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Approfondimenti R. Martini www.lalegislazionepenale.eu 1 28.9.2016 L'AVVENTO DELLE SANZIONI PECUNIARIE CIVILI IL DIRITTO PENALE TRA EVOLUZIONE E MUTAZIONE di Riccardo Martini (Dottore di ricerca in diritto penale, Scuola Sant’Anna di Pisa; avvocato del Foro di Massa e Carrara) SOMMARIO: 1. Introduzione. - 2. La struttura della depenalizzazione: cenni. - 3. Il tanto agognato “illecito civile sanzionatorio”?.- 4. L'ibridazione con rilievi pubblicistici. - 5. La disciplina applicativa. - 5.1. La regola di giudizio da applicarsi. - 5.2. Il dolo nelle sanzioni pecuniarie civili. - 5.3. L'individuazione degli incaricati dell'onere probatorio aggiuntivo: l'avvento del processo inquisitorio civile? - 5.4. Circa l'effettiva conoscenza del procedimento sanzionatorio. - 5.5. Dubbi sul giudizio di impugnazione. - 5.6. Il problema dell'imputabilità e delle cause di giustificazione. - 6. Osservazioni sulla compatibilità con la Cedu: pena privata, ma pur sempre pena. - 7. Cenni sulla disciplina transitoria. - 8. Incongruenze dell'art. 8 co. 2 d. lgs. 7/2016. - 9. Chiusa. 1. Con l'emanazione dei d. lgs. 7 e 8 del 15.1.2016, il Governo ha portato a termine la serie di riforme delegate con l. 28.4.2014 n. 67. Nel vasto e variegato contesto della delega, la depenalizzazione si rivela la tessera di un mosaico articolato, che comprendeva anche la riforma del sistema sanzionatorio mediante l'introduzione di forme di detenzione domiciliare svolgenti la funzione di pena principale 1 , la valorizzazione del lavoro di pubblica utilità e l'introduzione di strumenti deflattivi quali la non punibilità per particolare tenuità del reato e la sospensione del processo con messa alla prova. In dottrina 2 si è osservato come i due interventi di depenalizzazione non si conformino ad una logica unitaria di selezione delle fattispecie e che la stessa riforma, nel suo complesso, sia privo di un orientamento unitario, ispirato ad una 1 Ma sotto questo profilo si deve rilevare come siano ormai scaduti invano i termini della delega conferita al governo. 2 Per un'approfondita analisi della depenalizzazione, v. A. Gargani, Tra sanzioni amministrative e nuovi paradigmi punitivi: la legge delega di 'riforma della disciplina sanzionatoria' (art. 2 L.28.4.14 n.67), in www.lalegislazionepenale.eu, 2015, 1 ss.; A. Gargani, La depenalizzazione bipolare, la trasformazione di reati in illeciti sottoposti a sanzioni pecuniarie amministrative e civili, in DPP 2016, 577 e F. Palazzo, Nel dedalo delle riforme recenti e prossime venture (a proposito della legge n. 67/2014), in RIDDP 2014, 1693.

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L'AVVENTO DELLE SANZIONI PECUNIARIE CIVILI IL DIRITTO PENALE TRA EVOLUZIONE E MUTAZIONE

di Riccardo Martini

(Dottore di ricerca in diritto penale, Scuola Sant’Anna di Pisa; avvocato del Foro di Massa e

Carrara)

SOMMARIO: 1. Introduzione. - 2. La struttura della depenalizzazione:

cenni. - 3. Il tanto agognato “illecito civile sanzionatorio”?.- 4. L'ibridazione con rilievi pubblicistici. - 5. La disciplina applicativa. - 5.1. La regola di giudizio da applicarsi. - 5.2. Il dolo nelle sanzioni pecuniarie civili. - 5.3. L'individuazione degli incaricati dell'onere probatorio aggiuntivo: l'avvento del processo inquisitorio civile? - 5.4. Circa l'effettiva conoscenza del procedimento sanzionatorio. - 5.5. Dubbi sul giudizio di impugnazione. - 5.6. Il problema dell'imputabilità e delle cause di giustificazione. - 6. Osservazioni sulla compatibilità con la Cedu: pena privata, ma pur sempre pena. - 7. Cenni sulla disciplina transitoria. - 8. Incongruenze dell'art. 8 co. 2 d. lgs. 7/2016. - 9. Chiusa.

1. Con l'emanazione dei d. lgs. 7 e 8 del 15.1.2016, il Governo ha portato a termine la serie di riforme delegate con l. 28.4.2014 n. 67. Nel vasto e variegato contesto della delega, la depenalizzazione si rivela la tessera di un mosaico articolato, che comprendeva anche la riforma del sistema sanzionatorio mediante l'introduzione di forme di detenzione domiciliare svolgenti la funzione di pena principale1, la valorizzazione del lavoro di pubblica utilità e l'introduzione di strumenti deflattivi quali la non punibilità per particolare tenuità del reato e la sospensione del processo con messa alla prova.

In dottrina2 si è osservato come i due interventi di depenalizzazione non si conformino ad una logica unitaria di selezione delle fattispecie e che la stessa riforma, nel suo complesso, sia privo di un orientamento unitario, ispirato ad una

1 Ma sotto questo profilo si deve rilevare come siano ormai scaduti invano i termini della delega conferita al governo. 2 Per un'approfondita analisi della depenalizzazione, v. A. Gargani, Tra sanzioni amministrative e nuovi paradigmi punitivi: la legge delega di 'riforma della disciplina sanzionatoria' (art. 2 L.28.4.14 n.67), in www.lalegislazionepenale.eu, 2015, 1 ss.; A. Gargani, La depenalizzazione bipolare, la trasformazione di reati in illeciti sottoposti a sanzioni pecuniarie amministrative e civili, in DPP 2016, 577 e F. Palazzo, Nel dedalo delle riforme recenti e prossime venture (a proposito della legge n. 67/2014), in RIDDP 2014, 1693.

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chiara logica politico-criminale3. La delega non è, evidentemente, ispirata da una “politica dei beni giuridici”4, ma più prosaicamente dall'intento di perseguire una deflazione processuale5. Una manovra articolata, funzionale ad introdurre differenti strumenti deflattivi, applicabili ad illeciti caratterizzati da un modesto profilo offensivo.

Deve anche evidenziarsi che, tramite la l. 67/2014, il legislatore ha inteso ricondurre il diritto penale vivente ai principi giustificativi della frammentarietà e sussidiarietà, conferendo il ruolo di extrema ratio non solo all'incriminazione, ma anche alla sanzione carceraria e, grazie a soluzioni quali la sospensione del processo con messa alla prova o la non punibilità per particolare tenuità del fatto, allo stesso profilo prettamente punitivo.

In questa direzione, il legislatore ha, ora, tratto spunto da modelli adottati in altri ambiti ordinamentali (esemplare l'adozione di una forma di probation che, in precedenza, era riservata al solo ambito settoriale del processo minorile), ora, elaborato soluzioni innovative, come la depenalizzazione con contestuale introduzione di sanzioni pecuniarie civili contenuta nel d. lgs. 7/2016. Con quest’ultima disciplina, il legislatore delegato ha introdotto nell'ordinamento un inedito modello sanzionatorio, che si innesta sul giudizio civile avente ad oggetto il risarcimento del danno, di cui si intendono approfondire la natura, le tecniche di accertamento e le future prospettive d'espansione.

2. La l. 67/2014 ha delineato due distinti modelli di depenalizzazione: da un

lato, la “naturale” degradazione del reato ad illecito amministrativo6, dall'altro, la trasformazione di alcune fattispecie di parte speciale procedibili a querela, espressamente elencate, in illeciti sottoposti a sanzione civile pecuniaria. L'opera del legislatore delegato si è tradotta in due distinti articolati normativi, che rappresentano, per così dire, le due anime della depenalizzazione: i d. lgs. n. 8 e 7 del 2016.

Se, dal punto di vista quantitativo (considerato l'elevato numero di fattispecie tramutate in illeciti amministrativi)7, assume interesse preminente il d. lgs. 8/2016, il

3 In questo senso v. A. Gargani, Tra sanzioni, cit., 22. 4 Ibidem. 5 Per un'estesa illustrazione del percorso storico che ha portato alla delega ed alle sue attuazioni v. A. Gullo, La depenalizzazione in astratto tra vecchi e nuovi paradigmi. Un'analisi dei decreti legislativi 7 e 8 del 15.1.2016, www.lalegislazionepenale.eu, 2015, 9 ss. 6 Adottando un criterio qualitativo incentrato sulla tipologia di pena comminata (pecuniaria), a sua volta corretto dall'elencazione di alcuni ambiti d'eccezione. Tale tecnica, peraltro, comporta il rischio di alcune dimenticanze od esiti poco condivisibili. Desta curiosità, ad esempio, la degradazione dell'aborto clandestino realizzato dalla madre, già punito dall'art. 19 co. 2 l. 22.5.1978 n. 194 con una multa fino a 51 €, in un illecito amministrativo punito, ai sensi dell'art. 1 co. 5 lett. a d. lgs. 15.1.2016 n. 8, con una sanzione che va da € 5.000 ad € 10.000. A prescindere dal fatto che tale condotta, se ritenuta illecita dall'ordinamento, avrebbe probabilmente dovuto mantenere rilevanza penale in ragione dei beni giuridici in gioco, si deve ritenere del tutto irragionevole il tremendo innalzamento della sanzione che si viene ad applicare. 7 Ma sulla concreta portata della riforma manifesta perplessità T. Padovani, Ridurre l'area penale non ha effetti deflattivi ed è poco efficace, in GD 2016 (1), 10.

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d. lgs. 7/2016 si distingue, invece, per l'introduzione di una tipologia giuridica inedita nell'ordinamento italiano: quella degli illeciti sottoposti a sanzione pecuniaria civile8.

Questi i tratti salienti della disciplina: gli illeciti sono espressamente tipizzati dall'art. 4 d. lgs. 7/20169 e ricalcano, sostanzialmente, i fatti tipici dei reati abrogati dall'art. 1 del decreto citato10; sono punibili solo laddove commessi con dolo11; la sanzione presuppone un giudizio civile instaurato al fine della condanna del convenuto al risarcimento del danno aquiliano12; la condanna al pagamento della sanzione civile viene inflitta dal giudice civile nel caso in cui accolga la domanda di risarcimento del danno subìto dalla persona offesa (escluso, quindi, il mero danneggiato)13; la sanzione viene devoluta a favore della Cassa delle Ammende14.

3. La determinazione della natura del modello di responsabilità introdotto con

il d. lgs. 7/2016 si rivela estremamente difficoltosa. Il riferimento alla «introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili» contenuto nell'intitolazione del decreto e l'originale procedimento di applicazione di tali sanzioni previsto dal legislatore delegato (con esclusiva competenza del giudice civile), evocano, infatti, l'idea che ci si trovi al cospetto di un modello di responsabilità punitiva di matrice squisitamente privatistica.

Si tratta di un'eventualità non priva di fondamento: basti pensare, da un lato, ai noti istituti di natura civilistica, previsti in altri ordinamenti giuridici, che fanno della funzione punitiva il loro tratto caratterizzante (si pensi, ad es., agli emblematici punitive damages dell'esperienza statunitense) 15 e dall’altro, soprattutto, alla

8 Concordemente A. Gullo, La depenalizzazione in astratto tra vecchi e nuovi paradigmi. cit., 16. 9 Per un'analisi approfondita dei nuovi illeciti v. ibidem, 40. 10 Peraltro, sono state escluse dalla manovra tre fattispecie contemplate invece dalla legge delega, ossia i delitti contro il patrimonio descritti dagli artt. 631, 632 e 633 co. 1 Cp: il legislatore delegato avrebbe scelto di non depenalizzare tali fattispecie per fare fronte all'allarme sociale recentemente prodotto da un crescente numero di violazioni di tale genere (v. Relazione illustrativa allo schema di decreto legislativo n. 246, 3), ma la scelta si rivela contraddittoria, laddove si osserva che proprio questa depenalizzazione è stata concepita anche allo scopo di sottrarre i precetti coinvolti dalla crisi di effettività del diritto penale (resta il fatto che molto spesso gli autori di questi illeciti si rivelano per essere dei clochard, come tali insensibili alla inflizione di una sanzione pecuniaria). Ancora, si segnala l'introduzione di una modifica del delitto di danneggiamento di cui all'art. 635 Cp; a questo proposito, già v'è chi denuncia l'incostituzionalità del d. lgs. 7/2016 per eccesso di delega, per avere il legislatore delegato introdotto nel testo del nuovo art. 635 Cp il caso del danneggiamento realizzato «in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico»: v. V. Bove - P. Cirillo, L'esercizio della delega per la riforma della disciplina sanzionatoria, una prima lettura, in www.penalecontemporaneo.it, 7.3.2016, 20. Sono poi presenti alcune discrepanze: per le fattispecie di falso, ad esempio, scompare il riferimento al dolo specifico. Per V. Bove - P. Cirillo, L'esercizio della delega per la riforma, cit., 25, questo è dovuto all'esigenza di mantenere saldo il parallelismo tra sanzione pecuniaria civile e responsabilità aquiliana. 11 Cfr. art. 3 d. lgs. 7/2016. 12 Cfr. art. 8 d. lgs. 7/2016 co. 1. 13 Cfr. art. 8 d. lgs. 7/2016 co. 2. 14 Cfr. art. 10 d. lgs. 7/2016. 15 Non importabili nell'ordinamento giuridico italiano perché frutto di una cultura giuridica troppo distante. V. G. Ponzanelli, I danni punitivi, in NGCC 2008, 26 s., che evidenzia che «non sussistono le condizioni istituzionali per un vero legal transplant». L'istituto da sempre è stato ritenuto

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previsione, nell’ordinamento interno, di ipotesi di risarcimento del danno cui la dottrina attribuisce, oltre alla tradizionale e basilare funzione retributivo-compensativa, anche una funzione sanzionatoria-deterrente16.

Tracce di tale “evoluzione” della responsabilità civile sono rinvenibili in riferimento al risarcimento del danno aquiliano non patrimoniale ex art. 2059 Cc, non del tutto estraneo ad una tecnica di commisurazione del danno che valorizzi anche il profilo della deterrenza17, nonché nello strumento introdotto in ambito endo-familiare dall'art. 709 ter Cpc18, che fa riferimento ad un danno di incerta qualificazione, interpretato dalla giurisprudenza di merito in chiave marcatamente sanzionatoria19.

Gli istituti sopra richiamati, peraltro, sono e restano inscindibilmente legati all’originaria funzione di risarcimento del danno cagionato, con la conseguenza che in tali casi la prospettiva della sanzione potrà assumere una rilevanza solo marginale, senza mai poter divenire esclusiva o preponderante20. Persino la previsione -ritenuta, da parte della dottrina21, la più prossima al concetto di risarcimento punitivo - ossia

incompatibile con l'ordinamento interno da parte della giurisprudenza di legittimità (V. Cass. Civ. 19.1.2007 n. 1183) che, solo recentemente, ha dimostrato verso di esso un'apertura, con la pronunzia Cass. Civ. 15.4.2015 n. 7613. Chiaramente, nulla avrebbe impedito al legislatore di introdurre questo istituto giuridico all'interno dell'ordinamento italiano; in effetti in dottrina si era rilevato, all'indomani della legge delega 67/2014, come per il Governo si profilasse la possibilità di introdurre nell'ordinamento italiano la figura dei punitive damages. Con l'introduzione del d. lgs. 7/2016, invece, il legislatore delegato ha preferito valorizzare la funzione general-preventiva ed ultracompensativa della sanzione mantenendone una veste, e destinazione, pubblicistica. Questo, peraltro, ha consentito di neutralizzare alcuni dei rischi congeniti ai punitive damages: quello dell'eccesso nella loro quantificazione e della strumentalizzazione della causa civile. Cfr. A. Gargani, Tra sanzioni, cit., 15 ss. 16 Per un approfondimento sul punto V. F. D. Busnelli, Deterrenza, responsabilità civile, fatto illecito, danni punitivi, in Europa e Diritto Privato 2009, 909 ss. E. S. Patti, Pena Privata, in DigDiscPriv, Sez. civ., XIII, Torino 1994, 349 ss. 17 Ibidem, 924 ss.; l'Autore evidenzia, altresì, come tale tendenza sia in qualche modo esasperata dalla prassi, facendo leva sulla mancanza di criteri univoci per calcolare l'ammontare del danno non patrimoniale. In tale senso, la figura del danno morale soggettivo può rappresentare il punto di ingresso, nella logica prevalentemente compensativa dell'istituto, di funzionalizzazioni “eversive” dello strumento compensatorio. In termini simili, M. Franzoni, Il danno risarcibile, Milano 2010, 491, che enfatizza come il danno morale soggettivo ex art. 185 Cp debba assumere una funzione mista. 18 Articolo introdotto dall'art. 2 co. 2 l. 8.2.2006 n. 54. 19 In questo senso v. F. D. Busnelli, Deterrenza, responsabilità civile, fatto illecito, cit., 929, e A. D'Angelo, L'art. 709 ter c.p.c. tra responsabilità e sanzione, un “surrogato” giurisprudenziale alla solidarietà familiare?, in Danno e Responsabilità 2008, 1205. Ha una formulazione tale da ammettere l'inclusione di un profilo sanzionatorio anche il risarcimento del danno ottenuto tramite class action ex art. 140 bis del Codice del Consumo. 20 Così F. D. Busnelli, Deterrenza, responsabilità civile, fatto illecito, cit., 933 che, in riferimento alla «frontiera massima del risarcimento del solo danno effettivo», scrive che «superarla significherebbe mettere in crisi non soltanto la funzione, ma l'essenza stessa della responsabilità civile, e il suo principale criterio distintivo dalla responsabilità penale», per poi soffermarsi sui parametri in base ai quali cercare di realizzare il contemperamento tra le due funzioni che caratterizzano il danno morale soggettivo. 21 V. F. Palazzo, Nel dedalo, cit., 1718, che ritiene questo istituto quello che presenta maggiori punti di contatto con quello introdotto con il d. lgs. 7/2016.

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la riparazione contemplata dall'art. 12 l. 47/1948 (legge sulla stampa) in aggiunta al risarcimento del danno ex art. 185 Cp (che pur assume una connotazione sanzionatoria), deve ritenersi una forma di indennizzo equitativamente determinato22.

Estranee al concetto di pena privata si rivelano altre ipotesi sanzionatorie settoriali presenti nel nostro ordinamento che, per quanto applicate dal giudice civile, presentano, di volta in volta, natura disciplinare, amministrativa, o riparatorio-compensativa23.

Ciò non esclude che l'introduzione di una forma di sanzione civile non sia invocata, de jure condendo, dalla dottrina24; né che sia compatibile con l'ordinamento giuridico italiano, dato che l'art. 1173 Cc, nel richiamare il fatto illecito come fonte di obbligazioni, non contiene alcuna esplicita limitazione all'ambito della responsabilità aquiliana 25 , e che nessuna preclusione emerge dalla Costituzione 26 o dall'ordinamento comunitario27.

Ne discende la necessità di sondare se tale modello di responsabilità non sia stato introdotto proprio dal d. lgs. 7/2016.

Secondo autorevole dottrina, peraltro, l'illecito civile corredato da pena privata dovrebbe presentare alcuni imprescindibili requisiti: previsione legislativa (nulla

22 Sembrano indici sicuri di tale conclusione sia il nomen iuris attribuito all'istituto, “riparazione pecuniaria”, sia il suo essere parametrato sulla gravità dell'offesa e sulla diffusione dello stampato. Tale ultimo aspetto rivela l'intima connessione tra ammontare della riparazione e danno cagionato. 23 T. Padovani, Procedibilità ed applicazioni, le differenze più nette, in GD 2016 (8), 76, richiama le sanzioni pecuniarie (disciplinari) contemplate dalla legge notarile vigente fino alla riforma del 2006 ed alcune sanzioni amministrative contemplate dall'ordinamento dello stato civile precedentemente alla riforma del 2000; ancora si possono richiamare l'art. 129 bis Cc, che contempla una forma di indennizzo equitativo calcolato su base forfettaria nei confronti del contraente in buona fede di un matrimonio nullo; il pagamento di un indennizzo rappresentato dal doppio del valore della superficie altrui occupata nella costruzione di un edificio ex art. 938 Cc (figura che, si badi bene, presuppone la buonafede del realizzatore dell'opera e non assume, pertanto, una funzione direttamente sanzionatoria); infine, la condanna della parte processuale in malafede o colpa grave al pagamento di una somma equitativamente determinata a beneficio della controparte ex art. 96 co. 3 Cpc, aggiuntiva rispetto al risarcimento del danno. Anche quest'ultima figura assume una connotazione sanzionatoria ma, dato che la liquidazione viene effettuata secondo equità, sembra funzionale a ripagare la parte in buona fede dei fastidi e delle preoccupazioni che, non risarcibili ex art. 2043 ss. Cc, sono stati cagionati dalla condotta del condannato. 24 V. in merito F. D. Busnelli, Deterrenza, responsabilità civile, fatto illecito, cit., 940 ss. 25 V. F. D. Busnelli, Deterrenza, responsabilità civile, fatto illecito, cit., 940 ss. e F. Bricola, La riscoperta delle «pene private» nell'ottica del penalista, in Le pene private, a cura di F. D. Busnelli e G. Scalfi, Milano 1984, 28, che ha osservato come l'introduzione di un istituto puramente sanzionatorio civile potrebbe rappresentare una valida strada per la depenalizzazione, consentendo peraltro una maggiore capacità di repressione dell'illecito rispetto al reato, vincolato com'è dal principio di tipicità. 26 Più diffusamente F. D. Busnelli, Deterrenza, responsabilità civile, fatto illecito, cit., 940 ss. F. Bricola, La riscoperta, cit., 50, addirittura suggerisce che la formulazione aperte dell'art. 23 Cost. consenta una siffatta soluzione. 27 A questo proposito il Regolamento 864/2007/CE riconosce come la figura dei «danni non risarcitori aventi carattere esemplare o punitivo» sia conforme all'ordine pubblico degli stati membri, purché essi non siano liquidati in misura eccessiva.

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poena sine lege); tipizzazione delle fattispecie di illecito; ascrizione della responsabilità su base dolosa; emancipazione della sanzione dalla rilevanza economica del danno e sua parametrazione sulla base di coefficienti predeterminati28.

Non sfugge, a questo punto, che i requisiti delle pene private elaborati dalla dottrina civilistica si rispecchino nelle caratteristiche degli illeciti descritti dal d. lgs. 7/2016. Sulla base di quanto fin qui osservato, sembrerebbe possibile ritenere che il legislatore delegato, sfruttando l'ampia delega ricevuta, abbia finalmente introdotto nel nostro ordinamento quell'istituto sanzionatorio civile da molto tempo posto all’attenzione della dottrina civilistica.

A turbare quest’apparente armonia, contribuisce un elemento distonico, rappresentato dalla destinazione pubblica della sanzione. Il fatto che l’importo di quest’ultima debba essere devoluto a favore della Cassa delle Ammende dimostra, infatti, che a tale sanzione è attribuita una rilevanza pubblicistica e che, di conseguenza, lo stesso illecito si iscrive in una dimensione non esclusivamente privatistica. Aldilà dell’interesse pubblico ad incamerare l’importo della sanzione, in primo piano si pone la finalità general-preventiva (disincentivare determinate condotte illecite)29. Questa conclusione è confermata dall'automatismo col quale prende le mosse il procedimento sanzionatorio30: la pretesa punitiva dello Stato ha come “condizione di procedibilità”31 la presentazione di una domanda giudiziale di risarcimento del danno ed è sottratta alla disponibilità della parte privata32.

28 V. F. D. Busnelli, Deterrenza, responsabilità civile, fatto illecito, cit., 943. Più restrittivo ancora è G. Ponzanelli, Pena privata, in EG, XXII, Roma 1990, 5, che ritiene che la «pena privata, nella sua versione pura (…) dovrebbe costituire una sanzione giuridica lasciata unicamente alla previsione dei privati, la cui operatività, in secondo luogo, dovrebbe essere rimessa all’iniziativa degli stessi, e i cui beneficiari dovrebbero essere sempre i privati». Facendo riferimento a questo seconda definizione, più rigida e fedele alla natura privatistica della sanzione, emerge con nitore quanto la sanzione pecuniaria civile introdotta dal d.lgs. 7/2016 non possa essere ricondotta ad una dimensione esclusivamente privatistica. Altra impostazione era assunta, forse non a caso da parte di un penalista, da F. Bricola, La riscoperta, cit., 1582: l'Autore sosteneva come la definizione del grado di determinatezza dei presupposti applicativi e della misura delle sanzioni non potessero non rispecchiare il ricorso civilistico a clausole di natura generale. Ciascuno dal suo punto di vista, i vari studiosi hanno cercato di dare un volto alla pena privata tendendo le braccia verso “l'altra sponda del fiume”, ispirandosi agli elementi maggiormente caratterizzanti dell'altra branca del diritto, con diverse e tutte interessanti proposte di ibridazione. 29 A. Gargani, La depenalizzazione, cit., 597, ha osservato come il legislatore delegato, vista la libertà data dalla delega, ha preferito percorrere questa strada in considerazione della funzione general-preventiva della sanzione e della sua vocazione “pubblicistica”. Questa riflessione conforta l'approccio ermeneutico qui tentato, in quanto evidenzia come la destinazione pubblica della sanzione è espressione di caratteristiche intrinseche del nuovo modello di illecito. 30 A sua volta espressione della natura punitiva e della funzione general-preventiva della sanzione. Così A. Gargani, La depenalizzazione, cit., 598, che, peraltro, sottolinea come la scelta dell'automatismo sia stata dettata anche dalla necessità di sottrarre il nuovo istituto sanzionatorio da «un'eccessiva privatizzazione (coi rischi di speculazione e “mercanteggiamento” che sarebbero derivati dalla scelta di far dipendere l'irrogazione della sanzione dalla volontà della persona offesa)». 31 A questo proposito è stato osservato che l'accoglimento della domanda civile rappresenta un presupposto processuale perché il giudice possa pronunziarsi sulla sanzione pecuniaria civile. V. G.

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4. Il d. lgs. 7/2016 ha, dunque, introdotto un nuovo genere di illecito33: di

natura extra-penale, non riconducibile all’ambito amministrativo e nemmeno al modello tradizionale di illecito civile, geneticamente funzionalizzato alla riparazione economica del danno34.

Il nuovo illecito è frutto dell'ibridazione35 tra modelli di tutela, ossia tra macro-aree dell'ordinamento (e non già tra discipline, giacché prima del d. lgs. 7/2016, nel nostro ordinamento l'illecito civile punitivo compariva come noumeno).

Si tratta, quindi, di valutare quale modello di illecito sia stato preso in considerazione in sede di disciplina della tutela sanzionatoria civile, introdotta in sede di depenalizzazione.

Sul piano della disciplina sostanziale dei nuovi illeciti, è possibile rilevare significative affinità rispetto al modello di responsabilità amministrativa: il d. lgs. 7/2016 riproduce, quasi letteralmente, alcune delle disposizioni contenute nella prima sezione della l. 689/1981 («Modifiche al sistema penale (depenalizzazione)»), che enuncia i “principi generali” alla base della disciplina delle sanzioni amministrative. Se la disciplina processuale dei nuovi illeciti civili si differenzia in chiave garantistica dal modello amministrativo, dal punto di vista strutturale non

Spina, Illeciti con sanzioni pecuniarie civili introdotti dal d.lvo 7/2016: luci ed ombre, in www.lanuovaproceduracivile.com, 3. 32 A ben vedere, l'unico modo che ha l'attore per condizionare direttamente il procedimento di accertamento che si viene ad innestare nel procedimento civile è quello di rinunziare alla domanda sanzionatoria, impedendo così il verificarsi del presupposto della sanzione rappresentato dall'accoglimento della domanda. La scelta a favore dell'automatismo è stata spiegata dalla dottrina con l'intento di disincentivare nei potenziali attori la strumentalizzazione del processo civile al fine di lucrare eccessive ed indebite somme di denaro: v. A. Gargani, Tra sanzioni amministrative e nuovi paradigmi punitivi, cit., 21. La relazione illustrativa con la quale il governo ha presentato il decreto, peraltro, motiva la scelta dell'automatismo perché ritenuta «più conforme ad esigenze di “prudenza processuale” (imposte anche dal carattere particolarmente innovativo dell'istituto delle sanzioni civili punitive». V. Relazione illustrativa, cit., 6. 33 In termini simili, ma senza prendere posizione circa la natura degli illeciti introdotti dal d. lgs. 7/2016, M. Bove, Sull'introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie dal punto di vista del processualcivilista (note a margine del D. Lgs. n.7 del 15/1/2016), in www.lanuovaproceduracivile.com, 2016, 4: «la stessa vicenda, ancorché ritagliata giuridicamente in modi parzialmente diversi, dà luogo a due illeciti: uno di natura civile e l'altro di altra, non ben definibile, natura. Il primo consiste nella lesione di una situazione giuridica soggettiva e produce una pretesa che ha la funzione del ristoro del danno subito. Il secondo fa emergere un diverso disvalore che porta ad una punizione, ad un'afflizione che lo Stato infligge al 'colpevole', la cui caratteristica non sta nell'essere qualificabile come illecito 'civile', perché qui non si tratta di far emergere la lesione di una situazione giuridica soggettiva, bensì nell'essere essa irrogata dal giudice civile». 34 Peraltro, risulta opportuna una precisazione: la responsabilità aquiliana costruita sul binomio degli artt. 2043 – 2059 Cc è fondamentalmente atipica, radicandosi ogniqualvolta si verifichi un danno che deve presentare l'unico requisito della “ingiustizia”. Gli illeciti contenuti all'art. 4 d. lgs. 7/2016 sono invece tipizzati, e la loro eventuale integrazione non coincide con la responsabilità risarcitoria e non si risolve in essa, ma con essa concorre. In altre parole, mentre il fatto materiale potrebbe apparire come unicum, differenti saranno le conseguenze giuridiche ad esso ricollegabili, esattamente come avveniva quando ancora gli illeciti in questione avevano rilevanza penale. 35 Sul punto v. anche T. Padovani, I nuovi illeciti civili, procedibilità ed applicazioni, in GD 2016 (8), 78.

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emergono divergenze significative36. Mentre le evidenziate affinità tra le discipline sostanziali si possono agevolmente spiegare col fatto che i due corpi normativi sono stati chiamati ad assolvere una medesima funzione preventiva e punitiva, garantendo un adeguato grado di coerenza e di continuità della tutela, significativi profili di divergenza sono riscontrabili sul piano degli oggetti di tutela. Mentre l'intervento amministrativo è finalizzato a prevenire e reprimere condotte lesive di un interesse pubblico o, quantomeno, esponenziale (come nel caso degli illeciti ambientali), i nuovi illeciti civili sono esclusivamente incentrati su interessi di natura privata.

Maggiori affinità sono riscontrabili rispetto all'area del diritto penale: esse consistono nel “retaggio storico” degli illeciti, ossia nella previsione della necessità del coefficiente doloso37, nella stretta personalità della responsabilità (con esclusione di qualsiasi ipotesi di solidarietà), e nell'introduzione, ad opera dell'art. 11 d. lgs. 7/2016, di un apposito registro delle sanzioni civili, rilevante ai fini dell'eventuale reiterazione dell'illecito38.

In dottrina è stato evidenziato che, sul piano sostanziale, le nuove figure di illecito presentano una concreta omogeneità di garanzie rispetto ai delitti da cui derivano e che il gap emerge sotto il profilo processuale (con il rischio di un eccesso di delega per il legislatore delegato, nel momento in cui si fosse trovato a definire la disciplina processuale dei nuovi illeciti)39. In definitiva, è possibile ritenere che il vero fil rouge che lega queste nuove figure di illecito ai delitti dai quali discendono, è l'immutata funzione di prevenire e di reprimere la lesione di interessi giuridici che assumono una dimensione prevalentemente privatistica.

Sembra, dunque, possibile ritenere che il d. lgs. 7/2016 abbia introdotto nel nostro ordinamento un modello di responsabilità fondamentalmente ispirato al concetto di illecito civile “punitivo”, che presenta, però, caratteristiche che fuoriescono dall'area del diritto privato e conferiscono agli illeciti connotazioni pubblicistiche40. La stessa destinazione alla Cassa delle Ammende dell’importo della sanzione pecuniaria non consente, a stretto rigore, di parlare di “pena privata”41.

36 Ibidem. 37 Peraltro, come sopra illustrato, la limitazione alla responsabilità dolosa ex art. 3 d. lgs. 7/2016, per quanto coerente col modello di incriminazione dei reati depenalizzati, trova la sua raison d'etre anche nella stessa natura punitiva dell'illecito, finalizzata a selezionare per fini repressivi solo quelle condotte effettivamente connotate da voluntas necandi. 38 V. sul punto T. Padovani, I nuovi illeciti, cit., 78. 39 Cfr. A. Gargani, Tra sanzioni, cit., 19 ss. 40 A questo proposito la dottrina ha osservato che «La previsione del nuovo istituto delle sanzioni pecuniarie civili è destinata ad assumere un'importanza “storica”, soprattutto per quel che concerne i rapporti tra diritto penale e diritto civile. Gli illeciti tipici, sottoposti a sanzione pecuniarie civile, identificano, in effetti, un istituto senza precedenti, che, sul piano funzionale e contenutistico, non è compiutamente assimilabile alle molteplici figure di illeciti e sanzioni civili previste nell'ordinamento interno». V. A. Gargani, La depenalizzazione, cit., 591. 41 É pure vero che è stato osservato che la destinazione pubblica della sanzione è stata dettata dalla necessità di sottrarre il nuovo istituto dal rischio di strumentalizzazioni lucrative e di evitare, conseguentemente, l'impennarsi del contenzioni civile (così F. Palazzo, Nel dedalo, cit., 1693). Nonostante tale autorevole opinione, si deve comunque evidenziare come l'intento effettivamente perseguito dal legislatore non sia tale da incidere sulla disciplina sostanziale dell'illecito; un'autentica

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Siamo di fronte ad una sorta di ibrido tra diritto civile e diritto penale, che, da un lato, concilia la dimensione offensiva privata degli illeciti con l’interesse pubblicistico alla loro repressione, ma, dall'altro, pone numerose e significative problematiche interpretative42.

5. Volgendo lo sguardo alla disciplina applicativa, è possibile fin da subito

notare l'estrema laconicità del testo normativo, foriera di molteplici dubbi ermeneutici.

5.1. Il primo profilo d'incertezza attiene al parametro di giudizio che dovrà

essere osservato dal giudice civile: ci si chiede, infatti, se i requisiti della responsabilità sanzionatoria – nesso causale, in primis43 – debbano essere accertati sulla base del criterio penalistico dell’oltre ogni ragionevole dubbio o si debba, invece, fare riferimento al canone del “più probabile che non” al quale, sul presupposto dell'equipollenza degli interessi privati fatti valere dalle parti, è informato il giudizio civile. Nella dottrina processual-civilistica vi è chi ritiene che, a causa della natura non privatistica della responsabilità sanzionatoria, possa essere opportuno conservare la regola di giudizio dell’“oltre ogni ragionevole dubbio”44; ciò comporterebbe, tra l'altro, una discrasia, interna alla decisione, tra accertamento del nesso causale ai fini della condanna per il danno aquiliano e sua esclusione per insufficienza della prova richiesta per l'applicazione della sanzione.

A ben vedere, la questione della determinazione del canone di giudizio, ispirata dall'intento di mantenere l'elevato livello di garanzia che caratterizza la tutela penale, risulta essere un “falso problema”. In effetti, la tesi della persistente validità del canone BARD sembra dare per scontato un dato che deve, invece, essere decisamente escluso, ossia che le nuove figure di illecito mantengano l'originaria natura penale. Il modello punitivo extra-penale di cui al d. lgs. 7/2016 comporta necessariamente un’attenuazione delle garanzie, conseguente alla peculiare tecnica di tutela del bene giuridico adottata in sede di depenalizzazione45. Piuttosto, merita

eterogenesi dei fini, quindi, destinata ad incidere sulla natura e sulla disciplina dei nuovi illeciti più di quanto il legislatore delegato possa aver immaginato. 42 Ad esempio, sul difficile percorso di integrazione di questa nuova figura nel processo civile v. M. Bove, Sull'introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie dal punto di vista del processualcivilista (note a margine del D. Lgs. n.7 del 15/1/2016), cit., passim. 43 La questione si pone anche in riferimento ad ogni altro elemento dell'illecito, ivi compresi quelli “negativi” della provocazione o della ritorsione in riferimento all'ingiuria: il giudice civile dovrà ritenere soddisfacente esclusivamente una prova che soddisfi il criterio del “più probabile che non” o dovrà, piuttosto, riconoscere rilevanza ad ogni dato che, in termini di persuasività, possa essere considerato come “ragionevole”? 44 È di questo parere M. Bove, Sull'introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie dal punto di vista del processualcivilista (note a margine del D. Lgs. n.7 del 15/1/2016), cit., 5 ss, contra V. Bove - P. Cirilli, L'esercizio della delega per la riforma della disciplina sanzionatoria, una prima lettura, cit., 27. 45 Sulla doverosa applicazione del criterio di giudizio del “più probabile che non” v. A. Gargani, Tra sanzioni, cit., 22; F. Palazzo, Nel dedalo, cit., 1721; P. Molino - L. Barone - A. D'Andrea - M.E. Guerra, Gli interventi di depenalizzazione e di abolitio criminis del 2016: una prima lettura, Rel III/1/2016 dell'Ufficio del Massimario, settore penale, della Corte di Cassazione, in

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sottolineare il fatto che il nuovo modello punitivo presenta un livello di garanzia apprezzabilmente superiore rispetto a quello che caratterizza il paradigma amministrativo: basti pensare alla diversa autorità chiamata all’applicazione della sanzione (giudice civile, nel primo caso, autorità amministrativa, nel secondo).

5.2. Un ulteriore interrogativo riguarda le caratteristiche del dolo che il

giudicante deve riscontrare nel fatto del convenuto, specificamente per quanto attiene al suo oggetto ed alla sua struttura46.

Nel diritto civile non sono reperibili, sul piano legislativo, né una definizione, né un concetto unitario di dolo: il termine rappresenta, in sostanza, una definizione di genere alla quale sono ricondotti concetti multiformi, modellati su realtà variegate47. In questo quadro caleidoscopico, il dolo assume ora la veste della malafede in ambito contrattuale48; ora la funzione, assieme alla colpa grave, fondante la responsabilità risarcitoria per danni altrimenti irrilevanti sotto il profilo aquiliano49; ora, infine, il compito di qualificare come ingiusto un danno che, laddove frutto di mera colpa, non presenterebbe tale unico elemento di “tipicità” contenuto nell'art. 2043 Cc50. È per tale ragione che l'opinione maggioritaria individua una nozione generica di dolo valida in ambito civilistico nell'art. 43 Cp51.

Data questa premessa, sembra possibile, da un lato, escludere che la definizione di dolo applicabile agli illeciti ex d. lgs. 7/2016 possa essere tratta per analogia da uno dei tanti ambiti settoriali del diritto civile52 e, dall'altro, affermare che nulla vieti che in questo specifico ambito, come già avviene per tradizione in una

www.penalecontemporaneo.it, 4.4.2016, 25. Questa lettura è a sua volta suffragata dalla relazione governativa di accompagnamento del decreto, che in merito fa riferimento ad esigenze di coerenza e funzionalità pratico-applicativa. 46 Orbene, sotto questo aspetto è opportuno sottolineare come questo problema, in riferimento ad alcuni degli illeciti ex d. lgs. 7/2016, non si ponga: nel caso dell'ingiuria, ad esempio, difficilmente si porrà il problema di accertare la sussistenza del dolo del convenuto, e questo perché si tratta di un fatto fortemente caratterizzato dall'elemento soggettivo che emergerà, di conseguenza, dalla stessa modalità di realizzazione dell'illecito. Diversamente invece si caratterizza l'illecito di sottrazione di cosa comune, in cui il fatto appropriativo può assumere la stessa connotazione sia in caso di dolo, che di colpa del soggetto agente. 47 In questo senso P. Cendon, Dolo (intenzione nella responsabilità extracontrattuale), in DigDiscPriv, Sez. civ., VII, Torino 1994, 36, ha osservato che «la varietà di quelle situazioni, e delle singole accezioni di dolo (in senso ampio) cui volta per volta è attribuito risalto dal legislatore, appare tale per se stessa da spingere l'interprete a mettere immediatamente in questione l'attendibilità – o quantomeno il valore pratico, o l'attitudine descrittiva – di una rigida nozione unitaria di dolo» 48 Come per gli artt. 1439 e 1440 Cc, che disciplinano il caso in cui il consenso contrattuale sia stato viziato dal dolo dell'altro contraente. 49 È il caso dell'art. 2236 Cc, che disciplina la responsabilità del professionista che presta un'opera di particolare difficoltà. 50 Così P. Cendon, ibidem, 40. 51 V. C.F. Grosso, Sulla rilevanza di princìpi e norme penali in ordine a taluni aspetti dell'elemento soggettivo nell'art. 2043 c.c., in RTDPP 1962, 67 e, in ambito civilistico, G. Quagliariello, Sulla responsabilità da illecito nel vigente codice civile, Napoli 1957, 30 e M. Pogliani, Responsabilità e risarcimento da illecito civile2,, Milano 1969, 8. 52 Per una loro elencazione esaustiva si rimanda a P. Cendon, Dolo, cit., 29.

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dimensione più generale, tale definizione sia tratta dalla semantica penalistica. Questa soluzione, del resto, consente di garantire un adeguato grado di coerenza nella risposta dell'ordinamento nei confronti dei fatti illeciti.

Per quanto attiene alla determinazione dell'oggetto del dolo, il giudice civile dovrà rifarsi a quanto doveva essere oggetto di rappresentazione e volontà da parte dell'autore, con riferimento al reato depenalizzato. Più problematica, invece, si rivela la definizione della struttura del dolo, specificamente per quanto attiene alla rilevanza del dolo eventuale. Sotto questo aspetto, è possibile rilevare come, de iure condendo, la dottrina civilistica avesse limitato l’applicazione degli illeciti sanzionatori civili al caso di danni cagionati intenzionalmente. Si era osservato che uno dei pochi tratti comuni del dolo nella costellazione civilistica è, appunto, dato dalla volizione diretta e che l’ammissione del dolo eventuale avrebbe potuto innescare un processo di normativizzazione dello stesso coefficiente di ascrizione, con sua consequenziale, progressiva assimilazione alla colpa grave53.

Di contro, si deve, però, osservare che la peculiare connotazione di questo nuovo modello di responsabilità rende poco pregnante il confronto sistematico con le altre fattispecie di dolo civilisticamente rilevanti, proprio in ragione della differente funzione che ognuna di esse è chiamata a svolgere. Inoltre, il rischio di normativizzazione del dolo si configurerebbe comunque, a prescindere dall'ammissione o meno della sua forma eventuale, trattandosi di una tendenza prasseologica, da lungo tempo censurata da parte della dottrina penalistica.

A favore della configurabilità del dolo eventuale milita, infine, il fatto che quest’ultimo risultava idoneo a fondare la colpevolezza in riferimento agli originari illeciti penali: il mantenimento della sua rilevanza verrebbe a rappresentare un elemento di continuità nella definizione dei confini di riprovevolezza degli illeciti. Inoltre, se il dolo eventuale assumeva rilievo in riferimento alle fattispecie penali, naturalmente corredate da maggiore rigore nell'accertamento dell'illecito, è ragionevole ritenere che altrettanto possa e debba avvenire nel nuovo contesto di tutela.

5.3. Un'ulteriore problematica riguarda l'individuazione del soggetto gravato

dell'onere di provare gli elementi costitutivi dei nuovi illeciti (specificamente, quelli estranei rispetto alla dinamica probatoria del risarcimento del danno), nonché di quelli necessari alla determinazione della misura della sanzione, ex art. 5 d. lgs. 7/201654. Sotto questo aspetto, il d. lgs. 7/2016 non contiene indicazioni espresse: si pone, dunque, l'alternativa tra il ritenere che tali ulteriori elementi rientrino

53 Cfr. F. D. Busnelli, Deterrenza, responsabilità civile, fatto illecito, cit., 943, P. Cendon, Dolo, cit., 37 e P. Cendon, Il dolo nella responsabilità extracontrattuale, Torino 1976, 174. 54 Da sottolinearsi, comunque, come in questo caso sia improprio anche fare riferimento alla sussistenza di un onere dell'attore: nessuna conseguenza pregiudizievole discenderebbe, infatti, dalla mancata prova degli elementi ulteriori, rilevanti solo ai fini dell'applicazione della sanzione pecuniaria civile.

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comunque nell'onere probatorio dell'attore o che, al contrario, sia lo stesso giudicante a doversene fare carico55.

A prima vista, la prima soluzione appare maggiormente compatibile con l'attuale volto del processo civile: l'iniziativa probatoria resterebbe affidata alle parti, non si verrebbe a creare un grave vuoto di disciplina (relativa all’attività istruttoria del giudice) e non si altererebbe la struttura rigorosamente dialettica del contenzioso56.

A ben vedere, il fatto di porre a carico dell'attore il dovere di provare l'integrazione degli illeciti ex d. lgs. 7/2016 si pone in contrasto sia con i princìpi informatori della materia processual-civilistica, sia con l'esigenza pragmatica di garantire effettività al nuovo sistema sanzionatorio. Sotto il primo profilo, si deve rilevare come il principio della domanda, che pone a carico della parte l'onere di provare ogni fatto posto alla base della propria domanda od eccezione, non ammette che in capo all'attore si configuri il dovere di dimostrare elementi estranei ed ulteriori a quelli funzionali all'accoglimento della domanda stessa57; sotto il secondo profilo, si osserva come l'attore non abbia nessun concreto interesse a fornire tale surplus probatorio, che anzi fonderebbe una pretesa economica dello Stato che concorre con la propria58. Porre a carico dell'attore la prova della sussistenza degli elementi costitutivi degli illeciti de quibus significherebbe affidare nelle mani di quest'ultimo l'applicazione della pretesa sanzionatoria dello Stato; essa sarebbe rimessa ad un vero e proprio arbitrio dell'attore, che a suo piacimento farebbe in modo che la sanzione sia applicata o meno, con gravi contraddizioni rispetto al profilo pubblicistico della sanzione, avuto riguardo alla sua finalità general-preventiva e all’interesse alla riscossione del suo importo.

In questa prospettiva, l'applicazione della sanzione pecuniaria civile sarebbe possibile solamente nei casi in cui (incidentalmente) la prova dell'illecito sanzionatorio coincidesse integralmente con quella dell'illecito aquiliano59.

55 L'interrogativo viene tratteggiato anche da A. Gullo, La depenalizzazione in astratto tra vecchi e nuovi paradigmi, cit., 50, che osserva come «dovrà pur sempre avere un ruolo centrale il giudice se di “pena” in larga misura con connotati pubblicistici si tratta – nella ricerca della prova in merito agli elementi costitutivi del nuovo illecito civile». 56 In verità, si deve rilevare come essa non sia suffragata da un sicuro appiglio normativo: è indubbio, infatti, che l'art. 8 co. 4 d. lgs. 7/2016 contiene un richiamo generalizzato alla disciplina del Cpc, ma è anche vero che esse possono trovare applicazione in quanto compatibili con la disciplina delle sanzioni pecuniarie civili e che, quindi, il loro richiamo sia subordinato, e non preordinato, alle regole da applicare per la prova delle sanzioni pecuniarie civili. 57 Tale dovere, peraltro, non sono non sarebbe formulato in termini espliciti, ma neppure sarebbe corredato da una qualche sanzione che ne garantisca il rispetto. 58 Ancora più irragionevole appare porre in capo all'attore il dovere di fornire al giudicante la prova degli elementi necessari alla determinazione in concreto della sanzione, venendo così, al tempo stesso, a limitare l'autonomia del medesimo nella valutazione degli elementi ai quali attribuire rilevanza. 59 Anche in questo caso si distinguono i casi in cui la prova dell'illecito sanzionatorio discende quasi automaticamente dalla prova dell'illecito di base (come nel caso dell'ingiuria, salva la prova delle due condizioni di non punibilità) dai casi in cui si rivela necessario un accertamento ulteriore (come potrebbe essere nel caso del falso in scrittura privata).

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Alla luce di quanto sopra rilevato, sembrerebbe di doversi concludere che il compito di accertare la sussistenza degli illeciti ex d. lgs. 7/2016 spetti al Giudice.

Per quanto si riveli maggiormente in linea con la destinazione pubblica della sanzione e con l'automatismo nell'avvio del processo di accertamento, questa soluzione risulta impraticabile, non tanto in quanto comportante a sua volta un'eccezione ad un altro principio che ha sempre informato il processo civile, ossia quello dispositivo (l'attore non avrebbe controllo o dominio sull'accertamento compiuto dal giudice e sul suo esito, salvo che decidesse di rinunziare alla domanda giudiziale, ipotesi che paralizzerebbe l’accertamento della responsabilità “sanzionatoria” stante il tenore letterale dell'art. 8 co. 2 d. lgs. 7/201660), quanto perché determinerebbe uno squilibrio della posizione del giudicante incompatibile col principio di imparzialità e terzietà sancito dall'art. 111 Cost. Incaricato del dovere di ricercare personalmente elementi probatori dai quali desumere la responsabilità del convenuto ex art. 4 d. lgs. 7/2016, il Giudice perderebbe la propria posizione terza ed imparziale rispetto alla dialettica – hegeliana – assolutamente paritaria tra le parti e tornerebbe a vestire i panni del giudice istruttore.

Quanto osservato consente di delineare una grave incongruenza del modello di responsabilità definito dal d. lgs. 7/2016: l'interesse pubblico all'applicazione della sanzione pecuniaria civile non può essere perseguito dal soggetto processuale che impersona lo Stato perché, in tale modo, egli altererebbe la sua posizione costituzionalmente definita; al tempo stesso, le sorti applicative della sanzione pecuniaria dipendono in toto dall’attore che, come parte privata, persegue esclusivamente il proprio interesse. A rigore, nell’ambito di un modello sanzionatorio “ibrido”, l’applicazione di una sanzione espressione di un'esigenza punitiva collettiva dovrebbe essere promossa da una parte processuale pubblica, attraverso la previsione della partecipazione del P.M. nei giudizi civili concernenti fatti sussumibili nell'elenco contenuto nell'art. 4 d. lgs. 7/2016.

5.4. Un ulteriore profilo problematico è quello attinente al diritto di difesa: il

convenuto avrà l’onere di provare la sussistenza di fattori di esclusione della responsabilità o la mancanza di elementi tipizzanti od aggravanti dell'illecito nell’ambito del rigido schema civilistico delle preclusioni processuali.

A proposito del diritto di difesa, è stato osservato come l'irrogazione della sanzione non possa prescindere da una preventiva contestazione formale dell'illecito 61 , al punto da rendere consequenzialmente necessario garantire al

60 Si deve infatti rilevare, sotto questo aspetto, che all'attore non competa affatto tale facoltà, trattandosi di procedimento sanzionatorio che si attiva per perseguire un interesse collettivo (la repressione di una condotta illecita) e che solo incidentalmente (per scelta del legislatore delegato) si viene ad innestare nel giudizio civile. 61 V. M. Bove, Sull'introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie dal punto di vista del processualcivilista (note a margine del D. Lgs. n.7 del 15/1/2016), cit., 5. L'autore, dopo aver osservato che l'automatismo col quale il giudice provvede ad accertare la responsabilità accessoria del convenuto non può implicare, anche, che la correlata contestazione risulti implicita nella formulazione della domanda giudiziale da responsabilità aquiliana, o che tale onere sia posto in capo

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convenuto uno spazio dialettico col giudice civile che, allo stato, non esiste62. Un simile principio non è contenuto nel d. lgs. 7/2016: l'art. 8 co. 3 si limita a prevedere che nel caso in cui si sia provveduto a notificare l'atto introduttivo del giudizio, secondo le forme dell'art. 143 Cpc (ossia, all'irreperibile di cui non sia noto alcun recapito), sarà preclusa l'irrogazione della sanzione civile pecuniaria. Si profila così un conflitto tra il requisito della conoscenza effettiva dell'addebito invocato da parte della dottrina e quello, suggerito dal testo normativo, della sua mera conoscibilità, conflitto che, a ben vedere, non attiene esclusivamente alla definizione dei contenuti del diritto di difesa, ma riguarda lo stesso an della garanzia del contraddittorio in concreto63.

5.5. Permangono, inoltre, interrogativi in ordine all'esercizio del diritto di

impugnazione del condannato: sarà ammessa, come sembra ragionevole ritenere, la possibilità di proporre appello contro una sentenza di condanna, impugnando esclusivamente i capi della sentenza attinenti alla sanzione civile pecuniaria? Che genere di giudizio sarà quello che, in tal caso, si radicherà di fronte al giudice del gravame, unico o per lo meno principale interlocutore dell'appellante? L’attore, avrà l'onere o la possibilità di partecipare64? Quale sarà, invece, il rimedio nel caso in cui il giudice civile ometta di pronunziarsi sulla responsabilità di cui al d. lgs. 7/2016?

La risposta al primo quesito sembra essere necessariamente affermativa, al fine di garantire al condannato il diritto di impugnare la pronuncia di condanna in modo indipendente dalla decisione relativa al risarcimento del danno.

Gli altri interrogativi appaiono, d'altro canto, decisamente più problematici: il legislatore delegato non ha fornito alcuna descrizione del rito del giudizio di gravame, dovendosi quindi fare riferimento a quanto statuito dal Cpc. Deve, peraltro, essere sottolineata la assoluta carenza di interesse dell'attore al perfezionamento del procedimento sanzionatorio dello Stato: è, dunque, opinabile che, una volta soddisfatte le proprie pretese risarcitorie, l’attore abbia il diritto di partecipare al

all'attore all'atto della notifica dell'atto di citazione, ipotizza che tale contestazione formale debba addirittura essere notificata al convenuto che sia rimasto contumace. 62 Riconnesso a quest'ultimo interrogativo è, poi, quello relativo al ruolo vicario rispetto alla pubblica accusa che l'attore potrebbe trovarsi, dettato normativo nonostante, a svolgere. 63 A Gullo, La depenalizzazione in astratto tra vecchi e nuovi paradigmi, cit., 48, evidenzia come la procedibilità a richiesta della persona offesa avrebbe consentito di arginare, in larga misura, le problematiche relative alla garanzia del contraddittorio e del diritto di difesa del convenuto: egli sarebbe stato messo al corrente della sussistenza di un giudizio rivolto anche all'applicazione della sanzione pecuniaria civile al momento della notifica dell'atto di citazione. Soluzione alternativa a questa problematica è fornita da G. Buffone, L’autorità che procede è il giudice competente sull’azione risarcitoria, in GD 2016 (8), 85, che sostiene debba trovare applicazione l’art. 101 Cpc applicabile ex art. 8 co. 4 d. lgs. 7/2016. In applicazione della suddetta norma, il giudice civile ha il dovere di segnalare al convenuto la possibile applicazione di una sanzione pecuniaria civile in caso di condanna. 64 Su questi interrogativi si è soffermato M. Bove, Sull'introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie dal punto di vista del processualcivilista (note a margine del D. Lgs. n.7 del 15/1/2016), cit., 8 ss.

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giudizio di gravame65 . Infine, non sembrano ad oggi sussistere strumenti che consentano di porre rimedio all’omissione del giudice di primo grado che trascuri di applicare la sanzione pecuniaria civile, nonostante la sussistenza dei requisiti legittimanti: esclusa la possibilità di impugnazione del Pubblico Ministero, non sembra configurabile neppure un diritto di impugnazione ad hoc a favore dell'attore (per lo meno, nel caso in cui la sua pretesa risarcitoria sia stata accolta dal giudice di primo grado), dato che tale soggetto non avrebbe alcun diritto soggettivo od interesse da fare valere in giudizio66.

5.6. Il d. lgs. 7/2016 non contiene la disciplina di quello che, in ambito penale, è

il profilo dell'imputabilità. A ciò pone rimedio l’applicazione della disciplina civilistica, giacché la condanna al risarcimento del danno rappresenta un presupposto per la condanna alla sanzione pecuniaria civile. Nel caso in cui il fatto lesivo sia commesso dal minore, troverà applicazione l'art. 2048 Cc, che prevede che del danno rispondano coloro che rivestono una posizione di garanzia rispetto all'incapace67; similmente prevede l'art. 2047 Cc per l'incapace di intendere e di volere68. Questi soggetti saranno, quindi, immuni da responsabilità ex d. lgs. 7/2016, mentre ai garanti potrà essere applicata una sanzione pecuniaria civile solo laddove risulti che abbiano dolosamente trascurato i propri doveri di controllo. In caso di vizio parziale di mente, invece, sussisterà la responsabilità, eventualmente mitigata ai sensi dell'art. 5 lett. e d. lgs. 7/2016.

Del pari, non sono replicate le ipotesi generali di esclusione dell'antigiuridicità oggettiva degli illeciti; mentre le ipotesi della legittima difesa e dello stato di necessità saranno disciplinate sulla base degli artt. 2044 e 2045 Cc, non è chiaro quale

65 Si potrebbe immaginare, a proposito, un'analogia con la posizione della persona offesa e che, quindi, all'attore sia riconosciuta la facoltà di presentare memorie ed offrire spunti probatori al giudice del gravame così come previsto dall'art. 90 Cpp. Questa soluzione, peraltro, si tradurrebbe in una forzatura della disciplina processuale e porrebbe di fronte a non trascurabili difficoltà applicative. 66 Ancora una volta, un parallelismo con il processo penale può rivelarsi utile, evidenziando come la parte civile abbia diritto di impugnare la sentenza di assoluzione limitatamente ai suoi capi civili, ossia al solo scopo di fare valere la sua pretesa al risarcimento del danno, e non per sostenere la fondatezza dell'azione penale esercitata dal P.M. 67 Questo implica, per il minore, la mancanza del requisito di applicazione della sanzione di cui all'art. 8 co. 2 d. lgs. 7/2016 e, per il garante, una possibile responsabilità solo in caso di dolo, ossia nel caso in cui il maggiorenne concorra col minore ex art. 7 d. lgs. 7/2016. Si deve evidenziare come possa essere condannato al risarcimento del danno ingiusto il minore emancipato. Considerato però come costui sia, necessariamente, un maggiore di sedici anni che è stato stimato sufficientemente maturo, sembra ricorra un'ipotesi nella quale il giudice penale minorile avrebbe comunque riconosciuto l'imputabilità del reo. Deve comunque sottolinearsi come, in questo modo, per gli illeciti de quibus venga meno per il minore la possibilità di avvalersi dei numerosi strumenti clemenziali contemplati dal diritto penale minorile. 68Il capoverso della norma, in realtà, prevede l'eventualità che l'incapace sia condannato al pagamento di un'equa indennità. Fermo restando che in siffatta ipotesi sarebbe possibile per il giudice riconoscere gli estremi del dolo, è il testo dell'art. 8 co. 2 d. lgs. 7/2016, che fa espresso riferimento alla condanna per il risarcimento del danno (non, quindi, all'equo indennizzo) ad escludere l'applicazione della sanzione pecuniaria civile.

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rilievo possano assumere i casi dell'esercizio di un diritto o dell'adempimento di un dovere. Alla soluzione prospettata dalla dottrina, secondo la quale tali cause di giustificazione, in quanto espressione di principi generali dell'ordinamento, devono essere applicate per analogia anche in questo ambito 69, si deve obiettare che l'applicazione analogica sia possibile solo laddove non entri in contrasto con i principi generali del diritto civile. Ad esempio, non sarebbe giustificato ai fini dell'applicazione di una sanzione pecuniaria civile l'esercizio di un diritto soggettivo finalizzato esclusivamente alla lesione di interessi giuridici altrui, concretizzando un caso di abuso del diritto70. Peraltro, in considerazione dell’attuale catalogo degli illeciti, non è facile immaginare casi in cui uno di essi sia realizzato nell'esercizio di un diritto o nell'adempimento di un dovere71.

Infine, in dottrina si evidenzia il fatto che non sia stata replicata una norma rivolta a disciplinare l'eventuale concorso “apparente” con figure di reato, sulla falsariga dell'art. 9 l. 689/198172.

6. Un ulteriore interrogativo si pone relativamente ai possibili attriti che

possono generarsi tra la disciplina in esame ed i principi alla base della Cedu. Se il nuovo assetto punitivo si rivela compatibile con l'ordinamento interno, occorre verificare se i nuovi illeciti punitivi si conformino alle garanzie di fonte convenzionale, alla luce della tendenza sostanzialistica della Corte europea a ricondurre gli illeciti punitivi alla materia penale73.

La dottrina ha già evidenziato, in modo convincente, come la disciplina delle sanzioni pecuniarie civili presenti tutti i requisiti sostanziali descritti dalla Cedu per la attribuzione della qualifica di “materia penale”74; con la conseguente necessità che

69 V. A. Gullo, La depenalizzazione in astratto tra vecchi e nuovi paradigmi, cit., 47, come anche T. Padovani, I nuovi illeciti, cit., 79, che si sofferma anche sul ruolo che potrebbe assumere, nella nuova ingiuria, la prova liberatoria. 70 Circa il ruolo di principio generale nel diritto civile del divieto suddetto, si è espressa anche la Suprema Corte: v. Cass. Civ. 18.9.2009 n. 20106; a dare rilevanza alla buona fede nell'esercizio di un diritto è stata, dapprima, Cass. Civ. S.U., 13.9.2005 n. 18128. 71 Un caso potrebbe essere rappresentato da frasi ingiuriose contenute in dichiarazioni qualificate dal contesto, come una requisitoria od un'arringa. 72 Così A. Gullo, La depenalizzazione in astratto tra vecchi e nuovi paradigmi, cit., 46. L'autore ritiene, in ogni caso, come il caso di concorso tra illecito punitivo civile e reato debba essere affrontato e risolto sulla falsariga di tale norma. 73 Per un approfondimento sul punto, v. F. Mazzacuva, La materia penale e il “doppio binario” della Corte europea: le garanzie al di là delle apparenze, in RIDPP 2013, 1901 ss. 74 A. Gargani, Tra sanzioni, cit., 19, ha sottolineato che tale conclusione sembra imposta, per quanto riguarda la natura dell'illecito, dalla natura generale del precetto espresso e dalla significatività della condotta tipizzata (già corrispondente ad un illecito penale); dal fatto che la sanzione, di natura ultra-compensativa, sia irrogata dalla pubblica autorità; dalla tenuta di un registro informatizzato delle violazioni. Si deve evidenziare, peraltro, come questo inquadramento comunitario non attiene alla qualificazione che un ordinamento nazionale intenda dare ad un illecito, ma, esclusivamente, alla disciplina alla quale viene sottoposto.

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la disciplina sostanziale e processuale dei nuovi illeciti sia adeguata a soddisfare le garanzie convenzionali75.

Alcune delle soluzioni interpretative sopra delineate potrebbero, in effetti, porsi in contrasto con la normativa Cedu: la mancanza di un’espressa regolamentazione dei contenuti del diritto di difesa dell'incolpato, necessariamente diversi da quelli che caratterizzano il contraddittorio paritario tra attore e convenuto, stride con l'art. 6 co. 3 lett. d Cedu, che sancisce il diritto di «esaminare o far esaminare i testimoni a carico e ottenere la convocazione e l’esame dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico». L'attrito non è apprezzabile solamente nel caso si riconosca un diritto-dovere del giudicante di ricerca della prova, ma anche qualora tale incombenza dovesse essere ricondotta all'attore: questo perché le limitazioni e le formalizzazioni imposte alla prova orale dal Cpc76, assieme alla elevata discrezionalità del giudice civile in sede di ammissione dei capitoli di prova, sono tali da incidere significativamente sul libero esercizio del diritto di difendersi provando da parte dell'incolpato.

Si deve rilevare come il concetto di “danno” civile a carattere punitivo sia stato ritenuto compatibile con l'ordinamento giuridico comunitario per mezzo del reg. 864/2007, cons. n. 3277. A tale proposito, si deve però escludere l'esistenza di contrasti tra la norma comunitaria che ammette una sanzione pecuniaria fondamentalmente estranea all'ambito penale e quella convenzionale che a tale ambito riconduce ogni strumento sostanzialmente punitivo: la diversità delle rispettive fonti e del loro contesto applicativo consente all'interprete di non sentirsi vincolato ad alcun formalismo definitorio: il “danno” sanzionatorio extrapenale contemplato dal reg. 864/2007 può presentare quei connotati minimi che, in base alla Cedu, impongono il rispetto di determinate garanzie.

7. Un ultimo interrogativo concerne le sorti delle azioni civili promosse nei

procedimenti penali in corso: mentre sembra scontato, visto il tenore dell'art. 538 Cpp, che questi si chiudano con una pronunzia di non doversi procedere per intervenuta depenalizzazione nel caso in cui si trovino in primo grado (con effetti travolgenti per la stessa azione civile), non è chiaro se lo stesso valga per i procedimenti in grado di appello.

75 Si è evidenziato (A. Gargani, Tra sanzioni, cit., 19) che la vera lacuna rispetto alle precedenti incriminazioni sia riscontrabile essenzialmente sotto il profilo sostanziale. 76 Apprezzabili sia diacronicamente (limitazioni temporali nella indicazione dei mezzi di prova, che potrebbero privare l'incolpato del diritto di difendersi provando contro una incolpazione che prende corpo in una fase più avanzata del giudizio) sia contenutisticamente, in ragione della vincolatività dei capitoli di prova formulati, della ridotta autonomia delle risposte fornibili dal testimone e del divieto di testimonianze con contenuto valutativo. 77 Il regolamento in questione ha ad oggetto la legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali, e giustifica le decisioni dei giudici nazionali per le quali tale legge, contemplando «danni non risarcitori aventi carattere esemplare o punitivo», siano da ritenersi contrari agli ordinamenti giuridici nazionali solamente nel caso la misura del danno abbia «natura eccessiva». L'esistenza di una responsabilità civile di carattere sanzionatorio, pertanto, viene considerata a livello comunitario compatibile con la tradizione giuridica europea, purché essa sia in concreto disciplinata su basilari requisiti di ragionevolezza.

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Mentre, da un lato, si potrebbe pensare di conservare le statuizioni civili della pronunzia di primo grado 78 , dall'altro si deve notare che questa conclusione porterebbe non solo a rendere inapplicabile la sanzione pecuniaria civile in violazione dell'art. 12 co. 1 d. lgs. 7/2016 (dato che il giudice penale non è competente ad applicarla né potrebbe farlo in vece della pena)79, ma addirittura potrebbe porre nel nulla l'impugnazione effettuata dall'imputato relativamente agli effetti civili della sentenza, dato che ad essi verrebbe conferita efficacia a prescindere da qualsiasi scrutinio sulla fondatezza del gravame esperito80.

A tal proposito, la giurisprudenza di legittimità si è attestata su posizioni variegate e contrastanti, ora sostenendo l'esistenza di una preclusione per il giudice dell'impugnazione a decidere relativamente alla statuizioni sugli effetti civili della sentenza gravata81, ora – ma più raramente – concludendo in senso opposto82. Di questo quadro in continua evoluzione è particolarmente emblematica la sequenza delle decisioni della quinta sezione della S.C., che dapprima si è posta in termini problematici sollecitando l'intervento delle Sezioni Unite 83 , quindi ha ritenuto sussistente il dovere del giudice del gravame di pronunziarsi circa le statuizioni civili84, ed, infine, ha consolidato il convincimento della caducazione degli effetti civili con preclusione per il giudice di qualsiasi accertamento. Peraltro, la questione è stata nuovamente sottoposta dalla seconda sezione allo scrutinio delle Sezioni Unite85.

Al fine di affermare il dovere del giudice del gravame di pronunziarsi relativamente alle statuizioni civili, la Suprema Corte ha rilevato come tale soluzione sia già prevista dall'art. 578 Cpp, in relazione all'estinzione del reato per amnistia od

78 In questo senso V. Bove - P. Cirilli, L'esercizio della delega per la riforma, cit., 29, che invocano l'applicazione dell'art. 11 delle c.d. preleggi. 79 Inoltre, l'accoglimento dell'azione civile nel processo penale precluderebbe la possibilità per la persona offesa di adire la giurisdizione civile per l'accertamento della responsabilità. Residua un dubbio circa la possibilità di applicare la sanzione pecuniaria civile all'esito di un giudizio civile instaurato per la sola definizione del quantum del risarcimento. Sotto questo ultimo aspetto, si deve rilevare come l'art. 8 co. 2 d. lgs. 7/2016 faccia esclusivo e rigoroso riferimento al caso dell'accoglimento di una domanda di risarcimento del danno. 80 Non è infatti previsto, dalla disciplina transitoria, che il giudice dell'impugnazione debba valutare la fondatezza del gravame (o del ricorso) limitatamente a quanto attiene gli effetti civili ricollegati all'accertamento del danno aquiliano. 81 Così Cass. V 15.4.2016 n.19516; Cass. 1.4.2016 n. 16147; Cass. 1.4.2016 n. 16141; Cass. 9.3.2016 n. 14044. Propendono poi per la preclusione al giudice dell'impugnazione di ogni accertamento ulteriore sulle statuizioni civili P. Molino - L. Barone - A. D'Andrea - M.E. Guerra, Gli interventi di depenalizzazione, cit., 27. 82 In questo senso Cass. 23.3.2016 n. 14529 e Cass. 15.2.2016 n. 14041. 83 Così Cass. 9.2.2016 n. 7125, col quesito «se, a seguito dell'abrogazione del reato penale ad opera dell'art. 1 d.lgs. 15 gennaio 2016 n. 7, debbano essere revocate le statuizioni civili eventualmente adottate con la sentenza di condanna non definitiva per il reato di ingiuria pronunziata prima dell'entrata in vigore del suddetto decreto» (il primo presidente della S.C. aveva “rispedito al mittente” la questione rilevando l'assenza, allo stato, di un contrasto giurisprudenziale) e, da ultimo, Cass. 16.6.2016 n. 26092. 84 V. la già richiamata Cass. 15.2.2016 n. 14041. 85 Così Cass. 16.6.2016 n. 26092, l'udienza è fissata per il 29.9.2016.

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indulto e dall'art. 9 d. lgs. 8/2016, in riferimento alla fattispecie criminose degradate ad illeciti amministrativi. La stessa conclusione si dovrebbe raggiungere in ossequio alla disciplina della successione delle leggi nel tempo, ai sensi della quale quest’ultime non possano disporre che per l'avvenire, considerato anche come sul piano sostanziale la persona offesa conservi il diritto al risarcimento del danno, nonostante l'abolitio criminis, in applicazione all'art. 11 disp. prel. Cc86.

Consolidando progressivamente l'orientamento vòlto a far valere la preclusione, la Quinta Sezione della Suprema Corte ha condivisibilmente evidenziato che sussiste una necessaria correlazione tra condanna e sussistenza/sopravvivenza della statuizioni civili del giudice penale; che non possa estendersi per analogia, a questo caso, la resistenza del giudicato civile in caso di revoca della sentenza di condanna per abolitio criminis, né quanto previsto dagli artt. 576 e 578 Cpp87; che l'art. 9 d. lgs. 8/2016 disciplina esplicitamente la possibilità del giudice di pronunziarsi sui capi civili, a dimostrazione del fatto che il legislatore ha previsto siffatta possibilità, laddove lo ha ritenuto opportuno, con conseguente esclusione di qualsiasi estensione analogica. Infine, in occasione della prima rimessione della questione alle Sezioni Unite88, la Quinta Sezione ha anche osservato che il combinato disposto degli artt. 185 Cp e 74 e 538 Cpp impone in sede di impugnazione siano revocate anche le statuizioni civili adottate nel provvedimento gravato89.

Un ulteriore profilo problematico sul piano intertemporale è quello relativo alla possibilità di radicare un procedimento di applicazione della sanzione pecuniaria civile in un contenzioso civile già in atto (senza che si fosse radicato un procedimento penale). La risposta all'interrogativo deve essere negativa: al di là delle preclusioni probatorie maturate medio tempore, che comprometterebbero l'adeguato esercizio del diritto di difesa del convenuto90, si deve fare riferimento, visto il carattere puramente punitivo delle sanzioni pecuniarie civili, all'art. 25 co. 2 Cost. In buona sostanza, l'applicazione dell'art. 8 co. 1 d. lgs. 7/2016 si tradurrebbe nell'applicazione retroattiva di norme sanzionatorie91.

Infine, si segnala che nel caso di procedimento penale in corso, sembra possibile immaginare un “trasferimento” dell'azione penale in sede civile, garantendo

86 Cfr. Cass. 15.2.2016 n. 14041. 87 Tali disposizioni rappresentano, appunto, una disciplina speciale dettata per i casi strettamente contemplati. 88 V. Cass. 9.2.2016 n. 7125. 89 Soluzione a sua volta avallata dalla Consulta, che osserva come la possibilità che il processo penale si concluda in modo tale da non consentire il raggiungimento di una statuizione sui capi civili della sentenza sia nota alla persona offesa che decida di tutelare in tale sede i propri interessi economici: C. cost., 12.1.2016 n. 12. 90 Che imporrebbero, quindi, la restituzione in termini della parte se non addirittura di fare retrocedere alla fase introduttiva la lite. 91 Quand'anche poi non si ritenesse condivisibile il richiamo all'art. 25 co. 2 Cost., si dovrebbe pur sempre fare riferimento alla Cedu ed alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, che valorizzando il profilo sostanzialmente punitivo della sanzione, include anche le sanzioni pecuniarie civili nel divieto di applicazione retroattiva ex art. 7 Cedu.

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così la conservazione della pretesa punitiva dello Stato92. La Suprema Corte ha preso posizione anche su due ulteriori aspetti, chiarendo che la revoca della sentenza definitiva di condanna non coinvolga i suoi capi civili93 e che la depenalizzazione del reato presupposto non è tale da incidere, mediatamente, sulla rilevanza penale del reato a quello strutturalmente collegato94.

8. In contraddizione con la natura ibrida della figura e con lo stesso concetto di

sanzione pare porsi la condizione, prevista dall'art. 8 co. 2 d. lgs. 7/2016, secondo la quale il giudice può applicare la sanzione pecuniaria civile soltanto laddove accolga la domanda di risarcimento del danno.

L'integrazione delle condotte illecite descritte dall'art. 4 d. lgs. 7/2016 risulta indipendente sia dal fatto che sia cagionato, attraverso di esse, un danno risarcibile ex art. 2043 Cc95, sia dal fatto che, giudizialmente, sussistano le condizioni per la condanna della persona offesa al risarcimento. Mentre è comprensibile che l'applicazione della sanzione sia subordinata al fatto che la condotta sia effettivamente produttiva di un danno, proprio al fine di operare una selezione degli illeciti in base alla loro concreta offensività96, sembra meno ragionevole che la sanzione non venga applicata perché l'attore, in giudizio, non è in grado di quantificare il danno o perché il giudice, accogliendo una domanda riconvenzionale del convenuto, non condanni al risarcimento, a causa delle compensazione delle reciproche voci di credito. In queste ultime ipotesi, che addirittura presuppongono l'accertamento del fatto illecito, l'impossibilità di applicare la sanzione pecuniaria civile confligge con la sua natura non esclusivamente privatistica e con l'interesse collettivo alla sua irrogazione.

De jure condendo, sarebbe, quindi, preferibile che la formula adottata dall'art. 8 co. 2 d. lgs. 7/2016 venisse mutata nel modo seguente: «Il giudice decide sull'applicazione della sanzione civile pecuniaria al termine del giudizio, qualora accerti che il fatto illecito ha prodotto un danno alla persona offesa».

92 A. Gullo, La depenalizzazione in astratto tra vecchi e nuovi paradigmi, cit., 52, suggerisce che il giudice civile possa chiedere la trasmissione degli atti del procedimento penale. La soluzione, però, può comportare sia problematiche connesse al rispetto del principio del contraddittorio, nel caso in cui non vi fosse una perfetta identità dei protagonisti privati delle due vicende giudiziarie, sia una violazione delle rigide regole processual-civilistiche dettate in tema di formazione della prova. Da parte sua, A. Gargani, La depenalizzazione, cit., 599 ss., ipotizza che, laddove la pena non fosse stata ancora integralmente eseguita, essa potrebbe essere convertita nella corrispondente (mai più gravosa) sanzione pecuniaria civile. 93Cass. 9.2.2016 n. 7124. 94 Cfr. Cass. 16.2.2016, in www.ilpenalista.it. 95 Questo non vale, ovviamente, in riferimento alle fattispecie descritte al comma quarto dell'art. 4 d. lgs. 7/2016, in riferimento alle quali il verificarsi del danno è richiamato, in vario modo, come elemento necessario all'integrazione dell'illecito o come condizione per la sua punibilità. 96 La condizione è prevista espressamente solo in riferimento alle ipotesi di falso, ma è implicata per tutte le fattispecie ex art. 4 d. lgs. 7/2016 dalla necessità che la persona offesa instauri un giudizio civile con un'azione finalizzata ad ottenere la condanna al risarcimento del danno.

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9. L'introduzione nell'ordinamento giuridico italiano di moduli punitivi differenziati rispecchia la necessità di dare attuazione ai principi di proporzione ed adeguatezza della risposta sanzionatoria rispetto al contenuto antigiuridico della condotta illecita.

Così come, all'interno del diritto penale, si assiste alla progressiva introduzione di strumenti finalizzati a modulare (od addirittura condizionare, come nel caso della particolare tenuità del fatto o della sospensione del procedimento con messa alla prova) la risposta sanzionatoria97, la sanzione pecuniaria civile è concepita come il tentativo di definire una nuova strada per reprimere condotte che, in ragione della loro modesta offensività, sono ritenute dal legislatore prive del diritto di cittadinanza nell'area del penalmente rilevante (né possono, per i motivi sopra analizzati, essere disciplinate dal diritto amministrativo).

L'introduzione di un modello sanzionatorio differente e “minore” (rispetto quantomeno al contenuto afflittivo) è, almeno in astratto, da salutare con favore, in quanto consente di adeguare l'intervento repressivo dello Stato al principio di sussidiarietà, che, a causa dell'ipertrofismo della normazione penale, risulta troppo spesso negletto.

Resta da valutare se “il gioco valga la candela”. I benefici che teoricamente è in grado di portare il modello sanzionatorio predisposto mediante il d. lgs. 7/2016 sono, da un lato, quello di rispettare i principi ispiratori della normazione penale e garantire un'adeguata corrispondenza tra offensività della condotta ed afflittività della sanzione e, dall'altro, più pragmaticamente, quello di produrre una deflazione del carico giudiziario penale.

Valutando l'impatto concreto che il d. lgs. 7/2016 appare destinato a produrre, i vantaggi preventivabili si fanno meno marcati: occorre, infatti, tenere conto delle incongruenze, sopra evidenziate, dell'attuale disciplina delle sanzioni pecuniarie civili, nonché del fatto che l'effetto deflattivo appare marginale98.

Sotto quest'ultimo aspetto, oltre all’introduzione di nuovi temi di prova in sede di giudizio civile, si pone il rischio che la ricercata deflazione penale si traduca nell’aumento del contenzioso civile. Tale contropartita diverrebbe presumibilmente

97 In questa prospettiva si deve ritenere come l'introduzione di un binario sanzionatorio incentrato sulla reclusione domestica rappresenti la grande “occasione mancata” della riforma. Tale possibilità era stata considerata da A. Gullo, La depenalizzazione in astratto tra vecchi e nuovi paradigmi, cit., 10, e F. Palazzo, Le difficoltà interpretative degli istituti sostanziali previsti dalla L. n. 67/2014, in Sistema sanzionatorio e processo penale: lavori in corso, Giurisprudenza italiana. Gli speciali, a cura di F. Palazzo e G. Spangher, Milano 2015, 1, il “piatto forte” dell'intera delega legislativa, occasione per creare un sistema detentivo dedicato ai reati di media gravità. Sotto questo profilo A. Gullo, La depenalizzazione in astratto tra vecchi e nuovi paradigmi, cit., 53, osserva che l'opera di depenalizzazione «in astratto» rappresenti, rispetto alle deleghe neglette, solamente un intervento di “maquillage” del sistema penale. 98 Con l'eccezione, forse, dell'ingiuria, reato che effettivamente affollava il ruolo dei Giudici di Pace. Per quanto attiene, invece, alla competenza del Tribunale, pare che siano le ipotesi di falso a produrre il massimo effetto deflattivo, specialmente in considerazione della conservazione della rilevanza penale del danneggiamento aggravato.

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ancora più significativa laddove il legislatore adottasse i correttivi indispensabili a porre rimedio ad alcune incoerenze od illogicità del sistema attuale99.

La disciplina introdotta dal d. lgs. 7/2016 suscita notevoli perplessità proprio in riferimento allo specifico profilo dell’effettività della tutela garantita: sarà sicuramente agevolato il soggetto nullatenente (o fittiziamente tale, nei cui confronti la persona offesa non intenterà azioni legali ben consapevole della loro inutilità), di fatto impermeabile alla sanzione pecuniaria. Autorevole dottrina ritiene, infatti, che il d. lgs. 7/2016 delinei un diritto punitivo “per ricchi”100: i beni individuali di chi non avrà le risorse economiche per sostenere i costi del giudizio civile non solo non saranno tutelati sotto il profilo risarcitorio, ma neppure sotto quello sanzionatorio.

Occorre, infine, rilevare che il d. lgs. 7/2016 introduce un modello di tutela apparentemente destinato ad espandersi101. Se, da un lato, pare eccessivo lo sforzo profuso dal legislatore in sede di disciplina del nuovo genus di responsabilità (avuto riguardo al numero tutto sommato esiguo di fattispecie, addirittura inferiore rispetto a quello proposto dal legislatore delegante), dall’altro, il nuovo modello potrebbe essere esteso ad altri illeciti, incentrati sulla lesione di interessi privati e di modesta offensività (ad es., minaccia, diffamazione non a mezzo stampa, alcuni delitti “minori” contro il patrimonio, contro l'inviolabilità del domicilio, contro la segretezza della corrispondenza ed alcune contravvenzioni, come quelle di molestia di cui agli artt. 659 e 660 Cp)102.

È, poi, auspicabile che questo nuovo modello di tutela sia tenuto in considerazione dal legislatore al momento di introdurre nuove fattispecie di illecito103.

99 Prendendo ad esempio la problematica relativa all’individuazione del soggetto processuale gravato dell'onere di provare la sussistenza della responsabilità sanzionatoria da illecito civile, qualora il legislatore introducesse in giudizio una parte pubblica ad hoc, l'appesantimento del processo civile e del carico delle Procure della Repubblica risulterebbe palese; qualora, invece, il legislatore ritenesse di attribuire alla sanzione una natura squisitamente privata, il ricorso al giudizio civile diverrebbe, per la persona offesa, economicamente incentivante (rischio di “monetizzazione” della tutela): a tal riguardo, v. F. Palazzo, Nel dedalo, cit., 1693. 100 V. T. Padovani, Ridurre l'area penale, cit., 12. 101 Cfr. A. Gargani, La depenalizzazione, cit., 601. 102 Sulla possibilità che lo sviluppo di questo nuovo genere di illeciti possa garantire una nuova effettività della tutela repressiva in riferimento a condotte caratterizzate da una relativa offensività v. A. Gargani, Tra sanzioni, cit., 24. 103 Così anche A. Gargani, Tra sanzioni, cit., 19. Si deve peraltro puntualizzare come molte figure di illecito non sembrino disciplinabili sulla base di questo modello di tutela: l'interesse pubblico o collettivo tutelato dalla stragrande maggioranza delle contravvenzioni mal si concilierebbe con la sua dimensione fortemente privatistica; per alcuni delitti contro il patrimonio, inoltre, si potrebbe porre la necessità di conservare rilevanza penale alle offese di rilevante dimensione economica o ai casi in cui la condotta assuma portata offensiva per differenti beni giuridici.