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1 LESSICO DI STORIA DELLARTE Modern Italian Art Anno Accademico 2015-2016

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LESSICO DI

STORIA DELL’ARTE

Modern Italian Art Anno Accademico 2015-2016

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A Abbozzo: prima realizzazione d’insieme di un’opera d’arte, allo stato preparatorio, che già contiene l’idea definitiva. Il termine diffe-risce da schizzo (v). Accademie: istituzioni volte alla promozione e all’insegnamento delle arti figurative sulla base di regole e canoni precisi. In Italia si dif-fondono a partire dalla seconda metà del XVI secolo: fra le più note vi sono l’Accademia del disegno, fondata a Firenze nel 1563 da Cosimo de’ Medici, l’Accademia di San Luca (Roma, 1577), e l’Accademia dei Desiderosi (Bologna, 1582, poi detta degli Incamminati nel 1590), fondata dai Carracci. Le accademie nascono in contrapposizione alle corporazioni di stampo medievale e assicurano all’artista un nuovo status sociale, una condizione di intel-lettuale e non più, come nel passato, di arti-giano legato al mondo della bottega. In que-sto processo di promozione dell’artista, svol-gono una duplice funzione: da un lato forni-scono una legittimazione teorica al processo creativo, grazie all’elaborazione di una conce-zione generale dell’arte che vede il primato del momento inventivo-ideativo su quello pratico-operativo (ciò che conta è l’idea che si manifesta nel disegno e anche nell’abbozzo); dall’altro assolvono a una funzione eminen-temente pratica, formativa. In questo com-plesso processo educativo gli artisti appren-dono materie classiche e scientifiche, storia, filosofia, anatomia, matematica, geometria e si esercitano sul disegno, sulle copie, sugli studi dal vero e sulla rappresentazione della figura umana. L’istituzione dell’accademia condiziona pesantemente il tradizionale rap-porto fra artista e committente e si impone presto come organo ufficiale, in grado di con-trollare l’attività artistica e imporre un deter-minato gusto. Si pensi, per esempio in Fran-cia, all’Académie royale de peinture et de sculpture (istituita nel 1648): finanziata dal re, esercita un vero e proprio monopolio culturale, attra-verso concorsi ed esposizioni periodiche, e ha il diritto di “porre il modello”, di stabilire i principi e le regole da seguire. Questo assolu-tismo, caratteristico dell’età di Luigi XIV, conferisce una vera e propria egemonia, che fa dell’accademia l’unico tramite possibile fra l’artista e la committenza. Un’organizzazione e un’ideo-logia di questo tipo sfocia poi di necessità in un irrigidimento conservativo, che porta alla definizione di una vera e pro-

pria gerarchia dei generi (v). La crisi dell’i-stituzione inizia nell’Ottocento quando con il romanticismo (v) si rivendica la libertà creativa al di là di regole e gerarchie. Successivamente, i maggiori movimenti tendono a rifiutare i metodi e le regole imposte dall’accademia, oltre alla sua funzione formativa: questo at-teggiamento coinvolge già gli impressionisti (impressionismo, v.) e ha il suo culmine poi con le avanguardie (v) del Novecento.

Acquaforte: v. incisione

Acquarello: Tecnica pittorica che utilizza co-lori diluibili in acqua con aggiunta di gomma arabica, che salda il colore al supporto (v) sul quale si dipinge (carta o seta). I colori sono stesi a velature (v). A differenza delle altre tec-niche, le tonalità chiare non si ottengono con l’aggiunta di pigmento bianco, ma con l’acqua: questa evapora rapidamente e co-stringe quindi a eseguire l’opera con rapidità, senza pentimenti (v). L’acquarello consente di ottenere una pittura trasparente. Acquatinta: v. incisione Acrilico, colore: colore sintetico, utilizzato nel nostro secolo in sostituzione del colore a olio per la maggiore rapidità di essiccamento. Produce particolari effetti di lucentezza. Action painting: definizione proposta nel 1952 dal critico americano Harold Rosenberg per indicare quella tendenza pittorica che at-tribuisce più importanza al gesto, all’atto stes-so del dipingere, piuttosto che all’oggetto rappresentato. Secondo Rosenberg, “ciò che deve essere trasmesso alla tela non è più un’immagine ma un fatto, un’azione”. Fra i principali protagonisti dell’action painting vi sono Jackson Pollock e Willem de Kooning (v. informale).

Aeropittura: produzione che caratterizza una fase avanzata, e non certo la più feconda, del futurismo (v). Il Manifesto dell’aeropittura (1929) propugna una pittura che rappresenta il pae-saggio colto in volo da un aeroplano, con e-videnti effetti dinamici di forme e colori. Fra i protagonisti di questa fase vi sono Tullio Cra-li ed Enrico Prampolini.

Affresco: tecnica di pittura murale che ri-chiede diverse operazioni di preparazione: sul muro viene steso un intonaco grossolano (rinfazzo) e su questo uno più sottile (arric-cio), su cui viene disegnata una traccia

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dell’opera con un solo colore (sinopia). Sulla sinopia è posto uno strato leggero di sabbia molto fine e calce; su questo intonaco bagna-to il pittore dipinge con i colori mescolati ad acqua. Per la necessità di dipingere su intona-co fresco la porzione di muro da affrescare viene preparata giorno per giorno. Dalle con-giunture dell’intonaco si possono individuare le “giornate” che indicano il ritmo e il tempo impiegato per il lavoro. Questa tecnica ri-chiede una pittura rapida e senza pentimenti (v). I ritocchi vengono eseguiti a secco, usan-do colori a tempera. Il processo di integra-zione tra i colori e la calce dell’intonaco rende la pittura dell’affresco molto resistente. Alla prima: metodo pittorico molto rapido che consiste nell’applicazione diretta dei pig-menti (v), generalmente su fondo (v) bianco, senza eseguire schizzi (v) e senza usare prepa-razione, velatura (v) o ritocchi.

Arazzo: panno tessuto con figure, paesaggi, motivi decorativi, vegetali o araldici, destinato a ricoprire e decorare le pareti. Il nome deriva dalla città francese di Arras, che per alcuni secoli fu un importante centro di fabbrica-zione di arazzi, tappezzerie e panni di seta.

Art brut: (arte bruta, spontanea): espressione coniata dal pittore Jean Dubuffet nel 1945 per indicare le opere create non da artisti pro-fessionisti ma da bambini, dilettanti, alienati mentali e da tutti coloro che si collocano fuo-ri dal sistema culturale e commerciale dell’arte. Solo in questo modo, secondo Du-buffet, l’impulso artistico si manifesta in mo-do spontaneo e sincero, senza alcun condi-zionamento.

Arte astratta: arte che si oppone a una rap-presentazione verosimile, mimetica (mimesis, v.) o illusionistica (tridimensionale) della real-tà; utilizza invece forme geometriche o di pu-ra fantasia che non descrivono fenomeni, ac-cetta la bidimensionalità della tela, si oppone alla prospettiva (v) e al trompe-l’oeil (v), e realizza composizioni che non hanno corrispondenza diretta nel mondo oggettuale. Poiché molte opere astratte non contengono figure né og-getti riconoscibili, il titolo è indispensabile per avvicinarsi all’atmosfera evocata. Arte murale: realizzazione pittorica su grandi superfici murali, in edifici civili e religiosi, con fini didattici ed edificanti e talvolta anche propagandistici (Affresco, murale, muralismo, v.).

Arte povera: definizione coniata dal critico Germano Celant nel 1967, indica opere rea-lizzate con materiali umili, quotidiani, come sabbia, pietre, legno, giornali.

Assemblage: uso di materiali e oggetti tridi-mensionali combinati insieme per creare ope-re d’arte, con effetti inediti e sorprendenti. Si tratta di una tecnica tipica del dadaismo (v) e del surrealismo (v) adottata per esempio da Pi-casso nella sua Testa di toro (1942), realizzata unendo il sellino e il manubrio di una biciclet-ta. È un’operazione simile al collage (v), che sposta però il discorso dal piano bidimensio-nale a quello tridimensionale.

Astrattismo: fra le tendenze artistiche del Novecento, quella astratta (o non figurativa) rappresenta il culmine di un processo, un punto di arrivo che coinvolge moltissimi arti-sti provenienti dalle esperienze più disparate. L’abbandono della mimesis (v), perseguito già dai cubisti (v), trova ora un ulteriore sviluppo grazie a una progressiva semplificazione del linguaggio, che si serve di forme elementari, la linea e il colore puro, sempre più distaccate dalla realtà, e prive di elementi riconoscibili. Questo radicalismo stilistico produce quel fenomeno tipico per cui di fronte a opere a-stratte, non siamo più in grado di identificare il soggetto rappresentato, come invece avvie-ne per le opere del passato, in cui il tema è solitamente comprensibile. L’astrazione si ba-sa infatti sul presupposto che un’opera d’arte rappresenti un fenomeno autosufficiente, pienamente espressivo, indipendente da qual-siasi contenuto, pura emanazione dell’in-teriorità del suo creatore. Il grande pioniere di questa temperie è Vasilij Kandinskij (Mosca 1866-Neully-sur-Seine 1944), prima come protagonista del Blaue Reiter (v), poi come maestro del Bauhaus (v). A partire dal 1910 compone opere astratte, alternando l’attività pittorica a una feconda riflessione teorica (Lo Spirituale nell’arte, 1912; Punto, Linea, Superficie, 1926). Liberata da esigenze rappresentative (mimetiche, descrittive), la pittura diviene pu-ra espressione di valori spirituali ed emozio-nali; la presenza dell’oggetto (abolito) è sosti-tuita da forme, colori e linee, che secondo Kandinskij sono in grado di comunicare delle sensazioni allo spettatore. L’artista russo rile-va forti analogie con la musica e cerca di e-mularne gli effetti, di renderne l’immediatezza: il rapporto fra gli elementi intrinsecamente espressivi (linee e colori)

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produce ritmi e timbri di immediata perce-zione, sensazioni comunicative co-me un’improvvisazione musicale. L’altro grande protagonista è l’olandese Piet Mondrian (De Stijl, v.), paladino di un assoluto rigore mate-matico e di una semplificazione geometrica radicale; l’astrazione è per lui un punto d’incontro etico ed estetico, il momento in cui la pittura si riscatta dalla propria sensuali-tà, dovuta alla materia, per innalzarsi alla pura spiritualità. Il suo rifiuto della natura lo con-duce a una sintesi costante e progressiva, a una meta assoluta, che comporta un linguag-gio ridotto all’essenziale, all’incontro ortogo-nale di linee rette e all’uso di colori elementa-ri: giallo, rosso, blu. Il punto più estremo del linguaggio non figurativo, aniconico, è rag-giunto da Kazimir Malevich, fondatore del suprematismo (v), che nel 1918 realizza il cele-bre Quadrato bianco su fondo bianco. Atelier: studio, laboratorio dell’artista. Il ter-mine definisce anche il gruppo di persone che collabora alla realizzazione di un’opera alle dipendenze di un maestro.

Automatismo: elemento centrale nella teoria e nella poetica dei surrealisti (v. surrealismo), descritto da André Breton nel Primo Manifesto del movimento (1924). Con questo procedi-mento, rapido e privo di controllo razionale, morale ed estetico, l’artista riesce a rappresen-tare elementi espressivi profondi e inconsci, una dimensione più autentica che sfugge alla coscienza e al filtro della ragione. Avanguardia: il termine individua i principali movimenti artistici sorti nei primi tre decenni del Novecento: appartengono, tra gli altri, a questa felice congiuntura: astrattismo, cubismo, dadaismo, espressionismo, futurismo, surrealismo (v). Malgrado le differenze sostanziali fra i vari gruppi, e persino al loro interno, si possono individuare alcuni tratti caratteristici, che ri-corrono con frequenza. Avanguardia identifi-ca in primo luogo un profondo cambiamen-to, un’innovazione di tipo stilistico- formale; in questo senso si nota una polemica radicale contro la tradizione in tutti i suoi aspetti. Questa decisa presa di posizione porta ad ab-bandonare i concetti e i mezzi di rappresen-tazione usati da secoli: il rifiuto, rivoluziona-rio, della mimesis (v) si accompagna di volta in volta all’abbandono della prospettiva (v), della profondità, dell’integrità dei volumi, della ri-conoscibilità dei soggetti. Rispetto al passato, quindi, si nota un interesse prevalente per la

sfera formale rispetto al contenuto, che pro-duce non soltanto un radicale rinnovamento stilistico, ma anche l’invenzione di tecniche, mezzi espressivi (si pensi per esempio ai da-daisti e ai surrealisti), o canali di comunica-zione (come i futuristi), atti a esprimere le nuove poetiche. Questo aspetto estetico si coniuga in molti casi a una forte valenza etica: spesse volte ci troviamo infatti di fronte a un’arte che vuole agire sulla società e pro-muovere il cambiamento, coinvolgendo il pubblico a livello profondo. Non è quindi raro trovare gli artisti di un movimento legati non soltanto da un determinato orizzonte poetico, afferente alla sfera artistica, ma an-che da un preciso indirizzo ideologico, come avviene per esempio per i futuristi o gli e-spressionisti. Il carattere associativo delle a-vanguardie, atto a favorire continui scambi culturali fra arte e letteratura, musica e poesia, cinema e teatro, produce spesso un’orga-nizzazione complessa, a cui partecipano a di-verso titolo svariate personalità. Uno schema ricorrente vede la presenza di pochi artisti guida (Picasso e Braque, per esempio, nel ca-so del cubismo), e di vari affiliati, che si asso-ciano a un letterato, un teorico, o un critico “ufficiale” (Apollinaire). Spesso a queste figu-re si unisce quella di un mercante, che cerca di garantire il successo commerciale del mo-vimento. Le idee del gruppo vengono poi e-sposte attraverso dei manifesti, che possono avere il contenuto più svariato, e divulgate attraverso l’uso delle riviste, come Lacerba per i futuristi. Un altro aspetto molto importante, che esprime l’idea di una pluralità di proposte e linguaggi davvero straordinaria (e che rende difficile parlare di omogeneità stilistica anche all’interno di un singolo gruppo), è dato dal continuo travaso di esperienze fra gli artisti, che a seconda delle fasi possono essere futu-risti, cubisti o astrattisti, dadaisti o surrealisti. O persino coniugare in una stessa opera di-verse tendenze, come avviene in moltissimi casi: basti pensare, per esempio, a Boccioni, Carrà o Malevich. I grandi precursori e co-stanti punti di riferimento per le avanguardie sono Munch, Ensor, Cézanne, Gauguin e van Gogh. B

Bauhaus: celebre scuola fondata dall’ar-chitetto Walter Gropius a Weimar nel 1919, trasferita a Dessau nel 1925 e definitivamente soppressa sotto il Nazismo (1933). Al suo in-

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terno venivano impartiti un insegnamento teorico-formale (da architetti ma anche da pittori come Kandinskij) e uno più tecnico –operativo (da esperti in vari settori, come fa-legnameria, metallurgia, ceramica, ecc.). L’utopia del Bauhaus propone una stretta col-laborazione fra arte e industria e il supera-mento dello iato, iniziato nell’Ot-tocento, fra arte e artigianato. Si voleva dare nuovo im-pulso a quest’ultimo, all’epoca fortemente ri-dimensionato, in modo da creare prodotti re-alizzabili su scala industriale. Questa conce-zione nasce da una radicale volontà di rinno-vamento, da una riprogettazione globale della società che, sotto l’egida dell’ar-chitettura come sintesi suprema del processo, si occu-passe di problemi non solo estetici ma anche sociali. La poetica innovativa propugnata, che intendeva unificare le arti maggiori a quelle minori, eliminandone la distanza, fu subito avversata dalla borghesia e dal mondo acca-demico tradizionale, al punto che la scuola fu prima costretta a trasferirsi e poi chiusa. Il Bauhaus rappresenta anche un’importante fucina per la formazione, discussione e diffusione dell’arte astratta (v), che trae alimento dalla presenza di docenti del calibro di Kandinskij e Klee.

Belle arti: il termine indica quelle arti in cui il valore estetico è prevalente: sono comprese la pittura, la scultura e l’architettura in contrap-posizione alle arti decorative e alle arti appli-cate, nelle quali prevale invece la funzionalità. Tale distinzione appare oggi troppo schema-tica. Un mobile (arte applicata) presenta infat-ti una forte valenza estetica; un’opera archi-tettonica risulta invece caratterizzata quasi sempre da una marcata funzionalità da cui non si può prescindere. Storicamente, l’espres-sione Belle Arti, o Beaux Arts, viene usata in luogo di Arti del disegno in Francia e in Italia dalla seconda metà del Seicento, in cor-rispondenza con l’affermarsi del classicismo (v) e delle accademie (v). In Italia, per esempio in Bellori, rappresentante del classicismo, tro-viamo anche l’espressione “mista” Belle Arti del Disegno: in questo modo si vuole sottoline-are da un lato che il fondamento dell’arte è il disegno, dall’altro che il suo fine è la bellezza. La definizione di Accademia di Belle Arti e-sprime una concezione classicista, e neoclas-sica, secondo cui un’ope-ra deve superare la semplice imitazione della natura (mimesis, v.), per ottenere invece una bellezza ideale.

Biacca: colore bianco, costituito da carbona-to basico di piombo, un tempo molto usato come pigmento (v) base per le vernici ad olio o anche nei disegni, per ottenere rialzi di tono, ossia per schiarire alcune parti, ora sostituito con ossido di zinco e di titanio perché vele-noso e facilmente anneribile dall’aria.

Blaue Reiter, der (Il Cavaliere Azzurro): Movimento artistico fondato a Monaco nel 1911 dai pittori Kandinskij e Marc, di grande importanza per la formazione e gli sviluppi dell’astrattismo (v). I testi teorici fondamentali prodotti dal gruppo, entrambi nel 1912, sono un almanacco intitolato Der Blaue Reiter, con-tenente saggi di musica e di pittura e il libro Lo spirituale nell’arte, scritto da Kandinskij. Nelle due mostre organizzate (1911 e 1912) a Monaco parteciparono anche artisti come Kirchner, Braque, Malevich, Klee, Picasso. Body art (arte del/con il corpo): Esperienza diffusa negli anni ’60 e ’70 del Novecento, basata sull’uso diretto del proprio corpo co-me mezzo espressivo. Yves Klein, per esem-pio, dipinge il corpo di modelli e modelle che lasciano poi la propria impronta sulla tela. Fra le espressioni della body art non mancano at-teggiamenti estremi, volutamente violenti o provocatori come l’esibizione di dolore o mutilazioni e atteggiamenti sadici. Brücke, die (Il Ponte): movimento artistico fondato a Dresda nel 1905, trasferitosi a Ber-lino nel 1911 e sciolto nel 1913 per forti con-trasti interni. I protagonisti del gruppo, con cui abitualmente si identifica l’espressionismo (v), sono Ernst Ludwig Kirchner, Erich Heckel, Karl-Schmidt-Rottluff, Emil Lode, Max Pe-chstein e Otto Müller. C Calco: impronta di un rilievo o di una statua ottenuta facendo aderire al modello un mate-riale molle come cera, gesso o creta nel quale, una volta solidificato, si imprime una forma necessaria per ricavare una copia.

Camera oscura: apparecchio ottico che uti-lizza una lente per proiettare l’immagine di un oggetto, collocato all’esterno, su uno schermo di vetro o su un foglio di carta, posto sul lato opposto rispetto alla lente; regolando la di-stanza tra lente e schermo si ottiene rovescia-ta e in proporzioni ridotte l’immagine colta dall’obiettivo.

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Carboncino: il termine, indicante il baston-cino di carbone di legno di tiglio o di salice bruciato con cui si eseguivano disegni, è pas-sato anche a definire i disegni stessi eseguiti con tale tecnica. Cartone: disegno preparatorio complessivo, delle stesse dimensioni dell’opera da eseguire (affresco, arazzo, vetrata, mosaico), o anche parziale, di grandezza inferiore, solitamente realizzato con carboncino (v) o gessetto su carta spessa. Nel caso dell’affresco (v) il cartone ve-niva tagliato in molte parti ognuna delle quali, corrispondente a una “giornata” di lavoro, era poi collocata sull’intonaco fresco. A que-sto pun-to il disegno veniva riportato sulla superficie con una punta metallica, attraverso un ricalco; oppure sui bordi bucherellati del cartone veniva passata della polvere di carbo-ne in modo da lasciare sull’intonaco la traccia del disegno: quest’ultimo procedimento si chiama spolvero.

Cemento armato: materiale da costruzione realizzato inserendo nel calcestruzzo armatu-re di ferro, sotto forma di aste o grate.

Ceramica: tutto ciò che viene realizzato in argilla e sottoposto a cottura. Le operazioni di lavoro della ceramica sono: impasto, mo-dellazione, essiccazione, impermeabilizzazio-ne, decorazione, cottura. I prodotti ceramici si distinguono in prodotti a corpo poroso (che cuociono a meno di 600°): terracotta, maiolica, terraglia, e prodotti a corpo compat-to (che cuociono a più di 900°): porcellana, gres. Terracotta – L’argilla lavorata viene essic-cata al sole o cotta al forno. Ha colore rossa-stro. Tra i prodotti: tegole, vasellame, statue. Maiolica – Prodotto ceramico a pasta tenera, rivestito da una vernice o smalto opaco, stan-nifero (ricco di stagno), da cui proviene il predominante colore bianco del fondo. Il termine francese per maiolica è faience, dalla città di Faenza che fu il più importante centro italiano di produzione. Terraglia – Ceramica ottenuta da uno strato di terra bianca porosa, rivestita da una vernice trasparente vetrosa. Molto resistente. Porcellana — Composta di un impasto di caolino, feldspato e quarzo che vengono cotti a temperatura altissima, oltre i 1400°, e danno un prodotto a pasta dura, bianca, lucida. Si definisce biscuit la porcellana bianca opaca, senza smalto. Gres - La vetrifi-cazione è determinata dalla cottura a tempe-rature molto elevate (1200°/1400°).

Un’ulteriore classificazione si deve al tipo di rivestimento, che si dice a piccolo fuoco se è cotto a meno di 600° a grande fuoco se è cot-to a più di 900°. Il rivestimento può essere effettuato con una vernice, con lo smalto o con l’ingobbio, che consiste in uno strato di smalto steso uniformemente per immersione o a spruzzo. Chiaroscuro: in pittura il termine indica la tecnica per modellare una forma attraverso l’alternanza graduata di luci e di ombre. Si può quindi passare dal morbido sfumato leo-nardesco ai toni fortemente contrastati pre-senti per esempio in Caravaggio, Rembrandt, e in generale nella pittura barocca. In scultura e in architettura si riferisce invece al rapporto tra i pieni e i vuoti, messo in risalto dall’incidenza della luce.

Classicismo: tendenza culturale e di gusto che pone consapevolmente il mondo classico come ideale e modello da studiare e imitare. Le opere d’arte che appartengono a questo filone presentano qualità formali in sintonia con aspetti dello spirito greco e romano: or-dine, moderazione, razionalità, armonia, simmetria, rispetto delle regole e dei rapporti proporzionali tra le parti. Colla: sostanza vischiosa, generalmente di origine organica, utilizzata per rendere meno assorbenti le tele da dipingere; è anche usata sopra il gesso, come base per la doratura e come legante (v) per i colori a tempera (v). Collage: tecnica caratterizzata dall’appli-cazione su un supporto (v), che può anche es-sere dipinto, mediante colla, di pezzi di carta, stoffa, frammenti di giornale e altri materiali ritagliati. In qualunque modo sia usato, il col-lage scardina l’unità della composizione e ten-de a creare una spazialità disomogenea e in-congrua rispetto a una rappresentazione pro-spetticamente corretta secondo le regole ri-maste immutate per diversi secoli. Parlando di “spazialità disomogenea” non si vuole cer-to esprimere un giudizio di valore, bensì sot-tolineare la ricerca, tipica delle avanguardie (v), di mezzi innovativi anche provocatori per creare un’opera d’arte. Si tratta, insieme al papier collé (v), di una tecnica tipica del cubismo (v) adottata da Picasso e Braque nel 1912. Da questo momento il collage diventa una forma espressiva molto diffusa tra gli artisti d’avan-guardia e viene adottato, fra gli altri, da mae-stri legati al dadaismo (v) e al surrealismo (v)

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come Hans Arp e Max Ernst. Colore: il colore ha tre attributi: il tono o la tinta, vale a dire il vero e proprio colore (ros-so, giallo, ecc.); l’intensità; il valore, ossia il gra-do di lucentezza o di opacità e la quantità di luce riflessa o trasmessa da un oggetto colo-rato. A seconda delle opere d’arte in cui viene impiegato, può assumere una funzione varia-bile: in alcuni casi può essere l’elemento do-minante della composizione, in altri invece è subordinato al disegno o ad altri elementi (la prospettiva, l’organizzazione spaziale). I colo-ri si dividono in: primari: sono l’azzurro, il giallo e il rosso, dai quali derivano tutti gli al-tri; secondari: colori che risultano dall’unione in parti uguali di due colori primari; si ottengo-no cosi il verde, il viola, l’arancio; terziari: si ottengono combinando due dei tre colori se-condari in qualunque proporzione; complemen-tari: il complementare di un colore primario è formato dalla combinazione degli altri due colori primari: il verde, per esempio, è il complementare del rosso; un accostamento di questo tipo aumenta l’intensità cromatica; neutri: colori smorti, di solito marrone, verde, grigio opaco, utilizzati spesso come fondo preparatorio di un dipinto; rientranti o salienti: colori che sembrano rientrare o uscire dal pi-ano del quadro. Si definisce locale il colore di un oggetto osservato alla luce del giorno con-tro un fondo bianco; di conseguenza non è influenzato dagli elementi circostanti (ombre e riflessi).

Cornice: in rapporto alla pittura, il termine è adottato per designare l’elemento di diverso formato (v) che contiene e circoscrive la com-posizione, così da isolarla dal resto dell’ambiente, collocandola in una dimensio-ne autonoma. La cornice, dipinta o reale, in-quadrando l’immagine, non solo determina la distinzione tra lo spazio della rappresentazio-ne (lo spazio dipinto) e quello circostante, ma consente di focalizzare lo sguardo dell’osser-vatore sul quadro stesso, neutralizzando la percezione di quanto gli sta attorno. Secondo Marin, la cornice è “un ornamento necessa-rio: è una condizione di possibilità di con-templazione del quadro, di lettura e quindi di interpretazione”. L’uso di cornici di legno per i dipinti è documentato sin dall’antichità (E-gitto, Grecia, Roma). In età medievale le cor-nici sono di solito ricavate dalla stessa tavola lignea sulla quale si dipinge; l’interesse per la cornice si afferma in modo deciso nel perio-

do gotico. Inizialmente le cornici assolvono soprattutto la funzione di ambientare i dipinti nelle chiese e negli edifici pubblici, ispirando-si, specie per i quadri d’altare (tavole, politti-ci), alla contemporanea architettura con l’uso di colonne tortili, capitelli, guglie, ecc. Con il Rinascimento continua l’imposta-zione archi-tettonica (architravi, frontoni, lesene), ma con una progressiva tendenza alla semplificazio-ne. Dalle forme sobrie del primo rinascimen-to si passa poi alle ricche ed elaborate solu-zioni barocche e alle riprese più misurate dell’epoca neoclassica; nella pittura del XX secolo si arriva ad un relativo disinteresse e alle proposte di abolire la cornice. In questa direzione, particolare impulso hanno dato le ricerche del Cubismo (v), rivolte al superamen-to dello spazio tridimensionale che, nei limiti imposti dalla cornice, una sorta di finestra a-perta, trovava una precisa individuazione e valorizzazione. Una testimonianza interessan-te in tal senso ci viene da un amatore d’arte del secolo XVII, il medico senese, Mancini, che molto precisamente nota come le cornici “danno maestà alle pitture, che le fanno vede-re quasi per una finestra, o vogliam dire per un orizzonte così fattamente circoscritto, e le rendono con una certa maestà ornate”.

Corrente: movimento artistico e letterario fondato a Milano nel 1938 in opposizione alla cultura e alle tendenze fasciste “ufficiali” in-carnate dal Novecento italiano (v). Al gruppo aderiscono tra gli altri Ernesto Treccani, Re-nato Guttuso, Renato Birilli, Aligi Sassu, Elio Vittorini e Vittorio Sereni. Duramente avver-sato dal regime anche per le posizioni artisti-che esterofile (Guernica di Picasso diventa un punto di riferimento poetico e morale), so-pravvive fino al 1943. A questo punto molti militanti (altri erano stati incarcerati), entrano a fare parte della Resistenza per poi riprende-re la propria attività, una volta terminato il conflitto, nel Fronte nuovo delle arti (v).

Costruttivismo: fra i movimenti artistici d’avanguardia il costruttivismo russo è l’unico che si inserisce davvero in un processo rivo-luzionario, che si propone finalità prettamen-te politiche. Ideatore del gruppo è Aleksej Gan, autore del saggio Costruttivismo (1922). L’arte è concepita come fattore attivo nel cambiamento scaturito dalla Rivoluzione d’ottobre; la distinzione fra arti maggiori e minori, così come quella fra classi sociali, de-ve essere eliminata; il popolo va fatto parteci-

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pe della rivoluzione in atto, anche in termini visivi: gli artisti sono i registi di questo pro-gramma educativo- informativo, organizzano celebrazioni, parate, rappresentazioni teatrali, feste. È un momento di grande fervore spe-rimentale: si elaborano nuove ipotesi urbanistiche, edilizie, centri comunitari che però di rado superano la fase progettuale. Dopo la morte di Lenin (1924) il regime stalinista nega la precedente autonomia di ricerca, imponendo un “realismo” di stato, modesta ed enfatica esposizione di temi preconfezionati che produce immagini pericolosamente vicine a quelle “coniate” sotto altre dittature (fascismo e nazismo). Cromatismo: effetto di una composizione che tende a dare al colore una funzione pre-minente. Il termine può alludere a un’esaltazione delle tinte ottenuta con l’accostamento netto dei colori, senza chiaro-scuro, oppure a una colorazione volutamente eccessiva, che “urta” l’occhio dello spettatore.

Cubismo: Movimento artistico d’avanguardia (v) sorto a Parigi intorno al 1907 grazie a Pi-casso, autore in quell’anno del celebre Les de-moiselles d’Avignon e a Braque. In senso stretto non si tratta di un vero e proprio gruppo or-ganizzato, con un’ideologia comune o una precisa posizione programmatica; manca, per esempio, l’uso costante del Manifesto (v) che troviamo invece nei futuristi (v). Ne è confer-ma l’origine stessa della parola “cubismo”, che non viene inventato dagli artisti ma deri-va da un commento del critico Louis Vau-xcelles (1908) a Braque, giudicato un pittore che “disprezza la forma, riduce tutto a degli schemi geometrici, a dei cubi”. Il termine co-nosce un’immediata fortuna e viene subito adottato dalla critica e dagli stessi artisti. Mal-grado questa premessa, il cubismo esprime la tendenza più innovativa e radicale dei primi del Novecento: sarebbe quindi assurdo, pro-prio per la rivoluzionaria svolta stilistica pro-pugnata, non inserirlo fra i movimenti d’avanguardia. Sviluppando le intuizioni di Cézanne, il cubismo mette in crisi le conven-zioni artistiche invalse da secoli. La mimesis (v), criterio guida a partire dal Quattrocento, viene abbandonata. Le conseguenze sono di-rompenti: l’oggetto artistico viene liberato dalle esigenze imitative, la verosimiglianza non è più necessaria. Ne deriva l’abban-dono della prospettiva (v) e una nuova concezione dello spazio che consente una pluralità di

punti di vista fino a ora inconcepibile. Supe-rando l’immagine unitaria (con un solo punto di vista), imposta dalla prospettiva, si ottiene così una visione multipla, simultanea, che manifesta uno straordinario e radicale interes-se per la forma rispetto al contenuto della rappresentazione. Questo interesse porta a scardinare un altro principio fino a ora “in-toccabile”: l’integrità dei volumi. L’oggetto diventa frammentario, scomposto, l’unità del-la forma si frantuma in diversi piani e angoli, la linea di contorno perde ogni funzione. In questo processo, volto a scardinare la tridi-mensionalità, un’importante fonte di ispira-zione viene trovata nelle espressioni artistiche primitive (primitivismo, v.), come la scultura africana o dell’Oceania, che nei loro aspetti bidimensionali, deformanti e irrazionali, rap-presentano un’alternativa alle forme consuete della tradizione occidentale. L’esperienza cu-bista, nella sua fase più innovativa, viene normalmente divisa in tre periodi: a un mo-mento iniziale protocubista, primitivista e cé-zanniano (1907-1909) fa seguito la stagione più radicale, quella “analitica” (1909-1912), caratterizzata dal progressivo sfaldamento della forma e dalla molteplicità dei punti di vista; si realizza ora quanto scritto da Apolli-naire, poeta e amico del gruppo, secondo cui il cubismo non è più un’arte di imitazione ma di concezione. Con questo presupposto il movimento spinge a riformulare il linguaggio artistico e getta le fondamenta per i successivi sviluppi dell’arte contemporanea. In un mo-mento successivo, 1912-1914, anno in cui termina il sodalizio Picasso-Braque, si assiste invece a una fase “sintetica”, al tentativo di accostarsi maggiormente al reale accentuando l’iden-tità materiale del quadro: le forme divengono più riconoscibili, i colori più vivi, nascono il collage (v) e il papier collé (v). Gli arti-sti introducono nel quadro ritagli di giornale, carte da parati, decorazioni varie come il finto legno, nel tentativo di ricomporre gli oggetti nella loro realtà fisica e materiale, seguendo però un libero intento creativo, concettuale, e non un processo imitativo. Lo scarto, voluto e consapevole, fra realtà e rappresentazione, fra arte e mimesis (v), è sottolineato nelle com-posizioni dove compaiono, con effetto ambi-guo, inserti materiali a fianco di elementi dipinti a trompe-l’oeil (v), in modo da porre imbarazzanti interrogativi fra arte e rappre-sentazione, realtà e illusione. D

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Dadaismo: movimento d’avanguardia (v) che ha inizio nel 1916 con la fondazione del Cabaret Voltaire a Zurigo da parte del lettera-to Tristan Tzara e del regista teatrale Hugo Ball. L’invenzione del termine “dada” presen-ta una paternità incerta, che di volta in volta è stata rivendicata da numerosi membri del gruppo. Tzara afferma di avere trovato per caso la parola sul dizionario francese (dada: cavalluccio a dondolo) nel 1916, ma non sembra attribuire alla scoperta particolare pe-so: “Dada non significa nulla” scrive infatti nel Manifesto dada del 1918. Questa notazione polemica, quasi sconcertante, è chiaro indice di un atteggiamento avverso alla tradizione, alle regole consolidate, ma anche alle avan-guardie e ai loro fiduciosi progetti di rinno-vamento sociale e artistico. Rispetto agli altri movimenti, il dadaismo occupa una posizione particolare, a sé: si oppone a una società au-todistruttiva, giunta alla prima guerra mondia-le, ma non elabora una vera ideologia; i suoi programmi, rispetto ad altri realizzati con se-rietà e impegno teorico (futurismo, v), paiono poveri e poco seri; rivaluta invece elementi come il gioco, l’ironia, la spontaneità, la ca-sualità e una creatività senza freni, che si tra-duce in un gesto, in una capacità di scelta piuttosto che nella qualità esecutiva: l’atto mentale precede e supera quello manuale. In-vece di proporre utopie o fare proclami, pre-dilige l’aperta provocazione e lo scandalo, per combattere il nazionalismo, il patriottismo e lo spirito borghese; dai futuristi riprende le celebri “serate” in cui stuzzicare e irridere il pubblico, l’uso delle riviste e lo sconfinamen-to costante fra le diverse arti (il movimento risulta infatti attivo su più fronti, dalle arti alla musica, dal teatro alla poesia). Non ne condi-vide invece la positivistica fiducia nel pro-gresso, il cieco entusiasmo per la guerra, né le tendenze politiche. Esalta, invece, elemento ricorrente in molte avanguardie, la commi-stione fra arte e vita, che si esplica in un diret-to e costante coinvolgimento nelle molteplici attività del gruppo. Fanno parte del movi-mento artisti di primissimo piano, attivi in Europa e negli Stati Uniti. Uno dei più noti è Marcel Duchamp, dadaista (ante litteram che già nel 1913 realizza la celebre Ruota di biciclet-ta: si tratta di un ready-made (v) (letteralmente: “già fatto”), di un oggetto comune elevato a opera d’arte. A differenza di un object-trouvé, che viene scelto da un artista sulla base di qualche motivo, piacere estetico o altro, il re-

ady-made è invece qualcosa di assolutamente banale, comune e inespressivo. Come fa a di-ventare un’opera d’arte? Per merito di una pura scelta dell’artista. Secondo Duchamp, infatti, qualunque cosa, anche un comunissi-mo oggetto, può diventare opera d’arte. Ciò che conta è la scelta, la volontà di farlo diven-tare un’opera d’arte e presentarlo al pubblico come tale. Animatore del gruppo Dada di Colonia, sorto nel 1919, è invece Max Ernst, futuro protagonista del surrealismo (v), che si segnala subito per la produzione di immagini incongrue e urtanti, per l’uso di diverse tecni-che pittoriche e del fotomontaggio (v). Quest’ultimo, una delle espressioni più signi-ficative del dadaismo tedesco, viene utilizzato anche da John Heartfield in chiave pretta-mente politica, come strumento per contesta-re il nazismo e lo stesso Hitler. Fra gli altri artisti di primo piano si possono ricordare i francesi Hans Arp, legato al Cabaret Voltaire di Zurigo e Francis Picabia, attivo a Parigi e a New York, nonché l’americano Man Ray.

Decollage (scollatura): opera d’arte creata attraverso la distruzione o lo strappo di mate-riali, per esempio l’asportazione di manifesti pubblicitari dalle strade. È il contrario del col-lage (v). Design (disegno, progetto): in generale il termine significa “progetto”, soprattutto per quanto riguarda le arti applicate e i loro rap-porti con la produzione industriale. Inoltre, può anche designare la forma e la funzione di un oggetto d’uso. De Stijl: nome della rivista fondata a Leida nel 1917 da Théo van Doesburg. Pittore, scrittore e architetto, in collaborazione con Piet Mondrian. Fu pubblicata fino al 1932. Per estensione, il termine indica anche il gruppo di artisti costituitosi intorno a essa e che diede origine al neoplasticismo (v). Dripping: dal verbo inglese to drip, sgocciola-re. Tecnica che consiste nell’utilizzo di sgoc-ciolature e spruzzi di colore sulla tela distesa per terra, lasciando un certo margine al caso. Fu molto usata dai pittori surrealisti, Max Ernst per esempio (surrealismo, v), e da Ja-ckson Pollock (informale, v).

Divisionismo: movimento artistico italiano che si basa su una precisa scelta tecnica (poin-tillisme, v.) e fa il suo esordio ufficiale nel 1891 alla prima Esposizione Triennale di Brera a

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Milano. Pur senza essere un gruppo unitario, con un preciso indirizzo poetico, il divisioni-smo rappresenta la più importante tendenza artistica italiana dell’epoca, aggiornata sull’esperienza del simbolismo (v) europeo e ricca di conseguenze per grandi artisti come Balla e Boccioni, che inizialmente adottano la tecnica divisionista. I maggiori rappresentanti sono Segantini, che acquisisce fama interna-zionale, Previati, Morbelli, Pellizza da Volpe-do. Da un punto di vista stilistico, l’aspetto più innovativo è il ruolo giocato dalla luce: la tecnica divisionista produce infatti una inten-sificazione luminosa, una vera e propria poe-sia delle vibrazioni; eliminato il chiaroscuro, si gioca sull’effetto d’insieme, su una visione cosmica e universale, su un’idea di moto e di energia vitale in cui tutto lo spazio è luce. I risultati sono di grande impatto percettivo: il tipico segno pettinato e filamentoso, steso per finissimi tratti, di Previati si alterna al controluce di Pellizza da Volpedo e all’effetto lanterna delle celebri Due Madri di Segantini. Oltre alle forti valenze simboliche (Previati, Maternità), molti quadri toccano invece temi più impegnati, sociali e persino politici: que-sto filone è affrontato per esempio da Mor-belli nel tristissimo Natale al Pio albergo Trivul-zio, Previati ne Gli orrori della guerra, e Pellizza da Volpedo nel celebre Quarto Stato. E

Empatia: legame emozionale che si può sta-bilire tra lo spettatore e un’opera d’arte.

En plein air (all’aria aperta): in senso stretto l’espressione caratterizza i paesaggi dipinti dal vero all’aperto; tale pratica fu molto utilizzata dagli impressionisti (impressionismo, v.). Più in generale, si riferisce impropriamente ai pae-saggi realizzati in uno studio, ma dipinti con tale naturalezza da sembrare eseguiti all’aperto.

Espressionismo: termine dai molteplici si-gnificati, utilizzato in accezioni e contesti di-versi per descrivere le più svariate esperienze artistiche del XX secolo. In un senso molto ampio comprende le manifestazioni non solo figurative ma anche musicali, cinematografi-che, teatrali e letterarie, dominate da una sog-gettività esasperata, da un’interpretazione for-temente drammatica e deformante della real-tà, carica di pathos ed emotività. In ambito pit-torico componenti di questo tipo si ritrovano

per molti decenni e si possono reperire in ar-tisti assai diversi per età e appartenenza cultu-rale: dall’angoscia esistenziale di Munch ed Ensor al realismo drammatico di Beckmann; da alcuni dipinti di Picasso ai moltissimi e-sempi di artisti politicamente impegnati du-rante i due conflitti mondiali. L’ampiezza se-mantica del vocabolo deriva anche dalla sua origine: la parola “espressionismo” non viene infatti coniata da un gruppo di artisti, ma è inizialmente utilizzata, nei primi due decenni del Novecento, da critici, galleristi e singoli pittori per indicare movimenti molto diversi fra di loro come Die Brücke (v) di Dresda, Der Blaue Reiter (v) di Monaco e il fauvisme (v) francese. In un senso più circoscritto il ter-mine viene oggi utilizzato per definire un im-portante movimento d’avanguardia (v) che ha il suo epicentro in Germania con il gruppo Die Brücke (v), fondato a Dresda nel 1905 e trasferito a Berlino nel 1911. Gli artisti del “Ponte”, che ha il suo leader in Ernst Ludwig Kirchner (1880-1938), sono legati da forti motivazioni ideologiche e poetiche. L’ap-partenenza al movimento presuppone un’attività di gruppo, un atelier (v) in comune a Dresda, un dialogo costante con gli spetta-tori e i soci sostenitori, membri passivi ma importanti strumenti di verifica e di scambio per stimolare e garantire quel connubio arte-vita tipico di molte avanguardie e assai sentito in questo caso. La carica polemica e la critica verso la società trovano sfogo nei temi rap-presentati: la città diviene luogo di angoscia e di solitudine esistenziale, centro di alienazio-ne per l’uomo; a essa viene invece contrappo-sto il sogno di una natura primordiale, incon-taminata, oggetto di un desiderio ormai irrea-lizzabile. Il linguaggio utilizzato si serve di forme angolose e sgradevoli, talvolta al limite della caricatura. Il tema classico del nudo vie-ne stravolto, perdendo qualunque aurea di bellezza ideale. La polemica contro l’impressionismo (v) emerge nelle rappresenta-zioni cittadine, non più spazio di festa e di gioia, tripudio di luci e colori, ma luogo del disagio, della freddezza e incomunicabilità fra le persone. Un altro aspetto caratteristico è l’interesse per la grafica, strumento per dif-fondere l’ideologia e la poetica del gruppo, nonché valido mezzo di sostentamento eco-nomico. La predilezione per la xilografia (v), particolarmente adatta come medium espres-sivo, sfruttata da Kirchner per ottenere ritrat-ti estremamente inquietanti, trova diverse motivazioni: da un lato la volontà di ricolle-

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garsi alle proprie radici nazionali poiché la xilografia è tipica del Medioevo tedesco; dall’altro la forte valenza artigianale garantita da questo mezzo artistico, teoricamente “me-no nobile” di altri, trasparente allusione all’attività dei membri del gruppo come arti-giani alla ricerca di semplicità e immediatezza espressiva, in palese contrapposizione con il mondo industrializzato. F Fauvisme: il nome – che individua un grup-po di artisti francesi che ha come capofila Henri Matisse (Caveau-Cambrésis 1869-Nizza 1954) – viene inventato nel 1905 dal critico Louis Vauxcelles, noto per avere pro-nunciato la frase “Donatello tra le belve” (fauves) di fronte ad alcuni quadri di Matisse e Derain. Questo movimento artistico, che ha il suo apogeo nel primo decennio del Novecen-to, viene spesso chiamato con il termine e-spressionismo (v). In realtà, se lo paragoniamo con le ricerche svolte da Kirchner e dal Brü-cke di Dresda, emergono differenze notevoli: non troviamo infatti in Francia le aspre po-lemiche o le critiche alla società presenti nei colleghi tedeschi, né l’unione arte-vita da essi professata. L’esasperazione formale dei primi è invece stemperata in un linguaggio in cui domina la forma sul contenuto, senza accenni ideologici: ciò che conta è l’elaborazione di uno stile (v). Proseguendo sulla strada inaugu-rata da Gauguin e Cézanne, si realizza una pittura estremamente sintetica, priva di pro-fondità, abbandonando la prospettiva. La piattezza e la sintesi fanno emergere sulla su-perficie gli elementi lineari e decorativi po-tenziati da gamme cromatiche intense, calde e molto luminose. Disinteressato alle polemi-che dei colleghi tedeschi, Matisse manifesta piuttosto un grande amore per il colore puro, steso per campiture piatte, senza indicazioni di profondità e senza utilizzare il chiaroscuro (v). Per questi differenti orizzonti di poetica è forse opportuno distinguere il fauvismo dall’espressionismo, chiamandoli con due nomi diversi.

Figurativa, arte: arte che rappresenta, sia pure in forma alterata o distorta, immagini riconoscibili, che vanno dai ritratti ai paesag-gi. È il contrario di arte astratta (v).

Fondo: superficie trattata in modo particola-re per la pittura, per esempio con gesso o con

uno strato di colore dal tono uniforme (im-primitura, v). Più in generale, supporto (v) su cui viene eseguito un dipinto o un disegno.

Formato: il formato di un’opera d’arte figu-rativa definisce il limite dello spazio pittorico, limite solitamente sancito e reso evidente dal-la presenza della cornice (v), sia essa reale o di-pinta (come accade spesso nella pittura su pa-rete o nelle miniature). Rappresentando il campo in cui l’opera si svolge e si realizza, fissa una condizione di possibilità della visio-ne dello spettatore. Il formato, quindi, incide sia sulle proprietà espressive e comunicative dell’opera, sia sulla qualità della ricezione. Fu Burckhardt il primo a offrire un inquadra-mento sistematico della questione, prendendo in esame e di fatto campionando, le varie ti-pologie morfologiche dell’opera d’arte figura-tiva: rettangolare, quadrata, tonda (trattata, questa, alla stregua di un genere autonomo, e reputata idonea alla raffigurazione di soggetti “di bellezza ideale”), ovale (forma di cui si segnalava un carattere “sdolcinato”). Anche le dimensioni costituiscono un fattore in gra-do di influenzare il carattere e la dimensione espositiva dell’opera, facendo leva sulla diver-sa capacità di pressione esercitata nei con-fronti del riguardante. È così che, in linea di massima, una pittura di misure imponenti suggerisce più facilmente un tratto “alto” di monumentalità e di ufficialità, così come al ridursi delle dimensioni corrisponde tenden-zialmente un tenore espressivo più raccolto e privato. Il formato costituisce un fattore di non trascurabile rilievo anche dal punto di vista narrativo e linguistico, condizionando le modalità del racconto. Si pensi alle peculiarità spaziali della pittura vascolare; al continuum rappresentativo che si sviluppa attraverso la spirale delle colonne coclidi; alle interconnes-sioni che governano e compattano i cicli che si svolgono sulle pareti di una cappella di una chiesa o di un oratorio, o di un palazzo pub-blico; alla pressione orizzontale dettata dal fregio; alla propensione illusionistica suggerita dagli affreschi delle volte e delle cupole. La progressiva moltiplicazione dei formati e del-le dimensioni dei dipinti realizzati per una committenza e per un uso privati, che si regi-stra dal XVI secolo, va interpretata alla luce della crescente diffusione della pratica colle-zionistica e del rapporto vieppiù spregiativo e liberamente edonistico con le opere. Fotomontaggio: composizione ottenuta so-vrapponendo su un foglio immagini fotogra-

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fiche o frammenti di queste. Fusione: processo di lavorazione dei metalli che consente la realizzazione di sculture in bronzo o altri materiali. 1. fusione in pieno: il metallo liquefatto viene colato in una forma vuota, costituita da uno o più pezzi, e la riempie completamente, realizzando una scul-tura massiccia. 2. fusione a cera persa: un model-lo di cera, inizialmente pieno, poi fornito di un’anima di terra e rafforzato da un’armatura di ferro, viene ricoperto con uno strato di ter-ra (forma); questa copertura e fornita di un si-stema di canali per far defluire la cera sciolta e di sfiatatoi per fare uscire aria e vapori di fusione; è fissata al nucleo di terra attraverso chiodi metallici. La massa viene cotta in un forno, che consente alla cera di sciogliersi e di venire eliminata attraverso i canali. L’intercapedine che si viene a creare tra le due masse di terra è riempita di metallo fuso. Quando il metallo si è solidificato, si rimuo-vono la forma esterna, o tonaca, e l’anima. Questa operazione è semplificata con l’adozione della fusione separata delle varie parti che vengono poi unite o saldate. La fu-sione a cera persa venne perfezionata con il sistema del negativo a tasselli, che consente di non perdere il modello: sul modello in argilla si applica una forma di gesso a pezzi smonta-bili, detti tasselli. Dopo che il gesso si è solidi-ficato, i tasselli vengono smontati e ricompo-sti, le pareti interne sono rivestite di cera e il vuoto rimanente è riempito di terra. La forma a tasselli viene smontata, la cera è ripulita e talvolta ritoccata, e munita di canali di deflus-so e sfiatatoi. Segue la cottura; il getto di me-tallo viene sottile e uniforme. 3. Fusione alla sabbia o alla staffa – Il modello viene immerso in una cassa o telaio contenente una miscela di sabbia e argilla per circa metà dello spesso-re. La parte emergente viene coperta con tas-selli. Da ciò si ottiene un secondo modello di argilla, cui si asporta uno spessore equivalente al getto previsto. Una volta cotto, il secondo modello viene collocato nella forma in modo che la superficie interna e quella esterna siano alla stessa distanza, viene fissato e si procede al getto di metallo fuso, che viene colato nell’interstizio tra le due superfici, e consente una scultura vuota all’interno. Questo sistema è usato per oggetti piccoli e medi. In tutti i procedimenti esaminati, l’oggetto ottenuto viene perfezionato togliendo le sporgenze. Futurismo: tra le avanguardie (v) artistiche del Novecento, il futurismo rappresenta l’unico

movimento italiano di un certo rilievo, in grado di rompere l’isolamento provinciale del nostro paese e di stabilire un contatto, eserci-tando anche una certa influenza, con il resto d’Europa. L’atto ufficiale di nascita è il 20 febbraio 1909, allorché il letterato Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944), fondatore e teorico del gruppo, pubblica su una pagina del giornale parigino “Le Figaro” il manifesto (v) del movimento. Si tratta di un programma ideologico molto forte, polemico contro i va-lori del passato e la tradizione borghese, teso invece a esaltare il mito del progresso, la di-namicità della vita moderna, lo sprezzo del pericolo, il coraggio. Paradigma di questa nuova poetica è l’energia vitale racchiusa nell’automobile e nella sua irrefrenabile velo-cità, modello di una nuova bellezza; l’idea po-sitivista del progresso è incarnata dalla grande città industriale, cuore pulsante di creatività, di impetuoso e incessante movimento. La ca-rica ideologica presente nel movimento, teso a esaltare il nazionalismo interventista, con-durrà molti artisti del gruppo ad aderire al fa-scismo. Ma al di là di questi aspetti e di altri censurabili, quali il proclamato disprezzo del-la donna, particolarmente innovativo risulta il contributo in ambito culturale. Una delle idee più originali del movimento è l’uso costante dei manifesti, che garantisce una presa di po-sizione sugli ambiti più disparati, un pro-gramma teorico sull’arte in generale o in rela-zione a una disciplina nello specifico. Nel 1910 compare il primo Manifesto dei pittori futu-risti, seguito dal Manifesto tecnico della letteratura futurista, dal Manifesto tecnico della scultura (en-trambi del 1912) e dal Manifesto dell’architettura (1914). L’ossessiva avversione verso le regole e le tecniche del passato è una caratteristica costante. In ambito letterario si proclama la necessità di un linguaggio “degno” dei tempi moderni, dinamico e veloce come l’im-petuosa vita delle città: le punteggiature van-no eliminate, si suggeriscono accostamenti immediati di parole e concetti in modo da trascrivere repentinamente quanto sorge nella mente dello scrittore. Viene inoltre creato un linguaggio innovativo che prevede l’acco-stamento simultaneo di immagini, parole, simboli, di facile leggibilità e immediata sug-gestione (il triangolo duro del futurismo, col-pisce il profilo molle del “passatismo”). L’ossessiva avversione verso tutto quanto è considerato “passato” o accademico, si tra-duce in uno sfrenato culto dell’originalità, da difendere a ogni costo, “anche se temeraria,

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anche se violentissima”. In ambito pittorico ci si oppone all’antica pittura “statica”, che lascia lo spettatore idealmente fuori dalla cor-nice; i futuristi vogliono invece coinvolgerlo con un’arte dinamica, in grado di rendere la velocità e il movimento e di porre lo spettato-re al centro del quadro. Per ottenere questi effetti di moto è molto apprezzato l’uso di una luce irradiante, che dissolve la materialità dei corpi e si erge a protagonista (Giacomo Balla, Lampada ad arco, 1910). Per tradurre in immagini il vitalismo e l’energia della realtà contemporanea viene proposta inizialmente la tecnica divisionista; una scelta poi superata dai più rivoluzionari apporti giunti dal lin-guaggio cubista. La scelta dei soggetti riflette la poetica del gruppo: frequentissime sono le rappresentazioni relative al tema della città; altre opere riguardano la guerra; oltre a una costante passione per il dinamismo (Balla, La bambina che corre sul balcone, 1912), affiorano i simboli dell’incessante progresso tecnico (Lampada ad arco). Una delle qualità del grup-po risiede nell’incessante e creativa opera di promozione e propaganda del movimento attraverso qualunque tipo di canale, nel tenta-tivo di coinvolgere il maggior numero possi-bile di interlocutori: dalla stampa dei manife-sti alle conferenze, dalle mostre alle manife-stazioni musicali. Celeberrime sono le “serate futuriste”, in cui letture di poesie e proclami di vario genere lasciano spesso spazio a inter-venti provocatori atti a fomentare polemiche, con grande risalto da parte dei giornali e del pubblico (serate spesso concluse con litigi). Un ruolo di primo piano viene svolto dalla rivista Lacerba, vero e proprio organo ufficiale del gruppo fra il 1913 e il 1915. Oltre a Mari-netti e Balla, gli altri protagonisti sono Boc-cioni, Carrà e Severini, il ruolo di quest’ultimo in seno al gruppo è di vitale im-portanza: vivendo a Parigi, viene precoce-mente a contatto con le più importanti novità linguistiche della capitale stimolando così il passaggio dalla tecnica pittorica divisionista alle più aggiornate esperienze cubiste. G

Genere: tipo di pittura classificata in base al contenuto e al soggetto rappresentato: la na-tura morta (v), il paesaggio (v), il ritratto (v) e la pittura di storia sono alcuni generi di pittura. Nel XVII secolo, contemporaneamente all’afferma-zione delle accademie (v), la suddi-visione in generi si trasforma in una vera e

propria gerarchia di valore. Al vertice viene posta la pittura di storia, religiosa o mitologi-ca, che forniva esempi morali attraverso le gesta dei grandi uomini. Al secondo posto il ritratto. Scendendo lungo la gerarchia veniva poi, a un livello considerato ‘basso” dall’ac-cademia, la pittura “di genere”, cioè le sem-plici scenette di vita quotidiana, ambientate in interni domestici o in taverne, tipiche dell’arte olandese. Appartengono a questo filone temi come i giocatori di dadi, i giocatori di carte o i bevitori. I paesaggi erano suddivisi in “ideali”, con scene mitologiche che alludevano alla perfetta relazione tra uomo e natura, e “ordi-nari”, che rappresentavano la vita di tutti i giorni, e comprendevano numerosi sottoge-neri: marine, paesaggi notturni, capricci, ve-dute, talvolta con ruderi e antichità, ecc. Le nature morte, gli animali e i fiori rappresenta-vano i livelli inferiori della gerarchia accade-mica. H

Happening: evento tipico degli anni ’60 e ’70 del Novecento, caratterizzato dalla me-scolanza di manifestazioni artistiche: pittura, scultura, musica, teatro, danza, video, ecc. Un ruolo importante è svolto dalla casualità, dall’imprevedibilità dell’avvenimento, che spesso prevede la partecipazione attiva dello spettatore. I Impressionismo: movimento pittorico svi-luppatosi in Francia fra il 1860 e il 1886, por-tatore di novità stilistiche rivoluzionarie. In opposizione radicale all’arte accademica e-sposta nei Salons (v), gli impressionisti rifiuta-no i mezzi tradizionali della rappresentazione: disegno, chiaroscuro e prospettiva. Al contra-rio, esaltano la pittura en plein air (v), eseguita dal vero e non più nell’atelier (v), per rendere in modo immediato (e non filtrato dalle tradi-zionali convenzioni stilistiche), la percezione del mondo naturale, esaltandone i valori at-mosferici attraverso effetti cromatici e lumi-nosi. Questa nuova visione della realtà, che si collega a una forte emozione soggettiva degli artisti di fronte allo spettacolo delle variazioni fenomeniche della natura (con risultati diversi dal precedente realismo, più oggettivo), pro-duce un nuovo stile (v): la forma non è più intatta, ma viene dissolta con una miriade di tocchi, rapidissimi, in modo da esaltare gli ef-

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fetti di vibrazione luminosa e il gioco mobile delle apparenze; le pennellate sono staccate, senza trapassi graduali o sfumature, sostituiti da macchie di colori giustapposte; la forma tradizionale, “scomposta”, si ricompone nell’occhio dell’osservatore; anche le ombre diventano colorate, abolendo l’uso del nero. Al posto del chiaroscuro, strumento cardine della rappresentazione a partire dal Rinasci-mento, vengono rappresentati diversi gradi di luminosità; questa poetica del “tocco”, di grande immediatezza, abolisce i “ritocchi”, le aggiunte, le correzioni, tipiche della tradizione accademica. Il grande precursore e padre no-bile del movimento è Edouard Manet, che appoggia il gruppo pur senza farne parte di-rettamente; il suo celebre quadro Le déjeuner sur l’herbe (1863) segna l’inizio di un acceso dibattito e suscita grande scandalo sia per il contenuto (il tema classico del nudo è tra-sportato nella quotidianità; l’alto contenuto erotico, considerato amorale) sia per la forma (poco disegno, contorni imprecisi, assenza di chiaroscuro, una pittura nel complesso piatta e colorata, con poca volumetria e profondità). Dopo le ricerche degli anni sessanta, l’identità pubblica del gruppo prende forma attraverso otto mostre indipendenti, ubicate in varie sedi fra il 1874 e il 1886: i principali esponenti so-no Monet, Renoir, Pissarro, Sisley, Degas, Cézanne. La grande novità degli impressioni-sti, oltre allo stile (v), è la cosciente alternativa alla cultura dei Salons, a cui non partecipano, nel tentativo di creare un’arte indipendente e un nuovo sistema organizzativo che utilizza varie sedi espositive (per esempio la prima, nel 1874, nello studio del fotografo Nadar), e si avvale della collaborazione di mercanti, col-lezionisti e critici come Émile Zola: un im-portante precedente per i futuri movimenti d’avanguardia (v). I protagonisti del gruppo, pur accomunati nella visione poetica, non e-laborano una vera teoria artistica, né manife-stano un preciso orientamento ideologico o politico, come sarà invece tipico per le avan-guardie; il nome stesso del movimento, non è una scelta degli artisti, che comunque lo ac-cettarono, ma deriva dal commento poco lu-singhiero del critico Louis Leroy, nel 1874, a un quadro di Monet Impression: soleil levant. L’amore per i paesaggi luminosi, le scene di vita quotidiana, riflettono una società bene-stante, tesa a godere dell’esistenza. Le rappre-sentazioni della città, tema molto amato e ri-corrente, sono prive di conflittualità, non e-sprimono tensioni sociali o sentimenti di an-

goscia o alienazione, come sarà invece per l’espressionismo (v): ciò che conta è la forma, l’evocazione dell’atmosfera, il tripudio di luci e colori. Imprimitura: operazione finalizzata a prepa-rare il supporto (v) di una pittura, quindi del muro, di tavole o di tele. La tavola viene pre-parata con più strati di colla, su cui si passano poi due mani di gesso. Sulla tela viene steso uno strato di biacca (v) e olio di lino cotto. Incisione: disegno a incavo o a rilievo su una lastra metallica, una tavola lignea o altro ma-teriale, che può essere trasferito per mezzo della stampa su un supporto (v) cartaceo. Di-versi sono i tipi e i metodi di incisione. 1. Me-todo a rilievo: silografia o xilografia – Si usa come matrice una tavoletta di legno duro (pe-ro, ciliegio, bosso), che viene intagliata con un coltellino. Viene poi inchiostrata, le parti incise costituiscono i bianchi, quelle a rilievo lo scuro. Si definisce a legno di filo se il legno è tagliato nel senso della fibra, a legno di testa se è tagliato trasversalmente alla fibra. 2. Me-todo a incavo diretto (la lastra viene incisa direttamente dallo strumento dell’artista): Bu-lino: incisione diretta su lastra metallica. Il bu-lino consente grande sottigliezza di tratto e rende qualsiasi variazione chiaroscurale. L’inchiostro penetra nei solchi e viene tolto dalle superfici non incise. Puntasecca: la lastra di rame viene incisa con la puntasecca, specie di ago in acciaio che crea solchi piuttosto sot-tili e solleva ai lati delle scorie che, lasciate, trattengono l’inchiostro e creano un effetto sfumato. Mezzatinta: la superficie di rame vie-ne trattata con il pettine (strumento a mezza-luna dentata) che la rende rugosa, consenten-do, con la stampa, passaggi chiaroscurali e mezzi toni. Incisione puntinata: la lastra è coper-ta di una fitta serie di punti di diverse forme e dimensioni, ottenuti con bulini, punzoni e altri strumenti. 3. Metodo a incavo indiretto (la lastra viene incisa dall’acido, che penetra nei solchi tracciati dall’artista sulla vernice): Acquaforte: La superficie metallica viene co-perta con una vernice trasparente perfetta-mente aderente. Su questa superficie si dise-gna con una punta, scoprendo il metallo. La lastra viene quindi immessa in un bagno, in genere composto di acqua e acido nitrico, che incide il metallo creando solchi di eguale pro-fondità ma leggermente irregolari. L’acido può anche venire applicato con il pennello (morsura diretta). Acquatinta: fine di questa

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tecnica è quello di ottenere una superficie granulata, che inchiostrata abbia effetti parti-colari. Per fare ciò si usano vari sistemi tra cui la copertura della lastra con una mano di pece greca o bitume, che fondono quando si scal-da la lastra. L’acido in cui la lastra viene im-mersa in questo modo penetra solo negli in-terstizi. Oppure si usano resina e alcol, o il sale. A vernice molle: la lastra è coperta da un sottile strato di vernice fluida (cera, resina). Su tale vernice si pone un foglio di carta ru-gosa, su cui si disegna. Ove si preme la mati-ta, la vernice si stacca scoprendo il metallo. Segue il procedimento con l’acido.

Informale: tendenza artistica che ha una grande diffusione in Europa, America e Giappone tra la fine della seconda guerra mondiale e gli anni sessanta. Non si tratta as-solutamente di un gruppo unitario, con una base teorico-programmatica comune, né di un movimento con un indirizzo e aspetti pre-cisi e riconoscibili; è piuttosto un clima lar-gamente diffuso, una tendenza generalizzata che, a seguito del secondo conflitto mondiale, manifesta una profonda sfiducia nella razio-nalità umana e l’insopprimibile esigenza di esprimere valori irrazionali, carichi di una soggettività sofferta e di una forte espressivi-tà. Il rifiuto della ragione si traduce in rifiuto della tradizione, di qualunque schema, forma-le, figurativo o astratto. Gli strumenti con-venzionali, linea, colore, disegno, e la figura, vengono svuotati di significato e sostituiti da un linguaggio impulsivo ed emotivo, che si risolve in un’esplosione di segni, gesti e mate-ria, manipolata e tradotta in opera d’arte. Fra i protagonisti d’oltreoceano il più noto è l’americano Jackson Pollock, che con la tec-nica del dripping (v) fa gocciolare il colore sulla tela posta sul pavimento, che l’autore calpesta mentre dipinge. Il suo collega Sam Francis utilizza invece le colature sulla tela posta sul cavalletto o fissata in verticale sul muro, per cui il colore scende spinto dalla forza di gra-vità. Oltre alla componente gestuale, rappre-sentata da Pollock e in Italia da Emilio Vedo-va, l’Informale esalta il valore del segno, non più portatore di forme o immagini, ma auto-referenziale, non più significante ma autosi-gnificante, unico protagonista e struttura por-tante di un quadro: dalla pittura di Mark To-bey, che copre la superficie da dipingere con una moltitudine di piccoli segni, alle “graffia-ture” sulla superficie colorata del tedesco Hans Hartung, ai vigorosi segni neri che

strutturano le tele di Pierre Soulages. Prota-gonista di portata internazionale nelle ricer-che materiche è Alberto Burri, che nelle sue composizioni adopera muffe, catrami, legni e plastiche bruciate, vecchi sacchi, tele bucate e rattoppate: il suo linguaggio polimaterico è spesso carico di una violenta e drammatica espressività (Sacco e rosso, 1956) e le sue tele logore e squarciate riflettono le angosciose esperienze vissute in prima persona durante il conflitto come medico militare. K Kitsch: parola che individua un oggetto pac-chiano, di pessimo gusto. Nelle arti visive si parla di un’estetica del kitsch non in senso spregiativo, per definire prodotti che mirano a eccellenti risultati senza raggiungerli, ma di un uso ironico o provocatorio di questo ele-mento, intenzionalmente cercato. Dopo le prove di Duchamp e Dalì, diventa un feno-meno tipico della pop-art (v): Andy Warhol, per esempio, adotta immagini di dubbio gu-sto, scelte da fonti di basso conio come i ro-tocalchi dozzinali, in sintonia con lo scarso livello estetico della gente, con le attese banali della popolazione comune intorpidita dai mass-media. L Land art (arte del territorio): film del tedesco Gerry Schum realizzato nel 1969, che docu-menta interventi artistici realizzati diretta-mente sul territorio da maestri europei e ame-ricani. Si tratta di una tendenza sviluppatasi soprattutto negli immensi e incontaminati spazi degli Stati Uniti: deserti, praterie, laghi, ecc. Gli artisti utilizzano gli ambienti a dispo-sizione, spesso con interventi in grande scala realizzati in località impervie: scavi per terra, altopiani solcati, ecc. Si tratta di imprese mol-to costose e spesso invisibili al pubblico, sal-vo che da un elicottero. Legante: in pittura il termine definisce quelle sostanze come la caseina, la gomma arabica e l’olio, che vengono mescolate al pigmento (v) per fare aderire il colore a una superficie. Viene anche utilizzato come base adesiva per lamine impiegate nella doratura. Liberty: tendenza artistica diffusa a livello internazionale tra la fine del XIX secolo e gli inizi del XX secolo, conosciuta con nomi di-

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versi: Art Nouveau (Francia), Jugendstil (Ger-mania), Velde Stile (Belgio), Sezessionstil (Au-stria), Modern Style (Inghilterra), Modernism (Spagna). Il termine Liberty è invece usato in Italia. Si tratta di uno stile (v) che coinvolge i più diversi ambiti, pittura, scultura, urbanisti-ca, arredamento, ma che ha la massima e-spressione in architettura e nelle arti decorati-ve. Esempi celebri sono il parco Guell di Gaudí a Barcellona e le entrate della metropolitana parigina di Guimard. Caratteri ricorrenti sono il valore ornamentale della linea, curva e si-nuosa; la presenza di elementi naturalistici stilizzati, prevalentemente fiori e animali; l’impiego di motivi tratti dall’arte giapponese; l’insofferenza verso le proporzioni e l’uso e-sasperato di ritmi asimmetrici. Linoleografia: incisione (v) che usa come su-perficie da intagliare il linoleum incollato a un pezzo di legno. Come nella xilografia, le parti incise costituiscono i bianchi, quelle rimaste a rilievo lo scuro.

Litografia: procedimento di riproduzione a stampa in cui si utilizza come matrice una pietra calcarea porosa, o attualmente una la-stra di metallo poroso (zinco o alluminio). La lastra viene perfettamente levigata se il dise-gno è eseguito a penna, oppure viene resa ru-gosa strofinandola con acqua e sabbia se il disegno è eseguito con il pennello o la matita litografica. La superficie della lastra, appena realizzato il disegno con materiale grasso (gessetto o matita o inchiostro), è ricoperta con uno strato di mordente leggero (gomma arabica e acido nitrico) che la rende più poro-sa. Questo strato viene fatto seccare per ore e poi tolto con acqua. La lastra è poi passata con gomma arabica e lavata con trementina, per eliminare i residui. Dopo una successiva applicazione di trementina e bitume la lastra è pronta: la si bagna con acqua e le viene passa-to sopra un rullo inchiostrato. L’inchiostro viene ricevuto dalle parti grasse, quelle dise-gnate, e rifiutato dalle altre, non disegnate. A questo punto viene fatto aderire un foglio alla matrice mediante pressa e la stampa si realiz-za. Le prime litografie furono eseguite verso il 1796 dallo stampatore tedesco Alois Sene-felder, ed ebbero dai primi dell’Ottocento grande diffusione. Lumeggiatura (tocco di luce): tecnica con cui un pittore, attraverso tocchi di colore bianco o chiaro dati alle zone scure di un di-pinto, indica le parti dell’opera colpite dalla

luce, facendole risaltare intensamente. M

Macchiaioli: gruppo di artisti italiani che dal 1855 si riuniscono al Caffè Michelangelo di Firenze per proporre una poetica antiacca-demica, basata sullo studio diretto del vero. Fra i protagonisti del movimento, che non presenta una visione teorica univoca ma di-verse declinazioni personali, vi sono Giovan-ni Fattori, Telemaco Signorini, Silvestro Lega. Il principio della macchia non va confuso con il dissolvimento della forma nel colore-luce operato dagli impressionisti (impressionismo, v.); si tratta invece di un mezzo per costruire l’immagine in modo essenziale, basato sul contrasto senza trapassi fra zone in luce e zone in ombra. L’abolizione del tradizionale chiaroscuro consente l’accostamento di colo-re-ombra e colore-luce, con intensi effetti luminosi. Oltre alla novità stilistica, l’importanza del gruppo risiede nella scelta poetica a favore del vero rispetto ai tradizio-nali temi religiosi o storici, con una grande importanza conferita al paesaggio e un inte-resse sociale ben definito. Come afferma Fat-tori, “il verismo porta lo studio accurato della società presente, mostra le piaghe di cui è af-flitta. (…) Quando all’arte li leva il verismo che resta?”. Manifesto: termine strettamente legato ai movimenti d’avanguardia (v) del XX secolo; i manifesti venivano realizzati per esprimere la posizione ideologica di un gruppo (Il Manife-sto del futurismo di Marinetti) o il suo pro-gramma artistico (il Manifesto della scultura futu-rista di Boccioni).

Medium (mezzo): il termine indica il diluente in cui si versa il pigmento (v): i medium più co-muni si ottengono dalla combinazione di gomma o tuorlo d’uovo con acqua; l’olio di lino è il più usato per il colore a olio. Memento mori (“ricorda che morirai”): qua-lunque simbolo, per esempio un teschio o una clessidra, destinato a ricordare allo spet-tatore il carattere provvisorio della vita uma-na (vanitas, v.). Metafisica, pittura: tendenza pittorica che ha il suo fulcro nel 1917, quando a Ferrara si incontrano Giorgio de Chirico, suo fratello Alberto Savinio e Carlo Carrà, seguiti nel 1918 da Giorgio Morandi. Elementi metafisi-

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ci si possono ritrovare anche in seguito, all’interno di Valori Plastici (v) e del Novecento Italiano (v), e saranno ripresi anche in ambito surrealista. In realtà questa particolare inter-pretazione dell’universo fenomenico (metafi-sica come “al di là della fisica”, alla ricerca degli aspetti profondi e nascosti, ma anche misteriosi e inquietanti del mondo) si ritrova nelle opere di de Chirico già a partire dal 1910. Formatosi a Monaco (nel 1906) sui di-pinti simbolisti di Böcklin e sui testi di Nie-tzsche e Schopenhauer, elabora una pittura atemporale, con spazi immobili e inquietanti, paesaggi deserti in cui la presenza umana, ri-dottissima, genera un sentimento di solitudi-ne e malinconia, quand’anche non di ango-scia. È una sorta di arte dell’assenza, perché gli elementi rappresentati sono riconoscibili ma svuotati di senso comune, isolati, accosta-ti con criteri arbitrari e spesso illogici, forte-mente simbolici ed enigmatici. La definizione dello spazio acuisce questa sensazione: appa-rentemente ben definito, in realtà instabile e contraddittorio, ricco di esagerazioni prospet-tiche: rapide “fughe” di edifici in profondità ma anche una pluralità di punti di vista (v) e di vigorose definizioni delle zone di luce e om-bra, scandite nettamente con taglio geometri-co. Queste atmosfere misteriose ed enigmati-che, volte a superare l’aspetto fenomenico delle cose, trovano una straordinaria evolu-zione nei celebri e inquietanti Manichini, che insieme al potere evocativo afferente a sfere non razionali di molte altre sue opere, fanno di de Chirico un grande precursore del surrea-lismo (v). L’incontro con de Chirico è fonda-mentale per la svolta metafisica di Carrà, re-duce dalle precedenti esperienze futuriste; le opere di questa fase, rispetto alle prove offer-te dal collega, risultano più moderate, meno inquietanti e allusive, senza quelle forti valen-ze enigmatiche e oniriche; queste presenze risultano infatti mediate da una costante ri-cerca sulla forma plastica, dall’uso ripetuto di figure geometriche solide, in sintonia con l’esigenza, molto forte in lui, negli anni del primo dopoguerra, di recuperare la tradizione figurativa italiana (da Giotto a Masaccio, da Paolo Uccello a Piero della Francesca). A questa intensa stagione partecipa anche Gior-gio Morandi, che dal 1918 dipinge Nature mor-te metafisiche, con pochi e semplici oggetti (forme geometriche come sfere e cilindri) in uno spazio immobile, in cui il tempo è arre-stato, e dove ambiguità prospettiche e forti tagli di luce e ombra producono una sensa-

zione enigmatica. Mimesis (imitazione): nella visione platonica dell’arte il concetto allude ad una mera ripro-duzione della realtà, a una copia del mondo sensibile, doppiamente lontana dal perfetto mondo delle idee. Ne deriva di conseguenza una chiara condanna della mimesis, e dell’arte più in generale. Il pensiero dell’antichità è pe-rò attraversato anche da concezioni molto diverse. Un famoso passo di Plinio il Vecchio esalta la natura come la vera maestra per gli artisti, come il modello per eccellenza da imi-tare. Fin dai tempi più antichi troviamo inol-tre una moltitudine di aneddoti che lodano gli artefici in grado di riprodurre perfettamente la realtà, di stupire e ingannare il pubblico con opere illusionistiche, per esempio ritratti che vengono scambiati per persone vere o statue di cui le persone si innamorano. Que-sto tema della perfetta somiglianza rimane uno dei topoi più diffusi e troverà ampio se-guito anche durante il Rinascimento. Rispetto alla dura condanna platonica, il metodo imita-tivo, spinto fino alle sue massime potenziali-tà, diventa invece un vero e proprio canone estetico, un metro di giudizio con cui valutare la bontà di un’opera. Nel panorama dell’Ottocento l’antico tema dell’imitazione, o del rapporto fra l’opera d’arte e la realtà, tro-verà ampio seguito soprattutto in Francia, in pittura e in letteratura, con vari fenomeni di realismo (v) e naturalismo (v): si pensi per e-sempio a Balzac, Flaubert, Zola, oppure a Gericault, Courbet, Corot (v. romanticismo).

Minimal art (arte minimale): insieme alla pop -art (v), è la tendenza più caratteristica degli Stati Uniti verso la metà degli anni sessanta del Novecento. Il linguaggio, pittorico o scul-toreo, è ridotto al minimo, agli elementi es-senziali, primari, ai solidi geometrici fonda-mentali; il risultato è una forma radicale di astrazione (v).

Murale, Pittura: in generale, qualsiasi pittura eseguita direttamente su un muro o attaccata permanentemente ad esso. Nel 1933 Mario Sironi realizza il Manifesto della pittura murale, firmato anche da Carrà, Campigli e Funi; considerata espressione dello stile fascista, “nel quale la nuova società potrà identificar-si”.

Muralismo messicano: movimento artistico che caratterizza l’arte messicana a partire dal 1920 e in modo originale fino agli anni qua-

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ranta. Sulla base di una precisa posizione po-litica (comunista), viene teorizzata la fine del-la pittura da cavalletto, tradizionalmente bor-ghese, a favore invece di un’arte murale di grandi dimensioni, di facile lettura e com-prensione, in grado di parlare immediatamen-te alle masse popolari. I soggetti vanno dalla conquista spagnola dell’impero azteco (con-danna dell’oppressore straniero) alla rappre-sentazione negativa della borghesia fino a te-mi di stretta attualità come la Cultura nazista, dipinto da Diego Rivera, fra i maggiori espo-nenti della corrente, nel 1933. Lo stile (v) varia a seconda dei casi: da immagini di un reali-smo crudo, agghiacciante, si passa a cadenze più espressioniste e teatrali o ad altre più sur-realiste e visionarie. Naïf: aggettivo francese che significa sempli-ce, ingenuo, senza artificio. Il termine defini-sce una pittura particolare, estranea agli stili e ai canoni tradizionali, una sorta di arte istinti-va, spontanea, realizzata quasi da autodidatti. Non si tratta di una vera e propria corrente ma di un atteggiamento esistenziale, di una scelta espressiva che esalta elementi primitivi, il mondo della natura, aspetti visionari, misti-ci o surreali. Il più famoso dei pittori naïf è Henri Rousseau, detto il Doganiere, mentre in Italia si può ricordare Antonio Ligabue.

Naturalismo: termine spesso utilizzato come sinonimo di realismo (v) per indicare ogni ten-denza artistica volta all’imitazione dei dati na-turali (mimesis, v), dei fenomeni sensibili, di aspetti tratti dalla realtà, piuttosto che alla rappresentazione di una idea o di una bellez-za superiore agli elementi, necessariamente imperfetti, presenti nella Natura. Come per il concetto di realismo, è facile cadere in un uso generico e approssimativo, una sorta di eti-chetta buona per tutte le stagioni, utilizzata indistintamente per descrivere tendenze e fe-nomeni molto diversi fra loro. È quindi con-sigliabile distinguere il più possibile a seconda dei casi a cui si fa riferimento: le tendenze na-turalistiche già presenti nel Medioevo si di-stinguono da quelle rinascimentali: si pensi per esempio a Leonardo e all’importanza at-tribuita alla Natura; in questo contesto una posizione di rilievo è occupata anche dall’arte fiamminga (il cui indubbio naturalismo è però ben diverso da quello italiano). Analogo ra-gionamento vale per le epoche successive. In un’accezione più ristretta, il termine indica una delle grandi correnti artistiche diffuse in

Italia e in Europa nel Seicento a partire dalle sconvolgenti novità introdotte da Caravaggio. A questo filone appartengono, in forme di-verse, maestri come Velàzquez, Rembrandt, Vermeer, Valentin de Boulogne e Ribeira. Nel caso di Caravaggio l’uso della parola è assai pertinente perché corrisponde da un la-to alle scelte poetiche dell’artista, dall’altro alla terminologia utilizzata dalle fonti dell’epoca per descrivere le sue opere: in que-sto senso naturalismo è da preferire a reali-smo, che comunque indica uno stesso oriz-zonte stilistico. I suoi quadri vengono defini-ti, per esempio, come “giovani ritratti del na-turale”. È d’altra parte lo stesso artista a riba-dire la necessità di imitare con cura le cose naturali. Questo programma, chiaramente enunciato, trova conferma nella tecnica pitto-rica adottata (dipingere dal vero e dal model-lo, senza disegno ma per sovrapposizione di colori), nell’umanizzazione dei personaggi rappresentati (fra cui trovano spazio anche dei popolani scalzi, dai piedi sudici) e nel su-peramento delle gerarchie dei generi (v): per l’artista, secondo un giudizio all’epoca inac-cettabile, una natura morta (v) vale come un quadro con figure, religioso o mitologico. Natura morta: Genere (v) pittorico che rap-presenta fiori, frutti e vari oggetti inanimati, con esclusione della figura umana. Si diffuse in particolare in Olanda nel XVII secolo, in concomitanza con lo sviluppo della pittura borghese profana, attenta ai temi della vita quotidiana e ai particolari naturalistici. Nelle aree controriformate gli oggetti rappresentati nelle nature morte sono spesso emblematici e simbolici: per esempio il teschio e la clessidra, che ricordano la caducità delle cose terrene (memento mori, vanitas, v). Neoplasticismo: movimento artistico olan-dese sorto intorno alla rivista De Stijl (v), la cui poetica è espressa nei Manifesti prodotti a partire dal 1918. Lo stile (v) propugnato da Piet Mondrian, leader carismatico del gruppo, è chiaramente orientato verso l’astrazione (v). È un linguaggio non figurativo, che si basa su pure aree geometriche definite dall’incrocio di orizzontali e verticali (è bandita anche la linea obliqua), campite da semplici colori primari. La pittura, atto prettamente spirituale, aboli-sce il soggetto, motivo di disordine, elimina la distinzione tra figura e sfondo e manifesta un programma incentrato su valori di chiarezza, certezza e ordine.

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Novecento italiano: movimento artistico italiano degli anni venti e trenta del Novecen-to sorto ufficialmente nel 1922 a Milano, presso la Galleria Pesaro, grazie all’iniziativa della critica d’arte Margherita Scarlatti, amica personale di Mussolini. Fra i sette pittori pre-senti all’atto di fondazione vi sono Achille Funi e Mario Sironi. Il Novecento acquisisce una portata nazionale con la mostra milanese del 1926, inaugurata ufficialmente da Musso-lini alla Permanente, a cui partecipano i mag-giori artisti italiani: Carrà, de Chirico, Moran-di, Severini, Casorati, de Pisis, Soffici, Rosai, de Grada, Tosi, Campigli e molti altri (oltre cento). Questa rassegna, di grandissima riso-nanza, è poi seguita da esposizioni estere in vari paesi: Francia, Germania, Olanda, Sviz-zera e Argentina. Da un punto di vista artisti-co si nota la predilezione per certi soggetti (natura morta, paesaggio, ritratto), che si ac-compagna al rifiuto delle novità introdotte dalle avanguardie (v); al contrario, si propone un ritorno all’ordine (v), un recupero dei valori figurativi tradizionali sconfessati dal cubismo (v), una concezione fondata sulla reintegra-zione della forma e dei volumi, non più sfal-dati, su una solida e classica plasticità, se-guendo le premesse già sviluppate da Valori plastici (v) e dalla pittura metafisica (v) di Carrà e de Chirico. La ripresa della tradizione figura-tiva italiana esprime una vocazione nazionali-sta in linea con la politica culturale promossa dal fascismo. Pur senza avallare l’equazione Novecento=arte di regime, va precisato che le affinità e i compromessi accettati furono numerosi. Fra le prese di posizione più espli-cite si può citare il Manifesto della pittura murale redatto da Sironi nel 1933, in cui si parla della pittura murale come la più autentica espres-sione dello “stile fascista”. O

Olio, pittura a: tecnica pittorica che utilizza colori mescolati a olii grassi essiccanti, di lino, di noce, di papavero, ed essenziali, essenza di trementina, spigo, rosmarino, lavanda. Questi ultimi vengono aggiunti per cercare di rende-re i colori meno vischiosi e più trasparenti. Una volta finito il lavoro viene steso uno strato di vernice (v), protettiva: a volte la verni-ce può essere usata per conferire maggiore brillantezza ai colori; pertanto viene mischiata direttamente con questi. L’uso dell’olio in pittura è di origine remota: già nell’antichità gli olii grassi erano utilizzati

come medium (v), per i pigmenti (v); tale tecnica fu però perfezionata nel XV secolo dai fiam-minghi e si diffuse anche in Italia. Come sup-porti utilizza la tavola (inizialmente) e la tela, preparate con strati di colla essiccante. P

Paesaggio: genere (v) pittorico nato nel Cin-quecento e sviluppatosi nel secolo successivo fino a raggiungere una completa dignità tema-tica. Inizialmente il paesaggio serviva come sfondo per soggetti religiosi o per ritratti. Papiers collés (carte incollate): collage (v) rea-lizzato interamente con pezzi di carta incollati su un fondo. Pastello: tecnica pittorica che usa un pig-mento impastato con acqua resa agglutinante da sostanze quali decotto di orzo o lino, gomma arabica, sapone di marsiglia. Tale composto è poi modellato in forma di cilin-dretti, che hanno differente consistenza. Le tinte sono graduate grazie all’aggiunta di argil-la bianca: per i rossi si usa bolo armeno, per gli scuri l’ematite nera. Supporto (v) per il pa-stello è qualsiasi superficie abbastanza ruvida, che trattenga una parte del colore. La tecnica ebbe notevole sviluppo verso la fine del Quattrocento ed ebbe la massima diffusione nel Settecento.

Pentimento: traccia del mutamento di idea da parte di un artista, riscontrabile in un di-pinto grazie ad un indagine compiuta a raggi infrarossi.

Pigmento: sostanza colorante di varia origi-ne, minerale o organica, dalla quale attraverso l’amalgama con diversi tipi di leganti (v), so-prattutto gomma e oli, si ricavano i colori. Pointillisme (puntinismo): è chiamato anche neoimpressionismo o postimpressionismo. In Italia si parlava di divisionismo (v). Procedi-mento tecnico inventato da George Seurat (1866), che intende inaugurare un “impres-sionismo scientifico”, più rigoroso rispetto all’“impressionismo lirico” dei vari Monet, Renoir, Degas. In pittura si assiste a un uso sistematico di colori (v) primari puri, non me-scolati ma accostati, dati con piccoli tocchi, in modo che sembrino fondersi o formare colo-ri secondari. Attraverso un processo involon-tario di mescolanza ottica, a una certa distan-za il cervello umano fonde automaticamente i

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tratti di colore per cui, per esempio, macchie di pigmento rosso e giallo generano la sensa-zione di arancione. L’accostamento di colori primari, divisi, per esempio il rosso e il blu (che mescolati danno il viola), determina un intenso effetto luminoso. Polittico: rilievo o dipinto costituito da più parti unite in genere tra loro da cerniere che ne consentono la chiusura. Spesso poggia su una predella (v). Se è formato da due riquadri si chiama dittico, se da tre trittico.

Pop art: abbreviazione dell’inglese popular art, indica un linguaggio che riprende e diffonde immagini di massa, in questo senso popolari, tratte dai grandi mezzi di comunicazione: manifesti pubblicitari, fumetti, segnaletica stradale, insegne di negozi, televisione, cine-ma, ecc. Questa tendenza artistica si sviluppa in In-ghilterra negli anni cinquanta del Novecento ma conosce un successo dirompente negli Stati Uniti negli anni sessanta, dove si impone anche attraverso mostre nei grandi musei: tale fenomeno conferma in modo definitivo il pri-mato di New York come centro mondiale dell’arte contemporanea. Il più noto artista pop americano è Andy Warhol, autore delle celebri immagini con Marilyn Monroe, la Co-ca-Cola e i biglietti da un dollaro, che vengo-no realizzate tramite riproduzione fotografica attraverso il processo della serigrafia (v) su tela. La continua ripetizione delle immagini tra-sposte sulla tela sottolinea la perdita di signi-ficato delle cose, che vengono tradotte in una dimensione fredda, banale, asettica, degno correlato di una società caratterizzata da un impersonale e diffuso consumismo. Un altro protagonista è Roy Lichtenstein, attratto dal mondo del fumetto, di cui spesso isola all’interno di una striscia una scena, che viene ingrandita e trasposta con precisione (dipinta) sulla tela.

Post-Modern (postmodemo): tendenza ar-chitettonica sviluppatasi negli anni settanta del Novecento in opposizione alla poetica e alle utopie del razionalismo. Rispetto a quest’ultimo, fondato sulla pura razionalità e sull’eliminazione dei dettagli superflui, ven-gono ora reintrodotti elementi decorativi e sovrastrutturali, nonché materiali prima in disuso come il legno. Elemento caratterizzan-te è il citazionismo, la ripresa di schemi e modelli del passato: Arata Isozaki, per esem-pio, nel progetto del centro civico di Tsukuba

si ispira chiaramente al Campidoglio di Mi-chelangelo. Fra i protagonisti di questa ten-denza planetaria vi sono Aldo Rossi e Renzo Piano, che progetta insieme a Richard Rogers il celebre Centre Pompidou a Parigi.

Predella: parte inferiore di una pala o di un polittico larga quanto il dipinto superiore, dal quale la separa una cornice. È divisa in scene in cui si narrano eventi strettamente collegati al tema della parte centrale. Primitivismo, primitivo: in senso generale è utilizzato per definire gli artisti che utilizzano, spesso con consapevolezza, uno stile (v) ac-centuatamente arcaico. Il termine indica an-che una tendenza culturale ampiamente dif-fusa in Europa a partire dalla fine del XIX secolo e in quello successivo. Il concetto di “arte primitiva” coinvolge tutte le tendenze artistiche estranee alla tradizione impostasi in occidente a partire dal Rinascimento, basata sulle regole accademiche, sull’anatomia, sul primato della figura umana, su verosimiglian-za, prospettiva e tridimensionalità spaziale. Erano quindi comprese le stampe giapponesi, la produzione maya o azteca, quella oceanica, l’arte dell’Africa nera, chiamata art nègre, o quella egiziana. In queste civiltà si riconosco-no valori più umani e sinceri, una dimensione incontaminata non ancora corrotta del mon-do contemporaneo, sottoposto a dure criti-che. Le condizioni di vita imposte dalla socie-tà industrializzata, considerate opprimenti, favoriscono la nascita di questo sogno, la ri-cerca di un presunto paradiso perduto, utopi-co oggetto del desiderio, di un universo in cui l’uomo è considerato ancora in grado di in-staurare un rapporto sereno, selvaggio e pri-mordiale (in senso positivo) con la natura che lo circonda. Oltre a questa valenza ideologica, il recupero assume un forte valore stilistico. Nelle opere prese a modello dominano, infat-ti, valori formali opposti a quelli tradizionali, che vengono programmaticamente recupera-ti: bidimensionalità, assenza di profondità e prospettiva, figure lineari, ritagliate, sinteti-che, ricondotte alla superficie. Questi elemen-ti informano l’arte di fine Ottocento e del Novecento. Il primo pittore europeo ad ac-costarsi in modo sistematico alle civiltà primi-tive è Paul Gauguin, seguito poi da moltissimi artisti, soprattutto durante i cambiamenti e la reazione antimoderna promossa dalle avan-guardie (v). Fra i più coinvolti in questo pro-cesso di riappropriazione possiamo citare, a

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titolo esemplificativo, Matisse e Picasso (fauvi-smo, cubismo, v.), Brancusi e Modigliani, Kir-chner e molti suoi colleghi appartenenti all’espressionismo (v). Prospettiva: sistema convenzionale di rap-presentazione dello spazio. La prospettiva classica occidentale, detta prospettiva lineare, è un tentativo di esprimere la tridimensionali-tà mentre lo spazio reale di un dipinto è bi-dimensionale. Esempi di raffigurazione pro-spettica sono presenti già nell’an-tichità, ma si tratta di ricerche empiriche non sorrette da alcuna teoria rigorosa. Nel Quattrocento lo studio della rappresentazione illusionistica dello spazio tridimensionale viene intensifica-to sia nelle Fiandre sia in Italia. È Brunelle-schi che scopre, verso il 1420, la regola ma-tematica che permette di rappresentare pro-spetticamente la realtà, trasformando il qua-dro in “una specie di finestra” attraverso la quale guardiamo una porzione di spazio. L’espressione è di Leon Battista Alberti che nel suo De pictura codifica la teoria che la su-perficie pittorica sia un piano che taglia la pi-ramide formata dai raggi visivi, e l’immagine una proiezione centrale su questo piano. In questo modo si riproduce la profondità dello spazio con il digradare della grandezza dei corpi e la convergenza di tutte le linee in un punto di fuga, collocato sulla linea d’orizzonte posta all’altezza dell’occhio dello spettatore. I pittori fiamminghi, quasi con-temporaneamente, raggiunsero una soluzione altrettanto corretta con mezzi empirici, dedu-cendo regole logiche dall’osservazione invece che da una teoria matematica. Non bisogna però pensare che questo sistema consenta una rappresentazione coincidente con la vi-sione naturale: l’occhio umano infatti non vede secondo le regole prospettiche (le di-screpanze sono molteplici: per esempio la re-tina è sferoidale e l’occhio percepisce linee curve, mentre nella rappresentazione queste sono rette). A seconda del punto di vista (v) si ha una prospettiva dall’alto o dal basso. La prospettiva atmosferica o aerea invece rende la profondità con il progressivo digradare delle luci e dei colori: i contorni diventano meno precisi, i dettagli più piccoli sono sfocati o indistinguibili, il colore è via via più pallido e i contrasti si fanno meno evidenti. La prospettiva a volo d’uccello è la rappresentazione prospetti-ca dall’alto, come in una veduta aerea, tipica delle stampe giapponesi dell’Ottocento. La prospettiva da sotto in su è un metodo di

rappresentazione utilizzato per dipingere fi-gure e architetture viste da sotto, facendo uso di scorci audaci e molto accentuati.

Punto di vista: la posizione che lo spettatore deve assumere per guardare correttamente, in concordanza con i dettami prospettici, un’opera d’arte. L’altezza del punto di vista e la sua distanza dal quadro condizionano no-tevolmente il tipo di visione prospettica: per esempio, un punto di vista più basso dell’altezza dell’oggetto da rappresentare sug-gerisce un volume di proporzioni notevoli; se invece è posizionato più in alto, le dimensioni risultano più contenute. R Ready-made (lett. già fatto): termine coniato da Marcel Duchamp (dadaismo, v) per definire un oggetto d’uso comune scelto da un artista per la sua banalità, per la sua assoluta ine-spressività e fatto diventare un’opera d’arte: è celeberrima la Ruota di bicicletta del 1913, il primo ready-made di Duchamp. L’object trouvé invece viene scelto per un motivo, per esem-pio per delle affinità con lo stile dell’artista o perché questi lo apprezza esteticamente.

Realismo: in senso generale, tendenza all’imitazione e alla riproduzione della realtà (mimesis, v). Quando si usa questo concetto sarebbe però necessario precisarne il signifi-cato caso per caso, poiché gli artisti lo hanno inteso in forme molto diverse a seconda dei periodi e delle scuole di appartenenza. Innan-zitutto si può distinguere tra realismo analitico e sintetico: il primo, tipico della tradizione nor-dica, è caratterizzato dalla resa minuta dei particolari, dall’interesse per l’attenta descri-zione degli elementi naturali, come fiori e piante: è un realismo di superficie; il secondo invece, caratteristico dell’Italia, è strutturale, si fonda sull’organizzazione prospettica dello spazio, all’interno del quale le figure sono di-sposte secondo un certo criterio, coordinate tra loro e subordinate all’unità complessiva dell’opera. Il realismo può anche essere inte-so come mezzo per ingannare l’occhio, per realizzare una copia della natura (una natura morta eseguita con questo fine rivela una grande attenzione per la forma); oppure può essere utilizzato in senso sociale, per docu-mentare determinati episodi o come strumen-to di denuncia. In questo caso l’artista può essere interessato maggiormente al contenuto

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realistico dell’opera e non desiderare necessa-riamente una rappresentazione formalmente verosimile: ciò che conta è il messaggio, la possibilità di fare riflettere lo spettatore, non di ingannarlo. È opportuno precisare che in ogni caso nessun pittore realista ha mai cre-duto di rappresentare le cose come sono ef-fettivamente. Fra un quadro e il mondo sen-sibile si frappongono infatti regole, conven-zioni, abitudini percettive, tendenze di scuola, di gusto, del periodo storico. La rappresenta-zione di uno stesso soggetto da parte di due artisti anche contemporanei, pur con un co-mune intento realistico, porta infatti a diversi risultati in virtù di una resa stilistica necessa-riamente soggettiva. In senso storico il termi-ne indica una tendenza che si afferma in Francia, intorno al 1580, grazie a Gustav Courbet, che nel 1855 definisce il proprio programma in un testo intitolato Il realismo. Scopo dell’artista è superare il classicismo ac-cademico e l’evasione dei romantici per “fare dell’arte viva”, in grado di rappresentare la pienezza della sua epoca, con immagini edu-cative, cariche di valori morali e ideologici. L’affermazione secondo cui “l’arte storica è per sua natura contemporanea” crea grande scandalo, perché cancella d’un colpo una tra-dizione fino a ora consolidata secondo cui l’arte storica rappresenta gesta eroiche dell’antichità greca e romana, non fatti coevi. Questi presupposti trovano immediatamente riscontro nelle sue opere: Gli spaccapietre (1849) rappresentano le classi subalterne de-dite al lavoro manuale, non più oggetto di de-risione o falso pietismo, ma tema degno di essere rappresentato. Dello stesso anno è Fu-nerale a Ornans, vero e proprio manifesto della pittura realista. Un soggetto di vita moderna viene infatti elevato al rango di pittura di sto-ria grazie alle sue dimensioni monumentali, oltre tre metri per sei. Fino ad allora invece, i temi contemporanei venivano tollerati solo se di piccolo formato. Il dipinto suscitò grande scandalo nel pubblico e riprovazione nella critica quando fu esposto al Salon (v) del 1851, in cui venne definito con disprezzo “pittura di democratici”. A inquietare i ben-pensanti contribuisce la multiforme presenza di persone di classi meno abbienti, general-mente escluse dal mondo dell’arte, ma qui ri-tratte con grande realismo, nelle loro fisio-nomie rudi, senza alcuna idealizzazione. Il dipinto presenta quindi una forte carica ever-siva e viene chiaramente creato per sconcer-tare il pubblico tradizionalista e conservatore,

per épater les bourgeois (stupire i borghesi). Ritorno all’ordine: tendenza artistica del se-condo e terzo decennio del Novecento, carat-terizzata dal rifiuto del linguaggio prodotto dalle avanguardie (v) a favore del recupero di valori (ideologici e formali) più tradizionali. L’aspetto singolare è che questa “conversio-ne” radicale riguarda maestri precedentemen-te coinvolti in esperienze “progressiste”, d’avanguardia come per esempio Giacomo Balla. La forma e i volumi vengono classica-mente e plasticamente “ricomposti” superan-do così le ricerche cubiste (cubismo, v), i sog-getti diventano nuovamente riconoscibili (a-strattismo, v), Carrà scrive saggi su Giotto e Paolo Uccello, stabilendo così un’ideale con-tinuità con i grandi maestri della tradizione figurativa italiana. Questa tendenza, sostenuta dalla rivista Valori Plastici (v) e dal gruppo No-vecento Italiano (v), coinvolge anche i soggetti da rappresentare: troviamo così immagini ti-piche della commedia dell’arte (Severini, I due Pulcinella; Picasso, Arlecchino) o valori tradi-zionali come la famiglia (Gino Severini, Ma-ternità). Ritratto: opera pittorica, scultorea o disegno che rappresenta una persona reale come sog-getto autonomo o facente parte di una com-posizione più ampia e complessa. Romanticismo: termine utilizzato per defi-nire il profondo mutamento culturale che tra la fine del Settecento e i primi decenni dell’Ottocento caratterizza gli ambiti più di-versi, dalla letteratura alla filosofia, dalla poe-sia alla musica, dalla scienza all’arte. Il roman-ticismo non ha confini netti e definiti, una data di inizio e di fine, e sfugge ai limiti di una classificazione univoca. Il fenomeno non si presta neppure a racchiudere ed esaurire tutte le manifestazioni artistiche della sua epoca: in molti casi, infatti, nello stesso periodo, convi-vono anche forme di neoclassicismo. Roman-ticismo significa essenzialmente la nascita di una nuova sensibilità e di un nuovo gusto, che portano all’affermazione di nuovi generi artistici. Contrapponendosi alle restrittive re-gole accademiche e alle tendenze neoclassi-che, si esaltano nuovi valori quali la libertà dell’artista, la fantasia, l’immaginazione, l’emozionalità, il fantastico, il sogno, sfere che sfuggono al controllo della razionalità umana. L’arte non è più imitazione (mimesis, v), ma comincia ad essere espressione di un sentimento e di una soggettività creatrice.

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Quest’ultimo aspetto rappresenta un impor-tante precedente per le avanguardie (v) del No-vecento. Si diffondono nuove immagini di-pinte che aprono nuove sfere come il sublime e il terribile, il visionario e il pauroso. Un primo effetto della polemica contro le re-gole e i generi tradizionali è la riabilitazione della pittura di paesaggio, tradizionalmente considerata di basso livello, inferiore ai temi religiosi o mitologici. Questo genere viene sostenuto già alla fine del Settecento dal poe-ta Friedrich Schiller, che lo considera all’altezza delle arti maggiori, in grado di e-sprimere sentimenti e di suscitare forti sensa-zioni nel pubblico. Tali effetti si riscontrano per esempio nel Regolo del pittore inglese Wil-liam Turner (1828). L’importanza attribuita al paesaggio all’epoca si collega a un nuovo sen-so della natura, di cui si avverte il fascino, l’inesauribile potenza e la grandiosità. Questo pathos è collegato al sentimento del sublime, di cui parla a metà del Settecento Edmund Burke, seguito poi da Kant. Sublime è ciò che è in grado di produrre nell’animo umano la più forte emozione. Le cose terribili, che pos-sono generare idea di dolore e di pericolo, sono fonte di sublime; la natura, nei suoi a-spetti incommensurabili e grandiosi, diventa fonte di sublime. La scoperta delle facoltà ir-razionali apre nuove possibilità per scanda-gliare le zone oscure, la dimensione dell’inconscio e del sogno: ne sono testimo-nianza i dipinti “diabolici” e gli esorcismi di Goya, gli incubi di Füssli e le visioni inquie-tanti di Blake. La violenta espressività e la crudezza ottenuta da alcune immagini di Go-ya e Gericault (Il 3 maggio 1808; Teste di Giusti-ziati) superano poi i canoni tradizionali della bellezza e inaugurano un filone realistico in cui può trovare spazio il “brutto”, fino a ora bandito. Non è un caso che proprio durante il romanticismo il brutto diventi oggetto di riflessione estetica, di analisi sistematiche che lo rendono una categoria autonoma (Laocoonte di Lessing, 1766; Sullo studio della poesia greca di Friedrich Schlegel, 1795; Prefazione a Cromwell di V. Hugo, 1827; Estetica del brutto di Rosen-kranz, 1853). S Salon: la più importante ed esclusiva esposi-zione d’arte francese, resa ufficiale dal patro-cinio reale ed espressione della cultura impo-sta dall’accademia (v). Organizzata annualmen-te dal 1667 e ogni due anni per un certo peri-

odo nel XVIII secolo, perde gradualmente importanza alla fine dell’Ottocento. Il domi-nio incontrastato della cultura e della tradi-zione dei Salons viene messo in discussione già nel 1855 da Courbet, che crea un persona-le Padiglione del realismo (in cui espone opere rifiutate dalla giuria del Salon) e dal Salon des Refùsés, creato da Napoleone III per gli esclusi nel 1863, in cui Manet espone il rivoluziona-rio Déjeuner sur l’herbe. La crisi dell’istituzione viene poi acuita dalle mostre autonome degli impressionisti (v) e dal Salon des Indépendants, cre-ato nel 1884 da Seurat e Signac in alternativa a quello ufficiale.

Saturazione cromatica: il particolare grado di brillantezza di un colore che raggiunge un livello estremo di intensità, quasi eccessiva all’occhio dello spettatore; i colori (v) primari, se accostati tra loro, si potenziano e si inten-sificano a vicenda: un espediente di questo tipo fu utilizzato, ad esempio, da Perugino. Schizzo: immagine eseguita rapidamente, con pochi tratti o con macchie chiaroscurali, per fissare un’idea, un’invenzione. Lo schizzo precede l’abbozzo (v).

Scuola romana: definizione che accomuna un insieme eterogeneo di artisti attivi a Roma nel periodo 1920-1940, il cui linguaggio si oppone a quello ufficiale del Novecento (v). Fra i protagonisti vi sono Scipione, Mafai, Maz-zacurati e in certi anni Guttuso.

Serigrafia: tecnica di stampa antica, di origi-ne cinese. L’inchiostro colorato posto sulla matrice viene fatto filtrare da una seta, e pas-sa sul foglio sottostante, senza pressione del torchio, grazie ad una paletta di gomma. Se la seta è coperta in alcuni punti da una colla che la rende impermeabile, si avrà il passaggio del colore solo nelle zone lasciate senza colla. La seta può essere anche disegnata con una ma-tita grassa, e poi coperta con colla. Una volta lavati con trementina i segni della matita, solo dove erano i segni passerà l’inchiostro. Con questa tecnica non è possibile ottenere il chiaroscuro, ma solo colori piatti e campiti. Sezione aurea: proporzione geometrica, considerata come legge universale dell’ar-monia, che si basa su una specifica divisione di un segmento in due parti, in modo tale che il quadrato costruito sulla parte maggiore sia equivalete al rettangolo che ha per dimensioni l’intero segmento e la parte minore. Chia-

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mando A e B la parte maggiore e quella mi-nore del segmento e C il segmento intero si ha la seguente proporzione: C : A = A : B. La sezione aurea, conosciuta fin dall’età greca, fu ripresa in ambito teorico durante il Rinasci-mento da Luca Pacioli e utilizzata da alcuni artisti nelle loro opere, per esempio da Piero della Francesca. Silhouette: termine francese con cui si indica il contorno di una figura. In pittura e scultura un corpo è rappresentato in silhouette quando non è riprodotto in modo naturalistico e tri-dimensionale, ma stilizzato come un’ombra contro una superficie piatta. Simbolismo: movimento culturale con diffu-sione europea sviluppatosi negli ultimi due decenni dell’Ottocento in opposizione al reali-smo (v) e all’impressionismo (v). Artisti come Moreau, Puvis de Chavannes, Redon, in for-me e modi diversi, propongono un’arte non superficialmente descrittiva ma evocativa, in grado di cogliere gli aspetti più profondi e misteriosi dell’esistenza (anche nelle sue de-clinazioni più inquietanti), attraverso immagi-ni aperte al mondo della fantasia, dell’immaginazione, alla sfera del sogno. Queste suggestioni, in grado di stimolare an-che facoltà non razionali, rappresentano un importante precedente per le Avanguardie (v) del Novecento (si pensi per esempio al surrea-lismo v). Il primo Manifesto programmatico viene pubblicato in Francia su Le Figaro dal poeta Jean Moréas nel 1886. In breve tempo nascono e si diffondono molte riviste che so-stengono questa nuova estetica sia in ambito figurativo sia letterario. Fra i testi principali di questa temperie si possono ricordare le poe-sie di Rimbaud e Mallarmé e il romanzo A’ rebours di Huysmans. Suggestioni simboliste sono presenti in Munch ed Ensor, Previati e, in area tedesca, Böcklin. Un momento chiave è rappresentato dalla mostra parigina del 1889, presso il Café Volpini, a cui partecipa-no Gauguin (fra i principali interpreti di que-sta stagione), e altri membri del gruppo di Pont-Aven: in questa occasione si inaugura il linguaggio sintetista, basato su stesure piatte di colori puri (à plat, senza profondità), e su una chiara linea di contorno. Stile: l’insieme delle caratteristiche formali che distinguono un’opera, un artista, una scuola, un periodo. Uno stile si afferma anche per mezzo delle sue misure: i greci, per esem-pio, davano molta importanza ai rapporti

proporzionali tra le parti. Uno stile vive in una precisa congiuntura storica, ma può an-che essere preso a modello successivamente qualora si verifichino tendenze retrospettive. Supporto: la superficie di legno, tela, perga-mena, carta, su cui si realizza una pittura. Il supporto per l’affresco (v) è costituito dall’intonaco.

Suprematismo: movimento artistico russo creato da Kazimir Malevich (Kiev 1878-Leningrado 1935), teorizzato nel Manifesto del 1915 e in un saggio del 1920. La poetica su-prematista si fonda sulla “supremazia della sensibilità pura”, e si estrinseca in un’arte non mimetica (mimesis, v), descrittiva o oggettiva, ma puramente contemplativa e spirituale. Ta-le filone si inserisce pienamente all’interno dell’astrattismo (v) e ne rappresenta uno degli esiti più innovativi ed estremi. Il totale supe-ramento della realtà sensibile e il rifiuto radi-cale di ogni forma di naturalismo (v) portano Malevic a una costante semplificazione del linguaggio, che si riduce a pure essenze geo-metriche: dal Quadrato rosso si passa al Quadra-to bianco su fondo bianco, punto terminale della ricerca, il momento estremo a cui una pittura può arrivare (una sorta di “fine” della pittura stessa): un’immagine puramente concettuale.

Surrealismo: è l’ultimo dei grandi movimenti d’avanguardia (v) sorti nei primi tre decenni del Novecento, e ha il suo atto di fondazione nel Manifesto del surrealismo redatto da André Breton a Parigi nel 1924. L’anno seguente lo scrittore realizza un saggio su Le Surréalisme et la peinture, pubblicato a puntate sino al 1927 sulla Révolution Surréaliste, organo ufficiale del gruppo. Scopo principale del movimento non è produrre un determinato stile (v), ma pro-muovere un nuovo atteggiamento verso la vita e esplorare nuove dimensioni nel mondo dell’arte. Sulla base delle scoperte freudiane, si rivalutano le sfere dell’inconscio, del sogno, dell’immaginazione. Contro la logica ferrea della ragione, si afferma invece una “religione del caso”, aliena da regole prefissate, in grado di lasciare libero sfogo alla fantasia creatrice dell’artista. Per questo il poeta, secondo Bre-ton, deve adottare un processo di “scrittura automatica” (automatismo, v.), registrare qual-siasi immagine, parola o pensiero, anche i più insignificanti, senza alcun limite razionale o limitazioni estetiche o morali. Questo proces-so automatico riguarda anche il pittore, che deve agire in piena libertà, al di là di ogni

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controllo cosciente. Per favorire questo o-rientamento e potenziare gli elementi fortuiti, inconsci e irrazionali nella creazione artistica, vengono adottate le tecniche più disparate: la flânerie, vagare senza meta in attesa di una scoperta casuale “illuminante”; il frottage, pit-tura ottenuta sfregando contro una superficie ruvida o irregolare la tela trattata con inchio-stro o colore; la decalcomania, effetto ottenuto comprimendo due superfici colorate una sull’altra e poi staccandole; il dripping, colore che gocciola sulla tela da un barattolo forato sostenuto da una corda. Oltre all’indiscusso ruolo di leader esercitato da André Breton, che non soltanto delinea il programma del gruppo ma per anni ne controlla le posizioni, i dissensi, le discussioni e gli sviluppi, il mo-vimento annovera fin dall’inizio molti poeti e letterati, per esempio Paul Éluard. Fra i mag-giori artisti spicca la figura del tedesco Max Ernst (1891- 1976), che nel corso della sua vita sperimenta le tecniche più disparate; nel collage (v), per esempio, vede la possibilità di creare un “composto alchemico”, ottenuto accostando in modo imprevisto elementi ete-rogenei. L’elemento casuale è sempre presen-te nella poetica di Ernst, che oppone al falso mito dell’artista creatore quello del “nuotato-re cieco”, pronto a raccogliere l’ispirazione in ogni momento e da qualunque fonte. Il punto estremo di questa concezione è quello in cui l’artista, provocatoriamente, sostiene di assi-stere da spettatore alla creazione delle sue stesse opere, quasi che il processo di scrittura automatica non lo riguardasse (nel senso di una totale presa di distanza dalle facoltà ra-zionali). Fra gli altri protagonisti, oltre allo spagnolo Salvador Dalí, un posto di assoluto primo piano spetta al belga René Magritte (1898-1967), attento indagatore, anche in chiave paradossale, dei rapporti fra realtà e rappresentazione. L’artista si diverte ad acco-stare immagini e parole, come nel celebre quadro in cui, sotto una pipa, compare la fra-se “questa non è una pipa”. La pipa, dipinta in modo iperrealista, è una pura illusione. Il quadro non coincide con la realtà perché la pipa dipinta, immaginaria (anche se sembra vera), non può essere fumata. T

Tavolozza: tavoletta portatile, solitamente di legno, sulla quale un artista mescola i colori. Il termine indica anche, per metonimia, la gamma dei colori usata da un pittore.

Tela: tessuto in genere di lino o di canapa usato come supporto (v) alla pittura, dopo una serie di operazioni preliminari. Imprimitura (v). Tempera: tipo di pittura che utilizza l’acqua per sciogliere i colori e una sostanza aggluti-nante (legante, v.) quale chiara d’uovo, latte, lattice di fico, colla, cera, ma non olio, per fa-re aderire il colore alla superficie. Il supporto (v) può essere di vario tipo: tela, legno, muro, carta e deve essere preparato con un’impri-mitura (v) adatta a ricevere il colore. La tem-pera comparve in Europa nel XII secolo e fino allo sviluppo della pittura a olio fu la tecnica più importante; inizialmente fu utiliz-zata con sovrapposizioni successive di colore, mentre in un secondo periodo (XIII-XV sec.) i colori vennero accostati e fusi sulla base di un disegno preparatorio. Nella seconda metà del Quattrocento cominciò a svilupparsi l’uso della velatura (v), un modo di dipingere per trasparenze, ottenuto sovrapponendo a una mano di colore più denso uno strato molto diluito. A partire dal XVI secolo, con l’affermarsi della pittura a olio (v), la tempera fu relativamente abbandonata, per essere ri-scoperta nei primi decenni del secolo scorso.

Trittico: polittico (v) pittorico o scultoreo for-mato da tre pannelli. Trompe-l’oeil: espressione francese che si-gnifica “inganna l’occhio”. Dipinto che con accorgimenti cromatici e prospettici riprodu-ce oggetti, architetture o altro con tale preci-sione da ingannare chi guarda e fargli credere di essere di fronte a cose reali e non a un di-pinto. Una natura morta (v) può essere un trompe-l’oeil ben riuscito. U, V Valori Plastici: rinomata rivista italiana del primo dopoguerra fondata dal pittore e criti-co Mario Broglio (quindici numeri, 1918-1922). Attorno a essa si formò un movimen-to che accolse artisti come Morandi, Carrà, de Chirico, Savinio. La pubblicazione presenta un chiaro orientamento verso il Ritorno all’ordine (v), per recuperare i valori “classici” della tradizione italiana, primo fra tutti l’integrità della forma e dei volumi, messi in crisi dalle avanguardie (v). Oltre a questo aspet-to, la rivista assolve però a un’importante funzione informativa, pubblicando articoli su artisti e movimenti stranieri (Chagall, il cubi-

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smo, Der Blaue Reiter) e ospitando scritti di Breton e Kandinskij (surrealismo, astrattismo, v). Vanitas: Natura morta (v) nella quale com-paiono un teschio o altri oggetti che allegori-camente ricordano la precarietà e la transito-rietà della vita umana. Questo genere (v) di pit-tura fu molto popolare nel XVII secolo, so-prattutto in Olanda.

Velatura: la velatura è uno strato di colore trasparente e molto diluito che si sovrappone a una superficie già dipinta per ottenere parti-colari effetti, come attenuare un tono troppo acceso o armonizzare un colore con l’altro. Vernice: in pittura, soluzione di resina sciolta in un medium (v), utilizzata come strato pro-tettivo, oppure come il diluente per il pigmento (v). W, X, Y, Z Xilografia: v. incisione