola stabilita dall’articolo 102, comma 2, del Tuir, secondo la quale nel primo esercizio di entrata in funzione del bene l’importo deducibile è ridotto alla metà;

o ai canoni di leasing dedotti, in base al comma 7 dello stesso articolo 102, per un periodo non inferiore alla metà del periodo di ammortamento corrispondente al

coefficiente stabilito. La maggiorazione si applica, però, solo alla quota capitale dei canoni, per la cui individuazione va fatto riferimento al criterio forfetario indicato nel Dm 24 aprile 1998.

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Il costo agevolabile del bene va determinato in base all’articolo 110 del Tuir e quindi al netto di eventuali contributi in conto impianti, a prescindere dalla modalità di contabilizzazione degli stessi (ad eccezione di quelli non rilevanti ai fini delle imposte sui redditi). Per il leasing il costo di acquisizione è dato dalla somma della quota capitale e del prezzo di riscatto. A partire dal momento di effettuazione del riscatto è possibile effettuare, oltre all’ammortamento ordinario, anche quello “incrementativo”.

La maggiorazione rileva, per i beni “ad uso promiscuo”, nella misura del 50% e per

quelli ceduti in corso d’anno secondo il criterio “pro rata temporis”.

Qualora in un periodo d’imposta «si fruisca dell’agevolazione in misura inferiore al

limite massimo consentito, il differenziale non dedotto non potrà essere

recuperato in alcun modo nei periodi d’imposta successivi». Pertanto, la quota di maggiorazione non indicata, anche parzialmente, nella dichiarazione dei redditi del periodo d’imposta di competenza (ad esempio in Unico 2016) non può essere dedotta nelle dichiarazioni relative ai periodi successivi (ad esempio in Unico 2017). Tale regola si applica anche agli esercenti arti e professioni, che deducono gli ammortamenti e i canoni di leasing in base al principio di competenza.

Non esiste un meccanismo di recapture se il bene è ceduto prima della completa fruizione dell’agevolazione ma il beneficio non spetta più al cedente e neanche al cessionario, che acquista un bene “usato”. La stessa regola si applica anche in caso di cessione del contratto di leasing e di mancato esercizio dell’opzione finale di acquisto.

La maggiorazione opera soltanto con riguardo alla determinazione delle quote di

ammortamento e dei canoni di leasing e non rileva, quindi, per il calcolo: delle plusvalenze o minusvalenze, degli studi di settore, del limite di 516,46 euro per la deduzione integrale del costo dei beni, del plafond del 5% per la deducibilità delle spese di manutenzione, del limite per gli acquisti dei beni strumentali da parte dei contribuenti minimi e dei parametri per effettuare il test di operatività delle società di comodo.

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Approfondimenti

NUOVO REGOLAMENTO EUROPEO SULLA PRIVACY: LA FIGURA DEL DATA PROTECTION OFFICER

Il ruolo del Data Protection Officer (DPO) alla luce del

nuovo Regolamento Europeo in tema di Privacy, n. 679/2016

A partire dal 25 maggio 2018 il nuovo Regolamento Europeo n. 679 del 27 aprile 2016 andrà a sostituire a tutti gli effetti il Codice della Privacy italiano (Decreto Legislativo n. 196/2003, il “Regolamento”). Alla luce di un così significativo passo avanti per la normativa in tema di protezione dei dati personali, inauguriamo con il presente numero di Newsletter un ciclo di approfondimenti sulle più rilevanti novità introdotte dal Regolamento.

Le pubblicazioni, con cadenza mensile, approfondiranno i temi più innovativi e rilevanti introdotti dal Regolamento: il diritto all’oblio; le modalità di notifica di una violazione dei dati all’autorità di controllo (data breach); il diritto alla portabilità dei dati; gli obblighi di valutazione d’impatto sulla protezione dei dati (privacy impact assessment).

Il primo focus si concentra su una delle principali novità del Regolamento: l’introduzione

di una nuova figura corporate, il Data Protection Officer (DPO), disciplinata nella

Sezione IV, artt. 37-39 del medesimo. Si tratta del “responsabile della protezione dei

dati”, come propriamente definito nella versione italiana del Regolamento Europeo, la cui istituzione diventerà obbligatoria in tutta una serie di casi, più avanti analizzati, che dovrà essere scelto e incaricato dal titolare del trattamento2, il quale, anche attraverso verifiche periodiche, ne resta corresponsabile (trattasi della c.d. culpa in eligendo e culpa in vigilando).

In precedenza, tale figura esisteva solo nella prassi aziendale e non ricopriva funzioni riconosciute o rese obbligatorie per legge. Una primordiale figura di DPO, il Privacy Officer (o chief privacy officer), è stata per la prima volta impiegata all’interno di un’azienda negli Stati Uniti, solo nel non lontano 19993. Il fatto che il Regolamento dedichi a tale figura l’intera Sezione IV del Capitolo IV, relativo alla responsabilità del titolare e del responsabile dei trattamenti, è già indicativo dell’importanza che il legislatore europeo ha inteso attribuire a tale figura.

2 Titolare del trattamento, secondo il Codice della Privacy, è la persona fisica, giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi altro ente, associazione od organismo cui competono, anche unitamente ad altro titolare, le decisioni in ordine alle finalità, alle modalità del trattamento dei dati personali ed agli strumenti utilizzati, ivi compreso il profilo della sicurezza. Il DPO non deve essere confuso con la figura del responsabile del trattamento che, secondo il Codice della Privacy, è più in generale la persona giuridica, la Pubblica amministrazione e qualsiasi altro ente, associazione od organismo preposto dal titolare al trattamento dei dati personali.

3 Si trattava dell’avvocato Ray Everett Church, nominato Chief Privacy Officer dalla società californiana All Advantage.

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FUNZIONE

Compito del DPO sarà quello di fornire all’interno di un’azienda la propria consulenza e

professionalità al fine di costruire un sistema organizzato di gestione dei dati

personali, sulle cui basi svolgere attività di verifica e di vigilanza, adottando un complesso di misure di sicurezza finalizzate alla tutela dei dati, in conformità a quanto prescritto per legge ed in modo tale da garantire standard di sicurezza e riservatezza.

Come previsto all’art. 38 del Regolamento, il DPO è una figura autonoma che espleta le proprie funzioni in piena indipendenza ed in assenza di conflitti di interesse, riferendo in merito al suo operato direttamente ai vertici aziendali. Questi ultimi sono tenuti a mettere a disposizione del “responsabile della protezione dei dati” personale, locali, attrezzature ed ogni altra risorsa necessaria per metterlo nelle condizioni di adempiere alle proprie funzioni e compiti.

OBBLIGO DI NOMINA

Come prescritto dall’art. 37 del Regolamento Europeo, è necessario che il titolare ed il responsabile del trattamento nominino sistematicamente un responsabile della protezione dei dati quando:

il trattamento è effettuato da un’autorità o un ente pubblico, ad eccezione dei Tribunali nell’esercizio dell’attività giudiziaria;

le attività principali del titolare del trattamento consistono in operazioni che, in ragione

della loro natura, del loro scopo e/o della loro finalità, richiedono un monitoraggio

regolare e sistematico delle persone interessate su larga scala;

le attività principali del titolare consistono nel trattamento su larga scala di categorie

speciali di dati, ai sensi dell’art. 9 o 10 del Regolamento, ovvero dati sensibili (che rivelino l’origine razziale o etnica, opinioni politiche, convinzioni religiose, appartenenza sindacale, ecc…) e dati personali relativi a condanne penali e reati.

RUOLO E COMPITI

Secondo quanto previsto dall’art. 39 del Regolamento, il DPO vedrà attribuiti i seguenti compiti:

sorveglianza sulla corretta applicazione della normativa in tema di protezione dei dati;

effettuazione di privacy impact assessment del trattamento dei dati personali, posti in essere dal titolare del trattamento, qualora l’attività di specifici progetti possa presentare un rischio elevato per i diritti e le libertà delle persone fisiche;

verifica della corretta applicazione della protezione dei dati sin dalla progettazione di applicativi (c.d. privacy by default);

attività di audit interno;

collaborazione con le Autorità di controllo competenti (prima tra tutte l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali);

controllo sulla corretta documentazione, notificazione e comunicazione delle violazioni dei dati personali (c.d. data breach notification).

Il ruolo di DPO potrà essere ricoperto da professionisti che posseggono approfondite conoscenze della disciplina Privacy, in grado di fornire tutta l’assistenza necessaria per progettare, verificare e mantenere un sistema organizzato di gestione dei dati personali all’interno di un organismo complesso come una P.A. o una grande società.

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Il Regolamento n. 679/2016 non ha imposto l’abilitazione o l’iscrizione a ordini professionali al fine dell’ottenimento del titolo di “responsabile della protezione dei dati personali”. Tuttavia, la norma ISO/IEC 17024, in tema di certificazione professionale, permette ad enti abilitati di certificare le competenze dei professionisti in possesso dei requisiti di cui sopra, assegnando il titolo di “Privacy Officer”.

Grande è l’attesa nei confronti dell’impatto che potrà avere l’introduzione del DPO anche in Italia: in un Paese dove spesso gli obblighi in tema di protezione dei dati personali sono considerati un mero (e fastidioso) adempimento burocratico, sarà possibile valutare gli eventuali vantaggi derivanti dall’introduzione della figura solo osservandone l’applicazione concreta.

Sono già numerose le voci autorevoli, tra cui spicca in primis quella del Garante della Protezione dei Dati4, che prospettano conseguenze positive correlate all’introduzione della figura del DPO, che consentirebbe di vigilare sull’adozione e sul mantenimento nel tempo di un adeguato modello organizzativo in materia di data protection, da cui deriverebbe un beneficio complessivo per l’azienda o la P.A., nonché per gli interessati al trattamento.

4 Come affermato nel Provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali n. 331 del 4 giugno

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Dal mondo

INIZIATO IL PERCORSO LEGISLATIVO PER LA RATIFICA DELL’INTESA SULLA DOPPIA IMPOSIZIONE TRA ITALIA E IRAN

Il 20 aprile 2016 è stato presentato alla Camera il disegno di legge di ratifica della Convenzione contro le doppie imposizioni tra l’Italia ed l’Iran, sottoscritta a Teheran il 19 gennaio 2005 (Atto della Camera n. 3760).

La ratifica dell’Accordo bilaterale sulle doppie imposizioni con l’Iran si colloca nel nuovo clima politico ed economico maturato a seguito dell’intesa con la Comunità internazionale sulla questione nucleare.

Più precisamente, nel corso della visita ufficiale in Italia dal 25 al 27 gennaio 2016, del Presidente della Repubblica Islamica dell’Iran, Hassan Rouhani è stata concordata una Road Map di cooperazione bilaterale, la quale al punto n. 6 del paragrafo dedicato alla

cooperazione economica prevede proprio la “… tempestiva entrata in vigore della

Convenzione contro la doppia imposizione firmata a Teheran il 19 gennaio 2005”.

LA STRUTTURA DELLA CONVENZIONE

La struttura della convenzione è conforme al modello internazionale predisposto

dall’OCSE. Tuttavia, al fine di tener conto delle richieste della controparte, alcune delle soluzioni adottate sono state riprese dal cd. Modello ONU, redatto per i Paesi aventi un grado di industrializzazione diverso dagli Stati membri dell’OCSE.

L’ambito oggettivo di applicazione è limitato alle singole imposte sui redditi, IRPEF, IRPEG ed IRAP (articolo 2, paragrafo n. 3). Con riferimento all’IRPEG, le disposizioni convenzionali devono intendersi applicabili all’IRES, in virtù della clausola di salvaguardia inserita nel paragrafo n. 4 consente l’applicazione anche alle imposte di natura identica o analoga che verranno istituite dopo la data della firma, in aggiunta o in sostituzione delle imposte esistenti.

Per quanto riguarda la tassazione di dividendi ed interessi (articoli 10 ed 11), vengono

previste aliquote differenziate di ritenute alla fonte. Per i dividendi, è stabilita un’aliquota

generale del 15% (in linea con il Modello convenzionale), a cui si affianca un’aliquota

ridotta del 5% applicabile al sussistere di determinate condizioni.

Per le royalties (articolo 12), la tassazione concorrente è limitata nello Stato della fonte

con un’aliquota generale del 10%.

A differenza del Modello convenzionale nel rispetto della prassi negoziale italiana, il

trattato mantiene l’articolo 14 (Professioni Indipendenti) che prevede, quale principio generale, l’imposizione esclusiva nello Stato di residenza del beneficiario del reddito. L’imposizione diventa concorrente se il beneficiario possiede una base fissa nello Stato della fonte nel quale sono svolte le prestazioni.

Con riferimento ai redditi di lavoro subordinato, l’articolo 15 è in linea con il Modello OCSE. Tuttavia, nell’ottica delle disposizioni pattizie intese ad evitare comportamenti

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elusivi, è stato inoltre previsto (paragrafo 4 del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione) uno speciale regime di tassazione del trattamento di fine rapporto o indennità similari, in base al quale tali redditi sono soggetti a tassazione concorrente tra lo Stato della fonte e quello di residenza del beneficiario.

Quanto al metodo per eliminare la doppia imposizione internazionale (articolo 23), è

stato adottato da entrambi i Paesi il criterio della tassazione del reddito, con

riconoscimento del credito d’imposta, anziché il cd. Metodo dell’esenzione da imposizione. Con riferimento all’Italia, l’ammontare del credito è limitato all’imposta estera relativa alla quota di imposta italiana attribuibile agli elementi di reddito imponibili in Iran, nella proporzione in cui gli stessi concorrono alla formazione del reddito complessivo.

L’articolo 26 della Convenzione, relativo allo scambio d’informazioni, non risulta

conforme al più recente standard OCSE.

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Dal Mondo

PARLAMENTO UE: ACCORDO SULLA PROPOSTA DELLA COMMISSIONE EUROPEA SULLA DIRETTIVA ANTI-ELUSIONE

Il 17 giugno 2016, il Consiglio Ecofin ha raggiunto l’accordo politico sulla proposta di direttiva della Commissione europea contenente misure volte a contrastare pratiche fiscali elusive.

La direttiva adottata fissa in particolare regole minime comuni in materia di:

limiti alla deducibilità degli interessi passivi da parte delle imprese: per contrastare l’erosione delle basi imponibili effettuata dai gruppi di imprese che collocano i prestiti infragruppo in Paesi ad alta tassazione, per beneficiare della deducibilità degli interessi passivi, e i profitti in Paesi a bassa tassazione, in linea con le raccomandazioni BEPS la direttiva prevede che gli interessi passivi siano deducibili fino al 30% dell’EBITDA (margine operativo lordo);

società controllate estere (CFC, “Controlled Foreign Companies”): per prevenire lo spostamento di profitti in giurisdizioni a bassa tassazione, all’interno e fuori dell’UE, la direttiva prevede che le società controllate estere siano tassate secondo aliquote e regole di calco della base imponibile del Paese dell’impresa controllante quando la CFC è localizzata in un Paese con tassazione sensibilmente inferiore e non svolge un’attività economica effettiva;

clausola antiabuso generale: tale disposizione consente di disconoscere a fini fiscali operazioni effettuate dalle imprese al solo fine di ottenere un vantaggio fiscale, e quindi senza valide ragioni economiche;

tassazione in uscita dei beni di impresa: sono introdotte regole comuni per la tassazione delle operazioni di trasferimento in altri Paesi di stabili organizzazioni, rami d’azienda, asset societari;

strumenti e entità ibride: la direttiva contiene una disposizione volta a contrastare fenomeni di doppia non tassazione derivanti dai disallineamenti delle qualificazioni giuridiche che i diversi ordinamenti attribuiscono a strumenti finanziari o entità, generando doppie deduzioni o deduzioni e non tassazione di talune categorie di reddito in Paesi diversi. La disposizione adottata riguarda le situazioni intracomunitarie. Tuttavia, la Commissione presenterà una ulteriore proposta legislativa entro ottobre, che il Consiglio si è impegnato ad adottare entro la fine del 2016, per estendere il campo di applicazione della disposizione anti-ibridi allineandola interamente alle raccomandazioni internazionali.

La direttiva entrerà in vigore dal 1° gennaio 2019, con l’eccezione della misura sulla tassazione in uscita dei beni di impresa che andrà applicata dal 1° gennaio 2020. Inoltre, in materia di limiti alla deducibilità degli interessi passivi gli Stati membri potranno continuare ad applicare misure nazionali vigenti con effetti equivalenti a quelli previste

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dalla direttiva fino a quando i Paesi OCSE non avranno adottato le raccomandazioni BEPS e comunque non oltre il 1° gennaio 2024.

Si segnala che il testo del citato accordo raggiunto il 17 giugno 2016 è parzialmente diverso rispetto a quello proposto dalla Commissione europea in data 28 gennaio 2016. In particolare, la direttiva adottata non contempla la disposizione sul credito d’imposta (c.d. switch-over clause)5.

5 In ragione delle difficoltà connesse alla concessione di un credito di imposta per imposte versate all’estero, gli Stati tendono ad esentare da imposizione i redditi esteri. Fenomeni di erosione della base imponibile si verificano quando i redditi esteri, esenti da imposizione nello Stato di ingresso, sono a loro volta non assoggettati a tassazione anche nello stato di provenienza. La clausola di switch over proposta dalla Commissione aveva quale obiettivo contrastare le suddette pratiche.

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Hanno partecipato alla redazione del presente numero:

Gianluca Ronzio - Dottore Commercialista e Revisore Legale

Giovanna Ianni - Avvocato e Patrocinante in Cassazione

Veronica Vitale - Dottore Commercialista e Revisore Legale

Antonio Virgallita - Avvocato

Alessandra Poggio

Andrea Musile - Dottore Commercialista e Revisore Legale

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