LENIN: ÒME M ORIA IM PERITURA A E NGE L S, GRANDE CO … · 13 agosto 1945, Opere scelte, vol. 4,...

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Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XXXVIII - N. 31 - 7 agosto 2014 Per risvegliare il popolo Il risveglio politico del popolo non è una cosa facile. Per eliminare le idee errate diffuse fra il popolo, dobbiamo fare seri e considerevoli sforzi. (Mao, La situazione e la nostra politica dopo la vittoria nella guerra di Resistenza contro il Giappone, 13 agosto 1945, Opere scelte, vol. 4, pp. 15-16) 1895 - 5 Agosto – 2014. 119° Anniversario della scomparsa del grande Maestro del proletariato internazionale e cofondatore del socialismo scientifico LENIN: “MEMORIA IMPERITURA A ENGELS, GRANDE COMBATTENTE E MAESTRO DEL PROLETARIATO” Engels a Londra nell’estate 1888 Dopo le ultime tragedie nel canale di Sicilia BASTA CON LA STRAGE DI MIGRANTI. L’UE E L’ITALIA APRANO LE FRONTIERE RISOLUZIONE DELLA CELLULA “VINCENZO FALZARANO” DI FUCECCHIO DEL PMLI SUL RAPPORTO DI SCUDERI AL CC DEL PARTITO Lo sviluppo del PMLI non dipende da “Il Bolscevico” cartaceo ma dal successo della sua linea politica e dal radicamento sociale AttuiAmo iL RAppoRto di ScudERi chE ci invitA ALL’unità E ci SpRonA ALLA LottA IL BERLUSCONI DEMOCRISTIANO RENZI ATTACCA IL DIRITTO ALLA SALUTE PER LE MASSE POPOLARI IL “PATTO PER LA SALUTE” DEL GOVERNO RENZI E’ UN DURO COLPO ALLA SANITA’ PUBBLICA nE tRARRà EnoRmi pRofitti LA boRghESiA in cAmiciA nERA Sul salario orario minimo PAGG. 8-9 PAGG. 4-5 PAG. 3 PAG. 2 PAG. 12

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Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XXXVIII - N. 31 - 7 agosto 2014

Per risvegliare il popoloIl risveglio politico del popolo non è una cosa facile. Per

eliminare le idee errate diffuse fra il popolo, dobbiamo fare seri e considerevoli sforzi.

(Mao, La situazione e la nostra politica dopo la vittoria nella guerra di Resistenza contro il Giappone, 13 agosto 1945, Opere scelte, vol. 4, pp. 15-16)

1895 - 5 Agosto – 2014. 119° Anniversario della scomparsa del grande Maestro del

proletariato internazionale e cofondatore del socialismo scientifico

LENIN: “MEMORIA IMPERITURA A ENGELS, GRANDE COMBATTENTE

E MAESTRO DEL PROLETARIATO”

Engels a Londra

nell’estate 1888

Dopo le ultime tragedie nel canale di Sicilia

BASTA CON LA STRAGE DI MIGRANTI. L’UE E L’ITALIA

APRANO LE FRONTIERE

RISOLUZIONE DELLA CELLULA “VINCENZO FALZARANO” DI FUCECCHIO DEL PMLI SUL RAPPORTO DI SCUDERI AL CC DEL PARTITO

Lo sviluppo del PMLI non dipende da “Il Bolscevico” cartaceo

ma dal successo della sua linea politica e dal radicamento sociale

AttuiAmo iL RAppoRto di ScudERi chE ci invitA ALL’unità E ci SpRonA ALLA LottA

IL BERLUSCONI DEMOCRISTIANO RENZI ATTACCA IL DIRITTO ALLA SALUTE PER LE MASSE POPOLARI

IL “PATTO PER LA SALUTE” DEL GOVERNO RENZI E’ UN DURO COLPO ALLA SANITA’ PUBBLICA

nE tRARRà EnoRmi pRofitti LA boRghESiA in cAmiciA nERA

Sul salario orario minimo

PAGG. 8-9

PAGG. 4-5 PAG. 3

PAG. 2 PAG. 12

2 il bolscevico / interni N. 31 - 7 agosto 2014

Dopo le ultime tragedie nel canale di Sicilia

BASTA CON LA STRAGE DI MIGRANTI L’UE E L’ITALIA APRANO LE FRONTIERE

Il 19 luglio una nuova terribile strage è avvenuta nel canale di Si-cilia: in un barcone alla deriva stra-carico di centinaia di fuggiaschi e soccorso da una nave mercan-tile danese e da motovedette della Guardia costiera italiana, sono sta-ti rinvenuti 30 cadaveri sottocoper-ta, tra cui donne e bambini, proba-bilmente asfissiati dalle esalazioni del motore o schiacciati dalla calca infernale. Si pensa inoltre che altri 180 siano finiti in mare e annegati, poiché secondo i racconti dei su-perstiti il barcone era partito dalle coste libiche con 750 persone a bor-do, e ne sono state salvate solo 569. Alcuni superstiti sono stati arresta-ti perché in base alle testimonian-ze c’è l’agghiacciante sospetto che si siano macchiati di atroci delitti, respingendo ed uccidendo a basto-nate e coltellate quanti cercavano di salire in coperta per salvarsi e get-tando a mare altri migranti per pau-ra del rovesciamento della barca.

Questa nuova strage segue di pochi giorni un’altra quasi uguale, avvenuta al largo di Pozzallo (Ra-gusa), quando a bordo di un altro barcone stracarico furono rinve-nuti 45 cadaveri di migranti morti per asfissia, “accatastati - secondo la terribile descrizione di un soc-corritore - l’uno sull’altro come in una fossa comune che ricorda Au-schwitz”. Negli ultimi mesi diverse altre tragedie simili si erano verifi-cate sempre nello stesso braccio di mare, come quella del 13 maggio scorso con l’affondamento di un barcone e 17 morti, tra cui 12 don-ne e due bambini e circa un cen-tinaio di annegati, e quella ancor

più spaventosa del 3 ottobre 2013, quando nel naufragio di un barcone annegarono 360 migranti.

E questo per citare solo alcuni tra i più recenti episodi della stra-ge di migranti che da anni sta fu-nestando le nostre coste meridio-nali. Una strage infinita destinata ad aggravarsi spaventosamente, se i governi dell’Italia e della UE continueranno con la loro crimina-le politica di indifferenza nei con-fronti del grave problema dei rifu-giati in fuga da guerre e carestie, che sono sempre più in aumento, e di respingimento o incarcerazione come clandestini dei migranti che cercano la salvezza e una vita mi-gliore nei paesi europei.

Come si può fingere di ignora-re e trattare come un problema di ordine pubblico o militare un fe-nomeno che ha raggiunto così va-ste dimensioni ed è in continuo aumento come quello delle mi-grazioni dal Sud del Mediterraneo verso l’Italia e altri paesi europei? L’anno scorso gli sbarchi sulle co-ste italiane furono quasi 43 mila, con 700 morti, e nei soli primi sette mesi di quest’anno gli sbarchi sono già arrivati a più di 84 mila, con al-tre centinaia e centinaia di morti. È evidente che questo aumento è an-che conseguenza dei nuovi conflit-ti, persecuzioni e violenze che im-perversano in Medio Oriente e in Africa, come in Siria, Egitto, Libia, Eritrea, Somalia e nei paesi del-la fascia sub sahariana, a cui ora si aggiungono anche le stragi sioniste a Gaza e in Cisgiordania.

Sono i paesi imperialisti che ra-pinano, sfruttano e affamano que-

sti popoli, anche intervenendo mi-litarmente in maniera diretta e fomentando guerre civili e conflit-ti interetnici, per perseguire i loro sporchi interessi neocolonialisti ed egemonici, come dimostra il caso lampante dell’aggressione militare alla Libia da parte degli Usa e di diversi Stati europei, tra cui anche l’Italia. Gli stessi paesi imperialisti che poi si rifiutano di accogliere e discriminano e trattano come paria i profughi e i migranti che la fame e le guerre spingono a rischiare la vita sui barconi della morte.

Vergognoso scaricabarile

Italia-UE Dal 2000 al 2013 sono 23 mila i

migranti morti nel tentativo di rag-

giungere i paesi europei via mare o via terra, di cui solo la metà sono ammessi dalle cifre ufficiali. E quella del canale di Sicilia è una delle rotte più frequentate e perico-lose di questa gigantesca migrazio-ne. Questo tratto di mare è diventa-to un orribile cimitero marino che ha già inghiottito 8 mila migranti nel solo periodo dal 2000 al 2013, di cui ben 6.400 periti nel tentativo di raggiungere Lampedusa.

Sono cifre spaventose, raccolte da organizzazioni umanitarie inter-nazionali che però le autorità italia-ne ed europee fingono di ignorare e non riconoscono ufficialmente. Il governo italiano e la UE si rimpal-lano le responsabilità con un vergo-gnoso scaricabarile e nel frattempo le stragi continuano e i supersti-ti vengono o respinti direttamen-te o ammassati nei Centri di iden-

tificazione ed espulsione che sono dei veri e propri lager dove i mi-granti sono detenuti in condizioni bestiali: come nel famigerato Cie di Lampedusa, recentemente ria-perto per ragioni di “emergenza” nonostante fosse stato chiuso dopo lo scandalo dei migranti sottopo-sti nudi a lavaggi con idranti quale “trattamento contro la scabbia”.

Il governo italiano dà la colpa alla UE, che lo lascerebbe da solo a fronteggiare l’ondata di migranti che cercano di raggiungere le no-stre coste: “Dobbiamo discutere e cercare più risorse per Frontex Plus, ma il problema dell’immigrazione va risolto alla radice”, ha dichiarato Renzi dal Mozambico alla notizia della nuova strage di migranti nel canale di Sicilia. Parole ipocrite, perché il nuovo Berlusconi si guar-da bene dall’ammettere che l’unico modo per risolvere il problema del-le continue stragi di migranti è di aprire le frontiere; ed anche perché lo stesso direttore del programma europeo Frontex, creato nel 2004 per monitorare i flussi migrato-ri verso l’Europa, se ne è lavato le mani dichiarando che l’agenzia non ha né la mansione specifica, né le risorse umane ed economiche per gestire il problema: cioè, non è un problema di destinargli più risor-se, ma proprio che il Frontex non è stato creato affatto per soccorrere i profughi e i migranti.

L’unica soluzione è aprire le frontiereDa sempre il PMLI, come è

scritto nel suo Programma d’azio-ne, sostiene l’apertura delle fron-tiere italiane ed europee ai rifugia-ti e ai migranti come l’unico modo per evitare le stragi e permettere il loro ingresso libero e sicuro in Italia e in Europa. Questa coscien-za comincia a farsi sempre più strada anche tra le organizzazioni umanitarie internazionali: “Piutto-sto che scoraggiare chi è in stato di bisogno, l’approccio preventivo dell’Ue sta mettendo vite umane in pericolo. Non importa quanto sa-ranno alti i nostri muri, le perso-ne cercheranno sempre di scappa-re dai conflitti e dalla povertà”, ha dichiarato infatti Nicolas Berger, direttore dell’ufficio di Amnesty International presso le istituzio-ni europee. Sottolineando anche che è “essenziale aprire canali si-curi d’ingresso in Europa per i ri-fugiati. Questo può essere fatto attraverso un più alto numero di reinsediamenti, l’incremento dei programmi di ammissione umani-taria e facilitando le riunificazioni familiari”.

Oltre all’apertura delle frontie-re ai migranti, per il PMLI sono necessarie e urgenti però altre mi-sure, a cominciare dalla chiusura di tutti gli inumani lager per mi-granti (Cie), l’abolizione definiti-va e completa del reato di immi-grazione clandestina, la sanatoria generalizzata per tutti i migranti senza permesso di soggiorno, la parità di diritti sociali, civili e po-litici per tutti i migranti e il diritto di cittadinanza ai figli di immigrati nati nel nostro Paese.

DENUNCIA DELLA RETE PER IL DISARMO

L’Italia prima fornitrice di armi di IsraeleLe responsabilità dei governi

italiani, fino a quello del Berlusconi democristiano Renzi, nell’oppres-sione, persecuzione e genocidio del popolo palestinese sono molto gra-vi e ripetute nel tempo: l’appoggio politico e il criminale e omertoso si-lenzio davanti al massacro perpetra-to nelle ultime settimane dallo Stato nazista e sionista d’Israele si som-mano ai lucrosi affari dei potenti si-gnori delle armi italiani, protetti dai diversi accordi commerciali inter-corsi fra i due Stati che posizionano l’Italia come primo Paese fornitore di armi Ue di Israele

I dati dell’Osservatorio Perma-nente sulle Armi Leggere e Poli-tiche di Sicurezza e Difesa (Opal, associazione Onlus nata nel 2004, promossa da diverse realtà dell’as-sociazionismo bresciano e nazio-nale) documentano affari grondan-ti sangue: l’Italia supera Francia e Germania messe insieme nell’ex-port di armi verso Israele, anzi, da sola quasi eguaglia Francia, Ger-mania e Regno Unito.

“Si tratta - spiega Giorgio Beret-ta, analista dell’Opal - di oltre 470 milioni di euro di autorizzazioni per l’esportazione di sistemi militari ri-lasciate nel 2012 (dati del XV Rap-porto UE sul controllo delle attrez-zature militari) ed oltre 21 milioni di dollari di armi leggere vendute dal 2008 al 2012 (dati Comtrade)”. In percentuale, oltre il 41% degli armamenti regolarmente esportati dall’Europa verso Israele sono ita-liani. Secondo l’Osservatorio, solo

negli ultimi tre anni si parla di 3,4 milioni di euro, a cui vanno aggiun-ti oltre 11,2 milioni di armi legge-re non militari (difesa personale, sport, caccia), prodotte ed esportate per l’82% (cioè 9,2 milioni di euro) dal solo distretto di produzione bel-lica di Brescia e Val Trompia. Tra le imprese coinvolte vi sono Simmel Difesa, Beretta, Northrop Grum-man Italia, Galileo Avionica, Oto Melara ed Elettronica spa.

“Nel maggio 2005, durante il terzo governo Berlusconi – conti-nua Beretta – l’Italia ha ratificato un ‘Accordo generale di coopera-zione tra Italia e Israele nel setto-re militare e della difesa’. che defi-nisce la cornice della cooperazione militare in diversi aspetti (misu-re gli scambi nella produzione di armi, trasferimento di tecnologie, formazione ed addestramento, ma-novre militari congiunte e ‘peace keeping‘), ma l’intento principa-le è quello di facilitare la collabo-razione dell’industria per la dife-sa italiana con quella israeliana. A tale accordo ne ha fatto seguito un altro: si tratta dell’accordo firmato nel 2012, durante il governo Mon-ti, per la fornitura ad Israele di ve-livoli per l’addestramento al volo e dei relativi sistemi operativi di controllo del volo, ed all’Italia di un sistema satellitare ottico ad alta risoluzione per l’osservazione del-la Terra (OPTSAT -3000) e di sot-tosistemi di comunicazione con

standard Nato per alcuni velivoli dell’AMI”.

Quindi, l’Italia “non solo espor-ta ma anche importa armi da Israele, che negli ultimi due anni hanno su-perato il valore complessivo di 50,7 milioni di euro, la qual cosa ne fa il quarto fornitore del nostro ministero della Difesa”, conclude Beretta.

Di fronte a queste cifre la Rete Italiana Disarmo, che raggruppa le principali organizzazioni italiane impegnate sui temi del disarmo e del controllo degli armamenti, con un appello chiede che “Il governo italiano sospenda immediatamen-te l’invio di armi e sistemi milita-ri a Israele e si faccia promotore di una simile misura presso l’Unione

europea”.L’ultimo esempio in ordine di

tempo della lucrosa “collaborazio-ne strategica” Italia-Israele risale a pochi giorni fa: durante il genoci-dio nazista nella striscia di Gaza, il gruppo italiano Alenia-Aermacchi (gruppo Finmeccanica) consegna-va a Tel Aviv due M-346: “due ae-rei addestratori – spiega Francesco Vignarca, coordinatore nazionale di Rete Disarmo – e come tali sono stati venduti e acquistati, ma sap-piamo dalle loro schede tecniche che possono essere anche configu-rati come bombardieri leggeri”. La consegna dei due velivoli è la pri-ma trance di una commessa di 30 aerei frutto dell’accordo sopra cita-

to del 2005.“Risulta quindi fondata e con-

creta la preoccupazione che ma-teriale d’armamento prodotto nel nostro Paese possa contribuire a rendere ancora più grave la situa-zione di un conflitto pluri-decen-nale e mai rimarginato - continua l’appello -. Tutto ciò avviene in aperto contrasto con la nostra le-gislazione relativa all’export di ar-mamenti, che prevede (proprio nel suo primo articolo fondamentale della legge 185/90.) l’impossibi-lità di fornire armamenti a Paesi in stato di conflitto armato o i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni inter-nazionali in materia di diritti uma-

ni, accertate dai competenti organi delle Nazioni Unite, dell’UE o del Consiglio d’Europa, e attribuisce al Ministero degli Esteri la facoltà di decisione sulle esportazioni di ar-mamenti (tramite l’UAMA, Unità per le autorizzazioni dei materiali d’armamento)”.

Infine, la Rete chiede al Mini-stro Federica Mogherini “una de-cisione veloce e chiara in merito alla fornitura degli M346, che im-pedisca agli armamenti italiani di rendersi complici in futuro di atti di guerra e di violazione dei diritti umani di popolazioni già duramen-te colpite da decenni di conflitto”.

Ma cosa ci possiamo aspettare da Renzi e Mogherini e dall’inte-ro governo neofascista e imperiali-sta con indosso elmetto e camicia nera, macchiata dal rosso sangue innocente palestinese, che avalla tali accordi e “rispetta” lucrosi e milionari accordi invece della vita e la sopravvivenza di un intero po-polo? L’Italia è corresponsabile col governo nazista di Tel Aviv della strage perpetrata ai danni del po-polo palestinese e insieme agli al-tri esponenti politici europei non si distingue dai carnefici di cui arma le mani.

È necessario pretendere dal go-verno Renzi che ritiri subito ogni appoggio militare e politico ad Israele per fermare l’invasione di Gaza e il genocidio del popolo pa-lestinese. Al bando i criminali go-vernanti sionisti, stracciamo gli ac-cordi militari e commerciali.

Anche armi italiane nel genocidio sionista a Gaza

Scicli (Ragusa), 30 luglio 2014. Le tragiche immagini dell’ultima strage di mi-granti. I corpi dei 14 migranti annegati mentre tentavano di raggiungere a nuoto la riva dopo che il barcone si era arenato

Un esempio delle ampie forniture di armi di vario tipo fornite ad Israele. Durante la recente prima offensiva contro Gaza, il gruppo italiano Alenia-Aermacchi (gruppo Finmeccanica) ha consegnato a Tel Aviv due M-346, come aerei da addestra-mento  ma  configurabili  come  velivoli  da  attacco  a  terra.  Questa  è  la  prima  trance  di  una  commessa  di  30  aerei    che  rientra  nell’accordo di cooperazione militare siglato nel 2005 sotto il governo Berlusconi e rinnovato con un secondo accordo il 19 luglio 2012 con il governo Monti

N. 31 - 7 agosto 2014 lotta sindacale / il bolscevico 3

SUL SALARIO ORARIO MINIMOIl salario minimo è la paga,

generalmente oraria, sotto la qua-le la retribuzione di un lavorato-re non può scendere, ed è l’ar-gomento di cui ci occupiamo in quest’articolo non va confu-so col “reddito di cittadinanza”, che consiste in una cifra di dena-ro uguale per tutti i cittadini indi-pendentemente se lavorano o no; e nemmeno col “reddito minimo garantito”, che prevede un sussi-dio per tutti coloro che sono in età lavorativa e non hanno trova-to o hanno perso il lavoro, o sono precariamente occupati.

L’Italia è uno dei pochi paesi dove il salario minimo non esi-VWH�H�¿QR�D�RUD�O¶DUJRPHQWR�VROR�raramente ha assunto l’“onore” delle cronache. Ultimamente se ne è parlato in relazione al refe-rendum che si è svolto in Svizze-ra e alla formazione dell’attuale governo della Merkel. Anche se diversi movimenti, specie preca-ri, ne parlano da anni, nel 2009 è stata presentata una legge di ini-ziativa popolare.

Il salario minimo nel mondo

Nella Confederazione elveti-ca alcuni sindacati e partiti po-litici avevano proposto una paga

oraria minima di 22 franchi sviz-zeri pari a oltre 18 euro lordi l’o-ra per un mensile di circa 3.200 euro. L’introduzione del salario minimo è stato bocciata: nono-stante il carissimo costo della vita elvetico, la cifra proposta ci fa capire come i salari in Ita-lia, specie quelli più bassi, siano veramente inaccettabili e si tro-vino agli ultimi posti in Euro-pa. Un Paese dove invece entre-rà in vigore, ma solo dal 2015, a 8,50 euro l’ora, è la Germa-nia. Questo è il frutto dell’ac-cordo tra i maggiori partiti te-deschi, i socialdemocratici della SPD e la Cdu/Csu della Mer-NHO��/D�&RQ¿QGXVWULD�WHGHVFD�KD�però ottenuto una lunga serie di eccezioni: non sarà applicato ai disoccupati di lunga durata, a chi ha meno di 18 anni e agli ap-prendisti, ai lavoratori stagiona-li, a chi distribuisce giornali, a chi fa un tirocinio obbligatorio.

Sono comunque tanti i Pae-si in cui vige il salario minimo, ovviamente con cifre diverse ma anche con sistemi di calcolo dif-ferenti a seconda degli Stati. Il più alto è in Lussemburgo con 11 euro l’ora, in Francia 9,53, nel Regno Unito 8 euro ma so-pra i 21 anni, paghe minori per i più giovani, 9,46 in Australia. Ci-fre nettamente minori negli Usa

con 5,38 euro l’ora, in Spagna con 2,40 euro, il più basso di tut-ti in Bulgaria con 90 centesimi sempre intesi come lordi. La ci-fra è importante ma non bisogna dimenticare anche il contesto; ad esempio negli Stati Uniti la con-trattazione collettiva, sopratutto a livello nazionale, è quasi inesi-stente, ed è generalmente debole in tutti i paesi anglosassoni, quin-di ci sono pochi altri metodi per pattuire un salario. È invece più HI¿FDFH�QHL�SDHVL�HXURSHL��D�SDU-tire da quello economicamente più forte, la Germania. In Fran-cia molte regole del lavoro, sala-ri e orari compresi, sono stabilite per legge, che seguono le vicende sociali. Ad esempio è legge l’ora-rio di 35 ore ma è anche vero che la legislazione negli ultimi anni, seguendo il generale attacco alle condizioni dei lavoratori, ha pre-so una piega peggiorativa.

La situazione italiana

L’Italia entra a tutti gli effet-ti tra i Paesi dove è la contratta-zione collettiva a stabilire l’enti-tà dei salari attraverso i Contratti nazionali di categoria (CCNL), integrati da quelli aziendali, al-meno nelle aziende più gran-

di. Potremmo dire che in Ita-lia il salario minimo è sostituito dal minimo sindacale inserito nel CCNL, differenziato per ogni ca-tegoria. La deregolamentazione del mercato del lavoro però crea sempre più interi settori di lavo-ratori non coperti (ad esempio pensiamo ai lavoratori a proget-to) e inoltre ci sono sempre più aziende come la Fiat che non ri-conoscono la contrattazione na-zionale.

Storicamente i maggiori sin-dacati italiani - Cgil, Cisl e Uil - sono sempre stati contrari a una legge sul salario minimo, le mo-tivazioni sono molteplici: la con-trattazione collettiva tra le “parti sociali” viene comunque consi-derata come la più “giusta” ed ef-¿FDFH��3RL�FL�VRQR�L� WLPRUL�FKH�L�sindacati vengano espropriati del loro ruolo di rappresentanza, ma-gari attraverso un rapporto diret-to tra governo e lavoratori, come ha fatto ad esempio Renzi elar-gendo l’elemosina di 80 euro con piglio presidenzialista e sen-za consultare i sindacati. Il se-gretario della Cisl Bonanni affer-PD�FKH�LO�´VDODULR�PLQLPR�¿VVDWR�dallo stato esisteva in URSS”. Secondo la Cisl spingerebbe tutte le retribuzioni al ribasso e fareb-EH�¿RULUH� WDQWL�FRQWUDWWL�D]LHQGD-li a discapito di quelli nazionali e

di conseguenza anche lo spezzet-tamento dei sindacati e la nascita di una miriade di organizzazioni aziendali.

Stessa posizione assume la Uil e la maggioranza della Cgil, fa-vorevole invece la minoranza che si riconosce nella rete 28 Aprile e i sindacati non confederali. An-che da sinistra non mancano cri-tiche, si accusa il salario minimo di legalizzare il supersfruttamen-to e il lavoro nero. Sono tutti dub-bi che hanno un qualche fonda-mento, accresciuti dal fatto che anche il Jobs Act di Renzi accen-na, seppur vagamente, al salario minimo orario per legge e il mi-nistro dell’economia Morando ne ha recentemente parlato con fa-vore.

Salario minimo come tutela aggiuntivaTuttavia questi timori non

mettono in dubbio il fatto che il salario minimo orario per legge possa mettere un limite alle pa-ghe da fame che interessano set-tori sempre più ampi di lavora-tori. Le statistiche calcolano nel 13% la percentuale dei lavorato-ri non coperti dalla contrattazio-ne collettiva. Ma ci sono anche contratti come quelli delle colla-boratrici domestiche che con un salario minimo degno di questo nome sarebbero già al di sotto e fuorilegge. Per questo noi marxi-sti-leninisti ci eprimiamo a favo-re di un salario minimo pur con-sapevoli che questo non vuol dire per i lavoratori percepire un sa-lario “giusto”. Il capitalista non potrà mai rinunciare alla quota di plusvalore garantitogli dalla forza-lavoro, nemmeno sui sala-UL� SL�� DOWL�� ¿JXULDPRFL� VX� TXHOOL�minimi.

Per noi lo scopo deve esse-re quello d’impedire che in cer-ti ambiti di lavoro, generalmen-WH� TXHOOL� PHQR� TXDOL¿FDWL�� GRYH�sono impiegati spesso giovani, donne e immigrati possano tran-quillamente esistere dei salari inaccettabili. Com’è evidente a tutti la precarietà, la crisi, la li-beralizzazione del “mercato del lavoro”, il proliferare di contrat-ti atipici, basti pensare ai soci

ODYRUDWRUL� GHOOH� ¿QWH� FRRSHUDWL-ve, stanno creando una situazio-ne nuova con salari pochi anni fa impensabili a cui bisogna mette-re un freno al loro ribasso. Sicu-ramente il governo non la vede in questo modo. La proposta del ministro Morando intende il sa-lario minimo come sostituto del contratto nazionale, saltando alla contrattazione aziendale dove con l’articolo 8 si può derogare non solo gli accordi nazionali ma anche la legge.

Il PMLI intende il salario mi-nimo regolato per legge una tu-tela aggiuntiva, da sommare alla centralità del contratto naziona-le e non in sua sostituzione, più la contrattazione di secondo li-vello (aziendale), non intendia-mo copiare modelli anglosas-soni o di altri Paesi. Pure la sua monetarizzazione è importante perché una cifra tipo quella spa-gnola (2/3 euro lordi l’ora) non servirebbe a nulla perché già al di sotto di qualsiasi basso sala-rio. Inevitabilmente deve esse-readeguato annualmente al costo GHOOD�YLWD�DOWULPHQWL�q� LQHI¿FDFH��Deve essere esteso a tutte le ca-tegorie di lavoratori e tipologie contrattuali, pubbliche e priva-te, perché se si fanno eccezioni DOOD�¿QH�SURSULR�FRORUR�FKH�KDQ-no più bisogno del salario mini-mo rimarrebbero nuovamente e beffardamente esclusi. Nessun contratto di lavoro può essere sti-pulato con una retribuzione infe-riore al salario minimo stabilito per legge.

Siamo materialisti e per noi il motore che fa smuovere la so-cietà rimane comunque la lotta di classe. Se la classe operaia è consapevole della propria forza e lotta con vigore è evidente che il salario subirà un innalzamen-to. Se invece è sulla difensiva e si trova sotto l’attacco della bor-ghesia, oltretutto in un momento di crisi economica del capitali-smo, irrimediabilmente i lavora-tori s’impoveriscono e le retribu-zioni di tutti, anche quelle medie e “alte”, scivolano verso il basso, come del resto stanno dimostran-do i fatti. E questo avviene che ci sia o non ci sia il salario minimo per legge.

LA POLITICA ANTIOPERAIA DI MARCHIONNE A NOLA

Il giudice lo reintegra e la Fiat lo rilicenzia

L’arroganza del padronato non conosce limiti: è accaduto alla Fiat di Nola dove il giudice del la-voro del Tribunale di Nola Federi-ca Salvatore ha reintegrato l’ope-raio Mimmo Mignano, ma la Fiat lo ha comunque nuovamente li-cenziato facendo così carta strac-cia anche di una sentenza.

Il provvedimento aveva stabi-lito infatti che il licenziamento di un lavoratore è un provvedimen-to disciplinare sproporzionato nel caso di una manifestazione di ca-rattere politico, peraltro svolta in PRGR�SDFL¿FR��DQFKH�TXDQGR�O¶L-niziativa si consuma nei luoghi di proprietà dell’azienda: era proprio questo che aveva fatto Mignano, cinquantenne leader dei Cobas e fondatore del Comitato di lotta cassintegrati e licenziati nella Fiat di Pomigliano.

La sentenza dispone il reinte-gro immediato di Mignano negli organici dello stabilimento della Panda e il pagamento da parte del Lingotto dei salari arretrati oltre alla rivalutazione monetaria, agli interessi legali e al versamento dei contributi assistenziali e pre-videnziali.

L’azienda diretta da Marchion-

ne ha comunque fatto sapere che non farà rientrare Mignano in fab-brica perché l’attivista Cobas è stato nel frattempo colpito da un altro licenziamento - commina-to a giugno quando ancora non si conosceva l’esito della causa di lavoro decisa con la sentenza menzionata - successivo a quello deciso il 20 novembre del 2007 dopo che Mignano, da Rsu Cobas dello stabilimento di Pomigliano, aveva compiuto il 7 novembre del 2007 una clamorosa manifesta-]LRQH� QHOOD� ¿OLDOH� GL� 1DSROL� GHO�Lingotto, al corso Meridionale.

In quella occasione l’operaio, insieme a una ventina di persone, aveva organizzato un sit-in di pro-testa con striscioni e megafoni per contestare direttamente la politi-ca antioperaia di Marchionne, e quest’ultimo lo ha punito con il li-cenziamento. A nulla è servita nel procedimento giudiziario succes-sivo la difesa della Fiat la quale sosteneva che l’evento avesse un carattere denigratorio, aggressivo e violento, in quanto il magistra-to ha accolto la tesi dell’opera-io scrivendo nella sentenza che i fatti “si sono svolti nell’ambito di una normale dialettica sindacale e

senza alcuna particolare carica of-fensiva e aggressiva ”.

Ma ormai la Fiat, lo si è visto con l’esclusione della Fiom dalle sue fabbriche, vuole farla da pa-drona non solo con gli operai ma anche con quei magistrati del la-voro che difendono i diritti della classe operaia e quando ha capito

che la sentenza sarebbe a lei stata favorevole ha nuovamente licen-ziato Mignano agli inizi di giugno prendendo il pretesto di una mani-festazione svolta pochi giorni pri-ma davanti ai cancelli della Fiat e organizzata, per conto dei Cobas, ancora da Mignano.

Rapporto dell’Istituto superiore di sanità

ALTISSIMA LA MORTALITÀ INFANTILE INTORNO ALL’ILVA DI TARANTO

Uno studio dell’Istituto supe-riore di sanità ha attestato che la mortalità infantile attorno all’Il-va di Taranto è di gran lunga su-periore che nel resto d’Italia: i bambini si ammalano e vengono ricoverati più spesso a causa dei tumori.

Nella città di Taranto la mor-talità infantile complessivamen-te registrata è maggiore del 21% rispetto alla media regionale pu-gliese, con un eccesso di inciden-za di tutti i tumori nella fascia pediatrica da 0 a 14 anni pari al 54%, mentre nel primo anno di vita l’eccesso di mortalità per tut-te le cause è del 20%.

Anche il tasso di ospedalizza-zione dei minori di Taranto è su-periore del 17% rispetto al tasso

nazionale.Per un gruppo di malattie di

origine perinatale, iniziate cioè durante la gravidanza, l’aumento della mortalità è invece del 45%.

L’Istituto superiore di sani-tà non ha dubbi che le esalazioni del complesso industriale dell’Il-va abbiano una parte importan-te nell’aumento di patologie gra-vi: tumori ai polmoni, tumori del mesotelioma della pleura, malat-tie dell’apparato respiratorio, ma-lattie respiratorie acute, malattie respiratorie croniche.

Tali malattie sono meno inva-sive e meglio curabili negli adulti rispetto a quanto non lo siano nei bambini e negli adolescenti, i qua-li hanno un metabolismo corporeo molto più accelerato.

Ai lettoriInformiamo le nostre lettrici e i nostri lettori che, a causa del-

la pausa estiva, il prossimo numero de Il Bolscevico uscirà mer-coledì 3 settembre.

4 il bolscevico / “patto per la salute” N. 31 - 7 agosto 2014

IL BERLUSCONI DEMOCRISTIANO RENZI ATTACCA IL DIRITTO ALLA SALUTE PER LE MASSE POPOLARI

Il “patto per la salute” del governo Renzi è un duro colpo

alla sanità pubblicaNe trarrà eNormi profitti la borghesia iN camicia Nera

APPOGGIAMO LE 4 DELIBERE DI INIZIATIVA POPOLARE A ROMA

Si chiama “DeLiberiamo

Roma” la campagna cittadina

che in 3 mesi ha quasi raggiunto

le 40 mila firme a sostegno delle

quattro delibere proposte per far

ripartire Roma dal basso. Un’ini-

ziativa aperta a tutti i romani che

lottano per un modello diverso di

gestione della capitale.

DeLiberiamo Roma nasce

dalla coalizione di diverse asso-

ciazioni, quali Coordinamento

Romano Acqua Pubblica, rete

Patrimonio Comune, Comitato

art. 33 Roma e Forum per una

nuova finanza pubblica e socia-

le Roma. È dall’unione di que-

ste varie realtà popolari di lotta,

attive da anni sul territorio che

si è giunti a quest’azione comu-

ne sui quattro punti cardine: ac-

qua, scuola, finanza e patrimo-

nio.

Quattro delibere nate e pro-

mosse attivamente dal basso per

la ripubblicizzazione dell’acqua

in rispetto del referendum, la di-

fesa e la rivalorizzazione della

scuola pubblica, la finanza so-

ciale e il recupero e il riutilizzo

del patrimonio pubblico abban-

donato per finalità sociali.

Il 21 luglio scorso sono sta-

te depositate al Campidoglio 37

mila firme per le quattro pro-

poste di DeLiberiamo Roma,

in ottemperanza agli articoli 8

e 10 dello Statuto di Roma Ca-

pitale che aprono ai cittadini

la possibilità di presentare in-

terpellanze e delibere alla stre-

gua del Consiglio Comunale. È

chiaro che dal Campidoglio i

possibili esiti di approvazione

dell’iniziativa saranno tutti da

verificare.

Resta di fondamentale im-

portanza come però questa cam-

pagna abbia avuto una linfa

popolare e combattiva che sicu-

ramente porterà a nuove e più

estese lotte che vedranno la piaz-

za come luogo naturale.

La Cellula “Rivoluzione

d’Ottobre” di Roma del PMLI

appoggia le quattro delibere di

iniziativa popolare, continuando

a lottare insieme ai movimenti

popolari che hanno attivato que-

sta grande raccolta di firme, ul-

tima la manifestazione del mese

scorso con le rosse bandiere del

PMLI in piazza per l’acqua pub-

blica e la riqualifica del patrimo-

nio pubblico.

Queste quattro delibere si

pongono in contrapposizione al

decreto Salva Roma. Una larga

voce alternativa che lotta per una

città che forse mai come negli

ultimi anni ha conosciuto solo la

svendita ai privati del patrimo-

nio pubblico, la corruzione nel-

le aziende municipali e l’appal-

tamento dei servizi pubblici, che

ha portato a qualche esiguo ri-

sparmio la gestione del Comune

ma ha condannato al precariato

i lavoratori di settori importan-

ti come quello dei trasporti e dei

rifiuti, nonché a un abbassamen-

to di qualità del servizio, con il

cicloecologista Marino che non

si preoccupa di come sia com-

plicato spostarsi fisicamente da

un punto ad un altro di Roma o

di come la raccolta dei rifiuti sia

insufficiente e in definitiva sen-

za obiettivi di rispetto ambienta-

le. Mentre continuano a ingras-

sare e spadroneggiare i grandi

signori delle costruzioni, le ma-

fie e i fascisti che spesso si ri-

trovano a banchettare allo stesso

tavolo e negli stessi uffici comu-

nali.

Col “patto per la salute” del

Berlusconi democristiano Renzi

e della ministra Beatrice Lorenzin

(già Forza Italia, ora appartenen-

te al Nuovo Centro Destra neofa-

scista di Alfano) viene duramente

colpita la sanità pubblica e univer-

sale e, nella sua previsione trien-

nale 2014-2016, vengono poste le

basi per il nuovo modello di sa-

nità della seconda repubblica ne-

ofascista, presidenzialista, pidu-

ista, federalista e razzista. Varato

in pompa magna nei giorni scor-

si il “patto” è stato approvato sen-

za opposizione alcuna, segno del-

lo stato avanzato in cui si trova

il nero disegno piduista di “rifor-

me”, nella conferenza Stato-Re-

gioni del 10 luglio scorso.

Punto di partenza di ogni anali-

si materialista non può che essere

il marxismo-leninismo-pensiero

di Mao che, come brillantemen-

te sintetizzato dal compagno Gio-

vanni Scuderi, è al contempo tele-

scopio e microscopio per una vera

analisi di classe. Il marxismo-leni-

nismo-pensiero di Mao è uno stru-

mento invincibile e fondamentale

per non arenarci mai in concezioni

idealistiche, metafisiche e sogget-

tivistiche che portano solo acqua

al mulino dell’ideologia borghese.

Nello studio di una riforma co-

stituzionale di una legge, di un de-

creto o di un semplice provvedi-

mento del sindaco di un piccolo

comune non bisogna mai perdere

di vista la natura di classe di que-

sto atto. Come era solito ripetere

Mao: “la lotta di classe è l’asse attorno a cui ruota tutto il re-sto”. Una riforma, una legge o

una istituzione politica non sono

mai neutre. Non piovono dal cie-

lo. Esse nascono in un determina-

to sistema economico e sono pro-

dotte della classe che detiene il

potere politico. La domanda fon-

damentale per ogni vero marxista-

leninista, nel solco degli insegna-

menti di Mao, è: “Quale classe detiene il potere?”. La borghe-

sia ha la proprietà ed il controllo

dei mezzi di produzione e impone

la propria ideologia di classe do-

minante. Con il dominio della so-

vrastruttura statale ed istituziona-

le controlla la struttura economica

mantenendo così il proprio giogo

sulle altre classi. Lo Stato borghe-

se, dobbiamo averlo sempre bene

in mente, altro non è che uno stru-

mento di oppressione del prole-

tariato e delle masse popolari. In

questo preciso contesto dobbiamo

inserire la nostra analisi sul “patto

per la salute”, un nero disegno pi-

duista imposto alle masse popolari

dalla classe dominante borghese.

Il sistema sanitario nazionale e le

controriforme che lo hanno affossato

Il sistema sanitario naziona-

le (SSN) in Italia è stato istituito

con la legge n. 883 del dicembre

del 1978, frutto anche e soprattut-

to delle grandi lotte operaie e stu-

dentesche del ’68-69 per il diritto

alla salute. Esso ha rappresentato

un compromesso tra gli interes-

si del capitalismo monopolistico

di Stato e della classe dominan-

te borghese e le masse popolari

in lotta dirette dai revisionisti. Ai

molti e altisonanti diritti formali,

proclamati dallo Stato borghese

nella legge 883 in tema di salute

quali l’uguaglianza degli assisti-

ti nei confronti del servizio e la

partecipazione dei cittadini, non

seguirono mai dei veri fatti con-

creti. Come ebbe a chiarire En-

gels lo Stato borghese inganna le

masse assumendo le sembianze di

arbitro neutrale solo in determina-

te contingenze: “Eccezionalmen-

te vi sono periodi in cui le clas-si in lotta hanno forze pressoché eguali, cosicché il potere statale, in qualità di apparente mediato-re, momentaneamente acquista una certa autonomia di fronte ad entrambe’’.

Le difficoltà frapposte dallo

Stato borghese a una piena affer-

mazione del SSN non tardarono

ad arrivare. La riforma venne su-

bito affossata dall’organizzazione

gerarchica, clientelare e superspe-

cialistica delle facoltà di medici-

na e degli ospedali che non venne

scalfita dalla “riforma sanitaria”.

Il cuore del sistema medico bor-

ghese continuò a pompare ovun-

que il suo sangue reazionario at-

traverso i suoi ambasciatori: i

baroni della sanità, i primari, fun-

zionari e i manager, formati e se-

lezionati ideologicamente ac-

curatamente a sua immagine e

somiglianza. La “riforma” non ri-

solveva e non poteva risolvere la

crescente incapacità della scienza

medicina borghese di soddisfare

il bisogno di salute della popola-

zione, rinchiusa come era dentro

un sistema economico capitalista,

che inevitabilmente continuava a

considerare i lavoratori una mer-

ce, e la merce forza-lavoro come

la fonte di ogni profitto. Le cor-

rotte istituzioni borghesi utiliz-

zarono da subito il SSN come un

mero apparato burocratico in cui

collocare, in posizioni lavorative

privilegiate, la propria clientela e

come bancomat di denaro pubbli-

co da utilizzare per corruzione e

fondi neri. Come ebbe ad afferma-

re Engels: “Nella repubblica de-mocratica la ricchezza esercita il suo potere (…) in primo luo-go con la corruzione diretta dei funzionari, in secondo luogo con l’alleanza tra governo e la bor-sa”. Vergognosi privilegi, corru-

zione dei funzionari quali organi

del potere statale, tangentopoli e

sanitopoli hanno pienamente con-

fermato, ancora una volta, che la

società capitalistica è corrotta fino

al midollo.

Le ambizioni imperialistiche

della classe dominante borghese

di entrare in Europa hanno impo-

sto, con i rigidi parametri di Ma-

astricht, la necessità di tagliare la

spesa sanitaria. A partire dagli ini-

zi degli anni Novanta le controri-

forme si sono succedute ad onda-

te. Con esse sono state ridotte le

risorse della sanità pubblica, favo-

rendo nel contempo la più ben lu-

firenze, 22 gennaio 2013. presidio davanti all’ospedale di careggi

N. 31 - 7 agosto 2014 “patto per la salute” / il bolscevico 5crativa sanità privata, a tutto van-taggio della borghesia in camicia nera che la gestisce. Con il dlgs 502 del 1992, del corrotto e plu-ri-inquisito ministro della sani-tà De Lorenzo, ha preso avvio la regionalizzazione e il progressi-vo smantellamento del SSN con la trasformazione delle unità sani-tarie locali (USL), i cardini terri-toriali del SSN, in vere e proprie aziende (ASL) condotte da spre-giudicati manager nominati di-rettamente dalle regioni. Paralle-lamente alla trasformazione del SSN si è aperta la competizione del pubblico con le aziende pri-vate, queste ultime ben foraggia-te con soldi pubblici dai politican-ti borghesi.

Con la scusa del debito pubbli-co le leggi finanziarie che si sono succedute hanno operato continui tagli alla spesa per la sanità pub-blica mentre hanno previsto laute prebende alle strutture private che, forti dei finanziamenti pubblici, sono diventate un fertile terreno per i pescecani capitalisti. Con il dlgs 229 del 1999, ministro della sanità Rosy Bindi, si è verificato un vero e proprio capovolgimen-to dei principi ispiratori della leg-ge 833 del ’78. Scardinato il SSN è stato creato un vero e proprio mercato delle prestazioni sanitarie a cui il cittadino, divenuto cliente, è tenuto a rivolgersi sulla base al proprio reddito. In questo contesto le strutture private hanno ottenuto l’accreditamento e la parificazio-ne con le strutture pubbliche.

I “patti per la salute”Con gli anni Duemila le nere

controriforme del SSN che si sono susseguite hanno assunto l’altiso-nante nome di “patti per la salute”. I “patti” sono degli accordi finan-ziari e programmatici tra il gover-no e le regioni, di valenza trien-nale, aventi per oggetto la spesa, la programmazione e la definizio-ne degli obiettivi. Essi sono fina-lizzati, questo l’intento ipocrita-mente proclamato, a migliorare la qualità dei servizi, a promuovere l’appropriatezza delle prestazio-ni e a garantire l’unitarietà del si-stema. Accordi bilaterali che de-vono fissare indirizzi, strategie, programmi ma anche individuare risorse e norme per garantire che il sistema funzioni e si adegui ai cambiamenti dei bisogni e della domanda di salute.

I “patti” hanno apportato radi-cali cambiamenti nel modo di fare politica sanitaria. Con essi il par-lamento, caratteristica della se-conda repubblica neofascista, è stato esautorato di molti temi e ambiti di intervento. I “patti”, sot-toscritti da due soggetti esecutivi e non legislativi come il governo e le giunte regionali, sono diven-tati sempre più delle scatole chiu-se confezionate ad arte dalla bor-ghesia in camicia nera e da oscuri potentati economici che hanno tut-to l’interesse ad affossare la sani-tà pubblica. Pacchetti da “prende-re o lasciare” sui quali non solo il parlamento ma anche tutti gli altri soggetti coinvolti nel pianeta sani-tà (professionisti, imprese, strut-ture sanitarie) non possono dire o fare nulla. Nella seconda repubbli-ca neofascista infatti le decisioni sono prese dal governo e gli orga-ni rappresentativi borghesi sono di fatto esautorati, ridotti sempre più a meri e fastidiosi orpelli. La poli-tica vera la fa la troika, le grandi banche e la borghesia imperialista e neofascista di cui i politici sono degli zelanti camerieri. Come di-ceva Lenin: “La potenza del ca-pitale è tutto, la Borsa è tutto, mentre il parlamento, le elezio-ni, sono un gioco da marionette, di pupazzi”.

I “patti per la salute” dei go-verni del neoduce Berlusconi sono

stati caratterizzati da un inaspri-mento in senso federalista nella direzione della totale autonomia delle regioni in materia di sanità. Devolution, deregulation, priva-tizzazione a tutto spiano e tagli: ecco quali sono gli obiettivi del-la borghesia in camicia nera! La sanità pubblica è stata falcidiata da tagli nell’ordine di miliardi di euro, gli ospedali più piccoli sono stati chiusi e i ticket a carico dei pazienti sono aumentati a dismi-sura. Il federalismo, anche in tema di sanità, si è rivelato nemico del proletariato e delle masse popola-ri. I finanziamenti alla sanità sono stati diversificati tra regione e re-gione e, in questo ambito, le più penalizzate sono state le regioni meridionali. Il risultato è stato una frammentazione del sistema sani-tario in ventuno diversi sistemi, fortemente diversificati per quali-tà e prestazioni con un progressivo abbassamento dei “livelli essen-ziali di assistenza (LEA)” per i la-voratori e le masse popolari. Più di un secolo fa Engels, ha messo in guardia il proletariato contro i ri-schi rappresentati dal federalismo: “Gli operai debbono (…) lavora-re non soltanto per la repubblica una e indivisibile, ma anche, en-tro di essa, per una decisissima centralizzazione del potere nelle mani dello stato. Essi non deb-bono lasciarsi ingannare dalle chiacchiere democratiche sulla libertà dei comuni, sul governo locale autonomo, e così via”.

Il “patto per la salute”

del governo RenziIl “patto per la salute” Renzi-

Lorenzin non è che l’ennesimo passo verso il ridimensionamen-to e la privatizzazione della sanità pubblica e del SSN. Sarebbe sta-to sciocco aspettarsi il contrario. Come giustamente affermato dal compagno Scuderi, “Renzi è una reincarnazione moderna e tecno-logica di Mussolini e Berlusconi. Le sue “riforme” elettorali, istitu-zionali e costituzionali concorda-te con il neoduce Berlusconi sono golpiste, antidemocratiche e pidu-iste”. Il “patto” deve essere ana-lizzato entro questa precisa ottica marxista-leninista: un nero dise-gno di riforma avente lo scopo di colpire duramente la sanità pub-blica ed instaurare un nuovo mo-dello sanitario adatto agli interes-si della borghesia e dei potentati economici. Nel “patto” i tagli de-gli anni passati, in termini di ri-sorse e finanziamenti, vengono

pienamente confermati ed imple-mentati per il prossimo futuro. La spesa sanitaria prevista si contrae in quanto, nel prossimo triennio, non sono previsti neppure gli au-menti minimi necessari per co-prire l’inflazione. L’aumento dei finanziamenti, che passano dai 109.928 milioni di euro del 2014 ai 115.444 milioni di euro del 2016, (+0,05% in tre anni) è una vera presa in giro che il governo intende utilizzare per fare crede-re alle masse popolari che sulla sanità pubblica si riprende ad in-vestire! Questi effimeri finanzia-menti sono poi ancora meno di quello precedentemente stabili-to dal DEF a gennaio 2014. Ben 1,39 miliardi in meno nel 2015, e 2,119 miliardi nel 2016. Il “pat-to” contiene inoltre la clausola che tutti gli investimenti futuri sa-ranno comunque subordinati alle necessità di pareggio del bilancio dello Stato borghese. Il “patto” è quindi già ricoperto dalle nere nubi cariche di lacrime e sangue che si riverseranno, con le nuove manovre finanziarie, sulle masse popolari. Se la spesa sanitaria pre-vista si contrae aumentano invece gli apparati burocratici e politici per la gestione della spesa sanita-ria. Anche su questo preciso punto lo Stato borghese non smentisce davvero se stesso. Come ebbe ad affermare Lenin: “Il capitalismo monopolistico trasformatosi in capitalismo monopolistico di stato, mostra in modo partico-lare lo straordinario consolida-mento della macchina statale e l’inaudito accrescimento del suo apparato burocratico e militare per accentuare la repressione contro il proletariato”. Ancora Lenin disse che: “la burocrazia e l’esercito permanente sono dei parassiti sul corpo della società borghese, parassiti generati dal-le contraddizioni interne che di-laniano questa società, parassi-ti appunto che ne ostruiscono i pori vitali”. Il “patto” così ava-ro nel delineare i finanziamenti alla spesa sanitaria è invece mol-to prodigo nell’incremento degli apparati. Esso prevede ben tredi-ci organismi burocratici tra tavo-li, gruppi di lavoro, commissioni e cabine di regia. All’interno di ciascuno di essi, possiamo esser-ne certi, si scateneranno gli appe-titi dei corrotti partiti borghesi nel piazzare i propri uomini di fidu-cia. Mentre le masse languiscono nella fame e nella miseria la bor-ghesia si spartisce i fondi pubbli-ci stabilendo laute prebende per i sui servi. Questi organismi am-ministrativi, organismi stabiliti e

decisi direttamente dal governo e dalle giunte regionali, lavoreran-no ai restanti contenuti del “pat-to” escludendo di fatto, anche nel-le fasi successive, persino la più mera parvenza della tanto sban-dierata democrazia borghese.

Il “patto” segue la linea di quelli che lo hanno preceduto, una nera linea golpista, nella distruzio-ne dello Stato unitario borghese in favore delle molte realtà regiona-li, al fine di ingabbiare la lotta di classe, frammentarla e spezzettar-la sul territorio. Esso insiste sul fe-deralismo sanitario non dicendo nulla sui criteri di ripartizione, tra le regioni, dei fondi sanitari sem-pre più scarni. Inutile dire che ven-gono ribadite in più punti i princi-pi di contenimento della spesa, di performance e di misurazione dei servizi rapportandoli ai costi. Tale linea ha ricevuto l’immediato e in-condizionato plauso dei governa-tori regionali che, con esso, vedo-no la possibilità di ricevere nuove doti finanziarie da gestire in pie-na autonomia, totalmente svinco-lati da un controllo centrale unita-rio. Enormemente accresciute le funzioni di controllo e di ammi-nistrazione su ciò che resta del si-stema sanitario nazionale i capo-rioni regionali si sono lanciati in un tripudio di dichiarazioni alla stampa borghese. Il governatore fascio-leghista del Veneto, Luca Zaia, ha voluto sottolineare il fatto che il “patto” premia la virtuosi-tà delle regioni che contengono la spesa sanitaria e raggiungono alte performance nelle prestazioni sa-nitarie. Premi a chi taglia e riesce comunque a garantire i livelli mi-nimi di assistenza in una perversa gara al ribasso! Ancora più chiaro è stato l’assessore regionale all’e-conomia dell’Emilia-Romagna che afferma orgoglioso che la fu-tura ripartizione del fondo tra le regioni non lo preoccupa in quan-to una delle cose sancite nel “pat-to” è che il principio dei costi stan-dard (vale a dire l’appiattimento ai livelli minimi di spesa a discapito delle regioni più deboli ed in crisi) è intoccabile.

Il “patto” così preciso e det-tagliato nel colpire i diritti delle masse popolari in tema di salu-te pubblica rinvia, senza parlarne minimamente, questioni storiche sulle quali le masse attendeva-no una risposta immediata. Total-mente trascurati i LEA - livelli es-senziali di assistenza, in ambito delle prestazioni sanitarie, a cui il “patto” si limita a qualche generi-co quanto improbabile rimando. I LEA definiscono quei servizi mi-nimi che il SSN è tenuto ad eroga-

re a tutti, al fine di garantire un mi-nimo di uniformità di trattamento all’interno di quello che può esse-re definito lo “spezzatino regiona-le” della sanità. Ebbene, l’art. 10 del “patto” traccia delle mere li-nee guida che futuri accordi do-vranno recepire trascurando del tutto di definire standard di quali-tà. In questo campo pare inarresta-bile la corsa verso livelli minimi di prestazioni, a tutto vantaggio del-le strutture private che, con i sol-di pubblici, possono fornire ottime performance. A quale eccellenza, del resto, potrebbe vantare una sa-nità pubblica tagliata, frammenta-ta e lasciata in pasto alle corrotte giunte regionali? Anche per quan-to concerne l’assistenza ospeda-liera il “patto” non dice sostan-zialmente nulla se non rinviare, all’art. 3, a successivi accordi ed intese con le regioni. Addirittura non vengono poste scadenze per la definizione di un regolamento per garantire gli standard dei ser-vizi ospedalieri. All’art.14 viene rimandata a successivi accordi la definizione delle risorse per ga-rantire il funzionamento e la si-curezza delle strutture sanitarie di cura e di ricovero. Anche qui non viene stanziato un solo euro per i nostri fatiscenti ospedali che ver-sano in condizioni disastrose.

Il massimo dell’ipocrisia vie-ne raggiunto all’art. 22, quello relativo alla gestione e alla valo-rizzazione delle risorse umane. Il blocco del turnover viene confer-mato ed esteso fino al realizzarsi del piano di rientro per le regioni. Non viene stanziato un solo euro per il rinnovo dei contratti, bloc-cati dal 2009, mentre si sancisce la concreta volontà di valorizza-re le risorse umane, tutto questo però senza maggiori oneri a ca-rico della finanza pubblica! Con-tratti bloccati, assunzioni bloccate, ricambio bloccato… e il governo

golpista del nuovo Berlusconi e le corrotte giunte regionali hanno la faccia tosta di sottoscrivere un accordo dove si parla di valoriz-zazione delle risorse umane! L’i-pocrisia borghese non ha davvero alcun limite di decenza nel com-piere la sua nera opera!

Nel “patto” non viene detto nulla sulle nuove protesi, sugli au-sili, sulla continuità assistenziale dall’ospedale al domicilio. Nulla sull’alleggerimento dei ticket per gli indigenti, totalmente ignorate le questioni come tempi di attesa e gestione rischio clinico. Per al-tri aspetti quali la terapia del do-lore e le cure palliative, nonostan-te rappresentino una priorità nel semestre di presidenza italiano, è presente un solo richiamo relativo alla presenza di una figura medi-ca formata ed esperta sul tema del dolore. Di quale figura si parli è un mistero visto che non sono previ-sti specifici piani formativi e, an-che qui, nessun circostanziato in-vestimento.

Abbattere il governo Renzi e conquistare il socialismo per avere

il vero diritto alla sanità pubblica

Per impedire che il progetto di Renzi, un democristiano dalla vo-cazione autoritaria degna di Mus-solini, vada in porto è necessario costituire un fronte unito che si batta per la difesa del diritto alla salute gratuito e uguale per tutti e per una sanità pubblica, univer-sale, gratuita, gestita con la par-tecipazione diretta dei lavoratori e delle masse popolari. Tale sani-tà pubblica deve disporre di strut-ture capillari di prevenzione, dia-gnosi, cura e riabilitazione su tutto il territorio nazionale e deve esse-re finanziata dalla fiscalità gene-rale. Nella società capitalistica le contraddizioni tra capitale e lavo-ro, tra profitto e sfruttamento, tra diritto al profitto e diritto alla sa-lute, tra proletariato e borghesia, tra medicina borghese e medici-na proletaria, sono inconciliabili e non possono essere risolte. Posso-no esserci dei compromessi e fasi transitorie in cui le masse posso-no conquistare dei diritti ma essi, nel pantano del riformismo e del-la borghesia, sono effimeri e tran-sitori. È necessario che le masse lavoratrici e studentesche, gli in-fermieri, gli specializzandi, i ri-cercatori, i tecnici, gli operatori socio-sanitari, i medici più pro-gressisti e gli altri lavoratori della sanità costituiscano un unico fron-te di lotta con le masse popolari.

Occorre inoltre tenere bene a mente che l’unico modo con cui le contraddizioni del capitalismo possono essere definitivamente, risolte è con la conquista del pote-re politico da parte del proletaria-to, trasformatosi in classe per sé, e con la distruzione della macchina statale borghese e con essa di tutta la sua sovrastruttura politica e giu-ridica borghese.

Direttrice responsabile: MONICA MARTENGHIe-mail [email protected] Internet http://www.pmli.itRedazione centrale: via A. del Pollaiolo, 172/a - 50142 Firenze - Tel. e fax 055.5123164Iscritto al n. 2142 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze. Iscritto come giornale murale al n. 2820 del Registro della stampa del Tribunale di FirenzeEditore: PMLI

ISSN: 0392-3886 Associato all’USPIUnione StampaPeriodica Italiana

chiuso il 30/7/2014ore 16,00

praia a mare (cosenza), 20 luglio 2014. Una manifestazione in difesa dell’ospedale

6 il bolscevico / interni N. 31 - 7 agosto 2014

PER IL PIANO DI DISMISSIONE CHE COMPORTERÀ LA PERDITA DI 3.500 POSTI DI LAVORO

Gela in rivolta contro l’EniDura lotta degli operai con presìdi, picchetti e sciopero generale

PMLI: “CanCeLLare Le PrIvatIzzazIonI e rInazIonaLIzzare L’enI” �Dal nostro corrispondente della Sicilia

Sono in lotta dall’inizio di lu-glio gli operai del petrolchimico di Gela, da quando l’amministratore delegato della società a maggio-ranza dello Stato, Claudio De-scalzi, nominato nel maggio 2014 dal governo Renzi, ha annunciato la revoca di 700 milioni di investi-menti nell’impianto di Gela (Cal-tanissetta), già fermo da maggio a seguito di un incendio che ne ha danneggiato una parte. Un annuncio che lascia intravedere all’orizzonte una vera e propria dismissione dell’impianto che rischia di lasciare a casa 3.500

operai, di cui 1.800 dell’indotto.Da un mese si susseguono

nella cittadina della provincia nis-sena dure lotte, con blocchi stra-dali, picchettaggio dei cancelli e dell’approdo del gasdotto dalla Libia. Gli operai non hanno la-sciato passare nessuno, nemme-no i turnisti che avrebbero dovu-to dare il cambio ai colleghi che hanno lavorato durante la notte e le petroliere rimangono a lungo ferme in mare per mancanza di personale.

Il 28 luglio è stato indetto lo sciopero generale unitario di tutte le categorie. Un lungo serpento-ne di oltre 20mila manifestanti, partito dal museo civico di Gela,

ha percorso il centro storico del-la cittadina, interamente scesa in piazza a difesa della raffine-ria. Erano presenti non solo gli operai, ma anche le famiglie, tantissimi giovani. Lungo tutto il percorso centinaia di bandie-re sindacali, tra cui anche quelle della categoria marinari di Gela, e moltissimi manifesti che chiede-vano “lavoro”.

In corteo anche delegazioni delle raffinerie di Milazzo (Mes-sina), Gagliano (Enna) e Priolo (Siracusa), perché la vicenda assume un rilievo regionale dal momento che per una sorta di ef-fetto domino economico, la chiu-sura di Gela rischia di far cadere

ad uno ad uno tutti gli stabilimenti siciliani, con un calo del PIL re-gionale del 7%.

Presente al corteo anche Cro-cetta che minaccia “risarcimenti miliardari se la società confer-merà nel piano industriale l’inten-zione di abbandonare la Sicilia”, ma si guarda bene dal citare colui che sta dietro questa vicenda, Renzi.

La vicenda dell’Eni, del resto, sta assumendo un carattere na-zionale a rischio infatti anche Ta-ranto, Livorno e Porto Marghera.

Il 29 luglio, con un’adesione di oltre il 90%, si è svolto lo sciope-ro per l’intera giornata dei 30mila lavoratori del gruppo Eni, oltre a

quelli della produzione, perfora-zione, chimica e petrolchimica, delle sedi direzionali, dei depositi, degli uffici commerciali e ammini-strativi e delle aziende territoriali indetto da Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uiltec-Uil, con il blocco di tutti gli impianti di raffinazione sul territorio nazionale. Nella stessa giornata del 29 anche una parte-cipata manifestazione nazionale a Roma, alle 15 davanti a Mon-tecitorio.

La CGIL chiede che “‘Eni tor-ni sui propri passi” e “rispetti gli accordi”. Bisogna però addi-tare con fermezza chi sta dietro questo sciagurato progetto di di-smissione. L’azionista principale

di Eni è il governo Renzi. Non è infatti pensabile che, detenendo il 30% delle quote e vari privile-gi che lo Stato si è garantito nel processo di privatizzazione an-cora in corso, il nuovo Mussolini non sapesse nulla e non con-dividesse le scelte di Descalzi, peraltro da lui stesso nominato amministratore.

Se si vuole salvare gli stabili-menti italiani di Eni la strada da percorrere è una: alzare il tiro e costringere il governo Renzi a “cancellare le privatizzazioni e ri-nazionalizzare l’Eni”, come chie-de il PMLI sin dall’inizio del per-corso di privatizzazione dell’Ente nazionale idrocarburi.

Voltafaccia del governatore della Sicilia

GREENPEACE: “CROCETTA REGALA IL NOSTRO MARE AI PETROLIERI” Il Canale di Sicilia non va trivellato

�Dal nostro corrispondente della SiciliaAll’inizio di luglio gli attivisti

di Greenpeace inscenavano la simulazione di un disastro pe-trolifero a Mondello, la spiaggia dei palermitani, srotolando lo striscione: “Un mare di bugie – Crocetta regala il nostro mare ai petrolieri”. L’obbiettivo ben cen-trato era quello di denunciare il clamoroso voltafaccia del gover-natore Crocetta (PD) e il pericolo che corrono i mari della Sicilia dopo la sottoscrizione dell’infa-me patto la Regione e Assomi-neraria, Eni, Edison e Irminio per

lo sfruttamento dei giacimenti di gas e petrolio presenti nel Canale di Sicilia.

Da candidato a governatore della Sicilia Rosario Crocetta, infatti, aveva firmato l’appello di Greenpeace contro le trivellazio-ni nel Canale di Sicilia e nell’a-prile 2013, aveva garantito in un’audizione all’Assemblea Re-gionale siciliana un immediato sostegno della Regione contro tali progetti.

Poi Crocetta, come ha già fat-to con la questione MUOS, ha buttato la maschera e si è piega-to agli interessi di chi vuole fare

della Sicilia una terra di razzia.E dire che dovevano indur-

lo ad una maggiore cautela le particolari condizioni di grave in-quinamento di parte delle coste meridionali della Sicilia e la già eccessiva pressione della corsa allo sfruttamento del petrolio nel Canale, i seri rischi per l’incolu-mità di chi vive nelle zone e per l’economia dei territori interes-sati.

E invece no. Infischiandosene di tutto e tutti, ha sottoscritto il mostruoso patto che prevede im-pianti di trivellazione al largo della costa ragusana, completamento

di quattro pozzi, ripresa di due esistenti, perforazione di 14 nuo-vi pozzi, due nuove piattaforme, esplorazione di 5 pozzi.

Persino la commissione am-biente del Senato, preoccupata che il protocollo sottoscritto dal governatore potesse andare oltre le prescrizioni delle leggi italia-ne, lo ha convocato in udienza, sostanzialmente senza ottenere nulla. È evidente che Crocetta ha protettori molto in alto. Egli è in-fatti allineato sulle scelte del nuo-vo Berlusconi, in materia di sfrut-tamento del petrolio siciliano. Sono infatti i due che avallano e

garantiscono quel vero e proprio assalto al mare siciliano da parte delle compagnie petrolifere che si traduce in un’estensione di ben 12.908 i chilometri quadrati, per cinque permessi di ricerca già ri-lasciati e da altre 15 richieste di concessione, ricerca e prospe-zione in iter di approvazione.

Si tratta di una strategia pe-ricolosissima quella di Renzi e Crocetta che avrà come conse-guenza quella di scaricare per intero i costi dell’inquinamento selvaggio sulle coste siciliane, con l’aggravante di non garanti-re nessun futuro energetico per

il Paese, dal momento che le riserve stimate in totale in Italia, non solo in Sicilia, sono di poco meno di 10 milioni di tonnellate, mentre il consumo annuo è pari a 61 milioni. Il gioco non vale as-solutamente la candela. Senza contare il fatto, ancor più grave, che le limitate riserve petrolifere siciliane vengono messe nelle mani di sciacalli privati e spesso di multinazionali straniere.

Il PMLI pertanto chiede di fer-mare immediatamente le trivella-zioni nel mare siciliano, di annul-lare l’infame patto tra la Regione e Assominiera.

Fede: “La storia di Berlusconi? Soldi, mafia, mafia soldi”A partire da gennaio scorso i

giudici di Palermo che indagano sulla trattativa Stato-mafia hanno aggiunto ai faldoni dell’inchiesta un nuovo fascicolo che riguarda gli inquietanti rapporti fra il neo-duce Berlusconi, l’ex senatore e cofondatore di Forza Italia, Mar-cello Dell’Utri, l’ex stalliere di Ar-core, Vittorio Mangano, e Cosa nostra.

Dell’Utri è attualmente dete-nuto nel penitenziario di Parma dove sta scontando una con-danna definitiva a sette anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa.

Mangano, il boss di Porta nuova, arrestato nel 1995, con-dannato all’ergastolo per omici-dio, traffico di droga, ricettazio-ne, sequestro di persona, tentata estorsione e riciclaggio, è invece deceduto il 23 luglio del 2000.

Il nuovo fascicolo, inviato per competenza a Palermo dai giu-dici di Monza, contiene alcune conversazioni dell’ex direttore del Tg4 e leccapiedi di Berlusco-ni, Emilio Fede (condannato in primo grado a 7 anni di reclusio-ne nell’ambito del processo Ruby bis, insieme a Lele Mora e Nicole Minetti) registrate con il telefo-nino da Gaetano Ferri, personal trainer di Fede, nella primavera del 2013 durante una passeggia-ta nel parco di Milano 2. Discorsi in cui Fede ricostruisce la storia di Berlusconi e dei suoi rapporti con Cosa nostra, parla dei conti correnti di Dell’Utri e del fiume di

denaro arrivato dalla Sicilia per finanziare l’ascesa imprenditoria-le e politica di Berlusconi. E poi ancora la corruzione, i ricatti, il bunga bunga e tutto lo squallore che caratterizzava i festini a luci rosse con particolare riferimen-to a quelli in cui la diciasettenne Ruby e il papi Berlusconi erano i protagonisti.

Il nuovo filone d’inchiesta na-sce esattamente il 21 gennaio 2014 quando Ferri, in seguito alle pesanti minacce di Fede che gli intima di non parlare con nessu-no e soprattutto di non rivelare il contenuto delle registrazioni a Berlusconi, decide invece di raccontare tutto ai carabinieri di Cusano Milanino a cui consegna i file audio e un paio di sms rice-vuti dall’ex direttore del Tg4 in cui fra l’altro si legge. “Novità stanot-te mi riceve a palazzo Grazioli, se conferma che vi siete incontrati riparto subito con due altri amici e vengo a cercarti, uno ti cono-sce bene, se credi avverti l’avvo-cato, questa volta non mi sfuggi, capito?”. Il messaggio è dell’8 dicembre 2013. Il secondo arriva due settimane dopo. “Appena dici una parola sbagliata vedrai se bleffo oppure no. Io sono mor-to due anni fa e ti permetti ancora di provocarmi”.

Fatti e circostanze ora al vaglio dei Pubblici ministeri di Palermo, Antonino Di Matteo e Roberto Tartaglia, che a maggio scorso hanno interrogato Fede chieden-dogli in particolare perché tutte

le volte che Dell’Utri si recava a Palermo doveva ricordarsi di “sostenere” la famiglia di Vitto-rio Mangano. Perché il sostegno alla famiglia Mangano era così importante al punto che, alme-no in una occasione, per evitare che Dell’Utri se ne dimenticasse, Silvio Berlusconi in persona, si è adoperato per rammentarglielo.

Durante l’interrogatorio l’ex direttore del Tg4 ha parzialmen-te confermato fatti e circostan-ze e ha raccontato ai Pm di un incontro (avvenuto tra il ’94 e il ’96, Fede non ha saputo collo-care con certezza l’evento nel tempo) tra Berlusconi e lo stesso Dell’Utri, appena rientrato a Mila-no dopo un soggiorno a Palermo. Ad Arcore, Fede si sta intratte-nendo con l’ex premier, quando ecco che arriva Dell’Utri. “Mi alzai per allontanarmi” ha detto Fede agli inquirenti. “Lo scambio di frasi è stato brevissimo” aggiun-ge. E poi spiega che Berlusconi, ancor prima di salutare Dell’Utri, chiede con evidente apprensio-ne: “Hai novità? Mi raccomando ricordiamoci della sua famiglia, ricordiamoci di sostenerla”. L’in-teressamento di Berlusconi al sostegno di Mangano lo spiega lo stesso Dell’Utri che, secondo quanto verbalizzato da Fede, ri-sponde: “Chiedono riferimenti su di te” alludendo agli interrogatori in carcere in cui a Mangano veni-va chiesto di chiarire i suoi rap-porti con l’ex presidente di Publi-talia e con Berlusconi.

Ma la bocca del boss di Por-ta Nuova, resta cucita. Ed è per questo che all’indomani della sua morte Berlusconi e Dell’U-tri indicano in Mangano il loro “eroe” personale. Perché se avesse parlato, Mangano di cose da raccontare ne avrebbe avute parecchie a partire dai primi anni ’70, quando si trasferisce con la famiglia ad Arcore, dove ogni mattina accompagna a scuola i piccoli Marina e Piersilvio, che poi ogni pomeriggio giocano con sua figlia Cinzia, oggi detenuta a sua volta per mafia.

Un filo nero che lega indisso-lubilmente il neoduce di Arcore ai boss di Palermo e che continua ancora oggi come confermano le dichiarazioni di Giovanni Brusca secondo cui il ritorno di Mangano a Milano nel ’93, il suo incontro con Dell’Utri e di lì a pochi mesi la nascita di Forza Italia e la disce-sa in campo di Berlusconi fanno molto comodo a Cosa nostra che in quel momento attraversa una fase di grave difficoltà con Riina in carcere, la trattativa a suon di bombe con lo Stato non ha portato i risultati sperati e le condizioni carcerarie per i boss detenuti in regime di 41 bis sono sempre più difficili.

“Sono arrivate le arance” sa-rebbe, secondo Brusca, il mes-saggio in codice per comunicare ai piani alti di Fininvest che Man-gano era a Milano, negli stessi mesi in cui secondo la procura di Palermo viene siglato il nuovo

Patto Stato-mafia.Ed è a dir poco sospetto che

proprio a partire dall’indomani dell’arresto di Mangano nel ’95, Berlusconi cominci a chiedere con sempre maggiore insistenza all’amico Dell’Utri, che nel ’96 finisce a sua volta indagato per mafia, di ricordarsi sempre della famiglia Mangano. Di sostenerla.

I motivi e soprattutto con quali mezzi sostenere Mangano si possono immaginare ma per il momento non è dato saperli con certezza. Domande che però po-trebbero ben presto avere una risposta dagli inquirenti di Paler-mo proprio alla luce delle confi-denze di Fede registrate dal suo personal trainer Ferri. Fede infatti spiega al suo interlocutore alcu-ni passaggi dei collegamenti tra Arcore, Dell’Utri e Cosa Nostra. In un brano sembra fare riferi-mento all’incontro Berlusconi-Dell’Utri citato nella deposizione ai pm. “Mangano era in carcere. Mi ricordo che Berlusconi arri-vando… ‘hai fatto?’…’sì sì..gli ho inviato un messaggio… gli ho detto a Mangano: sempre pronto per prendere un caffè’”. Poi Fede aggiunge: “C’è stato un momento in cui c’era timore e loro avevano messo Mangano attraverso Marcello” e quando Ferri chiede conferma del fat-to se fosse “tutto Dell’Utri che faceva girare”, Fede conferma: “Sì, sì era tutto Dell’Utri, era Dell’Utri che investiva”. Quindi prosegue Fede: “Chi può par-

lare? Solo Dell’Utri. E devo dire che in questo Mangano è stato un eroe: è morto per non parla-re... Guarda a Berlusconi cosa gli sta mangiando. Berlusconi è stato costretto a farlo senatore. Perché lui è l’unico che sa. Ti rendi conto che ci sono 70 conti esteri, tutti che fanno riferimento a Dell’Utri?... I due (Berlusconi e Dell’Utri, ndr) a un certo punto hanno iniziato a mettersi insieme per l’edilizia... Dopodiché è nata quella che poi è diventata un’a-zienda… Berlusconi non c’aveva una lira e Dell’Utri lo ha appog-giato... Dell’Utri era praticamente quello che investiva, allora cosa succede? Qui c’è stato un inve-stimento di soldi mafiosi. Ora rie-scono ad arrivare a delle prove? È lì il problema. Chi può parlare? Solo Dell’Utri. Quando Dell’Utri tornava avevano il segnale crip-tato, perché Mangano è in car-cere. Mi ricordo che Berlusconi arrivando Dell’Utri da Palermo chiede hai fatto? Sì, sì gli ho dato un messaggio… naturalmente per quanto riguarda a Mangano sempre pronto per prendere un caffè che era il messaggio per rassicurare lui per certe cose che io non so… capito. E devo dire che questo Mangano vera-mente è stato un eroe è morto in carcere per non parlare se no li rovinava tutti e due”.

Insomma conclude Fede: “La vera storia della vicenda Berlu-sconi? Mafia, mafia, mafia, soldi, mafia”.

N. 31 - 7 agosto 2014 corruzione / il bolscevico 7

RINVIATO A GIUDIZIO VERDINI PER BANCAROTTA E TRUFFA

Denis Verdini, il potente brac-cio destro berlusconiano di Firen-ze nonché amico intimo dell’attua-le presidente del Consiglio Renzi, è stato rinviato a giudizio dal GUP di Firenze Fabio Frangini con le pesantissime accuse di associazio-ne a delinquere, bancarotta frau-dolenta, appropriazione indebita e truffa ai danni dello Stato. Il mo-tivo di tale iniziativa giudiziaria è legata alla gestione del Credito cooperativo fiorentino (Ccf) del quale il coordinatore di Forza Ita-lia è stato presidente fino al 2010. Insieme a lui sono stati rinviati a

giudizio anche altre persone tra le quali spicca il parlamentare di Forza Italia Massimo Parisi.

La prima udienza è stata fissata per il 21 aprile 2015.

Verdini dovrà rispondere dell’accusa di truffa ai danni del-lo Stato per i fondi per l’edito-ria che, secondo la Procura di Fi-renze, percepì illegalmente per la pubblicazione de “Il Giornale del-la Toscana”, stesso reato del quale risponderà Parisi, coordinatore di FI in Toscana.

Complessivamente sono state rinviate a giudizio 47 persone tra le

69 che erano state iscritte nel regi-stro degli indagati, ventuno i pro-scioglimenti o le assoluzioni con rito abbreviato per posizioni con-siderate minori, tra le quali eviden-temente non figura, ad avviso del magistrato fiorentino, Verdini che concesse, secondo l’accusa con-validata dal giudice per le indagini preliminari, finanziamenti e credi-ti milionari senza alcuna garanzia e sulla base di contratti preliminari di compravendite ritenute fittizie. Soldi che, per la Procura di Firen-ze, venivano allegramente elargiti a persone ritenute vicine a Verdini

stesso sulla base di documentazio-ne carente e in assenza di adegua-ta istruttoria.

In totale, secondo la magistra-tura, il volume d’affari sarebbe stato pari a un importo di circa 100 milioni di euro di finanziamenti deliberati dal Consiglio di Ammi-nistrazione del Credito cooperati-vo fiorentino i cui membri, secon-do l’atto di chiusura delle indagini preliminari avrebbero partecipa-to all’associazione svolgendo il loro ruolo di consiglieri quali meri esecutori delle determinazioni del Verdini, in parole vere e proprie

teste di legno agli ordini del capo-rione fiorentino di Forza Italia.

A dare il via all’indagine dei magistrati di Firenze è stata una relazione dei commissari della Banca d’Italia che in 1.500 pagi-ne, allegati compresi, avevano ri-assunto lo stato di salute della ban-ca di Verdini riscontrando gravi anomalie.

Per fare un solo esempio di esse, il compagno di partito di Verdini, Marcello Dell’Utri, riu-scì a ottenere, nonostante una si-tuazione di sofferenza bancaria, un affidamento nella forma del-

lo scoperto bancario di 250.000 euro, diventati in appena 7 mesi ben 2.800.000, per poi lievitare a 3.200.000. Tutto questo, per l’ac-cusa, era avvenuto senza alcuna garanzia, prova evidente - secon-do i magistrati - di come Verdini disponesse dei soldi della banca in modo assolutamente dissennato per l’ente, che veniva altresì stru-mentalizzato per agevolare amici e protetti di Verdini il quale, non va dimenticato, è un antico com-pagno di merende di Berlusconi e recentemente lo è diventato anche di Matteo Renzi.

L’ACCUSA È DI CONCORSO ESTERNO IN ASSOCIAZIONE CAMORRISTICA E TURBATIVA D’ASTAUna vera e propria bufera si è

scatenata sul deputato di Forza Ita-lia ed ex presidente della provin-cia di Napoli Luigi Cesaro che ha portato, lo scorso mercoledì 23 lu-glio, all’arresto dei fratelli del par-lamentare, i costruttori Raffaele ed Aniello, nonché dell’ex consiglie-re regionale dell’Udeur di Mastel-la, Nicola Ferraro, e dell’ex sinda-co di Lusciano (un comune della provincia di Caserta) Isidoro Ve-rolla. Le accuse lanciate dalla Di-rezione Distrettuale Antimafia di Napoli e condivise dal giudice per le indagini preliminari, Alessandra Ferrigno, sono concorso esterno in associazione camorristica e turba-tiva d’asta, per cui è stata chiesta la misura cautelare per Cesaro con il contemporaneo deposito della richiesta alla Camera, sulla quale dovrà pronunciarsi la Giunta per le autorizzazioni a procedere pri-ma della chiusura estiva dei lavori parlamentari.

Le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e dai sostituti Antonello Ardituro, Giovanni Conzo, Mar-co Del Gaudio e Cesare Sirigna-no, riguardano due gare d’appalto svolte nel 2004, una per il Piano d’insediamento produttivo e l’al-tra per il centro sportivo dedicato al nuoto. Si tratta di gare pilotate unilateralmente dal famigerato e sanguinario clan dei Casalesi tra-mite il boss Luigi Guida: “quan-do Guida aveva già incontrato uno degli imprenditori – racconta uno dei pentiti - ed aveva inizia-to a muovere i suoi contatti presso la amministrazione luscianese per garantire, nell’interesse del soda-lizio, la futura aggiudicazione dei lavori del Piano agli imprendito-ri, interviene Nicola Ferraro che incontra Guida Luigi prospettan-dogli la disponibilità di altra im-presa a garantire ai clan profitti ben maggiori di quelli che avreb-be potuto garantire l’imprendito-re”. L’altra impresa di costruzioni concorrente e fiduciaria del clan è quella della famiglia Cesaro che non ha i necessari requisiti per ag-giudicarsi l’appalto, ma che supe-ra gli steccati della gara promet-tendo una cospicua percentuale ai Casalesi, esattamente il 7%, che sbaraglia d’un colpo la strenua concorrenza dei restanti impren-ditori. Sarà uno scherzo, a quel punto, aggiudicarsi l’appalto, gra-zie anche al tramite fondamenta-le, tra la famiglia Cesaro e il clan, dell’ex consigliere regionale Ni-cola Ferraro.

Il Gip Ferrigno, nelle 329 pagi-

ne che contrassegnano l’ordinanza di custodia cautelare emessa con-tro il parlamentare di FI, tratteg-gia la figura di Luigi Cesaro nel-la vicenda: “ha partecipato ad un incontro con i vertici del sodali-zio casalese: questo significa che ha inteso spendere in quella sede il proprio peso politico, la propria immagine pubblica; la sua presen-za a quell’incontro non può avere alcuna altra plausibile spiegazione e perciò con la sua presenza ha in-teso indirizzare i termini dell’ac-cordo collusivo con la criminalità”. “L’operazione – continua il magi-strato – è stata condotta in sinergia con i fratelli, quasi che ciascuno di essi abbia curato e sia intervenuto in momenti diversi dell’evolver-si della vicenda in ragione delle proprie competenze e del “peso” personale di ciascuno”. La durez-za dell’ordinanza si spinge oltre e racconta a che la campagna elet-torale perseguita nel paese di ori-gine, Sant’Antimo, in provincia di Napoli, da parte di Cesaro: se-condo il collaboratore di giustizia ed ex imprenditore Gaetano Vas-sallo, il deputato FI aveva l’abitu-dine di tagliare una banconota da 50 euro in due pezzi, una la conse-gnava all’elettore al momento del-la promessa di voto, l’altra dopo, a scrutinio ultimato, se si accertava che la promessa era stata mante-nuta. Lo stesso Vassallo chiarisce che Cesaro, molto legato al plu-rinquisito Giulio Di Donato (ex PSI e coinvolto nella Tangentopo-li napoletana), abbia avuto un ruo-lo importante e decisivo nel pas-saggio della dirigenza e dei quadri della provincia di Napoli del PSI a Forza Italia, creando, con il tem-po, una vera e propria corrente con Nicola Cosentino, anche lui arre-stato, in una inchiesta dello scorso anno, per concorso esterno in as-sociazione camorristica.

Un gruppo politico, quello di Cesaro e Cosentino, che primeg-giava in tutta la provincia di Ca-serta e Napoli e poteva contare su centinaia di migliaia di voti e for-

ti influenze sul territorio campano, grazie anche alle influenti amici-zie con i clan camorristici, primo fra tutti quello dei Casalesi. Ami-cizie nell’ambito camorristico non nuove per Cesaro che in un vec-chio processo degli anni Ottanta del secolo scorso confermò ai giu-dici napoletani di aver avuto rap-porti stretti con la Nuova Camor-ra Organizzata di Raffaele Cutolo,

quando raccontò di aver chiesto una “raccomandazione” a Roset-ta Cutolo, sorella del boss, per far cessare le richieste estorsive di uno dei maggiori capibastone cutoliani, Pasquale Scotti, perso-naggio tuttora ricercato ed inseri-to nell’elenco dei latitanti più peri-colosi d’Italia. Da ricordare che in una non molto lontana intercetta-zione ambientale del 2011 nel car-

cere di Terni, Raffaele Cutolo par-la a sua nipote di Cesaro in questi termini: “Questo, ora, è impor-tantissimo. Io non ci ho mandato mai nessuno, ma è stato il mio av-vocato e mi deve tanto. Faceva il mio autista, figurati”. Il boss rac-comandava a una sua nipote di mandare il fratello, con sua sorella Rosetta Cutolo, da Cesaro per ot-tenere lavoro.

Mentre l’attuale presidente del-la provincia di Napoli e delfino di Cesaro, Antonio Pentangelo, parla del deputato di FI come una “per-sona limpida, onesta e sempre ri-spettoso delle istituzioni”, gli fa eco anche il parlamentare socia-lista Marco Di Lello che annun-cia che “voterà contro le manette: non mi piace la custodia cautela-re”, nonostante nello stesso partito del neoduce Berlusconi si evitano commenti o si rilasciano intervi-ste, visto l’evidente imbarazzo per la vicenda. Una vicenda, appunto, che conferma l’intreccio tra le co-sche camorristiche e settori sem-pre più ampi del regime neofasci-sta, in un coacervo tra affari loschi e mafiosi che vedono agire impu-nemente deputati o senatori del parlamento nero, a dispregio per-sino delle ormai desuete ed ineffi-caci regole borghesi e ai danni del-le masse popolari.

Chiesto l’arresto del deputato FI Cesaro“Patti con la camorra per appalti milionari”

LE GRINFIE DELLA CAMORRA SULLA RICOSTRUZIONE DE L’AQUILA

Lo scorso 24 giugno la Dire-zione distrettuale antimafia (Dda) ha effettuato una serie di arresti nell’ambito di una inchiesta rela-tiva alla ricostruzione de L’Aquila e gli appalti post-terremoto 2009. Si tratta di una maxi-operazione chiamata “Dirty Job” che ha coin-volto diversi imprenditori colle-gati con il clan dei Casalesi che hanno messo le mani su appalti, maestranze e commesse.

Secondo il sostituto procura-tore della Dda de L’Aquila, David Mancini, che ha seguito l’inchiesta, sono almeno una decina i cantieri finiti sotto la lente di ingrandimen-to della Procura, per un giro d’af-fari stimato attorno ai 10 milioni di euro. Il comportamento criminale si spingeva addirittura a chiedere una parte dello stipendio agli ope-rai coinvolti nei lavori, costretti ad-dirittura a restituire mensilmente la metà del salario. Tanto che le accu-se della Dda sono non solo estorsio-ne aggravata dal metodo mafioso, da anche intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.

In sostanza si tratta di manodo-pera di Caserta e provincia assunta da ditte aquilane o campane per la-vorare in cantieri di ricostruzione privata post-sisma attraverso l’in-termediazione di altri costruttori

campani incensurati ma contigui al clan dei Casalesi, ossia i fratelli Di Tella. Lo stipendio veniva pa-gato con buste paga regolari, ma la metà rientrava in contanti a costi-tuire un tesoretto di fondi neri per il gruppo campano: ecco il perché probabilmente del nome dell’ope-razione, ossia “lavoro sporco”.

Gli imprenditori coinvolti nel-la vicenda sono i fratelli Alfon-so, Cipriano e Domenico Di Tella, di Caserta, i fratelli Dino e Mari-no Serpetti oltre all’ex presiden-te de L’Aquila Calcio e attuale amministratore unico, Elio Giz-zi, tutti e tre aquilani; l’ultimo è Michele Bianchini, di Avezzano (L’Aquila). In carcere sono finiti i tre Di Tella e Bianchini, mentre ai domiciliari i due Serpetti e Giz-zi; altri tre indagati a piede libero nell’inchiesta: Giuseppe Santoro, 45 anni, di San Cipriano d’Aver-sa (Caserta), Francesco Ponziani, 44, nato in Svizzera ma residente nella frazione aquilana di Pagani-ca, Emiliana Centi, nata a L’Aqui-la ma domiciliata a Paganica.

Secondo i magistrati antimafia, i fratelli Di Tella “portavano e al-loggiavano a L’Aquila quei lavo-ratori, li facevano assumere dagli imprenditori aquilani, che alla fine emettevano una busta paga con im-

porti corretti, ma poi la offrivano ai Di Tella che gestivano una conta-bilità separata e occulta. Dopo aver percepito l’importo il lavoratore restituiva la metà dello stipendio con prelievi bancomat. Non avve-niva attraverso la violenza ma con intimidazione ambientale diffusa, in qualche caso con alzata di toni a ricordare anche gli obblighi condi-visi dalla provenienza geografica”. Il bottino tornava ai Di Tella, ma il giochetto, continuano i magistrati della Dda, “consentiva comunque di garantirsi un 30% agli aquilani, anche se poi in quei cantieri non ci mettevano le mani”. Di norma gli operai venivano assunti dai Di Tel-la, a volte anche dagli arrestati ai domiciliari Elio Gizzi, Dino e Ma-rino Serpetti e Michele Bianchini con pagamento a giornata e non a ore come invece previsto dalla normativa attuale. In sostanza, gli imprenditori aquilani avrebbero percepito il 30 per cento degli ap-palti senza fare nulla, ovvero per il semplice fatto di esserseli aggiudi-cati mentre il 70 per cento andava ai Di Tella che provvedevano poi a realizzarli.

Per il procuratore distrettuale antimafia, Fausto Cardella, “que-sta indagine fotografa la situazio-ne di un tipo di infiltrazione, quel-

la del clan dei Casalesi, di cui da oggi potremo parlare con più co-gnizione di causa. Inoltre è un’in-dagine che valorizza i rapporti tra le procure distrettuali e quella na-zionale. Senza la banca dati non sarebbe stato possibile realizzarla in questo modo”. Ha rincarato la dose il procuratore nazionale an-timafia Franco Roberti: “la vera forza delle mafie sta fuori dalle mafie, in quella zona grigia che le circonda, e assume rapporti a sco-po di profitto. Oggi - ha aggiunto - non parleremmo di infiltrazioni se non ci fossero alcune imprese che, dopo aver acquisito dei lavo-ri, li hanno appaltati in toto alle imprese criminali tramite i Di Tel-la”. Parlando delle norme sulla ri-costruzione privata Roberti ha det-to: “L’insufficienza dei controlli è stata agevolata da un quadro nor-mativo molto debole non affidato a norme vincolanti ma a linee gui-da puntualmente disattese: non ci sono atti violenti, ma solo intimi-dazioni a cedere indietro una parte del guadagno che andava a com-porre fondi neri. Ma c’era l’accor-do di tutti, i lavoratori venivano presi, portati qui a lavorare e poi costretti a restituire una parte dei loro legittimi guadagni al clan e agli imprenditori”.

In occasione del 119° An-niversario della morte di Frie-drich Engels, che cade il 5 Agosto, vogliamo ricordarlo e rendergli omaggio pubblicando questo articolo scritto dall’allo-ra venticinquenne Lenin all’in-domani della morte del gran-de Maestro del proletariato internazionale che insieme a Karl Marx fondò il socialismo scientifico. In poche pagine Le-nin fa un ritratto efficace e vivo e insieme porta a estrema sin-

tesi i preziosi e fondamentali insegnamenti come quello ben espresso da questa frase: “L’e-mancipazione del proletariato deve essere opera del proleta-riato stesso”. Gloria eterna a Engels. Continuiamo a ispirar-ci a lui e ai preziosi e attuali in-segnamenti che scaturiscono dalle sue opere.

Il titolo che appare su “Il Bolscevico” è redazionale, quel-lo originale di Lenin era sempli-cemente: “Friedrich Engels”.

8 il bolscevico / Engels N. 31 - 7 agosto 2014

1895 - 5 Agosto – 2014. 119° Anniversario della scomparsa del grande Maestro del proletariato internazionale e cofondatore del socialismo scientifico

LENIN: “MEMORIA IMPERITURA A ENGELS, GRANDE COMBATTENTE E MAESTRO DEL PROLETARIATO”

Qual faro di senno si è spentoQual core cessò di pulsare!(1)

Il 5 agosto 1895 del nuovo ca-lendario (24 luglio), si è spento a Londra Friedrich Engels. Dopo il suo amico Karl Marx (morto nel 1883), Engels fu il più eminen-te scienziato e maestro del prole-tariato contemporaneo di tutto il mondo civile. Dal giorno in cui la sorte fece incontrare Karl Marx e Friedrich Engels, l’opera a cui i due amici dedicarono la loro vita divenne la loro causa comune. Perciò per rendersi conto di quan-to ha fatto Friedrich Engels per il proletariato, bisogna comprendere chiaramente l’importanza che la dottrina e l’attività di Marx han-no avuto nello sviluppo del mo-vimento operaio contemporaneo. Marx ed Engels hanno dimostra-to per primi che la classe operaia, con le sue rivendicazioni, è il pro-dotto necessario dell’ordine eco-nomico attuale, il quale, insieme con la borghesia, crea e organiz-za ineluttabilmente il proletaria-to; essi hanno dimostrato che non i tentativi benevoli di singole per-sonalità generose, ma la lotta di classe del proletariato organizza-to libererà l’umanità dalle sventu-re che attualmente la opprimono. Marx ed Engels, nelle loro opere scientifiche, hanno per primi spie-gato che il socialismo non è un’in-venzione di sognatori, ma lo sco-po ultimo e il risultato inevitabile dello sviluppo delle forze produt-tive nella società contemporanea. Tutta la storia scritta finora è sto-ria della lotta di classe, della suc-cessione del dominio e delle vitto-rie di alcune classi sociali su altre. E questo continuerà fino a che non scompariranno le basi della lot-ta di classe e del dominio di clas-se: la proprietà privata e l’anarchia della produzione sociale. Gli inte-ressi del proletariato esigono la distruzione di queste basi; contro di esse dovrà quindi esser diretta la lotta di classe cosciente degli operai organizzati. E ogni lotta di classe è una lotta politica.

Queste concezioni di Marx e di Engels sono ormai assimila-te da tutto il proletariato che lotta per la propria emancipazione; ma quando i due amici, fra il 1840 e il 1850, collaborarono alla stampa socialista e presero parte ai movi-menti sociali della loro epoca, tali concezioni rappresentavano una novità assoluta. Allora v’erano molte persone di talento o inette,

oneste o disoneste, le quali, attrat-te dalla lotta per la libertà politica, dalla lotta contro il potere assolu-to dei re, della polizia e dei preti, non vedevano il contrasto fra gli interessi della borghesia e quelli del proletariato. Costoro non con-cepivano neanche lontanamen-te che gli operai potessero agire come una forza sociale autono-ma. Dall’altro lato, v’erano mol-ti sognatori, a volte geniali, i qua-li pensavano che sarebbe bastato convincere i governanti e le classi dominanti dell’ingiustizia dell’or-dine sociale esistente per stabili-re con facilità sulla terra la pace e il benessere universale. Essi so-gnavano di realizzare il sociali-smo senza lotta. Infine, quasi tutti i socialisti e, in generale, gli ami-ci della classe operaia di quel tem-po vedevano nel proletariato solo una piaga; essi costatavano con spavento come, con lo sviluppo dell’industria, si sviluppava anche questa piaga. Perciò tutti costoro pensavano al modo di frenare lo sviluppo dell’industria e del prole-tariato, di fermare la «ruota della storia». Di fronte allo spavento ge-nerale suscitato dallo sviluppo del proletariato, Marx ed Engels, al contrario, riponevano tutte le loro speranze nello sviluppo incessan-te del proletariato. Più numero-si sono i proletari, più grande è la loro forza come classe rivoluzio-naria, più prossimo e realizzabile è il socialismo. In poche parole, i meriti di Marx e di Engels davan-ti alla classe operaia possono es-sere così precisati: essi educaro-no la classe operaia a conoscere se stessa, a prendere coscienza di se stessa, e alle chimere sostituirono la scienza.

Ecco perché il nome e la vita di Engels devono essere conosciuti da ogni operaio; ecco perché nella nostra raccolta che, come tutte le nostre pubblicazioni, si propone di ridestare la coscienza di classe de-gli operai russi, dobbiamo deline-are un profilo della vita e dell’at-tività di Friedrich Engels, uno dei due grandi maestri del proletariato moderno.

Engels nacque nel 1820 a Bar-men, nella provincia renana del re-gno di Prussia. Suo padre era un industriale. Nel 1838, prima di fi-nire il liceo, Engels fu costretto per ragioni di famiglia a entrare come commesso in una ditta com-merciale di Brema. Gli affari com-merciali non gli impedirono di dedicarsi a studi scientifici e po-

litici. Ancora studente, egli aveva cominciato a odiare l’autocrazia e l’arbitrio dei burocrati. Gli stu-di filosofici lo portarono oltre. In quei tempi, nella filosofia tedesca dominava la dottrina di Hegel, e Engels divenne suo seguace. Ben-ché personalmente Hegel fosse un ammiratore dello Stato autocrati-co prussiano, al servizio del quale egli si trovava in qualità di profes-sore dell’università di Berlino, la sua dottrina era rivoluzionaria.

La fiducia di Hegel nella ragio-ne umana e nei suoi diritti e la tesi fondamentale della filosofia hege-liana, secondo la quale nel mon-do si svolge un processo continuo di trasformazione e di evoluzione, indussero gli allievi del filosofo berlinese che non volevano conci-liarsi con la realtà, a pensare che anche la lotta contro la realtà, la lotta contro l’ingiustizia esistente e contro il male dominante, deb-ba avere le sue radici nella legge universale dello sviluppo perpe-tuo. Se tutto si sviluppa, se alcu-ne istituzioni esistenti vengono so-stituite da altre istituzioni, perché dovrebbero perpetuarsi in eter-no l’autocrazia del re prussiano o dello zar russo, l’arricchimento di un’infima minoranza a spese del-la stragrande maggioranza, il do-minio della borghesia sul popolo? La filosofia di Hegel parlava dello sviluppo dello spirito e delle idee, era una filosofia idealistica. Dallo sviluppo dello spirito deduceva lo sviluppo della natura, dell’uomo e dei rapporti sociali tra gli uomi-ni. Marx ed Engels, accettando il pensiero di Hegel sull’eterno pro-cesso di sviluppo*, respinsero la concezione aprioristica dell’ide-alismo; studiando la vita, videro che non è lo sviluppo dello spiri-to che spiega lo sviluppo della na-

tura, ma che, viceversa, lo spirito va spiegato per mezzo della natu-ra, della materia... Al contrario di Hegel e degli altri hegeliani, Marx ed Engels erano materialisti. Os-servando da materialisti il mondo e l’umanità, essi constatarono che, come alla base di tutti i fenome-ni della natura vi sono cause mate-riali, così anche lo sviluppo della società umana è condizionato dal-lo sviluppo delle forze materiali, produttive.

Dallo sviluppo delle forze pro-duttive dipendono i rapporti reci-proci degli uomini nella produzio-ne degli oggetti indispensabili al soddisfacimento dei bisogni uma-ni. In questi rapporti sta la spiega-zione di tutti i fenomeni della vita sociale, delle aspirazioni, delle idee e delle leggi umane. Lo svi-luppo delle forze produttive crea rapporti sociali che si basano sul-la proprietà privata, ma attualmen-te noi vediamo che questo stesso sviluppo delle forze produttive to-glie la proprietà alla maggioranza e la concentra nelle mani di un’in-fima minoranza. Esso distrugge la proprietà, base dell’ordine sociale contemporaneo, tende allo stesso scopo che i socialisti si sono pre-fissi. I socialisti devono soltanto comprendere quale forza socia-le, per la sua situazione nella so-cietà contemporanea, è interessata alla realizzazione del socialismo, e dare a questa forza la coscien-za dei suoi interessi e della sua missione storica. Questa forza è il proletariato. Engels imparò a co-noscerlo in Inghilterra, nel centro dell’industria inglese, a Manche-ster, dove si trasferì nel 1842 come impiegato di una ditta commercia-le della quale suo padre era azio-nista. Qui Engels non se ne stette soltanto nell’ufficio della fabbrica;

visitò i luridi quartieri dove erano stipati gli operai, vide coi suoi oc-chi la loro miseria e le loro sven-ture. E non si accontentò delle sue sole osservazioni personali; lesse tutto quanto era stato scritto prima di lui sulla situazione della classe operaia inglese e studiò accura-tamente tutti i documenti ufficia-li a lui accessibili. Frutto di que-sti studi e osservazioni fu il libro La situazione della classe opera-ia in Inghilterra(2), pubblicato nel 1845. Abbiamo già ricordato più sopra in che cosa consiste il me-rito principale di Engels quale au-tore del libro La situazione della classe operaia in Inghilterra. An-che prima di Engels, numerosi au-tori avevano descritto le sofferen-ze dei proletariato e avevano detto che era necessario venirgli in aiu-to. Ma Engels per primo affermò che il proletariato non è soltan-to una classe che soffre; sostenne che appunto la vergognosa situa-zione economica nella quale esso si trova lo spinge irresistibilmen-te in avanti e lo incita a lottare per la sua emancipazione definitiva. Il proletariato in lotta si aiuterà da se stesso. Il movimento politico della classe operaia condurrà inevitabil-mente gli operai a riconoscere che per loro non vi è altra via d’uscita all’infuori del socialismo. D’altra parte, il socialismo sarà una forza soltanto quando diventerà lo sco-po della lotta politica della classe operaia. Ecco le idee fondamentali del libro di Engels sulla situazione

della classe operaia in Inghilter-ra, idee che oggi sono assimilate da tutto il proletariato che pensa e lotta, ma che allora erano assoluta-mente nuove. Questi pensieri furo-

no esposti nel libro, scritto in uno stile piacevole e denso di scene impressionanti e fedeli al vero che descrivono le sventure del proleta-riato inglese. Il libro fu un terribi-le atto d’accusa contro il capitali-smo e la borghesia. L’impressione da esso prodotta fu straordinaria. Da ogni parte si cominciò a citare il libro di Engels come il quadro più esauriente della situazione del proletariato contemporaneo. E in-fatti, né prima del 1845, né dopo, è mai apparsa una descrizione così limpida e fedele delle sventure della classe operaia.

Engels divenne socialista sol-tanto in Inghilterra. A Manche-ster entrò in relazione con i capi del movimento operaio inglese dell’epoca e cominciò a collabo-rare alle pubblicazioni socialiste inglesi. Nel 1844, durante il viag-gio di ritorno in Germania, conob-be personalmente a Parigi Marx, col quale era già in corrisponden-za. A Parigi, sotto l’influenza dei socialisti francesi e della vita fran-cese, anche Marx era divenuto so-cialista. In questa città i due ami-ci scrissero in comune il libro: La sacra famiglia, ovvero critica del-la Critica critica(3). In questo libro, uscito un anno prima della Situa-zione della classe operaia in In-ghilterra e scritto in gran parte da Marx, sono poste le basi di quel socialismo materialista rivoluzio-nario, le cui idee essenziali sono esposte più sopra. La sacra fami-glia è il nome con cui vengono

ironicamente designati i fratelli fi-losofi Bauer e i loro seguaci. Que-sti signori predicavano una critica che stesse al di sopra di ogni re-altà, al di sopra dei partiti e della

Engels durante una pausa dei lavori del secondo congresso della seconda Inter-nazionale svoltosi a Zurigo nel 1893

Engels interviene al congresso dell’Aia della Prima Internaziomale tenutosi nel 1872. Appena dietro si nota Marx

politica, che negasse ogni attivi-tà pratica e si limitasse a contem-plare «criticamente» il mondo cir-costante e gli avvenimenti che vi si svolgono. I signori Bauer giu-dicavano dall’alto il proletariato, considerandolo una massa priva di spirito critico. Marx ed Engels insorsero decisamente contro que-sta tendenza assurda e nociva. In nome della personalità umana re-ale, dell’operaio oppresso dal-le classi dominanti e dallo Stato, essi esigono non la contemplazio-ne, ma la lotta per una migliore organizzazione della società. Be-ninteso, solo nel proletariato essi vedono la forza capace di condur-re questa lotta, la forza interessa-ta a questa lotta. Ancor prima di scrivere la Sacra famiglia, En-gels pubblicò negli Annali franco-tedeschi(4) di Marx e Ruge i Linea-menti di una critica dell’economia politica(5) dove esaminò dal punto di vista del socialismo i fenomeni essenziali del sistema economico moderno, come conseguenza ine-vitabile del dominio della proprie-tà privata. Gli stretti legami con Engels contribuirono senza dub-

bio a indurre Marx a occuparsi di economia politica, di quella scien-za nella quale le sue opere produs-sero una vera rivoluzione.

Engels trascorse il periodo dal 1845 al 1847 a Bruxelles e a Pa-rigi, unendo agli studi scientifi-ci l’attività pratica fra gli operai tedeschi che abitavano nelle due città. Qui Marx ed Engels si mi-sero in rapporto con la Lega dei comunisti(6), organizzazione clan-destina tedesca, la quale li incaricò di esporre i principi fondamenta-li del socialismo da loro elabora-ti. Così ebbe origine il celebre Ma-nifesto del Partito comunista di Marx e di Engels, pubblicato nel 1848. Questo libriccino vale mol-ti volumi: il suo spirito fa vivere e operare ancor oggi tutto il prole-tariato organizzato e combattente del mondo civile.

La rivoluzione del 1848, che scoppiò dapprima in Francia c si estese in seguito agli altri paesi dell’Europa occidentale, ricondus-se Marx ed Engels in patria. Qui, nella Prussia renana, essi assunse-ro la direzione della Nuova gazzet-ta renana(7), quotidiano democrati-co, che si pubblicava a Colonia. I due amici furono l’anima di tutte le aspirazioni democratiche rivolu-zionarie della Prussia renana. Essi difesero con tutti i mezzi possibi-li gli interessi del popolo e della libertà contro le forze reazionarie. Queste ultime, com’è noto, ebbe-ro il sopravvento. La Nuova gaz-zetta renana fu interdetta; Marx, che durante l’emigrazione aveva perduto la cittadinanza prussiana,

venne espulso; Engels prese par-te all’insurrezione armata del po-polo, combatté in tre battaglie per la libertà e, dopo la sconfitta degli insorti, fuggi, attraverso la Svizze-ra, a Londra.

Anche Marx andò a stabilirsi in quella città. Engels ben presto di-ventò impiegato e in seguito socio della stessa ditta commerciale di Manchester dov’era stato impiega-to dal 1842 al 1844. Fino al 1870 egli visse a Manchester e Marx a Londra, cosa che non impedì loro di trovarsi nella più stretta comu-

nanza di idee: si scrivevano quasi ogni giorno. In questa corrispon-denza i due amici si scambiavano opinioni e cognizioni, e continua-vano a elaborare in comune il so-cialismo scientifico. Nel 1870 En-gels si trasferì a Londra, e la loro comune vita intellettuale, colma d’intenso lavoro, continuò fino al 1883, anno della morte di Marx. Frutto di questo lavoro furono: da parte di Marx, Il capitale, la più prodigiosa opera di economia po-litica del nostro secolo; da parte di Engels, tutta una serie di ope-re grandi e piccole. Marx lavorava all’analisi dei complessi fenomeni dell’economia capitalista. Engels, in opere scritte in forma piana, non di rado polemica. chiariva le questioni scientifiche più genera-li e i diversi fenomeni del passato e del presente alla luce della con-cezione materialistica della storia e della teoria economica di Marx. Di questi lavori di Engels ram-mentiamo: la sua opera polemica contro Dühring (dove sono esa-minati i più importanti problemi della filosofia e delle scienze na-

turali e sociali)**, L’origine del-la famiglia, della proprietà priva-ta e dello Stato (tradotto in russo a Pietroburgo, 3° edizione, 1895)(8), Ludovico Feuerbach (traduzio-ne russa con il commento di G. Plekhanov, Ginevra, 1892)(9), l’ar-ticolo sulla politica estera del go-verno russo (tradotto in russo nel Sozial-Demokrat di Ginevra, nn. 1 e 2)(10), i notevoli articoli sulla que-stione delle abitazioni(11), ed infine due brevi ma preziosissimi artico-li sullo sviluppo economico del-la Russia (Friedrich Engels sul-

la Russia, tradotto in russo da V. Zasulic, Ginevra, 1894)(12). Marx morì senza aver potuto elabora-re definitivamente la sua gigante-sca opera sul capitale. La minuta, però, era già pronta, e così Engels, dopo la morte dell’amico, si accin-se al difficile compito di redigere e di pubblicare il II e il III volume del Capitale. Nel 1885 egli die-de alle stampe il II volume e nel 1894 il III (non fece in tempo a re-digere il IV volume)(13). Questi due volumi richiesero un grandissimo lavoro. Il socialdemocratico au-striaco Adler osservò giustamen-te che, con la pubblicazione del II e del III volume del Capitale, En-gels eresse al suo geniale amico un monumento maestoso, sul quale involontariamente incise, a lettere indelebili, il proprio nome. Infat-ti, questi due volumi del Capitale sono opera di entrambi, di Marx e di Engels. Le antiche leggende tra-mandano diversi esempi commo-venti di amicizia. Il proletariato europeo può dire che la sua scien-za è stata creata da due scienziati e militanti i cui rapporti personali

superano tutte le più commoven-ti leggende antiche sull’amicizia umana. Engels si è sempre pospo-sto, e del resto a giusta ragione, a Marx. «Vicino a Marx - scrisse egli a un vecchio amico - non ero che il secondo violino»(14). Il suo amore per Marx vivente e la sua venerazione per la memoria del defunto erano illimitati. Questo militante austero, questo rigoroso pensatore aveva un’anima profon-damente affettuosa.

Dopo il movimento del 1848-1849, Marx ed Engels, in esilio, non si occuparono unicamente di scienza. Marx fondò nel 1864 l’Associazione internazionale de-gli operai, e durante tutto un de-cennio diresse quest’associazione, al cui lavoro partecipò attivamente anche Engels. L’attività dell’Asso-ciazione internazionale, che univa, secondo il pensiero di Marx, i pro-letari di tutti i paesi, ebbe un’enor-me importanza per lo sviluppo del movimento operaio. E, nonostan-te lo scioglimento dell’Associa-zione internazionale, avvenuto nel 1872, la funzione unificatrice di Marx e di Engels non s’interruppe.

Al contrario, si può dire che la loro importanza come dirigenti spiri-tuali del movimento operaio creb-be sempre più, perché il movimen-to stesso continuò a svilupparsi ininterrottamente. Dopo la morte di Marx, Engels continuò da solo a essere il consigliere e il dirigen-te dei socialisti europei. A lui si ri-volgevano per consigli e direttive sia i socialisti tedeschi, la cui forza cresceva rapidamente e incessan-temente nonostante le persecuzio-ni del governo, sia i rappresentanti dei paesi arretrati, per esempio gli spagnuoli, i romeni, i russi, i quali dovevano ben ponderare i loro pri-mi passi. Essi attingevano tutti al ricco patrimonio di conoscenze e di esperienze del vecchio Engels.

Marx e Engels, che conosceva-no entrambi la lingua russa e leg-gevano i libri russi, s’interessavano vivamente alla Russia, seguivano con simpatia il movimento rivo-luzionario russo e mantenevano delle relazioni con i rivoluziona-ri russi. Entrambi erano diventati socialisti dopo essere stati demo-cratici, e il sentimento democrati-co di odio verso l’arbitrio politico era in essi estremamente vigoroso. Questo sentimento politico innato, unito alla profonda comprensione teorica del nesso esistente tra l’ar-bitrio politico e l’oppressione eco-nomica, e la ricca esperienza di vita resero Marx ed Engels sensi-bilissimi proprio dal punto di vista politico. Perciò la eroica lotta di un esiguo gruppo di rivoluziona-ri russi contro il potente governo zarista suscitò nell’animo dei due provati rivoluzionari il più vivo consenso. Al contrario, la tenden-za a eludere col pretesto dei van-taggi economici il compito più im-mediato e importante dei socialisti russi, la conquista delle libertà po-litiche, non solo sembrò loro so-spetta, ma persino un tradimento della grande causa della rivoluzio-ne sociale. «L’emancipazione del

proletariato deve essere opera del proletariato stesso»: ecco che cosa insegnavano costantemente Marx ed Engels. Ma, per lottare per la propria emancipazione economi-ca, il proletariato deve conqui-starsi determinati diritti politici. Inoltre Marx ed Engels vedeva-no chiaramente che la rivoluzione politica in Russia avrebbe avuto un’enorme importanza anche per il movimento operaio dell’Europa occidentale. La Russia autocratica è sempre stata il baluardo di tutta la reazione europea. La situazione internazionale estremamente favo-revole in cui era venuta a trovarsi la Russia in seguito alla guerra del 1870, che seminò per lungo tem-po la discordia tra la Germania e la Francia, naturalmente fece au-mentare l’importanza della Russia autocratica come forza reaziona-ria. Soltanto una Russia libera, che non abbia bisogno né di opprime-re i polacchi, i finlandesi, i tede-schi, gli armeni e altri piccoli po-poli, né di aizzare continuamente l’una contro l’altra la Francia e la Germania, permetterà all’Europa contemporanea di liberarsi final-mente dal peso della guerra, inde-bolirà tutti gli elementi reaziona-ri in Europa e accrescerà la forza della classe operaia europea. Ecco perché Engels desiderava ardente-mente, anche per il successo del movimento operaio in Occidente, l’instaurazione della libertà politi-ca in Russia. I rivoluzionari russi hanno perduto in lui il loro miglio-re amico.

Memoria imperitura a Frie-drich Engels, al grande combat-tente e maestro del proletariato!

(Lenin, Friedrich Engels, scrit-to nell’autunno 1895, pubblica-to per la prima volta nel 1896, in Rabotnik(15), N. 1-2, Opere com-plete, Editori Riuniti, vol. 2, pagg. 9-18)

N. 31 - 7 agosto 2014 Engels / il bolscevico 9

Note

* Marx ed Engels più di una volta hanno affermato di essere in gran par-te debitori della loro evoluzione intel-lettuale ai grandi filosofi tedeschi, e In particolare a Hegel. Senza la filosofia tedesca, ha detto Engels, non vi sareb-be nemmeno il socialismo scientifico (F. Engels, La guerra dei contadini in Germania, Roma, Edizioni Rinascita, 1949, p. 24- P. 9.).

** È un libro meravigliosamente istruttivo e ricco di contenuto. Di esso, purtroppo, è stata tradotta in russo sol-tanto una piccola parte, che contiene un saggio storico sullo sviluppo del socialismo (Lo sviluppo del sociali-smo scientifico, 2a ed., Ginevra, 1892) (La traduzione russa dell’Antidühring, che fu pubblicata per la prima volta nel 1904, fu definita da Lenin estre-mamente insoddisfacente (cfr. Prefa-zione di Lenin, in K. Marx, Lettere a Kugelmann, Roma, Edizioni Rinasci-ta, 1950, p. 11. Per Lo sviluppo del socialismo scientifico cfr. F. Engels, L’evoluzione del socialismo dall’uto-pia alla scienza, Roma, Edizioni Rina-scita, 1951, p. 13. - P. 15.).

(1) dal poema di N. A. Nekrasov “In Memoria di Dobrolyubov”.

(2) F. Engels, Die Lage der ar-beitenden Klasse in England, Berlin, Dietz Verlag, 1952, pp. 399. - P. 12.

(3) K. Marx - F. Engels, La sacra famiglia, ovvero critica della Critica critica. Contro Bruno Bauer e consor-ti, Roma, Edizioni Rinascita, 1954. - P. 13.

(4) Della rivista Deutsch-Französi-sche Jahrbücher, fondata da K. Marx e da A. Ruga a Parigi nel 1844, uscì un solo fascicolo (doppio). - P. 14.

(5) F. Engels, Umrisse zu einer Kritik der Nationaloekonomie, in Marx-Engels Gesamtausgabe, Erste Abteilung, B. 2: Fr. Engels Werke und Schriften bis Anfang 1844, Berlin, Marx-Engels Verlag, 1931, pp. 379-404. - P. 14.

(6) La Lega dei comunisti, pri-ma organizzazione internazionale del proletariato, venne fondata a Londra nell’estate del 1847 in un congresso cui intervennero delegati delle orga-nizzazioni proletarie rivoluzionarie di vari paesi. Essa visse sino al 1852. Per la sua storia cfr. l’articolo di F. Engels, Per la storia della Lega dei comunisti, in K. Marx - F. Engels, Il Partito e l’In-ternazionale, Roma, Edizioni Rinasci-ta, 1948, pp. 11-31. - P. 14.

(7) Neue Rheinische Zeitung: si pubblicò a Colonia dal 10 giugno 1848 al 19 maggio 1849. «Nessun giornale tedesco — scrisse Engels — né pri-ma, né dopo, ha mai posseduto tanta forza e tanta influenza, ha mai saputo elettrizzare le masse proletarie quan-to la Neue Rheinische Zeitung » (cfr. Marx e la «Neue Rheinische Zeitung» (1848-1899), in K. Marx - F. Engels, Il Partito e l’Internazionale, ed. cit., p. 86. Nel suo articolo Karl Marx Lenin definisce questo giornale «il migliore organo di stampa, mai più superato, del proletariato rivoluzionario» (cfr. la Bibliografia in appendice all’articolo Karl Marx; vol. 21 della presente edi-zione). - P. 14.

(8) F. Engels, L’origine della fa-miglia, della proprietà privata e del-lo Stato, Roma, Edizioni Rinascita, 1950. - P. 15.

(9) F. Engels, Ludovico Feuerbach e il punto d’approdo della filosofia classica tedesca, Roma, Edizioni Ri-nascita, 1950. - P. 15.

(10) Sozial-Demokrat (Il social-democratico): rassegna politico-lette-raria, pubblicata all‘estero negli anni 1890-1892 dal gruppo «Emancipazio-ne del lavoro»; complessivamente ne uscirono quattro numeri. L’articolo di Engels Die auswärtige Politik des rus-sischen Zarenthums (La politica estera dello zarismo russo) fu pubblicato per la prima volta in tedesco in Neue Zeit, 1890, VIII, 5, e contemporaneamente in inglese in Time, giugno 1890. - P. 15.

(11) F. Engels, La questione delle abitazioni, Roma, Edizioni Rinascita, 1950. - P. 15.

(12) I due articoli di Engels Sozia-les aus Russland (Sulla società russa) furono pubblicati nel 1875 sul Volks-staat e ripubblicati nel volume F. En-gels, Internationales aus den Volks-staat, Berlino, 1894. Per la traduzione italiana cfr. Cose internazionali estrat-te dal «Volksstaat», in Marx-Engels-Lassalle, Opere, vol. IV, Milano, Soc. Ed. e Avanti! », 1914. - P. 15.

(13) Secondo l’indicazione di En-gels, Lenin chiama quarto volume del Capitale l‘opera di Marx Teorie sul plusvalore. Nella prefazione al secon-do volume del Capitale Engels scrive: «Mi riservo di pubblicare come Libro IV del Capitale la parte critica di que-sto manoscritto [Teorie sul plusvalo-re], escludendo i numerosi passi già svolti nei Libri II e III» (cfr. K. Marx, IlCapitale, Roma, Edizioni Rinascita, 1953, Libro II, 1, p. 10). Quest‘ope-ra venne pubblicata nel 1905-1910, a cura di Kautsky, dopo la morte di En-gels. - P. 16.

(14) Lettera di Engels a J. Ph. Be-cker del 15 ottobre 1884. - P. 16.

(15) Rabotnik (Il lavoratore): rivi-sta non periodica pubblicata all’este-ro dall’Unione dei socialdemocratici russi» dal 1896 al 1899, per iniziativa di Lenin. Il 25 aprile (7 maggio) 1895 Lenin si recò all’estero per mettersi in contatto col gruppo dell’«Emancipa-zione del lavoro» e per conoscere da vicino il movimento operaio dell’Eu-ropa occidentale. In Svizzera discusse i problemi relativi alla nuova pubbli-cazione con G. V. Plekanov, P. B. Aze-lrod e altri membri del gruppo. Torna-to in Russia nel settembre dello stesso anno, svolse un intenso lavoro per as-sicurare alla rivista articoli e corri-spondenze dalla Russia c raccogliere i fondi necessari. Il primo numero del Rabotnik, sul quale, oltre all’articolo Friedrich Engels, comparvero anche alcune corrispondenze di Lenin, uscì verso il marzo 1896. Complessiva-mente uscirono 6 numeri del Rabotnik (in tre fascicoli) e 10 numeri del Li-stok «Rabotnika» [Foglio de «Il lavo-ratore »]. - P. 8.

In occasione del suo 70° compleanno nel 1890 Engels ricevette centinaia di messaggi dai lavoratori di tutto il mondo e alcuni regali. Nella foto un coltellino multiuso, molto gradito da Engels, inviatogli dalla Germania dai lavoratori di Solingen. Nella dedica incisa sulla lama si legge “Al primo e nobile combattente del proletariato, Frederick Engels, 1890, Solingen”

La copertina dello scritto di Engels pubblicato nel 1893 dal titolo “L’Eu-ropa si può disarmare?”. Engels denuncia la corsa agli armamenti di Francia, Germania e Inghilterra prevedendo la guerra che si sareb-be potuta scatenare per la ricerca di nuovi mercati in conseguenza della grave crisi economica degli anni pre-cedenti.

Engels collaboro con decine di riviste di orientamento socialista di molte parti d’Europa e dedicò una delle sue ultime prefazioni alla nuova edizione italiana del Manifesto del Partito comunista uscita nel 1893

La copertina dell’opera di Engels “L’origine della famiglia, della pro-prietà privata e dello stato” pubblicata nel 1884

2 il bolscevico / documento dell’UP del PMLI N. 23 - 12 giugno 2014

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Coerenti con i valori della ResistenzaSpazziamo via il governo del Berlusconi democristiano Renzi che sta cambiando

la Costituzione secondo il piano della P2 completando

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PERCHE' FIRENZE SIA GOVERNATA DAL POPOLO E AL SERVIZIO DEL POPOLO CI VUOLE IL SOCIALISMO

DELLA LIBERAZIONE DI FIRENZEDAL NAZI-FASCISMO

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VIVA IL

70°1944 - 11 Agosto - 2014

N. 31 - 7 agosto 2014 firenze / il bolscevico 11Come e peggio di Renzi

IL NUOVO SINDACO NARDELLA VUOLE PRIVATIZZARE FIRENZEProgramma incentrato su svendita della città, “grandi opere” e privatizzazioni. Il bluff delle migliaia di posti di lavoro

PROTESTA IN CONSIGLIO COMUNALE DEGLI ATTIVISTI CONTRO LA LINEA 3 DELLA TRAMVIARedazione di Firenze �Il neopodestà Dario Nardel-

la (PD) sta seguendo con grande slancio le orme di Matteo Ren-zi, sia nella sostanza del suo pro-gramma, sia nel metodo presi-denzialista che mescola incontri diretti con la popolazione ad an-nunci a effetto, dando per “ov-via” l’assenza di ogni dibattito in giunta e Consiglio comunale. A pochi giorni dalla scontata elezio-ne di fine maggio è subito anda-to a Palazzo Chigi per concordare con Renzi “le questioni aperte tra la città e il governo e dei progetti che riguardano il futuro della no-stra città”.

Al Consiglio del 21 luglio Nar-della ha presentato le linee guida del suo programma di mandato con un intervento fiume, correda-to da megadiapositive in cui ha il-lustrato le sue intenzioni a grandi linee, senza consegnare un testo scritto e senza prevedere un dibat-tito. Un anticipo che di fatto svuo-ta discussione e voto sul docu-mento completo previsto entro la fine di novembre.

Titolo del programma: “Firen-ze città delle opportunità” - per i grandi capitalisti, aggiungiamo-noi, e infatti subito Nardella invo-ca “una regia collettiva del gover-no della città, pubblica e privata” che dovrebbe gestire la “riquali-ficazione” di 1 milione e 400.000 metri quadrati di superficie linea-re, pubblica e privata, da destinare a nuovi scopi. “Sarà la più grande opera di trasformazione e riqua-lificazione che Firenze abbia mai avuto nell’ultimo secolo con nuo-

vi progetti di marketing territoria-le come mai è stato fatto prima”.

Una mega speculazione edi-lizia che interessa le caserme di-smesse, la Manifattura Tabacchi, l’area ferroviaria della Leopolda, San Salvi, San Lorenzo (da dove è iniziata la cacciata degli ambulan-ti), l’ex gasometro.

Nardella annuncia anche forti investimenti per accelerare la re-alizzazione delle grandi opere: il nuovo stadio con un investimen-to stimato intorno ai 250 milioni di euro (anche se non tutti a carico del Comune), 450 milioni di euro per le linee 2 e 3 della tramvia, bocciate dal referendum del 2008, particolarmente la linea 3, alcuni attivisti erano presenti in aula con-testando il neosindaco con cartelli, perché in alcuni punti impedireb-be il traffico privato e addirittura il

transito delle ambulanze. Nardella vuole accelerare i lavori del sotto-attraversamento TAV e della nuo-va stazione sotterranea. In questo quadro ha nominato Giacomo Pa-renti direttore generale di Palazzo Vecchio, già alto funzionario co-ordinatore dell’area sviluppo ur-bano per Renzi.

Progetti che conta di finanzia-re con almeno 200 milioni euro concordati col premier Renzi per ospitare il G8 nel 2017, ipotesi che il megalomane Nardella considera già sicura. L’ampliamento dell’ae-roporto dovrebbe, in questa pro-spettiva, essere di una portata tale da rendere possibile l’atterraggio dell’Airforce One (l’aereo presi-denziale USA) e quindi dei grandi aerei di linea.

Vorrebbe anche organizzare un G8 della “Cultura”, sembra nel 2016.

Nardella poi vorrebbe riunire nel Progetto Grandi Eventi il con-trollo dei contenitori dei meeting e degli eventi culturali. Annunciata la riapertura del teatro Niccolini, mentre il nuovo teatro dell’Ope-ra sarà operativo dal 1° settem-bre; l’ex tribunale di piazza San Firenze dovrebbe essere ristruttu-rato per ospitare eventi collegati a Expo 2015.

Il dialogo con i grandi capitali-sti sarà privilegiato e diretto, pro-babilmente il 16 settembre si ter-rà una sorta di “Consiglio delle aziende” con le principali impre-se private.

Particolarmente interessato ai rapporti internazionali nel pro-gramma elettorale Nardella ha annunciato: “Supporteremo la nascita della nuova Scuola di Go-vernance dell’Università Euro-

pea, il Campus della Tongji Uni-versity di Shanghai, cuore di un network globale di Università e lo sviluppo multipolare del Sino-Italian Design Center a Firenze e Shanghai”.

Fra i primi atti di Nardella è stato l’annuncio della vendita di oltre 1.000 alloggi di proprietà del comune e affittati a canone socia-le, mentre il 1° luglio sono stati sgomberati con un blitz i circa 150 occupanti, fra cui molti bambini, di Villa Carobbi a Novoli.

Il 24 giugno ha assegnato il Fiorino d’oro ai rappresentati del-le religioni monoteiste, il cardina-le Giuseppe Betori, l’iman Izzedin Elzir e il rabbino Joseph Levi. Tra i premiati ci sono anche la fonda-zione Angeli del bello voluta da Matteo Renzi.

Un programma, come si vede, tutto incentrato sugli interessi dei grandi industriali e sulla privatiz-zazione di Firenze.

Le poche parole che aveva spe-so Nardella nel programma elet-torale sul sociale sono diventa-

te proposte di tagli da paura: per gli anziani assistenza domiciliare integrata accorciando le degen-ze ospedaliere e abbattendo i co-sti a scapito del servizio, come si sa bene. Il 25% di posti-letto delle Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) convertite in riabilitazione. Istituzione in ogni ospedale una “unità di crisi geriatrica”, che per evitare ricoveri entro 24 ore valuti ambulatorialmente gli anziani a ri-schio di crisi.

E per quanto riguarda il proble-ma centrale del lavoro solo vaghe promesse, legate alla realizzazione delle “grandi opere” per le quali si paventavano migliaia e migliaia di occupati e un tot di stabili; nes-sun piano specifico, nessuna paro-la sulla salvaguardia delle azien-de in crisi, promessi anzi tagli alla “macchina” comunale cioè ai ser-vizi come sempre accade.

Una giunta antipopolare da smascherare e combattere, contan-do sull’unità nella lotta per la di-fesa del lavoro, dei servizi sociali, contro le privatizzazioni.

NON SOLO “OMBRA” DI RENZI

Amicizie e interessi economici del neopodestà Nardella

Redazione di Firenze �Nato nel 1975 a Torre del Gre-

co (Napoli), arriva da piccolo a Firenze e diventa docente di giu-risprudenza; nel 2004 viene elet-to consigliere comunale a Firenze nei DS e qui conosce Marco Car-rai, già intimo di Renzi. Dal 2006 al 2008 diventa consigliere giuri-dico del boss Vannino Chiti, mini-stro per i Rapporti col parlamento e le riforme istituzionali del gover-no Prodi ed ex governatore regio-nale della Toscana. Nel 2013 vie-ne eletto alla Camera dei deputati.

Con Carrai, Enzo Cheli e Le-onardo Morlino nel 2005 dà vita a Eunomia, che ancora oggi or-ganizza master dal costo di 2.500 euro per la formazione politica per amministratori, con relatori che vanno da Denis Verdini a Mas-simo D’Alema, da Lorenzo Bini Smaghi a Giulio Napolitano (fi-glio del capo dello Stato Giorgio).

Eunomia fa da bacino di con-sensi e unirà molti degli amici renziani di oggi. Patrocinata da Comune e Provincia di Firenze, fi-nanziata, tra gli altri, da Eni, Coop

e Ente Cassa di Risparmio di Fi-renze, dove Carrai è consigliere.

Di Eunomia Nardella è tuttora direttore, presidente è Enzo Cheli, vicepresidente emerito della Corte Costituzionale; Carrai è responsa-bile delle relazioni esterne mentre tesoriere è Francesco Neri, pre-sidente del Consorzio nazionale Con.Opera della Compagnia del-le Opere (CdO), associazione di imprese fondata dagli affaristi di Comunione e Liberazione. Un’as-sociazione di tipo imprenditoriale presente principalmente in Italia con 40 sedi e associa circa 34.000 imprese, per maggioranza piccole e medie aziende, e circa 1.000 or-ganizzazioni non profit. L’associa-zione ha 15 sedi all’estero, in Ar-gentina, Brasile, Bulgaria, Cile, Francia, Israele, Kenya, Polonia, Spagna, Svizzera, Ungheria.

Eunomia ha ospitato anche Giorgio Vittadini, tra i fondatori del Meeting di Rimini, fondatore e presidente fino al 2003 proprio della CdO.

Ma i legami di Nardella con la CdO sono più profondi: sua mo-

glie Chiara Lanni è consigliere di Con.Opera, già vicepresidente del Cda della cooperativa Acchiappa-stelle, oggi vicepresidente del Cda della cooperativa Cavallo Bianco, entrambe legate al consorzio del-la CdO e con rapporti economici con il Comune di Firenze. Un’in-terrogazione in Consiglio comu-nale del gennaio scorso avanzata da Tommaso Grassi su tali rappor-ti del gennaio scorso non ha avu-to risposta.

Nardella, appena otto giorni pri-ma delle elezioni ha firmato come vicesindaco la nomina di Simone Tani a nuovo amministratore uni-co della controllata Sas; insedia-ti nel Cda della Mercafir Bianca Maria Giogoli, ex PDL, poi FLI e da poco nelle liste “noi con Matteo Renzi”, e Lorenzo Petretto, figlio dell’assessore al bilancio. Nardel-la sta consolidando anche i rap-porti con i poteri economici loca-li. Come il nuovo presidente della Camera di Commercio di Firenze, Leonardo Bassilichi. Renziano ma anche assai vicino al numero uno di Confindustria, Giorgio Squin-

zi, Bassilichi punterebbe anche a conquistare la presidenza degli in-dustriali fiorentini.

Il nome di Dario Nardella spun-ta nelle carte di diverse inchieste.

Il due gennaio 2008 l’architet-to Gaetano Di Benedetto, tecni-co di Palazzo Vecchio accusato di truffa e ritenuto vicino alla cricca di Angelo Balducci, viene inter-cettato mentre spiega come arri-vare a ottenere gli appalti e dice: “C’è una persona emergente, pre-parati, te lo troverai avanti nel fu-turo: Nardella, Dario Nardella”. Dopo poco più di un anno è Ric-cardo Fusi, indagato nell’inchie-sta Grandi Opere e arrestato per il fallimento di alcune società, a raccontare degli incontri avuti con Renzi “e il vicesindaco lì, il Nar-della”. Dall’inchiesta sulla Btp si comprende come Fusi e il suo so-cio Nencini giochino su tutti e tre i fronti: Renzi, Nardella e Carrai, che Fusi aveva conosciuto il 22 ot-tobre 2007 partecipando alla pri-ma iniziativa di raccolta fondi pro Renzi organizzata dall’associazio-ne Noi Link.

LA NUOVA GIUNTA E IL NUOVO CONSIGLIO COMUNALE DI FIRENZE

GiuntaDario Nardella: sindaco,

tiene per sé le deleghe della Cul-tura, Polizia Municipale, Servizi demografici e Sicurezza urbana

AssessoriCristina Giachi: vicesin-

daco e assessore a Educazione, Università e ricerca. Nel 2008 entra nel PD, dal 2009 al fianco di Matteo Renzi. È lei che butta giù il testo di molti dei “100 pun-ti” del neopodestà. Entra nella giunta Renzi nel gennaio 2010.

Titta Meucci: assessore a Urbanistica e Politiche del terri-torio, Patrimonio non abitativo. Aveva lo stesso incarico nella giunta Renzi

Sara Funaro: assessore a Welfare e sanità, Accoglienza e integrazione, Pari opportuni-tà, Casa. Ex collaboratrice del-la vicesindaco di Renzi Stefania Sacccardi

Stefano Giorgetti: asses-sore a Lavori pubblici e grandi opere, Viabilità e manutenzio-ne, Trasporto pubblico locale. Aveva seguito questi settori per le giunte provinciali di Renzi e Barducci

Giovanni Bettarini: asses-sore a Sviluppo economico, Tu-rismo, Città metropolitana. Per 10 anni sindaco di Borgo S. Lo-renzo (Firenze)

Federico Gianassi: asses-sore a Organizzazione e persona-le, Lavoro, Decentramento, Tra-sparenza e semplificazione

Andrea Vannucci: asses-sore allo Sport.

Lorenzo Perra: assessore a Bilancio, Partecipate, Fondi eu-

ropei, Innovazione tecnologica e sistemi informativi. Direttore dell’Ato rifiuti

Alessia Bettini: assesso-re a Ambiente e igiene pubblica, Decoro urbano e Partecipazio-ne (si intende partecipazione del comune nelle varie spa). Capo staff organizzativo della campa-gna elettorale di Dario Nardella e funzionario sindacale di Con-fesercenti

Nicoletta Mantovani: as-sessore a Cooperazione e rela-zioni internazionali. Vedova del tenore Luciano Pavarotti, già as-sessore a Bologna nella giunta di Flavio Delbono

ConsiglieriStefano Boeri (architetto)

per la cultura ed i grandi Eventi.Fabrizio Landi (ex ad di

Esaote) all’Economia.Alessandro Petretto (ex

assessore al bilancio della giunta Renzi) sarà consigliere per la finanza pubblica

Giuseppe Quattrocchi (ex capo della Procura di Firenze) alla legalità e sicurezza.

Consiglio comunaleConsiglieriPD 25 M5S 3 Forza Italia 4 Firenze riparte a sinistra,

SEL, Firenze a sinistra, PRC 3 La Scaletti, La Firenze viva 1Fratelli d’Italia, Alleanza na-

zionale 1Presidente Caterina Biti (PD),

unanimità con 7 schede bianche, votata anche da Forza ItaliaVicepresidenti Donella Verdi

(SEL) e Giampiero Gallo (PD)

Renzi istruisce Nardella, suo “erede” alla poltrona di sindaco di Firenze

12 il bolscevico / cronache locali N. 31 - 7 agosto 2014

RISOLUZIONE DELLA CELLULA “VINCENZO FALZARANO” DI FUCECCHIO DEL PMLI SUL RAPPORTO DI SCUDERI AL CC DEL PARTITO

Lo sviluppo del PMLI non dipende da “Il Bolscevico” cartaceo ma dal successo della sua linea politica e dal radicamento sociale

ATTUIAMO IL RAPPORTO DI SCUDERI CHE CI INVITA ALL’UNITÀ E CI SPRONA ALLA LOTTAI militanti della Cellula han-

no letto e studiato il Rapporto di Scuderi, e anche il suo relativo co-municato, sia singolarmente che collettivamente. Il compagno Se-gretario generale Giovanni Scuderi ha portato all’attenzione del CC, e poi dei militanti di base, i problemi e le situazioni che attualmente at-traversa il Partito. A questo riguar-do viene trattata la questione della sospensione cartacea del Bolscevi-co e la chiusura dell’Attività Vita-le che per oltre 40 anni ha di fatto sostenuto economicamente tutta la propaganda del PMLI.

Si capisce dal comunicato che la questione è stata trattata in modo serio e approfondito e ne vengo-no fuori errori di direzione. Pre-si dal grande lavoro richiesto per questa attività più di un compagno ha commesso degli errori che han-no danneggiato questa particolare attività di seconda linea del Parti-to. I compagni della Cellula di Fu-cecchio però sono d’accordo con il comunicato quando afferma che il naufragio di questa esperienza, in conseguenza del perdurare del-la crisi economica del capitalismo, forse non sarebbe stato comunque evitabile. Si associa quindi al CC

nel ringraziare per lo sforzo sovru-mano i protagonisti di questa lunga ed epica impresa.

Questa inevitabile chiusura ha portato al peggioramento della si-tuazione economica, uno dei tre problemi fondamentali elenca-ti da Scuderi nella sua relazione, che frenano lo sviluppo del Parti-to. Una questione al momento irri-solvibile. Nel caso di nuove attività economica per il sostentamento del Partito si dovranno comunque te-

nere bene a mente gli insegnamenti della chiusura dell’Attività Vitale e mantenere sempre al centro, anche in questo ambito, il marxismo-leni-nismo-pensiero di Mao.

L’altro problema è l’allarga-mento del gruppo di compagni che lavorano al Centro, diventato im-pellente per il lavoro crescente e per l’età avanzata di alcuni dei suoi componenti. Infine il terzo, ma non per importanza, è il radicamento locale, questione che ci riguarda di-

rettamente. I compagni fucecchiesi credono che la situazione politica nazionale e internazionale abbia un peso anche a livello locale ma, se non siamo riusciti a ottenere dei successi e degli avanzamenti signi-ficativi sul radicamento, dobbia-mo anche chiederci dove abbiamo sbagliato. Sicuramente la denuncia delle amministrazioni locali è mol-to debole, è sempre stato il nostro tallone d’Achille e la Cellula dovrà migliorarsi, aumentare il suo volu-me di fuoco e sperimentare nuove strategie.

La Cellula appoggia totalmente il rapporto di Scuderi e trova edu-cativa ed illuminante quella par-te dedicata alle contraddizioni nel Partito. Esse sono assolutamente normali e noi dobbiamo imparare a trattarle meglio tenendo presen-te anche gli insegnamenti di Mao su questo tema. Al bando l’indivi-dualismo, il personalismo, il liberi-smo, avere sempre come scopo su-premo il bene e l’unità del Partito. Essere pazienti e comprensivi con chi si dimostra in buona fede, vigili e quando occorre intransigenti con gli elementi subdoli, i frazionisti e gli individualisti.

Certe posizioni, specie quel-

le che non mettono in discussione temi fondamentali, possono essere anche diverse, purché si rispetti la maggioranza, sarà il tempo a stabi-lire chi ha ragione e comunque sia i rapporti con il Partito devono rima-nere stretti e franchi, senza scade-re nel correntismo o nei “regni in-dipendenti”, pratiche inaccettabili per il PMLI.

Il compagno Scuderi con questo rapporto ci invita a voltare pagina e, assorbiti i colpi della chiusura dell’Attività Vitale e di alcune con-traddizioni nel CC, a ricompattare il gruppo dirigente e tutto il Partito. Lo sviluppo del PMLI non dipende dall’esistenza o meno del Bolsce-vico cartaceo ma dall’applicazione e dal successo della sua linea poli-tica, dal suo radicamento sociale.

Non ci dobbiamo dimenticare i successi come la ricostituzione dopo tanti anni della Commissio-ne giovanile centrale e il rilancio del lavoro sindacale. Pur chiuden-do due sedi, abbiamo inaugurato la nuova e splendida sede di Firenze che i compagni di Fucecchio han-no potuto ammirare. Lo stesso Bol-scevico non è assolutamente morto ma continua on-line la sua vita più bello e rosso che mai grazie anche

a nuovi collaboratori. Al proposi-to informiamo che anche la Cel-lula “Vincenzo Falzarano “ di Fu-cecchio con il numero 27/2014 ha iniziato a stampare il giornale nel formato che fu cartaceo (A3), per ora in una sola copia e in bianco e nero. Copia che dopo la nostra let-tura verrà lasciata alla Casa del po-polo di Fucecchio assieme ad altre riviste politiche.

Riguardo alla parte dove si il-lustra la nostra posizione elettora-le per le amministrative ed europee non abbiamo niente da aggiungere poiché totalmente in accordo con il documento. Stesso discorso riguar-do al nostro giudizio sul governo Renzi. Tra l’altro il Partito è stato il primo, da sinistra, a denunciare la natura presidenzialista e antipo-polare del governo del Berlusconi democristiano.

Mettiamo in pratica il rapporto di Scuderi che ci invita all’unità e ci sprona alla lotta, per l’Italia uni-ta, rossa e socialista,

Coi Maestri e il PMLI vincere-mo!Cellula “Vincenzo Falzarano” di

Fucecchio del PMLIFucecchio, 28 giugno 2014

A causa dell’incredibile incuria di palazzi e gallerie in centro città

RAGAZZO DI 14 ANNI MUORE PER IL CROLLO DI UN PEZZO DI FACCIATA A NAPOLI

Redazione di Napoli �Un fatto di una gravità inaudi-

ta e senza precedenti è accaduto a Napoli: un ragazzo di 14 anni, Sal-vatore Giordano, di Marano, un comune alle porte della città ca-poluogo, è stato travolto dal crollo di una facciata della centralissima Galleria Umberto I, nel cuore citta-dino, mentre passeggiava assieme ai suoi amici. Dopo qualche gior-no di agonia, il 9 luglio Salvatore spirava tra la disperazione della fa-miglia per un fatto luttuoso quanto incredibile e che si poteva e dove-va assolutamente evitare, tanto che i condomini dei palazzi circostan-ti, nonché i passanti avevano più volte denunciato che calcinacci e pezzi di cemento si erano stacca-ti dalla Galleria costruita alla fine

dell’Ottocento, non ricevendo mai quel serio intervento di rifacimen-to, neanche delle facciate decaden-ti e fatiscenti.

Aveva destato già clamore, lo scorso 12 maggio, il crollo par-ziale di una parte dell’entrata del-la Galleria a ridosso di via Tole-do a due passi da piazza Trieste e Trento e piazza Plebiscito che non aveva compromesso l’incolumità dei passanti, ma creato solo dan-ni con messa di transenne per evi-tare il peggio ai passanti e ai turi-sti fermi per lo sconcerto di quello che accadeva. L’indifferenza di chi doveva intervenire e non è interve-nuto - prima fra tutti l’assessorato all’edilizia della città retto da Car-mine Piscopo – già aveva mietuto vittime nel passato e quella del gio-

vanissimo Salvatore non è l’unica morte per fatti del genere o comun-que analoghi: nel maggio 2013, in piena giunta arancione, l’incuria di via Tasso faceva sì che Cristi-na Alongi morisse schiacciata da un pino; nel novembre 2009 mori-va il noto artista napoletano Franco Nico, che infilava con la sua moto in una buca nella galleria Vittoria; nel dicembre 2006 Fabiola Di Ca-pua moriva sul colpo travolta da un palo in piena via Caracciolo.

Vergognosamente tutto era pas-sato sempre sotto silenzio e senza mai interventi seri che evitassero definitivamente eventi che il più delle volte venivano accostati alla “natura killer” (sic!). Persino Cgil, Cisl e Uil si svegliavano dall’atavi-co torpore e, in un comunicato, cri-

ticavano l’atteggiamento omissivo della giunta De Magistris e del suo assessore Piscopo mettendo in pri-mo piano il tema della conservazio-ne e della manutenzione di Napoli, soprattutto del centro cittadino. Sta di fatto che il neopodestà e la sua squadra incapace di far fronte ai problemi e alle esigenze della città non ha avanzato in questi tre anni e più uno straccio di proposta opera-tiva sul fronte urbanistico; ha bloc-cato o comunque non incentivato il progetto comunale “Sirena” con il quale le istituzioni locali interve-nivano per ristrutturare una parte del palazzi fatiscenti, soprattutto nella zona centrale del capoluogo campano; non ha speso nemme-no un euro dei cento milioni pro-messi per riammodernare il centro

storico. Tutti punti minimi per far fronte alla conservazione del patri-monio urbano che aveva subìto lo scempio dell’abbandono degli ulti-mi anni della giunta della DC Ier-volino.

Nel frattempo la Procura di Na-poli apriva d’ufficio un’inchiesta sull’accaduto per individuare le re-sponsabilità omissive colpose (si contesta, tra gli altri reati, l’omi-cidio colposo) indagando 45 tra tecnici del comune, proprietari e un amministratore di condominio. Manca clamorosamente una comu-nicazione anche per la giunta co-munale che esce indenne e viene addirittura individuata parte offe-sa dagli inquirenti, tra lo sconcer-to generale.

Ciliegina sulla torta, si fa per

dire, l’annuncio di De Magistris e compari di non presenziare ai funerali, tenutisi qualche giorno dopo a Marano di Napoli, di Sal-vatore, con “motivazioni” non del tutto chiarite ma “superate” dalla successiva proclamazione del lutto cittadino per il ragazzo morto.

Noi marxisti-leninisti ci uniamo alla famiglia di Salvatore esprimen-do la nostra massima solidarietà e vicinanza; al contempo siamo let-teralmente indignati per lo stato di degrado in cui versa Napoli a cau-sa della irresponsabilità della giun-ta antipopolare guidata dal neopo-destà narcisista De Magistris che ha mancato in modo eclatante tutta la pomposa “crono-programmazione” annunciata tre anni or sono per car-pire il voto dei napoletani.

La procura di Napoli apre un’inchiesta con decine di indagati, ma nessuno della giunta. De Magistris non partecipa ai funerali

PRESSO CASCINA LUNGA IN ZONA BOCCHETTO SESSERA (BIELLA)

Celebrata la fondazione della Seconda Brigata GaribaldiLa delegazione del PMLI accolta con calore da chi desiderava confrontarsi sulla politica nazionale e locale. A conclusione i manifestanti cantano in coro “Bella Ciao”

Dal corrispondente �dell’Organizzazione di Biella del PMLIDomenica 27 luglio si è cele-

brata la fondazione della “Seconda Brigata d’Assalto Garibaldi” i cui combattenti, durante i giorni della gloriosa Resistenza biellese, die-dero un notevole impulso concreto nelle battaglie, permettendo così di poter scrivere delle bellissime pa-gine antifasciste nella storia locale e nazionale.

Come ogni anno si sono dati ap-puntamento presso Cascina Lunga, in frazione Bocchetto Sessera nel Comune di Tavigliano (Biella), de-cine di partigiani e sinceri antifa-

scisti per ricordare la forza e l’im-pegno dei valorosi partigiani che tra mille sacrifici e rinunce hanno saputo sconfiggere concretamente la teppaglia fascista e nazista du-rante la lotta di Liberazione.

Poco prima dell’inizio della ce-lebrazione compagni militanti e simpatizzanti dell’Organizzazio-ne biellese del PMLI hanno diffu-so decine di volantini sul 25 Apri-le oltre al volantino di Partito di solidarietà col popolo palestine-se, massacrato dal governo sioni-sta, nazista ed imperialista di Israe-le, accolti con molta attenzione dai convenuti. Infatti non appena i no-stri compagni hanno dispiegato al

sole le rosse bandiere dei Maestri e del PMLI, in molti sono venuti a salutarci, anche per discutere con noi sia in riferimento alla dram-matica situazione di crisi econo-mica che va direttamente a colpi-re le masse popolari biellesi sia per denunciare l’uso politico che molti dirigenti biellesi del PD stanno fa-cendo dell’ANPI provinciale, oc-cupandone le poltrone significative e di potere, e trasformandola ormai cassa di risonanza dei proclami del partito di Renzi a livello locale.

Ha preso la parola per l’orazio-ne ufficiale il neo sindaco di Biella, in quota PD, l’avvocato Marco Ca-vicchioli, che in un discorso fred-

do e distante, in cui ha inizialmente riportato interamente la solita frase dell’azionista Piero Calamandrei sulla necessità di recarsi in mon-tagna per comprendere dove sono nati i valori che hanno successi-vamente dato alla luce la Costitu-zione del ’48, ha poi sproloquiato sulla necessità, a suo dire, di ren-dere i valori della Resistenza “cul-tura condivisa di tutti” esplicitando proprio “anche della destra e non solo della sinistra”. Dopo tale ver-gognosa affermazione tra i presenti si sono sentite bisbigliare della fra-si di scherno come: “Eh sì! I valo-ri della Resistenza anche per il Del Mastro” in riferimento ironico ad

un noto fascista locale che non per-de mai occasione per criticare vele-nosamente i partigiani e le eroiche gesta resistenziali.

La giornata si è conclusa tra le note e parole del bravissimo can-tante, impegnato politicamente, Fabrizio Zanotti che ha alternato

con la sua chitarra canzoni scritte di suo pugno alle più famose “Bel-la ciao” e “Fischia il vento” inter-pretate magistralmente e, come nel caso di Bella ciao, cantate anche da tutti i presenti. Ne è scaturita una bellissima atmosfera di lotta e uni-tà.

Le belle bandiere dei Maestri e del PMLI sventolano durante la celebrazione della fondazione della “Seconda Brigata d’Assalto Garibaldi” svoltasi il 27 luglio scorso in località Cascina Lunga in zona Bocchetto Sessera (Biella) (foto Il Bolscevico)

Una diffusione organizzata dalla Cellula “Vincenzo Falzarano” di Fucecchio del PMLI al mercato (foto Il Bolscevico)

2 il bolscevico / documento dell’UP del PMLI N. 23 - 12 giugno 2014

www.pmli.itSede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected]

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Fermiamo l’invasione di Gaza da parte dei sionisti nazisti israeliani e il genocidio del popolo palestinese

Al bando i criminali governanti di IsraeleAl bando i criminali governanti di Israele

Renzi condanna i bombardamenti

a Gaza. Ritira l'ambasciatore italiano

da Gerusalemme

Gaza libera!

14 il bolscevico / genocidio sionista a gaza N. 31 - 7 agosto 2014

MOBILITAZIONE A SOSTEGNO DI GAZA E DEL POPOLO PALESTINESE

MilanoCresce la mobilitazione contro il genocidio

sionista. Il PMLI con il cartello e gli slogan sostiene in modo militante

la lotta del popolo palestinese

Redazione di Milano �Sabato 26 luglio a Milano oltre

2mila manifestanti hanno risposto all’appello di mobilitazione na-zionale lanciato dall’associazio-ne Giovani Musulmani d’Italia (GMI) in sostegno al popolo pa-lestinese, oppresso dalla tirannide sionista, e per chiedere al governo Renzi di mettere in campo “tutte le misure necessarie e possibili per fermare il genocidio israelia-no a Gaza”. Hanno aderito all’ini-ziativa l’Associazione Palestinesi in Italia, il Coordinamento Asso-ciazioni Islamiche di Milano e la Rete Milanese di Solidarietà con la Palestina.

“Non possiamo stare a guar-dare - affermano gli organizzatori della manifestazione - mentre una violenza spietata, che non si fa nessuno scrupolo nel massacrare bambini e civili inermi, si abbat-te su Gaza”.

Partito dai Bastioni di Porta Venezia e conclusosi in Piazza Cordusio, il corteo è stato aperto dallo striscione “Stop genocidio in Palestina” e ha visto la parte-cipazione non solo delle comuni-tà arabe e musulmane di Milano, a partire da quella palestinese ma anche quella di molti italiani. “Ci fa piacere perché - dice il respon-

sabile milanese dei GMI Mazen Hussein, riferendosi ai comizi - abbiamo voluto che si svolges-sero in italiano, e non in arabo, perché il messaggio arrivasse a tutti”.

I GMI promuovono un fronte unito antisionista per la Palestina rivendicando il boicottaggio eco-nomico, militare e diplomatico da parte delle istituzioni italiane.

“Fermiamo l’invasione di Gaza da parte dei sionisti nazisti israeliani e il genocidio del popo-lo palestinese – Al bando i crimi-nali governanti di Israele – Ren-zi condanna i bombardamenti a Gaza, ritira l’ambasciatore italia-no da Gerusalemme – Gaza libe-ra!”, con queste parole d’ordine ben chiare la delegazione milane-se del PMLI era attivamente pre-sente al corteo. Le stesse parole d’ordine sono state diffuse a cen-tinaia dai compagni della Cellula “Mao” di Milano del Partito che hanno anche lanciato gli slogan proposti dal Partito alternandoli a quelli lanciati dagli organizzatori, per tutta la durata del corteo.

Manifestanti, egiziani ed ita-liani, si sono intrattenuti durante il tragitto a conversare coi nostri compagni lasciandosi con un in-teressato scambio di contatti per

meglio conoscere il PMLI presso la sua Sede milanese.

Applauditi i comizi finali del-le personalità laiche e religiose, invitate ad intervenire dagli or-ganizzatori, che hanno denuncia-to la complicità coi massacratori di Tel Aviv del governo del Ber-lusconi democristiano Renzi che, al pari dei suoi predecessori, for-nisce armi e intreccia affari, per conto della borghesia nostrana,

con i criminali sionisti usurpatori della terra di Palestina e oppres-sori e massacratori del suo indo-mito popolo.

Contestato sonoramente anche il neopodestà Pisapia per la sua assenza, pur essendo stato invi-tato alla manifestazione dagli or-ganizzatori. Com’era da aspettar-si, il conclamato filosionismo del “primo cittadino” arancione ha trovato puntuale conferma.

FirenzeApprezzate le bandiere

del PMLI. Diffuso il volantino del Partito

Redazione di Firenze �Mercoledì 23 luglio nuova-

mente in piazza con un combat-tivo corteo che ha attraversato il centro storico di Firenze a soste-gno del popolo palestinese per protestare contro i bombardamen-ti e i massacri dell’esercito sioni-sta nella striscia di Gaza ordinati dal governo imperialista e assas-sino d’Israele.

Su iniziativa dell’Associazione Amicizia Italo-Palestinese alla ma-nifestazione: “Una fiaccola per la Palestina” hanno aderito in un mi-gliaio, che, con bandiere palestine-si e cartelli con scritto: “Stop bom-be a Gaza”, hanno urlato slogan quali: “Palestina libera”, “Assas-sini, assassini” e “Resistenza, Re-sistenza”. Una partecipazione su-periore alla precedente, segno che rabbia e indignazione stanno mon-tando a dismisura tra le masse po-polari verso l’aggressione sionista.

Partito da piazza della Repub-blica e aperto dallo striscione: “Contro l’aggressione sionista al fianco della Resistenza palestine-se”, il corteo ha sfilato accompa-gnato anche da una banda musi-cale composta da giovani.

Ha partecipato una delega-

zione di militanti e simpatizzanti del PMLI con bandiere e fazzo-letto rosso. Sui volantini diffu-si e sulle locandine apposte alle aste delle bandiere la parola d’or-dine: “FERMIAMO l’invasione di Gaza da parte dei sionisti na-zisti israeliani e il genocidio del popolo palestinese. AL BANDO i criminali governanti di Israele. RENZI condanna l’invasione di Gaza. Ritira l’ambasciatore ita-liano da Gerusalemme. GAZA LIBERA!”.

Una presenza molto gradita dai manifestanti testimoniata an-che dagli apprezzamenti di un an-ziano siriano avvicinatosi ai com-pagni per sottolineare il valore profondo di falce e martello sul-le nostre bandiere e il significato di libertà ed emancipazione per il proletariato e i lavoratori che esse rappresentano.

Il corteo dopo un lungo per-corso, anche in strade frequentate da tanti turisti, è rientrato verso la piazza da cui era partito.

Martedì 29 luglio dopoce-na ancora un presidio in Piazza della Repubblica, da cui ha pre-so vita un breve corteo. Presente il PMLI.

RomaCondannata duramente

l’aggressione sionista di Israele

Dal corrispondente �della Cellula “Rivoluzione d’Ottobre” di RomaGiovedì 24 luglio in piazza

Vittorio hanno partecipato in cen-tinaia alla manifestazione pro-mossa dalla Rete delle Associa-

zioni di Roma in Solidarietà del popolo palestinese.

Si manifesta con le bandiere palestinesi per condannare il mas-sacro perpetrato dai nazisti sioni-sti di Israele. Si sfila con lo stri-scione “Stop bombing Gaza” e si

ModenaDue riuscite iniziative. Forti critiche al

Consiglio comunale che solidarizza con Israele

Il 18 luglio il Comitato Mo-dena per la Palestina ha organiz-zato una manifestazione in piena solidarietà alla causa palestinese rispondendo fortemente alle isti-tuzioni nazionali che, tra l’oscuri-tà mediatica e conseguente men-zognificio culturale in relazione all’aggressione israeliana nei confronti della Palestina degli ul-timi giorni, continuano imperter-riti a manipolare e a nascondere i fatti reali.

Il bellissimo corteo tra mega-foni, citazioni, canti, parte da Lar-go Sant’Agostino e prosegue lun-go la Via Emilia; a più riprese ci si sdraia a terra in ricordo delle vittime civili e offrendo una rap-presentazione teatrale di prim’or-dine organizzata e inscenata dai rappresentanti del Comitato pale-stinese, i quali, simulano gli ecci-di israeliani nei confronti di civili, compresi donne, bambine/i pale-stinesi.

Nessuna istituzione modenese era presente; il Consiglio comu-nale, in precedenza, come Ordi-ne del giorno, aveva vergognosa-mente solidarizzato all’unanimità con Israele.

A più riprese, durante il corteo il bravissimo portavoce palesti-nese del Comitato Modena per la Palestina ha indicato che le cause di questo tipo di tragedie e guerre di rapina, sono imputabili al ca-pitalismo e al conseguente im-perialismo targato Usa e Unione europea, veri co-fautori di crimi-ni dell’umanità. La manifestazio-ne ha avuto pieno successo, molti i partecipanti, scroscianti gli ap-plausi ricevuti durante il passag-gio del corteo.

Il giorno successivo nuovo presidio in Piazza Giacomo Mat-teotti. Organizzatori sono il Co-mitato Modena per la Palestina e

il centro sociale SAO Guernica, che, tramite la presenza di banchi-ni si sono impegnati a informare su quanto accade nella Striscia di Gaza; vivamente denunciate le ef-feratezze dell’imperialismo israe-liano. Da parte mia ho provvedu-to a ricordare agli organizzatori di riportare ai presenti la vicenda dell’Ordine del giorno del Consi-glio comunale in solidarietà con Israele; il portavoce del Guerni-ca e del Comitato hanno pronta-mente raccolto il mio invito. Tutti i presenti insieme hanno espres-so il cordoglio nei confronti delle vittime civili palestinesi e gridato “Vergogna” nei confronti dei con-siglieri comunali. In particolare è sta accusata la giunta di Modena di essere parte attiva e complice di tutti i governi di compromesso che hanno portato a quell’accor-do militare che esattamente due anni fa venne siglato tra i rappre-sentanti Debertolis per l’Italia e Shiani per Israele.

Al presidio si aggiungevano studenti, lavoratori, facchini in lotta della logistica, precari, di-soccupati e migranti provenienti dalla Palestina e dal Nord Africa. Dal microfono ci sono stati parec-chi interventi, soprattutto di gio-vani palestinesi, attraverso i quali è stata descritta la vita reale sotto l’invasione sionista imperialista. Infine si è svolto un nutrito cor-teo spontaneo nelle vie del centro storico.

Degli eventi descritti, sono stato personalmente testimone a tempo pieno; ebbene sì, è dav-vero triste constatare che i mass-media locali non erano presenti, essi hanno riportato pochissimo o addirittura nessuna notizia sui cortei, ciò non è ammissibile.

Stefano - Modena

grida “Palestina Libera”.I manifestanti, appartenenti alla

comunità palestinese di Roma, ai gruppi di solidarietà del popolo pa-lestinese, alla comunità musulma-na, con la partecipazione di tanti bambini sono scesi in piazza per esprimere la vicinanza alla Palesti-na che resiste all’aggressione.

Attraverso gli slogan, i mani-

festini e i volantini è stata chiesta la cessazione del massacro che sta compiendo Israele, l’aiuto da par-te di una forza di protezione inter-nazionale, la fine dell’embargo, la condanna di Israele per crimini di guerra e contro l’umanità, la fine dell’occupazione della Palestina e dell’apartheid, l’isolamento po-litico ed economico di Israele.

Gaza: scontro impariLe vittime palestinesi, quasi

tutte civili inermi, in grandissima parte bambini, hanno ormai rag-giunto e superato quota mille. I morti israeliani sono poche de-cine, tutti militari. Per non parlare dei feriti e degli sfollati, che sono diverse migliaia tra la popolazio-ne di Gaza.

In sostanza, si va delinean-do un eccidio di massa che non sarebbe eccessivo o fuori luogo rappresentare nei termini ag-ghiaccianti di un “genocidio”.

La cosiddetta “diplomazia in-ternazionale” che, tradotto in un linguaggio meno ipocrita, è la di-fesa degli interessi delle cancel-lerie occidentali, sta assistendo alle stragi senza muovere un dito solo perché Israele costituisce un caposaldo del “mondo occiden-tale”, cioè un bastione dell’impe-rialismo economico-militare delle superpotenze occidentali. Tutte le massime istituzioni mondiali tacciono.Lucio Garofalo - Lioni (Avellino)

Chiusura della campagna di proselitismo del PMLI

Gazebo rosso in via

La Marmora a Biella

angolo piazza Vittorio Veneto

Sabato 2 agosto dalle 14,30 alle 18,30

Milano, 26 luglio 2014. Un momento della manifestazione a sostegno del popo-lo palestinese nella lotta contro l’aggressione dell’imperialismo sionista (foto Il Bolscevico)

Firenze,  23  luglio  2014.  La  delegazione  del  PMLI  alla  fiaccolata  contro  l’ag-gressione sionista (foto Il Bolscevico)

N. 31 - 7 agosto 2014 genocidio sionista a gaza / il bolscevico 15IL NUOVO HITLER NETANYAHU NON ASCOLTA NEMMENO IL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL’ONU

Nuovi crimini dei sionisti nazisti a GazaStrage di bambini

Oltre 1.200 morti e 3.500 feriti palestinesi, il 75% sono civili. Rivolta in Cisgiordania e proteste dei pacifisti  israeliani,  manifestazioni  di  solidarietà  in  Italia  e  in  tutto  il  mondo

Il bilancio dell’aggressione de-gli imperialisti sionisti alla striscia di Gaza è arrivato al 28 luglio, dopo tre settimane di attacchi, a 1.200 morti tra i palestinesi, ol-tre 3.500 i feriti, e a 53 soldati di Tel Aviv. Delle vittime palestine-si, circa il 75% sono civili, un ter-zo dei quali sono minorenni: una strage di bambini.

Per il nuovo Hitler Netanyahu la colpa sarebbe di Hamas che “in-ganna il suo popolo. Noi diciamo ai palestinesi di andarsene, Hamas li accatasta come scudi umani a fa-vore di telecamere” mentre i sol-dati di Tel Aviv sarebbero impe-gnati solo a distruggere i tunnel sotto Gaza da dove partono i mis-sili palestinesi. Alla chiusura dei tunnel che servono invece da ri-fornimento per il milione e mezzo di palestinesi rinchiusi dai sioni-sti nel lager di Gaza ha dato il suo contributo l’Egitto del presiden-te Sisi che sempre il 27 luglio an-nunciava di aver distrutto 13 altri tunnel portando il loro numero a 1.639 nel corso dell’ultimo anno e mezzo. Una mano a Tel Aviv con-tro Hamas del neocostituito asse arabo reazionario formato da Egit-to, Arabia Saudita e dal collabo-razionista presidente palestinese Abu Mazen.

La versione de nazisti sioni-sti è presa per oro colato dalla stampa imperialista che al mas-simo si spende per invocare una “tregua umanitaria”, quando non ne può fare a meno come dopo il caso della distruzione di una scuo-la dell’Unrwa, l’organizzazione dell’Onu per i rifugiati, a Gaza il 24 luglio e le conseguenti 16 vitti-me palestinesi. Non sarà né la pri-ma né l’ultima scuola colpita dal-le bombe.

Solo due giorni prima, il 22 lu-

glio, il Consiglio per i diritti uma-ni delle Nazioni Unite aveva av-viato un’inchiesta sull’offensiva di terra di Tel Aviv contro Gaza, con l’unico voto contrario de-gli Usa e la vergognosa astensio-ne dei paesi europei, Italia inclu-sa. L’Alto commissario Onu per i diritti umani, Navi Pillay, ave-va accennato a possibili crimini

di guerra commessi da Israele a Gaza riferendosi in particolare ai moltissimi bambini uccisi; attiran-dosi le ire del governo Netanyahu anche se aveva denunciato gli “at-tacchi indiscriminati” contro i ci-vili israeliani, ovvero il lancio dei razzi da parte di Hamas, la prima ragione avanzata da Tel Aviv per giustificare l’offensiva su Gaza. Una offensiva preparata invece da tempo contro la resistenza palesti-nese a Gaza dopo le rappresaglie naziste in Cisgiordania.

I dati dei crimini sionisti a Gaza sono completati dalle cifre fornite il 29 luglio dal ministe-ro della Salute di Gaza, che regi-strano 5 mila case completamente distrutte e altre decine di miglia-ia parzialmente danneggiate; in-teri quartieri sono stati demoliti dalle bombe degli aerei e dei car-ri armati mentre scuole e ospeda-li sembrano diventate “bersaglio privilegiato” nella caccia ai “ter-roristi”. Nella notte del 28 luglio altre 20 mila persone hanno do-vuto lasciare i rioni di Izet Abed Rabbo, vicino al campo profughi di Jabalya, e Zaitun invitati da Tel Aviv ad abbandonare immediata-mente le loro abitazioni, preludio di una nuova distruzione di interi quartieri. Il numero degli sfollati di Gaza supera già i 200 mila.

A fronte di questa situazione il Consiglio di sicurezza dell’Onu chiedeva all’unanimità a Tel Aviv e Hamas un immediato e incondi-zionato stop ai combattimenti, “il pieno rispetto del diritto umanita-rio internazionale, in particolare per quanto riguarda la protezione dei civili”; sottolineava “la neces-sità di fornire immediatamente as-sistenza umanitaria alla popola-zione palestinese nella Striscia di Gaza” e ricordava che “le struttu-

re civili e umanitarie, comprese quelle delle Nazioni unite, devono essere rispettate e protette e invita tutte le parti ad agire secondo que-sto principio”.

Posizione respinta in toto da Netanyahu con una telefonata al segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon nella quale affermava che la risoluzione “ri-

ferisce dei bisogni di un gruppo terrorista omicida che attacca ci-vili israeliani e non ha risposta per i bisogni di sicurezza di Isra-ele”. Per il nuovo Hitler, Hamas è responsabile di questi morti” e “i palestinesi vanno disarmati e scre-ditati”.

Obama chiede il disarmo della

ResistenzaLa stessa risposta fornita al

presidente americano Barack Obama che intanto aveva scon-fessato persino il suo segretario di Stato Kerry, “colpevole” secondo Tel Aviv di aver aperto ad alcune

posizioni di Hamas come l’aper-tura dei valichi di Gaza e l’afflus-so di beni nella Striscia, di ignora-re le loro richieste di smantellare l’arsenale di missili nella Striscia e di distruggere i tunnel e di non menzionare neanche l’Egitto, affi-dando un ruolo a “sostegno” della tregua a Qatar e Turchia, due pa-esi considerati troppo “vicini” ad

Hamas; una posizione che aveva fatto infuriare anche Abu Mazen e l’Egitto.

Obama affermava che ci vole-va una “tregua umanitaria imme-diata e senza condizioni”, perché per gli Usa il cessate il fuoco era un “imperativo strategico per ar-rivare a una cessazione definitiva delle ostilità. Qualsiasi soluzione duratura al conflitto israelo-pale-stinese deve garantire il disarmo dei gruppi terroristici e la smili-tarizzazione di Gaza”. Mica l’em-bargo e la messa al bando degli aggressori sionisti.

La soluzione di Obama preve-de il disarmo della resistenza pa-lestinese, quello che vorrebbe Ne-tanyahu. E il governo italiano di Matteo Renzi. Per il governo di Roma parlava ancora il ministro degli Esteri, Federica Mogherini, che appoggiava l’operato del col-laborazionista Abu Mazen e sot-tolineava che occorre “offrire si-curezza a Israele”, eliminando i “tunnel” scavati da Hamas e ga-rantendo la “demilitarizzazione di Gaza”.

Khamenei: “Armare il popolo palestinese”

Occorre armare il popolo pale-stinese, era invece la corretta po-sizione espressa il 29 luglio dalla guida suprema iraniana, l’ayatol-lah Ali Khamenei, che denunciava il genocidio a Gaza. In un discor-so diffuso in diretta dalla televi-sione di Stato Khamenei afferma-va che “il presidente americano ha emesso una fatwa affinché la resi-stenza palestinese venga disarma-ta, così che non possa rispondere a tutti questi crimini. Noi dicia-mo il contrario: il mondo intero ed in particolare quello islamico, deve armare più che può il popo-lo palestinese”; gli Stati Uniti ed i paesi europei, sosteneva il leader iraniano, sostengono la smilitariz-zazione palestinese così che Tel Aviv possa attaccare “la Palestina e Gaza in qualsiasi momento, sen-za che si possano difendere”.

Già il 25 luglio, concludendo le

tradizionali celebrazioni dell’ulti-mo venerdì di Ramadan ai parte-cipanti alle oltre 700 manifesta-zioni di solidarietà con il popolo palestinese che si sono svolte in tutto il paese, Khamenei aveva af-fermato che “il solo modo di fron-teggiare questo regime selvaggio è di proseguire la resistenza, la lot-ta armata e di estenderla alla Ci-sgiordania”. Solo “la fine di que-sto regime è l’unico vero rimedio,

anche se questo non significa di-struggere gli ebrei in questa re-gione” sosteneva Khamenei, che indicava la soluzione di un refe-rendum quale metodo per indica-re il futuro della Palestina. Resta il fatto che la situazione di Gaza, del campo di concentramento di Gaza, così come la colonizzazio-ne della Cisgiordania da parte dei sionisti evidenziano che non ha nessuno spazio la proposta di “due popoli, due Stati” mentre resta in campo quella di uno Stato di Pa-lestina.

Oltre a quelle in Iran, tante era-no le manifestazioni di solidarie-tà al popolo palestinese e contro i massacri sionisti che si sono svol-te in tutto il mondo, compresa l’I-talia (le cronache delle manifesta-zioni in cui era presente il PMLI sono nella pag. 14).

Ce ne sono state di molto im-portanti in Cisgiordania dove de-cine di migliaia di palestinesi a mani nude hanno sfidato gli oc-cupanti sionisti. Nella notte del 24 luglio quasi 20 mila manifestanti davano vita a una marcia su Ge-rusalemme; partiti dal campo pro-

fughi di Al Amari e camminando avvolti nelle bandiere palestinesi sono arrivati fino al posto di bloc-co sionista di Qalandiya dove i soldati di Tel Aviv hanno cercato di disperdere la folla con gas lacri-mogeni, granate stordenti e bom-be sonore. Quando i manifestanti hanno risposto col lancio di pie-tre, biglie e molotov i soldati han-no sparato sul corteo e ucciso due manifestanti, oltre 280 i feriti.

Il 25 luglio le proteste palesti-nesi sono partite da Qalandiya ai funerali di uno dei giovani uccisi la notte precedente; a Gerusalem-me i manifestanti si scontravano con la polizia sionista attorno alla Moschea di Al Aqsa, il cui acces-so era sbarrato ai fedeli sotto i 50 anni. Un centinaio di giovani ri-usciva a rompere le barriere e ad entrare nella Spianata; il bilancio era di 40 manifestanti feriti e al-trettanti arrestati. Manifestazioni e scontri con l’esercito occupante e i coloni si sono svolti a Betlemme, Nablus, Hebron; scontri duri con un bilancio di altri cinque palesti-nesi uccisi. L’organizzazione e la partecipazione alle sollevazioni nella Cisgiordania occupata è sta-ta unitaria, di tutti i gruppi palesti-nesi; compresa Fatah che non si è limitata a rispondere al ridicolo appello di Abu Mazen alla dona-zione del sangue da inviare nella Striscia di Gaza. E anche la poli-zia dell’Autorità nazionale pale-stinese (Anp) non è intervenuta per contenere o bloccare le mani-

festazioni, come era avvenuto nel mese di giugno contro i rastrella-menti nazisti dell’esercito sionista alla ricerca di dirigenti e militanti di Hamas.

Alle manifestazioni palestine-si in Cisgiordania hanno fatto eco numerose manifestazioni e pro-teste dei pacifisti israeliani che si sono svolte da Tel Aviv a Jaffa e Haifa contro i massacri in corso a Gaza. Per la manifestazione del 25 luglio a Tel Aviv si erano messi in marcia circa 3 mila pacifisti, fer-mati ai posti di blocco e minaccia-ti di arresto da parte dell’esercito che aveva chiuso le strade prove-nienti da Haifa e Gerusalemme. In altre occasioni erano stati i grup-pi di destra sionisti a aggredire e disperdere le proteste dei pacifi-sti. Del 23 luglio è la pubblicazio-ne da parte del Washington Post di una petizione firmata da 51 riser-visti che hanno deciso di non ser-vire più nelle forze di difesa op-ponendosi anzitutto ai massacri perpetrati a Gaza e alla militariz-zazione della società israeliana e denunciando l’oppressione verso i palestinesi.

Qui  e  sotto  alcuni  dei  piccoli  uccisi  nel    bombardamento  sionista  contro  l’ospedale  e  il  parco  giochi  nel  quartiere  di  al-­Shifa  a  Gaza  il  28  luglio  2014

Due  dei  bambini  ricoverati  nell’ospedale  di  al-­Shifa  bombardato  dagli  israeliani  

2 il bolscevico / documento dell’UP del PMLI N. 23 - 12 giugno 2014

www.pmli.it

PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANOComitato centrale

Domenica 7 settembre 2014 - ore 10.00Firenze - Sala ex Leopoldine - Piazza Tasso, 7

parlerà Loris Sottoscrittia nome del Comitato centrale del PMLI

Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected]

Commemorazione di Mao nel 38° Anniversario della scomparsa1976 - 9 Settembre - 2014

Maoe la missione

del proletariato

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Fuoco sul quartier generale! - manifesto del 1967

L’iniziativaè apertaal pubblico