Lexalia Newsletter n. 2/2018 Novità ed approfondimenti di ... · Con la circ. 17.1.2018 n. 1, ......

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Piazza San Sepolcro n.1

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Lexalia Newsletter n. 2/2018

Novità ed approfondimenti di gennaio 2018

Milano, 29 gennaio 2018

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Indice

Novità ................................................................................................................................................ 3

NOVITA’ IN MATERIA DI DETRAZIONE IVA – I CHIARIMENTI DELL’AGENZIA ...................... 3

ESONERO CONTRIBUTIVO PER L’OCCUPAZIONE GIOVANILE STABILE – NOVITA’ LEGGE

DI BILANCIO 2018 ........................................................................................................................ 6

SPESOMETRO LIGHT: ONLINE LA BOZZA DEL PROVVEDIMENTO E PROROGA DELLA

SCADENZA DEL 28 FEBBRAIO ................................................................................................... 8

LEGGE DI BILANCIO 2018 E NOVITA’ PRIVACY ..................................................................... 10

MODIFICHE ALLA DEFINIZIONE DI STABILE ORGANIZZAZIONE ......................................... 12

CREDITO DI IMPOSTA A SOSTEGNO DELLA PUBBLICITA’ .................................................. 15

PROROGA SPECIALE CIGS PER IL 2018 ................................................................................ 18

ASSUNZIONI DISABILI: LE NOVITA’ A DECORRERE DAL 1° GENNAIO 2018 ...................... 20

Approfondimenti ............................................................................................................................ 22

CEDOLARE SECCA SU AFFITTI A SOCIETA’ .......................................................................... 22

TRANSFER PRICING: IL FINANZIAMENTO PUO’ ESSERE ANCHE INFRUTTIFERO ........... 24

IL REGIME FISCALE DELLE SPESE DI RAPPRESENTANZA ................................................. 26

COMPATIBILITA’ TRA APPRENDISTATO E DISTACCO ......................................................... 28

LA VALIDITA’ DEL PATTO DI PROVA – GLI ORIENTAMENTI DELLA CASSAZIONE ............ 29

Dal Mondo ...................................................................................................................................... 30

PAESI OCSE: E’ L’ESTONIA IL SISTEMA FISCALE PIU’ COMPETITIVO ................................ 30

REPORT OCSE SULLO SCAMBIO AUTOMATICO DI INFORMAZIONI SUI TAX RULING ...... 32

DISPONIBILE LA NUOVA VERSIONE DEL MODELLO OCSE DI CONVENZIONE FISCALE . 34

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Novità

NOVITA’ IN MATERIA DI DETRAZIONE IVA – I CHIARIMENTI DELL’AGENZIA

Circolare Agenzia Entrate 17 gennaio 2018 n. 1

Con la circ. 17.1.2018 n. 1, l’Agenzia delle Entrate ha fornito importanti chiarimenti in merito alle modalità di esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA, nonché alle modalità di registrazione delle fatture di acquisto.

La relativa disciplina, infatti, contenuta negli artt. 19 e 25 del DPR 633/72, è stata modificata per effetto dell’art. 2 del DL 24.4.2017 n. 50 (conv. L. 21.6.2017 n. 96).

DECORRENZA

Ai sensi dell’art. 2 co. 2-bis del suddetto DL 50/2017, le nuove disposizioni relative all’esercizio della detrazione IVA e alla registrazione dei documenti d’acquisto si applicano con riferimento alle fatture e alle bollette doganali emesse dall’1.1.2017.

La disciplina previgente continua ad applicarsi, pertanto, alle fatture emesse negli anni 2015 e 2016.

La circ. Agenzia delle Entrate 17.1.2018 n. 1 ha precisato che ciò vale anche per le operazioni la cui esigibilità sia sorta entro il 31.12.2016, anche se le relative fatture sono state ricevute successivamente a tale data.

NUOVI TERMINI DI ESERCIZIO DELLA DETRAZIONE IVA

Fermo restando che l’esercizio del diritto alla detrazione è subordinato al realizzarsi dell’esigibilità dell’imposta, l’art. 2 del DL 50/2017 ha ridotto il termine entro il quale tale diritto può essere esercitato da parte dei soggetti passivi IVA.

Ai sensi dell’art. 19 del DPR 633/72, nella formulazione vigente, il termine ultimo per l’esercizio della detrazione coincide con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto.

In ogni caso, il diritto alla detrazione è esercitato in base alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo.

NUOVI TERMINI DI REGISTRAZIONE DELLE FATTURE D’ACQUISTO

In base al riformulato art. 25 co. 1 del DPR 633/72, le fatture d’acquisto e le bollette doganali devono essere annotate sul registro IVA degli acquisti:

anteriormente alla liquidazione periodica nella quale è esercitato il diritto alla detrazione;

al più tardi, entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno di ricezione della fattura, con riferimento al medesimo anno.

COORDINAMENTO TRA I TERMINI DI DETRAZIONE E REGISTRAZIONE

Il disallineamento tra il termine di cui all’art. 19 del DPR 633/72, entro il quale esercitare la detrazione, e il termine di cui all’art. 25, entro il quale registrare la fattura d’acquisto, ha

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fatto emergere alcune criticità con particolare riferimento alla gestione delle fatture relative ad operazioni effettuate nell’anno d’imposta “X” e ricevute nell’anno d’imposta “X+1”.

Stanti le difficoltà interpretative, l’Agenzia delle Entrate, con la circ. 17.1.2018 n. 1, ha chiarito che il coordinamento fra le due norme deve ispirarsi ai principi emersi nella giurisprudenza comunitaria (Corte di Giustizia UE 29.4.2004 causa C-152/02), secondo cui, ai fini dell’esercizio del diritto alla detrazione, occorre che siano verificati due presupposti:

uno di natura sostanziale, ossia la circostanza che l’imposta sia divenuta esigibile;

uno di natura formale, consistente nel possesso della fattura da parte del cessionario o committente. La ricezione della fattura d’acquisto da parte del cessionario o committente, ove non risultante da posta elettronica certificata o da altri sistemi che attestino la ricezione del documento, deve emergere dalla corretta tenuta della contabilità (es. numerazione progressiva dei documenti ricevuti).

Ne consegue che il dies a quo da cui decorre il termine per l’esercizio della detrazione deve essere individuato nel momento in cui si verifica tale duplice condizione.

Pertanto, nel caso di una fattura con IVA divenuta esigibile nel mese di dicembre 2017, ricevuta dal cessionario o committente nel 2018, la detrazione può essere esercitata, previa registrazione della fattura:

nell’ambito delle liquidazioni IVA periodiche del 2018;

al più tardi, nell’ambito della dichiarazione IVA relativa al 2018, da presentare entro il 30.4.2019.

La detrazione non può essere esercitata, invece, nell’ambito della liquidazione IVA del mese di dicembre 2017 (poiché in tale periodo non si era ancora verificato uno dei due presupposti per l’esercizio della detrazione IVA).

ESERCIZIO DELLA DETRAZIONE MEDIANTE LA DICHIARAZIONE INTEGRATIVA “A FAVORE”

Per coloro che non avessero esercitato il diritto alla detrazione dell’IVA entro i termini sopra descritti, è comunque possibile “recuperare” l’imposta a credito mediante la presentazione di una dichiarazione integrativa “a favore”, entro il termine del 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione (fermo restando l’obbligo di regolarizzare l’acquisto e l’applicabilità delle sanzioni per l’irregolare registrazione delle fatture d’’acquisto).

NOTE DI VARIAZIONE IN DIMINUZIONE

Ai sensi dell’art. 26 co. 2 del DPR 633/72, le note di variazione in diminuzione devono essere emesse, al più tardi, entro i termini per l’esercizio della detrazione IVA di cui all’art. 19 co. 1 del DPR 633/72.

Stante la nuova formulazione dell’art. 19, la circ. 17.1.2018 n. 1 chiarisce che l’emissione della nota di variazione deve avvenire entro la data di presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno in cui si è verificato il presupposto per operare la variazione in diminuzione (cfr. ris. Agenzia delle Entrate 18.3.2002 n. 89).

CASI PARTICOLARI DI DIFFERIMENTO DELL’ESIGIBILITÀ

Nell’ambito della circ. 17.1.2018 n. 1, l’Agenzia delle Entrate ha fornito specifici chiarimenti con riferimento all’esercizio della detrazione IVA da parte dei soggetti che applicano:

il meccanismo dello split payment di cui all’art. 17-ter del DPR 633/72;

il regime dell’IVA per cassa di cui all’art. 32-bis del DL 83/2012.

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Split payment

Ai sensi dell’art. 3 del DM 23.1.2015, l’imposta relativa alle operazioni soggette a split payment diviene esigibile, di regola, al momento del pagamento del corrispettivo, ferma restando la possibilità, da parte dell’acquirente, di optare mediante comportamento concludente per l’anticipazione dell’esigibilità:

al momento di ricezione della fattura;

al momento di registrazione della fattura medesima.

Tuttavia, laddove si applichi la regola generale (in quanto il pagamento è stato effettuato anteriormente alla ricezione/registrazione della fattura, ovvero il soggetto passivo non ha optato per l’anticipazione dell’esigibilità), viene meno l’obbligo di annotare la fattura di acquisto entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno di ricevimento della stessa.

Infatti, in caso di applicazione del meccanismo dello split payment, in deroga al principio generale di cui all’art. 25 del DPR 633/72, l’annotazione del documento deve avvenire entro il termine fissato per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui l’imposta diverrà esigibile (con il pagamento del corrispettivo), ancorché la fattura sia stata ricevuta in un periodo d’imposta precedente.

Regime dell’IVA per cassa

Per i soggetti che, in presenza dei requisiti, adottano il regime dell’IVA per cassa, il momento di esigibilità dell’imposta coincide, in linea generale, con il momento in cui il corrispettivo viene effettivamente pagato, sia con riferimento alle operazioni attive che con riferimento alle operazioni passive.

A tal proposito, la circ. 17.1.2018 n. 1 chiarisce che il diritto alla detrazione deve essere “ancorato” al peculiare momento di esigibilità previsto nell’ambito del regime speciale, vale a dire:

al momento in cui il corrispettivo viene pagato;

o, comunque, decorso un anno dal momento di effettuazione dell’operazione.

Ad esempio, se un soggetto che si avvale del regime dell’IVA per cassa effettua un acquisto nel mese di dicembre 2017 e versa il corrispettivo nel mese di aprile 2018 (posto che sia anche in possesso della fattura d’acquisto) potrà operare la detrazione:

a partire dalla liquidazione del mese di aprile 2018;

al più tardi, nell’ambito della dichiarazione IVA relativa al 2018 (entro il 30.4.2019).

INAPPLICABILITÀ DELLE SANZIONI

Sono fatti salvi i comportamenti adottati dai soggetti passivi IVA con riferimento alla liquidazione IVA periodica relativa al mese di dicembre 2017 (da effettuarsi entro il 16.1.2018 per i contribuenti mensili), ove detti comportamenti siano difformi dalle indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate con la circ. 17.1.2018 n. 1.

Non saranno sanzionabili, dunque i soggetti passivi IVA che, avendo ricevuto entro il 16.1.2018 fatture relative ad operazioni con IVA esigibile nel 2017, hanno computato l’imposta a credito nella liquidazione relativa al mese di dicembre 2017.

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Novità

ESONERO CONTRIBUTIVO PER L’OCCUPAZIONE GIOVANILE STABILE – NOVITA’ LEGGE DI BILANCIO 2018

Art. 1. C 100 e ss L. 27 dicembre 2017 n. 205

La 27.12.2017 n. 205 (legge di bilancio 2018), all’art. 1 co. 100 - 108 e 113 - 115, introduce, a favore dei datori di lavoro privati, un incentivo finalizzato a promuovere l’occupazione giovanile stabile, avente carattere strutturale a decorrere dal 2018.

INCENTIVO PER LE ASSUNZIONI A TEMPO INDETERMINATO E LE CONVERSIONI A TEMPO INDETERMINATO DI CONTRATTI A TERMINE

Sono incentivate, innanzitutto, le assunzioni con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a tutele crescenti (esclusi rapporti di apprendistato e di lavoro domestico) e le conversioni in contratto a tempo indeterminato di contratti a termine riguardanti soggetti:

con meno di 30 anni di età. Per il solo 2018, tale limite sale a 35 anni;

che non siano mai stati occupati a tempo indeterminato né presso il medesimo, né presso altro datore di lavoro, fatti salvi, in quest’ultimo caso, eventuali periodi di apprendistato non proseguiti al termine del periodo formativo.

L’agevolazione riconosciuta consiste nell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, esclusi i premi INAIL:

nella misura del 50% del loro ammontare;

per un periodo massimo di 36 mesi e nel limite massimo di 3.000,00 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile (per un importo massimo di 250,00 euro al mese).

L’accesso all’agevolazione (e il suo successivo mantenimento) è subordinato:

al rispetto dei principi generali ex artt. 31 del DLgs. 14.9.2015 n. 150 e 1 co. 1175 della L. 27.12.2006 n. 296 (es. rispetto del diritto di precedenza, regolarità contri-butiva, assenza di violazione delle norme in materia di condizioni di lavoro, osservanza dei contratti collettivi);

alla condizione che i datori di lavoro:

– nei 6 mesi precedenti l’assunzione incentivata e relativamente alla stessa unità produttiva, non abbiano effettuato licenziamenti individuali per giustifi-cato motivo oggettivo o licenziamenti collettivi;

– per almeno 6 mesi dalla suddetta assunzione, non licenzino per giustificato motivo oggettivo né il lavoratore neoassunto, né altri lavoratori operanti nella stessa unità produttiva e inquadrati con la medesima qualifica, pena la revoca dell’agevolazione e il recupero degli importi già fruiti.

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Con riferimento a quest’ultima ipotesi – così come a tutti i casi in cui il rapporto di lavoro incentivato si interrompa prima dei 36 mesi di durata massima – è comunque previsto che l’agevolazione “si trasferisca”, per il periodo residuo, al datore di lavoro che assuma nuovamente il lavoratore a tempo indeterminato, prescindendosi, in tal caso:

sia dall’età al momento del reimpiego;

sia dal requisito di non aver mai lavorato a tempo indeterminato (si parla di “portabilità” del bonus)

INCENTIVO PER LA PROSECUZIONE DI RAPPORTI DI APPRENDISTATO

Il suddetto incentivo per l’occupazione giovanile stabile si applica anche alle ipotesi di prosecuzione di rapporti di apprendistato, al termine del periodo formativo, in ordinari rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato riguardanti giovani che non abbiano compiuto il trentesimo anno di età.

In tali casi, l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro è riconosciuto:

nella misura del 50% e nel limite massimo di 3.000,00 euro su base annua;

ma per il più limitato periodo di durata massima di 12 mesi, fruibili a decorrere dal primo mese successivo alla scadenza del periodo, di un anno dalla conferma in servizio del lavoratore, in cui continuano ad applicarsi i benefici contributivi connessi alle assunzioni in apprendistato.

INCENTIVO PER LE ASSUNZIONI A TEMPO INDETERMINATO DI STUDENTI IMPEGNATI IN ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO O APPRENDISTATO FORMATIVO

Con una disposizione specifica, l’incentivo è altresì esteso alle assunzioni con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a tutele crescenti, entro 6 mesi dall’ac-quisizione del titolo di studio, di studenti:

in possesso del requisito anagrafico previsto in generale (meno di 30 anni ovvero, per le assunzioni nel 2018, meno di 35 anni);

che abbiano svolto, presso la medesima azienda:

– attività di alternanza scuola-lavoro, per almeno il 30% del monte ore previsto nei diversi percorsi di diploma o laurea considerati;

– periodi di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica supe-riore (c.d. “apprendistato di primo livello” ex art. 43 del DLgs. 14.9.2015 n. 81) ovvero di apprendistato in alta formazione (c.d. “apprendistato di terzo livello” ex art. 45 del DLgs. 81/2015).

In tali ipotesi, l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro è concesso:

entro i limiti massimi generali di importo – 3.000,00 euro su base annua – e di durata triennale;

ma con una percentuale di decontribuzione del 100%.

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Novità

SPESOMETRO LIGHT: ONLINE LA BOZZA DEL PROVVEDIMENTO E PROROGA DELLA SCADENZA DEL 28 FEBBRAIO

Bozza Provvedimento Agenzia Entrate 19 gennaio 2018

L'Agenzia delle Entrate ha pubblicato la bozza del provvedimento che illustra le regole tecniche semplificate per la trasmissione telematica dei dati delle fatture. Si tratta dello spesometro light introdotto dal decreto fiscale collegato alla legge di Bilancio 2018 (Dl 148/2017).

COMUNICAZIONE DATI FATTURE EMESSE E RICEVUTE: LE NOVITA’

Il decreto fiscale collegato alla manovra di bilancio 2018 (articolo 1-ter Dl 148/2017) ha introdotto alcune misure di semplificazione della comunicazione dei dati delle fatture (articolo 21 Dl 78/2010).

In particolare, il decreto ha previsto:

la possibilità di effettuare la trasmissione dei dati anche con cadenza semestrale;

la compilazione facoltativa dei dati anagrafici di dettaglio delle controparti;

per le fatture di importo inferiore a 300 euro, registrate cumulativamente, la facoltà di indicare solo i dati del documento riepilogativo.

LA BOZZA DI PROVVEDIMENTO CON LE NUOVE SPECIFICHE TECNICHE

Con la bozza di provvedimento pubblicata lo scorso 19 gennaio le specifiche tecniche per la trasmissione dei dati vengono, quindi, adeguate alle nuove disposizioni.

In particolare, si prevede che per ogni documento riepilogativo delle fatture emesse, i dati da inviare sono:

il numero e la data di registrazione del documento;

la partita Iva del cedente/prestatore;

la base imponibile;

l’aliquota Iva applicata e l’imposta ovvero, ove l’operazione non comporti l’annotazione dell’imposta nel documento, la tipologia dell’operazione.

Invece, per ogni documento riepilogativo delle fatture ricevute, i dati da inviare sono:

il numero e la data di registrazione del documento;

la partita Iva del cessionario/committente;

la base imponibile;

l’aliquota Iva applicata e l’imposta ovvero, ove l’operazione non comporti l’annotazione dell’imposta nel documento, la tipologia dell’operazione.

Tali dati sostituiscono quelli più numerosi, previsti dal provvedimento del 27 marzo 2017, relativi al singolo documento (dati identificativi del cedente/prestatore, quelli del

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cessionario/committente, la data del documento, la data di registrazione per le fatture ricevute e le relative note di variazione, il numero del documento, la base imponibile, l’aliquota Iva applicata e l’imposta o, nel caso in cui l’operazione non comporti l’annotazione dell’imposta nel documento, la tipologia dell’operazione).

Le nuove regole tecniche valgono anche:

per i contribuenti che hanno esercitato l’opzione per la trasmissione telematica dei dati delle fatture, emesse e ricevute disciplinata dal provvedimento n. 182070 del 28 ottobre 2016 (a questi contribuenti, inoltre, viene estesa la facoltà di invio con cadenza semestrale);

per l’integrazione delle comunicazioni relative al primo semestre 2017.

La bozza di provvedimento, inoltre, allinea i termini per l’effettuazione della comunicazione opzionale con quelli previsti per la comunicazione obbligatoria.

PROROGA DELLA SCADENZA

In materia di termini, si stabilisce che la scadenza della comunicazione dei dati delle fatture del secondo semestre 2017 slitta al sessantesimo giorno successivo alla data di adozione della versione definitiva del provvedimento.

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Novità

LEGGE DI BILANCIO 2018 E NOVITA’ PRIVACY

Legge 27 dicembre 2017 n. 205

La Legge di bilancio 2018 (Legge 27 dicembre 2017, n. 205), con l’art. 1, commi da 1020 a 1025 ha introdotto una serie di novità (alcune dal contenuto alquanto discutibile) volte a fornire attuazione al Regolamento Generale per la Protezione dei Dati Personali n. 679/2016 (“GDPR”).

Il Comma 1020 stabilisce che “al fine di adeguare l’ordinamento interno al regolamento (UE) 2016/679 … il Garante per la protezione dei dati personali assicura la tutela dei diritti fondamentali e delle libertà dei cittadini” e ha l’esclusivo compito di ribadire le funzioni ed i compiti del Garante, peraltro già ampiamente delineati sin dalla Legge 675/1996 e poi dal D.Lgs. 196/2003 e dagli artt. 51 e seguenti del GDPR.

Il comma 1020 ha imposto al Garante di adottare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge (ovverosia entro il 28 febbraio 2018), un provvedimento interno, nell’ambito del quale si disciplinino:

a) le modalità attraverso le quali il Garante stesso monitora l’applicazione del GDPR e vigila sulla sua applicazione;

b) le modalità di verifica, anche attraverso l’acquisizione di informazioni dai Titolari del trattamento dei dati personali trattati per via automatizzata o tramite tecnologie digitali, della presenza di adeguate infrastrutture per l’interoperabilità dei formati con cui i dati sono messi a disposizione dei soggetti Interessati, sia ai fini della portabilità (art. 20 del GDPR), sia ai fini dell’adeguamento tempestivo alle disposizioni del regolamento stesso;

c) la predisposizione di un modello di informativa da compilare a cura dei Titolari che effettuano un trattamento fondato sull’interesse legittimo che prevede l’utilizzo di nuove tecnologie o di strumenti automatizzati;

d) definisce linee-guida o buone prassi in materia di trattamento dei dati personali fondato sull’interesse legittimo del Titolare.

Tale previsione, ed in particolare la lettera b) che precede, sembra essere parzialmente in

contrasto con il GDPR, essendo fondata sul concetto di adeguare le infrastrutture aziendali

ex ante. Come noto, infatti, è proprio il Regolamento Europeo a incoraggiare i titolari del

trattamento a sviluppare formati interoperabili che consentano la portabilità dei dati, senza,

però, obbligare gli stessi ad “adottare o mantenere sistemi di trattamento tecnicamente

compatibili”.

Anche la predisposizione di un modello di informativa e di linee guida esula dalle finalità e dai

contenuti del GDPR che scoraggiano la predisposizione di modelli documentali astratti

e non fondati su un’attenta analisi della realtà aziendale di riferimento e che delegano al

Comitato Europeo per la Protezione dei Dati la pubblicazione di linee guida, raccomandazioni

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e migliori prassi al fine di promuovere l’applicazione coerente del presente Regolamento (art.

70.1.e) del GDPR).

Il comma 1022 statuisce che il Titolare del trattamento “ove effettui un trattamento fondato sull'interesse legittimo che prevede l'uso di nuove tecnologie o di strumenti automatizzati, deve darne tempestiva comunicazione al Garante per la protezione dei dati personali. A tale fine, prima di procedere al trattamento, il titolare dei dati invia al Garante un'informativa relativa all'oggetto, alle finalità e al contesto del trattamento … trascorsi quindici giorni lavorativi dall'invio dell'informativa, in assenza di risposta da parte del Garante, il titolare può procedere al trattamento”. Una volta ricevuta tale comunicazione, ai sensi del successivo comma 1023, il Garante dovrà effettuare “un'istruttoria sulla base dell'informativa ricevuta dal titolare e, ove ravvisi il rischio che dal trattamento derivi una lesione dei diritti e delle libertà dei soggetti interessati, dispone la moratoria del trattamento per un periodo massimo di trenta giorni … qualora ritenga che dal trattamento derivi comunque una lesione dei diritti e delle libertà del soggetto interessato, dispone l'inibitoria all'utilizzo dei dati”.

Tali commi hanno, di fatto, introdotto una sorta di notificazione ed autorizzazione privacy

ex ante, in contrasto con il GDPR che ha, dal suo canto, eliminato ogni notificazione

all’Autorità Garante, riducendo all’osso il perimetro delle autorizzazioni e delle consultazioni

preliminari.

I successivi commi 1024 e 1025 stabiliscono una serie di obblighi di rendicontazione del Garante ed uno stanziamento ulteriore di Euro 2.000.000,00 per l’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1020-1024.

Le novità legislative contenute nella Legge di Bilancio 2018 si sono andate ad aggiungere ai già più che dibattuti interventi del legislatore italiano attuati con:

1. l’Art. 13 della Legge 25/10/2017, n. 163 (Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea) nell’ambito della quale è stato delegata al governo Italiano l’adozione entro il 21 maggio 2018, di uno o più decreti legislativi al fine di adeguare il quadro normativo

nazionale alle disposizioni del GDPR1, e con

2. l’Art. 28 della Legge 20/11/2017, n. 167, nell’ambito del quale, tra l’altro, il legislatore nazionale ha uniformato (con risultati ancora non del tutto incoraggianti) la figura del Responsabile del trattamento dei dati ex art. 29 del Codice della Privacy con quella delineata dal GDPR ed ha introdotto la possibilità, previa autorizzazione del Garante, del riutilizzo di dati personali, anche sensibili (ad esclusione di quelli genetici), per scopi statistici e di ricerca scientifica, a condizione che siano adottate forme preventive di minimizzazione e anonimizzazione dei dati.

Il prossimo passo che si attende dal (nuovo) governo è quello dell’emanazione dei decreti legislativi oggetto di delega ai sensi della Legge 163/2017, si spera con risultati più incoraggianti e più in linea con le finalità ed i contenuti del GDPR, rispetto a quelli ottenuti con la Legge di Bilancio 2018.

1 La Legge 163/2017 ha fissato i principi che il governo dovrà seguire nell’emanazione dei citati decreti legislativi, ovverosia: (i) abrogare espressamente le disposizioni del Codice della Privacy incompatibili con le disposizioni del GDPR; (ii) modificare il Codice della Privacy limitatamente a quanto necessario per dare attuazione alle disposizioni non direttamente applicabili contenute nel GDPR; (iii) coordinare le disposizioni vigenti in materia di protezione dei dati personali con le disposizioni recate dal GDPR; (iv) prevedere il ricorso a specifici provvedimenti attuativi e integrativi adottati dal Garante per la protezione dei dati personali per le finalità previste dal GDPR e (v) Adeguare il sistema sanzionatorio penale e amministrativo vigente alle disposizioni del GDPR.

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Novità

MODIFICHE ALLA DEFINIZIONE DI STABILE ORGANIZZAZIONE

Legge 27 dicembre 2018 n. 205 – art. 1 comma 1010

La Legge di Bilancio 2018 (Legge 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, comma 1010) ha recepito nel nostro ordinamento le modifiche al Modello OCSE apportate dall’Action 7 dei BEPS in tema di stabile organizzazione, apportando significativi cambiamenti all’art. 162 del TUIR.

PREMESSA

All’esito dei lavori della Action 7 dei BEPS, l’OCSE ha apportato una serie di modifiche alla definizione di stabile organizzazione contenuta nel Modello OCSE, al fine di assicurare una corretta ripartizione del carico impositivo tra i diversi Stati. Dette modifiche sono state recepite nel nostro ordinamento dalla Legge di Bilancio 2018 che ha, pertanto, previsto significati interventi alla nozione di stabile organizzazione, così come introdotta nell’art 162 del TUIR ad opera del D.Lgs 12 dicembre 2003 (che ricalcava la definizione contenuta nel modello OCSE in vigore nel 2003)

In particolare, a seguito di quanto disposto dal comma 1010, dell’art. 1, della Legge di Bilancio 2018, le modifiche rilevanti alla definizione di stabile organizzazione riguardano:

il comma 4 dell’art. 162 del TUIR, al fine di dare rilevanza alla effettiva attività svolta in caso di attività preparatorie e ausiliarie;

l’introduzione della anti fragmentation rule, ossia della regola che prevede che le attività svolte dalla impresa estera in due luoghi in Italia, o da due imprese facenti parte dello stesso gruppo, debbano essere considerate unitariamente ai fini di verificare se le stesse siano effettivamente ‘‘ausiliarie e preparatorie’’;

il concetto di stabile organizzazione personale. Viene infatti previsto che si consideri stabile organizzazione anche l’agente indipendente che si adopera per porre in essere contratti in nome dell’impresa estera, se i contratti sono approvati dall’impresa estera senza modificazioni sostanziali.

ATTIVITÀ PREPARATORIE ED AUSILIARIE

Nella nuova formulazione dell’art. 162 del TUIR, a seguito del comma 4 (che fornisce una lista di fattispecie che non costituiscono di per sé stabile organizzazione) viene inserito il comma 4-bis, che prevede che non sia configurabile una stabile organizzazione solo nei casi in cui le attività indicate nel precedente comma 4 siano effettivamente solo di carattere ausiliario o preparatorio, ovvero, siano diverse da quelle, svolte presso la sede fissa di affari, che costituiscono una parte essenziale e significativa dell’attività dell’impresa nel suo complesso.

In sostanza, le attività indicate nel comma 4 non sono più considerate automaticamente preparatorie e ausiliarie, ma dovranno essere valutate caso per caso.

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FRAMMENTAZIONE DELL’ATTIVITÀ

Il nuovo comma 5 dell’art. 162 del TUIR prevede che ai fini di individuare se le attività svolte da un’impresa estera possano essere considerate ausiliarie o preparatorie dovranno essere considerate anche le funzioni svolte da tutte le società appartenenti al gruppo residenti nel territorio dello Stato.

La c.d. regola anti-spezzettamento ("anti fragmentation rule’’) mira a evitare che le multinazionali frammentino l’attività tra più società del gruppo per qualificare le singole funzioni come ausiliarie o preparatorie.

Infatti, le attività svolte da un’impresa configureranno stabile organizzazione (e dunque non potranno essere considerate di carattere ausiliario o preparatorio dell’attività svolta) quando:

la stessa o altre imprese del medesimo gruppo svolgono la propria attività nella stessa sede o in un’altra sede dello stesso Stato, e tale sede o altra sede costituisce essa stessa una stabile organizzazione per l’impresa o per un’altra impresa parte del medesimo gruppo, oppure;

se l’attività complessiva risultante dalla combinazione delle attività svolte dalle due imprese nello stesso luogo, o dalla stessa impresa o da imprese strettamente correlate nei due luoghi, non sia di carattere preparatorio o ausiliario, se le attività svolte dalle due imprese nello stesso luogo, o dalla stessa impresa, o dalle imprese strettamente correlate nei due luoghi, costituiscano funzioni complementari che siano parte di un complesso unitario di operazioni d’impresa.

STABILE ORGANIZZAZIONE PERSONALE

Il Final Report dell’Action 7 dei BEPS introduce modifiche sostanziali anche al concetto di stabile organizzazione personale, contenuto nel nostro ordinamento nei nuovi commi 6, 7 e 7-bis dell’art. 162 del TUIR.

Secondo la precedente definizione, si aveva stabile organizzazione personale quando un agente dipendente abitualmente conclude in nome dell’impresa stessa contratti diversi da quelli di acquisto di beni in Italia. Pertanto, nel caso di ‘‘commissionaire agreements’’ mediante i quali gli intermediari in Italia stipulano contratti ad hoc in nome proprio ma relativi a beni o diritti di proprietà della società non residente, formalmente non si rientrava nel concetto di stabile organizzazione personale.

Tali tipologie di contratti sono stati analizzati dall’OCSE, che ha ritenuto di ricomprendere nella definizione di stabile organizzazione anche i soggetti che operano ai fini della conclusione dei contratti, quando questi ultimi sono abitualmente conclusi dall’impresa non residente senza modifiche sostanziali e detti contratti sono stipulati in nome dell’impresa non residente.

Con la nuova formulazione dell’art. 162, il comma 6 dell’art. 162 prevede, pertanto, che sussisterà una stabile organizzazione personale, anche senza che vengano conclusi contratti in nome dell’impresa non residente, quando un soggetto svolga un ruolo decisivo nella conclusione dei contratti che vengono sistematicamente accettati dall’impresa estera senza modifiche sostanziali.

Inoltre, con l’intervento della Legge di Bilancio 2018, al fine di meglio definire il concetto di indipendenza, è stato riscritto il comma 7 dell’art. 162 del TUIR, aggiungendo anche un comma 7-bis.

A tale proposito, infatti, è stato previsto che:

non configuri una stabile organizzazione l’ipotesi in cui le attività sono svolte da agenti indipendenti che agiscono nel normale svolgimento della propria attività; mentre, invece, non è considerato un agente indipendente il soggetto che opera

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esclusivamente o quasi esclusivamente per conto di una o più imprese alle quali è strettamente correlato (comma 7).

un soggetto è strettamente correlato ad un altro soggetto quando l’uno controlla l’altro, o entrambi sono controllati da un terzo soggetto, ed in ogni caso se una impresa possiede direttamente o indirettamente oltre il 50% dei diritti dell’altro, o se entrambi sono controllati da un soggetto che possiede più del 50% dei diritti di voto in entrambe le società (comma 7-bis).

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Novità

CREDITO DI IMPOSTA A SOSTEGNO DELLA PUBBLICITA’

D.L. 50/2017 – art. 57/bis

PREMESSA

La Manovra Correttiva (D.L. n. 50/2017, art. 57-bis) ha introdotto un’importante agevolazione di natura fiscale, nella forma del credito d’imposta, sugli investimenti pubblicitari incrementali programmati ed effettuati sulla stampa (giornali quotidiani e periodici, locali e nazionali) e sulle emittenti radio-televisive a diffusione locale.

Il suddetto Decreto prevede un credito di imposta, a decorrere dal 2018, in favore di imprese e lavoratori autonomi che effettuano investimenti in campagne pubblicitarie sulla stampa quotidiana e periodica, nonché sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, il cui valore superi almeno dell’1% quelli, di analoga natura, effettuati nell’anno precedente.

Il credito d’imposta, che è utilizzabile esclusivamente in compensazione, previa istanza al Dipartimento per l’informazione e l’editoria, è pari al 75% del valore incrementale degli investimenti effettuati, innalzato al 90% nel caso di piccole e medie imprese, microimprese e start-up innovative.

La legge ha demandato ad un Regolamento di attuazione, in corso di adozione, il compito di disciplinare tutti gli aspetti della misura non direttamente regolati dalla legge, comprese le procedure operative che sono state definite con l’Agenzia delle Entrate.

SOGGETTI INTERESSATI

Possono beneficiare del credito d’imposta i soggetti titolari di reddito d’impresa o di lavoro autonomo, nonché enti non commerciali (novità introdotta dal Collegato fiscale 2018), che effettuano investimenti in campagne pubblicitarie, il cui valore superi di almeno l’1% gli analoghi investimenti effettuati nell’anno precedente sugli stessi mezzi di informazione.

DOMANDA DI AMMISSIONE AL BENEFICIO

I soggetti interessati presentano la domanda di fruizione del beneficio nella forma di una comunicazione telematica (una ‘‘prenotazione’’) su apposita piattaforma dell’Agenzia delle Entrate, secondo il modello che ha definito la medesima Agenzia, usufruendo di una ‘‘finestra temporale’’ ampia (potrebbe essere dal 1º marzo al 31 marzo di ciascun anno).

La suddetta comunicazione dovrà contenere:

dati identificativi dell’azienda (o del lavoratore autonomo);

il costo complessivo degli investimenti pubblicitari effettuati, o da effettuare, nel corso dell’anno; ove gli investimenti riguardino sia la stampa che le emittenti radio-televisive, i costi andranno esposti distintamente per le due tipologia di media;

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il costo complessivo degli investimenti effettuati sugli analoghi media nell’anno precedente; (per ‘‘media analoghi’’ si intendono la stampa, da una parte, e le emittenti radio-televisive dall’altra; non il singolo giornale o la singola emittente);

l’indicazione dell’incremento degli investimenti su ognuno dei due media, in percentuale ed in valore assoluto;

l’ammontare del credito d’imposta richiesto per ognuno dei due media;

dichiarazione sostitutiva di atto notorio (redatta ai sensi degli articoli 46 e 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445), concernente il possesso del requisito consistente nell’assenza delle condizioni ostative ed interdittive previste dalle disposizioni antimafia ai fini della fruizione di contributi e finanziamenti pubblici.

In sede di prima attuazione, grazie alle modifiche introdotte con il Collegato Fiscale 2018, il beneficio è applicabile anche agli investimenti effettuati dal 24 giugno al 31 dicembre 2017 sempre con la stessa soglia incrementale riferita allo stesso periodo dell’anno precedente; l’estensione al secondo semestre del 2017 riguarda, tuttavia, i soli investimenti effettuati sulla stampa, ed in questo caso sono ammessi anche gli investimenti effettuati sui giornali on-line.

INVESTIMENTI AGEVOLABILI

Sono ammissibili al credito d’imposta gli investimenti riferiti all’acquisto di spazi pubblicitari e inserzioni commerciali su giornali quotidiani e periodici, nazionali e locali, ovvero nell’ambito della programmazione di emittenti televisive e radiofoniche locali, analogiche o digitali.

Le spese per l’acquisto di pubblicità sono ammissibili al netto delle spese accessorie, dei costi di intermediazione e di ogni altra spesa diversa dall’acquisto dello spazio pubblicitario, anche se ad esso funzionale o connesso.

Gli investimenti pubblicitari devono essere effettuati su giornali ed emittenti editi da imprese

titolari di testata giornalistica iscritta presso il competente Tribunale2.

AMMONTARE DELLE RISORSE STABILITE

Il Collegato fiscale 2018 stabilisce l’ammontare delle risorse da destinare per il 2018 al credito d’imposta, sostituendo la previsione contenuta nella Manovra Correttiva 2017, in base alla quale lo stesso deve essere stabilito annualmente con il D.P.C.M.

Venendo meno il riferimento al D.P.C.M. annuale, si intenderebbe, dunque, che anche per gli anni successivi si provvederà ad individuare con provvedimento legislativo l’ammontare delle risorse da destinare al credito di imposta. In particolare, si prevede che il credito di imposta è concesso per l’anno 2018 nel limite complessivo, che costituisce tetto di spesa, pari a 62,5 milioni di euro.

Il credito d’imposta liquidato potrà essere inferiore a quello richiesto nel caso in cui l’ammontare complessivo dei crediti richiesti con le domande superi l’ammontare delle risorse stanziate. In tal caso, si provvede ad una ripartizione percentuale delle risorse tra tutti i richiedenti aventi diritto.

LIMITI E CONDIZIONI DI AMMISSIBILITÀ

Le spese per gli investimenti si considerano sostenute secondo le regole generali in materia fiscale previste (art. 109 del D.P.R. n. 917/1986).

2 (art. 5, Legge 8 febbraio 1948, n. 47, ovvero presso il Registro degli operatori di comunicazione ex art. 1, comma 6, lettera

a), numero 5, della Legge 31 luglio 1997, n. 249), e dotate in ogni caso della figura del direttore responsabile).

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L’effettività del sostenimento delle spese deve poi risultare da apposita attestazione rilasciata dai soggetti legittimati a rilasciare il visto di conformità dei dati esposti nelle dichiarazioni fiscali, ovvero dai soggetti che esercitano la revisione legale dei conti.

Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, tramite il modello F24 (art. 17, D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni).

Sono previste regole particolari per le ipotesi in cui l’ammontare del credito richiesto sia superiore a 150 mila euro. In tal caso, infatti, il richiedente potrà beneficiare dell’agevolazione a condizione che sia iscritto (o abbia inoltrato alla Prefettura competente la richiesta di iscrizione) agli elenchi dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa (cfr. art. 1, comma 52, Legge n. 190/2012).

I CONTROLLI DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE

L’Agenzia delle Entrate e l’Amministrazione effettueranno i controlli di rispettiva competenza, in ordine all’effettivo possesso dei requisiti che condizionano l’ammissione al beneficio fiscale; ove sia accertata la carenza di taluno dei requisiti, e quindi l’indebita fruizione, totale o parziale, del beneficio, l’Amministrazione provvederà al recupero delle somme con le procedure coattive di legge.

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Novità

PROROGA SPECIALE CIGS PER IL 2018

Art. 1, co. 133 L. 27 dicembre 2017 n. 205

Tra le diverse misure in materia di CIGS previste nella legge di bilancio 2018 (L. 205/2017), il co. 133 dell’art. 1 consente, per il biennio 2018-2019 e con riferimento alle imprese con organico superiore a 100 unità lavorative, una proroga variabile da 6 a 12 mesi ai limiti massimi di durata del trattamento straordinario di integrazione salariale previsti dal DLgs. 148/2015.

DURATA DEI TRATTAMENTI DI CIGS

In termini generali, i limiti di durata del trattamento straordinario di integrazione salariale, in base alla disciplina tracciata dagli artt. 4 e 22 del DLgs. 148/2015, sono, per ogni unità produttiva, pari a:

24 mesi in un quinquennio mobile, per la causale di riorganizzazione aziendale;

12 mesi per la causale di crisi aziendale.

Vige comunque il divieto di nuova concessione prima che sia decorso un periodo pari a due terzi di quello relativo alla precedente concessione.

In tutti i casi, viene fatto salvo il rispetto del limite di durata massima complessiva (CIGO e CIGS) indicato nell’art. 4 del DLgs. 148/2015, pari a 24 mesi in un quinquennio mobile, ovvero a 30 mesi per le imprese industriali o artigiane dell’edilizia e del settore lapideo.

MISURA PREVISTA DALLA LEGGE DI BILANCIO 2018

Come accennato, il co. 133 dell’art. 1 della L. 205/2017, introducendo il nuovo art. 22-bis nel D. Lgs. 148/2015, stabilisce che per gli anni 2018 e 2019 la proroga del periodo di CIGS possa essere concessa alle imprese con un organico superiore alle 100 unità lavorative:

per le causali di riorganizzazione aziendale o crisi aziendale;

che presentino una rilevanza economica strategica anche a livello regionale e notevoli problematiche occupazionali, con esuberi significativi nel contesto territoriale.

Laddove ricorrano le predette condizioni, la concessione della deroga sarà comunque subordinata:

alla stipula di un apposito accordo in sede governativa presso il Ministero del Lavoro, con la presenza della Regione o delle Regioni interessate;

alla presentazione, da parte dell’azienda, di piani di gestione intesi alla salva-guardia occupazionale, che prevedano specifiche azioni di politiche attive concordati con la Regione.

In termini concreti, la proroga potrà essere concessa sino al limite massimo di:

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12 mesi, se il programma di riorganizzazione aziendale di cui all’art. 21 co. 2 del DLgs. 148/2015 è caratterizzato da investimenti complessi non attuabili nel limite temporale di durata di 24 mesi, ovvero presenta piani di recupero occupazionale per la ricollocazione delle risorse umane e azioni di riqualificazione non attuabili nel medesimo limite temporale;

6 mesi, qualora il piano di risanamento di cui all’art. 21 co. 3 del DLgs. 148/2015, previsto per la causale di crisi aziendale, presenti interventi correttivi complessi volti a garantire la continuazione dell’attività aziendale e la salvaguardia occupazionale e non attuabili nel limite temporale di durata di 12 mesi ex art. 22 del DLgs. 148/2015.

Infine, si evidenzia che per il complesso delle proroghe indicate nella legge di bilancio in esame, il legislatore ha fissato un limite massimo di spesa pari a 100 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2018 e 2019.

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Novità

ASSUNZIONI DISABILI: LE NOVITA’ A DECORRERE DAL 1° GENNAIO 2018

Con l’introduzione del Jobs Act (D.Lgs. 151/2015) è stata modificata la Legge 68/99 con l’obiettivo di incentivare l’assunzione di soggetti affetti da disabilità.

Tale modifica è ufficialmente entrata in vigore dal 1° gennaio 2018 in seguito allo slittamento previsto dal D.L. 244/2016 (c.d. Decreto “Milleproroghe”).

La novità introdotta consiste sostanzialmente nell’obbligo di assunzione di un soggetto disabile da parte del datore di lavoro/azienda al raggiungimento della soglia dei 15 dipendenti: da tale momento, si precisa, si hanno a disposizione 60 giorni di tempo per procedere all’assunzione.

In questo si sostanzia la differenza rispetto all’anno precedente: fino al 31/12/2017, infatti, l’obbligo di assunzione di un soggetto disabile scattava dal momento dell’assunzione del sedicesimo dipendente e da quel momento l’azienda aveva tempo 12 mesi per procedere all’instaurazione del rapporto di lavoro.

Ai fini dell’obbligo di assunzione dei disabili si devono computare le seguenti categorie di lavoratori:

- apprendisti;

- lavoratori a domicilio;

- dirigenti;

- lavoratori per i quali l’azienda/datore di lavoro paga un premio INAIL superiore al 60 per mille;

- lavoratori con contratto a tempo determinato superiore a 6 mesi;

- disabili già in forza;

- i lavoratori divenuti invalidi durante il rapporto di lavoro con una percentuale pari o superiore al 60% o assunti senza il tramite del collocamento obbligatorio;

- i lavoratori part – time, in proporzione, ovviamente, all’orario di lavoro effettuato;

- i lavoratori a chiamata in base all’orario di lavoro effettuato nel semestre precedente.

In base alla Legge 68/99, l’azienda/datore di lavoro ha l’obbligo di assumere disabili in base ai seguenti rapporti numerici:

- 1 disabile per le aziende da 15 a 35 dipendenti;

- 2 disabili per le aziende da 36 a 50 dipendenti;

- assunzione del 7% della forza occupazionale per le aziende che occupano più di 50 dipendenti più l’1% destinato ai soggetti appartenenti alle categorie protette.

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Come è noto le aziende multilocalizzate, cioè aventi sedi in diverse province, possono attuare (senza nessuna particolare autorizzazione, obbligatoria, invece, negli anni precedenti) le varie compensazioni tra le unità operative in cui vi è eccedenza di “personale disabile” con le unità, invece, in cui vi è “riduzione” di soggetti disabili.

E’ importante rilevare che per le aziende/datori di lavoro con “carenza” di personale sarà necessario fornire, per ogni provincia, informazioni precise sul numero di posti disponibili con il relativo dettaglio delle mansioni e competenze: tali informazioni, riportate sull’apposito prospetto utilizzato per valutare l’obbligo o meno di assunzione di personale disabile, verrà considerato come richiesta di avviamento al lavoro ai sensi dell’art.9, comma 3, della Legge 68/99.

La seconda novità introdotta dal Jobs Act concerne le modalità di calcolo della quota di riserva: in base a tale novità, infatti, oltre ai soggetti da considerare fino al 31/12/2017 (invalidi civili con percentuale di invalidità tra il 46 ed il 100%, invalidi del lavoro con percentuale superiore al 33%, invalidi per servizio), devono essere considerati anche quei soggetti, già in stato di disabilità prima dell’avviamento al lavoro (anche se sono stati assunti senza il tramite del collocamento obbligatorio) nel caso in cui abbiano:

una riduzione della capacità lavorativa pari o superiore al 60%;

una disabilità intellettiva e psichica con riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%.

Esistono, però, alcuni casi in cui l’obbligo di assunzione di soggetti disabili può essere sospeso; tali casi sono riconducibili a situazioni di crisi dell’azienda/datori di lavoro quali:

- fallimento e liquidazione;

- ristrutturazione e riorganizzazione aziendale;

- contratti di solidarietà;

- accordi di incentivo all’esodo.

Tale sospensione può essere autorizzata per un periodo massimo di tre mesi, eventualmente prorogabili solo in seguito ad una specifica autorizzazione del Servizio provinciale Competente.

Da tenere in particolare considerazione, l’aspetto sanzionatorio che scaturisce nel momento in cui l’azienda/datore di lavoro non ottemperi all’assunzione del soggetto disabile: tale sanzione è quantificata in € 153,20 per ogni giorno di lavoro e per ogni lavoratore disabile non assunto, con esclusione delle domeniche e delle festività infrasettimanali, soggetta all’istituto della diffida: cioè la sanzione massima può essere ridotta nella misura di ¼ dell’importo complessivo solo a condizione che l’azienda/datore di lavoro, oltre a presentare il prospetto informativo, proceda alla stipula del contratto di assunzione con il soggetto disabile.

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Approfondimenti

CEDOLARE SECCA SU AFFITTI A SOCIETA’

CTR Lombardia – sentenza 27/02/2017 n. 754

A norma dell'art. 3, D.Lgs. n. 23 del 2011, in alternativa facoltativa rispetto al regime ordinario vigente per la tassazione del reddito fondiario ai fini IRPEF, il proprietario o il titolare di diritto reale di godimento di unità immobiliari abitative locate ad uso abitativo, che non agisca nell'esercizio d'impresa o di lavoro autonomo, può optare per il regime della cosiddetta cedolare secca, che prevede sostanzialmente un'imposta sostitutiva dell'IRPEF e delle relative addizionali, nonché delle imposte di registro e di bollo sul contratto di locazione.

La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia – sentenza n. 754 del 27 febbraio

2017 – ha disposto che, quanto al profilo del locatario, la norma non impone alcun vincolo particolare ai fini dell'accesso al regime in parola e, pertanto, lo stesso può essere applicato

anche qualora il conduttore sia una società.

IL CASO IN ESAME

Il contribuente proprietario di un immobile concesso in locazione, dopo aver ricevuto un avviso di liquidazione da parte dell'Agenzia delle Entrate per l'omesso versamento dell'imposta di registro sul contratto di locazione, impugnava tale avviso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Milano rilevando che il mancato versamento dell'imposta di registro era addebitabile al fatto di aver optato per il regime della cedolare secca.

Il ricorrente puntualizzava peraltro che:

il locatore era una persona fisica che non agiva in regime d'impresa o di libera professione;

che l'oggetto del contratto di locazione era un'unità immobiliare abitativa destinata ad uso abitativo e che il contratto era ad uso abitativo, anche se il conduttore era rappresentato da una società;

che era quindi in possesso dei requisiti previsti dalla legge, che non preclude comunque al locatore la possibilità di avvalersi della cedolare secca quando il conduttore è una società.

L'Agenzia delle Entrate si costituiva in giudizio, riportandosi ad una propria circolare (n. 26/2011), precisando che, nel caso in esame, il conduttore risultava essere una società, e pertanto non sussisteva il diritto di optare per il regime facoltativo d'imposizione (cedolare secca).

La Commissione tributaria provinciale aveva accolto il ricorso della locatrice proprietaria dell'immobile ritenendo che, in quanto persona fisica, titolare del diritto di proprietà sull'immobile concesso in locazione, aveva legittimamente optato per il sistema della cedolare secca per la tassazione dei canoni derivanti da tale contratto di locazione. La Commissione tributaria ha osservato che non può essere accolta l’eccezione dell’Agenzia,

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trattandosi di un'interpretazione distorta della legge che non dispone alcunché in merito al conduttore.

L’Ufficio ha appellato la sentenza.

LA DECISIONE DELLA CTR

La Commissione Tributaria non ha accolto l’appello dell’Ufficio, confermando quindi la sentenza di primo grado.

In particolare, i Giudici di seconde cure hanno rilevato che, per quanto concerne il profilo del locatario, la norma non impone alcun vincolo particolare ai fini dell'accesso al regime agevolato.

L'Agenzia delle Entrate, con la Circolare 26/E/2011, ha precisato che, tenuto conto che la norma consente l'applicazione della cedolare secca solo per gli immobili abitativi, locati con finalità abitative, escludendo quelle effettuate nell'esercizio di un'attività di impresa, o di arti e professioni, occorre porre rilievo, al fine di valutare i requisiti di accesso al regime, anche all'attività esercitata dal locatario ed all'utilizzo dell'immobile locato. Secondo l'Amministrazione finanziaria, esulano dal campo di applicazione della norma in oggetto i contratti di locazione conclusi con conduttori che agiscono nell'esercizio di attività di impresa o di lavoro autonomo, indipendentemente dal successivo utilizzo dell'immobile per finalità abitative di collaboratori e dipendenti.

In tal modo, tuttavia, finisce per equiparare, illegittimamente i locatori, che non devono, invero, agire nell'esercizio di impresa, arte o professione, come espressamente previsto dal citato art. 3, ai conduttori, per i quali, invece, nessuna disposizione prevede una simile preclusione.

Concludendo, se il locatore è una persona fisica che non esercita attività imprenditoriale, sussistendo il requisito previsto dalla legge della destinazione dell'immobile ad uso abitativo, può optare per la cedolare secca per la tassazione dei canoni di locazione, e non ha alcuna rilevanza il fatto che il conduttore sia una società.

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Approfondimenti

TRANSFER PRICING: IL FINANZIAMENTO PUO’ ESSERE ANCHE INFRUTTIFERO

CTP Milano – sentenza 18/12/2017 n. 7019

In tema di transfer pricing il finanziamento infruttifero non sempre genera redditività imponibile: occorre un controllo dell’amministrazione finanziaria, non di mero formalismo ma che cerchi l’esistenza di operazioni confrontabili di libero mercato.

Pertanto un finanziamento erogato affinché una controllata abbia la provvista per effettuare un investimento stabile è assimilabile a un contratto di dotazione patrimoniale. E’ il caso esaminato nella sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano n. 7019 del 18 dicembre 2017.

IL CASO IN ESAME

La sentenza riguarda l’impugnazione, da parte di una società (aderente al regime del Consolidato nazionale) e della sua controllante, di un avviso di accertamento per omessa contabilizzazione degli interessi attivi di finanziamenti erogati alle controllate (con sede ad Hong Kong), che avevano determinato una maggior imposta ai fini Ires.

La ricorrente appartiene ad un gruppo multinazionale attivo nei servizi al mercato del lavoro. È stata costituita per acquisire partecipazioni all’estero e coordinarle, gestirle e supportarle strategicamente e finanziariamente. La società sottolinea come i finanziamenti intercorsi con le società asiatiche non avessero generato alcun compenso, in quanto sottoscritti con clausola di infruttuosità per favorire l’ingresso del gruppo nel mercato cinese.

Secondo le Entrate, invece, il maggior reddito accertato corrisponde al valore normale degli interessi che scaturiscono dai finanziamenti accordati alle controllate estere situate nello Stato asiatico. Sarebbe del tutto ininfluente che l’operazione posta in essere dalla ricorrente sia qualificata come infruttuosa: tale qualificazione è di per sé inidonea ad escludere l’applicazione del criterio di valutazione in base al valore normale.

LA DECISIONE DELLA CTP

I giudici di prime cure osservano che su transazioni infragruppo l’amministrazione può intervenire quando il prezzo intercompany non riflette le condizioni di mercato, ma è lo strumento per trasferire materia imponibile da un Paese ad un altro; lo scopo della disciplina sul transfer pricing è infatti rettificare il valore della transazione per evitare che siano sottratti a tassazione redditi di imprese residenti.

I giudici, pur sottolineando che è sempre legittimo l’intervento dell’Ufficio su qualsiasi operazione non onerosa, affermano l’obbligo che l’operazione sia esaminata con oggettività, “nella sostanza economica...ed in rapporto con analoghe operazioni realizzate, in circostanze comparabili ed in condizioni di libero mercato tra soggetti indipendenti al fine di valutarne la conformità a queste”.

Così accolgono le doglianze della società ritenendo non avesse attuato comportamenti sanzionabili sul piano tributario nel mettere a disposizione delle proprie controllate estere a titolo gratuito il denaro necessario ad acquisire partecipate cinesi, perseguendo le finalità proprie del gruppo.

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Di qui il principio di diritto in base al quale non sempre ogni finanziamento infruttifero genera, in relazione al regime fiscale del transfer pricing, una redditività imponibile, per cui il controllo deve essere diretto alla ricerca dell’esistenza di operazioni confrontabili di libero mercato.

Nel caso di specie, il finanziamento erogato affinché la controllata potesse avere la provvista necessaria per un investimento stabile è assimilabile, negli effetti, ad un contratto di dotazione patrimoniale.

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Approfondimenti

IL REGIME FISCALE DELLE SPESE DI RAPPRESENTANZA

La normativa di riferimento è dettata dall’art. 108, comma 2, del Testo Unico delle imposte sui redditi che precisa che le spese di rappresentanza sono deducibili nel periodo di imposta in cui vengono sostenute, se rispondenti ai requisiti di inerenza (stabiliti dal D.M. 19 novembre 2008) e ragionevolezza (coerenza con le pratiche commerciali del settore), in relazione all’attività esercitata dall’impresa e nei limiti di deducibilità previsti dalla legge.

IL REQUISITO DELL’INERENZA

Si considerano inerenti le spese relative a erogazioni a titolo gratuito di beni e servizi documentate ed effettivamente sostenute per finalità promozionali o di pubbliche relazioni, a clienti attuali e potenziali, con l’obiettivo (anche solo potenziale) di produrre benefici all’impresa.

La regola generale è che dalle spese di rappresentanza non debba mai derivare un ricavo diretto per l’impresa.

Il D.M. 19 novembre 2009 individua delle particolari alcune fattispecie al ricorrere delle quali è da considerarsi implicitamente verificato il suddetto requisito di inerenza, per cui le spese relative sono da considerarsi, per tale sola ricorrenza, deducibili. Sulla base di quanto puntualizzato dal suddetto decreto costituiscono sempre spese di rappresentanza inerenti:

le spese per viaggi turistici con programmazione e concreto svolgimento di significative attività promozionali dei beni o dei servizi oggetto dell’attività caratteristica dell’impresa;

le spese per feste, ricevimenti e altri eventi di intrattenimento organizzati in occasione di: ricorrenze aziendali, festività nazionali o religiose, inaugurazione di nuove sedi, uffici o stabilimenti dell’impresa, partecipazione a mostre, fiere ed eventi in cui sono esposti i beni e i servizi prodotti dall’impresa.

GLI OMAGGI

Anche gli omaggi di beni possono essere considerati spese di rappresentanza laddove rispettino i requisiti e le caratteristiche prescritte dalla legge (ex art. 108, comma 2, del T.U.I.R.).

La normativa prevede, infatti, che se il bene oggetto dell’omaggio è prodotto o commercializzato dall’impresa, le spese sono deducibili integralmente fino a 50 euro, dopo di che entrano nel plafond delle spese di rappresentanza.

Nel caso di beni acquistati da società terze, la deducibilità dell’omaggio presenta delle limitazioni, in quanto ciò dipende dal valore di mercato che comunque deve rispettare il limite di 50 euro.

Si specifica che tale valore deve essere considerato unitariamente e non con riferimento ai singoli beni che compongono l’oggetto di distribuzione gratuita.

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LIMITI ALLA DEDUCIBILITA’ IRES

Per le spese di rappresentanza (superiori ai limiti sopra indicati per gli omaggi), la loro deducibilità è da riferirsi nell’anno in cui vengono sostenute e devono essere inoltre commisurate, nel loro ammontare massimo, ai ricavi e proventi della gestione caratteristica dell’impresa risultanti dalla dichiarazione dei redditi, relativa allo stesso periodo. Per il calcolo dei ricavi e proventi della gestione caratteristica si devono considerare le voci A.1 e A.5 del Conto economico, prese nell’importo rilevante ai fini fiscali.

Sui limiti di deducibilità delle spese di rappresentanza è intervenuto recentemente il legislatore (D.Lgs. n. 147/2015 c.d. Decreto Internazionalizzazione), che ha aumentato l’importo ammesso in deduzione per imprese, società e professionisti oltre ad aver soppresso il requisito della congruità al fine della deducibilità delle stesse.

Le nuove regole (che hanno modificato quanto previsto dal comma 2, dell’art. 108, del T.U.I.R.) sono entrate in vigore il 1° gennaio 2016 e prevedono i seguenti limiti di deducibilità:

1,5% dei ricavi e altri proventi fino a euro 10 milioni;

0,6% dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente euro 10 milioni e fino a 50 milioni;

0,4% dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente euro 50 milioni.

Superato il limite di deducibilità cosı` stabilito, la restante parte delle spese è da intendersi indeducibile, con necessità di operare apposita variazione in aumento in dichiarazione dei redditi. Nel caso contrario in cui le spese sostenute siano inferiori al limite suddetto, l’eccedenza non può essere portata ad incremento del limite del periodo d’imposta successivo.

TRATTAMENTO IVA

Il Decreto IVA afferma che “non è ammessa la detrazione dell’IVA relativa alle spese di rappresentanza, tranne quelle sostenute per l’acquisto di beni di costo unitario non superiore ad euro 50”.

Il limite di detraibilità IVA delle spese di rappresentanza a seguito dell’entrata in vigore del “Decreto semplificazioni” (art. 30, D.Lgs. n. 175/2014) si è adeguato, pertanto, a quello ai fini delle imposte sui redditi a far data dal13 dicembre 2014.

La detraibilità IVA dei beni che costituiscono spese di rappresentanza è quindi passata da 25,82 euro a 50 euro; conseguentemente, risultano indetraibili IVA al 100% le spese di rappresentanza per l’acquisto di beni di costo unitario superiore a 50 euro (art. 19-bis1, comma 1, lett. h), Decreto IVA), ad eccezione delle “spese di vitto e alloggio per ospitare clienti per mostre, fiere ed eventi simili e/o per trasferte dei propri dipendenti e/o collaboratori” (c.d. spese di ospitalità).

Infine, la cessione gratuita di beni rientranti nell’attività` esercitata dall’impresa comporta la detraibilità dell’imposta al100%, mentre la successiva cessione a titolo gratuito di tali beni dovrà essere assoggettata a IVA (anche con autofattura).

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Approfondimenti

COMPATIBILITA’ TRA APPRENDISTATO E DISTACCO

Ispettorato Nazionale del Lavoro – nota 290/2018

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con la nota n. 290 del 12/01/2018, ha fornito un parere in merito alla compatibilità tra il contratto di apprendistato ed il distacco.

Come noto, il distacco deve essere necessariamente legato ad un interesse temporaneo del “distaccante” presso il distaccatario e deve rivestire i caratteri della “liceità” in modo tale da prevenire operazioni di mero “prestito di personale”, configurabili correttamente solo nella somministrazione lecita di manodopera.

Dall’altra parte non bisogna dimenticare che il contratto di apprendistato, pur configurandosi come un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ha pur sempre delle finalità formative che devono essere obbligatoriamente osservate affinché si possa usufruire sia delle agevolazioni “contrattuali” (ad. esempio, possibilità di sottoinquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto al livello di destinazione finale) sia delle agevolazioni contributive.

In merito a tale questione della finalità formativa, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro chiarisce che il “distacco” non è incompatibile con il contratto di apprendistato purché all’interno del piano formativo individuale (c.d. PIF), stipulato tra datore di lavoro e lavoratore (ovviamente sotto la supervisione e controllo di un Ente di Formazione accreditato) sia inclusa la possibilità di “distacco” e venga sempre garantita la presenza di un tutor che seguirà l’attività formativa dell’apprendista.

Nel parere sopracitato viene, infine, precisato che la responsabilità della formazione rimane sempre a carico dell’azienda/datore di lavoro, anche nei periodi in cui il lavoratore è distaccato presso terzi.

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Approfondimenti

LA VALIDITA’ DEL PATTO DI PROVA – GLI ORIENTAMENTI DELLA CASSAZIONE

Come noto, il patto di prova è un elemento essenziale del contratto di assunzione e Le varie Corti di Cassazione, attraverso numerose sentenze, si sono espresse in merito alle casistiche che si possono verificare.

Analizzando le principali:

- Sentenza Cassazione sez. Lavoro, n. 1180 del 18/01/2017

L’esito positivo del patto di prova non implica in alcun modo il divieto di licenziamento del lavoratore da parte del datore di lavoro; la valutazione del datore di lavoro, infatti, è discrezionale e non è legata, pertanto, unicamente all’esito positivo del periodo di prova. A questo punto, però, è onere totale del datore di lavoro dimostrare che il licenziamento si è verificato per motivazioni che esulano totalmente dal periodo di prova;

- Sentenza Cassazione n.1501 del 16/09/2016

La mancanza della forma scritta del patto di prova determina l’infondatezza del licenziamento in base all’art. 1 della Legge 604/1966; una volta accertata la mancanza di un fondamento materiale alla base del licenziamento, il datore di lavoro è obbligato a reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro con il versamento dell’indennità risarcitoria;

- Sentenza Cassazione sez. Lavoro, n. 17371 del 1/09/2015

Il periodo di prova all’interno del rapporto di lavoro è necessario a tutelare entrambe le parti, ma una volta superato positivamente, diventa illegittimamente apposto, se stabilito per le stesse mansioni e dopo un congruo periodo di tempo, presso lo stesso o altro datore di lavoro;

- Sentenza Cassazione sez. Lavoro, n.10618 del 22/05/2015

È necessario rilevare l’importanza della precisa descrizione delle mansioni attribuite al dipendente al momento dell’assunzione. Il patto di prova avrà validità, infatti, limitatamente alle specifiche mansioni attribuite al lavoratore una volta sottoscritto il contratto di assunzione.

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Dal Mondo

PAESI OCSE: E’ L’ESTONIA IL SISTEMA FISCALE PIU’ COMPETITIVO

E’ stato pubblicato il nuovo rapporto 2017 International Tax Competitiveness Index da parte di Tax Foundation, ovvero l’ente di ricerca indipendente e apartitico statunitense che si occupa di tematiche. E’ il sistema fiscale estone quello più competitivo tra i vari sistemi fiscali dei Paesi Ocse.

COS’È L’INDICE DI COMPETITIVITÀ FISCALE INTERNAZIONALE

L’International Tax Competitiveness Index analizza i sistemi fiscali delle principali economie mondiali, misurando l’aderenza di ciascun sistema ai criteri di competitività e neutralità.

La competitività riguarda sostanzialmente la capacità di mantenere un’aliquota fiscale bassa per attrarre gli investimenti, mentre la neutralità fa riferimento alla capacità di un sistema fiscale di ottenere maggiori entrate cercando di utilizzare il meno possibile le distorsioni economiche, come per esempio incentivi o sgravi fiscali per determinate categorie di contribuenti.

Per misurare questo indice, la Tax Foundation utilizza più di 40 variabili, relative non solo al livello della tassazione, ma anche alla struttura fiscale vera e propria. Queste variabili sono raggruppate in 5 categorie: le tasse sull’impresa, le tasse sul consumo (Iva), l’imposta patrimoniale, le imposte individuali e quelle internazionali.

Un sistema fiscale ben strutturato è funzionale alla crescita economica di un Paese; uno macchinoso, invece, non solo fa lievitare i costi, ma danneggia l’intera economia interna.

Inoltre, specie negli ultimi anni, la globalizzazione delle imprese ha accentuato la competitività tra gli Stati, che oggi devono essere in grado di proporre condizioni fiscali vantaggiose per attrarre gli investimenti. Prima della recente riforma fiscale, ad esempio, gli Stati Uniti avevano un’aliquota marginale dell’imposta federale sulle società pari al 35%, rimasta invariata dall’inizio degli anni ‘90. Molto poco competitiva, se si pensa che l’aliquota media dei Paesi Ocse nel 2017 è stata pari al 25%, e la recente riforma è la testimonianza di come oggi la competitività sia una delle variabili cruciali per farsi strada nel mercato economico globale.

IL MIGLIOR SISTEMA FISCALE NEL 2017

Per il quarto anno consecutivo, l’Estonia si conferma come il Paese Ocse con il miglior sistema fiscale.

Il sistema fiscale dell’Estonia presenta 4 caratteristiche fondamentali:

1. l’aliquota del 20% sul reddito delle società che si applica solo ai profitti distribuiti;

2. una flat tax del 20% sui redditi individuali che non si applica al reddito personale proveniente dai dividendi;

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3. una tassa sulla proprietà che viene applicata solamente al valore del terreno (e non agli edifici o al capitale);

4. un sistema di tassazione territoriale che esenta dalla tassazione interna il 100% dei profitti esteri guadagnati dalle società estoni, con pochissime restrizioni.

LA FRANCIA IN CODA

Il sistema fiscale meno competitivo tra i Paesi Ocse è, invece, quello francese.

Tra le principali criticità del sistema francese vi sono imposte sul reddito individuali elevate e progressive che si applicano sia ai dividendi che alle plusvalenze, una delle aliquote dell’imposta sul reddito delle società più elevate nell’ambito dell’Ocse (pari al 34,4% per cento) ed elevate imposte patrimoniali.

Se si guarda alle ultime posizioni della classifica, gli ultimi cinque Paesi si caratterizzano per la presenza di aliquote fiscali aziendali superiori alla media (tranne la Polonia, che tassa le aziende al 19%) e per le imposte sul consumo elevate, con percentuali del 20% o superiori, ad eccezione del Cile, dove l’aliquota è pari al 19%.

LE ALTRE VARIAZIONI RISPETTO ALLO SCORSO ANNO

Rispetto alla classifica stilata nel 2016, nel 2017 l’Austria ha migliorato il suo sistema Iva, risalendo dal 16° al 13° posto della classifica, mentre è scesa di quattro posizioni la Slovenia, che ha aumentato l’aliquota dell’imposta sulla società, dal 17% al 19%. Migliora il sistema fiscale del Regno unito, che guadagna tre posizioni grazie alla riduzione delle aliquote sulle società e a quella sulle plusvalenze, ma anche quello di Giappone, Ungheria e Repubblica Ceca. Male invece la Slovenia, che perde quattro posizioni, e il Cile, che scivola di tre.

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Dal Mondo

REPORT OCSE SULLO SCAMBIO AUTOMATICO DI INFORMAZIONI SUI TAX RULING

Il rapporto OCSE pubblicato ad inizio dello scorso dicembre – predisposto in ottemperanza all’azione numero 5 del progetto Oecd/G20 Beps Project - si intitola Harmful tax practises - peer review reports on the exchange of information on tax rulings e riporta, Paese per Paese, tutti i numeri e le tipologie di accordi fiscali realizzati nel 2016 da 44 dei 100 Stati aderenti all’azione.

L’AZIONE NUMERO 5 DELL’OECD/G20 BEPS PROJECT

Lo scambio automatico di informazioni sui tax ruling rappresenta, insieme alla comunicazione dei regimi agevolativi presenti nelle normative nazionali, una delle due parti di cui si compone l’Azione numero 5 del Oecd/G20 Beps Project.

In particolare, è previsto che ciascuno Stato partecipante comunichi alle giurisdizioni interessate i dati degli accordi fiscali sottoscritti con soggetti esteri collegati a un contribuente residente o con una stabile organizzazione. Gli oltre 100 membri aderenti all'Inclusive framework sul Beps hanno accettato di implementare l’azione numero 5 e di sottoporre il proprio operato sul tax ruling e sullo scambio di informazioni in materia a una periodica peer review.

I ruling che ciascuno Stato o giurisdizione deve comunicare sono di cinque tipi:

gli accordi dedicati a regimi agevolativi presenti dalla normativa locale (per esempio il patent box in Italia);

gli Apa unilaterali, cioè gli accordi generalmente stipulati per individuare preventivamente un metodo di calcolo del prezzo di libera concorrenza di determinate operazioni, o altre forme di accordo in materia di transfer pricing;

gli accordi che incidono come variazioni in diminuzione sulle basi imponibili, soluzioni che potrebbero figurare esclusivamente in dichiarazione dei redditi e non sul bilancio e che, quindi, in assenza dello scambio di informazioni, difficilmente verrebbero a conoscenza di altre giurisdizioni fiscali oltre a quella che le ha accordate;

i ruling in materia di stabili organizzazioni;

i ruling su operazioni intragruppo.

Questi accordi di per sé sono utilizzati dagli Stati in un’ottica di compliance, per garantire cioè certezza nei rapporti con i contribuenti e ridurre il rischio di contenzioso.

Possono però rivelarsi uno strumento di erosione delle basi imponibili (base erosion) e spostamento dei profitti (profit shifting) in assenza di un quadro internazionale di trasparenza, poiché, sfruttando la mancanza di comunicazione tra gli Stati, un gruppo multinazionale potrebbe giocare su più tavoli e, sottoscrivendo legittimi accordi con singole amministrazioni fiscali, ottenere nel complesso, grazie a collegamenti tra società e a

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operazioni intragruppo ad hoc, una riduzione o persino un annullamento della tassazione correttamente dovuta.

IL REPORT OCSE

Il report è la prima peer review – revisione tra pari – prevista dall’azione numero 5 del progetto Beps, nel quadro del transparency framework (cornice di trasparenza) in materia di tax ruling.

Il rapporto analizza i dati, relativi al 2016, trasmessi automaticamente dagli Stati che finora hanno aderito e già messo in atto lo scambio, vale a dire tutti i membri Ocse più tutti i componenti non Ocse del G20 (Arabia Saudita, Argentina, Brasile, Cina, Colombia, India, Indonesia, Russia e Sudafrica), per un totale di 44 giurisdizioni.

Per ogni realtà viene analizzato il grado di implementazione dello standard concordato, secondo una serie di criteri che riguardano, per esempio, la puntualità della trasmissione dei dati e la completezza delle comunicazioni.

In 24 casi, l’Ocse ha anche formulato specifiche raccomandazioni, invitando la giurisdizione destinataria a conformarsi alle regole stabilite.

Le conclusioni salienti sono che da gennaio a dicembre 2016 sono state scambiate informazioni, all’interno del transparency framework, su oltre 10mila accordi fiscali, comunicati in 6.500 scambi.

La peer review sullo scambio di informazioni in materia di tax ruling ha cadenza annuale e coinvolgerà, mano a mano, tutti gli oltre 100 Stati e amministrazioni coinvolti. Già dall’appuntamento del 2018 la revisione tra pari si estenderà agli altri Stati che hanno aderito all'Inclusive framework Beps, con l’unica eccezione dei Paesi in via di sviluppo che hanno richiesto un rinvio della revisione al 2019.

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Dal Mondo

DISPONIBILE LA NUOVA VERSIONE DEL MODELLO OCSE DI CONVENZIONE FISCALE

Il progetto BEPS promosso dall’Ocse/G20, per contrastare le politiche di pianificazione fiscale aggressiva e per evitare l’erosione della base imponibile, entra a pieno titolo nella decima versione del Modello di convenzione fiscale pubblicato dall’Ocse lo scorso 18 dicembre.

L’edizione 2017 del modello riflette, infatti, il consolidamento delle misure riguardanti i trattati che scaturiscono dal lavoro svolto sulla base di quattro delle quindici azioni del Beps project, ed in particolare:

l’azione 2 che mira a neutralizzare gli effetti degli hybrid mismatch arrangements, intesi come strumenti e strategie che mirano a sfruttare le asimmetrie tra i diversi ordinamenti nazionali al fine di determinare situazioni di vantaggio indebito;

l’azione 6 finalizzata a prevenire, attraverso specifiche clausole antiabuso, la concessione di benefici in circostanze non appropriate;

l’azione 7 riguardante le tecniche elusive che coinvolgono le stabili organizzazioni;

l’azione 14 il cui scopo è rendere più efficace la risoluzione delle controversie.

Si rammenta che il modello di convenzione fiscale sul reddito e sul patrimonio dell’Ocse, utilizzato dai Paesi che vogliono concludere accordi bilaterali, gioca un ruolo cruciale nel processo di rimozione degli ostacoli allo sviluppo delle relazioni economiche tra i Paesi, delle barriere al commercio e agli investimenti oltreconfine.

Il modello è, infatti, alla base della negoziazione e dell’applicazione degli accordi bilaterali tra Paesi, definiti, da un lato, per assistere le imprese, dall’altro, per prevenire casi di evasione ed elusione internazionale.

Il modello, inoltre, fornisce gli strumenti per risolvere con criteri comuni i più frequenti problemi che insorgono in materia di doppia tassazione internazionale.

Con l’occasione della pubblicazione della decima versione l’Ocse ricorda come il modello di convenzione abbia rivestito nella storia della fiscalità internazionale un ruolo cruciale. La prima bozza risale al 1963, quando solo per una dozzina di Paesi erano in vigore degli accordi. Da allora lo standard messo a punto dall’Organizzazione di Parigi ha favorito le negoziazioni bilaterali tra Paesi e reso possibile un’armonizzazione tra le diverse convenzioni bilaterali a beneficio sia dei contribuenti sia delle Amministrazioni fiscali. Oggi più di 3000 trattati fiscali al mondo sono stati stipulati sulla base del modello di convenzione fiscale dell’Ocse.

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Hanno partecipato alla redazione del presente numero:

Gianluca Ronzio - Dottore Commercialista e Revisore Legale

Giovanna Ianni - Avvocato e Patrocinante in Cassazione

Veronica Vitale - Dottore Commercialista e Revisore Legale

Andrea Musile Tanzi - Dottore Commercialista e Revisore Legale

Eduardo Galardi - Dottore Commercialista e Revisore Legale

Antonio Virgallita - Avvocato

Lexalia è uno Studio Legale e Tributario indipendente, con sede a Milano, composto da avvocati e dottori commercialisti. Lo Studio offre un’ampia gamma di servizi di consulenza legale e fiscale, presentandosi come una boutique professionale multidisciplinare che integra al suo interno specialisti esperti nei principali settori del diritto degli affari e della fiscalità nazionale e internazionale.

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