Lecce appesa a un filo... bus

2
Focus Lecce ap a u Il lucro sulla sosta delle auto e l’impiego del trasporto pubblico. L’esempio della Sgm leccese e le doppie funzioni mai separate. La politica senza coraggio Paolo Margari hi sosteneva che piccolo fosse bello do- vrebbe ricredersi quando i vantaggi di una dimen- sione minuta sono annullati dalla sensazione di vivere i problemi di una grande metropoli – pur non godendo di alcun beneficio tipico di quest’ul- tima tipologia urbana. Se vi è capitato questo si- gnifica che siete rimasti imbottigliati nel traffico di Lecce, probabilmente un’altra perla del baroc- co da annoverare nelle guide turistiche. Evidente che in questo caso l’arte non sia scolpita sulla pie- tra leccese, ma su cellulosa farcita di inchiostro da chi ha avuto il compito di disegnare e gestire – o almeno provarci – la crescente mole di autisti inscatolati in trabiccoli di latta. Questa tipologia di residenti e fruitori della città si presenta con una frequenza esageratamente spalmata sull’arco diurno al punto da far chiedere a un osservatore attento: ma in questa città nessuno lavora? Cosa ci fanno tutti in giro in auto? Dove andate? Non dovreste essere in ufficio a quest’ora? A ben vedere si incontrano esponenti di varie classi sociali, tutti con una certa fretta. Chi la prende comoda sono i lavavetri, che talvolta tim- brano il cartellino anche alle 10. Questi ultimi sono una costante, come il sema- foro che nel giro di 5 metri cambia colore anche 6 volte e la vita corre avanti assieme ai pensieri. Emergono immagini celestiali di città nordeuro- pee ordinate, pulite senza lavavetri, dove tutto funziona e non si viene arrestati quotidianamente dinanzi a quei semafori che consumano la breve esistenza già costretta a rinunce dal crescente ca- rovita – i redditi dei leccesi non sono poi così ele- vati come narravano leggende metropolitane – ed erosa dalle emissioni delle auto e dallo stress. Recarsi nel centro di Lecce al mattino per mol- ti è un incubo. Fosse solo il costo della benzina – che presto sarà tesaurizzata – quello che più sco- raggia è sapere di dover buttare via un’intera mat- tinata per sbrigare qualche faccenda nel giro di pochi metri. A tutto si somma il dazio che si deve pagare alla SGM, di fatto un’addizionale ai car- buranti per chi come mezzo di trasporto sceglie l’auto. Ora, una persona potrebbe anche andarsene a piedi, in effetti le distanze del centro sono ragio- zione primaria dei bus non sia quella di fare pub- blicità mobile piuttosto che trasportare i cittadini (figuriamoci gli amministratori). Sarà vero che serve un cambiamento di men- talità da parte dei leccesi, ma esso non potrà mai nascere in un simile contesto: oggi gran parte dei residenti che decidano di rinunciare all’auto sono costretti automaticamente a rinunciare alla città, perché di fatto non vi sono alternative. Di fronte a questo ci si chiede se il filobus fos- se uno strumento davvero necessario. A prescin- dere dalla partecipazione negata, alle markettine elettoralistiche del centrodestra con una surreale inaugurazione, accompagnate dal can can altret- tanto elettoralistico del centrosinistra che si è op- posto in modo sterile allo strumento, non è segui- to nulla. Escludendo i percorsi destinati a categorie che ricorrono necessariamente al trasporto pubblico (ad es. la tratta Lecce-Ecotekne percorsa dagli studenti), cosa dire del resto? Il filobus se non funzionerà sarà uno spreco di denaro, se vicever- sa funzionerà sarà un ulteriore elemento di disu- guaglianza tra centro e periferie. Oltre al pessimo impatto estetico, dal punto di vista ambientale mento della corsa si impiega più di un’ora. Lecce è meno di un ventesimo di Milano, eppure i tem- pi di percorrenza con i mezzi pub(bl)ici sono maggiori. La SGM è responsabile anche della segnaleti- ca orizzontale e verticale. Da lì si percepisce la differenza nel curare gli spazi dedicati alla sosta a pagamento con tutto il resto: strisce bianche e aree di attesa dei mezzi pubblici godono di una cura assai inferiore rispetto alle strisce blu, co- stantemente ‘ripassate’ per ricordare che la multa ai contravventori è in agguato. Qualcuno ha mai proposto la separazione del- le funzioni SGM? Anche un feroce marxista, pro- babilmente, di fronte ad una simile situazione opterebbe per una soluzione anarcocapitalista. Se liberalizzazione dev’essere liberalizzazione sia. Non si può parlare di liberalizzazione quan- do di fatto si gestisce privatamente un soggetto pubblico col vecchio metodo italiano di privatiz- zare i profitti e pubblicizzare le perdite. I risultati di gestione non mancano, ma sono il frutto dei 7000 posti auto che coprono tutto il centro, non certo dei bus vuoti, incastonati le carovane di lat- ta sempre di fretta: talvolta ci si chiede se la fun- nevoli, ma perché metterci mezz’ora quando con un mezzo pubblico basterebbero cinque minuti? E se piove? E se vi sono merci da trasportare? E dove lasciamo i disagi e i rischi per i pedoni – per non parlare dei ciclisti, figuriamoci dei disabili – in una città perennemente invasa dall’autosauro. Un’incongruenza incredibile, i cui effetti si vi- vono quotidianamente, è la concentrazione dei servizi di trasporto pubblico e di sosta nelle mani di un unico soggetto: la SGM, società mista che rispetto al Comune di Lecce risulta sia monopoli- sta che monopsonista nel campo della mobilità urbana. In molte altre città i trasporti pubblici sono ge- stiti separatamente dalla sosta, creando di fatto una competizione tra le due modalità, a Lecce no. Possiamo parlare di conflitto di interessi? Chi lucra dalla sosta di auto che interesse avrebbe ad incentivare il trasporto pubblico dal quale, evidentemente, ricaverebbe meno quattri- ni? Così diviene paradossale, antieconomico, prendere una delle rari ‘circolari’ che si vedono in città per percorrere un tratto di mezz’ora a pie- di, quando fra attesa, altre fermate e completa- C

description

articolo di Paolo Margari su Focus Territorio del quotidiano "Il Paese Nuovo" del 7 maggio 2008. Lecce, Italia.

Transcript of Lecce appesa a un filo... bus

Focus

Lecce apa uIl lucro sulla sosta delle auto e l’impiego del trasporto pubblico.

L’esempio della Sgm leccese e le doppiefunzioni mai separate. La politica senza coraggio

• Paolo Margari

hi sosteneva che piccolo fosse bello do-vrebbe ricredersi quando i vantaggi di una dimen-sione minuta sono annullati dalla sensazione divivere i problemi di una grande metropoli – purnon godendo di alcun beneficio tipico di quest’ul-tima tipologia urbana. Se vi è capitato questo si-gnifica che siete rimasti imbottigliati nel trafficodi Lecce, probabilmente un’altra perla del baroc-co da annoverare nelle guide turistiche. Evidenteche in questo caso l’arte non sia scolpita sulla pie-tra leccese, ma su cellulosa farcita di inchiostroda chi ha avuto il compito di disegnare e gestire –o almeno provarci – la crescente mole di autistiinscatolati in trabiccoli di latta. Questa tipologiadi residenti e fruitori della città si presenta conuna frequenza esageratamente spalmata sull’arcodiurno al punto da far chiedere a un osservatoreattento: ma in questa città nessuno lavora? Cosaci fanno tutti in giro in auto? Dove andate? Nondovreste essere in ufficio a quest’ora?

A ben vedere si incontrano esponenti di varieclassi sociali, tutti con una certa fretta. Chi laprende comoda sono i lavavetri, che talvolta tim-brano il cartellino anche alle 10.

Questi ultimi sono una costante, come il sema-foro che nel giro di 5 metri cambia colore anche 6volte e la vita corre avanti assieme ai pensieri.Emergono immagini celestiali di città nordeuro-pee ordinate, pulite senza lavavetri, dove tuttofunziona e non si viene arrestati quotidianamentedinanzi a quei semafori che consumano la breveesistenza già costretta a rinunce dal crescente ca-rovita – i redditi dei leccesi non sono poi così ele-vati come narravano leggende metropolitane – ederosa dalle emissioni delle auto e dallo stress.

Recarsi nel centro di Lecce al mattino per mol-ti è un incubo. Fosse solo il costo della benzina –che presto sarà tesaurizzata – quello che più sco-raggia è sapere di dover buttare via un’intera mat-tinata per sbrigare qualche faccenda nel giro dipochi metri. A tutto si somma il dazio che si devepagare alla SGM, di fatto un’addizionale ai car-buranti per chi come mezzo di trasporto scegliel’auto.

Ora, una persona potrebbe anche andarsene apiedi, in effetti le distanze del centro sono ragio-

zione primaria dei bus non sia quella di fare pub-blicità mobile piuttosto che trasportare i cittadini(figuriamoci gli amministratori).

Sarà vero che serve un cambiamento di men-talità da parte dei leccesi, ma esso non potrà mainascere in un simile contesto: oggi gran parte deiresidenti che decidano di rinunciare all’auto sonocostretti automaticamente a rinunciare alla città,perché di fatto non vi sono alternative.

Di fronte a questo ci si chiede se il filobus fos-se uno strumento davvero necessario. A prescin-dere dalla partecipazione negata, alle markettineelettoralistiche del centrodestra con una surrealeinaugurazione, accompagnate dal can can altret-tanto elettoralistico del centrosinistra che si è op-posto in modo sterile allo strumento, non è segui-to nulla.

Escludendo i percorsi destinati a categorie chericorrono necessariamente al trasporto pubblico(ad es. la tratta Lecce-Ecotekne percorsa daglistudenti), cosa dire del resto? Il filobus se nonfunzionerà sarà uno spreco di denaro, se vicever-sa funzionerà sarà un ulteriore elemento di disu-guaglianza tra centro e periferie. Oltre al pessimoimpatto estetico, dal punto di vista ambientale

mento della corsa si impiega più di un’ora. Lecceè meno di un ventesimo di Milano, eppure i tem-pi di percorrenza con i mezzi pub(bl)ici sonomaggiori.

La SGM è responsabile anche della segnaleti-ca orizzontale e verticale. Da lì si percepisce ladifferenza nel curare gli spazi dedicati alla sostaa pagamento con tutto il resto: strisce bianche earee di attesa dei mezzi pubblici godono di unacura assai inferiore rispetto alle strisce blu, co-stantemente ‘ripassate’ per ricordare che la multaai contravventori è in agguato.

Qualcuno ha mai proposto la separazione del-le funzioni SGM? Anche un feroce marxista, pro-babilmente, di fronte ad una simile situazioneopterebbe per una soluzione anarcocapitalista.Se liberalizzazione dev’essere liberalizzazionesia. Non si può parlare di liberalizzazione quan-do di fatto si gestisce privatamente un soggettopubblico col vecchio metodo italiano di privatiz-zare i profitti e pubblicizzare le perdite. I risultatidi gestione non mancano, ma sono il frutto dei7000 posti auto che coprono tutto il centro, noncerto dei bus vuoti, incastonati le carovane di lat-ta sempre di fretta: talvolta ci si chiede se la fun-

nevoli, ma perché metterci mezz’ora quando conun mezzo pubblico basterebbero cinque minuti?E se piove? E se vi sono merci da trasportare? Edove lasciamo i disagi e i rischi per i pedoni – pernon parlare dei ciclisti, figuriamoci dei disabili –in una città perennemente invasa dall’autosauro.

Un’incongruenza incredibile, i cui effetti si vi-vono quotidianamente, è la concentrazione deiservizi di trasporto pubblico e di sosta nelle manidi un unico soggetto: la SGM, società mista cherispetto al Comune di Lecce risulta sia monopoli-sta che monopsonista nel campo della mobilitàurbana.

In molte altre città i trasporti pubblici sono ge-stiti separatamente dalla sosta, creando di fattouna competizione tra le due modalità, a Lecce no.Possiamo parlare di conflitto di interessi?

Chi lucra dalla sosta di auto che interesseavrebbe ad incentivare il trasporto pubblico dalquale, evidentemente, ricaverebbe meno quattri-ni?

Così diviene paradossale, antieconomico,prendere una delle rari ‘circolari’ che si vedonoin città per percorrere un tratto di mezz’ora a pie-di, quando fra attesa, altre fermate e completa-

C

FocusilPaesenuovo

mercoledì 7 maggio 2008 16•17

Una delle discussioni più accese controi filobus, una della prima ora, è stata quellache è avvenuta fra i consueti agitatori eopinion leader di un vecchio gruppo diUsenet, "italia.lecce.discussioni". Usenetè la vecchia internet non ancora 2.0, fattadi soli messaggi di testo, rispetto di un cer-ta etichetta, e tanta passione per un temada sviscerare. Come un forum, ma ancorapiù scarno e forse efficace, pura discussio-ne. Quando ancora un blog era un sogno diuno smanettatore troppo democratico.

Inutile dire come il gruppo leccese ab-bia preso malissimo l'idea del tracciato peri filobus. Non uno degli utenti storici si è

dichiarato soddisfatto dall'iniziativa del-l'amministrazione Poli. In particolare, chinon ne ha voluto sapere, è stato tale "Giu-stiziere della notte" che, unitamente al suocompagno di merende "Sbianco", è giuntoa drammatiche conclusioni, nel corso deltempo. Partendo da: "Che spreco di denaropubblico! Che scempio architettonico!Che vergogna!"; passando per "Gli am-bientalisti mi fanno togliere i pali dell'e-nergia eolica - cosa molto utile - e i pali deifilobus son meglio da vedere?".

Per giungere infine alla minaccia piùsubdola: "La pax non è silente".

Un cityblog dedicato a Lecce,www.0832.tv, ha dedicato uno dei suoi pri-mi post, fra i più commentati, a un incidentestradale con protagonista un palo dei nasci-turi filobus leccesi.

"L’esasperazione per il caro benzina(quando c’è), i grattin grattò della Soldi Ge-stiti Male Esse-Pi-A, il traffico asfissianteprotratto anche la domenica e le prime nevi-cate stagionali, hanno messo in difficoltàpiù di un pilota sul circuito cittadino.

C’è persino chi, con un tocco di fantapo-litica, sospetta che alcuni commerciantiostili alla metropolitana superficiale abbia-no osato distribuire generose dosi di olio di

girasole thailandese in prossimità dei tantoagognati pali, con l’obiettivo di abbatterli acolpi di paraurti altrui.

Qualunque sia la causa, non ultima la di-strazione dovuta a qualche bicchiere ditroppo - dopotutto siamo nel weekend - oanche ad un crampo alle mani del condu-cente, per le temperature ormai polari, il ri-sultato rischia di essere una derapata conbotto finale. Come quello che si è verificatoall’alba di sabato in piazza del Bastione.Nonostante tutto i ferrei pali resistono, resi-stono, resistono e si candidano con decisio-ne all’ambizioso ruolo di nuovo simbolodella città".

ppesaun filobus

Ma i pali resistonoresistono, resistono

Quando arrivaronogli agitatori di Usenet

non presenta alcun vantaggio innovativo, inquanto i bus ibridi circolano già e l’energia pro-dotta per alimentarne le corsa proviene anchedalla vicina centrale di Cerano, i cui fumi nocivitornano sulla città.

Le periferie e tutta l’area periurbana che sisviluppa a ridosso della Tangenziale restano unmondo a parte, dove senza auto si resta fermi. Lefrequenze delle corse sono un altro fattore deter-rente al ricorso al mezzo pubblico infine unascarsa informazione conclude il fallimento dellapolitica dei trasporti pubblici in città che non è unluogo comune, ma un giudizio severo testimo-niato dalle lunghe code ai semafori, magari af-fiancati da un bus desolatamente vuoto.

Ci vuole coraggio per cominciare a vedere igestori dei trasporti pubblici locali come discri-minanti fondamentali dell’eccellenza di una cit-tà, piuttosto che come polmoni elettoralistici ac-compagnati da succulenti poltrone. Dopotutto,anche se siamo usciti dalla campagna elettorale,per la par condicio è bene ricordare che quantoaccade nella SGM, a scala territorialmente supe-riore si verifica nella STP.

Ci vuole coraggio nell’implementare politiche

che scoraggino il ricorso all’auto, incentivinouna vera intermodalità e disegnino percorsi chesiano inclusivi piuttosto che esclusivi. I percorsicircolari attuali sono inefficienti, al contrario oc-corrono percorsi bidirezionali con frequenze de-cisamente maggiori, soprattutto nelle ore di pun-ta. E occorrono anche servizi di trasporto nottur-no, non solo un giorno all’anno (la notte bianca).

In presenza di valide alternative, quanti nonsarebbero favorevoli ad una tassa per l’ingressocon l’auto in centro che in fin dei conti si pagagià ogni qualvolta si decida di parcheggiare l’au-to?

Il punto è partire dalle esigenze di chi si muo-ve. Prendere un’area qualunque entro l’anellodella Tangenziale e dire: in massimo 20 minutipuoi essere in qualsiasi altro punto all’internodell’anello. Lecce è una città piccola, ottenerequesto non è una sfida impossibile.

Di certo è una sfida che non si vince senza ri-voluzionare in forma decisa e coraggiosa l’ideadi città, vincendo le resistenze costituite daparassitismi burocratici, partitici e sindacalicreati – volontariamente o no – nel corso deglianni.