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I edizione: febbraio 2013© 2013 Lit Edizioni SrlSede operativa: Via Isonzo, 34 – 00198 Roma

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Dino Arrigo

NUOVI FRATELLISTORIA E SEGRETI DELLA MASSONERIA

DA TANGENTOPOLI ALLE INCHIESTE P3 E P4

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A Rossella, mia moglie,donna brillante e compagna paziente

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Premessa

Della massoneria si sa ormai tutto. Dallo scoppio del fenomenoP2 le indagini, i resoconti giornalistici e i libri si sono susseguiti ne-gli anni, così come i nuovi scandali, sino ad arrivare alle recenti in-chieste giudiziarie conosciute come P3 e P4. Le vicende storiche so-no state ampiamente considerate, così come sono state più volteraccontate e celebrate le gesta dei massoni che hanno svolto un ruo-lo importante nella storia per l’Unità d’Italia. Garibaldini e rivolu-zionari sono stati associati ai fratelli massoni risorgimentali, così co-me le immagini dell’Eroe dei due mondi con indosso i paramentimassonici sono state collocate accanto a quelle di parlamentari estatisti dell’epoca. Anche i templi, i luoghi «sacri» di riunione, so-no stati ampiamente fotografati, così come i rituali «segreti» sonoadesso addirittura rintracciabili sul web.

Dell’originario mistero è rimasto ben poco.Ma ancora oggi quando si parla di massoneria permane una cer-

ta confusione e chi si rivolge all’antica istituzione iniziatica si perdein un dedalo di sigle di gruppi liberomuratori presenti in Italia e inun susseguirsi di contrastanti dichiarazioni di autenticità da partedei loro rappresentanti: ognuno a vantarsi delle indispensabili pa-tenti internazionali e dell’inevitabile accreditamento storico.

Non vi è dubbio che in tal modo la confusione sia aumentata.Chi e cosa rappresenta la massoneria in Italia? Che ruolo svolge

la liberomuratoria nel Paese? Come è possibile che in Italia piùgruppi massonici si vantino di essere ognuno l’unica realtà ricono-sciuta e degna di considerazione? Possono coesistere nel medesimoterritorio nazionale più Gran Maestri? Vi sono collegamenti tra diloro? E ancora: quali sono i gruppi che dichiarano di rappresenta-re la massoneria ufficiale e regolare in Italia? Chi sono i massimirappresentanti? Quali sono le loro storie?

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Queste e tante altre domande sono state le ragioni di questo li-bro: la necessità di fare ordine nella storia dell’ultimo ventenniodella massoneria in Italia utilizzando resoconti inediti, verbali in-terni delle riunioni massoniche, cronache giornalistiche di queglianni e racconti diretti degli stessi protagonisti.

La volontà è stata quella di scrivere della contemporaneità del fe-nomeno liberomuratorio senza inibizioni o reticenze, mettendo anudo la reale storia attuale della massoneria italiana con le sue vi-cende, le sue difficoltà, le sue contraddizioni, i suoi retaggi storici ei suoi arcaismi. Differenziando tutto ciò per gruppo e raccontandoin maniera lineare e sistematica il percorso delle tre maggiori realtàche rappresentano la massoneria nel nostro Paese: il Grande Orien-te d’Italia, la Gran Loggia d’Italia di Piazza del Gesù e la più gio-vane Gran Loggia Regolare d’Italia.

L’obiettivo è stato quello di offrire un affresco inedito che con-sente di entrare dentro le storie «discrete» dei tre gruppi massoni-ci. Storie che sono state contrassegnate anche dalle caratteristichepersonali dei loro massimi rappresentanti, cioè i Gran Maestri chenel corso dell’ultimo ventennio si sono avvicendati nei governi del-le tre «famiglie».

Sono stati quindi riportati gli accadimenti che hanno caratteriz-zato i mandati dei Gran Maestri dei tre maggiori gruppi massoniciitaliani: Virgilio Gaito e Gustavo Raffi per il Grande Oriente d’Ita-lia; Franco Franchi, Luigi Danesin e Luigi Pruneti per la Gran Log-gia d’Italia di Piazza del Gesù; Giuliano Di Bernardo e Fabio Ven-zi per la Gran Loggia Regolare d’Italia.

Questo vuole essere un testo guida per orientarsi nel mondo mas-sonico italiano attuale: una girandola di eventi, incontri rituali,scandali, perquisizioni, riunioni nazionali di Gran Loggia, accordiriservati cui hanno fatto da sfondo le vicende storico-politiche de-gli ultimi venti anni, nel nostro Paese e non solo. Uno spaccato del-le vicende che hanno segnato la storia della massoneria in Italia tra-scinandola, anche più volte, nelle aule di giustizia.

Questa non è un’opera di fantasia. Nessun personaggio, vicendao resoconto è il prodotto dell’immaginazione dell’autore. Tutto èassolutamente reale. Tutte le storie sono state raccontate con spiri-to di imparzialità, senza alcuna intenzione di volere valutare alcun-ché o alcuno.

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Preludio(1992-1993)

La verità è che quando degenerano i principi fon-damentali, ispiratori della condotta pratica, tuttodiventa possibile. È così che nascono le false pro-spettive, le deviazioni, la ricerca di qualcosa checon la massoneria non ha nulla a che fare.Allora il richiamo dell’impegno politico, vietatodalle antiche regole dell’Ordine, diventa semprepiù forte fino a costituirne un fine principale. Daqui alle attività affaristiche, più o meno lecite, ilpasso è breve e la corruzione diventa inevitabile. Giorno dopo giorno ci si allontana dall’autenticamassoneria e si avvia un processo irreversibileche porterà inevitabilmente alla degenerazione ealla distruzione di quella massoneria.Le ragioni di una scelta, Gran Loggia Regolared’Italia,17 aprile 1993.

Il 1992 è l’anno in cui in Italia crollava il sistema politico e socia-le che il Paese aveva vissuto e fatto proprio per oltre un cinquan-tennio. Alle elezioni politiche del 5 e 6 aprile perdevano sensibil-mente consenso quasi tutti i grandi partiti politici, dalla Democra-zia cristiana (Dc) al Partito socialista italiano (Psi) e, con grandesorpresa di tanti, si affermava il nuovo movimento della Lega Lom-barda. Il neo Parlamento indicava in Oscar Luigi Scalfaro il nuovoPresidente della Repubblica.

Alla rabbia per le istituzioni e per le loro rappresentanze politi-che seguiva la sfiducia nei partiti. Gli effetti dell’ormai famoso ar-resto di Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio di Mi-lano, non si erano fatti attendere.

Ma le nuove prepotenti istanze di trasparenza, urlate ad alta vocedalla gente, si scontravano anche con la drammaticità di inaccettabi-li barbarie: il 23 maggio 1992 cento chili di tritolo esplodevano a Ca-paci trascinando nella furia devastatrice il giudice Giovanni Falconeinsieme alla moglie Francesca, a tre agenti della scorta e alle speran-

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ze dei tanti che vedevano nel magistrato siciliano il candidato più ido-neo a ricoprire la carica di procuratore nazionale antimafia.

Non si trattava, però, di un caso isolato. La nuova furia conti-nuava a mietere altre vittime e, poco meno di due mesi dopo, il 19luglio, sempre in Sicilia un’autobomba dilaniava il giudice PaoloBorsellino, candidato a presiedere la nuova superprocura, insiemea cinque uomini di scorta.

Le indagini contro la mafia e la ricerca di tutti i possibili collega-menti diventavano l’obiettivo primario di tante Procure. Gli omici-di dei due magistrati avevano segnato in maniera indelebile il senti-mento nazionale minando il ruolo delle stesse istituzioni. La sfidu-cia nelle rappresentanze politiche si dissolveva in un senso di sgo-mento davanti ai nuovi accadimenti. Ogni intervento appariva ina-deguato e insufficiente. Si richiedeva qualcosa di forte. Era in gio-co lo spirito della stessa democrazia. Nel frattempo alle freneticheindagini sui fatti di mafia si associavano, con crescente vitalità, le in-vestigazioni sul mondo politico e sulle sue corruzioni.

In Sicilia il 6 settembre 1992 veniva arrestato Giuseppe Madonia,numero due nella gerarchia mafiosa. Madonia era sospettato di ave-re ordinato gli omicidi di Falcone e Borsellino. Poi, dopo quattromesi viene arrestato a Palermo il latitante per eccellenza, Totò Rii-na, capo incontrastato di Cosa nostra, le cui ricerche erano durate24 anni. Il 18 maggio del 1993 era la volta di un altro alto esponentedel mondo mafioso, il catanese Nitto Santapaola, fermato, semprein Sicilia, dopo una latitanza durata oltre undici anni.

La cupola mafiosa siciliana veniva drasticamente decapitata deisuoi capi.

Sul versante politico si rovesciava la tempesta di «Mani pulite» e il15 dicembre 1992 l’ex presidente del Consiglio Bettino Craxi riceve-va il primo avviso di garanzia con oltre quaranta capi di imputazione.Additato ad esempio del malaffare politico in Italia e bersaglio privi-legiato nelle varie inchieste giudiziarie che si aprivano a valanga in Ita-lia, Craxi era costretto a dimettersi da segretario del Psi, sommerso dallancio di protesta di numerose monetine, da parte della gente sfidu-ciata, che lo attendeva all’uscita dell’Hotel S. Raphael a Roma.

Stesso epilogo era toccato al segretario del Partito socialdemo-cratico italiano (Psdi), Carlo Vizzini, che, sempre in conseguenza diun altro avviso di garanzia, lasciava la guida del piccolo partito chenon si sarebbe più ripreso.

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Era solo l’inizio. Le prime avvisaglie di una tempesta che avreb-be velocemente sconvolto e annientato l’intero sistema politico na-zionale.

Ma non tutti avvertivano la drammaticità di ciò che sarebbe segui-to. Presto sarebbero stati emessi centinaia di avvisi giudiziari a cuiavrebbero fatto seguito le tante eclatanti dimissioni. La protesta po-polare sarebbe montata sempre più forte e, tra gli inquisiti, qualcunosi sarebbe ucciso. I guasti di un sistema, cui tutti si erano riconosciu-ti e che adesso tentavano di rinnegare, avrebbero colpito i responsa-bili dei maggiori partiti italiani segnando così la fine di un periodo.

La storia dell’Italia cambiava pagina.Anche la massoneria non sarebbe rimasta estranea a questa inso-

lita quanto virulenta rivoluzione italiana.

Venti di guerra

A quel tempo la massoneria era prevalentemente rappresentatadal Grande Oriente d’Italia, più semplicemente conosciuto comeGoi, l’istituzione più antica e numerosa che vantava una storia bi-centenaria iniziata nel 1805, e da un altro gruppo conosciuto gene-ricamente come Massoneria di Piazza del Gesù che, proprio l’annoprima, in occasione dell’inaugurazione della nuova sede centrale diPalazzo Vitelleschi e dei festeggiamenti per l’81° anniversario dallasua fondazione, aveva abbandonato la vecchia denominazione diSerenissima Gran Loggia Nazionale per assumere quella di GranLoggia d’Italia degli Antichi Liberi Accettati Muratori, Obbedien-za di Piazza del Gesù Palazzo Vitelleschi.

Il Goi, che vantava i crismi della regolarità e dei riconoscimentiinternazionali, era guidato dal professor Giuliano Di Bernardo, do-cente di Filosofia della scienza all’Università di Trento, eletto GranMaestro nel 1990, mentre la massoneria di Piazza del Gesù, che ne-gli anni Cinquanta aveva ammesso le donne nelle sue logge, era ret-ta da Renzo Canova, commercialista bolognese, che aveva raccoltol’eredità di Giovanni Ghinazzi, indiscusso leader del gruppo dal1962 al 1986.

La vita delle due obbedienze massoniche italiane scivolava tran-quilla. Era parecchio tempo che nulla turbava la calma di Villa Me-dici del Vascello a Roma, sede del Grande Oriente d’Italia. Ormai

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erano trascorsi oltre dieci anni dallo scandalo della P2 e dalle ecla-tanti azioni del suo ex venerabile Licio Gelli.

I riflettori si riaccendevano sulla più antica istituzione massonicail 19 ottobre 1992 quando alcuni carabinieri, muniti di mandati diperquisizione e sequestro con il timbro della Procura di Palmi, bus-savano alla sede romana del Grande Oriente chiedendo gli elenchiaggiornati degli affiliati di alcune logge calabresi.

Quel giorno, a Roma, non era presente il Gran Maestro Di Ber-nardo e il Grande Oratore, l’avvocato Gustavo Raffi di Ravenna, siopponeva fermamente all’inaspettata visita. Alla richiesta formaledegli inquirenti il Grande Oriente era costretto ad aprire i suoi ar-chivi e a consegnare i nominativi degli affiliati delle logge di Roc-cella Jonica e di Vibo Valentia.

Dopo aver ottenuto gli elenchi richiesti, i carabinieri esigevanoanche i nominativi degli iscritti di tutto il Paese. Il Goi li negava.

Interveniva direttamente il procuratore di Palmi, Agostino Cordo-va, con un immediato «ordine di esibizione» riferito alla legge An-selmi del 1982, legge nata dopo la scoperta della loggia di Licio Gel-li e che sino a quel momento non aveva mai trovato applicazione.Con la minaccia dell’arresto per i promotori o i semplici adepti diun’associazione segreta, Cordova rievocava lo spettro della loggia P2.

Era il 25 ottobre 1992.Il Grande Oriente si ostinava a non volere rivelare i nomi di tut-

ti i suoi associati appellandosi al diritto di associazione sancito dal-la Costituzione italiana. La situazione di apparente stallo precipita-va per effetto delle polemiche tra l’avv. Raffi e il maresciallo Davi,che, indispettito per la anomala reazione dell’avvocato, chiedevaistruzioni direttamente alla Procura di Palmi. Questa disponeva laconvocazione di un tecnico informatico per l’accesso alla memoriadel computer, un vecchio modello Bull, in dotazione presso la sededi Villa Medici del Vascello.

Cordova inviava anche un’informazione di garanzia a GiulianoDi Bernardo, quale Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, e di-sponeva indagini e perquisizioni nei confronti dell’altro gruppomassonico di Piazza del Gesù.

Anche il Gran Maestro Renzo Canova protestava e si opponeva al-le perquisizioni disposte dal magistrato calabrese, il cui interesse nonsi limitava alle due principali organizzazioni massoniche. Le indaginisi estendevano anche a raggruppamenti massonici minori tra i quali

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il «Grande Oriente Italiano» (distinto dal Grande Oriente d’Italia),guidato da Pietro Maria Muscolo, avvocato genovese originario diRoccella Jonica, e ad altri gruppuscoli muratori di dubbia valenza.

Le perquisizioni venivano eseguite e venerdì 30 ottobre 1992 ve-niva posta sotto sequestro tutta la documentazione rinvenuta pres-so cinque logge a Roma.

Il giorno dopo venivano notificati ventisette avvisi di garanzia:Cordova sosteneva l’esistenza di una massoneria trasversale a tuttele diverse organizzazioni massoniche per i cui affiliati si sarebberodovuti applicare gli artt.1 e 2 della legge Anselmi per l’accusa di co-stituzione di associazioni segrete. Il procuratore di Palmi, inoltre,insisteva sulla esistenza segreta di logge «coperte» legate a gruppimassonici calabresi e siciliani.

Le organizzazioni massoniche protestavano, mentre i provvedi-menti giudiziari colpivano indifferentemente tutti i gruppi, sia quel-li riconosciuti dalle più autorevoli organizzazioni mondiali, siaquelli dei quali non era neanche nota l’esistenza.

Il Grande Oriente appariva disorientato. Occorreva fare qualcosa. Il Gran Maestro Giuliano Di Bernardo decideva di presentarsi

spontaneamente al procuratore Cordova chiedendo di essere inter-rogato. Cordova si negò e Di Bernardo fu ascoltato dal sostitutoNeri. Il verbale del colloquio sembrò interessare il procuratoreCordova che dispose un nuovo incontro con il Gran Maestro delGoi direttamente a Roma, presso una struttura dei carabinieri deiReparti operativi speciali, lo stesso luogo dove venivano accatastatitutti i documenti sequestrati.

Nel corso del colloquio sembrava che il Gran Maestro Di Ber-nardo avallasse certe ipotesi del procuratore Cordova. Quella di DiBernardo era però una iniziativa personale che non aveva condivi-diso con nessun altro del Goi.

Tra perquisizioni e sequestri

Lunedì 2 novembre 1992, senza consultarsi con gli altri rappre-sentanti del Grande Oriente d’Italia, Giuliano Di Bernardo decide-va di consegnare alla Procura di Palmi l’elenco di tutti gli iscritti.

La moltitudine dei fratelli insorgeva contro l’operato del GranMaestro Di Bernardo cui rimproveravano poca fermezza. Lo accu-

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savano di non avere saputo difendere i diritti dell’organizzazioneche rappresentava e di avere indebitamente consegnato i nomi de-gli affiliati senza alcuna autorizzazione. Anche la Giunta, l’organoesecutivo del Grande Oriente d’Italia, denunciava l’atteggiamentodi Di Bernardo.

Nel frattempo continuavano le perquisizioni e venivano seque-strati documenti privati nelle abitazioni di Ettore Loizzo, massimorappresentante calabrese del Grande Oriente, e dell’industriale pe-rugino Augusto De Megni, Sovrano Gran Commendatore del RitoScozzese, nonno e omonimo del piccolo Augusto rapito anni primadall’anonima sequestri.

Venivano prelevati anche gli elenchi del gruppo massonico diPiazza del Gesù e i carabinieri continuavano a eseguire decine diperquisizioni in molte città italiane e in decine di istituti di credito:l’indagine si estendeva rapidamente a tutto il Paese con avvisi di ga-ranzia a centinaia di massoni.

La tensione cresceva anche sul piano istituzionale e l’ex Presi-dente della Repubblica, Francesco Cossiga, polemizzava con il pro-curatore Cordova dichiarando che tutta l’indagine poteva essereconseguenza della mancata indicazione dello stesso Cordova alladirezione antimafia. A difesa di Cordova si schierava l’on. Tina An-selmi, parlamentare del Partito comunista italiano (Pci). Anche il fi-losofo Norberto Bobbio si scagliava genericamente contro tutte leorganizzazioni massoniche che, a suo parere, contrasterebbero coni princìpi dello Stato democratico.

Intanto, oltre ai continui mandati di perquisizione, AgostinoCordova firmava un’insolita richiesta alla commissione bicameraledel Parlamento: la consegna dei documenti relativi alla vecchia in-dagine sulla loggia P2. La notizia rimbalzava sulle prime pagine ditutti i quotidiani e veniva dato grande risalto alle operazioni di Cor-dova e alla sua contestata inchiesta sulla massoneria.

Le indagini si allargavano e nuove perquisizioni si svolgevanopresso le sedi di istituti di credito del territorio nazionale. Ai tantiordini di esibizione conseguivano numerosi sequestri. Cordova de-cideva anche di perquisire l’abitazione privata di Giuliano Di Ber-nardo a Mesiano di Trento.

Le accuse ormai erano gravissime e le polemiche imperversavano. Anche il ministro di Grazia e Giustizia, Claudio Martelli, pole-

mizzava con il procuratore di Palmi per il carattere persecutorio del-

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l’indagine non essendo stati ancora chiariti «quali erano i reati daperseguire e chi li avrebbe commessi». Ma Cordova dichiarava diavere a propria disposizione «dieci metri cubi di materiale» da valu-tare con attenzione e richiedeva allo stesso ministro la disponibilitàdi locali per poter riporre tutta la documentazione sequestrata. Pertutta risposta Martelli ordinava un’inchiesta sulla Procura di Palmi.

Nel frattempo anche il Consiglio superiore della magistratura(Csm) poneva l’attenzione sulla massoneria e sui magistrati iscrittie il 12 novembre richiedeva al procuratore di Palmi, Agostino Cor-dova, e a quello di Torino, Francesco Scardullo, che conducevaun’altra inchiesta sulla massoneria, l’elenco dei giudici affiliati.

Nascevano nuove proteste. L’indagine continuava e il Csm assegnava alla Procura di Palmi

cinque nuovi giudici. Non mancavano neanche i «pentiti» che in-dividuavano nuovi collegamenti tra massoneria e criminalità ripe-tendo il vecchio ritornello che i mafiosi incontravano i politici nel-le riunioni delle logge massoniche.

Nel frattempo il ministro di Grazia e Giustizia, Claudio Martelli,disponeva una seconda inchiesta su Cordova e sulla Procura di Pal-mi per effetto di quello che lui stesso definiva «un invivibile climadi tensione tra i magistrati e per le violazioni del segreto istruttorioanche in relazione a consultazioni elettorali».

Il Grande Oriente continuava a protestare e a insistere perchéfossero fatti gli opportuni distinguo con le altre organizzazioni mas-soniche «spurie» arrivando a invocare una legge sulle associazioninon riconosciute, che in Italia non esiste, che potesse così regola-mentare la struttura massonica. Giuliano Di Bernardo lamentavache le indagini avevano assunto un carattere persecutorio e parago-nava i massoni agli ebrei. Renzo Canova, invece, minacciava azionigiudiziarie a nome della massoneria di Piazza del Gesù.

In merito ai richiesti elenchi di tutti gli iscritti, il Grande Orien-te sosteneva di doversi muovere con prudenza finché non ci sareb-be stata, appunto, una legge che tutelasse la stessa associazionemassonica. Faceva scalpore il recente provvedimento della giuntaregionale siciliana che aveva previsto che i funzionari e i dipenden-ti comunali dovessero sottoscrivere una dichiarazione in cui affer-mavano di non essere massoni.

A queste proteste si aggiungeva anche la rabbia dei fratelli neiconfronti di Giuliano Di Bernardo. L’organo esecutivo del Grande

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Oriente, la Giunta, condannava l’operato del Gran Maestro e il mal-contento era generale. Di Bernardo era accusato di troppa inattività.

Gli contestavano di non sapere difendere l’organizzazione dagliattacchi provenienti dall’esterno, di avere mostrato troppa arrende-volezza con il giudice Cordova, di non aver ben chiarito che ilGrande Oriente non aveva niente a che vedere con le logge «spu-rie», di non aver preso le distanze da coloro che apparivano coin-volti nelle inchieste di Tangentopoli, di non avere assunto sin dalprimo momento una posizione forte e decisa.

Gli ricordavano che lui stesso aveva dichiarato interesse nei con-fronti del Psi e del suo ex segretario ed ex presidente del ConsiglioBettino Craxi al quale la magistratura aveva contestato decine di im-putazione. Gli contestavano anche l’intervento poco convincente al-la trasmissione serale di Rai Tre, «Milano Italia», del 5 dicembre, de-dicata alle deviazioni della massoneria, alla quale aveva partecipatoinsieme all’on. Valerio Zanone, l’esponente politico liberale che erastato iscritto a Piazza del Gesù. Da molti Di Bernardo non era con-siderato capace di guidare la famiglia massonica in un momento digrandi turbolenze. Gli veniva anche suggerito di dimettersi.

Ma Di Bernardo non aveva certamente intenzione di abbando-nare il proprio posto. Iniziava così un braccio di ferro che avrebbenuociuto gravemente al Grande Oriente d’Italia.

Nel frattempo la secolare massoneria inglese cominciava a punta-re la propria attenzione alle vicende giudiziarie italiane la cui ecoaveva da tempo travalicato i confini nazionali. La Gran Loggia Uni-ta d’Inghilterra, infatti, aveva concesso il riconoscimento alla strut-tura massonica italiana nel 1972 dopo oltre cento anni dalla richie-sta, e la patente di regolarità del Grande Oriente d’Italia derivavaproprio da tale riconoscimento. I nuovi accadimenti preoccupavanoi responsabili inglesi che, alla luce delle indagini giudiziarie e delleaccuse che muovevano gli inquirenti, decidevano di esaminare conattenzione la situazione della turbolenta organizzazione italiana.

Anche i fratelli appartenenti al Grande Oriente d’Italia comin-ciavano a preoccuparsi delle nuove indagini che avevano investitol’organizzazione massonica. Dopo le poco edificanti vicende giudi-ziarie riferite alla loggia P2 vi era la convinzione che la strutturamassonica riconosciuta non correva più alcun pericolo. Ma, adesso,il susseguirsi delle perquisizioni e dei sequestri aveva instaurato unasituazione che rendeva difficile la difesa della associazione cui face-

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vano parte. Inoltre, l’attenzione ormai quotidiana con la quale igiornali riportavano le notizie riferite alle indagini non rendevanosereni gli animi degli iscritti al Grande Oriente d’Italia. Ci si do-mandava se tutta l’indagine fosse frutto di una volontà persecutoriao se effettivamente gli inquirenti seguissero piste precise. Ci si chie-deva se fosse vero che l’organizzazione era legata a realtà mafiose inSicilia e in Calabria. I dubbi dei tanti cominciavano a farsi semprepiù forti mentre le indagini della magistratura proseguivano senzasosta tra nuove perquisizioni e nuovi sequestri.

Nel frattempo procedevano velocemente anche le indagini sullacorruzione politica nel nostro Paese: dopo i nuovi avvisi di garanziaa carico di Bettino Craxi, veniva arrestato Primo Greganti, espo-nente dell’ex Pci e, sempre nel mese di marzo, era la volta di GiulioAndreotti che veniva indagato per associazione mafiosa e per unpresunto coinvolgimento nell’assassinio del giornalista Mino Peco-relli oltre che per violazione della legge sul finanziamento pubblicodei partiti (Giulio Andreotti, però, dopo l’assoluzione in primo gra-do e la condanna in sede di appello, sarebbe stato definitivamenteprosciolto dalla Suprema Corte di Cassazione nell’ottobre del 2003).

Addio al Grande Oriente

Mentre l’attenzione nazionale era rivolta alle sorti della città as-sediata di Sarajevo, alla sempre più cruenta guerra civile che si svol-geva nella vicina Bosnia-Erzegovina e alla pulizia etnica voluta daiserbi, tutti i maestri venerabili del Grande Oriente d’Italia si in-contravano a Roma per la Gran Loggia di marzo 1993: erano mol-ti quelli che contestavano l’operato di Di Bernardo.

Le sale dell’Hotel Hilton di Roma erano piene di massoni. All’appuntamento non mancava quasi nessuno: oltre ai membri

della Giunta, il massimo organo esecutivo, ai Grandi Maestri ono-rari, ai Grandi rappresentanti presso le massonerie estere e ai re-sponsabili dei vari Riti, erano state chiamate a raccolta quasi tuttele logge italiane. Qualche malumore si avvertiva alla comunicazio-ne che il Gran Maestro avrebbe vietato l’ingresso a coloro che nonrivestivano la carica di maestro venerabile.

Le proteste e il dissenso contro l’operato del Gran Maestro si ac-compagnavano alle preoccupazioni nascenti dall’inchiesta del procu-

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ratore di Palmi e dall’accanita campagna stampa mossa da tutti i gior-nali contro la massoneria. Si accusava Di Bernardo di essere stato ec-cessivamente quanto ingiustificatamente arrendevole con il giudiceCordova e di non avere ben difeso l’immagine della comunione mas-sonica italiana in un momento di così estrema difficoltà. Si parlava diincapacità e molti invocavano le dimissioni di Di Bernardo.

All’ordine del giorno della Gran Loggia c’era l’approvazione delbilancio consuntivo annuale, che diventava un pretesto per espri-mere il proprio dissenso nei confronti di Giuliano Di Bernardo ecostringerlo a dimettersi da Gran Maestro.

Il bilancio, infatti, doveva essere sottoscritto oltre che dal GranTesoriere anche dai cinque revisori dei conti denominati «GrandiArchitetti revisori». Ma tre di questi si erano rifiutati di farlo: era-no Antonello Zucco, agente assicurativo di Roma, Giuseppe Wrzy,avvocato di Messina e Michele Dolce, commerciante di abbiglia-mento di Palermo. La loro non era un’azione isolata. La linea diazione da seguire per costringere Di Bernardo ad abbandonare ilsuo posto era stata concordata da tempo. L’ideatore del progettoera Armando Corona, ex Gran Maestro del Grande Oriente ed expadre putativo di Giuliano Di Bernardo. A questi si erano poi ag-giunti quasi tutti i rappresentanti dei «Riti», da quello scozzese aquello simbolico.

La sera del venerdì 19 marzo 1993, antecedente l’assemblea na-zionale, era un pullulare di incontri e riunioni. Le salette privatedell’Hilton erano tutte prenotate. I fratelli si incontravano a gruppiristretti e discutevano sul da farsi. Al piano seminterrato si riunivaun centinaio di fratelli alla presenza dell’ex Gran Maestro Arman-do Corona. Parlava anche Enzo Paolo Tiberi, avvocato di Perugia,uscito sconfitto dall’incontro elettorale di due anni prima con Giu-liano Di Bernardo. Si concordava sul fatto che fosse in gioco addi-rittura il futuro della stessa organizzazione: si stabiliva che non ap-provando il bilancio si sarebbe messo Di Bernardo in difficoltàspingendolo sulla via dell’abbandono della carica. Tutti i presenti sidichiaravano d’accordo.

Nelle altre sale si svolgevano altre riunioni riservate. Anche gli affiliati ai diversi riti si incontravano per discutere la si-

tuazione. Il rito scozzese antico ed accettato era convocato dal So-vrano Gran Commendatore Augusto De Megni. Il Rito di York siincontrava sotto la presidenza del Sommo Sacerdote, il fiorentino

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Alberto Banti. Il Rito Simbolico si riuniva sotto la guida di VirgilioGaito, avvocato romano (poi eletto nuovo Gran Maestro nel di-cembre del ’93).

Tutti concordavano sulla necessità che Di Bernardo si dimettesse.L’indomani mattina, la grande sala dell’Hotel Hilton, adibita a

tempio, era affollata da centinaia di fratelli. Tutti a iscriversi a par-lare. I lavori non erano ancora iniziati, ma il Primo Gran Sorve-gliante, il palermitano Rosario (Sasà) Genovese, aveva già raccoltole richieste di decine e decine di interventi.

All’entrata del Gran Maestro i lavori iniziavano in maniera rituale. I previsti e concordati dissensi sul bilancio avevano luogo. Si sus-

seguivano le precisazioni e i commenti. Le ore passavano e i nume-ri e le tante voci del bilancio continuavano a scorrere sui volti stan-chi dei presenti, seduti in maniera ordinata e rituale. Si stabiliva disospendere i lavori per il pranzo. Alla ripresa, per ogni fratello checoncludeva altri si iscrivevano a parlare. Si decideva di ridurre acinque minuti ogni intervento. Poi a tre. Alcune voci si levavano indifesa del Gran Maestro, altre risprofondavano nelle aride conside-razioni matematiche dei conti.

La sequela delle osservazioni veniva bruscamente interrotta. Il Gran Maestro, dal suo scranno, rompeva il silenzio osservato

sino a quel momento e iniziava a parlare lanciando accuse contro iGrandi Architetti revisori, contro il governo dell’Ordine e contro iGran Maestri Onorari. Di Bernardo precisava di essere stato la-sciato solo e di non avere avuto la possibilità di sviluppare e realiz-zare il suo programma di governo. Parlava anche di complotto e dicospirazioni. Le accuse erano forti e cadevano precise.

Nella sala il silenzio era assoluto. Saliva la tensione. Tutti ascoltavano le parole del contestato Gran Maestro. Giuliano Di Bernardo, con le accusa espresse ad alta voce, aveva

colto tutti di sorpresa, e ora, approfittando dello stupore iniziale,chiedeva che fosse posto ai voti il tanto contestato bilancio ancor pri-ma che fossero terminati tutti gli interventi, privando gran parte deipresenti del diritto di intervento nonostante la loro regolare richiesta.

Nessuno si opponeva al vortice di parole di Di Bernardo. Neanche il Grande Oratore, l’avvocato ravennate Gustavo Raffi,

(poi eletto Gran Maestro dopo Virgilio Gaito), riusciva a superarel’iniziale situazione di difficoltà e a contrastare l’insolita richiesta divotare anticipatamente il bilancio.

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Al colpo del martelletto di Di Bernardo tutti alzavano il braccioper votare. Dei circa 600 maestri venerabili presenti solo 21 eranocontrari. Il bilancio era approvato. Di Bernardo poteva così rima-nere al suo posto.

Le reazioni furono immediate. C’era chi gridava al tradimento echi era smarrito. I tre «Grandi Architetti revisori» cercavano ilconforto dell’ex Gran Maestro Armando Corona.

Dopo una breve pausa venivano fatti entrare i rappresentanti del-le massonerie estere e i lavori proseguivano.

Martedì 23 marzo 1993. La «Gazzetta del Sud» riportava un’in-tervista a Giuliano Di Bernardo: «È vero che ho dovuto subire ore eore di critiche ma le mie dimissioni non sono mai state in discussio-ne e mi sono bastati trenta minuti per ricostituire la catena di fratel-lanza. C’è stato chi ha venduto la pelle dell’orso prima ancora di aver-lo ucciso, ma il suo tentativo è stato smentito dalla Gran Loggia».

Il riferimento era anche a un articolo de «la Repubblica» il cuiautore, preferendo correre altrove in quella primaverile mattinatadi marzo, senza attendere la conclusione della animata riunione diGran Loggia, aveva scritto che il bilancio era stato bocciato.

Nonostante le dichiarazioni di ricostituita fratellanza, Di Bernardodoveva registrare l’implicita bocciatura del suo operato da parte del-la stessa Gran Loggia. Infatti, gran parte dei maestri venerabili d’Ita-lia gli aveva palesato la propria indisponibilità, e, in ogni caso, nonpoteva più contare sulla collaborazione degli organi del GrandeOriente d’Italia. Il bilancio era stato approvato, ma la votazione eraavvenuta a seguito di un imprevisto quanto irruento intervento dellostesso Di Bernardo che era riuscito a tacitare l’assemblea. Tale circo-stanza non poteva più essere invocata per il futuro.

Gli intervenuti alla riunione romana ritornavano nelle loro sedi eil malcontento restava e si amplificava. I fratelli, durante i loro in-terventi, avevano espresso al Gran Maestro Di Bernardo il loro dis-senso, ma avevano anche evidenziato lo stato generale di disagioche attraversava l’intera comunione: si era discusso delle indagini,ma anche della necessità di dovere verificare le stesse accuse. In-somma, la richiesta avanzata dalla Gran Loggia e a a cui non era sta-to dato seguito, era quella di procedere a una verifica dell’interastruttura, sui suoi iscritti e sulle lamentate irregolarità.

Nei giorni che seguivano, il Gran Maestro, ormai isolato da granparte della comunione, rimaneva chiuso nel suo ufficio di Villa Me-

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dici del Vascello a Roma. Alcuni rappresentanti della Gran LoggiaUnita d’Inghilterra, sempre più perplessi per gli accadimenti giudi-ziari che continuavano a coinvolgere la massoneria italiana, chiede-vano chiarimenti. Gli inglesi, infatti, da tempo volevano rivedere laloro posizione nei confronti della massoneria italiana, sempre piùturbolenta e legata alle vicende politiche e scandalistiche del Paese.

Intanto si rivolgevano a Di Bernardo alcune logge che avevanodichiarato il proprio dissenso nei confronti della gestione del Gran-de Oriente d’Italia e che invocavano, apertamente, un tipo di ag-gregazione massonica sulla falsariga di quella d’oltre Manica, lonta-na dai clamori della realtà politica e distante dalle dispute, anche dicarattere giudiziario, che avevano coinvolto la massoneria in Italia.

Adesso era in discussione l’intero assetto della massoneria italiana.Infatti, c’era chi protestava contro le perquisizioni della Procura

di Palmi, e c’era chi contestava l’operato di Di Bernardo e la sua la-mentata debolezza.

Nel frattempo le indagini giudiziarie proseguivano e le pagine deiquotidiani continuavano a echeggiare di nuovi sensazionali ritrova-menti e di presunte irregolarità.

La sfiducia nell’organizzazione massonica raggiungeva gli stessilivelli di quelli vissuti per lo scandalo P2.

Ma sopra tutto vi era l’ormai irrefrenabile sfiducia degli stessiiscritti alla massoneria che, sul solo presupposto della appartenen-za, si trovavano inseriti in nuove liste di proscrizione e coinvolti inquello che appariva essere un sistema di irregolarità e abusi.

Le dimissioni arrivavano veloci e sempre più frequenti presso la se-de centrale romana. Erano tanti quelli che intendevano prendere ledistanze dall’associazione di «uomini liberi e di buoni costumi» nel-la quale erano entrati e sulla cui regolarità e legittimità si discuteva.

Nel frattempo le indagini continuavano.Trascorrevano poche settimane. Venerdì 16 aprile 1993, poco

prima delle 16, Di Bernardo usciva dalla sede del Grande Orientee spediva al Gran Segretario Alfredo Diomede un documento inti-tolato Lettera alla Comunione: epilogo.

La lettera arriverà cinque giorni dopo, il 21 aprile. Alfredo Dio-mede leggerà: «Il Gran Maestro, ritornato ad essere il massoneGiuliano Di Bernardo, continuerà la sua opera per l’affermazionedei princìpi della massoneria in Italia e nel mondo. I fratelli che so-no idealmente legati a lui non devono sentirsi abbandonati, egli sta

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per incamminarsi nel sentiero che conduce alla vera massoneria edè pronto ad accogliere con un abbraccio fraterno tutti coloro chedesiderano pensare e vivere secondo i nobili ed antichi princìpi del-la massoneria universale». L’obiettivo era, perciò, «rifondare lamassoneria, più legata a quella utopia muratoria ove esiste una co-munione di iniziati che percorrono la via del perfezionamento mo-rale, che sono uniti nel vincolo dell’amore fraterno e operano nelnome del Grande Architetto dell’Universo. Nella società dove essivivono non nascondono i loro nomi e i luoghi delle loro riunioni.Rispettano le leggi dello Stato e i magistrati che le fanno osservare».

Sono parole che rivelavano una certa sicurezza.Non vi era dubbio che Di Bernardo avesse raggiunto una qual-

che intesa sia con i rappresentanti della Gran Loggia Unita d’In-ghilterra, sempre più preoccupati della situazione italiana, sia conquelle logge che non riconoscevano più i sistemi adottati dal Gran-de Oriente d’Italia, oggetto di indagini giudiziarie.

Ma la lettera dell’ex Gran Maestro suonava anche come dichia-razione di guerra.

L’asserita «opera per l’affermazione dei princìpi della massoneriain Italia e nel mondo» e l’enunciato «sentiero che conduce alla ve-ra massoneria» lasciavano intendere che Di Bernardo non intende-va limitarsi a dimettersi dal Grande Oriente. Per Di Bernardo l’u-scita dal più famoso e numeroso gruppo massonico non sembravacoincidere con la fuoriuscita dalla stessa massoneria.

Nello stesso pomeriggio di venerdì 16, infatti, Giuliano Di Ber-nardo si recava presso lo studio notarile romano del dott. LenkaNemcova in via Salaria. Non era solo. Lo accompagnavano altri ot-to fratelli appartenenti al Grande Oriente d’Italia: Stefano Panke,Bruno Castellani, Marco Segré, Giuseppe Morelli e Felix Rossanodi Roma, Giuliano Graziani di Milano, Roberto Tesi di Firenze eNerio Pantaleoni di Bologna.

Veniva costituita un’associazione non riconosciuta denominata«Gran Loggia Regolare d’Italia», con sede sempre nella capitale, invia Flavia 72.

Nell’atto costitutivo si legge: «La Gran Loggia Regolare d’Italiaè l’unica, indipendente, indivisa, responsabile, autonoma e sovranaautorità su tutto il territorio della Repubblica italiana per il gover-no dei gradi della pura ed antica massoneria universale». La storiadella massoneria italiana si arricchiva di un nuovo capitolo.

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Iure veritati iuncti

Pochi giorni dopo, i fondatori del nuovo gruppo massonico spe-divano una lettera ai massimi rappresentanti dei tanti gruppi mas-sonici mondiali. Il documento, intitolato Le ragioni di una scelta,che era anche un atto di accusa contro il Grande Oriente d’Italia,faceva riferimento alle motivazioni che avevano portato alla crea-zione della Gran Loggia Regolare d’Italia.

Il 17 aprile 1993 è stata fondata in Roma la Gran Loggia Regolaredegli Antichi, Liberi e Accettati Muratori d’Italia. Con essa ha ini-zio, per la prima volta nel nostro Paese, la pura antica massoneria.Tra i motivi che hanno determinato tale importante e necessariadecisione c’è la convinzione, profonda e motivata, che i princìpiuniversali della massoneria erano stati definitivamente e irrimedia-bilmente violati. Di conseguenza, i massoni agivano sulla base diregole che nulla o poco avevano a che fare con la massoneria. Se lamassoneria è basata sull’amore fraterno, come si possono giustifi-care i conflitti e gli odi che sconvolgevano i rapporti tra i fratelli?Come si possono conciliare con il reciproco rispetto e l’armonia gliatteggiamenti che, in occasione delle riunioni di Gran Loggia, da-vano origine a fenomeni collettivi in cui i diversi gruppi di poteresi affrontavano senza ritegno animati da furore distruttivo? Dov’e-ra finito il perfezionamento morale che ogni massone ha il doveredi attuare nel profondo della propria coscienza? Quante calunnie,infamie e congiure hanno caratterizzato la vita e la storia della li-bera muratoria in questi ultimi tempi! La verità è che quando degenerano i princìpi fondamentali, ispi-ratori della condotta pratica, tutto diventa possibile. È così chenascono le false prospettive, le deviazioni, la ricerca di qualcosache con la massoneria non ha nulla a che fare. Allora il richiamodell’impegno politico, vietato dalle antiche regole dell’Ordine, di-venta sempre più forte fino a costituirne un fine principale. Daqui alle attività affaristiche, più o meno lecite, il passo è breve e lacorruzione diventa inevitabile. Giorno dopo giorno ci si allonta-na dall’autentica massoneria e si avvia un processo irreversibileche porterà inevitabilmente alla degenerazione e alla distruzionedi quella massoneria. In che cosa consiste il progetto per una nuova massoneria? È daprecisare, al riguardo, che, quando si parla di «nuova massone-ria» non si fa riferimento a una dottrina massonica diversa: poi-

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ché in massoneria tutto è stato già scritto, nulla dev’essere inven-tato. Il vero problema, allora, è quello di saper leggere il libro del-l’autentica tradizione massonica secolare. È questo il senso del ri-torno alle origini.Per la Gran Loggia Regolare d’Italia, ritornare alle origini ha avu-to il significato di ispirarsi a quel modello anglosassone di masso-neria che, dagli inizi del XVIII secolo, si è diffuso in tutto il mon-do. Ecco perché essa ha adottato il Libro della Costituzione e deiRegolamenti in uso nella Gran Loggia Unita d’Inghilterra (conopportune modifiche allo scopo di adattarlo alle condizioni par-ticolari del nostro Paese) e il rituale Emulation.Da questa scelta costituzionale, derivano obblighi che vincolanomoralmente. Innanzi tutto, il divieto di occuparsi di politica e re-ligione. La massoneria italiana, da quando ha scelto la via del-l’impegno politico, non solo si è allontanata dall’alveo tradiziona-le, ma è stata coinvolta in vicende che le hanno procurato moltiaffanni. Così pure, l’atteggiamento fortemente anticlericale le haimpedito di vivere in armonia e nel reciproco rispetto con la Chie-sa Cattolica. La Gran Loggia Regolare d’Italia, consapevole di ta-li errori, nasce, perciò, all’insegna del più rigoroso rispetto sia del-le forze politiche sia delle religioni che esistono nel nostro Paese. Poiché i massoni sono uomini che condividono una certa conce-zione della vita e si riuniscono per migliorare se stessi, non esistealcuna ragione che giustifichi il tener occultati i loro elenchi e iluoghi delle loro riunioni. Questa scelta a favore della «clandesti-nità», in uno Stato che garantisce le libertà dell’individuo e dellasocietà, è quanto mai anacronistica e fa insorgere sospetti sull’at-tività dei massoni. La Gran Loggia Regolare d’Italia, anche per es-sere in linea con quanto avviene nelle altre massonerie estere, al-lo scopo di fugare ogni sospetto sulle sue attività che sono di na-tura puramente morale, ha scelto, fin dal giorno della sua fonda-zione, di non essere clandestina. Essa, infatti, consegna gli elenchidei propri affiliati alle competenti autorità dello Stato preposte al-la tutela dell’ordine pubblico, ossia al ministro degli Interni, aiprefetti, ai questori, ai dirigenti della Digos. Questa è la prova piùevidente che coloro i quali scelgono di entrare nella Gran LoggiaRegolare d’Italia lo fanno per vivere secondo un ideale e non perperseguire scopi estranei alla massoneria.La scelta coraggiosa di dar vita alla Gran Loggia Regolare d’Italiaha trovato consensi non soltanto tra i massoni ma anche tra i pro-fani, i quali, noncuranti dell’immagine negativa e deteriorata che

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oggi la massoneria ha nel nostro Paese, chiedono di essere am-messi proprio perché attirati dall’ideale che essa rappresenta. Ta-le scelta è stata premiata dalla Gran Loggia Unita d’Inghilterra,«madre» di tutte le logge, la quale, in occasione della comunica-zione trimestrale dell’8 dicembre del 1993, le ha conferito il pro-prio ambito riconoscimento. Tale decisione della Gran LoggiaUnita d’Inghilterra è stata seguita, alcuni mesi dopo, anche dallaGran Loggia Nazionale Francese, dalla Gran Loggia d’Irlanda eda altre Grandi Logge.La Gran Loggia Regolare d’Italia, mentre da una parte esclude,nel modo più assoluto, l’ingresso agli indegni, dall’altra accogliecon amore fraterno tutti coloro i quali desiderano vivere l’auten-tica esperienza massonica ispirata ai più puri princìpi dell’anticamassoneria.

Così si leggeva nel documento del nuovo gruppo massonico.La nuova Gran Loggia aveva anche individuato il suo motto che

appariva iscritto all’interno dello stesso stemma: Iure veritati iuncti.Sotto gli auspici di questa impegnativa enunciazione iniziava così lastoria della Gran Loggia Regolare d’Italia.

Iure veritati iuncti. Diritto e verità insieme.

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Terremoto massonico(1993-1996)

I massoni gettano il cappuccio. Due logge pubbli-che a Messina. Una giornata storica: per la primavolta una «officina» è stata aperta alla curiositàdei cronisti, mentre loro, gli affiliati, sorridevanospalancando le porte del «tempio», luogo di in-contri e di riti esoterici… Così i massoni gettano alle ortiche il cappucciomostrando doppiopetto fumo di Londra e cravat-te rigorosamente nere.

«Corriere della Sera», 28 febbraio 1994.

Il Paese era alla vigilia di una importante prova referendaria: bi-sognava esprimersi su otto quesiti tra i quali l’abolizione del finan-ziamento pubblico ai partiti, la depenalizzazione del possesso didroga per uso personale e l’introduzione del sistema maggioritario.Tutti i giornali riportavano i termini del dibattito politico e le opi-nioni dei leader di partito, ma la notizia della costituzione di unnuovo organismo massonico rimbalzava sui tavoli delle redazionidei quotidiani che la rilanciavano arricchita dai particolari delle in-discrezioni raccolte.

«La Repubblica» del 16 aprile 1993 scriveva di scissione storicae precisava che nonostante «le notizie siano ancora imprecise vistala tradizionale riservatezza di questo ambiente, a quanto pare DiBernardo, insieme a un gruppo di maestri rappresentanti di varielogge, sarebbe pronto a lasciare il Grande Oriente per formare unanuova obbedienza massonica. È questo il senso di una lettera cir-colare, in gergo una “balaustra”, spedita ai maestri italiani. Letteraseguita da un’altra missiva, ancora più delicata, dove Di Bernardospiegava ai massoni europei ed americani la delicata situazione ita-liana e le sue prossime iniziative. In pratica con questa decisione,Giuliano Di Bernardo proporrebbe una sorta di azzeramento dellamassoneria italiana. Ma dove andranno oggi i massoni cacciati daltempio? Come reagiranno? È una partita tutta da giocare. La scis-sione sembra paventarsi di proporzioni storiche, come la più cla-

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morosa di questo secolo, dopo quella che, all’inizio del ’900, ha di-viso il Grande Oriente di Palazzo Giustiniani da quello di Piazzadel Gesù, le due principali comunioni massoniche italiane».

Sabato 17 aprile 1993, «La Stampa»: «Frattura nella Massoneria.Il Gran Maestro si dimette, i suoi avversari dicono: “Era ora”. So-lo poche settimane prima Di Bernardo aveva subito l’attacco delsuo predecessore e avversario Armando Corona in un’accesa riu-nione della Gran Loggia e sembrava esserne uscito vincitore. Oraperò lascia. Possibile traduzione: il coinvolgimento di molti masso-ni e logge più o meno segrete nelle inchieste giudiziarie farebbesentire l’esigenza di rinnovamento e di pulizia anche nella masso-neria». Armando Corona commentava ai giornalisti: «Le dimissio-ni di Di Bernardo sono una soluzione scontata, un fatto positivo. Laconseguenza dello scontro avvenuto a marzo e dal quale il GranMaestro non era uscito vincitore come invece era stato detto». Poi,a chi più pressantemente degli altri lo interrogava sul futuro deirapporti tra il Grande Oriente e il gruppo massonico inglese, pre-cisava: «In quanto alla Gran Loggia d’Inghilterra, non ci sono pro-blemi: sa che la Giunta è in grado di tenere sotto controllo la situa-zione in Italia, in cui il vero pericolo è il fascismo, inteso anche nel-le forme populiste alla Bossi».

Sempre sabato 17 aprile, «Corriere della Sera»: «Mafia tra i mas-soni. Il capo del Grande Oriente d’Italia lascia: troppi infiltrati nel-le logge di Sicilia e Calabria. Il Gran Maestro della massoneria se neva con due anni d’anticipo. La maggior parte dei fratelli sa che ilnumero uno del Grande Oriente d’Italia lascia perché non riescepiù a tenere a bada una situazione divenuta incandescente. Troppii personaggi infiltrati che non figuravano negli elenchi ufficiali: unfenomeno grave, in crescendo che, forse, Di Bernardo non control-lava più. Circola la voce che Di Bernardo potrebbe costituire un’al-tra loggia, riconosciuta dalla “loggia madre d’Inghilterra”. Un pro-getto ambizioso che spaccherebbe la nostra massoneria in due».

Ancora sabato 17 aprile 1993, «la Repubblica»: «Di Bernardo,Grande Oriente addio. Si dimette il Gran Maestro della massone-ria che accusa i suoi nemici di aver ostacolato l’operazione traspa-renza. I suoi nemici interni e anche qualche ex amico sono inveceusciti allo scoperto per dire che la sua cosiddetta trasparenza, comeha scritto ieri il Grande Oratore, Gustavo Raffi, si appalesa comemero pretesto per giustificare la sua incapacità». Di Bernardo re-

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plicava sempre su «la Repubblica»: «Il Gran Maestro ha promessopulizia anche all’interno della massoneria ma egli non può mante-nere ciò che ha promesso, le Costituzioni vigenti dell’Ordine nongli danno il diritto di espellere i fratelli indegni».

«Il Messaggero»: «Bufera al Grande Oriente. I venerabili si divi-dono sull’interpretazione del clamoroso gesto. Giuliano Di Bernar-do, il Gran Maestro della massoneria, sbatte la porta e se ne va.Senza avvisare la Giunta, riconsegna il “maglietto”, simbolo del po-tere, che aveva ricevuto da Armando Corona nel marzo ’90 e cheavrebbe dovuto tenere fino al ’95. Manda ai fratelli una circolare,“balaustra” in gergo massonico, ma i 614 venerabili non la ricevo-no. L’ipotesi più accreditata è che il capo supremo lasci il GrandeOriente d’Italia per fondare un’altra Gran Loggia, all’insegna dellatrasparenza, in un momento in cui le “mele marce” della massone-ria sono nell’occhio del ciclone. Molti dubitano che il suo “appel-lo” ai fratelli e gli appoggi all’estero possano permettere a Di Ber-nardo di raggiungere il suo scopo. Ma molti liberi muratori prote-stano e ritorcono contro il Gran Maestro le stesse accuse che eglimuove alla famiglia». Il Grande Oratore Raffi in un’intervista rila-sciata al quotidiano «Il Messaggero» adombrava un’eventualità:«Qualora risultasse assodato che l’ex Gran Maestro abbia intesodissociarsi da fenomeni dallo stesso sottaciuti alla Giunta, organodi governo del Grande Oriente d’Italia, ed abbia esternato alle co-munità massoniche estere tale convincimento, risulterebbe realiz-zato un comportamento in pregiudizio all’istituzione e, comunque,gravemente lesivo dell’onorabilità della stessa, tale da legittimarel’attivazione di ogni iniziativa legale nei suoi confronti».

Anche «l’Unità» del 17 aprile 1993 dedicava ampio spazio alla vi-cenda massonica: «Tra le cause della rottura alcune illegalità tolle-rate. Con un atto senza precedenti nella pur travagliata storia dellamassoneria italiana, il capo del Grande Oriente d’Italia, GiulianoDi Bernardo, ha lasciato la guida di Palazzo Giustiniani ed è orien-tato a dar vita ad una Gran Loggia riconosciuta dalla “casa madre”d’Inghilterra. Si profila una scissione o, più probabilmente, una“rifondazione” della massoneria che consentirà a Di Bernardo di ri-manere nell’alveo della regolarità e legittimità ed espellere dalla co-munità i suoi avversari. Insomma, più che scissione potrebbe trat-tarsi di un’opera di epurazione. E proprio in queste ore per deci-dere il futuro del Grande Oriente sono in corso trattative tra Di

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Bernardo e alti dignitari inglesi, americani e francesi giunti a Roma.Cosa succederà adesso? Il Gran Maestro, nonostante le apparenze,non è uno sconfitto. Anzi. Allontanati dalla comunità massonicapotrebbero essere tutti coloro che non decideranno di sottostare alnuovo corso. Il processo di rifondazione dovrebbe andare avanti inquesto modo: Di Bernardo si dimette dal Grande Oriente per rico-struirlo sotto un altro nome. Una superloggia benedetta dalla log-gia madre d’Inghilterra. A questo punto il Goi, Grande Oriented’Italia, diventerebbe una scatola vuota, mentre gli scissionisti, omeglio i rifondatori, manterrebbero la legittimità. Le cose andran-no in questo modo? Le trattative, in queste ore, sono intense. Manon sembra che Di Bernardo abbia fatto una mossa improvvisata.Anche se fino all’ultimo la possibilità che salti tutto esiste».

Sabato 17 aprile 1993, «Giornale di Sicilia»: «Giallo nella mas-soneria. Sulla decisione avrebbe pesato il fallito programma di tra-sparenza e l’inchiesta della Procura di Palmi. Nel mondo dei cap-pucci e dei compassi è un colpo di scena di proporzioni clamorose.Ma ripercussioni ancora più grandi potrebbe avere una ipotesi chealcune indiscrezioni danno già per scontata: l’intenzione di Di Ber-nardo di dar vita ad una nuova Gran Loggia, appoggiata da setteGran Logge straniere, quelle di Stati Uniti, Francia, Inghilterra,Olanda, Belgio e Lussemburgo, che nascerebbe, sulla base del mo-dello del “Royal Arch Mason”, con solo duemila fratelli, e sconfes-serebbe tutti i riti massonici nazionali: dal Rito Scozzese Antico edAccettato al Rito di York, da quello di Memphis e Misraim al ritoNoachita».

Il tam tam giornalistico poneva le vicende massoniche all’atten-zione dell’opinione pubblica nazionale. Si era creato interesse perun possibile nuovo corso della massoneria italiana.

C’era attesa per quello che sarebbe successo.

La Gran Loggia Regolare d’Italia

Non bisognava attendere molto. Lo stesso giorno, sabato 17 apri-le 1993, a far da scenario alla costituzione rituale del nuovo corpomassonico era un altro albergo romano, il Parco dei Principi, in viaG. Frescobaldi n. 5. Dopo una attesa di poco meno di due ore laprevista riunione aveva inizio alle 10:45.

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Erano presenti 107 fratelli appartenenti a sette logge regolari delGrande Oriente d’Italia: la «Keats e Shelley» n. 900 di Roma, la«Sir Horace Mann 1732» n. 913 di Firenze, la «Pericle Maruzzi» n.1069 di Bologna, la «Polaris» n. 1118 di Milano, la «Degli AntichiDoveri» n. 1092 di Roma, la «Michael» n. 939 di Roma e la «Lira eSpada» n. 168 di Roma. Erano fratelli in contrasto con il sistemaadottato dal Grande Oriente d’Italia e che intendevano prendere ledistanze da un mondo oggetto di scandali e inchieste giudiziarie.

Per poter sancire la regolarità della riunione e delle procedureadottate partecipava alla cerimonia di fondazione il Gran Segreta-rio della Gran Loggia Nazionale Francese, Yves Trestournel, il qua-le prendeva visione delle bolle di fondazione delle sette logge e neconstatava la regolarità.

Le logge presenti aprivano i propri lavori «riuniti», cioè in formacongiunta, osservando il rituale inglese «emulation» e iniziavano adiscutere della grave situazione in cui versava la massoneria italianae in particolare il Grande Oriente d’Italia. Si commentavano anchele dimissioni dell’ex Gran Maestro Di Bernardo. Poi decidevano al-l’unanimità di fondare una nuova obbedienza massonica denomi-nata Gran Loggia Regolare d’Italia che si richiamasse «alle vere, au-tentiche e antiche origini della Libera Muratoria, prendendo a mo-dello la Gran Loggia Unita d’Inghilterra». Si stabiliva anche che aseguito della formazione della nuova Gran Loggia i fratelli delle set-te logge avrebbero comunicato le proprie dimissioni al GrandeOriente d’Italia.

In quella occasione venivano anche stabilite e approvate all’una-nimità le condizioni fondamentali che ogni candidato avrebbe do-vuto dichiarare e accettare per iscritto per essere ammesso nellanuova Gran Loggia. Erano quattro: la credenza in un Essere Su-premo; il consenso a includere il proprio nominativo negli elenchiche sarebbero stati periodicamente consegnati alle competenti au-torità dello Stato italiano; l’utilizzo del rituale emulation di origineinglese; l’adozione di norme e regolamenti stilati a modello del li-bro delle «Costituzioni e Regolamenti» (Book e Constitutions andLaws) della Gran Loggia Unita d’Inghilterra «con le necessarie mo-difiche dovute al loro adattamento alla realtà italiana».

Definiti i princìpi essenziali occorreva poi procedere alla costitu-zione rituale della nuova Gran Loggia. Prima di tutto bisognava vo-tare il Gran Maestro. Sull’argomento non sembravano esistervi

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dubbi e uno dei venerabili presenti, il bolognese Paolo Roberti,proponeva il nominativo di Giuliano Di Bernardo quale primoGran Maestro della neo costituita Gran Loggia. La proposta, asse-condata da altri due venerabili romani, Felix Rossano e Bruno Ca-stellani, otteneva l’unanimità dei voti dei presenti.

A quel punto veniva introdotto il neo eletto Gran Maestro il qua-le prestava il proprio giuramento direttamente nelle mani del GranSegretario della Gran Loggia Nazionale Francese Yves Trestournel.

Subito dopo si procedeva alla nomina e alla votazione degli uffi-ciali della nuova Gran Loggia. Si legge nel verbale di costituzione:«Terminate le investiture degli Ufficiali di Gran Loggia il GranMaestro rivolgeva a tutti i fratelli alcune parole di incitamento aprocedere con fermezza e impegno sul cammino appena intrapre-so, soffermandosi in particolare sul fatto che si trattava di una de-cisione che non può avere vie di ritorno, né ripensamenti: si tratta-va infatti di una decisione le cui conseguenze sono di portata stori-ca. Per la prima volta in Italia si potrà parlare dell’esistenza di unavera e pura libera muratoria nel rispetto delle più antiche tradizio-ni. Il cammino sarà disseminato di notevoli ostacoli, sia da parte dichi vorrà ostacolare la nascita e la crescita di una nuova massone-ria, sia da parte di chi, non ancora in grado di distinguere il nuovodal vecchio, stenterà, inizialmente, a credere che un cambiamentoradicale sia avvenuto. Tuttavia, contando sul totale impegno e sullaforza morale di ciascun fratello, la meta potrà essere raggiunta, finoal totale capovolgimento dell’attuale immagine negativa che la mas-soneria ha dato di sé in Italia. La Gran Loggia Regolare d’Italia ha,potenzialmente, la possibilità di divenire il punto di riferimentomorale per una società nella quale i valori sembrano essere perdutio quantomeno dimenticati... Cosicché la Loggia viene chiusa in pa-ce ed armonia alle ore 13:00».

Il pomeriggio dello stesso giorno i medesimi fratelli si riunivanosotto forma di «Capitoli» regolarmente costituiti e inseriti nel regi-stro del Supremo Grande Capitolo dell’Arco Reale del GrandeOriente d’Italia e fondavano il Supremo Grande Capitolo dell’Ar-co Reale d’Italia. Si trattava di cinque Capitoli: «Sir Horace Mann1732», «Antichi Doveri», «Pericle Maruzzi», «Michael» e «Pola-ris». Giuliano Di Bernardo eletto, tramite acclamazione, PrimoGrande Principale, successivamente nominava e installava i rispet-tivi Grandi Ufficiali. L’Arco Reale di tradizione anglosassone trion-

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fava così in Italia, a discapito degli altri corpi rituali che non veni-vano considerati dal nuovo gruppo massonico.

Il giorno successivo, domenica 18 aprile 1993, la notizia diventa-va di pubblico dominio. «La Repubblica»: «Nasce la loggia dei ri-belli. Il Gran Maestro spacca i massoni. La cerimonia ieri a Roma.Gli elenchi dei nuovi iscritti, per ora circa 300 fratelli, otto logge,tutti del Centro-Nord, saranno consegnati alle autorità. Il piccoloesercito dei ribelli della massoneria italiana guidati dall’ex GranMaestro si è riunito ieri mattina nella sala di un hotel romano perdare vita alla Gran Loggia Regolare d’Italia. Con l’aria un po’ spa-ventata di chi l’ha fatta grossa, ma con in volto l’orgoglio di esseretra gli eletti, i cinquanta fedelissimi di Di Bernardo si sono ritrova-ti nella sala delle ceramiche dell’Hotel Parco dei Principi adibita atempio improvvisato. Hanno indossato i grembiulini celesti dellamassoneria inglese e sotto lo stemma che reca il motto “iure verita-ti iuncti” hanno fondato una nuova loggia, l’ottava, che si è ag-giunta alle tre di Roma ed a quelle di Milano, Bologna, Firenze eGrosseto. E ieri, in qualità di osservatore della massoneria interna-zionale, ha partecipato alla riunione il capo della Gran Loggia Na-zionale di Francia, Yves Trestournel. Per la verità, alla vigilia, lascissione si annunciava ben più consistente. L’ex Gran Maestro haconquistato dietro le sue insegne una quota tutto sommato molto li-mitata dei fratelli italiani».

Di Bernardo, durante la conferenza stampa, spiegava ai giornali-sti: «La costituzione della Gran Loggia Regolare d’Italia non deveessere considerata una scissione dal Grande Oriente. La nostra for-za non si basa sulla quantità ma sulle qualità morali degli aderenti,un numero ristrettissimo che, nelle nostre intenzioni, non dovreb-be superare le 1.000-1.500 unità. Un modello di massoneria diver-so, che adotta le costituzioni inglesi secondo il rituale “emulation”,ma, soprattutto, che consegnerà alle autorità gli elenchi dei suoi fra-telli, secondo quanto previsto dalle leggi del Paese in cui viviamo».

«Non credo proprio che accadrà», era il commento di ArmandoCorona, l’ex Gran Maestro, repubblicano, grande sponsor di DiBernardo prima e adesso suo nemico giurato.

Sempre domenica 18 aprile 1993, «l’Unità»: «Si chiama GranLoggia Regolare d’Italia ed è candidata ad ottenere il riconosci-mento della Loggia Madre d’Inghilterra. L’ex Gran Maestro delGrande Oriente, Giuliano Di Bernardo, l’ha fondata ieri mattina

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dopo aver abbandonato polemicamente Palazzo Giustiniani. Un’o-perazione di difficile lettura che ha provocato le proteste della mas-soneria ufficiale che rischia di ritrovarsi spuria. Ma perché la scis-sione? I fedelissimi di Di Bernardo sostengono che la situazione eraingovernabile e che anche l’ultima Gran Loggia, la riunione di tut-ti i venerabili in occasione dell’equinozio di primavera, era finitacon una larga maggioranza di facciata, mentre in realtà le divisionisi erano acuite. Ma quello che è certo è che la decisione di Di Ber-nardo di lasciare Palazzo Giustiniani e fondare la nuova obbedien-za è stata presa almeno tre-quattro mesi fa, dopo aver effettuato al-cuni sondaggi sia negli Stati Uniti che in Inghilterra. Adesso, dopoil gesto di Di Bernardo, si aprirà una fase di scontro e di polemiche.Rimangono, comunque, una serie di interrogativi inquietanti: cosasarà della massoneria italiana? Il processo di trasparenza andràavanti oppure sarà bloccato? In questo momento tutte le soluzionisembrano possibili».

Domenica 18 aprile 1993, «Corriere della Sera»: «L’ex maestro,a ventiquattro ore dalle dimissioni dal Goi, ha dato vita ad un altrosodalizio. Irregolarità, polemiche, discussioni, veti incrociati e, per-ché no, liti furibonde non sono argomenti che il capo della nuovaobbedienza vuole trattare. “I confronti non mi interessano. Io sonostato per anni Gran Maestro di un’altra Gran Loggia: un’esperien-za interessante, ma adesso è finita e non ho più niente da dire su lo-ro”. Gli avversari o, se preferite, gli ex amici parlano, eccome! Ar-mando Corona, già Gran Maestro e nemico numero uno di Di Ber-nardo, non ha peli sulla lingua. “È un salto nel buio. Loro pensanoche gli stranieri avranno un occhio di riguardo. Ritengono che le ac-cuse di mafiosi lanciate contro di noi in Calabria ed in Sicilia ab-biano influenzato la ‘Grande madre inglese’. Non è vero niente.Parleremo con i magistrati, vorremo sapere da loro qual è la realtàdei fatti e se dovessimo trovare mele marce saremo i primi noi abuttarle fuori a calci. Ma, badate bene, io sono convinto che sonotutte fantasie ed elucubrazioni di chi voleva pescare nel torbido”.Staremo a vedere».

Domenica 18 aprile 1993, «La Stampa»: «Si spacca la massone-ria italiana. Primo impegno: rendere pubblici i nomi di tutti gli af-filiati. Di Bernardo, con l’eterno sorriso sulle labbra, evita com-menti sui suoi accusatori. Ma l’ex Gran Maestro, accusato di averpreparato la scissione quando ancora era il capo del Grande Orien-

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te depositando nei mesi scorsi lo statuto della nuova Gran Loggianello studio di un notaio, nei prossimi giorni sarà “processato” dal-la Giunta del Grande Oriente d’Italia».

Domenica 18 aprile 1993, «Il Messaggero»: «Dopo le dimissionidel Gran Maestro si è aperta la battaglia per ottenere il riconosci-mento di Londra. Domani a Villa Medici del Vascello si riunirà laGiunta del Grande Oriente. Non si tratterà certo di criticare igrembiulini ed il nuovo stemma, tutti azzurri, o il rito “emulation”scelto dal nuovo corpo per avvicinarsi alla massoneria inglese ca-peggiata dal duca di Kent, ma di studiare una strategia che per-metta al Goi di mantenere il tanto stimato riconoscimento inglese,che fu ottenuto nel 1972. Si può andare avanti anche senza, ma cisi esporrebbe al rischio di perdere adepti che, qualora la Gran Log-gia Regolare entrasse nelle grazie inglesi, potrebbero scegliere ilnuovo corpo. In questo quadro, l’ex Gran Maestro Armandino Co-rona si recherà al più presto in Inghilterra».

Nel frattempo il Grande Oriente d’Italia si ritrovava smarrito esenza una guida.

La scelta inglese

Lunedi 19 aprile 1993 si riuniva la Giunta, l’organo di governodel Grande Oriente d’Italia, presso la sede di Villa Medici del Va-scello. Si discuteva della situazione. Ci si indignava per l’atteggia-mento di Di Bernardo e per il suo tentativo di secessione. Qualcu-no parlava anche di fuga. Qualcun altro si preoccupava di verifica-re che non «mancasse» alcun documento. Infine veniva deciso diprocessare l’ex Gran Maestro. Il Grande Oratore Raffi redigeva le«tavole d’accusa», capi di imputazione necessari per richiedere unprocesso massonico e la «Corte Centrale», tribunale massonico, fis-sava l’udienza dibattimentale per il 17 luglio 1993.

Le contestazioni mosse a Di Bernardo erano gravi. Questi avreb-be costituito una nuova formazione massonica mentre rivestiva lacarica di Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia. Il 13 aprile del1993 Giuliano Di Bernardo aveva anche inviato alle organizzazionimassoniche estere una lettera, su carta intestata del Grande Orien-te d’Italia, annunciando l’imminente fondazione della Gran LoggiaRegolare d’Italia.

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La nuova formazione veniva costituita il giorno 16 dello stessomese, mentre solamente due giorni dopo, domenica 18 aprile, Giu-liano Di Bernardo si decideva a comunicare al Grande Oriente d’I-talia che si riteneva «libero da ogni vincolo nei suoi confronti». Lalettera di Di Bernardo, inviata per posta, sarebbe stata recapitatapresso la sede del Grande Oriente il 21 aprile, facendo esplodere dirabbia i pochi presenti a Villa Medici del Vascello.

Ma il timore più grave, che sino a quel momento non era statoespresso dal Goi, era quello di perdere il prestigioso riconoscimen-to da parte della massoneria anglosassone. Occorreva creare imme-diatamente un contatto chiarificatore con i fratelli inglesi.

Lo stesso giorno veniva trasmesso via fax a Michael B.S. Higham,Gran Segretario della Gran Loggia Unita d’Inghilterra, un docu-mento: «La Giunta del Grande Oriente d’Italia, riunitasi il 19-04-93 in Roma, Villa Il Vascello, per la disamina della situazione venu-tasi a creare in Italia a seguito delle dimissioni da Gran Maestro re-se dal fratello Di Bernardo e finalizzate alla costituzione di una se-dicente organizzazione massonica, chiede, nello spirito di chiarezzache deve animare i rapporti consolidati di fraterna e leale amiciziatra le nostre obbedienze, che una propria delegazione venga rice-vuta dalla Gran Loggia Unita d’Inghilterra nel più breve tempopossibile per le opportune informative del caso».

La risposta inglese non tardava ad arrivare.Sempre a mezzo fax, il giorno dopo il Gran Segretario Higham

scriveva: «Vi ringrazio del vostro fax del 19 aprile. Non ho alcundubbio che sarebbe utile per me discutere la situazione attuale del-la massoneria italiana con un rappresentante del Grande Oriente.Comprenderete, spero, la mia riluttanza a ricevere una delegazione,anche se soltanto di alcuni dei diciassette fratelli che hanno firmatola lettera. Il fratello Corona ed io ci conosciamo e spero che voi sa-rete d’accordo che egli può ben rappresentare il Grande Oriente».

L’ex Gran Maestro Armando Corona volava a Londra. Si incon-trava con Higham e discuteva della situazione creatasi in Italia. Po-co dopo, sempre Corona si recava in altri Paesi europei per rap-presentare la situazione.

Nel frattempo, in Italia, occorreva attribuire nuovi poteri di rap-presentanza a un Gran Maestro Aggiunto sino alle nuove votazio-ni. Il 5 maggio veniva prescelto quale Gran Maestro «reggente» ilgenovese Eraldo Ghinoi, dirigente aziendale in pensione.

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Intanto Giuliano Di Bernardo incontrava, ancora una volta, ilprocuratore di Palmi, Agostino Cordova. L’incontro era segreto e sisvolgeva in una caserma dei carabinieri vicino Roma. Il faccia a fac-cia sarebbe durato due intere giornate e il verbale di tutta la sedu-ta avrebbe riempito circa cinquanta cartelle dattiloscritte.

Il Grande Oriente d’Italia sporgeva querela contro l’ex GranMaestro ravvisando nel suo comportamento gli estremi di diffama-zione aggravata, e autorizzava il reggente Eraldo Ghinoi ad agire,anche in sede giudiziaria, sempre contro Giuliano Di Bernardo, perchiedere il risarcimento dei danni causati al Goi per i suoi compor-tamenti dannosi e pregiudizievoli.

Era guerra. Pochi giorni dopo veniva comunicata la notizia della sospensio-

ne del riconoscimento da parte della Gran Loggia Unita d’Inghil-terra. La lettera era del 10 giugno 1993, a firma M. Higham, GranSegretario. Si leggeva. «Nella sua assemblea trimestrale di giugno,tenuta ieri, la Gran Loggia Unita d’Inghilterra ha sospeso il ricono-scimento al Grande Oriente d’Italia. Mentre la sospensione del ri-conoscimento è in atto, i fratelli di costituzione inglese non sonoautorizzati a visitare logge all’obbedienza del Grande Oriente d’I-talia ed i fratelli del Grande Oriente d’Italia non potranno visitarele nostre logge. Ai nostri fratelli che sono anche membri di loggedella vostra comunione non sarà richiesto di assonnarsi da esse, masoltanto di astenersi dal partecipare alle loro riunioni».

La notizia si abbatteva con forza su tutti i fratelli del GrandeOriente d’Italia già colpiti dalle incessanti indagini della Procura diPalmi. Le perplessità e le incertezze aumentavano. Così come lesempre più numerose lettere di dimissioni.

La reazione del gruppo italiano fu immediata. Il Gran Segretario, Alfredo Diomede, inviava a Londra una lun-

ga nota circostanziata sulla reale situazione della massoneria italia-na: scriveva del Grande Oriente nella storia d’Italia, della posizio-ne del gruppo massonico nell’Italia odierna, degli effetti delle di-missioni di Giuliano Di Bernardo, delle colpe dell’ex Gran Maestroe dell’inesistenza di logge irregolari non registrate.

Ma nell’austero palazzo londinese di Freemasons Hall, in GreatQueen street, Michael B.S. Higham, ex cormorano della marina in-glese e Gran Segretario della Gran Loggia Unita d’Inghilterra dacirca un decennio, mostrava di essere ben informato sulla reale si-

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Indice

Premessa 5

Preludio (1992-1993) 7Terremoto massonico (1993-1996) 24Incontri e scontri (1996-1999) 73Tra roghi, elezioni e condanne (1999-2002) 118La massoneria politicamente corretta (2002-2005) 171Fratelli diversi (2005-2008) 229La liberamuratoria va in tribunale (2008-2011) 284P2, P3, P4: la storia continua (2011-2012) 374

Riferimenti bibliografici 419Indice dei nomi 423