LEONTINOIOGGI (SETTEMBRE 2010)

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La doppia croce U n particolare di non secondaria importanza è rap- presentato dall’episodio, davvero curioso, relativa- mente al simulacro di Santa Tecla che in quello delle ori- gini leontine porta la croce cristiana, mentre in con- trada Santuzzi la statua viene simboleggiata con la doppia croce bizantina. CULTURA - POLITICA - STORIA LOCALE - ATTUALITÀ - SPORT - Copia Omaggio Anno VI - n. 3 Settembre 2010 Dipinto di Franco Condorelli Lentini Città del Leone “Santa Tecla” in mosaico: opera del bravo artista lentinese Pippo Risuglia, realizzata allora, su segnalazione palesemente erronea, con la doppia croce bizantina. Altri 3 esemplari di Tecla, Santa e Vergine della Chiesa Leontina, identici a quello qui pubblicato, furono donati generosamente, qualche tempo addietro, dallo stesso autore alla Parrocchia di contrada Santuzzi. Da allora la storia della donazione di quei bellissimi mosaici “risugliani” è avvolta nel mistero più fitto. Sarà stata la “doppia croce bizantina” a fare il miracolo? Ci risulta, comunque, che la disponibilità del Maestro Risuglia, nella produzione di un mosaico con la croce di Cristo uguale a quella del simulacro delle origini, è totale. Lentini e l’Unità d’Italia All’INTERNO pag. 8-9 Prende quota a Carlentini la Scuola “Etoile-Energ y Club” diretta da Stefania Lo Presti pagina 4 Presso i locali dell’Archivio Storico Consensi in via Tèocle per il poeta lentinese Pippo Cardello pagina 7 Cenni storici sulle vie di Lentini pagina 5 Omaggio a Guglielmo Pisano pagina 3 Il medioevo lentinese pagina 6 Ennesimo trionfo ad Agnone Bagni per Enzo Ferraro e la sua compagnia La rubrica di indovinelli siciliani Lions Club Lentini Anno sociale 2010-2011 Maurizio Caracciolo presidente pagina 2 Associazione “Dance Harmony” Interessante esordio con un lavoro di Rocco Chinnici pagina 10 “Santa Tecla” tace, aspetta e non dispera Quella doppia croce bizantina di contrada Santuzzi piange sempre di vergogna Una tradizione cattolica cancellata, umiliata e offesa! Simulacro delle origini L’ultima immagine raffigurante Santa Tecla Vergine in contrada Santuzzi Il parroco di S. Tecla Pippo Risuglia

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TRIMESTRALE CULTURALE DI LENTINI FONDATO E DIRETTO DA GIANNI CANNONE

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Page 1: LEONTINOIOGGI (SETTEMBRE 2010)

La doppia croce

Un particolare di non secondaria importanza è rap-presentato dall’episodio, davvero curioso, relativa-

mente al simulacrodi SantaTecla che inquellodelleori-gini leontine porta la crocecristiana, mentre in con-trada Santuzzi la statuaviene simboleggiata conla doppia croce bizantina.

CULTURA - POLITICA - STORIA LOCALE - ATTUALITÀ - SPORT - Copia Omaggio Anno VI - n. 3 Settembre 2010

Dipinto di Franco Condorelli

Lentini

Città del Leone

“Santa Tecla” in mosaico: opera del bravoartista lentinese Pippo Risuglia, realizzata

allora, su segnalazione palesemente erronea, con la doppiacroce bizantina.

Altri 3 esemplari di Tecla, Santa e Vergine della ChiesaLeontina, identici a quello qui pubblicato, furono donatigenerosamente, qualche tempo addietro, dallo stesso autorealla Parrocchia di contrada Santuzzi.

Da allora la storia della donazione di quei bellissimi mosaici“risugliani” è avvolta nel mistero più fitto.

Sarà stata la “doppia croce bizantina” a fare il miracolo?Ci risulta, comunque, che la disponibilità del Maestro

Risuglia, nella produzione di un mosaico con la croce di Cristouguale a quella del simulacro delle origini, è totale.

Lentinie l’Unità d’Italia

All’INTERNO

pag. 8-9

Prende quotaa Carlentini la Scuola“Etoile-Energy Club”diretta da StefaniaLo Presti pagina 4

Presso i localidell’Archivio StoricoConsensi in via Tèocleper il poeta lentinesePippo Cardello pagina 7

Cenni storicisulle vie di Lentini

pagina 5

Omaggioa Guglielmo Pisano

pagina 3

Il medioevolentinese pagina 6

Ennesimo trionfoad Agnone Bagniper Enzo Ferraroe la sua compagnia

La rubricadi indovinelli siciliani

Lions Club LentiniAnno sociale 2010-2011Maurizio Caracciolopresidente pagina 2

Associazione “DanceHarmony”Interessante esordiocon un lavorodi Rocco Chinnici

pagina 10

“Santa Tecla” tace, aspetta e non dispera

Quella doppia croce bizantinadi contrada Santuzzipiange sempredi vergognaUna tradizione cattolicacancellata, umiliata e offesa!

Simulacrodelle origini

L’ultima immagineraffiguranteSanta Tecla Verginein contrada Santuzzi

Il parroco di S. Tecla

Pippo Risuglia

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Settembre 20102

Con al tavolo della presidenzaGiacomo Di Miceli, presidente

uscente; Maurizio Caracciolo presidenteeletto,NinoMazzone,presidentedella zona14; Rosario d’Onofrio, socio onorario epast governatore distrettuale all’internodell’organizzazione lionistica; si sonosvolte le elezioni riguardanti le cariche perl’anno sociale 2010-2011.

Il nuovo consiglio direttivo, a cui vannogli auguri più affettuosi da parte diLeontìnoi oggi per un proficuo e serenolavoro, risulta così composto:

Presidente Maurizio Caracciolo

Past Presidente Giacomo Di Miceli

I Vice Presidente Alfio Galatà

II Vice Presidente SalvatoreMaddalena

Segretario Alfio Cannone

In occasione dell’Estate di Agnone, col patrocinio della ProvinciaRegionale di Siracusa, il 22 agosto scorso, la compagnia del “Nuovo

Teatro Leontino” ha replicato con successo la commedia di PinoGiambrone, diretta dal Maestro Enzo Ferraro, “Cincu fimmini e un tarì”.

Un migliaio di spettatori, sopraggiunti anche dai vicini villaggi bal-neari e attrezzati di sedie e sgabelli, hanno assistito all’esilarante com-media rappresentata sul palcoscenico allestito per l’occasione nella piaz-zetta lungomare.

I divertiti spettatori hanno ricompensato gli attori che si sono suc-ceduti sul palco con scroscianti applausi durante tutta la durata dellarappresentazione.

Gli attori della compagnia del “Nuovo Teatro Leontino”, EnzoFerraro, Tanella Ferraro, Fuccio Conti, Graziella Terranova, Alfio Vasile,Andrea Inserra, Rossella Scala, Erika Camerata, Valentina Camerata, MarikaLanza, Franco Sferrazzo, Maria Rosa Cardillo e Simone Costanzo, hannoconcesso un’altra replica della commedia, a grande richiesta, il 12 set-tembre presso la villa comunale “Gorgia”. Prima dello spettacolo,quello per essere precisi di Agnone Bagni, c’è stata una breve quantoapprezzata esibizione del cantante all’italiana il lentinese Pippo Bosco.

Tesoriere Salvatore Ragazzi

Cerimoniere Elisa Lombardo

Censore Franco Belfiore

Consiglieri Giuseppe CastaniaEmanuele SipalaAndrea InserraNunziatella Cardillo

Presidente ComitatoNuovi Soci Salvatore Nigroli

Nel corso dell’importante seduta èstato distribuito il volume-documentodal titolo “I nostri primi 40 anni” chepuò, a ragione, considerarsi il fiore all’oc-chiello della presidenza Di Miceli.

Per dovere di cronaca si citano i socidel “Comitato Libro 40 anni” che hannocurato diligentemente la suddetta pub-blicazione edita dal Lions Club di Lentini:

CarmeloMirabile (coordinatore),CarmeloAliano, Franco Belfiore, Alfio Cannone,Gianni Cannone, Giuseppe Guarnera,Alfio Mirabile, Enzo Pupillo.

Grandi e piccini assistonodivertiti allo spettacolo

“Cincu fimmini e un tarì”

Anno sociale 2010-2011

L’avvocato Maurizio Caracciolonuovo presidente Lions di LentiniNel corso della serata è stato distribuito il libro dal titolo “I nostri primo 40 anni”

Pubblico in delirio per Enzo Ferraro e la sua compagniaSi replica “Cincu fimmini e un tarì” di Pino Giambrone

Risate di ferragosto ad Agnone Bagnil’antichissima spiaggia dei lentinesiVilla Gorgia: ancora applausi per il “Nuovo Teatro Leontino”nella replica, a grande richiesta, del 12 settembre

di Graziella Terranova

Rubricadiindovinellisiciliania cura di Liliana Failla

Se le radici di un po-polo non muoiono

tanto facilmente è soltantoperché ogni gesto, ogni parola, ogniazione, ogni momento di vita, nellagioia e nel dolore, tutte queste cose,insomma, messe insieme, si ripetono,vuoi o non vuoi, nel rispetto degliinsegnamenti e dei racconti dei piùvecchi. E allora, anche se il più dellevolte nulla è scritto, le tradizioni, icostumi, le usanze, le credenze, i sen-tito dire, sopravvivono miracolosa-mente al tempo e alle mode.

La cassa del mortoCu’ lu fa, lu fa ppi vinnillu,cu’ su ‘ccatta nunn lu usa,cu’ lu usa nunn lu viri

Il gattoDdu curnutu di Militeddu,trasi e nesci do purteddu.

La lumacaCornuta, picata e vavusa.

La sediaQuattru spuntuna,

ammantunu ‘a pirsuna.

II respiroSugnu cca, sugnu ddae sacciu lu Re nzòccu fa

‘NNIMINAGGHIA‘NNIMINAGGHIA

MaurizioCaracciolo,avvocato

Foto di Luigi Lo Re

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Settembre 2010 3

Indubbiamente lo scultore lentineseGuglielmo Pisano, oggi come oggi,

rappresenta, con lesueopereormaiapprez-zate dalla critica di tutto il mondo, l’artistadi talento per eccellenza che la città diLentini generosamente possiede, dallaforza creativa originale e indipendente,doti questedestinate,nel tempo, a lasciaresegnali palpabili oltre la stessa dialetticafigurativa, spingendo immense proposteculturali dentro simbolismi tuttora sco-nosciuti, dalle dimensioni amleticheprofonde e segrete, interminabili e miste-riose.

Più conosciuto fuori casa che nel senodel sito natio, Guglielmo Pisano, degnoerede del Pitagora Leontino, il grandegenio dell’arte scultorea dell’antichità,ha partecipato sempre con successo atante mostre d’arte sia in Italia che all’e-stero se è vero come è vero che intornoalle sue capacità artistiche sono stati avan-zati lusinghieri giudizi critici, alcuni deiquali qui riportiamo volentieri in cassettasintetica e in rapida successione:

a) “Le opere realizzate dall’artistaGuglielmo Pisano, sono ricche di azionidescrittive in gradodi trasmettere all’os-servatore la sensazione di viaggiare inmondi virtuali, ed in grado di traspor-tarci nei sconfinati meandri dell’in-conscio”;

b) “...per Guglielmo Pisano: la lucen-tezza del marmo

esprime la sua apoteosisegnica e strutturale...”;

c) “Con ampia valenzadi linguaggio, l’Artistaattri-buisce all’opera rappre-sentata un ruolo di gene-rale intuizione”;

d) “Le sue sculture fil-trano la memoria armo-nizzando le forme consobria creatività, rilevandoun crescendo artistico cheevidenzia l’innato talentodi Guglielmo Pisano”;

e) “Evolutivo rispetto aiconcetti dell’arte classicadi cui pure si fa devotoerede, Guglielmo Pisanoriscrive la struttura dellastessa materia plasmataper adeguarla alle sue ten-sioni interiori che la ren-dono tutta armonia e leg-giadria finoa farladanzaresotto le sue mani”;

f ) “...le opere di Gu-glielmoPisano hannounagrazia e una dolcezza talida perdersi tutta la pesan-tezza della sostanza lavo-rata fino a divenireaeriformi...”;

g) “Elegante e raffinato nellasuaespressioneGuglielmoPisanoci trasmette, col linguaggiodi sin-tesi, la sua carica umana, e ilsuo vigore immaginativo tra-ducendo in poetica le sue emo-zioni e il suoamoreper la vita”;

h) “Scultore di figure in cuigioie ed ansietà sono rilevateal massimo in un crescendodi inusuale bellezza”.

Questa mini rassegna sullastraordinaria figura artisticadel Maestro Guglielmo Pisanoda Lentini è stata tratta da unapubblicazione emessa senzadata dalla Tipografia Scuderidi Carlentini dove vengonodescritti esaurientementemolti momenti significatividella vita artistica del Nostro:dalla partecipazione alla

Biennale di Venezia (anno 2001) all’altoriconoscimento internazionale “Miche-langelo” in quel di Milano (anno 2002);dall’EXPÒ - ART NICE - FRANCIA del 2002(“Le sue opere sono state elegantementeesposte in un luogo di prestigio, che hacontribuito alla sua affermazione arti-sticaall’estero”) al PREMIUMCAPITOLIUM- IV edizione - indetto dalMuseo FanteriadiRoma (vedesi annuariod’artemodernaartisti contemporanei 2002-2003); dallatestimonianza di merito sbocciata nel-l’ambito della Associazione Centrale sto-rica di Firenze, datata 19 luglio 2005,all’Atelier Gustave di Parigi (anno 2006)alMercurio d’oro, quale protagonista delpremio qualità per l’arte.

Queste “delizie”, a livello di rassegnastampa, si trovano, come è stato già evi-denziato sopra, nell’opuscolo dedicatoall’artista lentinese Guglielmo Pisano incui si trovano ovviamente allegate anche

le firme dei critici in questione da noivolutamente non menzionate nel pre-sente servizio.

Va aggiunto, inoltre, che detto manualecomprende nei confronti del Pisano unapoesia affettuosissima e assai pregevoledel poeta Gaetano Nigro in dialetto sici-liano e una dedica preziosa assai e nellostesso tempo molto sentita del dott. ing.Luigi Messina che così recita: “AGuglielmoPisano scultore. Ricchezza d’espressionee bellezza plastica si fondono armo-niosamente, laddove la tecnica restasottomessa all’idea e l’opera parla alCuore, allaMente, all’Anima. È il trionfodello Spirito. Lentini 13-11-1996 ”.

E non è finita qui: dal 19 febbraio al20 marzo 2010 l’artista lentinese ha esi-bito, brillantemente, le sue opere scultoreepresso il Castello Ursini di Catania, operafedericiana questa, realizzata, com’è noto,dall’architetto Riccardo da Lentini.

Omaggioa GuglielmoPisano

FOGLI DI CRONACA LOCALE

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Sisonosvolti al “CentroDanzaEtoile”,la scuola di danza della palestra

“Energy Club” di Carlentini diretta dallamaestra Stefania Lo Presti, gli esami annualidi danza, che forniscono un attestatovalido per il passaggio al corso succes-sivo. Esaminatrice di quest’anno è statala professoressa Manuela Caracciolo,docente di metodologia tecnica Vaganovapresso l'Università della Danza di Roma.La maestra Lo Presti segue annualmentemaster di formazione professionale anumero chiuso, e di aggiornamento inse-gnanti per lo studio degli 8 anni accade-mici, che la professoressa Caracciolo tienein tutta Italia ed all’Estero, e, grazie aquesto e unitamente allo studio di tuttele materie coerenti all’insegnamento delladanza, come la psicologia infantile e l’a-natomia strutturale, la scuola staprendendouna piega sempre più professionale, conallievi che oggi portano a casa delle vota-zioni al di sopra dell’8. La professoressaCaracciolo, si è complimentata con l’in-segnante per la resa dei suoi allievi e perdisciplina mostrata durante gli esami. Icorsi di propedeutica alla danza, quelli deibambini di 6/8 anni, hanno riscosso mag-giore curiosità per la perfezione degliesercizi e la predisposizione artistica diogni allieva. Dice la maestra Lo Presti atal proposito:

“La danza è una disciplina assoluta-mente formativa per il corpo e la mentedei bambini, e per farli crescere in modosano e corretto oggi c’è bisogno di per-sone che oltre ad amare il loro lavoro,non smettano mai di aggiornarsi e per-

fezionarsi sulla tecnica d’insegnamento.Saper riconoscere un insegnante è moltoimportante perché un maestro con scarsapreparazione, può causare danni ai bam-bini facendogli assumere posizioni sba-gliate o facendogli indossare precoce-mente le scarpette da punta, fattori chepossono procurare problemi alle ossa,alle articolazioni e alla colonna verte-brale. È opportuno allora che l’insegnanteadotti un programma di studio adattoall’età dell’allievo; in modo da seguirenel tempo la crescita fisica e professionaledello studente. Io seguo da tempo i pro-grammi accademici dell’Accademia

Nazionaledidanzaevedoche il rendimentodei miei allievi è sempre più alto”.

La scuola di danza Centro Danza Etoilecomincia i corsi nel mese di settembre eli termina a giugno con gli esami e ilsaggio-spettacolo di fine anno. La mae-stra Lo Presti garantisce un’attività riccadi lezioni teoriche come storia della danza,oltre ad una didattica precisa dai corsipreparatori con allievi di 4/5 anni e quellipropedeutici dai 6 agli 8, e i corsi base dal1° all’8°, lezioni di repertorio e di punte,e corsi di danza moderna e contempo-ranea. La scuola si prefigge molti obiet-tivi, innanzi tutto trasmettere a tutti gliallievi l’amore per la danza e permettere

loro di trarre il maggior numero di bene-fici possibile, per poter in futuro averesia danzatori capaci ed equilibrati nelle loroscelte sia un pubblico appassionato ecompetente, e poi cercare di far socializ-zare gli allievi, in modo che si vengano acostituire fra loro quei legami saldi diamicizia e complicità che sosterranno ilsingolo in difficoltà e aiuteranno tutto ilgruppo negli inevitabili momenti di sfi-ducia e di stanchezza.

Gli allievi più grandi partecipano annual-mente anche a stage con diversi inse-gnanti e diverse discipline in modo taleda avere una formazione completa.

Sotto la direzione artistica di Stefania Lo Presti

Esami di danza classicaper la scuola “Etoile-Energ y Club” di CarlentiniEsaminatrice di quest’anno Manuela Caracciolo

Le allievedel 1° corso

insiemealla maestra

Lo Prestie alla

professoressaCaracciolo.

Un momento del saggio andatoin scena a giugno del 2009

Un momento del saggio andato in scena a giugno del 2009

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di Ferdinando Leonzio

Col titolo di cui sopra non inten-diamo riferirci alle proposte o alle

strategie che la politica mette in campoper la risoluzione dei problemi della col-lettività; vogliamo, invece, propriamenteparlare della toponomastica stradale e del-l’attenzione che ad essa hanno rivolto ipolitici - nel casonostro, i politici di Lentini-, facendo qualche esempio tratto dallastoria contemporanea della nostra Città.

Com’è del tutto intuitivo, dedicare adun personaggio o ad un avvenimento poli-tico una via o una piazza spesso significanon solo esaltarne l’importanza e sotto-linearne l’apporto al bene collettivo, maanche trasmettere un messaggio ammic-cante, destinato a supportareuna tesi oun’ideologia, col fine, non dichiarato, maabbastanza trasparente, di procacciare ungenerico ma durevole consenso popolareai loro sostenitori.

Ricordouncomizio tenutoaLentini,unasera degli anni ’60, da un alto dirigente deigiovanidel PRI, il quale, fra l’altro, espresseil suo stupore per il fatto che, in una cittàcon forte presenza delle sinistre, ci fos-sero vie e piazze ancora intitolate a espo-nenti della decaduta Casa Savoia, a comin-ciare da quella in cui egli parlava, piazzaUmberto. Il riferimento era anche a viaReginaMargherita, a via Vittorio EmanueleII e a via Vittorio Emanuele III.

In effetti, la forte affermazione repub-blicana (65,8%)aLentini al referendumdelgiugno 1946, la quale confermava e con-

solidava i risultatidelle amministrative delmarzo precedente, avrebbe potuto lasciarsupporre una pronta rimozione di quelleintestazioni, magari con l’eccezione diVittorioEmanuele II, neimanuali scolasticidi allora indicato come uno dei “padridella patria”, con Mazzini, Garibaldi eCavour (anche se i rapporti fra i quattronon erano stati idilliaci). Appare, inoltre,inspiegabile l’intitolazione successiva diuna via a V.E. III, inviso agli antifascisti(aveva spianato la strada a Mussolini nel‘22)eai fascisti (aveva “licenziato”Mussolininel ‘43).

Si vede che la tradizione monarchica,che da circa un secolo aveva espresso lalocale classe dirigente liberale, aveva nellaCittà radici più profonde di quanto dices-sero risultati elettorali di stampo inequi-vocabilmente repubblicano! Del resto,come le maggioranze repubblicane deldopoguerra non sloggiarono i Savoia dallestrade, analogamente neanche le ammi-nistrazioni a guida democristiana, succe-dutesi a Lentini nella seconda metà del‘900, ritennero di rimuovere - il che necostituisce un merito culturale - la storicascritta, di epoca liberale (autore FrancescoAlemagna) e di evidente sapore materia-lista, che ancora campeggia scettica all’in-gresso del cimitero comunale:

Polvere siamo e polvere ritorneremo/Al di là della virtù operosa/ null’altrorimane di noi.

Il Consiglio Comunale di Lentini,nella seduta del 29-6-1915, a circaunmesedall’ingressodell’ItalianellaI guerra mondiale, deliberò di inti-tolare lapiazzadei Senatori, in corsodi costruzione su progetto dell’ing.Gaetano Consiglio, a GuglielmoOberdan, il patriota irredentistatriestinocheavevaavuto«la suagio-vanissimaesistenza» «troncatadal-l’ignominioso capestro austriaco»il 20 dicembre 1884.

Lostessoconsessocivico,alloracon una maggioranza espres-sione dell’alleanza (“popola-rismo”) fra moderati e social-riformisti, dunque di orienta-mento interventista, traendospunto dall’esecuzione (12-7-

10-1943 sindaco) della Città, mantenutoal suopostodall’AMGOT(GovernoMilitareAlleato per i Territori Occupati), visto ilradicale mutamento della situazione poli-tica, indata21-8-1943,deliberòdi intestareil ginnasio cittadino, prima intitolato adArnaldoMussolini (fratellodelDucemortonel 1931) al grande filosofo lentineseGorgia (denominazione che poi si esten-derà anche al Liceo, quando sarà istituito)e pensò bene di modificare quella partedella toponomastica cittadina che mani-festamente ricordava il passato regime: lapiccola strada intitolata a Michele Bianchi(quadrumviro fascista morto nel 1930) fudedicata al poeta Giosuè Carducci; via DelProgressoFascistaperse l’aggettivoe rimasevia Del Progresso; via 28 Ottobre (datadella Marcia su Roma) fu intitolata al filo-sofo Giordano Bruno; via San Manganello(denominazione di sapore squadristico)fu assegnata a Daniele Manin, patriotaveneziano che fu a capo della Repubblicadi San Marco nel 1848-49; Via Graziani (ilgeneralechecomanderà l’esercitodellaRSI)venne intestata a Pietro Colletta (patriotae storiconapoletano),mentre “la rotonda”,cioè piazza Costanzo Ciano (consuocerodel Duce, padre di Galeazzo) fu conver-tita in piazza dell’Unione; ma per poco,giacché il successivo sindaco, l’ex mag-gioredeicarabinieridott.VincenzoMagnanodi S. Lio, di sentimenti monarchici, il 4-12-1943, la intitolò al sen. barone GiuseppeLuigi Beneventano. Con la stessa deliberaegli decise di intestare al martire socia-listaGiacomoMatteotti l’importantearteriaprima denominata Via Siracusa.

Consolidatosi ilpluralismodemocratico,hanno trovato posto (si fa per dire) nellevie cittadine i maggiori leader politici delsecondo dopoguerra: De Gasperi (DC),Togliatti (PCI), Nenni (PSI), Einaudi (PLI),La Malfa (PRI), La Pira (DC), Li Causi (PCI),Moro (DC), Longo (PCI), Mattarella (DC),Pertini (PSI), a cui si sono aggiunti anchepolitici locali come Filadelfo Castro,OtelloMarilli e Francesco Marino.

Come si vede, le “vie della politica”sono veramente tante...

1916), mediante impiccagione (anch’essavoluta dal potere asburgico), del patriotasocialista irredentista, nonché tenentedell’Esercito Italiano, Cesare Battisti, giàdeputatodiTrentoalParlamentodiVienna,stabilì poco dopo, precisamente nellaseduta del 27 luglio 1916, di intitolare allostesso la piccola, ma centralissima “piaz-zetta” situata all’inizio di Via Conte Alaimo.

Le delibere, che onoravano la memoriadeidueeroicipatrioti, di cui sottolineavanola drammaticità della morte, erano tali dasuscitarenella coscienza cittadinaunmotodi indignazione e, in un certo senso, sem-bravano anche lanciare ai lentinesi unappelloadare il lorocontributoalla “guerrapatriottica” in cui la Nazione era impe-gnata.

Lentini ebbe, nella I guerra mondiale,213 morti, 214 mutilati e 55 invalidi.

La ferma e coerente opposizione allaguerra e il conseguente forte sostegno delmartoriatoproletariatodiLentiniportarono,nel 1920, i socialisti del PSI al governodella Città.

Conunadeliberaconsiliaredel28-8-1921essideciserodi “battezzare”ungrannumerodi strade, la cui nuova denominazioneparla da sola: “Edmondo De Amicis”,“Mario Rapisardi” (scrittori notoriamentedi orientamento socialista), Victor Hugo(grande romanziere progressista francese,amico di Garibaldi), “Carlo Marx” (il fon-datoredel socialismo“scientifico”), “AndreaCosta” (il primo deputato socialista),“Nicola Petrina” (dirigente dei fasci deilavoratori di Messina), “Jean Jaurès” (paci-fista e leader dei socialisti francesi, assas-sinato nel 1914 dai nazionalisti del suopaese); e ancora: “Via del Popolo”, “Viadel Lavoro”, “Via Rossa”, “Via della Pace”,“Via Nuova Civiltà”, “Via Uguaglianza”,“Via delle Spighe”, “Via dell’Avvenire”, “ViaGiustizia”, “Via Primo Maggio”, “Via degliOperai”, “Via Falce e martello”...

Praticamente fu calato, nella rete viarialentinese, l’intero universo socialista, chele successive amministrazioni fasciste siincaricheranno di sfoltire.

Caduto il fascismoaLentini (15-7-1943),il col. Luigi Bugliarello, podestà (dal 18-

Cenni storicisulle vie di Lentini

Via VittorioEmanuele

Foto di Luigi Lo Re

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Lentinie il medioevo

Settembre 20106

di Antonio Zacco

Nell’847 d.C. i musulmani asse-diano Lentini e riescono a con-

quistarla grazie ad un inganno. I musul-mani presero possesso dei beni delcomune, della chiesa e delle personecadute in battaglia e l’intera popolazionefu costretta a pagare delle ingenti tasse.

La città attraversa un periodo di deca-denza, tuttavia, i nuovi conquistatorifurono ottimi agricoltori e portarononuovi metodi di irrigazione che consen-tirono la messa a coltura anche delle zonepianeggianti del territorio leontino. Daquesto momento in poi Lentini è unborgo agricolo che i nuovi dominatoricoltiveranno ad arance, gelsi e canapada zucchero.

Il processo di ruralizzazione, causatodalla minacciosa presenza delle navi bar-bare nelle acque della Sicilia, si accentuanotevolmente: vengono progressiva-mente abbandonate le città costiere infavore degli insediamenti di promontoriopiù facilmente difendibili.

A causa di tale processo si originanotutta una serie di raccordi tra il fondo-valle e l’altopiano, costituiti da vere eproprie mulattiere, che si fanno semprepiù impervie e difficili, segnando la finedel sistema viario romano.

La città di Lentini ci viene descritta,dallo storico e geografo arabo Idrisi, come“forte rôcca”, dotata di un porto fluvialee con case costruite di pietra: probabil-mente Idrisi si riferisce rispettivamenteal Castrum Vetus, all’abitato rupestre eal porto extra maenia alle pendici delS. Mauro.

I nuovi dominatori trovano nelle abi-tazioni rupestri un modo consolidato neltempo di abitare ed un ottimo metodo perdifendersi dalle alte temperature estive.Inoltre, la casa scavata nella roccia garan-tisce maggiore sicurezza statica e di duratanel tempo:qualità che la rendonouna tipo-logia abitativa di grande successo.

Le chiese rupestri, ubicate nei pressidelle abitazioni suddette, vengono abban-

donate ma non di-strutte dagli arabi: ilculto cristiano, tolle-rato dai musulmani,può essere profes-sato ma viene proi-bita la manutenzionee l’edificazione dinuove chiese.

La forma urbanadella città, in questoperiodo, non subiscequindi grosse modi-fiche restando sostan-zialmente un inse-diamento scavato neicolli dell’antica Leon-tini.

I normanni con-quistano facilmentel’intera isola, scarsa-mente difesa daimusulmani, e restanoal potere dall’XI alXII sec.

Lentini torna cosìad orbitare intornoalla cultura cristiana:si ha una riscoperta

delle chiese rupestri, abbandonate duranteil dominio arabo, accanto alle quali ven-gono costruiti numerosi monasteri.

La città, sotto la dominazione nor-manna, viene sconvolta da due terremoti:il primo, parzialmente distruttivo, avve-nuto nel 1140; ed il secondo, registra-tosi nel 1169, valutato intorno al decimogrado della scala Mercalli.

Con il sisma del 1169 Lentini fu gra-vemente diroccata e trovarono la mortenel crollo degli edifici un grande numerodi abitanti: in seguito al calo demograficola città viene in parte ripopolata con l’in-sediamento di coloni calabresi, prove-nienti da Cosenza, che danno il nomead un intero quartiere medievale, oggidenominato di S. Paolo.

Probabilmente in seguito a questi avve-nimenti viene persa la navigabilità delLisso e quindi il porto fluviale internoalla città.

Dal 1190 al 1270 la Sicilia è governatada Federico II di Svevia e la città di Lentiniattraversa, almeno inizialmente,unperiododi maggiore sviluppo sia economico chesociale.

La città torna ad essere il granaio deiperiodi di carestia della Sicilia e lo scalomarittimo di Agnone, da sempre motoredel commercio del grano, riprende adavere l’antica importanza.

A Federico II si deve la realizzazionedel lago di Lentini, detto Biviere, con lacostruzione di una diga in muratura chetrattiene le acque dei confluenti fiumiGalici e Trigona. La diga viene edificatadall’ordine dei Templari ai quali FedericoII aveva dato diploma di pesca e di sfrut-tamento delle acque. Nel lago viene intro-dotto l’allevamento dei pesci che rimarràper molto tempo una notevole fonte direddito per i pescatori lentinesi.

Riccardo da Lentini, architetto mili-tare, su incarico di Federico II progettail riattamento della roccaforte difensivaubicata sul colle Tirone. Il Castellaccio,appunto, viene adattato ai nuovi canonidifensivi con la costruzione di una torreottagonale ed una triangolare detta ArxTriquetra.

Sul colle Tirone è probabile che i greciper primi abbiano costruito una roc-caforte difensiva e scavato i due profondifossati posti ai lati di questa (Fig. 1).Tuttavia i fossati sono stati resi ancor piùprofondi dagli svevi ai quali si attribui-scono tutte le opere murarie visibili sulcolle.

Allo stesso imperatore si deve la rea-lizzazione di un secondo castello dettoappuntoCastrumNovum sulla sommitàdel colle di S. Mauro, rappresentato nellaveduta a volo d’uccello del XVI sec. (Fig.2), ma del quale non resta alcuna traccia.

All’estremità Nord dell’abitato vi era ilmonastero di S. Andrea di Piazza fondatonel 1126 dall’ordine di S. Agostino emunito di una chiesa che, malgrado ledistruzioni dovuti agli eventi sismici, ritro-viamo ancor oggi con il nome di S. Lucanel quartiere di S. Paolo.

Siamo così giunti al quarto ciclo ovveroa quello di recupero del consolidamentocon il quale il tessuto urbano della cittàcomincia ad essere quello che ricono-sciamo negli antichi quartieri odierni. Lacittà ridiscende nel fondovalle, vengonobonificati i terreni paludosi della pianurae ricostruite le abitazioni nei quartieri diS. Paolo e di S. Maria Vecchia.

Il tessuto edilizio, costituito preva-lentemente da case terrane o su due ele-vazioni, si accresce sempre più nel fon-dovalle arrivando fino alle spalle dell’o-dierna chiesa di S. Alfio.

Fig. 2 - Rilievo aerofotogrammetrico del Castellaccio

Fig. 1

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Sotto l’egida dell’assessorato allacultura della Città di Lentini, diretto

da Angelo Maenza, e con la impeccabileregia logistico-operativa della dottoressaPalmina Billinghieri, l’Archivio Storico diVia Tèocle ha vissuto una delle mete piùsignificative della sua vita partecipativaa livello soprattutto di grande emotivitàculturale per la fine tematica rappresen-tata meravigliosamente bene in mezzo aun pubblico accogliente e ben dispostoall’applauso super meritato.

E veniamo al dunque. Sabato 26 giugnou. s., alla presenza qualificata dell’asses-sore Maenza, in quella sede, la cui viaporta il nome dell’ecista della grecaLeontìnoi, è stata presentata l’opera delpoeta lentinese Pippo Cardellodal titolo I lupi alla luna con laprefazione molto bella di IgnazioE. Buttitta, discendente di quelcelebre poeta siculo, autore popo-larissimo, fra l’altro, dell’indi-menticabile Lamenti pi la mortidi Turiddu Carnevali.

Ma Ignazio E. Buttitta, al di làdel nome pesante che portaaddosso, è venuto nella città di Jacopo daLentini, capo della scuola poetica sici-liana durante il regno di Federico II diSvevia, inventore del sonetto, padre dellalingua italiana delle origini, per un inter-ventoadhocnei riguardi delle virtù lirichedi Pippo Cardello, poeta e cantastorie,così come ormai viene universalmentericonosciuto.

Il professor Buttitta che insegnaall’Università di Palermo, Facoltà di Lettere,per il giovane e talentuoso artista leon-

tino ha trovato parole essenziali che vannoriprese, immediatamente, senza se e senzama, in quanto proclamano, a viso aperto,valori unici e forti, mai allineati ad alcuncredo convenzionale: “GiuseppeCardelloèunautenticopoetapoiché rifugge lamen-zogna, l’ipocrisia, la maniera, poichémai cerca di accattivarsi il lettore, piut-tosto lo pone innanzi allo scandalodellasua verità, della sua analisi penetrantee spietata dei caratteri e dei costumi,della sua sagacia nel raccogliere le emo-zioni altrui e tradurle in parole, infine,dalla sua capacità di proporre un’im-magine di sé estranea a ogni infingi-mento”.

Il nostro concittadino insigne, PippoCardello, con i suoi versi tutti “cardelli-niani”, dedicati al vivere civile e socialedella sua terra, alla libertà di pensiero, attra-verso una sacralità laica inimmaginabile,misteriosa e mai banale, cerca, di con-tinuo, un atterraggio non sempre facilecon il divenire democratico dell’essere infieri, nel contesto del conseguimentocostante di una meritocrazia vista essen-zialmente come linea progettuale, anti-conformista e stracittadina.

In tal senso la sua ultima opera I lupialla luna è una silloge ben riuscita (ildisegno che troneggia in copertina,Ammula fobbici e cutedda, silente, auste-ro e possente, è una creazione mirabile

del pittore Alfio Russo) tantoè vero che la stessa MariaZema, giornalista, “Città delsole Edizioni”, ha tracciato,nel suo penetrante appun-tamento espositivo, unquadro puntuale e moltovicino alle bellezze sfug-genti e luminose della realtàpoetica “cardelliniane”, che

integralmente, “Leontìnoi oggi”, volen-tieri, pubblica qui di seguito:

“I lupi alla luna”, antologia poetica diGiuseppe Cardello, noto poeta cunta-storie, è un testo che vive di una intensaforzapoeticoaffabulatoria, “una lunga teoriadi quadri senza un preciso stile, scrivel’autore, frammentarie visioni e dardi cheattraversano la mente, a volte senza alcunsegno, a volte lasciando solchi non rimar-ginabili”; una raccolta che rappresentaquasi una summa di tutto il suo lavoro,del suo percorso umano e artistico.

La poesia di Cardello é una poesiadotata di grande forza visionaria e imma-ginifica, a voltequasi sinestetica. I suoi com-ponimenti disegnano una struttura intri-catissima di storie che si intersecano: lasua, quella più importante, è sempre insottofondo, raccontata con coraggio elucida sensibilità, e tutte le altre si intrec-ciano, si rimandano, come in un gioco dispecchi.

L’elemento da cui si sostanzia la poesianarrazione di Cardello sono appunto le

storie avvincenti dell’ammula fobbici ecutedda, che lo stesso autore evoca nelproemio in forma di racconto che apreil libro, le storie che probabilmente glihanno attaccato la passione del racconto,dell’introspezione, della libertà, rive-lando, nel contempo, altri mondi, altrepossibilità di vivere le emozioni.

“In quell’austero cortile appena rischia-rato” si consumava un rito antico chericorda molto da vicino gli antichi ritualidi iniziazione accanto al fuoco; davanti agliocchi attenti di bambini si materializza-vano i cavalieri, le spade, le battaglie, imostri, poi le parole vestivano quellestorie trasfigurandole, facendole diven-tare reali e tutti i bambini assetati di rac-conti di colpo diventavano intrepidi pala-dini o nobili guerrieri anche solo perun’ora. Raccontare storie è educare, ele-vare, trasmetterle è una grossissimaresponsabilità, e Giuseppe Cardello losa tanto che ha raccolto l’eredità moraledi quel vecchio ammula fobbici e l’hafatta diventare poesia.

In un mondo in cui spesso le parolesono solo puro flatus voci lui ha creatoun universo parallelo di parole signifi-canti, e, con sapienza narrativa e poetica,le ha utilizzate per accompagnare il let-tore dentro il suo mondo complesso e sfac-cettato, denso di chiaroscuri e sinestesie,un mondo capace di coniugare l’impegnocivile, la sensualità, i miti della tradizionedei cantastorie, la musicalità, sacro e pro-fano e le indefinibili terre di mezzo delvissuto, documentando un percorsoumano e culturale di altissimo livello.Un percorso sicuramente articolato,

Encelado Superbo

La sededell’Archivio

Storicodi via Téocle

Settembre 2010 7

Nell’Archivio Storico di via Tèocle

Applausi veri per “I lupi alla luna”del poeta leontino Pippo CardelloDi Maria Zema e di Ignazio E. Buttitta gli interventi

Pippo Cardello

segue a pag. 10

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Settembre 20108

Il nostro Presidente della Repubblica,Giorgio Napolitano, di recente, in

riferimento ai 150 anni dell’Unità d’Italia(1861/2011), consentimentielevati e severi,densi di Italianità vera e pura, così parlò achiare lettereagli Italiani: “Vogliamoun’Italiaunita: senza coesionenazionale il nostroPaese si perderebbe nel grande e tumul-tuoso fiumedellaglobalizzazione. L’unitànazionale si consolida riconoscendo,comedice laCostituzione, e promovendole autonomie”.

Una precisazione utile, intanto, comepreambolo interessante, vaposta subito all’attenzionedel lettore: a presiedere ilcomitato dei garanti dicotanto avvenimento, cer-tamenteepocale, è stata chia-mata una figura prestigiosaall’interno del mondo poli-tico e culturale europeo: Giuliano Amato.Ma qual è il collegamento storico tra lapatria del Conte Alaimo, eroe del Vespro,cioèLentini, e il Risorgimento siciliano, tar-gato Italia? Qui andiamo con ordine.

Il tutto prende il via conla spedizione dei Milledi Garibaldi dallo sco-gliodiQuarto,neipressidi Genova, con il mottosalvifico “Italia eVittorio

Emanuele”. Si va in Sicilia.Era l’albadel5maggio1860quandol’im-

presa dei 1083 garibaldini (soltanto 45 iSiciliani tra cui La Masa, Crispi e la com-pagna), a bordo del Piemonte e delLombardo, prendeva corpo finalmentecon lo sguardo rivolto alla Sicilia ma conl’unità d’Italia dentro il cuore. La parolad’ordine prioritaria era una e una sola:liberare innanzitutto l’Isola dall’assolu-tismo regio napoletano, all’insegna dellabandiera tricolore. La fine dei Borboni nelRegno delle Due Sicilie era già segnata.

A seguire in diretta i Mille, penne corag-giose come Giuseppe Bandi ( I Mille, daGenovaaCapua ), Giuseppe Cesare Abba(DaQuartoal Volturno, noterelle di unodei Mille ) e Alessandro Dumas padre (Igaribaldini), dentro le cuipagine il celebre

AlessandroDumasscopreLentini

autore dei Tremoschettierie del Conte di Montecristoavanza una citazione cheriguarda proprio Lentini ela sua fiera “dove si recanotutti i grossi mercanti dibestiame che approvvigio-nano Palermo”. In tema di

uno straripante percorso narrativo suiMille questo almeno l’incipit. Del restola gestione intelligente dei “mass media”da parte del potere vincente ha radiciantiche: chi può ignorare che non cisarebbe stata un’età periclea se il grandePericle non avesse avuto vicina la sofisticagorgiana di un certo Tucidide con Laguerra del Peloponneso? La radiografiadell’impresa garibaldina è la seguente:dopo lo sbarco a Marsala, avvenuto l’11maggio 1860, è a Salemi, tre giorni dopo,che Garibaldi assume in nome e per contodi Vittorio Emanuele Re d’Italia la dittaturadella Sicilia, mentre a Calatafimi, il 15maggio, grazie anche ai Picciotti, che orasi aggregano motivati ai Mille, l’esercitoBorbonico viene travolto dal Dittatore. Èda Calatafimi in poi, insomma, che da ognipunto della Sicilia si invoca il nome delLiberatore! È da Calatafimi in poi che tuttiincominciano a diventare “unitaristi” coltricolore in mano e la Croce dei Savoianelpetto!Quindi il 27maggiocadePalermoper gran viltade poi Milazzo. Il 3 giugnoveniva meno ai Borboni Catania. L’11giugno la città-fortezza di Siracusa vieneabbandonata dalla guarnigione borbo-nica:unnumeroimprecisatodiabitanti trovarifugio nelle Latomie e nei comuni vicini.

Il Castello di Augusta, invece,dopo l’abbandonodelle truppenapoletane viene preso incustodia da una squadra dallaGuardia Nazionale di Lentinifino al 18 dicembre 1860. Nel

marzo del 1861, infine, è la volta della for-tezza di Messina. Resta evidente un fattoche le “camice rosse” garibaldineal seguitodei Mille furono protagoniste maggior-mente nella Sicilia Occidentale, ciò nono-stante nella Sicilia orientale le città chia-mate all’appello non fecero mai mancarea Garibaldi il patriottismo richiesto. E pen-sare che dopo quei rintocchi sfortunatidella Gancia, proprio il 4 aprile 1860,andati nel peggiore dei modi, nessunopensava più ad una immediata resurre-zione rivoluzionaria siciliana! Ma non fucosì. Anzi fu così, per merito del Nizzardo,che scoppiò una scintilla davvero cosmicadalledimensione inimmaginabili. Inquestocontesto rivoluzionario e nello stessotempo antiborbonico la città di Lentini,in data 19 maggio, innalzava orgogliosa-mente il tricolore che veniva acclamatocome“vessillodella rigenerazione”,mentreil giorno dopo, vale a dire il 20, da partedegli insorti veniva assalita una corrierachecurava la corrispondenzaper le truppeborboniche di Messina e di Catania.

E veniamo alla cittadinanza onorariadi Lentini a Nicola Fabrizi, modenese, giàesule a Malta, a Londra e in Francia, mini-stro per volere di Garibaldi sotto la pro-dittatura Mordini, considerato l’AristidedellaRivoluzione in virtù della sua spiccatasagacia cospirativa, fedelissimo di Mazzinie di Garibaldi, carbonaro della prima ora.

A questo intrepido personaggio delRisorgimento, giunto a Lentini il 18

giugno 1860, viene conferita la cittadinanzaonoraria con il seguente provvedimento:“Il Consiglio, conammirevoleunanimitàdi voti hadeliberato: doversi conferire laLeontina Cittadinanza a Nicola Fabrizi,cospicuo rappresentante e caldo propu-gnatore del sacro e sublime principiodell’Italica Nazionalità”. Nella delibera-zione, inoltre, il nomedelGeneraleFabriziviene accomunato sentitamente a quellodi Alaimo da Lentini, l’immortale eroe delVespro.

Da Gorgia a Erodico, dal Notaro JacopoadAlaimo,daOrtensio Scammacca aCarloLo Presti la Città di Lentini ha sempre cer-cato di onorare, nella maniera più visi-bile, i suoi figli migliori.

Ma c’è di più, i Lentinesi, a secondadelle circostanze e senza vergogna, amanodefinirsi, di volta in volta, scherzosamente,ora figli di Gorgia, ora di Jacopo, ora diAlaimo.

Prendiamo, per esempio, il nome diAlaimo da Lentini.

Nelmomento incui sipartecipaalmovi-mento di annessione della Sicilia all’Italiadi Vittorio Emanuele, in prima fila tro-viamo, come modello di affidabilità leon-tina, il nobile Alaimo.

A tal proposito va sottolineato che iLentinesi, tramite il cittadino latoreVincenzoZappulla, consegnano il 4 luglio 1860, alla

Il Sindaco di Lentini,Alfio Mangiameli,ricevuto al Quirinaledal Presidentedella Repubblica ItalianaGiorgio Napolitano

Nella patria del Conte Alaimo, cittadinanza onoraria al generale Fabrizi

La città di Lentinidentro la storia dell’Unità d’ItaliaFestose accoglienze al famoso garibaldino Nino Bixio, il secondo dei Mille,e a Menotti Garibaldi, figlio maggiore del leggendario eroe dei Due Mondi

di Gianni Cannone

Giorgio Napoletanoe Giuliano Amato

per ilCentocinquantenariodell’Unità d’Italia

d’Italia

Il Generale Nicola Fabrizi,eroe del Risorgimento,

cittadino onorario di Lentini

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Palermo liberata, nelle mani del GeneraleGaribaldiun’epica lettera. Inquellapreziosamissiva all’eroe dei Due Mondi, chiamatodai Lentinesi gran sacerdotedella libertàitaliana, ungrido si elevava forte, vibranteepossente: “Dittatore!LapatriadiAlaimoè in armi ed ai Vostri cenni”. Ci sembraappropriato ricordare ora che i Lentinesiil 27 luglio1860 fecero festa grandeaNinoBixio e a Menotti Garibaldi, figlio primo-genito del Generale. Con loro c’era purela Brigata dei Volontari che, secondo latestimonianzadelprecettoreCicirata, costòalla Città di Lentini ben 120 mila ducati.

Tutto sembra scorrere liscio come l’olio,spontaneo, festoso e felice, all’insegnadella Santa Causa e del garibaldinismopiù autentico, quand’ecco apparire, nel-l’agosto del 1860, i sanguinosi fatti diBronte che Verga riproduce con maestriasenza pari nella novella Libertà. QuandopoiVittorioEmanuele II, il primodicembre1860, tocca la Sicilia, ormai non più bor-bonica, è il Consiglio Comunale di Lentini(14 novembre 1860) che, nel saluto alnuovo Re in visita ufficiale a Palermo, riat-tiva la memoria di Alaimo, puntigliosa-mente e in modo per così dire martel-lante:

“... E i Leontini, figli non degeneri diAlaimo... non sono gli ultimi inmezzoaiSiciliani a renderVi quella speciedi cultochemeritate per lamissione che ricevestedaDio e che si sa bene avete adempiuta.Venite, venite in quest’Isola di cedri e diarance, che qui bruciano come l’Etna ipetti per voi e per la libertà”. Ora, fra unmaredipolemicheedi contrastimai spenti,arrivano, in data 21 ottobre 1860, nell’exDue Sicilie i Referendum (pro-dittaturaMordini inSicilia–pro-dittaturaPallavicinia Napoli) legati appunto all’annessione.Questi i risultati in Sicilia su un totale di

432.720 votanti: 423.053 Si, 667 No. Levotazioni a Lentini diedero il seguenterisultato: 1654Si. Aquestopuntovamessoin pista un accadimento di un certo signi-ficato storico-politico che può conside-rarsi, paradossalmente, uncasoa se stantee basta: è, infatti, un momento particolarenel quale, costituita a Lentini la GuardiaCittadina, occorreva organizzare con cele-rità squadre armate per portare aiuti aiCatanesi. All’appello caldo e patriottico diLentiniaiComunivicini rispondonoModica(Comandante Antonino Livia), Mineo(Comandante Marco Vita), Vizzini(ComandanteGandolfoGandolfo),Scordia(Comandante Matteo Rasiona), Scicli(ComandanteStanislaoCarruba),Augusta(ComandanteFrancescoTumscit).Aquesticentri giànominati vannoaggiunti Sortino,Noto e Palazzolo che naturalmente si pre-murarono all’invio di squadre armate.

Quelladi Lentini era capitanatadal cata-nese Francesco De Felice.

L’ appuntamentodel raduno sa-rebbedovutoav-venire in con-trada Primosole,ma per ordine

specifico dello stesso Garibaldi il luogodel concentramento fuCarlentini. Si arrivòa Catania il 5 giugno dopo essere stati ilgiorno prima a Scordia.

Perché proprio Carlentini?Primo: il popolo di Carlentini si era

defilalo durante il Referendum di annes-sione all’Italia perché non poteva farediversamente dal momento che “La gra-titudinee la fedeltàalGovernoBorbonico,espresse fino a quel momento daiCarlentinesi, erano giustificate dall’ac-quisto recente del territorio...” (PisanoBaudo: La Città Carleontina).

Secondo: Carlentinidurante la rivoluzionedel 1848, per gli stessimotivi di cui sopra e inquanto entità filo-bor-

bonica in assoluto, non solo non avevadeliberato ladecadenza inSiciliadelladina-stia borbonica, alla stessa stregua delGoverno di Ruggero Settimo e di tutti glialtriComunidell’Isola,maconnotadel 13agosto 1849 così volle argomentare la suaarroganza e il suo abbaglio storico: “LaComunediCarlentini, fedeleal suoRe,allalegittimadinastia regnante, accolse conlo sputo del disprezzo l’atto di deca-

...lo sputodel

disprezzo...

E Garibaldiordina:

il concentramentoa Carlentini

denza, che la stampa demagogica soste-neva, quindi si respinse ogni invito edanche ogni minaccia, e la Comune sud-dettanonvollemai esternareatti di ade-sionealmentovatoattovergognosissimo”(Pisano Baudo: La Città Carleontina).

Appare chiarissimo che Carlentini, adifferenza del popolo leontino, non avevapreso parte né ai moti del 20, né all’in-surrezionedel1837,néalla rivoluzionedel1848, né alle glorie risorgimentali del1860. Accanto “all’assenza partecipativa”bisognava tutelare un atto di assurda spo-liazione della tirannide borbonica ai dannidi Lentini: due quinti dell’antico territoriolentinese, infatti, nel 1857, passavano coningiusta e arbitraria decisione (PisanoBaudo: Storia di Lentini) a quella popo-lazione che, tutto sommato, era rimastacostantemente a casa onde tutelare sol-tanto interessi particolari. Non un terri-torio qualsiasi, ma una vastissima area ter-ritoriale dalla valenza simbolica altissimasia sotto il profilo storico, sia sotto il pro-filo socio-economico, sia sotto ilprofilopoli-tico. Praticamente alla Lentini“Risorgimentale” e “anti-borbonica” venivanotolti, senza alcunaseria contropartita,e “abusivamente”,dall’assolutismoregioferdinandeo,ormai alla frutta,circa 160 Kq. disuperficie. La que-stione territoriale,per-tanto, resta sempre unproblema aperto.

Un patto e un partito dellaRiunificazione lo dettano, ormai, la Storia,il buon senso e il guardare lontano senzapregiudizi campanilistici sempre assainocivi per le due comunità.

La scelta di Garibaldi sul concentra-mento di squadre armate a Carlentinidoveva rappresentare, se capito, un epi-sodio non marginale della cronaca locale,ma una piattaforma emblematica e iden-titaria nella storia senza i Borbonici incampo.

Anche la nostra brevenarrazione ha, dunque,il suo epilogo: il 13 feb-braio 1861 FrancescoII, rifugiatosi dispera-tamente nella fortezzadi Gaeta, getta defini-

tivamente la spugna.Un mese dopo, cioè il 17 marzo 1861,

Vittorio Emanuele II di Savoia cingevasul capo la corona di Re d’Italia senzaperò avere ancora Roma e Venezia. CertoCarlentini non poteva rimanere, vitanatural durante filo-borbonica e, per-tanto, affettadaunneo-garibaldinismomira-

La finedel Regnodelle Siciliee l’avventodei Savoia

colosoe sconfinatovotòaocchi chiusi l’attodi fede savoiardo, nella seduta 1° maggio1861. Tutti avevano fatto, alla fine,quest’Italia nuova e unita, partendo deci-samente dalla bella Sicilia da dove erasbocciata la lingua italiana delle originicon Jacopo da Lentini inventore delsonettoe capodella Scuola Poetica Sicilianasotto il regno di Federico II di Svevia.

Oraun’annotazione chemeritauna registrazioneparticolare: a Lentinicon l’avvento dell’Italiadi Cavour e di VittorioEmanuele II nasce la

Via Garibaldi là dove prima c’era la viaFerdinandea.

Ecco un sommario elenco di coloroche furono i protagonisti risorgimentali:i Mille, Garibaldi e i Garibaldini, Mazzinie i Mazziniani, Cavour e i Cavourriani,Vittorio Emaniele II, gli Esuli, i Baroni, iPicciotti, la Mafia agricola, la Massoneria,il Popolo Siciliano e naturalmente gli

Italiani veramente credenti nel tri-colore e in quell’unitarismo

nazionale come fonte

Nascea Lentini

viaGaribaldi

di libertà, di giustizia edi benessere per tutti. In parole

povere, da Quarto al Volturno, via Siciliainteramente liberata dalla dittatura gari-baldina, sul carro di Garibaldi il Vittoriosoci stavano paradossalmente tutti.

Che dire poi dell’atteggiamento abba-stanza compiacente da parte di alcunepotenza straniere quali ad esempio laFrancia e l’Inghilterra nei confronti del pro-gramma “Italia e Vittorio Emanuele”?

Ad eccezione degli sconfitti veri epropri, vale a dire i Borboni e il MondoBorbonico, per il resto l’aggregazioneentusiastica del Meridione verso il vin-cente Garibaldi fu grandiosa.

In realtà anche la Chiesa, in quell’oc-casione, poté essere annoverata fra gliscontenti eccellenti.

Avere sognato e fatto sognare un’Italiaunita è, in ultima analisi, già tanto, anzitantissimo.

Resta, tuttavia, sempre viva e di scot-tante attualità, nella nostra Italia non piùmonarchica, la celebre creatura di MassimoD’Azeglio, che riportiamo volentieri senzaalcun commento: L’Italia è fatta, orabisogna fare gli Italiani.

Settembre 2010 9Il Sindaco di Lentini dell’epoca,facente funzione, Luigi Di Pietro,a Caprera nella casa di Garibaldidurante il Centenario celebrativodella spedizione dei Mille.Accanto a Di Pietro, oggi prestigiosoultracentenario, il deputato del PSIOn.le Salvatore Corallo

(Milano:dalla collezioneComandini)Con questosimbolo,dettodell’annessione,si votò anchea Lentinie si fece l’Italia

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Settembre 201010

Felice esordio dell’AssociazioneDance Harmony che con la sua

compagnia teatrale ha presentato conpieno merito la commedia brillante indue atti, intitolata “Mariti ‘mputenti...Cummari fitenti” di Rocco Chinnici.L’opera di Rocco Chinnici è stata rap-

presentata presso il glorioso “TeatroManzitto” di Lentini nel mese di giugno,del corrente anno, con un pubblico,

attento e divertito, che non ha man-cato di esternare nei confronti della

compagnia vivissimi riconoscimenti.Questa, per sommi capi, la trama della

commedia del Chinnici che per l’occa-

sione si è avvalsa della regia sempre misu-rata di Angela Pagano: “In una tipicafamiglia paesana, Gaetano ha continueincomprensioni e scaramucce con lamoglieRosalia, laquale esasperataper ilcattivoandamentoeconomicodella fami-glia, escogita un espediente per far rico-noscere e accettare la pensione di inva-

liditàalmarito.Gaetano, fannullone e...manda tuttoamonte. Poichébrama tan-tissimoper la comare, pur di continuarea vederla si finge gay, solo che...”.

Questi, invece, i personaggi e gli inter-preti di “Maritu ‘mputenti... Cummarifitenti”:

Gaetano: Salvatore Martello;Rusulia:Anna Maria Cattano; Angiluzzo: VittorioBasile; ‘Nzula: Rita Pocina; Vincenzu:Salvatore Mandragona; Petru: SalvatoreGuascone; Dottore: Filadelfo Greco;Minica: Maria Inserra; Carmela: RosaPagano.

Suggeritrici: Angela Pagano e PinucciaGreco;

Scene a curadiEnzo Ossino e di PippoCaponetto;

Aiuto Regista: Pinuccia Greco.

Tra il pubblico è stata notata anchela presenza del grande attore comico len-tinese, il maestro Enzo Ferraro (Pre-mio copertina “Leontìnoi oggi”, anno2010 ) che si è complimentato, alla fine,con tutti i protagonisti della bella com-media.

Via R. Morandi, 3 - Carlentini (SR)Tel. 095 901766

Editore e direttore responsabileGianni Cannone

Autorizzazione del Tribunale di Siracusan. 19 dell’11 novembre 2005

Realizzazione: G&G Stampa - Siracusa

Rappresentata al Teatro Manzitto dall’Associazione “Dance Harmony” una commedia di Rocco Chinnici

Lentinesi con il teatro nel sangueI complimenti del maestro Enzo Ferraro

Compagnia Teatrale“Dance Harmony”

Da sinistra in piedi:Angela Pagano,

Maria Concetta Inserra,Annamaria Cattano,

Pinuccia Greco,Rosetta Pagano,

Rita Pocina,Salvatore Martello.

Da sinistra in basso:Salvatore Guascone,

SalvatoreMandragona,Filadelfo Greco,Vittorio Basile

segue da pag. 7 Applausi veri per “I lupi alla luna”del poeta leontino Pippo Cardello

“quadri e frammenti”, dice lo stesso autore,da cui “emerge il filo di un racconto, unamatassa che prende forma e colori attra-verso i versi ad incastro che ognuno potràlegare con le sue congiunzioni e ritro-vare intatte le proprie certezze e le pro-prie angosce. Perché, in fondo, patri-monio, o fardello, comune”.

“Le storie sono un balsamo - scriveClarissa Pinkola Estes, psicanalista jun-ghiana e cantadora che ha scritto un librostupendo sul valore terapeutico dellestorie, - hanno un tale potere: non ci chie-dono di fare, essere, agire, basta ascol-tare (...) sono disseminate di istruzioniche ci guidano nella complessità dellavita”.

Anche le storie di Cardello sono unbalsamo, e non già perché, come si è giàdetto, dentro quella “matassa” ognunopuò riconoscere le proprie angosce o leproprie certezze, quanto perché, grazie

alle parole lievi ma profonde ognuno dinoi si ritrova bambino, seduto per terrain uno dei tanti austeri cortiletti male illu-minati, a bocca aperta, ad aspettare cheil viaggio ricominci.

Dentro la prestigiosa parentesi di raf-finata ambientazioneculturale appartenenteal mondo infinito e irrequieto, legato alMaestro Pippo Cardello, lentinese purosangue, applausi convinti sono stati anchequelli registrati a favore della notissima“Compagnia d’Encelado Superbo”. Hapresentato tutta l’impegnativa manife-stazione con lineare bravura il giornalistaSilvio Breci.

Di gran pregio storico è il giudizio cheha dato del Nostro lo scrittore siciliano diprimaria grandezza italica, VincenzoConsolo: “Le faccio i miei più sincericomplimenti: dai Normanni ai paladini,da Lorca a Pessoa, da Kerouac a Borges,

è un viaggionella profonditàdellanostracultura, nellamemoria dei nostri grandipoeti che illuminano il passato e il pre-sente e dai quali ho ricevuto lo stimoloper nuove creazioni”.

Ci piace, infine, ascoltare l’immensoRenzino Barbera le cui sensazioni vivifi-canti sono un atto d’amore pieno versotutto ciò che è Pippo Cardello: “GiuseppeCaro, la tua è una Sicilia senza tempo,come in effetti lei è, è una Sicilia vera,autentica, e non ‘usata’, ‘violentata’come purtroppo è stato in quest’ultimotrentennio. Mi piace la musicalità che ègià nei versi, che si offrono già melodiaallamelodia. Emipiacequesta tua radiceaffondata in una terra antica, capacedi fornire linfaal giovane fiorire di nuoveemozioni. Ma il fiore più profondo èquello del tuo amore verso la comunemadre terra”. Sic est.

Rubrica di indovinelli siciliani di Liliana Failla