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ARCIDIOCESI DI NAPOLI

CONVEGNO DEI MINISTRI STRAORDINARI DELLA COMUNIONE

Tempio dell’Incoronata Madre del Buon Consiglio

- 16 gennaio 2011 -

L’esperienza della malattia: un cammino d’amore dalla croce alla pace

LLAA FFAATTIICCAA DDEELLLLAA MMAALLAATTTTIIAA

Il ministro straordinario, compagno di viaggio di chi soffre

Relazione a cura del V Decanato dell’Arcidiocesi di Napoli

“Dove l’uomo potrà mai cercare la risposta a

questioni drammatiche come quelle della sofferenza, della sofferenza dell’innocente e della morte,

se non nella luce che viene dal mistero della passione, della morte e della risurrezione di Cristo?”

Giovanni Paolo II

Nel Corpo di Cristo che è la Chiesa, se un membro soffre, soffrono con lui tutti gli altri membri (I Cor 12,26). Perciò è ottima cosa che tutti i fedeli partecipino, per quanto è possibile, a questo mutuo servizio di carità tra le membra del Corpo di Cristo, non solo lottando contro la malattia e nell'amore premuroso verso i malati, ma visitandoli e confortandoli.

Già il Concilio Vaticano II richiamava l’importante compito della Chiesa di prendersi cura dell’umana sofferenza. Nella Costituzione dogmatica Lumen Gentium leggiamo che “come Cristo... è stato inviato dal Padre «ad annunciare la buona novella ai poveri, a guarire quelli che hanno il cuore contrito» (Lc 4,18), «a cercare e salvare ciò che era perduto» (Lc 19,10), così pure la Chiesa circonda di affettuosa cura quanti sono afflitti dall’umana debolezza, anzi riconosce nei poveri e nei sofferenti l’immagine del suo fondatore, povero e sofferente, si fa premura di sollevarne l’indigenza e in loro cerca di servire il Cristo” (n. 8). Questa azione umanitaria e spirituale della Comunità ecclesiale verso gli ammalati e i sofferenti nel corso dei secoli si è espressa in molteplici forme.

A questo specifico compito sono in particolar modo chiamati i ministri straordinari della comunione; la loro istituzione e il loro ministero consente di intensificare il rapporto comunità cristiana e infermi, rapporto che è incentrato sull'Eucaristia, e riportarlo nel suo alveo originario e più caratteristico, quello appunto del giorno del Signore, che è anche giorno della Chiesa e della carità fraterna.

Ciò servirà a collegare anche in modo visibile la celebrazione eucaristica di tutta la comunità nel giorno del Signore con la partecipazione al Mistero pasquale, attraverso la Comunione, di quei membri che sono impossibilitati a parteciparvi. Questo ci conduce a fare un'altra sottolineatura importante.

La visita agli infermi e anziani da parte del ministro straordinario, per recare loro il conforto dell'Eucaristia, costituisce una forma e un momento prezioso di evangelizzazione vera e propria, sia nei confronti dei malati che dei familiari e di quanti li assistono.

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Non solo, ma spesso oltre il servizio della Parola e del sacramento, è richiesto al ministro straordinario anche il "ministero della carità" di quella carità che è conforto e consolazione ma si esprime anche in gesti di sollievo, di aiuto anche materiale, di fraternità.

Quanti vecchi abbandonati hanno bisogno di assistenza, di qualcuno che li accudisca, di chi prepari loro anche un piatto di minestra!... Si aprono così prospettive inaspettate al ministro della Comunione che vuoI vivere in pienezza il suo servizio. In questa luce il ministero straordinario della Comunione nei confronti dei malati e anziani appare in tutta la completezza, destinato com' è ad essere simultaneamente servizio della Parola, servizio del sacramento, servizio di carità. Vi sono comprese cioè tutte e tre le energie di salvezza (GS, 3), che costituiscono e qualificano la missione ecclesiale!

Il ministro straordinario incarna quindi la presenza dell’angelo custode del sofferente, diventa compagno di viaggio nella sofferenza, impara a compatirlo e ad instaurare con lui un rapporto di simpatia, inteso nel senso etimologico del termine di derivazione greca, sun.pateo, soffrire insieme.

Il suo è un ministero di comunione, in cui la vita di comunione cresce e si rafforza; dove si è custodi dell’amore e della comunione della comunità cristiana. Le azioni dei ministri devono mostrare, come in trasparenza, l’azione di Colui che rappresentano; portare ad un ammalato l’Eucarestia significa essere presenza di amore autentico ripetendo il gesto di Colui che ha dato la sua vita per noi. Nel mistero della sua passione, morte e risurrezione, l’umana sofferenza attinge senso e pienezza di luce.

Nella Lettera apostolica Salvifici doloris il Servo di Dio Giovanni Paolo II ha parole illuminanti in proposito. “L’umana sofferenza – egli ha scritto - ha raggiunto il suo culmine nella passione di Cristo. E contemporaneamente essa è entrata in una dimensione completamente nuova e in un nuovo ordine: è stata legata all’amore…, a quell’amore che crea il bene ricavandolo anche dal male, ricavandolo per mezzo della sofferenza, così come il bene supremo della redenzione del mondo è stato tratto dalla Croce di Cristo, e costantemente prende da essa il suo avvio. La Croce di Cristo è diventata una sorgente, dalla quale sgorgano fiumi di acqua viva” (n. 18).

A conclusione della parabola, del Buon Samaritano Gesù dice: “Va’ e anche tu fa’ così” (Lc 10,37). Con queste parole si rivolge anche a noi.

Ci esorta a chinarci sulle ferite del corpo e dello spirito di tanti nostri fratelli e sorelle che incontriamo sulle strade del mondo; ci aiuta a comprendere che, con la grazia di Dio accolta e vissuta nella vita di ogni giorno, l’esperienza della malattia e della sofferenza può diventare scuola di speranza. In verità, come ha affermato Papa Benedetto XVI nell’Enciclica “Spe salvi”, “non è lo scansare la sofferenza, la fuga davanti al dolore, che guarisce l'uomo, ma la capacità di accettare la tribolazione e in essa di maturare, di trovare senso mediante l'unione con Cristo, che ha sofferto con infinito amore” (n. 37).

Dedicare tempo e sapere ascoltare: ecco altri elementi fondanti del rapporto che si instaura. Per ascoltare bisogna fermarsi, e più che dare risposte occorre fermarsi; più che preoccuparsi di dare risposte si tratta di lasciarsi interrogare in profondità. Senza pretendere di cambiare nessuno. Non si hanno, infatti ricette miracolistiche da offrire se non i segni del Pane e della Parola. L'altro è un uomo che soffre, che ha bisogno di non essere solo, o ha paura di restare solo e chiede il Pane della vita. "Nel male, nel dolore, nella sofferenza, bisognerebbe essere molto più cauti e fare un po' più di silenzio perché sono misteri che si comprendono più stando in silenzio che parlandone" (P. Turoldo). Il Ministro Straordinario deve trasformarsi in apostolo dei malati. I malati devono sentire la tenerezza del suo cuore, ascoltare la Parola di Dio, avere la possibilità di sperimentare, grazie alla sua presenza, la premura della Chiesa, gustare quindi la delicatezza dell'amore del Signore.

Aiutare la Comunità a sentirli parte integrante di essa. Aiutare i malati a sentirsi parte viva della Comunità. Anch'essi hanno un servizio da prestare. E’ il ministero che aiuta a creare il senso della "comunità celebrante" con tutti i fedeli, anche se anziani o ammalati. L'Eucaristia, ci dice che nessuna vita è inutile. La sofferenza, al pari della preghiera, è un vero potenziale apostolico.

Essere ministri è diventare amici del malato. Del malato e della sua famiglia che devono raccogliere da noi comunione, bontà, speranza, energia, gioia, comprensione, calore, luce. Sentire

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ciascun malato e ciascun familiare come "uno che ci appartiene", con i quali condividerne le gioie e le sofferenze, intuirne i desideri e prendere cura dei loro bisogni, con discrezione.

E’ un ministero questo che ha una valenza ecclesiale. Aiutare a costruire una Chiesa, che si sente onorata di avere un legame forte con chi non è potente. Una Chiesa che sa che il suo posto è sempre dove c'è un uomo che soffre e che è a corto di speranza, che sa dare con tenerezza la Parola del Signore, la grazia dello Spirito, la carezza della sua maternità, che dà il Signore Gesù, ma che sa stare accanto anche in silenzio, tenendo per mano, pregando, ascoltando.

L'Eucaristia non è solo dolcezza, intimità, raccoglimento. È slancio, condivisione, voglia di fraternità. Ci avviciniamo a persone (malati e familiari) spesso vittime di dubbi, paure, perplessità, sofferenze, interrogativi e desideri. Si sono visti sfumare definitivamente oscurare progetti, speranze e illusioni per le quali hanno sudato, rischiato, lottato e pianto tutta una vita.

È gente che, non raramente, ha anche difficoltà ad aprirsi e abbandonarsi alla volontà di Dio, ed ai quali ci si deve accostare con la stessa delicatezza e discrezione del Pellegrino di Emmaus.

Occorre lasciare che la loro sofferenza entri nel cuore e batta con il nostro cuore, soffra nella nostra anima e, in qualche maniera, parli nella nostra voce e agisca con le nostre forze. "Dio non è venuto a spiegarla la sofferenza, è venuto a riempirla della sua presenza" (Claudel).

Ribadire la preziosità della vita di ogni uomo. Quando, partendo dall'Assemblea eucaristica, portiamo la Comunione ai malati, si fa si che la vita di quei malati ed anziani diventi la vita stessa del Signore e si faccia obbedienza a Dio come fu per Gesù. Facciamo si che essi imparino a dire di si a Dio nella loro situazione di malattia, di debolezza, di solitudine.

Grazie all'Eucaristia, non ci sono più vite inutili al mondo e nessuno dovrebbe poter dire: "A che serve la mia vita? Perché sono al mondo?". La risposta per tutti dovrebbe essere: "Sono al mondo per lo scopo più sublime che ci sia: per essere un sacrificio vivente, un'Eucaristia insieme a Gesù".

E quando la fede dell’ammalato sembra venire meno, è compito del ministro straordinario aiutarlo con la propria fede (cf. Mc 2,5: “Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati”), con la preghiera (cf. Gc 5,16: “pregate gli uni per gli altri per essere guariti. Molto vale la preghiera del giusto fatta con insistenza.”), con la propria sofferenza (cf. Col 1,24: “Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa”) e con una catechesi sul valore salvifico della sofferenza.

Dio, come dice S.Paolo, è nella debolezza che si rivela e trionfa la sua forza. E quale immagine più decisiva potremmo trovare della forza di Dio, che ci visita e ci salva, se non quella della croce di Gesù? E’ lì che Dio si è identificato con la sofferenza per salvare l’uomo.

Nel silenzio, nella preghiera,nell’interiorità più profonda di se stesso si compie, per l’uomo debole e sofferente, l’ammirabile scambio per il quale Dio raggiunge la debolezza umana per trasfigurarla con la forza del suo amore. Come stupirsi, allora che da un malato possa irradiarsi una forza particolare, quella che proviene dalla sua conformità al Cristo sofferente?

Chiudiamo con un’ultima annotazione: Nel “Messaggio ai poveri, ai malati e a tutti coloro che soffrono”, che i Padri conciliari rivolsero al mondo, al termine del Concilio Vaticano II, leggiamo : “Voi tutti che sentite più gravemente il peso della croce … voi che piangete… voi sconosciuti del dolore, riprendete coraggio: voi siete i preferiti del regno di Dio, il regno della speranza, della felicità e della vita; siete i fratelli del Cristo sofferente; e con lui, se lo volete, voi salvate il mondo!”

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