Leonardo Boff sul Venerdì 13 9 13

3
13 SETTEMBRE 2013 30 NOME FOTOGRAFO/ AGENZIA , 13 SETTEMBRE 2013 31 ro a Rio, invitato ad aprire una giornata di lavori degli analisti junghiani in Brasile. Per iniziare il discorso, tor- mentavo il cartoncino col programma, quando al mio occhio è apparso il passato: la giornata precedente era stata aperta da Leonardo Bo. Il predicatore della Teologia della Liberazione, maestro della mia e di altre gioventù. Cosa fa in un congresso di psicoanalisti? È lui, mi dicono. Ha parlato della dea Madre Terra. Cura la traduzione brasiliana delle Opere di Jung. Bo già lo leggeva quasi mezzo secolo fa. Fin da allora, l’inconscio collet- tivo, l’idea che riti e miti non siano solo da interpretare per poi buttarli nelle discariche della modernità, sono diventati una piatta- forma della sua teologia. Oltre alla questione sociale, lo impegnano oggi la catastrofe ambientale e la sopravvivenza delle culture indie. Cultore di religioni e miti dei nativi, Bo li indica non solo come fratelli, ma come modelli per il recupero di un rispetto sacro per la Grande Madre universale: la Pacha Mama, i cui diritti sono inclusi nelle nuove costituzioni indigeniste di Ecuador e Bolivia. Un culto che Occidente e Cristianesimo hanno dimenticato. Saputo questo, mi sono messo in testa che Leonardo Bo doveva diventare Membro Ono- rario dell’associazione mondiale degli analisti junghiani. L’assemblea internazionale doveva approvarlo. Avevo qualche timore. Settecento analisti, molti giovani: lo conosceranno? Fra quelli più conservatori ci saranno obiezioni verso un frate francescano uscito dalla Chiesa e sposato? Tutti si sono alzati in piedi come un uomo solo, con un applauso rimbombante. Più che un voto per acclamazione, un entusiasmo calcistico. Per quanto maestro globale, Bo non è un guru: piuttosto un narratore e un mistico mo- derno. La sua parola riunisce la semplicità e la chiarezza del predicatore a una sterminata cultura di umanista, di teologo, di antropologo. E esteri VOLVER DOPO IL VIAGGIO IN BRASILE DI BERGOGLIO E LE VOCI CHE DANNO PER IMMINENTE IN VATICANO UN RIPENSAMENTO SULLA TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE, PARLA UNO DEI SUOI TEORICI, Leonardo Boff. CHE DICE: «CON IL NUOVO PAPA HO FINALMENTE RITROVATO LA MIA CHIESA» Con Francesco torno a casa Nella foto grande, Leonardo Bo (Concordia, 1938). Qui sopra, papa Bergoglio. Sono entrambi di origine italiana NOME FOTOGRAFO/ AGENZIA di Luigi Zoja

description

 

Transcript of Leonardo Boff sul Venerdì 13 9 13

Page 1: Leonardo Boff sul Venerdì 13 9 13

1 3 S E T T E M B R E 2 0 1 330

NO

ME

FOTO

GR

AFO

/ A

GE

NZI

A

durxo,

1 3 S E T T E M B R E 2 0 1 3 31

ro a Rio, invitato ad aprire una giornata di lavori degli analisti junghiani in Brasile. Per iniziare il discorso, tor-mentavo il cartoncino col programma, quando al mio occhio è apparso il passato: la giornata precedente era

stata aperta da Leonardo Bo!. Il predicatore della Teologia della Liberazione, maestro della mia e di altre gioventù. Cosa fa in un congresso di psicoanalisti? È lui, mi dicono. Ha parlato della dea Madre Terra. Cura la traduzione brasiliana delle Opere di Jung. Bo! già lo leggeva quasi mezzo secolo fa. Fin da allora, l’inconscio collet-tivo, l’idea che riti e miti non siano solo da interpretare per poi buttarli nelle discariche della modernità, sono diventati una piatta-forma della sua teologia. Oltre alla questione sociale, lo impegnano oggi la catastrofe ambientale e la sopravvivenza delle culture indie. Cultore di religioni e miti dei nativi, Bo! li indica non solo come fratelli, ma come modelli per il recupero di un rispetto sacro per la Grande Madre universale: la Pacha Mama, i cui diritti sono inclusi nelle nuove costituzioni indigeniste di Ecuador e Bolivia. Un culto che Occidente e Cristianesimo hanno dimenticato.

Saputo questo, mi sono messo in testa che Leonardo Bo! doveva diventare Membro Ono-rario dell’associazione mondiale degli analisti junghiani. L’assemblea internazionale doveva approvarlo. Avevo qualche timore. Settecento analisti, molti giovani: lo conosceranno? Fra quelli più conservatori ci saranno obiezioni verso un frate francescano uscito dalla Chiesa e sposato? Tutti si sono alzati in piedi come un uomo solo, con un applauso rimbombante. Più che un voto per acclamazione, un entusiasmo calcistico.

Per quanto maestro globale, Bo! non è un guru: piuttosto un narratore e un mistico mo-derno. La sua parola riunisce la semplicità e la chiarezza del predicatore a una sterminata cultura di umanista, di teologo, di antropologo.

E

esteriVOLVER

DOPO IL VIAGGIO IN BRASILE DI BERGOGLIO E LE VOCI CHE DANNO PER IMMINENTE IN VATICANO UN RIPENSAMENTO SULLA TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE, PARLA UNO DEI SUOI TEORICI, Leonardo Boff. CHE DICE: «CON IL NUOVO PAPA HO FINALMENTE RITROVATO LA MIA CHIESA»

Con Francescotorno a casa

Nella foto grande, Leonardo Bo!

(Concordia, 1938). Qui sopra, papa Bergoglio.

Sono entrambi di origine italiana

NO

ME

FOTO

GR

AFO

/ A

GE

NZI

A

di Luigi Zoja

Page 2: Leonardo Boff sul Venerdì 13 9 13

1 3 S E T T E M B R E 2 0 1 332

esteriVOLVER

Ma oggi è inevitabile rivolgergli una do-manda. Cosa pensa del nuovo papa? È entusia-sta della elezione di Bergoglio. La sente come doppiamente sua: latino-americano, e france-scano onorario per il nome. Un papa che ha scelto di chiamarsi Francesco scolpisce nel suo programma la questione sociale e quella ecologica. Dopo due millenni romano-centrici la Chiesa ha sobbalzato. Bergoglio è conserva-tore in dottrina. Ma ci sono novità importanti. In questi giorni persino L’Osservatore Romano accosta il pensiero di Gustavo Gutierrez, fon-datore della Teologia della Liberazione, e quel-lo di Gerhard Ludwig Müller, allievo di Ratzin-ger e suo successore a capo della Congrega-zione per la Dottrina, cioè guardiano del dogma: un legame di questo gene-re può esser stato prodotto solo in parte nei pochi mesi del nuovo pontificato. La strada gli deve es-ser stata aperta già da Ratzinger.

«Il papa non parla di Teologia della Liberazione: ma ne adotta il metodo, l’ispirazione, lo stile. Del resto, più che una teoria, quella era ed è l’indicazione di un cam-mino coerente con i principî cri-stiani». Oggi a Bo! è su"ciente comunicare col papa attraverso comuni conoscenze. Si esprime

senza amarezza né vittimismi, con balzi viva-ci degli occhi e degli argomenti, col sorriso saggio e la mano forte del contadino veneto che impugna un sacro bicchiere di rosso.

Non si sente solo. Non è soltanto un fatto statistico (la moglie Marcia ha sei figli e diver-si nipoti). È religiosità. «Il contrario della reli-gione» ripete «non è l’ateismo: è la solitudine. Re-ligo vuol dire legare, creare legami». Bo! illumina spesso le idee risalendo alle radici della parola e comparandole ai loro opposti: non a caso, le bipolarità sono anche la lana con cui è tessuta la psicologia di Jung. Come nella psicologia, anche nella cultura, o nel binomio corpo e spirito, in quello maschile e femminile, si ha squilibrio quando un polo opprime l’altro.

«Da sempre» dice «la Chiesa si compone di Chiesa della istituzione e Chiesa della libe-razione». Ne era convinto fin da quando, nel 1971, con la sua tesi di laurea piantò il segnavia di un percorso teologico nuovo e radicale. Qui rivalutava già i miti delle popolazioni indigene e legava (ancora re-ligo) la liberazione spiritua-le a quella dalla povertà e dall’oppressione.

Il più noto ammiratore di quel complesso scritto si chiamava Josef Ratzinger. Il futuro, riservatissimo papa, da quel momento riversò tempo ed energie nelle discussioni con Leo-nardo Bo!, che lo ricambiava. E che anche più tardi, quando le loro strade si contrapposero, non si sentì tradito dall’uomo, ma solo dalle istituzioni che il teologo tedesco gli antepose.

Uno dei discorsi più commoventi che ho sentito da Bo! è la descrizione della persona-lità di questo avversario. Ero con lui insieme a molte persone, seduti ai tavoli sparsi di una terrazza brasiliana. «Se fosse qui prendereb-be il suo ca!è e si siederebbe lì da solo» diceva indicando una sedia appartata «guardando dentro alla tazza». «A Monaco la vita di Ratzinger come arcivescovo era dura. È un uomo troppo timido e sensibile per a!rontare un numeroso contraddittorio. Preferiva la-sciare indicazioni scritte. Ma molti dei parro-ci si sentivano tagliati fuori, e lo sfidarono».

Naturalmente i ricordi di Bo! non si limi-

Dal dialogo tra lo psicoanalista Luigi Zoja (a sinistra) e il teologo Leonardo Bo! (nella foto di Federico Palmarini) nascerà un libro per Chiarelettere all’inizio del 2014. Di Bo! è appena uscito Al cuore del cristianesimo (ediz. EMI)

Settembre 2007. Papa Benedetto XVI ride per una folata di vento che gli scompiglia l’abito durante l’Angelus, nel corso della sua visita a Vienna

RO

BE

RT

JAE

GE

R/C

OR

BIS

1 3 S E T T E M B R E 2 0 1 3 33

T ra i commenti con i quali la stampa latinoamericana, durante il suo sog-giorno a Rio de Janeiro, ha accompagnato i gesti e le parole di papa Francesco un’opinione era tanto generale quanto ferma: la Curia Roma-

na è quella struttura designata ad aiutare il Ponte!ce, invece lo frena e lo con-trasta. Forse, anche per questo, sull’aereo che lo riportava a Roma, papa Bergo-glio ha speso più di qualche parola per elogiare «i curiali di un tempo», ancora presenti ma non preponderanti nelle strutture vaticane attuali. Non a caso per la successione al cardinale Tarcisio Bertone sono circolati soprattutto i nomi del cardinale Giuseppe Bertello e dell’arcivescovo Piero Parolin. Due diplomatici cer-

tamente ascrivibili tra quei «curiali di un tempo» che hanno ancora memoria dei fasti, anche morali, che la diplomazia vati-cana viveva !no a due decenni fa, prima che nel !rmamento della stessa cessassero di brillare le stelle. Probabilmente, pro-prio il buio in cui è stata tenuta a lungo la diplomazia ponti!cia ha fatto sì che, sette anni fa, il cardinale Tarcisio Bertone, benché non appartenesse alla carriera diplomatica, venisse chiamato ai vertici della segreteria di stato. Nella sua prima dichiarazione dopo la nomina, il porporato invitava tutti a ritrovare una «con-divisa obbedienza» che, poche settimane fa, ha ammesso di avere trovato in una squadra di collaboratori straordinari, dopo averla però faticosamente districata tra un cumulo «di corvi e di vipere». Non se ne parla molto, vista la proverbiale discrezione dei «curiali di un tempo», ma durante gli ultimi tre anni, sono stati una ventina gli appartenenti al servizio diplomatico rispe-diti nelle loro diocesi. L’ultimo caso, che si trascinava dal 2006 grazie alla protezione di un potente cardinale latinoamericano e

alla vergognosa complicità di carrieristi con o senza tonaca, è stato risolto sen-za ulteriori indugi da papa Bergoglio, appena ne ha preso conoscenza. Il 23 luglio, arrivato a Rio de Janeiro, papa Francesco ha incontrato a lungo il cardinale sale-siano honduregno Oscar Maradiaga, coordinatore del gruppo di otto cardinali scelti come consiglieri dal papa. È lui la fonte delle uniche due notizie trapelate da quel colloquio. La prima: appena giunto nella città brasiliana, il Ponte!ce ha inviato un suo collaboratore ad acquistare in libreria l’ultimo libro di Leonardo Bo", intitolato Francesco di Assisi e Francesco di Roma. Una nuova primavera nella Chiesa. La seconda, il porporato arcivescovo di Tegucigalpa l’ha così rias-sunta: «In passato alcuni prendevano delle decisioni che papa Francesco, inve-ce, vuole prendere nelle sue mani. Qualcuno non è molto contento… ma io pen-so che, alla !ne, andremo avanti con gioia». Per il momento, il ritorno dei «vec-chi curiali» come Piero Parolin sta di"ondendo una tanto celata quanto di"usa paura nelle stanze del potere ponti!cio, dentro e fuori le mura leonine. Per rive-dere la gioia tra le mura vaticane, forse bisognerà ancora attendere.

di Filippo Di Giacomo

E intanto procede la rivoluzione di papa Bergoglio

ILCOMMENTO

tano a questa immedesimazione psicologica. All’inizio degli anni 80 Ratzinger fu chiamato a Roma da papa Wojtyla, che ne fece il custo-de dell’ortodossia. La sua ricerca si divise de-finitivamente da quella del teologo brasiliano. Con la distanza, le di!erenze confluirono nel dogma. Bo! fu convocato dal Brasile a Roma per chiarimenti sui suoi scritti. Rispose che proprio in quel giorno doveva partecipare a una assemblea di prostitute: cioè «di quelle persone emarginate – precisò con riferimenti al Vangelo – cui il cristiano deve dare la prece-denza». Ratzinger, guardiano dello spirito, accettò l’incontro dopo le lavoratrici del corpo.

Ma spesso i conflitti grandi finiscono coll’essere più vasti ancora degli uomini mae-stosi che li impersonano. «La vita in Vaticano» ricorda «imbeve di un enzima romano che se-mina impercettibilmente rassegnazione e di"denza». Bo! e Ratzinger si stimavano e forse si amavano: ma anche i sentimenti gran-di hanno un potere piccolo di fronte alle maree della geografia e della storia. Secondo Bo!, Benedetto XVI è capace di pensieri forti, ma è impregnato da Sant’Agostino, e impaurito dal loro possibile dispiego ottimista. Ognuno di noi, anche un papa, è la propria geografia e la propria storia. Wojtyla è quasi mezzo seco-lo di Repubblica Popolare polacca che oppri-me il popolo sotto lo stivale sovietico: inevita-bile che stroncasse la Teologia della Libera-zione per una possibile contiguità con il mar-xismo. Ratzinger è l’adolescente timido sotto la tirannide nazista, che – racconta ancora Bo! con rispetto – ad Auschwitz cade in gi-nocchio e, con storicismo tedesco, si immerge in una responsabilità collettiva chiedendo ad alta voce a Dio come ha potuto permetterla.

Anche Leonardo Bo! è se stesso, nella propria geografia e nella propria storia. Ha un ineguagliabile senso del lavoro collettivo, ma insieme una immensa capacità di prose-guire nel suo impegno quando è costretto alla solitudine: anche in questo senso, sa te-nere insieme i poli contrapposti. Così, è so-pravvissuto alla rottura con Roma conti-nuando a sentirsi cattolico e francescano.

I suoi nonni sono tutti emigrati in Brasile un secolo fa dalla provincia di Belluno. Leonar-do nacque nel 1938. Durante la Seconda Guer-ra Mondiale, un gruppo di famiglie italiane si spostò dalla costa verso una zona vergine dell’interno, presso la città di Concordia.

L’arcivescovo Pietro Parolin: dal prossimo

15 ottobre sarà il nuovo segretario

di Stato della Santa Sede, al posto

di Tarcisio Bertone

Page 3: Leonardo Boff sul Venerdì 13 9 13

sezioneTESTATINA

35

Il padre, Mansueto – che aveva undici figli – era straordinariamente colto, per esser stato in seminario dai gesuiti. La terra veniva rega-lata dal governo, in cambio lui doveva aprire una scuola e insegnare; fare il giudice; occu-parsi della sanità con un prontuario; presie-dere all’edilizia con un manuale di architettu-ra. Comunque, le case restavano in piedi, e così la sua società transoceanica di veneti.

Intorno, polacchi e tedeschi, anche loro intenti a disboscare la foresta. Nessun brasi-liano. Si parlava un dialetto delle valli bellune-si, che Leonardo ancora conosce meglio di un filologo. Anche il cibo quotidiano era fuori dal tempo e dallo spazio: polenta e osei. Solo, gli uccelli erano molto più grandi. I bambini face-vano fatica, sputando il becco dei pappagalli o rosicchiando quello dei tucani. Il fine settima-na, gli uomini andavano a caccia: non solo di selvaggina, anche di indigeni. Lo sterminio non soltanto non era vietato: in diverse regio-ni si riceveva una taglia consegnando l’orec-chio di un nativo. Mansueto non poteva arre-stare una pratica universale: ma la condanna-va anche se era solo.

La società in cui Leonardo è diventato uo-mo era in sostanza la stessa famiglia: gruppo che viveva e cresceva in una religiosità com-pleta, fusione di millenaria pietà contadina e di comunione mistica con la immensa natura. Questa, tutto intorno, aveva prodotto la spiri-tualità e la intatta sensibilità ecologica degli indigeni: partecipazione animista che rende oggi attualissime molte culture sudamerica-ne, e che a sua volta si incideva nell’animo di Leonardo, come una danza del destino che lo stava portando fra le braccia di Francesco, il santo della comunione con la natura.

Infatti un giorno, anche fra quelle comu-nità disperse passò un messaggero del mondo: «Chi vuole farsi frate alzi la mano». La curiosità e la consapevolezza che quella era l’occasione per istruirsi, resero il suo braccio quasi autonomo. «Bene. Passerà un camion a raccogliervi».

Mentre il padre era celeste, la madre era terrestre, pratica, quasi analfabeta. Solo molto tempo più tardi, dopo la morte del marito, chiese a Leonardo: «Ma tu, che da tanto sei prete, quante volte hai visto Dio?». L’ir-riducibile teologo provò qualche

imbarazzo: «Dio è spirito, mamma, non credo di averlo mai visto». La madre non nascose sorpresa e delusione. «Non l’avrei mai imma-ginato» rispose con profonda tristezza. «Io la sera guardo l’orizzonte e lo vedo passare. Se aspetto, dopo un po’ passa anche tuo padre».

Fermarci solo sul peso teologico di questo autore porterebbe però fuori strada. La sua influenza è anche politica. Una importante iniziativa globale - nata nell’ambito delle Na-zioni Unite, ma che vive di esistenza autono-ma - è la Earth Charter (Carta della Terra). L’organizzazione aggiorna sui pericoli del pianeta. Fra scienziati e altri intellettuali, i tre al nucleo dell’impegno sono il filantropo e fi-nanziere buddista Steven Rockefeller, l’ex-premier sovietico Michail Gorbaciov e Leo-nardo Bo!. Quest’ultimo, però, non è solo un ausiliario nella elegante confezione di rap-porti sulla degenerazione del pianeta. È di-ventato amico di scienziati come James Lo-velock e Fritjof Capra, che sono anche filoso-fi e umanisti: il dialogo con loro produce una nuova cultura. Se si di!ondesse, fermare il deterioramento del pianeta diventerebbe fi-

nalmente compito comune dei po-poli e sarebbe realizzabile.

Bo! sottolinea che, se l’ecologia continuerà a esser soltanto un pro-blema tecnico e profano, una solu-zione complessiva giungerebbe solo con un recupero del sacro: che in-cluda il rispetto ancestrale per la

Terra dea madre degli indigeni e la fusione commossa di Francesco con la natura.

Nel cinismo finanziario che ci circonda, questa resurrezione di sensibilità non sembra vicina. Forse, stiamo già precipitando dal grat-tacielo della modernità: ma ancora non c’è stato lo sfracellarsi al suolo. Bo! non si tappa le orecchie di fronte a chi, come Michail Gor-baciov, ritiene che probabilmente il punto di non ritorno sia già stato passato. In pochissi-mo tempo, noi umani abbiamo fatto sparire più specie viventi di tutte le precedenti epo-che: perché Dio – o la vita, a seconda della prospettiva – dovrebbe impedire l’estinzione dell’uomo? Intanto, come aveva imparato in famiglia, Leonardo Bo! continua a credere a quello in cui è giusto credere. Se non i miraco-li, del resto, ha visto cose incredibili. Alla Teo-logia della Liberazione erano state spennate le ali, non distrutti i semi. Questi in Brasile hanno superato la dittatura dei militari, poi germogliato nel sindacalismo, che a sua volta ha preso forme in Parlamento e un giorno ha eletto Lula, un lavoratore manuale come Gesù. Un presidente né santo né perfetto, ma che in soli otto anni ha tolto quaranta milioni di cit-tadini dalla povertà; e che, addirittura con l’approvazione delle classi alte, ha reso il Bra-sile l’unico Paese in cui nel nuovo secolo le di!erenze sociali sono diminuite. Seminare serve, anche quando non si è in Vaticano o in politica a raccoglierne frutti diretti. Luigi Zoja

esteriVOLVER

lle 21 di oggi, al Circolo dei let-tori di Torino (via Bogino 9), il teologo Leonardo Boff incon-trerà lo psicoanalista italiano

Luigi Zoja, per l’anteprima di Torino Spiri-tualità. La manifestazione, giunta alla sua nona edizione, si svolgerà poi dal 25 al 29 settembre, e sarà dedicata al Valore della scelta. Ideato e diretto da Antonella Parigi, metterà in campo cinque giorni di dialoghi, lezioni e letture con oltre 100 incontri. Il cammino del pubblico sarà accompagnato da !loso!, teologi, storici, scrittori, artisti, scienziati, personalità della politica e dell’economia, 130 voci da tutto il mondo

per un grande confronto di idee, coscienze, culture e religioni. Per gli eventi a pagamento c’è una biglietteria online: www.to-

rinospiritualita.org. Oppure la biglietteria il Circolo dei lettori.

A

«Quante volte hai visto Dio?» gli chiese la madre. «Non credo di averlo mai visto» rispose

STASERAL’INCONTROTRA ANIMA

E PSICHE