Leadership mondiale e fine del distretto? · IL DISTRETTO BELLUNESE DELL’OCCHIALE Leadership...

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LIBRI SCHEIWILLER 6 ENCICLOPEDIA DELLE ECONOMIE TERRITORIALI Q U A D E R N I FONDAZIONE FIERA MILANO IL DISTRETTO BELLUNESE DELL’OCCHIALE Leadership mondiale e fine del distretto? a cura di Alberto Bramanti e Francesca Gambarotto

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LIBRI SCHEIWILLER

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ENCICLOPEDIADELLE ECONOMIE TERRITORIALI

La produzione mondiale di occhiali e lenti vale 10miliardi di euro e l’Italia con 2.774 milioni di fatturato èil primo produttore mondiale, con una quota pari al27% del totale; quota che sale però oltre il 70% perquanto riguarda il segmento lusso e a più del 50% peri brand prodotti su licenza nel mondo (Anfao, 2007).Un apparato produttivo di circa 1.050 imprese cheoccupano complessivamente 18.500 lavoratori (17,6addetti è la dimensione media di impresa) per un tota-le di 82 milioni di paia di occhiali prodotti nell’ultimoanno, di cui poco oltre 52 milioni sono occhiali da sole.Il distretto dell’occhiale di Belluno copre circa l’80%della produzione nazionale con 606 imprese, 11.660addetti, 1,5 miliardi di fatturato complessivo; in questoterritorio sono presenti le quattro grandi imprese, lea-der del mercato mondiale.Il taglio complessivo della presente ricerca si discostaparzialmente dallo schema ricorrente sviluppato nelleprecedenti monografie dell’Enciclopedia delle Econo-mie Territoriali, non potendo non tenere conto che ilcomparto dell’occhiale è un caso emblematico di fortesuccesso aziendale che sta modificando, ancor più dialtri sistemi produttivi locali, la radice territoriale che hadato origine al fenomeno.

Il Progetto dell’Enciclopedia delle Economie Territoria-li nasce dall’attività istituzionale dell’Area Studi Svi-luppo e Formazione di Fondazione Fiera Milano. Daanni impegnata in attività di ricerca in campo economi-co, territoriale e sociale, promuove e diffonde la cultu-ra dello scambio. Dalle analisi di settore sul core busi-ness fieristico e congressuale alle analisi dei sistemiproduttivi italiani, per fornire alla comunità economicaspunti di riflessione originali.Al fine di sostenere la mission di Fondazione Fiera Mila-no, l’Area è inoltre impegnata in progetti di sviluppo sulterritorio che circonda Fieramilano - Rho e nella realiz-zazione di azioni di natura formativa delle professionali-tà dell’intera filiera fieristica.E

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IL DISTRETTO BELLUNESE DELL’OCCHIALE Leadership mondialee fine del distretto?a cura di Alberto Bramanti e Francesca Gambarotto

ALBERTO BRAMANTI Professore Associato di Economia Applicata presso ilDipartimento di Analisi Istituzionale e Management Pub-blico dell’Università L. Bocconi di Milano e responsabiledell’area Economia Regionale del CERTeT (Centro diEconomia Regionale, Trasporti e Turismo) della medesi-ma Facoltà. Si è occupato e si occupa di: Modelli di svi-luppo e analisi territoriale; Politiche regionali, analisi del-le “governance structures” e valutazione; Strumenti dianalisi e metodologie quantitative; ICTs e competitivitàdei territori; Economia urbana e dei servizi.

FRANCESCA GAMBAROTTOProfessore Associato di Economia Applicata presso laFacoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova.Insegna Economia e Politica dell’innovazione nel corso diLaurea di Economia dell’impresa ed Economia del Terri-torio nel corso di Laurea di Scienze della Comunicazione. Le sue aree di ricerca comprendono: temi relativi allateoria della localizzazione delle attività economiche, losviluppo regionale e locale, l’analisi del ruolo delle istitu-zioni nei processi di crescita economica, l’influenza dellediverse forme di organizzazione del capitale nella produ-zione della conoscenza a livello regionale.

CERTeT – Università BocconiIl CERTeT nasce nel 1995 consolidando e ampliandouna ricca tradizione di ricerca che negli anni ha toccatouna molteplicità di tematiche con il comune denominato-re di una specifica attenzione alla dimensione territorialedei fenomeni economici.La sua mission è promuovere, coordinare e svolgere attivitàdi ricerca di base e applicata sulle dinamiche di sviluppoterritoriale, con particolare riferimento all'economia regiona-le, dei trasporti, del turismo e alla valutazione di politicheregionali, locali e di coesione comunitaria.

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ENCICLOPEDIADELLE ECONOMIE TERRITORIALI

La produzione mondiale di occhiali e lenti vale 10miliardi di euro e l’Italia con 2.774 milioni di fatturato èil primo produttore mondiale, con una quota pari al27% del totale; quota che sale però oltre il 70% perquanto riguarda il segmento lusso e a più del 50% peri brand prodotti su licenza nel mondo (Anfao, 2007).Un apparato produttivo di circa 1.050 imprese cheoccupano complessivamente 18.500 lavoratori (17,6addetti è la dimensione media di impresa) per un tota-le di 82 milioni di paia di occhiali prodotti nell’ultimoanno, di cui poco oltre 52 milioni sono occhiali da sole.Il distretto dell’occhiale di Belluno copre circa l’80%della produzione nazionale con 606 imprese, 11.660addetti, 1,5 miliardi di fatturato complessivo; in questoterritorio sono presenti le quattro grandi imprese, lea-der del mercato mondiale.Il taglio complessivo della presente ricerca si discostaparzialmente dallo schema ricorrente sviluppato nelleprecedenti monografie dell’Enciclopedia delle Econo-mie Territoriali, non potendo non tenere conto che ilcomparto dell’occhiale è un caso emblematico di fortesuccesso aziendale che sta modificando, ancor più dialtri sistemi produttivi locali, la radice territoriale che hadato origine al fenomeno.

Il Progetto dell’Enciclopedia delle Economie Territoria-li nasce dall’attività istituzionale dell’Area Studi Svi-luppo e Formazione di Fondazione Fiera Milano. Daanni impegnata in attività di ricerca in campo economi-co, territoriale e sociale, promuove e diffonde la cultu-ra dello scambio. Dalle analisi di settore sul core busi-ness fieristico e congressuale alle analisi dei sistemiproduttivi italiani, per fornire alla comunità economicaspunti di riflessione originali.Al fine di sostenere la mission di Fondazione Fiera Mila-no, l’Area è inoltre impegnata in progetti di sviluppo sulterritorio che circonda Fieramilano - Rho e nella realiz-zazione di azioni di natura formativa delle professionali-tà dell’intera filiera fieristica.E

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IL DISTRETTO BELLUNESE DELL’OCCHIALE Leadership mondialee fine del distretto?a cura di Alberto Bramanti e Francesca Gambarotto

ALBERTO BRAMANTI Professore Associato di Economia Applicata presso ilDipartimento di Analisi Istituzionale e Management Pub-blico dell’Università L. Bocconi di Milano e responsabiledell’area Economia Regionale del CERTeT (Centro diEconomia Regionale, Trasporti e Turismo) della medesi-ma Facoltà. Si è occupato e si occupa di: Modelli di svi-luppo e analisi territoriale; Politiche regionali, analisi del-le “governance structures” e valutazione; Strumenti dianalisi e metodologie quantitative; ICTs e competitivitàdei territori; Economia urbana e dei servizi.

FRANCESCA GAMBAROTTOProfessore Associato di Economia Applicata presso laFacoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova.Insegna Economia e Politica dell’innovazione nel corso diLaurea di Economia dell’impresa ed Economia del Terri-torio nel corso di Laurea di Scienze della Comunicazione. Le sue aree di ricerca comprendono: temi relativi allateoria della localizzazione delle attività economiche, losviluppo regionale e locale, l’analisi del ruolo delle istitu-zioni nei processi di crescita economica, l’influenza dellediverse forme di organizzazione del capitale nella produ-zione della conoscenza a livello regionale.

CERTeT – Università BocconiIl CERTeT nasce nel 1995 consolidando e ampliandouna ricca tradizione di ricerca che negli anni ha toccatouna molteplicità di tematiche con il comune denominato-re di una specifica attenzione alla dimensione territorialedei fenomeni economici.La sua mission è promuovere, coordinare e svolgere attivitàdi ricerca di base e applicata sulle dinamiche di sviluppoterritoriale, con particolare riferimento all'economia regiona-le, dei trasporti, del turismo e alla valutazione di politicheregionali, locali e di coesione comunitaria.

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Enciclopedia delle Economie Territoriali, vol. 6supplemento a Quaderni di Fondazione Fiera Milano

n° 13, anno VIII, giugno 2008

Proprietario: Fondazione Fiera Milano Largo Domodossola 1, 20145 Milano

Tel. 02/499771 www.fondazionefieramilano.it www.fieramilanoedintorni.it

Direzione editoriale: Libri Scheiwiller,24 ORE Motta Cultura srl, Milano

www.mottaeditore.it www.librischeiwiller.it

Direttore responsabile: Paola Ambrosino

Direttore Enciclopedia delle Economie Territoriali: Enrica Baccini

6° volume: Il distretto bellunese dell’occhiale

Direzione scientifica: Alberto Bramanti e Mario A. Maggioni

Autori: Alberto Bramanti e Francesca Gambarotto

Coordinamento scientifico: Antonia Ventura Kleissl

Coordinamento di redazione: Ersinija Galin, Andrea Lovati

Credits

Fotografie Archivio Storico Fondazione Fiera Milano: pp. 8, 10, 18-19, 50-51, 76-77, 112-113, 140-141, 158-159, 170-171, 182-183

Foto di Copertina:Elaborazione fotografie Archivio Storico Fondazione Fiera Milano

© Fondazione Fiera Milano, 2009

Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Milano, n. 680 del 30 novembre 2001

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9 Premessa

di Enrica Baccini

11 Presidio dei mercati e canali distributivi

proprietari

di Alberto Bramanti

1. Opportunità e minacce dell’attuale contesto

2. Gli andamenti lusinghieri

del comparto occhiale

3. Le chiavi di lettura della ricerca

21 CAPITOLO 1

Tra creatività produttiva e creazione

di nuovi simboli di consumo

di Francesca Gambarotto

1.1 Il rapporto tra territorio e produzione:

la definizione dell’identità territoriale

1.2 L’origine del distretto: un intreccio tra

risorse produttive e cultura del “voler fare”

1.3 La filiera di produzione e i modelli

organizzativi adottati

1.4 Storia e fisionomia delle imprese leader

1.5 Il sistema distributivo acquista

una nuova centralità nella filiera

produttiva dell’occhiale

1.6 Internazionalizzazione ed esportazioni:

un trend in crescita

1.7 Gli attori istituzionali del distretto

1.8 Un’ipotesi di lettura dell’evoluzione

del distretto

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53 CAPITOLO 2

L’analisi di bilancio: performance di settore

e caratteristiche di mercato

di Alberto Bramanti e Armando Rungi

2.1 Un settore a competizione crescente

2.1.1 Scomposizione del mark-up a livello

di settore

2.2 L’apertura economica e le sue conseguenze

2.3 Performance d’impresa e contenuto

di servizi nel prodotto finale

2.3.1 Modificazioni nella dimensione d’impresa

2.3.2 Analisi dei costi d’impresa

2.4 Redditività e indebitamento

2.4.1 Struttura del debito e ricorso

all’autofinanziamento

79 CAPITOLO 3

L’analisi testuale: performance di settore

e caratteristiche di mercato

di Francesca Gambarotto

3.1 Le performance del distretto a parole:

introduzione alla lettura dei dati testuali

3.2 Seguendo i sentieri delle parole: lettura

della realtà da punti di osservazione

privilegiati

3.2.1 Una breve presentazione degli intervistati

3.3 Con parole loro: il vocabolario degli attori

istituzionali

3.3.1 Le azioni del discorso: i verbi

3.4 Parole e contesti: coerenze e diversità

nell’uso delle parole

3.4.1 La performance del distretto

3.4.2 Le trasformazioni della struttura produttiva

3.4.3 Il processo di internazionalizzazione

delle imprese del distretto

3.4.4 I cambiamenti a valle: la distribuzione

degli occhiali

3.4.5 Gli attori strategici del distretto

3.5 Cosa emerge dalla polifonia

delle narrazioni? Punti di forza

e di debolezza del distretto

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115 CAPITOLO 4

L’analisi testuale: produzione di conoscenza,

innovazione e cultura del “saper fare”

di Francesca Gambarotto

4.1 Le imprese si raccontano

4.2 L’orizzonte linguistico delle imprese:

l’analisi dei verbi

4.3 Azioni e reazioni delle imprese:

un’analisi dei comportamenti

4.3.1 Rilevanza della dimensione nella percezione

della realtà

4.3.2 Punti di vista sulla performance d’impresa:

l’analisi testuale delle sezioni

del questionario

4.4 Una riflessione finale: le due velocità

della competitività nel settore dell’occhiale

143 CAPITOLO 5

Politiche aziendali o politiche di distretto?

di Alberto Bramanti e Francesca Gambarotto

5.1 Un dialogo simulato tra attori privilegiati

e imprese

5.2 Linee prioritarie e apprendimento collettivo

5.3 Verso nuove politiche di distretto?

161 POSTFAZIONE

Occhialeria italiana: dettaglio anno 2008

di Anfao

1. Dettaglio import/export a valore

2. Dettaglio quote mercato export italiano

3. Dettaglio mercato interno

4. Anticipazioni sul 2009

173 APPENDICE

Questionario alle imprese leader

185 BIBLIOGRAFIA

189 FONDAZIONE FIERA MILANO

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Premessa

ENRICA BACCINI

Responsabile Area Studi Sviluppo e Formazione

Fondazione Fiera Milano

Nel percorso di studio sulle eccellenze italiane, non

poteva mancare un approfondimento sul distretto del-

l’occhialeria del bellunese. La produzione di occhialeria italia-

na non ha eguali per quantità e qualità dei prodotti. Un setto-

re che al momento sembra molto stabile e in grado di supe-

rare “qualsiasi” crisi, pronto ad affrontare le turbolenze dei

mercati, mai così imprevedibili come negli ultimi anni.

Il tutto grazie a un posizionamento internazionale unico e a

un contesto territoriale molto particolare che, come per gli

altri sistemi produttivi già analizzati, ha per anni beneficiato

della tipica struttura distrettuale, ma che oggi pone alcune

questioni molto importanti sul futuro di questa tipologia di

organizzazione territoriale, aspetto sottolineato proprio in

copertina con la provocatoria domanda “Leadership mondia-

le e fine del distretto?”.

Un altro piccolo passo verso la conoscenza della caratteristi-

ca struttura economica italiana che con questo sesto volu-

me, ci ribadisce una volta di più, non solo la diversità fra l’Ita-

lia e gli altri paesi, ma anche i tratti distintivi di ogni singolo

sistema locale, ognuno con le proprie peculiarità e criticità,

ma ognuno con le possibilità per sostenere l’urto di questo

particolare, complesso periodo storico.

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Presidio dei mercatie canali distributiviproprietari

ALBERTO BRAMANTI

Se il sistema del Made in Italy sta attraversando una fase di

grande difficoltà (Fortis, 2005; Bramanti, Martignano, 2008)

– e i distretti di specializzazione patiscono, benché in misura

e intensità differenti (Anastasia, Corò, Minello, 2008), questa

dinamica di medio-lungo periodo – il settore dell’occhiale evi-

denzia trend e prospettive ben differenti.

Certamente è ragionevole supporre che la recente crisi di

domanda e di fiducia si ripercuota in un rallentamento anche

della domanda di occhiali, sebbene con andamenti differen-

ziati per i singoli comparti/prodotti: meno rilevante per l’alta

gamma, un po’ più mordente per l’occhiale da sole di media

gamma, non particolarmente significativo, infine, per l’occhia-

le da vista.

Si tratterà probabilmente, e auspicabilmente, di un semplice

rallentamento nei tassi di crescita (sui mercati più consoli-

dati) in presenza, peraltro, di un trend di ampliamento di altri

mercati Paese che negli ultimi anni sono cresciuti a tassi a

due cifre, pur partendo da volumi molto bassi, e che conti-

nuano ad avere buone prospettive di crescita (Anfao,

2007).

Che il mercato dell’occhiale sia un mercato in “controtenden-

za” è confermato dal fatto che, in particolare, i volumi produt-

tivi italiani sono progressivamente cresciuti per il gioco incro-

ciato di una domanda mondiale in espansione e di una tenuta

delle esportazioni italiane sui mercati internazionali.

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1. Opportunità e minaccedell’attuale contesto

L’attuale contesto storico si presenta pertanto con qualche

minaccia e diverse opportunità. I profondi cambiamenti demo-

grafici, sociali, economici e culturali in atto non insidiano i van-

taggi competitivi di cui finora ha goduto l’industria italiana e

non pare in discussione la posizione di leadership a livello

mondiale che ha saputo conquistarsi negli scorsi decenni,

sebbene l’inseguimento da parte di Hong Kong e della Cina si

faccia sentire.

Un elemento specifico che spesso costituisce una criticità

per altri comparti produttivi (e in modo specifico per il tessile-

abbigliamento) è rappresentato dall’invecchiamento della popo-

lazione su scala nazionale e globale, in particolare nei mercati

più ricchi, dove la quota degli anziani è destinata ad ampliarsi

nei prossimi anni. Per il mercato dell’occhiale ciò costituisce

un interessante mercato di sbocco (occhiale da vista) anche

per la crescente attenzione per i presidi medico-sanitari nei

confronti della popolazione anziana e controbilancia, almeno

parzialmente, l’eventuale contrazione del mercato dell’oc-

chiale da sole alla moda, maggiormente legato a un pubblico

giovane.

Prima di passare all’analisi del distretto e delle sue dinamiche

sembra utile inquadrare l’andamento dell’intero comparto a

livello nazionale anche per giustificare una valutazione che, in

assenza di dati numerici, potrebbe apparire eccessivamente

ottimistica.

2. Gli andamenti lusinghieri del comparto occhiale

La produzione mondiale di occhiali e lenti vale 10 miliardi di

euro (anno 2007) e l’Italia con 2.774 milioni di fatturato è il

primo produttore mondiale, con una quota pari al 27% del

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PRESIDIO DEI MERCATI E CANALI DISTRIBUTIVI PROPRIETARI

totale; quota che sale però oltre il 70% per quanto riguarda il

segmento lusso e a più del 50% per i brand prodotti su licen-

za nel mondo (Anfao, 2007).

Questa quota del 27% è l’outcome di un apparato produttivo

di circa 1.050 imprese che occupano complessivamente

18.500 lavoratori (17,6 addetti è la dimensione media di impre-

sa) per un totale di 82 milioni di paia di occhiali prodotti nell’ul-

timo anno, di cui poco oltre 52 milioni sono occhiali da sole.

In momenti già contrassegnati da andamenti non entusia-

smanti dei mercati mondiali e comunque da un euro forte che

penalizza le esportazioni italiane sul mercato americano (e più

in generale nell’area dollaro), la figura 1 evidenzia il progressi-

vo e significativo trend di crescita del fatturato del settore

negli ultimi cinque anni.

Nonostante la crescita dell’import (+60% nell’ultimo quinquen-

nio), sia l’export che il saldo netto della bilancia commerciale di

Figura 1 – Industria italiana dell’occhiale (milioni di euro)

2003

2004

2005

2006

2007

Mkt. italiano

Import

Export

Fatturato

0 500 1.000 1.500 2.000 2.500 3.000

1148691

23162774

1084659

20762501

863489

17522126

827454

15361908

799432

15141881

Fonte: ANFAO, Italy, key figures 2007

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settore migliorano vistosamente nel periodo (cfr. figura 2), pas-

sando dal valore di 100 nell’anno iniziale a oltre 150 cinque

anni dopo (i valori assoluti sono già ragguardevoli: export pari a

1,5 miliardi e saldo netto di 1,1 miliardo nel 2003).

Questa performance esportativa viene realizzata sul mercato

americano, per oltre il 23% del totale dell’export nazionale, e

sui primi tre mercati di sbocco dell’Italia – che sono gli USA,

la Spagna e la Francia – per oltre il 45%.

Ben si comprende dunque come l’industria italiana parta da

una posizione di assoluta leadership, da difendere presidian-

do i canali distributivi (con attenzione ai singoli mercati) e

mantenendo alto il contenuto di innovatività del prodotto, sia

in termini di qualità dei materiali e delle lavorazioni sia in termi-

ni di design e contenuto di moda.

Proprio questi requisiti segnalano, contestualmente, che

anche in presenza di un buon prodotto, ma in assenza di ele-

60 80 100 120 140 1600 20 40

Numero indice export Numero indice saldo

153,0

150,2

137,1

131,0

115,7

116,7

101,5

100,0

100,0

100,0

2007

2004

2005

2006

2003

Fonte: Ns. elab. ANFAO, Italy, key figures 2007

Figura 2 – Numeri indice dell’export e del saldo commerciale

(2003-2007)

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menti distintivi assoluti (brevetti o marchi) e senza il necessa-

rio presidio dei canali commerciali, la piccola impresa può

trovarsi in difficoltà (Bramanti, Senn, 2002). Non è un caso

dunque che il settore sia relativamente concentrato, sia terri-

torialmente – il distretto dell’occhiale di Belluno copre circa

l’80% della produzione nazionale (606 imprese, 11.660

addetti, 1,5 miliardi di fatturato complessivo) – che dal punto

di vista aziendale, con quattro grandi imprese (i gruppi lea-

der del mercato), 475 società di capitale (di cui circa un ter-

zo nel distretto) e poco meno di 600 micro imprese e impre-

se artigiane.

3. Le chiavi di lettura della ricerca

Alla presentazione del distretto dell’occhiale – in chiave stori-

ca e secondo una prospettiva evolutiva – e dei principali atto-

ri che ne determinano le performance è dedicato il Capitolo 1

che pone in campo un’ipotesi interpretativa stimolante (cfr. §

1.6) a partire dall’identificazione di quattro differenti gruppi di

attori industriali (Gambarotto, Rangone, Solari, 2002).

Il taglio complessivo della presente ricerca si discosta così

parzialmente dallo schema ricorrente sviluppato nelle prece-

denti monografie dell’Enciclopedia delle Economie territoriali

(Bramanti, Martignano, 2008). Dall’analisi dei maggiori players

del distretto e degli attori istituzionali è emersa infatti un’ipote-

si interpretativa del distretto in chiave di grande vitalità del set-

tore ma di possibile allentamento dei vincoli territoriali e, dun-

que, l’ipotesi del venire meno della solidità distrettuale.

Si è scelto pertanto di approfondire le modificazioni struttura-

li in corso attraverso un duplice approccio fortemente innova-

tivo: dapprima per mezzo di un’analisi “oggettiva” condotta

sui bilanci aziendali di settore (cfr. Capitolo 2), confrontando

a più riprese l’andamento nazionale di settore con quello ter-

ritoriale; poi per mezzo di un approfondimento più qualitativo

PRESIDIO DEI MERCATI E CANALI DISTRIBUTIVI PROPRIETARI

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e “soggettivo” di analisi testuale dei “discorsi sul distretto”

(cfr. Capitoli 3 e 4).

Lo spaccato che emerge è di grande interesse e di forte pro-

blematicità. Il comparto dell’occhiale è infatti un caso emble-

matico di forte successo aziendale che si sta divaricando

sempre più dalla radice territoriale che ha dato origine al feno-

meno (Camuffo, 2003; Gambarotto, Solari, 2005). La lunga

deriva che sembra già iniziata è certamente quella di un inde-

bolimento ulteriore della piccola e micro impresa distrettuale,

a meno di politiche di contrasto che facciano perno sulla pre-

senza dei grandi leader e che mettano in rete le energie resi-

due prima che sia troppo tardi.

Il Capitolo finale (cfr. Capitolo 5) dedica poche considerazio-

ni ad alcune linee operative in questa direzione.

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Capitolo 1TRA CREATIVITÀPRODUTTIVA ECREAZIONE DI NUOVISIMBOLI DI CONSUMO

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Tra creativitàproduttiva ecreazione di nuovisimboli di consumo

FRANCESCA GAMBAROTTO

«Esiste un rapporto forte tra territorio e produzione di occhia-

li. Un rapporto di radicamento e, al tempo stesso, di evolu-

zione organizzativa sia nella produzione che nella distribu-

zione dei prodotti.

Le peculiarità sono riconducibili alla capacità creativa degli

anni ’90 che ha lanciato l’occhiale come nuovo oggetto di

moda sfruttando la qualità di produzione acquisita nel pro-

durre l’occhiale da vista. L’impegno di questi ultimi anni si è

rivolto al consolidamento di questa “capacità creativa di

fare” e alla ricerca del produrre un valore simbolico al con-

sumo dell’occhiale da sole».

1.1 Il rapporto tra territorio eproduzione: la definizionedell’identità territoriale

Risulta difficile stabilire un rapporto univoco tra territorio e

distretto dell’occhiale (De Lotto, 1994). In parte ciò è dovuto

all’evoluzione del sistema produttivo – imprese che nascono

e muoiono, cambiamenti nella struttura della popolazione e

nuovi flussi di pendolarismo casa-lavoro – in parte è dovuto ai

sistemi di rilevamento/definizione dei confini di un distretto

industriale.

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23

A oggi è possibile definire il distretto dell’occhialeria secon-

do due autorevoli fonti: utilizzando l’applicazione regionale

(delibera n. 79 del 22 novembre 1999) della legge 140/99

(cfr. figura 1.1), oppure adottando la definizione di distretto

dell’ISTAT (cfr. figura 1.2) la quale nasce da una nuova parti-

zione del territorio nazionale in sistemi locali del lavoro.

Fonte: IPI (2002), Le mappe dei distretti industriali. Roma.

Figura 1.1 – Classificazione dei distretti industriali

secondo la Regione Veneto

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24

Queste due definizioni sono in parte distinte a causa del

sistema di rilevazione.

La definizione regionale è il frutto di una decisione partecipata in

cui la Regione Veneto ha tenuto conto delle osservazioni prove-

nienti dalle parti sociali (enti locali e associazioni di categoria)

mentre la definizione ISTAT è il prodotto di un’analisi complessa

Fonte: IPI (2002), Le mappe dei distretti industriali. Roma.

Figura 1.2 – Classificazione dei distretti industriali

secondo l’ISTAT

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25

che tiene conto della densità dei flussi di pendolarismo casa-

lavoro e della specificità della specializzazione produttiva di un

territorio. Sono 47 i comuni che definiscono il distretto dell’oc-

chialeria secondo la Regione Veneto (45 della provincia di Bellu-

no e 2 della provincia di Treviso) mentre per l’ISTAT il distretto indu-

striale (DI, da qui in poi) al 1999 risultava composto da Pieve di

Cadore, Santo Stefano di Cadore, Pieve di Soligo (solo in parte).

La definizione di DI della Regione risulta più ampia di quella

statistica ma presenta un vincolo forte poiché definita per via

amministrativa. I DI sono aree soggette a mutazioni nei confini

poiché vivono con il susseguirsi degli eventi legati alla vita del-

le imprese e dei lavoratori. Dalla definizione ISTAT, infatti, se si

raffronta l’area del DI rilevata al 1991 con quella del 2001 si

osserva che il confine del DI si è modificato: al 2001 il distretto

dell’occhiale si allarga e viene definito anche dai territori di

Auronzo di Cadore, Feltre, Pieve di Cadore e Ampezzo1.

Nel distretto dell’occhialeria sono comprese circa l’85% delle

imprese che producono occhiali ma si possono trovare altre

realtà produttive di questo settore in altri territori regionali

(Vicenza, Castelfranco Veneto) e nazionali (Varese, Friuli

Venezia-Giulia). Nell’ultimo decennio si sono moltiplicate inol-

tre nuove relazioni di produzione che investono aree geografi-

che in Asia e nell’Europa dell’Est e che contribuiscono ad

allentare ulteriormente i vincoli territoriali di distretto.

1.2 L’origine del distretto: un intreccio tra risorseproduttive e cultura del “voler fare”

La radice della specializzazione produttiva di questo territorio

è riconducibile principalmente a due fattori: la ricchezza di

1 La definizione di Distretto Industriale dell’ISTAT è utilizzabile in forma comparativa soloper gli ultimi due censimenti (1991 e 2001) poiché mancano i dati sui flussi di pendo-larismo nei censimenti precedenti.

1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO

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risorse produttive e l’accumulazione – attraverso un processo

di apprendimento – di una conoscenza tacita.

Il primo è stato un fattore strategico per la localizzazione ini-

ziale dei primi stabilimenti. La ricchezza di numerosi corsi

d’acqua a rapida potenza garantiva un’abbondante disponibi-

lità di energia idraulica che nel 1878 era una risorsa non facil-

mente trasportabile2 (De Lotto, 1994).

Oltre alla ricchezza energetica, l’area del Cadore offriva una

manodopera a basso costo, con una forte attitudine al fare,

che nasceva dalle difficoltà fisiche nel rendere produttiva

l’agricoltura montana e dalla lavorazione del legname. Questi

due fattori chiave hanno reso concorrenziale la produzione

cadorina rispetto a quella dei produttori esteri. Nel guardare il

momento della nascita del distretto, si potrebbe osservare

che la collocazione geografica avrebbe potuto incidere sfavo-

revolmente alla localizzazione/nascita delle imprese dell’oc-

Dimensione d’impresa (addetti)

< 10

11-50

51-100

> 100

Totale

Dimensione media

Tabella 1.1 – Evoluzione nell’industria dell’occhiale

nella provincia di Belluno

Unità locali

82

42

7

6

137

Addetti

290

968

450

892

2.600

1971Anni

19,0

2 In seguito, attraverso la trasformazione indiretta, l’energia idraulica venne trasformatain energia elettrica per mezzo di un gruppo turbina-alternatore, il quale attivava unmotore che, a sua volta, metteva in moto le singole macchine di produzione mediantealberi di trasmissione a cinghie.

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27

chiale: il sistema dei trasporti era carente poiché escluso dal-

le principali direttrici di traffico.

Tale perplessità rimane anche per periodi più recenti poiché

l’autostrada arriverà solo fino a Pian di Vedoia, prima di Lon-

garone, mentre la ferrovia, che all’epoca della prima fabbrica

si fermava a Conegliano, più tardi farà capolinea solo fino a

Calalzo di Cadore. Tuttavia un “problema geografico” non si

verifica: le materie prime e il prodotto finito sono poco pesan-

ti e ingombranti, pertanto il costo di trasporto è basso. Il

distretto non ha mai particolarmente sofferto di problemi di

trasporti (De Lotto, 1994).

Dagli anni della prima impresa nata dalla collaborazione tra

Angelo Frescura e Giovanni Lozza (1877), il distretto si svi-

luppa quantitativamente (cfr. tabella 1.1) grazie a quel pro-

cesso di gemmazione d’imprese sul territorio così ben

descritto da Becattini (1987).

In termini qualitativi, i processi di filiazione e imitazione gene-

rerano apprendimento collettivo ovvero la capacità di modifi-

care il coordinamento delle competenze distrettuali alle mute-

volezze del mercato.

Unità locali

412

76

10

5

203

Addetti

862

1.644

655

1.107

4.268

Unità locali

630

78

15

10

733

Addetti

2.400

2.058

940

3.503

8.903

Unità locali

475

141

18

12

646

Addetti

1.373

2.659

1.176

5.936

11.144

Fonte: Ns. elaborazione su vari censimenti ISTAT.

20011981 1991

8,4 12,1 17,3

1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO

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Il processo di “distrettualizzazione” inizia negli anni ’70, e con-

tinua nel decennio seguente, in cui si può osservare che la

crescita del numero delle imprese supera quella degli occu-

pati producendo quelle economie di agglomerazione che ren-

dono profittevole la vicinanza fisica delle imprese.

All’inizio degli anni ’90 il processo di spin-off delle imprese

subisce un drastico rallentamento mentre a partire dalla metà

del decennio si osserva la fine del processo stesso di gem-

mazione. Tuttavia tale evoluzione non segna negativamente la

capacità occupazionale del distretto: al contrario il tasso di

crescita dell’occupazione continua a registrare un andamento

positivo con un rallentamento dalla metà degli anni ’90.

In questi anni il quadro della competizione internazionale del

settore diventa più intensa, la produzione tende a concentrar-

si in poche imprese (4 grandi gruppi e 30 imprese di medie

dimensioni) con conseguente concentrazione dell’occupazio-

ne: agli inizi degli anni ’80 le grandi imprese assorbivano il

17,6% dell’occupazione locale, le medie imprese il 23,2%

mentre a metà degli anni ’90 le prime assorbono il 33,2% e le

seconde il 18,5%.

Il decennio degli anni ’90 segna dunque una rottura nel pro-

cesso distrettuale tradizionale. Utilizzando una metafora si

può sostenere che si verifica una mutazione genetica che fa

partire una nuova traiettoria evolutiva del distretto.

Sempre nella prima parte dei ’90 il volume della domanda

continua ad agire come fattore strategico per la crescita tra-

dizionale del distretto (cfr. figura 1.3). Se lo sviluppo vertigi-

noso vissuto dal distretto in quegli anni dal lato della doman-

da era sostenuto dalle svalutazioni della lira, dal lato dell’offer-

ta veniva garantito dal modello di produzione della “specializ-

zazione flessibile” (Rullani et al., 1998).

L’adozione delle tecnologie flessibili e di un’organizzazione

della produzione basata sui vantaggi agglomerativi ha stimo-

lato i rapporti di complementarietà tra le imprese e quindi la

proliferazione di imprese di piccole dimensioni, soprattutto di

tipo artigianale, specializzate in alcune fasi di produzione e

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nella subfornitura diretta (anche di capacità) nei confronti del-

le imprese maggiori, detentrici del rapporto con il mercato.

Questa organizzazione flessibile della produzione ha permes-

so alle grandi imprese di assorbire i volumi crescenti di

domanda di occhiali provenienti da un mercato in forte evolu-

zione grazie al ruolo simbolico che l’occhiale comincia ad

acquisire nel settore della moda. I vantaggi della frammenta-

zione della produzione sono generati dall’abbattimento dei

costi di transazione e dalla socializzazione del rischio d’impre-

sa. Ciò è stato possibile grazie al capitale sociale proprio di

questo territorio e di questa comunità abituata a rapporti di

reciprocità e di condivisione.

Il successo esploso alla fine degli anni ’80 e che è durato fino

alla metà del decennio successivo non è dipeso unicamente

dalle variazioni nei prezzi relativi generati dalle svalutazioni.

Altre ragioni di carattere strutturale hanno permesso di

rispondere rapidamente ai cambiamenti della domanda: la

flessibilità produttiva; il buon rapporto qualità-prezzo dei pro-

dotti immessi nel mercato; l’elevata varietà di modelli e delle

linee tradizionali e moderne degli articoli offerti.

2500

2000

1500

1000

500

0

1992

1994

1996

1998

2000

2002

2004

2006

Fonte: Assindustria di Belluno

Figura 1.3 – Andamento del fatturato nella provincia di Belluno

per il settore occhialeria (valori in milioni di euro)

1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO

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Tuttavia il fattore chiave che ha lanciato il distretto su una

parabola ascendente è stata la produzione dell’occhiale da

sole e la nascita dell’occhiale griffato. Gli accordi tra le mag-

giori imprese e le grandi firme della moda internazionale han-

no modificato la struttura produttiva del settore a partire dal-

la fine degli anni ’80 e aperto la produzione a un mercato

internazionale. Il dinamismo generato da questi cambiamenti

ha prodotto, tuttavia, una sovradimensionamento di capacità

produttiva poiché la crescita della domanda richiedeva la

concentrazione di tutte le forze imprenditoriali che venivano

creandosi nella cultura del fare e quindi nella produzione. È

stata sfruttata in modo particolare la prossimità geografica

per controllare la qualità, introdurre innovazioni incrementali

sia di processo che di prodotto, per sfruttare economie di

varietà e quindi produrre piccoli lotti di prodotti. Sono cre-

sciuti, in modo particolare, i subfornitori, capaci di risponde-

re alle necessità produttive delle grandi imprese ma caratte-

rizzati da un basso dinamismo imprenditoriale e da una scar-

sa attitudine alla cooperazione commerciale.

Questa tipologia d’imprese, sicuramente funzionale nell’as-

sorbire eccessi di domanda, diventa però un elemento a

rischio – cerniera fragile del sistema – nei momenti di conso-

lidamento e stabilità dei mercati. Si tratta infatti di imprese

non autonome che non assegnano particolare rilevanza ai fat-

tori di prossimità (geografica, organizzativa, cognitiva, relazio-

nale) nella loro attività produttiva. La loro capacità di appren-

dimento è concentrata nel “fare” e poca attenzione viene ripo-

sta all’elaborazione di strategie e nell’acquisizione di informa-

zioni per valutare piani d’investimento rivolti a innovare la

conoscenza tacita dell’impresa (Gambarotto, Rangone, Sola-

ri, 2002).

Nella seconda metà degli anni ’90 queste imprese sono le

prime a registrare situazioni di sofferenza in termini di fattura-

to e nella crescita dei margini di profitto. Poiché la numerosi-

tà delle imprese definite subfornitrici era particolarmente ele-

vata, la battuta d’arresto della crescita settoriale ha portato

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alla facile conclusione che il settore fosse in crisi. La numero-

sità delle imprese artigiane si è ridotta del 40% passando

dalle circa 700 unità nel 1997 alle circa 400 del 2008.

Difficile però parlare di crisi del settore dell’occhiale quando

l’occupazione continua a crescere e si registrano aumenti del

fatturato e redditività per le imprese di grandi e medie dimen-

sioni. Più ragionevole parlare di redistribuzione del valore

aggiunto prodotto e di un doloroso processo di riorganizza-

zione del distretto soprattutto a sfavore delle imprese più pic-

cole. La perdita di vantaggio competitivo di queste imprese in

parte è legata all’emergere della concorrenza del Far East

sulla variabile dei costi di produzione e, in parte, è legata ai

cambiamenti nei prezzi relativi verificatisi in seguito all’introdu-

zione dell’euro.

A partire dal 2000 il vantaggio competitivo del distretto cam-

bia forma e sostanza: si accentua la verticalizzazione del

distretto che modifica la distribuzione delle quasi-rendite a

favore delle imprese più grandi (Gambarotto, Solari, 2008).

Non nascono nuove imprese perché l’imprenditorialità pre-

senta costi fissi iniziali (costi sommersi) e rischi elevati. In

questo nuovo panorama geografico della produzione, le

imprese esistenti sono maggiormente impegnate in strategie

commerciali per acquisire nuove nicchie di mercato e/o nuo-

ve partnership distributive.

Cambia anche l’attitudine degli imprenditori dal “voler fare” a

un nuovo “saper fare”; mutano cioè quei fattori di produzione

considerati elementi strategici per la performance delle

imprese e che richiedono l’accumulazione di “conoscenza

tacita” attraverso un costante processo di apprendimento.

Fattore cruciale diventa la creatività che acquista una nuova

centralità. I designer diventano un nodo importante nella nuo-

va struttura delle relazioni venutasi a creare con il processo di

riorganizzazione (Rullani, et al., 1998).

Alcuni attori privilegiati lamentano il fatto che non ci sia stata

lungimiranza nel decennio precedente nell’adeguare la scuo-

la professionale dell’area verso la formazione di queste com-

1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO

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32

petenze e mantenere invece la formazione in ruoli più tradizio-

nali legati al mantenimento della qualità manifatturiera. La

capacità creativa per un prodotto maturo come l’occhiale non

è facile da sviluppare (PSTL, 2000). Da un lato, perché esisto-

no vincoli normativi ben precisi – l’occhiale è un prodotto

medicale e richiede pertanto standard ben precisi – e, dall’al-

tro, perché occorre conoscere gli aspetti tecnici di produzio-

ne che rendono il manufatto un prodotto di qualità, capace di

accompagnare lo status simbolico creato dalle tendenze del-

la moda e di qualificare uno stile di vita.

1.3 La filiera di produzione e i modelli organizzativiadottati

L’occhiale è un prodotto povero da un punto di vista della

manifattura ma non per questo banale. Dal capitale di cono-

scenza accumulato negli anni, inizialmente con la produzione

di occhiali da vista e, più recentemente, con la produzione di

occhiali da sole che fanno tendenza, sono emerse alcune fasi

di produzione specifiche sia per la produzione di occhiali da

vista e per attività specifiche sia per l’occhiale da sole.

Prima di descrivere tali specificità è opportuno richiamare sin-

teticamente le fasi di produzione che compongono la filiera

standard di produzione:

• ideazione e progettazione dell’occhiale;

• fabbricazione di parti staccate dell’occhiale, di minuterie e

di altri componenti;

• saldatura di componenti;

• trattamenti di completamento: galvanici, rivestimenti o ver-

niciatura;

• rifiniture e montaggio finale.

A fianco al processo standard della produzione dell’occhiale

– che può essere ripartito in circa 60 fasi di lavorazione – per

garantire la qualità del prodotto finito esistono fasi specifiche;

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33

l’occhiale da vista e quelli per attività specifiche (dispositivi di

protezione del capo, dispositivi di sicurezza per attività sporti-

ve e lavorative) sono infatti prodotti medicali che richiedono il

rispetto di sicurezza del prodotto ottico.

La certificazione del prototipo è una fase di assoluta rilevanza

per dichiarare la qualità del prodotto finito. Significativo nota-

re che l’evoluzione della normativa all’interno del distretto ha

generato un sistema di certificazione ben superiore a quello

definito dalla normativa europea.

L’occhiale da sole che esprime un life style possiede una spe-

cificità produttiva nella fase di ideazione: creatività, design e

stile sono fattori immateriali che caratterizzano il prodotto per

la moda e che lo connotano come status symbol per il consu-

matore (De Toni, Nassimbeni, 2003).

Secondo le classificazioni ISTAT (ATECO ’91), i settori coinvolti

nella produzione dell’occhiale sono:

• codice 33.40 – Fabbricazione di strumenti ottici e di attrez-

zature fotografiche;

• codice 28.51 – Trattamento e rivestimento dei metalli entro

il quale si trova il “Trattamento attività galvaniche”;

• codice 18.24.2 – Confezioni varie e accessori per l’abbi-

gliamento entro il quale si trova anche la voce “Fabbrica-

zione astucci per occhiali”.

Come appena richiamato l’occhiale che viene prodotto nel

distretto è un prodotto maturo ma non banale. In questo terri-

torio si concentra una produzione di qualità e quindi occhiali

di lusso e di qualità medio-alta.

Le modalità organizzative che caratterizzano l’attività produtti-

va del distretto sono riconducibili a due tipologie.

• Il modello integrato di produzione, che si caratterizza per

il mantenimento del controllo dell’intero processo produt-

tivo. Questo processo viene generalmente adottato dalle

imprese leader del settore e per le produzioni di occhiali di

lusso. L’internalizzazione dell’intera filiera produttiva garan-

tisce da un lato il contenimento di costi di produzione per

un bene di alta qualità e il controllo dei tempi di realizzazio-

1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO

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34

ne del prodotto finito per rispondere tempestivamente alle

richieste del mercato della moda. La produzione è organiz-

zata per linee interne dove gli obiettivi produttivi sono spe-

cificati dal piano di produzione che regola l’intero ciclo.

• Il modello reticolare di produzione, che rappresenta la

tipica organizzazione produttiva distrettuale caratterizzata

dalla divisione sociale del lavoro. Le imprese, soprattutto di

medie dimensioni, sfruttano le economie di specializzazio-

ne facendo svolgere a imprese più piccole fasi specifiche

di lavorazione come, ad esempio, la galvanica, la lucidatura

o la verniciatura. Il coordinamento delle fasi di produzione è

più difficile da gestire rispetto al modello precedente che

sfrutta i vantaggi derivanti da una struttura gerarchicamen-

te definita. In questo caso il controllo e il coordinamento

sono garantiti dalla vicinanza geografica e da fattori sociali

quali la reputazione sul rispetto dei tempi di consegna e

sulla qualità del lavoro finito. I vantaggi di questo modello

organizzativo sono la specializzazione flessibile, l’abbatti-

mento dei costi di transazione e la trasformazione di costi

fissi tipici di una struttura gerarchica in costi variabili.

La reputazione acquisita attraverso il rispetto delle finalità con-

trattuali (tempi di consegna, qualità del semilavorato, ecc.)

definiscono la durata dei rapporti tra le imprese. Gli accordi

che vengono stipulati tra fornitore e committente all’interno

della filiera produttiva sono normalmente di lungo periodo.

Tuttavia il perseguimento delle strategie di costo da parte del-

le imprese sia leader che innovative ha modificato i rapporti di

produzione interni al distretto generando una trasformazione

della struttura organizzativa della produzione stessa (cfr. tabel-

la 1.1, p. 26). Le possibilità di produrre a un terzo in Cina e in

India hanno contribuito alla fuoriuscita dal mercato di molte

imprese artigiane e all’arresto del processo di gemmazione.

L’internazionalizzazione è iniziata non solo per i vantaggi di

costo ma anche perché nel Far East le imprese sono in grado

di raggiungere livelli produttivi notevoli. Alcuni attori del

distretto sostengono che le produzioni cinesi sono di scarsa

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35

qualità. È vero che nei paesi asiatici si producono occhiali di

fascia bassa ma d’altronde non si può nascondere che il pro-

cesso di apprendimento maturato in questi anni dai cinesi li

ha resi capaci di produrre componenti di buona fattura, com-

petitivi sul piano della qualità con quelli realizzati nel distretto.

1.4 Storia e fisionomiadelle imprese leader

Le imprese leader del distretto – ma più precisamente dell’in-

tero settore dell’occhiale – sono, in ordine di rilevanza econo-

mica, Luxottica, Safilo, De Rigo e Marcolin (cfr. tabella 1.2).

LUXOTTICA — Luxottica ha acquisito un ruolo di leader nel set-

tore grazie alla lungimiranza del suo fondatore, Leonardo Del

Vecchio3. Inizia la sua attività ad Agordo nel 1961 e lancia la

sua prima linea di occhiali con il marchio Luxottica pochi anni

dopo. Agli inizi degli anni ’80 avvia una politica espansiva per

imporsi sul mercato. A partire dal 1988 dà vita a una strategia

di accordi con le grandi firme della moda: Armani, Byblos,

Genny, Giugiaro, Valentino, Yves Saint Laurent, Oliver, Empo-

rio Armani, Tacchini, Moschino, Web, Bulgari, Ferragamo,

Ungaro, Chanel, Prada, Versace, fino alla recente acquisizio-

ne del 2005 di Donna Karan e DKNY. Alla strategia degli

accordi con le grandi firme, Luxottica affianca una strategia di

acquisizione di marchi consolidati nel settore degli occhiali: a

partire dagli anni ’90, vengono acquistate inizialmente mar-

che italiane, Vogue e Persol mentre nel 1999 avviene l’impor-

tante acquisto di Ray-Ban, il noto brand americano più ven-

duto nel mondo.

3 I soci fondatori di Luxottica sas nel 1961 furono in realtà tre, proprietari per un terzociascuno, di cui due di capitale accomandanti – Francesco de Cortà (1922-1981) eVittorio Toscani (1927-1966) già titolari di una ben avviata occhialeria in Valle di Cado-re – e un giovane incisore e artigiano proveniente da Milano, Leonardo Del Vecchio.Luxottica sas beneficiò inizialmente di un generoso finanziamento a fondo perduto BIM

e della donazione di un ottimo terreno da parte del comune di Agordo. Del Vecchio rile-vò le quote societarie (i due terzi in mano agli accomandanti) nel 1969, quando laLuxottica aveva 63 addetti.

1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO

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36

Un ulteriore segno di distinzione nelle strategie imprenditoria-

li del gruppo Luxottica è rintracciabile nella riorganizzazione

della distribuzione dei prodotti. Sempre negli anni ’90 l’azien-

da aumenta il controllo dei mercati finali acquisendo alcune

importanti catene distributive negli Stati Uniti e nel resto del

mondo (LensCrafters e Sunglass Hut International, OPSM in

Australia). Rafforza inoltre la sua presenza nei mercati mon-

diali con l’apertura di 38 filiali commerciali direttamente o

indirettamente controllate.

Il successo di Luxottica nei mercati internazionali è dipeso

anche da una strategia produttiva rivolta a un forte controllo

sul ciclo produttivo. La produzione di Luxottica è integrata

verticalmente, con una forte flessibilità produttiva interna gra-

Tabella 1.2 – Le grandi imprese del distretto

(Bilanci consolidati 2006)

Leaderdi settore

Numero dipendenti

di cui:

Fonte: Elaborazioni Intesa Sanpaolo su bilanci aziendali

TotaleDirigenti Impiegati

e Quadri Operai

Luxotticadi cui Italia

Safilo

De Rigo

Marcolin

49.3257.027

7.359

4.796

821

––

77

45

23

––

2.265

3.832

439

–(a)

4.461

887

359

Leaderdi settore

Fatturato milioni di €

di cui (composizione %):Totale

Retail Wholesale

Luxottica

Safilo

De Rigo

Marcolin

4.676,20

1.122,00

558,5

157,4

70%4%

71%

0%

30%96%

29%

100%

(a) gli operai sono circa l’80% dei dipendenti italiani del Gruppo

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37

zie a investimenti tecnologici e all’automazione delle linee

produttive (Camuffo, 2003). Inoltre l’integrazione verticale

della produzione stimola l’investimento continuo in Ricerca e

Sviluppo (R&S) in settori particolari come la prototipazione

rapida, la lavorazione di leghe metalliche pregiate, e la ricerca

di nuovi materiali. Il consolidamento della leadership di Luxot-

tica avviene con la quotazione alla borsa di New York nel

1990 e successivamente, nel 2003, l’ingresso del titolo

anche alla borsa di Milano.

SAFILO — Il Gruppo Safilo è il secondo produttore di occhiali

dopo Luxottica. Nasce nel 1964 a Calalzo di Cadore per

mano di Guglielmo Tabacchi. Negli anni ’70 viene acquistato

il Centro Servizi di Padova al quale farà seguito la sede ammi-

nistrativa. La strategia degli accordi con le grandi firme inizia

alla fine degli anni ’80: il primo è Gucci seguito da Pierre Car-

din, Diesel, Christian Dior, Max Mara, Valentino, Oliver, Nine

West, Fossil, Kate Spade, Yves Saint Laurent, Saks Fifth Ave-

nue, Bottega Veneta, Stella McCartney, Liz Claiborne, Bou-

cheron, Alexander McQueen, Giorgio Armani, Emporio Arma-

ni, J.Lo by Jennifer Lopez, 55DSL, Marc Jacobs, Juicy Coutu-

re, Imatra, Marc by Marc Jacobs, Boss Hugo Boss, A/X

Armani Exchange, Hugo by Hugo Boss, Balenciaga,

Max&Co., Banana Republic, e dagli inizi del 2008 Jimmy

Choo. Oltre alle collezioni con le grandi firme della moda,

Safilo produce anche con marchi propri: Safilo, Oxydo, Blue

Bay, Carrera e Smith.

Il modello produttivo adottato non è quello della completa

integrazione verticale. Safilo ricorre a fasi esterne di produzio-

ne in Asia, Italia e negli Stati Uniti. L’integrazione verticale vie-

ne adottata quindi per i volumi attesi di vendita e si ricorre ad

aziende terziste per le eventuali eccedenze. L’investimento in

innovazione tecnologica è elevato: ha costituito Safilo Ricer-

che come società autonoma e detiene un elevato numero di

brevetti sui prodotti del settore. A fianco all’innovazione tec-

nologica, Safilo investe anche nella ricerca di soluzioni creati-

ve per mantenere ampia la varietà dei prodotti offerti.

1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO

Page 40: Leadership mondiale e fine del distretto? · IL DISTRETTO BELLUNESE DELL’OCCHIALE Leadership mondiale e fine del distretto? a cura di Alberto Bramanti e Francesca Gambarotto LIBRI

38

La strategia distributiva di Safilo si differenzia da quella di

Luxottica. I punti di forza sono le filiali commerciali e i distribu-

tori esclusivi sebbene anche quest’azienda abbia acquistato

nel 2002 la catena distributiva Solstice negli Stati Uniti e nel

2006 la catena di 64 negozi di Loop Vision in Spagna.

La strategia finanziaria dell’azienda inizia solo recentemente:

nel 2005 viene quotata alla Borsa di Milano.

DE RIGO — La terza impresa considerata leader nel settore è

stata fondata dai fratelli De Rigo. È un gruppo giovane che

nasce alla fine degli anni ’70 e che in un decennio circa cre-

sce a forte velocità fino a raggiungere i 1.051 dipendenti nel

1995 e i 4.796 nel 2006. Di fatto è la prima impresa che defi-

nisce la propria strategia di produzione nell’occhiale da sole.

Sarà il successo registrato da questa azienda con la produ-

zione dei propri marchi Police, Lozza e Sting che spingerà

Luxottica, Safilo e Marcolin su questo tipo di occhiale. Anche

per quest’azienda gli accordi con le grandi firme della moda

iniziano a tessersi negli anni ’90: Fendi, Etro, La Perla, Furla

Escada, Chopard, Ermenegildo Zegna, Celine, Givenchy,

Loewe, Jean Paul Gaultier, Pirelli.

La strategia distributiva è più simile a quella di Safilo: possie-

de filiali dirette in tutto il mondo mentre gestisce una rete di

rappresentanti in Italia. Copre ottanta paesi raggiunti attraver-

so distributori indipendenti. Alla fine degli anni ’90 inizia ad

acquisire catene distributive: prima la Dollond & Aitchison,

catena inglese di ottica, poi la General Optica, catena di otti-

ca in territorio spagnolo e portoghese. La De Rigo Group è

quotata alla borsa di New York dal 20 ottobre 1995.

MARCOLIN SPA — La quarta grande impresa del distretto è la

Marcolin Spa che nasce agli inizi degli anni ’60 a Vallesella di

Cadore per trasferirsi poi alla fine degli anni ’80 a Longarone.

Il successo arriva con la produzione di aste in laminato oro, la

successiva vendita delle montature complete in laminato oro

negli Stati Uniti negli anni ’70 e la spinta verso una strategia

marketing-oriented. In quegli anni nasce Marcolin Svizzera,

Germania, Spagna e Benelux. Gli accordi con le grandi firme,

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39

che affiancano i marchi housebrand, cominciano nel 1994:

Fendissime, Dolce e Gabbana, Replay Eyes, Chloé Lunettes,

Roberto Cavalli, Tom Ford, Ferrari, JustCavalli, Timberland,

MontBlanc, Kenneth Cole, Miss Sixty, CoverGirl, Cébé.

Occupa 860 dipendenti, ha adottato un modello produttivo di

integrazione verticale e possiede tre stabilimenti: lo storico di

Vallesella di Cadore, Longarone e lo stabilimento di Claut in

provincia di Pordenone.

La produzione è organizzata in base ai materiali utilizzati

(metallo, acetato pantografato e acetato iniettato). Le fasi di

lavorazione sono in gran parte svolte negli stabilimenti italiani

perchè obiettivo principale di Marcolin è quello di garantire la

soddisfazione del cliente offrendo un prodotto personalizzato

di alta qualità. In questi anni è andata crescendo la strategia

di vendita attraverso la creazione di nuove società di distribu-

zione in Asia e negli Stati Uniti. Dal 1999 è quotata presso la

Borsa Valori di Milano.

1.5 Il sistema distributivoacquista una nuovacentralità nella filieraproduttiva dell’occhiale

La nuova centralità della produzione degli occhiali da sole e

di quelli griffati non poteva non portare con sé anche dei cam-

biamenti strutturali nella distribuzione e commercializzazione

degli occhiali: la parabola di crescita e di consolidamento sui

mercati internazionali dei quattro leader di settore lo testimo-

nia in modo evidentissimo. Fintanto che la produzione era

prevalentemente determinata dall’occhiale da vista, il rappor-

to con il consumatore era dettato dall’ottico. L’ottico era, ed è,

un intermediario importante per la vendita di occhiali come

strumento medicale poiché guida il consumatore nella scelta

e nell’acquisto di un prodotto che deve rispondere a requisiti

precisi (anallergicità, ergonomia, qualità delle lenti, ecc.).

1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO

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40

L’occhiale da sole invece presenta caratteristiche più vicine al

capo d’abbigliamento, è più suscettibile alle stagioni della

moda e il cliente vuole poter scegliere autonomamente. Que-

sta differenza tra il bisogno “medicale” dell’occhiale da vista e

il “bisogno simbolico” dell’occhiale da sole ha richiesto una

diversificazione nel servizio distributivo. L’altro fattore rilevante

che ha influito sulle strutture a valle della filiera è lo sposta-

mento della produzione nel Far East; la necessità di abbattere

i costi di produzione per mantenere posizioni competitive nei

mercati internazionali ha generato un cambiamento nella distri-

buzione dei margini di profittabilità ora spostati più a valle.

Le strutture distributive adottate dalle imprese rispecchiano

l’organizzazione delle imprese. Luxottica, con un investimento

finanziario market-oriented, ha condizionato i canali distributi-

vi delle altre imprese grandi e medie. Con l’apertura di 38

filiali e 100 distributori e l’acquisto di due grandi catene distri-

butive negli Stati Uniti – LensCrafters con 870 punti vendita e

Sungluss Hut con 1.550 punti vendita nel Nord America e

altri 300 in giro per il mondo – Luxottica ha acquisito un forte

controllo del mercato internazionale e aumentato l’integrazio-

ne tra mercato e produzione poiché attraverso l’informatizza-

zione degli ordini diventa più realistica la previsione sull’anda-

mento della domanda.

Pur non essendo dotate di una struttura distributiva così com-

plessa, le altre grandi imprese e quelle medie hanno spostato

l’attenzione dal “saper fare” – considerata una funzione ormai

acquisita – alla conoscenza dei mercati, per riconoscere la

loro volatilità, anticipare le tendenze e identificare nuove ico-

ne simboliche legate all’occhiale.

Il numero dei grossisti è enormemente diminuito ed è cresciu-

to l’investimento diretto in filiali e/o l’acquisto di catene distri-

butive, soprattutto in Europa.

Le piccole imprese mantengono invece una struttura semplifi-

cata dei canali informativi. La produzione si basa principal-

mente sull’emissione di un ordine che può venire raccolto

direttamente attraverso il contatto creato da agenti che visita-

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no negozi e grossisti oppure attraverso la partecipazione a

fiere come il Mido di Milano, o il Silmo di Parigi. Per queste

imprese il negozio al dettaglio, le catene distributive e i gros-

sisti sono i committenti che stabiliscono la dimensione e il

tipo di commessa acquisendo in tal modo un ruolo di coordi-

natori della capacità produttiva delle imprese.

Si può dedurre che, durante la fase espansiva della domanda,

queste imprese si sono adeguate alla struttura organizzativa

emersa, in cui l’attività commerciale veniva svolta da attori

esterni, senza elaborare una struttura interna per la distribu-

zione dei prodotti. Chiaramente ciò significava minori costi e

minori rischi nel breve periodo ma nel lungo periodo questa

frammentazione ha presentato costi elevati. Infatti l’impossibi-

lità di fare previsioni strategiche da parte di molte piccole e

micro imprese – per la lontananza dai mercati finali –, la man-

canza di investimenti nella struttura organizzativa interna e la

ridefinizione dei rapporti con gli attori esterni e coi preceden-

ti clienti hanno reso estremamente fragili molte imprese che,

di fronte alla frenata della crescita della domanda4, sono

dovute uscire dal mercato.

1.6 Internazionalizzazione ed esportazioni: un trend in crescita

Le figure 1.4a e 1.4b restituiscono un’immagine molto

chiara della leadership italiana nel settore dell’occhiale ma,

nello stesso tempo, evidenziano la grande vicinanza della

produzione asiatica ai volumi di esportazione italiani; pro-

duzione asiatica che è cresciuta velocemente in una decina

d’anni.

4 Frenata, sia ben chiaro, non determinata dal calo della domanda mondiale, né dallacontrazione della quota di produzione italiana ma, piuttosto, dalla verticalizzazione deiprocessi produttivi e della crescita sostenuta (con acquisizione di quote di mercato)da parte delle imprese leader.

1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO

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Figura 1.4a – Quote di mercato (%) delle esportazioni

di montature per occhiali (2005)

Cina9

Italia25

Germania8

Austria7

Hong-Kong23

Stati Uniti5

Rep.Corea

5

Danimarca4

Slovenia3

Canada2 Svezia

2 Belgio2

Rep.Ceca

2

Francia2

Giappone1

Figura 1.4b – Quote di mercato (%) delle esportazioni

di occhiali correttivi e protettivi (2005)

Cina20

Italia37

Australia1

Hong-Kong12

Stati Uniti8

Rep.Corea

1

Slovenia2

Canada2

Svezia2

Belgio3

Rep. Ceca1

Francia1

Giappone1

Austria4 Germania

5

Fonte: Elaborazioni Intesa Sanpaolo su dati UnctadPercentuali calcolate su dati in milionidi dollari correnti

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43

Sebbene la qualità manifatturiera dei prodotti cinesi, grazie al

processo di learning by doing, sia migliorata, rimane una dif-

ferenza sostanziale tra la produzione bellunese, focalizzata sul

prodotto di qualità medio-alta e di lusso, e la produzione cine-

se rivolta al prodotto di fascia medio-bassa.

Questo diverso obiettivo produttivo mette chiaramente in

luce la non facile sostituibilità della produzione italiana con

quella cinese per i prodotti di qualità superiore. Altra diffe-

renza significativa che crea un distacco tra le due aree di

produzione è incorporata nel valore simbolico del prodotto.

Il valore economico dell’occhiale è legato alla sua identità

territoriale e all’appartenenza a uno stile di vita – quello ita-

liano – che vuole essere imitato dai consumatori nei merca-

ti internazionali.

Il trend crescente della produzione e delle esportazioni5 degli

occhiali del distretto bellunese (cfr. figura 1.5) mette in evi-

denza la ripresa della crescita della domanda con il nuovo

millennio grazie, in ordine d’importanza di quote di export, agli

occhiali da sole (65% del totale export), alle montature (33%)

e alle lenti oftalmiche (2%). In un decennio le quote di export

sono passate dal 60% all’83% circa della produzione, cresci-

ta che sta a indicare il forte consolidamento della produzione

del distretto sui mercati internazionali.

Anche le importazioni crescono, soprattutto quelle provenien-

ti dall’area asiatica (70%) per evidente crescita della produ-

zione. Tuttavia continuano ad attestarsi su valori inferiori al

30%. In quest’ultimo decennio l’incidenza delle importazioni

sul totale della produzione passa dal 13% al 26%.

Le principali aree di riferimento per le esportazioni sono l’Eu-

ropa (49%), il mercato americano (32%)6 e l’area asiatica

(14%). Aree emergenti sono invece l’America Centrale e del

Sud, la Russia e gli Emirati Arabi, sebbene questi ultimi rap-

presentino una quota molto piccola dell’export.

5 Nel 2006 sono stati esportati oltre 76 milioni di paia di occhiali.6 Gli Stati Uniti sono il primo mercato di riferimento dell’industria dell’occhiale con una

quota di export superiore al 27%.

1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO

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1.7 Gli attori istituzionali del distretto

Nel distretto dell’occhialeria l’azione collettiva ha svolto un

ruolo attivo per le imprese di medie e piccole dimensioni nel

processo di adattamento al cambiamento del contesto inter-

nazionale. Alla metà degli anni ’90 le associazioni di categoria

e di settore offrono servizi per creare un “effetto leva a livello

di sistema” e sostenere le imprese in investimenti per l’inno-

vazione tecnologica.

Sebbene il bisogno di un cambiamento nelle routine organiz-

zative sia ora evidente, le imprese manifestano una diffidenza

nei confronti di politiche o iniziative top-down e dimostrano,

inizialmente, uno scarso interesse per collaborazioni con

2500

2000

1000

0

500

1994

1500

1996

1998

2000

2002

2004

2006

1995

1997

1999

2001

2003

2005

Produzione

ImportazioniEsportazioni

Mercato interno

Figura 1.5 – L’evoluzione della produzione dell’occhiale

(valori in milioni di euro)

Fonte: Elaborazioni Anfao su dati Coeweb ISTAT

e Globale Trade Atlas

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45

questi attori istituzionali. L’unico attore che acquista in que-

sto decennio un ruolo collettivo autorevole nel distretto è

Certottica.

CERTOTTICA — Nasce nel 1992 come società consortile a capi-

tale misto e finalizzata allo sviluppo di una cultura della quali-

tà. I soci principali sono Anfao (49%) e Veneto Innovazione

Spa (25%), seguiti da una pluralità di soggetti regionali7.

I servizi di Certottica sono cresciuti nel tempo: oltre alla cer-

tificazione di qualità fornisce servizi per l’innovazione e per

la formazione del personale8; il suo ruolo ha acquisito mag-

giore rilevanza fino a diventare parte del Parco Scientifico

Veneto “Galileo”.

L’istituto di ricerca svolge oggi una funzione sinergica nel

sistema reticolare di imprese nel distretto. Ha sviluppato rela-

zioni solide con circa la metà delle imprese innovative, con un

quarto circa di imprese con un proprio prodotto e con gran

parte delle imprese che producono componentistica. I rap-

porti sono meno solidi con le piccole imprese (Gambarotto,

Solari, 2005).

A partire dalla metà degli anni ’90 grazie ai fondi strutturali

europei (Leader I e II) si intensifica un’attività di programma-

zione per lo sviluppo del territorio. L’attività di governance

messa in atto per rispettare il principio di sussidiarietà richie-

sto dall’Unione Europea coinvolge una pluralità di attori istitu-

zionali locali attorno a un progetto rivolto alla promozione del-

lo sviluppo dell’occhialeria bellunese9.

7 Associazione industriali di Belluno (5%), CNA di Belluno (2,083%), Federazione Regio-nale Artigiano Veneto (2,083%), Associazione Industriali di Treviso (1,5%), CCIAA diBelluno, di Padova, di Vicenza, di Varese, di Treviso e di Venezia (ognuna con 1,5%),la Provincia di Belluno (5%), Federottica (1,334%), Comunità Montana LongaroneseZoldano (0,75%) e Comune di Longarone (0,75%).

8 Certottica fornisce servizi di certificazione sui requisiti di sicurezza ed esegue rappor-ti di prova sui prototipi e caratteristiche tecnologiche di diversi prodotti oltre agliocchiali: caschi, protezioni per motociclisti, sci da discesa e da fondo, snowboard,bastoncini da sci ed equipaggiamento per l’alpinismo. A fianco ai servizi di validazio-ne, l’Istituto fornisce un ventaglio molto ampio di corsi di formazione continua: dai corsidi alta formazione (design dell’occhiale, metodi di prototipazione, tecnologie innovati-ve per l’occhiale), ai corsi sul risparmio energetico e le energie rinnovabili nonché corsiper le piccole e medie imprese in diverse aree aziendali.

9 L’iniziativa comunitaria Leader è uno strumento specifico della politica strutturale del-l’Unione Europea rivolto a sperimentare metodologie locali, spesso innovative, di svi-luppo attraverso lo scambio di know-how e creazione di progetti di cooperazione tran-sfrontaliere, transnazionali e interregionali.

1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO

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46

CITTADELLA DELL’OCCHIALE — Nasce nel 1994 la Cittadella del-

l’Occhiale per coordinare le iniziative di promozione dello svi-

luppo e per la creazione di servizi rivolti a rilanciare la compe-

titività del distretto (cfr. figura 1.6).

A distanza di più di dieci anni dalla partenza di questa inizia-

tiva, i risultati ottenuti sono concentrati nella Ricerca e Inno-

vazione grazie al forte coinvolgimento di Certottica. Sono

stati realizzati quattro progetti di ricerca di tipo tecnico-inge-

gneristico e per la normazione dei dispositivi di protezione

individuale.

ANFAO — Tra gli attori istituzionali “storici” del distretto,

Anfao è sicuramente il più importante. Nasce nel 1954 e

riunisce la quasi totalità di imprese italiane del settore. Il suo

obiettivo principale è quello di rafforzare le relazioni tra le

imprese e di rappresentarne gli interessi all’estero. Organiz-

za la più importante manifestazione fieristica del settore, il

Mido, evento di assoluta rilevanza per le imprese in quanto

momento internazionale di incontro tra gli operatori del set-

tore. Contribuisce inoltre alla creazione/mantenimento delle

competenze all’interno del distretto e alla definizione delle

norme di certificazione attraverso la partecipazione societa-

ria di Certottica.

Cittadelladell’Occhiale

Università

CnrEnea

Centri Europeidi Ricerca eFormazione

Certottica

Aziende

Scuoladell’Occhiale

Centro ServiziOcchialeria

Museodell’Occhiale

Osservatoriosulle dinamiche

economiche

Fonte: Club dei Distretti Industriali, Newsletter n. 3, 1996

Figura 1.6 – Struttura del Progetto “Cittadella dell’Occhiale”

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47

ALTRI ATTORI — Esistono poi molti altri attori istituzionali nel

distretto: Sipao (Sezione Industrie Produttrici Articoli Occhia-

leria), il consorzio Dolomiti Export, il Museo dell’Occhiale, il

Centro Servizi Occhialeria, Eurobic Dolomiti. Tutti rivolti a

sostenere e migliorare la competitività delle imprese e lo svi-

luppo del distretto dell’occhialeria.

1.8 Un’ipotesi di letturadell’evoluzione del distretto

Il distretto dell’occhialeria ha subito trasformazioni profonde

in questi ultimi quindici anni. Fondamentalmente la forma

attuale del distretto nasce dall’idea di trasformare un prodot-

to medicale quale l’occhiale da vista in un prodotto simbolico

grazie all’investimento nel design e alla partnership con le

grandi firme della moda10. Il fattore di produzione “creatività”

ha poi innescato un processo di sviluppo quantitativo –

aumento della domanda mondiale di occhiali, aumento del

numero di imprese nel distretto per aumentare la capacità

produttiva, aumento del numero di occupati nel distretto – e

qualitativo difficilmente imitabile.

Lo sviluppo, tuttavia, non può essere infinito e la dimensione

della domanda tenderà a saturarsi nel tempo soprattutto per-

ché nuovi produttori – in particolare quelli del Far East – cre-

scono più rapidamente dei nuovi mercati. Questo passaggio

critico che ha coinvolto il secondo quinquennio degli anni ’90

ha generato effetti divergenti: da un lato molte piccole imprese

sono scomparse dal distretto per effetto di un ridimensiona-

mento della domanda a loro direttamente rivolta; e, dall’altro, le

grandi e medie imprese hanno consolidato il trend di crescita

con un forte investimento nei canali distributivi.

10 Dei 300 marchi presenti oggi sul mercato mondiale, 102 sono italiani (pari al 34%),65 statunitensi e 59 francesi. Questi tre paesi coprono il 76% dei marchi mondiali.Degli 83 produttori su licenza (anno 2005), 40 sono italiani, pari al 49%, 15 france-si e 10 statunitensi. I tre paesi coprono il 79% dei produttori su licenza.

1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO

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È facile riconoscere come le imprese abbiano reagito ai riasset-

ti dei mercati mondiali utilizzando comportamenti “adattivi” lega-

ti alla singola esperienza organizzativa e alla conoscenza tacita

accumulata. In altre parole, il processo evolutivo che si è messo

in moto è dipeso dalle diverse capacità di assorbimento (absor-

ptive capacities) delle imprese (Cohen e Levinthal,1990).

Le grandi imprese hanno posto un vincolo al processo di

adattamento delle imprese medie e piccole; le loro strategie

distributive e le innovazioni introdotte nella gestione dei flussi

informativi per adeguarsi all’evolvere della domanda hanno

generato una maggiore verticalizzazione nella struttura delle

relazioni tra imprese.

Da alcune analisi fin qui condotte sulla struttura relazionale

delle imprese nel distretto è emerso che si possono distin-

guere quattro cluster di imprese (Gambarotto, Solari, 2008).

• Un primo insieme di imprese sfruttano le competenze del

distretto e si connettono con una pluralità di attori. Sono

imprese che hanno utilizzato i servizi forniti dagli attori istitu-

zionali, in particolare da Certottica, per introdurre innovazio-

ni di processo e di prodotto. Hanno acquisito competenze

organizzative e tecnologiche riverticalizzando la produzione

e rinunciando, almeno in parte, al ricorso a subfornitori.

• Un secondo insieme di imprese – che producono per

conto terzi e posseggono una linea di produzione con mar-

chio proprio – hanno invece utilizzato canali informali per

acquisire nuove conoscenze tecnologiche e organizzative.

Soprattutto grazie ai rapporti con le imprese più grandi,

hanno investito le loro risorse nel miglioramento dei pro-

cessi di produzione e le loro strategie si sono concentrate

sul contenimento dei costi.

• Il terzo insieme di imprese riconoscibile all’interno del

distretto comprende le microimprese e i subfornitori. Sono

imprese con una bassissima capacità di assorbimento

delle informazioni, fortemente dipendenti da altre imprese

e anche ampiamente sottocapitalizzate. Questo limite –

dimensionale e di risorse – si è tradotto nell’incapacità ad

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acquisire nuove competenze sia direttamente, sia persino

attraverso gli attori istituzionali del distretto.

Si tratta di imprese che hanno qualche speranza di sopravvi-

venza solo aggregandosi, precondizione necessaria per pro-

vare a percorrere gli stessi sentieri innovativi già battuti dalle

altre imprese.

• Il quarto insieme contiene le imprese di componenti spe-

ciali quali, ad esempio, gli astucci per gli occhiali. Questo

gruppo ha mantenuto un rapporto molto stretto con le altre

imprese del distretto acquisendo informazioni e mettendo-

si nelle condizioni di rispondere alle esigenze delle impre-

se produttrici. Le ditte di questo insieme hanno sviluppato

rapporti molto solidi con alcuni attori istituzionali che ope-

rano nel distretto per allineare le loro competenze con

quelle delle altre imprese.

Se, dunque, il distretto dell’occhiale ha sin qui mostrato una

buona tenuta competitiva sui mercati internazionali, da cui è

derivata una performance indubbiamente interessante per

numerosi attori industriali, deve identificare ora un nuovo

equilibrio produttivo interno che risponda alla deriva inesora-

bile dei processi di delocalizzazione e al processo di vertica-

lizzazione dei rapporti tra imprese, se vorrà mantenere una

compattezza di distretto che si va rapidamente attenuando.

1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO

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Capitolo 2L’ANALISI DI BILANCIO:PERFORMANCE DI SETTORE ECARATTERISTICHE DI MERCATO

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54

L’analisi di bilancio:performancedi settore ecaratteristiche di mercato

ALBERTO BRAMANTI e ARMANDO RUNGI

Una performance a livello macro-territoriale più che positiva –

qual è quella emersa dal precedente Capitolo 1 – e la pre-

senza di un nucleo oligopolistico di imprese che “fanno il mer-

cato” meritano un approfondimento anche a livello di dati di

bilancio. Questo secondo Capitolo è pertanto dedicato a

un’analisi accurata delle performance di settore e delle carat-

teristiche di mercato; l’analisi mette in luce le modificazioni

più significative registratesi negli anni 2000 seguendo uno

schema articolato su diversi passaggi.

Innanzitutto viene proposta una valutazione del grado di con-

centrazione del settore (indice di Herfindahl-Hirschman) e la

sua variazione nell’ultimo triennio (cfr. § 2.1). L’analisi della con-

centrazione è affiancata da quella del mark-up, la cui variazione

nel tempo indica quanto le imprese si sentano sotto pressione

rispetto al prezzo di vendita (indice di Lerner; cfr. § 2.1.1). Una

più alta competitività (diminuzione della concentrazione e con-

trazione dei margini di mark-up) si traduce in performance posi-

tive sui mercati internazionali (cfr. § 2.2). Dalla performance

estera a quella interna e complessiva il passo è breve, gli indi-

catori utilizzati sono il fatturato per addetto (cfr. § 2.3) che evi-

denzia un differenziale tra il dato distrettuale e quello medio ita-

liano con le imprese del distretto che evidenziano un maggiore

addensamento nel segmento a più alta produttività.

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55

Il passaggio successivo indaga sulla struttura dei costi variabi-

li e sulla prevalenza dei costi per servizi nel distretto, e dei

costi sul materiale a livello nazionale, con un’indicazione indi-

retta del posizionamento qualitativo delle produzioni distret-

tuali che tanto più salgono nella scala del valore aggiunto, tan-

to più sono utilizzatrici di servizi di terziario dedicati e pregiati.

Redditività e indebitamento sono infine esplorati per cogliere

la ripresa recente – che nel distretto consente di recuperare i

livelli di redditività del 2002 – e la necessità di finanziare i pro-

cessi di ristrutturazione più impegnativi con risorse proprie

piuttosto che con indebitamento finanziario (cfr. § 2.4).

L’analisi dei risultati a livello di bilanci di impresa segnala dun-

que che la competizione nel settore nell’ultimo quinquennio è

aumentata (a livello Italia) e il distretto dell’occhiale veneto ha

risposto mostrando capacità distintive rispetto al resto d’Ita-

lia; l’esito territoriale si documenta in una migliore performan-

ce economica relativa.

L’analisi qui proposta è fondata su dati di bilancio delle impre-

se del settore degli occhiali11, con un confronto tra il distretto

che si è storicamente formato nelle province di Belluno e Tre-

viso e il resto d’Italia. I dati di bilancio e le informazioni sulla

proprietà delle imprese sono ricavati dal database AIDA, che

copre circa il 90% delle imprese che hanno l’obbligo di pre-

sentare il bilancio12 e tende a escludere solo imprese di pic-

colissime dimensioni. Il periodo coperto è quello tra il 2000 e

il 200613, un periodo di grande interesse per numerosi motivi:

• l’accesso all’Unione Europea di nuovi paesi membri e quin-

di la presenza di nuovi mercati di sbocco nell’area Euro;

11 Per la definizione del settore degli occhiali utilizzeremo la classificazione delle attivi-tà industriali dell’ISTAT, ATECO 2002. Le categorie d’impresa incluse nell’analisi sono:“Fabbricazione di armature per occhiali di qualsiasi tipo; “Montatura in serie di occhia-li comuni”; “Confezionamento e apprestamento di occhiali da vista e lenti a contat-to”; “Fabbricazione di elementi ottici, compresa la fabbricazione di fibre ottiche nonindividualmente inguainate”; “Fabbricazione di lenti e strumenti ottici di precisione”.

12 Confronto effettuato con i dati ISTAT delle imprese attive al 2006 distinte in forma giu-ridica.

13 Il ritardo con cui vengono immessi i nuovi dati è di oltre un anno. I bilanci 2007 sonoinfatti resi disponibili a partire da maggio-giugno dell’anno seguente. Vengono quin-di riclassificati e inseriti nella banca dati a partire dall’autunno dell’anno successivo aquello a cui si riferiscono. Alla data di chiusura del presente Quaderno erano dispo-nibili dati 2007 solo parziali e senza una copertura soddisfacente del settore. Si è per-tanto scelto di fermarsi all’anno 2006, ultimo dato completo utilizzabile.

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56

• l’ingresso della Cina nell’Organizzazione Mondiale del

Commercio (WTO) e, quindi, l’accresciuta concorrenza pro-

veniente dai paesi emergenti;

• l’implementazione di riforme del mercato del lavoro – nella

direzione di un’accresciuta flessibilità – che avrebbero

potuto favorire la ristrutturazione di imprese per renderle

più competitive sul mercato.

Sulla base del campione utilizzato, circa un terzo delle impre-

se italiane (171 su 475) sono dislocate sul territorio delle pro-

vince di Belluno e Treviso, producendo però il 51% del fattu-

rato nazionale. Delle prime 30 imprese in ordine di fatturato

nel periodo, 16 sono in Veneto e di queste la sola provincia di

Belluno ne annovera 10. Le imprese del Veneto danno lavoro

al 64% circa degli addetti nel settore in Italia.

2.1 Un settore a competizionecrescente

L’analisi qui presentata parte dalla constatazione che il setto-

re dell’occhialeria ha vissuto modificazioni recenti legate a

un’accresciuta competizione tra imprese, che ha influito sulla

struttura di mercato e sulla sua evoluzione nel corso degli ulti-

mi anni. Una competizione che, come già accennato, è larga-

mente frutto di una forte apertura al commercio internaziona-

le, dell’irrompere di nuove tecnologie e del consolidarsi di una

domanda del consumatore più sofisticata.

Una prima misura di questa accresciuta competizione è cer-

tamente rintracciabile nelle modificazioni intercorse sulla

struttura di mercato a livello italiano, lette attraverso una clas-

sica misura di concentrazione delle quote di mercato fornita

dall’indice di Herfindahl-Hirschman14. La concentrazione delle

14 L’indice di concentrazione del mercato di Herfindahl-Hirschman è calcolato come lasomma dei quadrati delle quote di mercato nel settore. Una sua diminuzione sta aindicare un miglioramento della concorrenza all’interno del mercato di riferimento. Unincremento dell’indice significa un peggioramento della concorrenza a favore di alcu-ne imprese che concentrano maggiori quote di mercato.

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57

2. L’ANALISI DI BILANCIO: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO

quote di mercato e la sua variazione nel tempo indicano infat-

ti quanto il potere di mercato si distribuisca in maniera ine-

guale fra le imprese che partecipano al settore occhialeria.

L’indice di Herfindahl-Hirschman misura insomma quanto il

settore si allontana da un contesto “perfettamente competiti-

vo”, astrazione della teoria nella quale idealmente tutte le

imprese avrebbero lo stesso potere di mercato.

Una diminuzione dell’indice registra una distribuzione delle

quote di mercato meno concentrata in poche imprese che

dominano il settore mentre, all’opposto, un incremento dell’in-

dice indicherebbe un maggiore scostamento dalla situazione

di concorrenza perfetta.

Nella figura 2.1 tale indice è stato calcolato per il periodo

2004-2006 e si evince che, data l’usuale persistenza strut-

turale dell’indice nel tempo, il mercato degli occhiali ha spe-

rimentato una evidente decrescita con uno spostamento

del settore occhialeria verso un nuovo equilibrio caratteriz-

zato da un potere di mercato meno concentrato all’anno

300 320 340 360 380 480400 420 440 460

2006

2005

2004

Fonte: Ns. elaborazione su dati AIDA

Figura 2.1 – Indice di concentrazione Herfindahl-Hirschman

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58

finale, grazie a una più forte competizione orizzontale tra

imprese.

La sola misura della concentrazione del mercato, seppure uti-

le per un primo quadro generale del settore e delle due modi-

ficazioni negli anni recenti, deve essere considerata solo un

punto di partenza dell’analisi; un’informazione che apre all’esi-

genza di comprendere come tale trasformazione si sia realiz-

zata e da cosa derivi la redistribuzione di quote di mercato in

atto all’interno del settore.

Ciò che l’indice Herfindahl-Hirschman si limita a comunicare

è che alcune imprese hanno ceduto potere di mercato a favo-

re di altre. Il dato sintetico è però interpretativamente “pove-

ro” dal momento che non è neppure possibile dire se le

imprese che hanno ceduto potere di mercato siano rimaste

attive sul mercato o ne siano uscite.

Per andare più a fondo nell’interpretazione dei fenomeni divie-

ne allora interessante utilizzare un altro strumento che – sem-

pre con l’obiettivo di misurare il potere di mercato e la sua

redistribuzione nel tempo – è in grado di registrare la differen-

za tra il prezzo praticato e i costi sostenuti (il ben noto mark-

up) e collegarlo all’analisi della concorrenza.

Dal punto di vista economico infatti, se in un settore, a livello

aggregato, il mark-up nel corso di un periodo tende a diminui-

re significa che i margini si sono compressi e dunque, verosi-

milmente, esistono pressioni concorrenziali che obbligano le

imprese a ridurre i propri margini rispetto ai costi.

Questo effetto può essere esito e conseguenza diretta di una

accresciuta concorrenza che determina una diminuzione del

ricarico che un’impresa può fare partendo dai costi sostenuti

per la produzione. Ciò potrebbe innescare una generale ridu-

zione dei prezzi che porterebbe alcune imprese del settore al

fallimento perché non in grado di sostenere un prezzo così

basso. Ovviamente non si può nemmeno escludere che il set-

tore si sia invece concentrato a valle nella fase distributiva e

che questo comprima i margini dei produttori a monte in forza

del suo accresciuto potere di mercato.

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59

2. L’ANALISI DI BILANCIO: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO

Al contrario, nel caso di un aumento del mark-up, si avrebbe

un segnale inequivocabile di un certo allentamento della

pressione concorrenziale così che le imprese presenti sul

mercato siano in grado di ricavare un profitto maggiore a par-

tire dai costi che hanno sostenuto.

Nella figura 2.2 è possibile osservare l’indice di Lerner aggre-

gato, il quale – appunto – è in grado di misurare il mark-up

praticato all’interno di un settore. Nel caso in esame, nel setto-

re dell’occhiale, tale indice è diminuito nel corso del periodo

considerato in maniera certamente significativa e ci fornisce

una quantificazione dell’effetto della concorrenza come perce-

pito dal produttore del settore occhialeria, con una diminuzio-

ne tra il 2000 e il 2006 del 15% in termini di differenza fra

prezzo praticato e costi sostenuti15.

2.1.1 SCOMPOSIZIONE DEL MARK-UP

A LIVELLO DI SETTORE

A partire dall’indice aggregato l’analisi si sposta sulle compo-

nenti che concorrono a tale andamento – una diminuzione

derivante da una accresciuta concorrenza nel settore occhia-

leria è l’ipotesi interpretativa assunta.

In senso puramente teorico due sono le possibili occorrenze:

• imprese più efficienti possono essere entrate sul mercato

– grazie alla presenza di minori barriere all’entrata di natu-

ra tecnologica (la tecnologia di produzione è ora diventata

più accessibile e più facile da implementare);

• è cresciuta la produttività di alcune imprese già operanti

nel settore, in grado pertanto di diminuire i propri costi di

produzione e quindi di offrire il prodotto a un prezzo più

basso rispetto ai concorrenti.

Per avere un quadro più completo delle dinamiche sottostan-

ti alle modificazioni della struttura di mercato – ipotizzata dal-

la decrescita dell’indice di concentrazione e dell’indice di Ler-

15 L’indice di Lerner è dapprima calcolato a livello di impresa come Vendite - Costomateriali e servizi - Costo del lavoro/Vendite, dopo di che in aggregato si riporta lamedia ponderata sulla base delle quote di mercato delle imprese.

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60

ner aggregato – è utile procedere alla scomposizione della

variazione complessiva (pari a un 15% tra il 2000 e il 2006)

nelle principali componenti che la determinano:

• ingresso di nuove imprese (effetto entry);

• fallimento di vecchie imprese (effetto exit);

• comportamento delle imprese che sono rimaste attive sul

mercato, a sua volta scomposto in tre componenti (effetto

within, effetto riallocazione, ed effetto interazione).

La scomposizione adottata richiede uno strumento relativa-

mente sofisticato16 – ma di frequente utilizzazione in questo

tipo di studi – che permette alle singole componenti di rag-

giungere in somma algebrica l’effetto aggregato.

A partire dalla figura 2.2 è possibile discutere il contributo

delle singole componenti sul risultato finale (la variazione del-

l’indice di Lerner per il settore). Il primo effetto, effetto entry –

ovvero il contributo dato dalle imprese che accedono al mer-

-0,2 -0,15 -0,1 -0,05 0 0,05

Indice di Lerner aggregato

0,1

effetto entry

effetto exit

effetto within

effetto riallocazione

effetto interazione

Fonte: Ns. elaborazione su dati AIDA

Figura 2.2 – Indice di Lerner e sua scomposizione

16 Qui si adotta una scomposizione di Laspeyres del price-cost margin aggregato set-toriale grazie alla disponibilità di dati a livello di impresa. L’indice di Lerner settorialerappresenta la somma algebrica di questi singoli effetti.

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61

2. L’ANALISI DI BILANCIO: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO

cato per la prima volta – assume un valore positivo (mark-up

più alto della media) e non contribuisce quindi ad aumentare

la concorrenza all’interno del settore.

Il valore positivo della componente va letto in termini negativi

nel senso che un mark-up che cresce segnala una “attenua-

zione” della concorrenza. Le nuove imprese che entrano han-

no elementi distintivi tali da consentire loro di “estrarre” dai

prezzi di vendita praticati un mark-up superiore a quello delle

imprese complessivamente già presenti sul mercato.

L’effetto exit per il settore occhialeria, come risulta evidente

dalla figura 2.2, è il maggior responsabile della variazione in

aggregato dell’indice. Se il mark-up di settore (dato medio)

diminuisce significativamente nel quinquennio (-15%) per

l’uscita di un certo numero di imprese dal settore (effetto exit,

-18%), significa che a uscire dal mercato sono imprese col

mark-up più alto della media e bisogna dunque supporre che

non si tratti delle imprese che godono di un premium price nei

confronti dei propri concorrenti ma, più facilmente, di imprese

che escono dal mercato perché appesantite da costi troppo

alti rispetto a quello che il mercato è disposto a pagare.

L’interpretazione dell’effetto within17 è un po’ meno intuitiva

ma non di meno utile al fine di comprendere cosa sia succes-

so nel corso degli ultimi anni nel settore occhialeria. La varia-

zione in negativo dell’indice – che si ricorda ancora una volta

cattura un effetto di riduzione del potere di mercato – è esat-

tamente quello che ci si aspetta in un settore che diventa più

competitivo.

Il suo valore negativo sta a indicare, a quote di mercato costan-

ti, una diminuzione generalizzata del mark-up che può essere

dovuta sia a una maggior competizione fra le imprese domesti-

che sia a una accresciuta importazione dall’estero di prodotti a

minor prezzo e, dunque, una pressione competitiva al ribasso

che ha tenuto più compresso il differenziale costi-prezzi.

17 Esso rappresenta la variazione ponderata del mark-up a livello di impresa prenden-do come pesi le quote di inizio periodo, cioè del 2000.

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62

L’effetto within del settore occhialeria va letto in combinazione

con l’effetto di riallocazione, il quale, tenendo fisso il mark-up e

soffermandosi invece sulla variazione delle quote a livello di

impresa, indica che le imprese che hanno conquistato quote di

mercato a scapito delle altre sono quelle che hanno un mark-

up più alto. In questo caso la riallocazione di quote di mercato

è avvenuta a favore di imprese che sono state in grado di diffe-

renziare il proprio prodotto così che il consumatore sia dispo-

sto a riconoscere un premium price per quel prodotto.

Il confronto tra l’effetto di riallocazione e l’effetto within con-

sente di identificare una situazione di mercato piuttosto dina-

mica nella quale, a fianco di imprese capaci di conquistare

quote di mercato spostandosi su produzioni a maggior conte-

nuto di valore aggiunto – verosimilmente attraverso l’innova-

zione e il soddisfacimento di consumatori con una domanda

più sofisticata – vi sono imprese che devono invece compri-

mere il proprio mark-up per cercare di conservare la propria

posizione nel mercato (o addirittura mantenersi in vita). In

quest’ultimo caso la produzione è necessariamente più stan-

dardizzata, in linea con prezzi decrescenti.

I due effetti (within e riallocazione) vanno in direzione oppo-

sta ma la riallocazione prevale, a indicare che la strategia di

differenziazione del prodotto ha premiato maggiormente le

imprese nel corso del periodo.

L’ultimo a essere analizzato è l’effetto di interazione, il quale

se ce ne fosse bisogno, conferma ulteriormente la presenza

di una pressione competitiva che ha attraversato il mercato

degli occhiali determinando, in media, una diminuzione delle

quote di mercato fino alla possibile fuoriuscita da parte di

imprese che praticavano prezzi troppo alti.

L’effetto rappresenta il prodotto tra variazioni di quote di mer-

cato e variazioni di mark-up e in questo caso il segno negati-

vo registrato sta a indicare che le due variazioni vanno in dire-

zioni opposte. Le imprese che all’inizio del periodo praticava-

no prezzi troppo alti hanno visto diminuire le proprie quote di

mercato e il contrario è successo per quelle imprese che, par-

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63

2. L’ANALISI DI BILANCIO: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO

tendo da mark-up più basso, lo hanno aumentato e sono sta-

te in grado di praticare prezzi più alti grazie a una maggior

qualità del prodotto.

Ciò induce anche a riconoscere che la domanda del bene

occhiale è tendenzialmente elastica al prezzo e che pertanto si

possono aumentare i fatturati complessivi diminuendo i prezzi di

vendita. Come già mostrato precedentemente, l’indice aggrega-

to riportato dalla figura 2.2 non è altro che la somma algebrica

degli effetti singoli analizzati sin qui nel dettaglio. A prevalere è la

diminuzione del mark-up nel settore, grazie soprattutto alla fuoriu-

scita dal mercato di imprese inefficienti, ma come risultato di un

effetto combinato in cui imprese già operanti sul mercato (effetto

riallocazione) oppure imprese nuove entranti (effetto entry), sono

risultate in grado di sostenere un prezzo superiore ai valori medi.

Il risultato finale al 2006 sta quindi a indicare un processo di

generale ristrutturazione che ha visto le imprese del comparto

rispondere con alternative strategiche molto diverse tra loro.

Quelle che sembrano mostrare la più alta probabilità di suc-

cesso sono certamente l’innovazione di prodotto e la ricerca

del risparmio sui costi, realizzato anche con delocalizzazione di

forniture e/o fornitori. Accanto alla risposta di tipo più tradizio-

nale – la compressione dei propri margini di profitto con la

riduzione del mark-up – altre imprese hanno preferito riposizio-

narsi su settori di domanda più esigenti, in alcuni casi addirit-

tura incrementando il proprio margine di profitto. Dal momento

che il comparto italiano detiene una quota di mercato dell’80%

del segmento lusso, a questa strategia devono avere necessa-

riamente partecipato molte imprese.

2.2 L’apertura economica e le sue conseguenze

Le dinamiche di ristrutturazione in atto nel settore degli occhia-

li – catturate dalle modificazioni della concentrazione e della

redditività (cfr. § 2.1) – hanno certamente incontrato il favore

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64

del mercato internazionale come mostrano i dati riportati dalla

figura 2.3. Il saldo tra esportazioni e importazioni verso il mon-

do ha cominciato a impennarsi proprio nel 2000 – come già

precedentemente evidenziato dalla figura 2 (Capitolo introdut-

tivo). La scomposizione del saldo per destinazione/origine del

prodotto rivela peraltro delle profonde differenze a seconda

che si tratti di economie sviluppate o di paesi emergenti.

Nel grafico qui riportato (figura 2.3), per semplicità, compaio-

no i saldi relativi alla Cina, in quanto paese emergente, e del-

l’Europa a 15 in quanto composta da paesi ad alto reddito. Le

direzioni dei saldi in figura 2.3 sono evidentemente divergen-

ti. Se le esportazioni sono state nettamente superiori alle

importazioni nell’Europa a 15, le importazioni dalla Cina han-

no spinto il saldo commerciale con questo paese ad assume-

re valori negativi già a partire dal 1995. Un analisi più detta-

gliata delle importazioni mostra che esse sono più che rad-

doppiate nel corso del decennio, seppure in termini di valori

15.000.000

10.000.000

5.000.000

-5.000.000

0

1995

1997

199

9

2001

2003

2005

2007

Mondo EU15 Cina

Fonte: Ns. elaborazione su dati EUROSTAT-COMEXT

Figura 2.3 – Saldo della bilancia commerciale del settore

degli occhiali. Il mondo, la Cina e l’Europa

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65

2. L’ANALISI DI BILANCIO: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO

monetari si siano tenute ben al di sotto di quanto dall’Italia è

stato esportato verso paesi ad alto reddito. Qui l’ambivalenza

del mercato emerge chiaramente: le imprese che riescono a

raggiungere la domanda più sofisticata di prodotti ad alto

contenuto di valore aggiunto non subiscono quella concor-

renza proveniente da paesi emergenti che invece le imprese

con minore capacità di innovazione sono costrette a subire, in

una competizione sul prezzo in cui sono destinate a soccom-

bere forse già nel breve periodo.

2.3 Performance d’impresa e contenuto di servizi nel prodotto finale

Una misura di performance di impresa frequentemente uti-

lizzata è il fatturato per addetto, che si può anche leggere

come una proxy della produttività del lavoro. L’analisi della

0,8

0,6

0,4

0

0,2

3 4 5 6 7 8

Log produttività distrettoLog produttività Italia

Fonte: Ns. elaborazione su dati AIDA, anno 2006

Figura 2.4 – La produttività delle imprese del distretto.

Un confronto con il resto d’Italia

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66

figura 2.418 permette di rilevare quale sia la differenza tra il

distretto degli occhiali delle province di Belluno e Treviso e

le imprese operanti nel settore dislocate nel resto d’Italia. Il

relativo spostamento a destra della distribuzione di produtti-

vità del distretto rispetto al resto d’Italia sta a indicare che le

imprese più produttive sono proprio quelle del distretto

(linea verde scuro), con invece una notevole presenza di

imprese a media produttività nel resto del Paese (linea ver-

de chiaro).

2.3.1 MODIFICAZIONI NELLA DIMENSIONE

D’IMPRESA

Data la situazione di produttività qui presentata per il settore

degli occhiali è opportuno chiedersi quale sia stato l’impatto

che le pressioni competitive degli ultimi anni hanno avuto sul-

la dimensione delle imprese. A livello complessivo essa è cre-

sciuta sia pur leggermente nel settore: nell’ultimo quinquen-

nio (2003-2007) la dimensione media passa infatti da un

valore di 14 addetti/impresa ai 17,6 dell’anno finale.

Questo è il quesito al quale le figure 2.5 e 2.6 intendono

rispondere, con la prima figura che si riferisce alla distribu-

zione per dimensione nel resto d’Italia al 2000 e al 2006. È

agevole verificare che le imprese che hanno dovuto fare

downsizing, o che sono uscite dal mercato dato il nuovo

contesto competitivo nel quale si sono trovate a operare,

sono quelle di dimensione medio-piccola, tra i 10 e i 60

dipendenti19.

Completamente diversa invece la situazione nel distretto del-

l’occhiale (cfr. figura 2.6), con un generale incremento della

dimensione di impresa tra il 2000 e il 2006, indizio di un

diverso effetto che il nuovo contesto economico ha avuto sul-

le imprese di Belluno e Treviso.

18 Prima di costruire la distribuzione della produttività si è operata una trasformazionein logaritmi dei valori di produttività che rende il confronto “leggibile”.

19 Per ricavare il numero di dipendenti, utilizzato qui come misura per determinare ladimensione di impresa, basta calcolare l’esponenziale del numero sulle ascisse:dimensione in termini di occupati = exp(x).

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67

2. L’ANALISI DI BILANCIO: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO

0,3

0,2

0

01

20 4 6 8

Log dimensione 2006Log dimensione 2000

Fonte: Ns. elaborazione su dati AIDA

Figura 2.5 – La dimensione d’impresa nel resto d’Italia,

dal 2000 al 2006

0,4

0,3

0,2

0

0,1

0 2 4 6 8

Log produttività distrettoLog produttività Italia

Fonte: Ns. elaborazione su dati AIDA

Figura 2.6 – La dimensione d’impresa nel distretto,

dal 2000 al 2006

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68

Anche le imprese medio-piccole localizzate nel distretto che

sono rimaste sul mercato (forse è il caso di aggiungerlo per-

ché in questo perido in realtà ne sono morte 300) hanno

maggiormente beneficiato del clima di crescita complessivo,

a differenza di quanto avvenuto nel resto d’Italia, aumentando

la propria dimensione relativamente agli anni precedenti.

A cosa può essere dovuta la differenza qui rilevata tra il com-

portamento dell’impresa italiana media nel settore degli

occhiali che ha dovuto ristrutturare in maniera tradizionale

attraverso downsizing e le imprese localizzate nel bellunese

e nel trevigiano che invece hanno potuto investire e ampliare

la propria attività assumendo nuovi addetti? Una risposta

può essere trovata nel prodotto finale che viene proposto al

consumatore, o meglio nella combinazione produttiva che

porta al prodotto finale. È proprio questa la verifica finale

condotta.

2.3.2 ANALISI DEI COSTI D’IMPRESA

Analizzando il conto economico delle imprese del settore è

possibile verificare quale sia la struttura dei costi e come

essa si differenzi tra costo delle materie prime, costo dei ser-

vizi e costo del lavoro.

È quanto riportato nella figura 2.7, prima per l’intero settore in

Italia e poi per le sole imprese del distretto degli occhiali veneto.

Innanzitutto, la figura 2.7 mostra che il costo dei materiali conti-

nua a prevalere nella produzione dell’impresa media20, seppure

il costo per i servizi costituisca un elemento importante nella

struttura del conto economico delle imprese del settore. Il costo

del lavoro è relativamente meno importante rispetto alla somma

di materie e servizi e comunque il margine che resta (ricavi meno

costi variabili) a copertura dei costi fissi e per la retribuzione del

capitale è relativamente compresso. Esso costituisce in media

soltanto l’11% dei ricavi nel 2006, sia nell’intero settore a livello

nazionale sia nel distretto bellunese-trevigiano.

20 Tutti i dati sono stati ponderati utilizzando come pesi le quote di mercato.

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69

2. L’ANALISI DI BILANCIO: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO

Figura 2.7 – Struttura dei costi variabili. Un confronto

tra le imprese italiane e le sole imprese del

distretto Belluno-Treviso (valori in migliaia di euro)

20000 4000 6000 8000

2006

2005

2004

2003

2002

Ricavi

Costo dei materiali

Costo dei servizi

Costo del lavoro

Ricavi menocosti variabili

2001

2000

Italia

20000 4000 6000 8000

2006

2005

2004

2003

2002Ricavi

Costo dei materiali

Costo dei servizi

Costo del lavoro

Ricavi menocosti variabili

2001

2000

Distretto

Fonte: Ns. Elaborazione dei dati AIDA, anno 2006

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70

Il terzo grafico – riportato nella figura 2.8 – mostra però una

sostanziale differenza nella struttura dei costi fra le imprese

del distretto e quelle del resto d’Italia. Date le medie pondera-

te del costo dei materiali e del costo dei servizi in entrambi i

sottocampioni, nel grafico è rappresentata la differenza tra le

prime e le seconde, mostrando che nel corso del periodo la

spesa sostenuta dalle imprese del distretto è stata sempre

relativamente minore nel caso dei materiali per la produzione

e sempre relativamente maggiore nel caso dei servizi alla pro-

duzione. Nel caso dei materiali la differenza si accentua negli

ultimi anni.

Ricollegandosi a quanto detto precedentemente, il maggior

contenuto di servizi qualifica in genere le produzioni destinate

a soddisfare settori di domanda più sofisticata e/o, in partico-

lare, la parte di design a monte e la parte di commercializza-

zione/pubblicità a valle.

-500 -400 -300 -200 -100 0 100 200 300 400

Differenza in costi dei materiali Differenza in costo dei servizi

500

2000

2003

2002

2001

2004

2005

2006

Fonte: Ns. elaborazione su dati AIDA, anno 2006

Figura 2.8 – Differenze nelle strutture dei costi variabili

tra le imprese italiane e le sole imprese del distretto

Belluno-Treviso (valori in migliaia di euro)

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71

2. L’ANALISI DI BILANCIO: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO

Allo stesso tempo la differenza nel costo dei materiali potrebbe

rappresentare l’indizio di un’accresciuta consapevolezza delle

imprese in fatto di internazionalizzazione e di opportunità offer-

te dall’estero per risparmiare sui fattori della produzione. Come

più volte rilevato dalla letteratura economica, le opportunità

offerte dall’apertura dei mercati alle imprese – soprattutto in fat-

to di reperibilità di fattori produttivi – sono spesso molto più

vantaggiose rispetto alle minacce che vengono invece percepi-

te nel caso di importazioni di prodotti concorrenti.

2.4 Redditività e indebitamento

Al fine di identificare gli effetti delle modificazioni strutturali in

atto in termini di redditività sul settore degli occhiali nel

distretto oggetto di analisi nella figura 2.9 viene presentata la

media ponderata del rapporto EBITDA21 sulle vendite espresso

in percentuale.

Questo rapporto sulle vendite è in grado di misurare, a livello

di impresa, la percentuale di profitti dato il fatturato, annullan-

do la distorsione che può essere data dalla dimensione di

impresa che comporterebbe per forza di cose livelli di profitto

maggiori. La ponderazione per la quota di mercato della sin-

gola impresa del distretto nel settore permette di tener conto

ulteriormente della posizione relativa dell’impresa rispetto al

resto del settore, fornendo un indice sintetico aggregato che

cattura la redditività di un’impresa rappresentativa per ogni

singolo anno del periodo considerato.

Come è evidente dalla forma della curva rappresentata nella

figura 2.9 il periodo della ristrutturazione ha coinciso con un

drastico calo della redditività/profittabilità delle imprese nel

distretto, le quali solo nel 2006 hanno riconquistato i livelli del

2002, mentre nel corso del triennio 2003-2005 hanno regi-

21 L’EBITDA, in particolare, registra quali sono i profitti dell’attività caratteristica dell’impresaprima che a essi siano sottratte le spese per interessi, le imposte e gli ammortamenti.

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72

10

02000 2001 2002 2003 2004 2005 2006

9

8

7

6

5%

4

3

2

1

Fonte: Ns. elaborazione su dati AIDA, anno 2006

Figura 2.9 – Redditività media nel distretto

EBITDA/Vendite (%) nel distretto Belluno e Treviso

0.83

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006

0.92

0.91

0.90

0.89

0.88

0.87

0.86

0.85

0.84

0

0.16

0.14

0.12

0.10

0.08

0.06

0.04

0.02

Indebitamento a breve Indebitamento a lungo

IB IL

Fonte: Ns. elaborazione su dati AIDA, anno 2006

Figura 2.10 – Struttura del debito delle imprese nel distretto.

Indebitamento a breve (IB) e a lungo termine (IL)

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73

2. L’ANALISI DI BILANCIO: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO

strato tassi di profittabilità molto bassi con un estremo nel

2004 che ha sfiorato il 2%.

Del resto, il triennio di scarsa profittabilità coincide con il

periodo maggiormente interessato dalla ristrutturazione pre-

cedentemente indicata come riconfigurazione della struttura

di mercato verso una dimensione più competitiva e una mag-

gior concorrenza indotta dagli shock esterni di internazionaliz-

zazione e progresso tecnologico.

Il finanziamento della ristrutturazione per le imprese che inten-

dono restare competitive nei propri mercati di riferimento è

sempre un fattore determinante per il successo dei propri pia-

ni di investimento volti a ridefinire le proprie strategie, la ricon-

figurazione dei processi produttivi e lo sviluppo di nuovi pro-

dotti che vadano incontro alla mutevole domanda di mercato.

2.4.1 STRUTTURA DEL DEBITO E RICORSO

ALL’AUTOFINANZIAMENTO

È per questo che qui di seguito risulta significativo accennare

brevemente alla struttura del debito delle imprese nel distret-

to, prima nella figura 2.10 con la distinzione temporale tra

indebitamento a breve e a lungo termine, poi nella figura 2.11

attraverso il cosiddetto gearing ratio che rappresenta una

misura in grado di indicare il grado in cui le attività dell’impre-

sa sono finanziate da fondi proprietari o da fonti esterne di

finanziamento. Il meccanismo adottato è simile a quello pre-

cedente. I rapporti annuali del distretto sono calcolati come

media ponderata dei singoli rapporti a livello di impresa, adot-

tando come pesi le rispettive quote di mercato.

La prima constatazione che emerge dal diverso andamento

delle due serie nella figura 2.10 è che gli anni maggiormente

interessati alla ristrutturazione, quelli compresi nel triennio

2003-2005, sono stati preceduti da un cambiamento nella

maturità delle fonti di finanziamento già a partire dal 2002

quando, a fronte di un aumento dell’indebitamento a lungo

termine si è avuto, in media, un calo dell’indebitamento a bre-

ve per le imprese del settore occhiali nel distretto.

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74

Il cambiamento nella struttura del debito in questo caso è

indicativa della necessità delle imprese di investire in progetti

di rinnovamento (di prodotto o di processo produttivo). Allo

stesso tempo molte imprese con problemi di solvibilità –

generati da uno sbilanciamento degli impegni a breve termine

– sono uscite dal mercato riaggiustando la media del settore

verso imprese con impegni a più lungo termine perché

appunto implicate in processi di ristrutturazione per i quali si

richiedeva una fonte di finanziamento con una copertura tem-

porale maggiore.

Con la figura 2.11 l’analisi si sposta invece dalla copertura

temporale delle fonti di finanziamento alla natura delle stesse,

distinguendo tra fondi propri e fonti esterne. Come è agevole

notare dalla pendenza del grafico, dal 2000 al 2006 il gea-

ring ratio, calcolato come rapporto tra fonti proprie e fonti

esterne, è drasticamente aumentato. Anche qui ci si riferisce

all’indice settoriale come misura riferita a un’impresa rappre-

1002000 2001 2002 2003 2004 2005 2006

180

170

160

150

% 140

130

120

110

Fonte: Ns. elaborazione su dati AIDA, anno 2006

Figura 2.11 – Il ricorso all’autofinanziamento.

Gearing ratio (%) nel distretto Belluno e Treviso

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75

2. L’ANALISI DI BILANCIO: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO

sentativa perché è il risultato di una media ponderata dei rap-

porti a livello di impresa utilizzando come pesi le rispettive

quote di mercato.

La generale tendenza all’aumento del ricorso all’autofinanzia-

mento ha visto però un notevole acceleramento nel periodo a

partire dal 2003, dopo un’iniziale crescita seppure più mode-

rata nel periodo precedente a partire dal 2000. In questo

caso a contare molto sul dato settoriale sono le imprese che

hanno guadagnato quote di mercato in seguito al fallimento

delle meno efficienti che sono poi le imprese di maggiori

dimensioni che possono quindi contare su fonti interne di

autofinanziamento in modo più significativo.

A parte comunque il dato netto di mortalità delle imprese del

settore degli occhiali, che ha fatto pendere la bilancia verso le

imprese medio-grandi, il crescente ricorso all’autofinanziamen-

to può essere anche indicativo della carenza di finanziamenti

esterni per nuovi progetti di ristrutturazione in atto nelle impre-

se, le quali decidono di coprire tale carenza di fondi con il trat-

tenimento di profitti che altrimenti sarebbero stati distribuiti ai

soci sotto forma di dividendi. In momenti di profonda ristruttu-

razione, infatti, data la minore elasticità del mercato finanziario

in Italia si verifica che il rapporto tra ricorso a fonti interne e il

ricorso a fonti esterne si sposti a favore delle prime.

Anche questa considerazione, peraltro, sembra assegnare

una certa superiorità alle imprese patrimonialmente solide e,

quindi, a quelle di dimensione maggiore.

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Capitolo 3L’ANALISI TESTUALE:PERFORMANCEDI SETTORE ECARATTERISTICHE DI MERCATO

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80

L’analisi testuale:performancedi settore ecaratteristiche di mercato

FRANCESCA GAMBAROTTO

Dopo l’analisi di bilancio (cfr. Capitolo 2) – che ha mostrato

alcune acquisizioni fondamentali circa la solidità delle imprese

e del loro contesto competitivo – nel presente Capitolo, come

nel successivo, si torna a una dimensione più squisitamente

qualitativa: quella della narrazione delle dinamiche del distretto

e delle problematicità che ne emergono, prima nella visione

degli attori istituzionali protagonisti della vita del distretto

(Capitolo 3) e poi nella visione delle imprese (Capitolo 4).

Nonostante lo strumento sia completamente diverso e il taglio

apparentemente molto distante, apparirà chiara, a conclusione

dell’analisi, la significativa unitarietà di giudizi, pur coi molti

distinguo che attraversano trasversalmente le differenti tipolo-

gie di attori. Il racconto la narrazione, si sposano in modo coe-

rente con i dati di bilancio e li articolano, offrendone alcune chia-

vi interpretative “autentiche”, in quanto direttamente espresse

dagli effettivi protagonisti del distretto.

Il presente Capitolo illustra e discute i risultati ottenuti dal-

l’analisi dei dati testuali raccolti intervistando testimoni privile-

giati del distretto.

L’analisi del contenuto testuale rappresenta una nuova frontie-

ra dell’analisi statistica che utilizza le parole al posto dei nume-

ri. Il numero è un dato sintetico che riduce la variabilità della

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81

fenomenologia osservata al fine di trovare regolarità e relazioni

tra elementi/fattori, allo scopo di semplificare il quadro inter-

pretativo di fatti e fenomeni osservabili. Il dato numerico è

sicuramente uno strumento potente che consente di compara-

re, descrivere, interpretare, spiegare e attraverso il quale oggi

si definiscono prescrizioni, ricette, norme di comportamento.

Tuttavia, in questo passaggio dalla soggettività delle espe-

rienze – la parola – alla costruzione dell’oggettività del dato

numerico, si perde una parte d’informazione. In particolare, si

rischia di perdere la conoscenza che gli attori economici si

costruiscono giorno per giorno con l’esperienza e il senso

comune, quella conoscenza tacita che si accumula attraverso

processi di apprendimento, capacità di interpretazione dei

fatti e risposte decisionali di fronte a un contesto economico

sempre più incerto. In altre parole, con la costruzione del dato

numerico si perde il significato che i soggetti assegnano alla

realtà che stanno vivendo e l’interpretazione che ne danno.

Volendo catturare questa conoscenza tacita, in quanto utile

soprattutto per definire le azioni di policy, il ricercatore incontra

diverse difficoltà. Per chi vuole infatti partire dalle soggettività

degli attori economici per comprendere e spiegare – e quindi

interpretare – i fatti della realtà, il problema è trovare una moda-

lità di traduzione dell’esperienza in una descrizione della stessa.

Questa distanza tra esperienza e descrizione è l’oggetto di stu-

dio dell’ermeneutica, oggi teoria generale dell’interpretazione,

rivolta alla comprensione delle azioni umane. In questa analisi

diventa centrale la facoltà di comunicare dei soggetti e quindi

le diverse articolazioni del linguaggio che si confrontano.

Il linguaggio assume così un ruolo importante per capire la

complessità della realtà in quanto mette in luce le possibilità

dei soggetti di dare concretezza al pensiero, dare forma alla

lingua, creare identità condivise. Ogni persona percepisce la

realtà in modo differente, e possiede un orizzonte linguistico

proprio. Poiché la lingua si costruisce a partire dal dialogo e

nel prendere parte a un mondo comune, si può osservare e

studiare quale rappresentazione offre di sé il distretto a partire

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82

dalle rappresentazioni linguistiche che ne danno alcuni sog-

getti-attori del distretto stesso. L’ipotesi di lavoro dalla quale il

presente Capitolo parte rientra nella logica appena descritta:

ricostruire la dinamica recente del distretto dell’occhiale a

partire dal confronto di interpretazioni soggettive (interviste) e

restituire la descrizione simbolica della performance del distret-

to in una polifonia di voci narranti, dopo aver sintetizzato i

risultati attraverso l’analisi del contenuto testuale.

3.1 Le performance del distretto a parole:introduzione alla lettura dei dati testuali

L’analisi del contenuto testuale è «un processo di acquisizio-

ne, sintesi e restituzione delle informazioni presenti in una

comunicazione scritta» (Tuzzi, 2003). È un metodo che per-

mette di analizzare in maniera qualitativa tutto ciò che costitui-

sce la densità del senso che viene attribuito a un’azione e/o

esperienza. L’applicazione dell’analisi del contenuto richiede

che il testo raccolto con le interviste aperte – il corpus testua-

le – venga elaborato e trasformato in un vocabolario delle for-

me grafiche semplici (parole) e complesse (segmenti testuali

con forte cristallizzazione semantica, come ad esempio: carta

di credito, angelo custode). Dopo aver normalizzato i testi

raccolti – ovvero pulito da errori ortografici, scelto i separato-

ri, controllato l’uso delle maiuscole – viene studiata la dimen-

sione N del corpus composto dalle forme grafiche semplici

(parole) che sono le unità statistiche qui trattate. La dimensio-

ne del vocabolario è invece data dal numero di parole diverse

che sono state utilizzate dagli attori intervistati e che diventa-

no le variabili statistiche da studiare22.

22 L’analisi è stata condotta utilizzando il pacchetto software Taltac (Trattamento Automati-co Lessicale e Testuale per l’Analisi del Contenuto di un Corpus) che permette di descri-vere (Text Analysis) e interpretare (Text Mining) il contenuto di un corpus testuale.

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83

3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO

3.2 Seguendo i sentieri delleparole: lettura della realtàda punti di osservazioneprivilegiati

Sono stati intervistati alcuni attori privilegiati del distretto per

rilevare differenze e comunanze nella lettura del processo di

riorganizzazione che ha investito il distretto in questi ultimi

anni. L’obiettivo è quello di creare un dialogo tra i diversi pun-

ti di vista utilizzando l’analisi del contenuto testuale. Le espe-

rienze maturate da questi attori economici consegnano un

quadro complesso del processo e con accenti diversi sui fat-

tori strategici per la competitività del distretto.

3.2.1 UNA BREVE PRESENTAZIONE

DEGLI INTERVISTATI

Per poter offrire un’interpretazione della complessità dei pro-

cessi che hanno investito il distretto dell’occhiale in questi ulti-

mi anni sono stati intervistati sei testimoni privilegiati (cfr.

tabella 3.1) che, grazie al ruolo istituzionale che svolgono,

guardano il distretto da diversi punti d’osservazione23.

Questa ricchezza valutativa può tradursi nel rafforzamento di

un’opinione tanto da creare una certezza e una condivisione

di fatti e fenomeni (assonanza cognitiva) ma può anche tra-

dursi in valutazioni antagoniste mostrando l’esistenza di diffe-

renze percettive (dissonanza cognitiva). Queste differenze

possono essere utili nei momenti di cambiamento perché

capaci di creare un dialogo e quindi una ricerca di una nuova

interpretazione del distretto e delle sue linee di cambiamento

(innovazione organizzativa).

In questo Capitolo sono ricostruiti i sentieri di parole (auto-

rappresentazione e comunicazione) degli intervistati: un insie-

me di attori istituzionali “generalisti” quali la Camera di Com-

23 Nel sentire comune si dice che molti occhi vedono meglio di uno solo; questo signi-fica che ogni occhio fissa l’attenzione su particolari elementi e che valuta i fatti sullabase di aspettative e obiettivi diversi.

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84

mercio, Confartigianato e Assindustria, attori istituzionali

“specializzati” cioè legati al settore produttivo degli occhiali,

come Anfao, e attori istituzionali “innovativi” come Certottica

e il Distretto Veneto Regionale dell’Occhiale.

Gli attori istituzionali del distretto sono già stati introdotti nel

precedente Capitolo 1 (cfr. § 1.6), in particolare Anfao e

Certottica che svolgono un ruolo istituzionale forte rappre-

sentando le aziende italiane del settore in Italia e nel mon-

do, sostenendo le partnership tra imprese, organizzando

progetti e strategie di settore – in particolare l’evento fieri-

stico Mido a Milano – e occupandosi di tecnologia, innova-

zione e certificazione.

La Camera di Commercio di Belluno e le associazioni impren-

ditoriali territoriali – Confartigianato e Assindustria – rappre-

sentano la business community territoriale e si sono mosse

negli anni recenti offrendo ai propri associati e rappresentati

servizi reali e consulenze ad ampio spettro.

Il Distretto Veneto dell’Occhiale fa parte del sistema regio-

nale dei distretti veneti (Venetian Clusters) e rappresenta

una declinazione della nuova politica industriale della Regio-

ne. Obiettivo di questo soggetto territoriale è quello di pro-

muovere l’innovazione tecnologica, la qualità di prodotto e

di processo, la ricerca di economie di scala da parte delle

imprese del settore e la promozione del distretto e delle sue

potenzialità.

Attori Istituzionali del Distretto

Intervista 1: Distretto Veneto Regionale dell’Occhiale

Intervista 2: Anfao

Intervista 3: Assindustria

Intervista 4: CCIAA

Intervista 5: Certottica

Intervista 6: Confartigianato

Tabella 3.1 – Gli attori del distretto intervistati

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85

3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO

3.3 Con parole loro: il vocabolario degli attoriistituzionali

Il lavoro di analisi testuale inizia con la creazione del vocabo-

lario degli intervistati a partire dalle interviste raccolte. Tali

interviste sono state trascritte e organizzate in un file unico

con il quale si definisce il corpus testuale (N). Il corpus è

composto da 17.050 forme grafiche totali (numero totale di

parole espresse) collocandosi nella dimensione media dei

corpora.

Gli intervistati rappresentano le unità statistiche di analisi che

hanno espresso i propri punti di vista attorno ad alcune rile-

vanti questioni riguardanti il distretto dell’occhiale: la perfor-

mance recente del distretto; le trasformazioni della struttura

produttiva; il processo di internazionalizzazione in corso; i

cambiamenti nella distribuzione e commercializzazione degli

occhiali; il ruolo degli attori strategici.

L’analisi parte dal vocabolario (V) degli attori istituzionali del

distretto ricco di 2.982 parole utilizzate (forme grafiche distin-

te). Questi primi dati numerici misurano la ricchezza lessicale

e consentono di verificare se il corpus può essere trattato

statisticamente. Le due misure utilizzate riguardano la dimen-

sione del vocabolario e il tipo di ricercatezza del linguaggio

degli intervistati. Queste due misure V/N = 17,49% e

V1(N)/V(N) = 55,6% dicono che le interviste possono essere

trattate statisticamente; la prima misura valuta se il vocabola-

rio è sufficientemente limitato per l’analisi del contenuto

testuale mentre la seconda misura lessicometrica dice che la

popolazione di parole utilizzate una sola volta (parole origina-

li, V1) è accettabile secondo i criteri dell’analisi testuale

semiautomatica.

La prima analisi del vocabolario è rivolta alle classi di frequen-

za e, in particolare, alla partizione di parole molto frequenti,

mediamente frequenti e poco frequenti. Il software normal-

mente restituisce un vocabolario di parole ordinato per fre-

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86

Tabella 3.2 – Analisi del vocabolario

degli interlocutori privilegiati

Forma grafica Occorrenze totali Fasce Frequenza cumulata

di 634,00 Alta 3,72

che 514,00 Alta 6,73

è 440,00 Alta 9,31

e 323,00 Alta 11,21

sono 233,00 Alta 19,52

non 226,00 Alta 20,85

quindi 149,00 Alta 27,35

perché 136,00 Media 28,15

aziende 125,00 Media 32,76

prodotto 111,00 Media 34,15

distretto 106,00 Media 35,41

mercato 56,00 Media 42,76

imprese 48,00 Media 44,01

occhiale 48,00 Media 44,29

noi 41,00 Media 46,60

abbiamo 40,00 Media 47,08

fatto 39,00 Media 47,54

io 34,00 Media 50,10

all’ 34,00 Media 50,30

produzione 32,00 Bassa 50,49

molto 32,00 Bassa 50,67

fiera 31,00 Bassa 51,23

qualità 27,00 Bassa 53,59

distribuzione 25,00 Bassa 54,66

impresa 25,00 Bassa 54,95

segue...

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87

3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO

Forma grafica Occorrenze totali Fasce Frequenza cumulata

azienda 25,00 Bassa 55,10

comunque 25,00 Bassa 55,24

innovazione 24,00 Bassa 55,52

Luxottica 17,00 Bassa 60,19

cliente 12,00 Bassa 64,99

commerciale 12,00 Bassa 65,06

lavoro 12,00 Bassa 65,13

ricerca 8,00 Bassa 70,37

fuori 8,00 Bassa 70,42

progetto 8,00 Bassa 70,46

mantenere 6,00 Bassa 74,70

nicchia 6,00 Bassa 74,73

competenze 6,00 Bassa 74,84

territorio 6,00 Bassa 74,87

tendenza 4,00 Bassa 80,31

espansione 4,00 Bassa 80,33

parlando 4,00 Bassa 80,35

griffato 4,00 Bassa 80,38

imputare 2,00 Bassa 90,13

realizzata 2,00 Bassa 90,14

sopravvivenza 2,00 Bassa 90,21

responsabilità 1,00 Bassa 98,36

rivedere 1,00 Bassa 98,39

riconvertite 1,00 Bassa 98,43

ospitiamo 1,00 Bassa 100,00

Fonte: Ns. elaborazione su interviste dirette

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88

quenza d’uso a partire dalla parola più utilizzata a quella che

compare una sola volta. Nella tabella 3.2 viene riportato uno

stralcio del vocabolario utilizzato.

Nella fascia di parole ad alta frequenza del vocabolario si tro-

vano la maggior parte delle parole vuote, cioè quelle parole

che vengono utilizzate per costruire il discorso e che articola-

no il linguaggio: articoli, congiunzioni, negazioni, preposizioni,

aggettivi.

La parola �di� è quella più utilizzata nel corpus e copre il

3,72% delle occorrenze (numero di volte in cui compare una

parola nel testo) presenti nel testo, seguita da altre preposi-

zioni come �e� �in� che sottolineano il carattere descrittivo del

discorso che viene analizzando. Le preposizioni come �non� e

�per� evidenziano invece l’intenzionalità del parlante (Bolasco,

1999).

Nella fascia di parole di media frequenza si trovano le prime

parole chiave del discorso polifonico sul distretto dell’occhia-

le: �aziende�, �prodotto�, �distretto� con un numero di occor-

renze abbastanza simile (125, 111, 106) mentre con circa la

metà di occorrenze appaiono �mercato�, �imprese�, �occhiale�

(rispettivamente, 56, 48, 48).

Nella prima parte della fascia di bassa frequenza emergono le

parole principali – piene di significato – del discorso, siano

esse sostantivi o aggettivi: �produzione�, �fiera�, �punto�, �set-

tore�, �occhiali�, �qualità�. Via via che si scende di rango si

continuano a trovare parole piene, meno utilizzate all’interno

del testo ma che non si possono definire meno importanti.

Infatti, possono catturare un punto di vista diverso e quindi

arricchire il quadro interpretativo.

Prima di procedere all’analisi delle concordanze e cioè alla

ricostruzione del senso delle parole all’interno dei contesti

specifici in cui la parola è situata (Giuliano, La Rocca, 2008)

nell’analisi della struttura del testo è utile premettere una nota

specifica ai verbi, nucleo del discorso ed elemento linguistico

ricco di informazione per rappresentare gli eventi del distretto

che qui interessano.

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89

3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO

3.3.1 LE AZIONI DEL DISCORSO: I VERBI

Le frasi di un discorso possono metaforicamente essere con-

siderate delle rappresentazioni sceniche in cui i nomi o loro

sostituti (pronomi, frasi soggettive, ecc.) sono gli attori e il

verbo esprime l’azione che compiono mentre sono in scena

(Tesnière, 1966). Il verbo è dunque colui che mette in relazio-

ne e che si trova al centro della scena e che può richiedere

diverse performance agli altri componenti del discorso.

Esclusi i verbi ausiliari che portano verso un’analisi stretta-

mente linguistica, si può osservare che gli intervistati hanno

utilizzato 352 forme verbali. Le azioni del discorso più disper-

se nel corpus e quindi più utilizzate dagli intervistati sono

riportate in tabella 3.3.

Le prime 8 forme verbali presentano un indice di dispersione

che oscilla tra il 90% e il 70%. Sono nuclei del discorso che

mettono in luce l’attenzione generale per la capacità produttiva

del distretto e la necessità di condividere una nuova forma di

comportamento (produttivo) del distretto. I verbi di modo �pote-

re� e �dovere� dicono qual è l’atteggiamento del soggetto e defi-

niscono la consapevolezza del cambiamento mentre la necessi-

tà di trovare le modalità adeguate per evolvere sono legate alle

forme verbali �andare�, �diventare�, �riuscire�.

Se ci si concentra sulla distribuzione delle forme verbali, è

interessante rilevare che alcune di esse caratterizzano il pun-

to di vista degli intervistati.

• Per l’intervistato Anfao �vendere�, �vedere� e �volere� sono

nuclei significativi del discorso orientato al tema della

distribuzione dell’occhiale.

• Per la Camera di Commercio le azioni attorno alle quali atti-

vare un cambiamento del distretto sono �cambiare�, �capi-

re�, �cercare�.

• Per Confartigianato la descrizione della performance

recente del distretto ruota attorno a �chiedere�, �creare�,

�volere�, �vedere� lasciando intendere che è necessario tro-

vare un nuovo network organizzativo che coinvolga le

imprese della piccola industria.

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90

Tabella 3.3 – Stralcio delle forme verbali utilizzate

LemmaOccorrenze

TotaliANFAO CCIAA Confartigianato

produrre 15 2 1 7

venire 39 1 1 10

potere 66 15 1 7

dovere 37 4 0 16

parlare 11 2 0 3

andare 52 15 2 9

diventare 16 4 1 4

riuscire 14 2 0 2

arrivare 15 1 1 0

delocalizzare 10 0 1 2

volere 19 4 0 8

trovare 12 0 0 4

uscire 7 0 1 3

cambiare 20 2 4 2

sapere 11 1 0 3

vedere 18 5 0 5

gestire 15 2 0 2

cercare 19 0 2 4

decidere 4 1 0 1

chiedere 11 1 0 8

capire 8 1 3 1

vendere 18 10 0 2

creare 10 1 0 8

• Dal punto di vista del Distretto Veneto Regionale �cercare�,

�gestire�, �cambiare�, �delocalizzare�, �sapere� sono le azio-

ni del discorso che vengono utilizzate per disegnare il pro-

filo del sistema produttivo dell’occhiale a partire dal com-

portamento dell’impresa.

Queste azioni sottolineano la lettura critica e diagnostica del-

l’intervistato nell’obiettivo di identificare i punti di forza e di

debolezza del sistema occhiale oggi.

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91

3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO

DistrettoVeneto

Assoindustria Certottica Dispersione Uso

1 2 2 0,78 11,74

14 9 4 0,76 29,47

20 8 15 0,73 48,51

7 3 7 0,72 26,47

1 3 2 0,71 7,85

8 12 6 0,71 37,05

1 5 1 0,71 11,38

2 4 4 0,70 9,83

3 4 6 0,69 10,35

5 1 1 0,68 6,81

1 3 3 0,67 12,81

3 2 3 0,67 8,05

1 1 1 0,67 4,67

6 3 3 0,65 13,08

5 0 2 0,64 7,08

4 3 1 0,64 11,55

6 0 5 0,62 9,25

12 1 0 0,54 10,31

2 0 0 0,51 2,06

0 0 2 0,42 4,57

2 1 0 0,40 3,22

0 5 1 0,37 6,67

0 1 0 0,35 3,54

Fonte: Ns. elaborazione su interviste dirette

• Le azioni più frequentemente utilizzate da Assoindustria

dopo �andare�, �venire�, �potere� sono �vendere� e �arriva-

re�, il che sottolinea come per l’industria medio-grande del

settore, la commercializzazione del prodotto rappresenti

l’elemento strategico sul quale puntare.

• Infine, per Certottica �gestire� e �arrivare� enucleano la

necessità di investire per il futuro, soprattutto nella creazio-

ne di un nuovo sistema di norme che tuteli il prodotto ita-

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92

liano ma che sostenga le libere scelte localizzative delle

imprese.

È interessante anche notare che il verbo di modo �potere�

viene utilizzato maggiormente da Anfao, Distretto Regionale

Veneto e Certottica mentre �dovere� principalmente da

Confartigianto seguito sempre dal Distretto Regionale

Veneto e Certottica, quasi a segnare una diversa intenzio-

ne dei parlanti: �potere�, in questo contesto narrativo, è

un’azione rivolta allo sfruttamento delle potenzialità ine-

spresse del distretto mentre �dovere� richiama un’aspettati-

va di comportamento nei rapporti tra grandi e medio-picco-

le imprese.

3.4 Parole e contesti: coerenze e diversitànell’uso delle parole

Dopo l’analisi di alcune parti del vocabolario, è appropriato

restituire le parole ai contesti semantici, utilizzando alcune

parole chiave emerse dallo studio delle fasce di frequenza.

Questa operazione di analisi del contenuto testuale si chiama

analisi delle concordanze.

Utilizzando i riferimenti tematici a cui rinviano le parole chia-

ve, vengono ricostruite concettualmente le relazioni tra paro-

le e contesti tematici per proporre una polifonia tra i discorsi

dei parlanti.

3.4.1 LA PERFORMANCE DEL DISTRETTO

Partendo dalla parola pivot �distrett*�, si nota che essa com-

pare complessivamente 82 volte nel discorso e si posiziona

principalmente nella parte iniziale dell’intervista, quando gli

intervistati parlano della performance del distretto e verso la

fine della stessa, quando parlano degli attori strategici del

distretto. Del distretto parlano a lungo gli intervistati del

Distretto Veneto Regionale e di Confartigianato.

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93

3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO

Tabella 3.4 – Distribuzione della parole pivot “distretto”

Formagrafica

ANFAO CCIAAConf-

artigianatoDistrettoVeneto

Asso-industria

Certottica

distretto 3 6 20 31 11 7distrettodell’occhiale 1 0 1 3 0 1

distretti 1 0 2 0 1 0

Fonte: Ns. elaborazione su interviste dirette

Il primo dei due intervistati racconta la performance del

distretto nella sua evoluzione storico-territoriale. Partendo dal

processo di ristrutturazione organizzativa del distretto inne-

scato dalla strategia de-localizzativa delle imprese leader, il

parlante sottolinea come tale processo di adattamento sia

stato imposto dall’evoluzione dei mercati e dalla necessità di

trovare o mantenere una competitività economica e quindi

una profittabilità per le imprese:

«[…] Il fatto è che quando le cose invece sono cambiate, le

aziende che sono riuscite, o crescendo al proprio interno

ovvero organizzandosi meglio nella capacità appunto di distri-

buire l’attività sul distretto, quanto meno quella di program-

mare meglio la produzione quindi anche con un rapporto più

franco e diretto verso la clientela […] queste aziende sono

riuscite a essere più competitive» (Intervista Distretto Veneto).

Anche l’intervistato di Confartigianto dedica un’ampia parte

del suo discorso a descrivere l’evoluzione del distretto ma la

sua premessa è meno centrata sul comportamento economi-

co delle singole imprese quanto sul distretto inteso come un

sistema organico, con specifiche funzionalità e una sua elasti-

cità definita dalla presenza di una popolazione di imprese di

piccole e medie dimensioni. La sua attenzione è principal-

mente rivolta a descrivere gli effetti dei cambiamenti avvenuti

nella competitività territoriale, aspetto questo che, dal suo

punto vista, è stato poco valutato dalle imprese leader:

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94

«[…] È proprio stata trasferita la manodopera dalle piccole e

medie aziende alle grandi aziende. Oggi Luxottica ha 6.500

dipendenti. Non lo vedo come una trasformazione positiva.

Assolutamente no. Perché non c’è più distretto. Ma non c’è

più distretto in termini di valore aggiunto. Lei conosce anche

altri distretti. Il distretto della scarpa perché ha molte più pos-

sibilità di tornare vivo? Perché è complessivamente struttura-

to in maniera totalmente diversa. Sono rimaste le grandi

imprese, le piccole, le medie. È una piramide molto larga»

(Intervista Confartigianato).

Le strategie commerciali delle grandi imprese hanno attivato

un meccanismo di selezione che ha irrigidito il distretto a cau-

sa del forte tasso di mortalità e basso tasso di natalità delle

imprese e che non necessariamente si sarebbe verificato se

ci fosse stata una “politica di accompagnamento” per le pic-

cole imprese rivolta a potenziare processi di apprendimento

su fattori strategici come, ad esempio, l’innovazione tecnolo-

gica o la formazione.

Secondo il parlante della Camera di Commercio di Belluno, la

performance del distretto è la risultante del processo deloca-

lizzativo e di una particolare innovazione: la certificazione del-

la qualità di prodotto. Questa innovazione normativa portava

con sé la necessità di rivedere l’organizzazione della filiera

produttiva con conseguente riduzione del numero delle fasi di

produzione. Non è stato possibile governare questo cambia-

mento con una strategia di distretto perché le PMI hanno

dimostrato una rigidità d’apprendimento organizzativo. Ciò va

interpretato nella sua radice socio-culturale:

«[…] A che cosa possiamo imputare questo fallimento? In

realtà c’è da capire piuttosto che colpevolizzare il comporta-

mento dei piccoli imprenditori. Non bisogna dimenticare che

la montagna era un’area di forte povertà ed emigrazione. La

monocultura dell’occhiale ha permesso a molte famiglie di

tornare a vivere in questi luoghi, e di uscire dalla miseria e

quindi si capisce abbastanza facilmente la loro diffidenza a

condividere una strategia commerciale. Sono gran lavoratori.

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95

3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO

Pensano solo a lavorare. Ma questa è stata la loro forza.

Sono quindi molto diffidenti verso le strategie di distretto»

(Intervista CCIAA).

Nella diagnosi di Certottica le criticità del distretto sono state

la mancanza di managerialità e di investimenti in innovazione

e ricerca. A monte di queste carenze, il parlante ha identifica-

to una relazione asimmetrica tra grandi e piccole imprese poi-

ché queste ultime hanno mantenuto un comportamento gre-

gario rispetto alle grandi senza valutare i cambiamenti a valle

che si stavano verificando: aumento della domanda e nuovo

sistema distributivo dell’occhiale. Ma se l’innovazione di pro-

dotto si può definire specifica dell’impresa e quindi uno stru-

mento difficilmente utilizzabile per modificare l’organizzazione

distrettuale, l’innovazione di processo può diventare il fattore

chiave per lo sviluppo del distretto perché genera un proces-

so di apprendimento collettivo e produce una competitività

territoriale attraverso la condivisione di una conoscenza tec-

nologica:

«[…] Ma quando trattasi di processo la cosa è diversa. Il pro-

cesso è un bene che va spalmato su tutto il distretto non

può essere mantenuto solo all’interno di nicchie. Quindi

quando si modifica una fase processuale, questa ha una via

lunga […]. Ecco perché su questo tipo di percorso c’è stata

una maturazione condivisa e anche una osmosi […]. Con i

nostri tecnici utilizziamo quel tipo di hardware e quindi tra-

sferiamo poi i risultati della ricerca su questo gruppo misto

grandi e piccoli; qui siamo tutti in cordata i benefici nostri

non sono per noi e quindi vanno spalmati tra quelli che han-

no creduto in questa scommessa […]. Occorre mettersi

insieme e riuscire a cambiare quell’atteggiamento difensivo

all’interno del distretto in una strategia di tipo cooperativo.

Non siamo ancora arrivati a una maturazione condivisa su

questo tipo di esigenza» (Intervista Certottica).

La forma grafica �distretto� compare poche volte nella narra-

zione di Anfao e l’utilizzo che ne viene fatto è, principalmente,

di tipo propositivo:

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96

«Quello che si può fare come strategia di distretto è promo-

zionare certe capacità, certe qualità del prodotto fatto in Ita-

lia, Made in Italy, studiato in una certa maniera […]. Potrebbe

essere una delle strategie di distretto puntare sulla forma-

zione di competenze particolari, queste figure chiavi che

possono mettere insieme anche la produzione della piccola

impresa con le richieste della grande impresa – infine, un

indizio sui rapporti con le banche – non credo che le banche

abbiano aiutato il distretto…» (Intervista Anfao).

Nel discorso di Assindustria il distretto viene descritto come

un’entità in trasformazione e destinata a trasformarsi ancora, in

futuro. Si trova che �distretto� è in relazione a �trasformazione�,

�esiste in maniera diversa�, �si evolverà�, �rimarrà�, �collaborazio-

ne�. È un contesto narrativo “certo” che interpreta i fatti e i feno-

meni economici avvenuti in questi anni come necessari e funzio-

nali per la definizione dell’identità del distretto e quelli futuri come

occasioni per consolidare la sua competitività.

3.4.2 LE TRASFORMAZIONI

DELLA STRUTTURA PRODUTTIVA

Rispetto alle trasformazioni della struttura produttiva del

distretto, gli intervistati presentano un quadro interpretativo

molto coerente. Con radice �prod*� sono risultati 16 casi e

due segmenti linguistici. I soggetti che parlano in modo più

approfondito dei temi della produzione sono quelli del Distret-

to Veneto Regionale, Certottica e Confartigianato. Dalla lettu-

ra della tabella 3.5 che riporta gli intervalli tematici dell’uso

della parola �produzione�, emerge che:

• il parlante del Distretto dell’Occhiale (intervista 1) parla di

produzione «in termini di consegna; qualità e realizzazio-

ne del pezzo; saper organizzare; programmare meglio; il

surplus di produzione prima realizzato nel distretto;

imprenditori troppo legati alla produzione»;

• Certottica (intervista 5) si esprime invece attorno ai temi

del capitale di conoscenza: «dal prototipo alla produzione

all’ingegnerizzazione; diversità nei volumi di produzione»;

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97

3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO

• la Camera di Commercio ne dà invece una descrizione

organizzativa: «all’interno del distretto è più facile mante-

nere un controllo sulla produzione; diversità nell’organiz-

zazione della produzione che rende difficile l’integrazione

della filiera»;

• la Confartigianato esprime una valutazione sul comporta-

mento produttivo delle piccole e medie imprese: «la picco-

la e media impresa non ha idee nuove. La domanda c’è.

Ci sarebbe la domanda, è che la produzione deve essere

tale da soddisfare la domanda»;

• mentre Anfao parla di «produzione conto terzi, di tempi di

produzione, di distribuzione della produzione del settore

per dimensione e importanza delle imprese».

Poiché qui interessano le trasformazioni che sono avvenute in

questi anni nell’organizzazione della produzione si è fatta

ricerca dei contesti narrativi che riguardano questo tema. Dal-

la ricerca congiunta di �prod*� e �innov*� è emerso che i pro-

cessi innovativi e la produzione di conoscenza all’interno del

distretto hanno seguito una bidirezionalità, dall’alto verso il

basso e viceversa.

«La grande innovazione l’hanno fatta le grandi perché hanno

i mezzi. […] Ma tanta è venuta anche dalle piccole» (Intervi-

sta Assindustria).

«Molte delle innovazioni di prodotto sono partite dal basso

cioè dalle PMI, nell’interazione con la GI» (Intervista CCIAA).

Nel discorso del parlante del Distretto Veneto, l’innovazione

tecnologica appare un fattore radicato nella realtà produttiva

grazie anche all’attivazione di progetti congiunti con Certotti-

ca e all’utilizzo di finanziamenti erogati dalla Regione con la

legge n. 8/2003 (Patti per lo Sviluppo distrettuale e metadi-

strettuale).

Occorre mettere in evidenza che nel processo di trasforma-

zione produttiva del distretto, Certottica ha giocato – e gioca

tutt’ora – un ruolo chiave sebbene incontri ancora alcune dif-

ficoltà non tanto nella realizzazione e sviluppo di progetti

quanto nella loro diffusione:

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98

«… sull’innovazione tecnologica vera e propria ci sono sta-

ti alcuni progetti di Certottica per esempio il riporto laser […]

e altri progetti di prototipazione che sicuramente hanno dato

degli elementi importanti che però stanno soffrendo proprio

della utilizzazione perché ci sono pochi attori» (Intervista

Confartigianato).

Una voce che si distingue da quelle precedenti è quella di

Anfao che sostiene il primato del design sulla tecnologia:

«A cambiare i trend, a spostare da una parte all’altra è la

moda più che la tecnologia. La tecnologia per certi versi si

adatta» (Intervista Anfao).

Rispetto l’evoluzione tecnologica, il distretto viene percepito

dagli attori come un territorio all’avanguardia per due ragioni

Tabella 3.5 – Insieme di forme grafiche con radice �prod*�

Formagrafica

Occorrenze totali

prodotto 81 6 3

produrre 8 2 0

produzione 31 5 2

produzioni 4 0 1

produttivi 7 0 2

produttori 5 0 1

producono 4 0 1

produttivo 2 0 0

produrne 1 0 0

prodotto finito 3 0 0

produttiva 4 0 0

prodotti 8 0 1

produttive 3 0 1

producendo 1 0 0

produco 1 0 0

producessero 1 0 0

prodotto occhiale 3 0 0

prodotto griffato 3 2 0

CCIAAANFAO

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99

3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO

specifiche. La prima riguarda la velocità di acquisizione di

capitale tecnologico; in questi ultimi 15 anni è cresciuta

l’adozione di nuove tecnologie produttive nella ricerca di

migliorare la performance produttiva soprattutto in termini di

qualità di prodotto. La seconda riguarda l’istituzione e cresci-

ta di Certottica che funge sia da coordinatore della R&S che

da attore chiave per i processi di knowledge spillover.

3.4.3 IL PROCESSO DI INTERNAZIONALIZZAZIONE

DELLE IMPRESE DEL DISTRETTO

Attorno al tema dell’internazionalizzazione delle imprese sono

emerse posizioni diverse: chi sostiene sia stata una scelta ine-

luttabile perché dettata dal mercato e chi invece sostiene una

16 27 5 24

4 0 1 1

1 19 0 4

1 2 0 0

0 3 1 1

1 1 1 1

2 1 0 0

0 2 0 0

1 0 0 0

1 1 0 1

1 0 3 0

4 0 2 1

0 0 2 0

0 0 1 0

0 0 0 1

1 0 0 0

0 3 0 0

1 0 0 0

Confartigianato Distretto Veneto Assoindustria Certottica

Page 102: Leadership mondiale e fine del distretto? · IL DISTRETTO BELLUNESE DELL’OCCHIALE Leadership mondiale e fine del distretto? a cura di Alberto Bramanti e Francesca Gambarotto LIBRI

100

posizione critica rispetto tale scelta. Il contrasto, tuttavia, non

si cristallizza attorno alla scelta “delocalizzazione sì, delocaliz-

zazione no” quanto alla mancanza di una governance del cam-

biamento localizzativo di alcune imprese (parti d’imprese) e

alle conseguenze territoriali che ha generato (cfr. tabella 3.6).

L’analisi parte dalla situazione del contesto internazionale. Il

parlante del Distretto Regionale Veneto spiega che la diminu-

zione di importanza della distanza geografica sia in termini di

costo di trasporto sia di costo organizzativo ha favorito l’ado-

zione di strategie di costo da parte delle imprese leader del

distretto. La produzione interna è calata, «grazie o forse per

colpa di una situazione internazionale che favorisce deloca-

lizzazioni verso l’Estremo Oriente chiaramente dove le pro-

duzioni hanno prezzi altamente più competitivi e dove c’è da

dire che anche il livello di capacità in termini produttivi dei

nostri concorrenti è cresciuto molto velocemente negli ultimi

vent’anni.» (Intervista Distretto Veneto).

L’internazionalizzazione della produzione genera un vantaggio

economico che per essere acquisito richiede alle imprese

una struttura organizzativa capace di gestire i tempi di produ-

zione dislocati in varie aree del mondo. Questa trasformazio-

ne del sistema economico internazionale, che prima degli

anni ’90 fondava la competitività sui cambiamenti nei prezzi

Forme grafiche Occorrenze

delocalizzato 2

delocalizzazioni 1

delocalizzazione 7

delocalizzare 6

delocalizzata 1

delocalizzando 1

internazionale 4

internazionalizzazione 2

interna 1

Tabella 3.6 – Occorrenze della delocalizzazione

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101

3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO

relativi dei beni, in un’economia globale dove il vantaggio

economico è dato dalla capacità di acquisire una struttura

reticolare e un’organizzazione complessa della gestione dei

flussi di fattori di produzione e beni finiti, ha generato un

duplice cambiamento all’interno del distretto: da un lato le

grandi imprese hanno delocalizzato fasi o linee di produzione,

dall’altro le piccole hanno cominciato a ristrutturarsi, a diven-

tare più propositive rispetto alla domanda, cercando di diven-

tare imprese più dinamiche e più attente all’evoluzione dei

mercati. In realtà non sono molte le piccole e medie imprese

che sono riuscite ad appropriarsi di questa meta-competenza

– la capacità di apprendimento – e a sopravvivere.

I parlanti di Assindustria e Distretto Regionale Veneto metto-

no in evidenza che il processo di delocalizzazione è assoluta-

mente limitato a poche aziende e non ha avuto natura selvag-

gia. Implicitamente ciò tende a minimizzare la relazione tra

processi delocalizzativi e mortalità di piccole imprese impu-

tando una maggior causa ai cambiamenti strutturali dei mer-

cati. Se si osserva il processo della delocalizzazione metten-

dosi dalla parte delle imprese leader e di quelle innovative, e

si tiene ben presente il processo di globalizzazione, si capi-

sce la loro duplice esigenza di guadagnare in competitività

economica e di essere presenti sui mercati asiatici perché

mercati in crescita, in fase di forte affermazione nella geo-

economia mondiale.

Quando si cambia prospettiva e si guarda lo stesso fenome-

no con gli occhi di un piccolo imprenditore, si osserva più

facilmente che la delocalizzazione ha dei costi collettivi che

ricadono sulla struttura distrettuale generando una fisiologi-

ca mortalità di microimprese non specializzate ma anche la

scomparsa di PMI che negli anni ‘90 avevano acquisito com-

petenze specifiche per garantire la qualità produttiva degli

occhiali (come ad esempio la fase della galvanica).

È convinzione di tutti gli intervistati che il processo di delocaliz-

zazione sia stato un passaggio obbligato nell’evoluzione del

distretto tanto che Certottica in qualità di fornitore di servizi

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102

per la R&S e di garante della qualità dei prodotti riterrebbe uti-

le aprire una filiale in Asia �per essere là dove i mercati nasco-

no� e tutelare il prodotto italiano. Se la globalizzazione e le

scelte rilocalizzative delle imprese pongono come problema

centrale la gestione della complessità organizzativa, occorre

creare un sistema federale dei servizi d’impresa per continua-

re a utilizzare il capitale di conoscenza maturato e per rico-

struire la rete d’imprese attraverso nuovi nodi, nuove funzioni.

I punti di vista sulla delocalizzazione divergono riguardo la

gestione di questo cambiamento localizzativo. Questo proces-

so ha mutato l’occupabilità all’interno del distretto: una parte

“dell’imprenditorialità diffusa” del distretto si è spostata in altri

settori produttivi, come il turismo, e una parte è stata riassorbi-

ta dalle imprese più grandi. In sostanza la delocalizzazione ha

aumentato la verticalizzazione del distretto che ha generato da

un lato un aumento dell’occupazione totale del settore e dall’al-

tro una redistribuzione dell’occupabilità facendo diminuire le

opportunità imprenditoriali del settore che fino a pochi anni fa

avevano caratterizzato questo sistema economico territoriale.

Tabella 3.7 – Alcune forme grafiche con radice pivot �distribu*�

e �commer*�

Formagrafica

Occorrenze totali

distributore 3 2 0

distributiva 3 2 0

distribuzione 18 2 0

distribuzione diretta 5 0 0

commercializzazione

del prodotto 2 0 2

commercializzare 1 0 0

commerciali 3 0 0

commercializzazione 2 0 0

commerciale 10 0 2

CCIAAANFAO

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103

3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO

3.4.4 I CAMBIAMENTI A VALLE: LA DISTRIBUZIONE

DEGLI OCCHIALI

Come segnalato nel primo Capitolo, la globalizzazione dei

mercati ha consegnato maggiore peso strategico alla fase di

distribuzione nel settore degli occhiali. Se si prendono come

parole pivot �distribu*� e �commer*� si osserva che i parlanti

rilevano con molta chiarezza la rivoluzione avvenuta a valle del

settore e gli effetti che ha generato sulla struttura del distret-

to (cfr. tabella 3.7). In altre parole, i cambiamenti radicali nella

catena distributiva hanno imposto mutamenti strutturali nella

produzione e nella composizione della popolazione d’imprese

del distretto.

Il tema della distribuzione è argomento di assoluta criticità per

il parlante del Distretto Veneto secondo il quale si dovrebbe

ridurre la distanza tra l’impresa media e piccola con il mercato:

«Un primo scalino da superare, abbastanza alto, è dovuto al

fatto che la dimensione media delle aziende che fanno pro-

dotto finito è tendenzialmente troppo piccola per poter

affrontare singolarmente una iniziativa di distribuzione diret-

0 1 0 0

0 1 0 0

1 10 3 2

0 5 0 0

0 0 0 0

1 0 0 0

2 0 1 0

0 0 1 1

3 3 1 1

Confartigianato Distretto Veneto Assoindustria Certottica

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104

ta. Quello che il distributore prima riusciva a gestire adegua-

tamente […], per esempio in termini di mercato, poteva esse-

re importante per una piccola azienda. Ragionando con le

catene invece la cosa cambia completamente in quanto

sono distribuite in maniera ben diversa e quindi i numeri

che richiedono e conseguentemente anche il prezzo del pro-

dotto è diverso. In maniera costretta le piccole hanno scelto

la nicchia. Tendenzialmente fino a oggi la situazione è stata

quella di cercare nicchie di mercato sia in termini di prodotto

che di distribuzione che garantissero ancora degli spazi. Il

passo successivo credo sia quello sul quale stiamo spingen-

do […] cercare di proporre direttamente il proprio prodotto.

Su questo è un po’ di tempo che cerchiamo di spingere le

aziende […]. Il limite primo è che la gestione di una distribu-

zione diretta richiede investimenti che non sono alla portata

della singola azienda quindi la media delle piccole aziende

non è in grado di sostenere gli investimenti di decine di

milioni di euro per portare avanti un discorso di distribuzio-

ne diretta. È un argomento sul quale si discute. Le aziende

sentono molto questa esigenza e continuano ad affacciarsi a

queste possibilità. Non si è realizzato però nulla di concreto

perché c’è un po’ una visione abbastanza chiusa della pro-

pria realtà, c’è poca predisposizione ad aprirsi verso iniziati-

ve che vedono la rinuncia del proprio nel condividerlo con gli

altri» (Intervista Distretto Veneto).

Da questo stralcio d’intervista si evince come le PMI che popo-

lano ancora oggi il distretto incontrano difficoltà finanziarie ma

soprattutto organizzative, poiché non riescono ad appropriarsi

di una nuova routine commerciale fondata sulla cooperazione

e la condivisione di strumenti di commercializzazione.

Per costruire questo anello con il mercato, le imprese posso-

no trasformare il rapporto di fiducia costruito nel tempo con i

distributori in un legame distributivo quale la filiale commer-

ciale. Dal punto di vista del parlante di Anfao, questa modali-

tà organizzata risulta la meno rischiosa e la più profittevole sul

piano organizzativo. Tuttavia sono poche le imprese che sono

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105

3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO

riuscite a realizzare questo passaggio per crearsi una rete

distributiva. Le maggiori difficoltà sono i costi organizzativi e

logistici che inizialmente devono sostenere per costruire un

“saper gestire” e susseguentemente per mantenere la rete

distributiva.

A queste difficoltà di gestione, si sommano poi le difficoltà

contingenti, generate dalla trasformazione avvenuta a valle

della filiera settoriale. Infatti la strategia di acquisizione delle

catene distributive che sta diventando un must negli investi-

menti delle imprese medie per imitazione delle strategie delle

imprese più grandi riduce le possibilità di penetrazione diretta

del mercato da parte delle imprese più piccole.

L’elemento che può essere utilizzato come fattore strategico

per la distribuzione del prodotto occhiale è il sistema di nor-

me che certifica la qualità e la provenienza del prodotto. Dalla

narrazione di Certottica emerge che un adeguato sistema di

norme è da intendersi come fattore strategico perché presi-

dia la qualità dell’occhiale italiano e certifica la titolarità di

nuove imprese a entrare in competizione e proporre un pro-

dotto occhiale con gli standard qualitativi del prodotto italia-

no. Inoltre, garantisce il consumatore sulla caratteristica del

Made in Italy del prodotto che sta acquistando poiché dà tra-

sparenza alle modalità di produzione, al contenuto tecnologi-

co, e garantisce la conformità del prodotto agli standard

medicali sulla sicurezza del prodotto occhiale.

«Perché non basta essere bravi nel produrre ma essere bravi

nel gestire la metodologia di verifica del prodotto, della distri-

buzione del prodotto, della commercializzazione della garan-

zia cioè tutta la filiera è formata ormai, non ci sono più barrie-

re. Le barriere sono le norme, tu sei proprietario delle norme e

anche in termini logistici più recenti tu sei protagonista del

mondo. Questo è un altro aspetto intelligente di mettersi insie-

me piccoli e grandi perché le norme valgono per tutti, i coman-

damenti sono uguali per tutti» (Intervista Certottica).

Tuttavia sul “made in” i punti di vista sono diversi. A fianco di

chi crede nel valore di un sistema normativo coerente che radi-

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106

calizzi il rapporto prodotto-territorio all’interno di un sistema

economico globalizzato, c’è chi lo crede superfluo perché la

qualità è garantita dal brand. Queste diverse prospettive si tra-

ducono in una difficoltà nel definire un “patto” e quindi un’azio-

ne condivisa anche a livello di sanzione poiché mancano gli

elementi necessari per riconoscere a livello collettivo e difen-

dere l’identità del prodotto occhiale sui mercati internazionali.

3.4.5 GLI ATTORI STRATEGICI DEL DISTRETTO

L’ultima sezione dell’intervista è stata dedicata agli attori stra-

tegici del distretto. Piuttosto condivisa l’osservazione che

Certottica e Mido siano due istituzioni importanti del distretto

e quindi siano “attori” di due funzioni rilevanti: la R&S e la for-

mazione per il primo, la commercializzazione e la comunica-

zione del prodotto occhiale il secondo. Certottica è un attore

istituzionale proattivo che propone alle imprese investimenti

in conoscenza e recepisce dalle stesse i fabbisogni tecnolo-

gici per realizzare progetti di R&S. Tuttavia la ricerca di solu-

zioni tecniche e tecnologiche non si limita alla definizione di

innovazioni di processo e/o di prodotto ma genera, grazie alla

creazione di partnership di imprese grandi e piccole, nuove

forme di comunicazione e di coordinamento all’interno del

distretto.

Certottica rappresenta dunque un Knowledge-Intensive Busi-

ness Service di natura istituzionale, attore strategico in quanto

produce e trasferisce conoscenza all’interno del distretto.

Tabella 3.8 – Occorrenze totali e distribuzione

del termine pivot �fier*�

Formagrafica

Occorrenze totali

fiera 23 1 3

fiere 6 0 0

CCIAAANFAO

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107

3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO

Riguardo alla fiera, gli intervistati concordano sul ruolo impor-

tante che svolge sebbene anche questo abbia subito una tra-

sformazione in questi ultimi 15 anni.

Secondo il parlante di Certottica la fiera italiana, il Mido, ha

saputo rinnovarsi e puntare sull’immagine, valorizzare l’innova-

zione e investire sulla velocità di collegamento tra prodotto e

mercati. Il punto di vista del parlante di Confartigiano è invece

diverso e più critico. La fiera dovrebbe diventare innanzitutto

un punto d’incontro tra produttori in cui poter scambiare espe-

rienze e saperi; osservazione che enfatizza la preoccupazione

sul “poter continuare a produrre”. In altre parole la fiera dovreb-

be far circolare conoscenza tacita per trovare soluzioni produt-

tive. In realtà la fiera ha perso il suo ruolo “allocativo” ed è

diventato più un luogo di rappresentanza, di marketing, un luo-

go dove si prendono contatti per “entrare in rete”. Diametral-

mente opposta la percezione della Camera di Commercio:

«La fiera è uno strumento commerciale assolutamente fonda-

mentale. Sono i momenti in cui le imprese entrano a contatto

con i clienti. Qualcosa è cambiato nel modo di andare in fiera

dei piccoli: mentre prima acquisivano uno spazio-bunker indi-

viduale, ora invece condividono un spazio comune. Questo dà

una percezione diversa, un respiro più ampio. […] La fiera è

stata e continua a essere un elemento essenziale per i piccoli

imprenditori per avvicinarsi al mercato» (Intervista CCIAA).

Momento essenziale anche per Assoindustria e Anfao seb-

bene oggi sia più un luogo di rappresentanza e meno un

7 5 5 2

2 1 3 0

Confartigianato Distretto Veneto Assoindustria Certottica

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108

momento di raccolta di ordinativi. La ragione di questo cam-

biamento è ben spiegato dal parlante del Distretto Veneto:

«Fino a quel periodo la fiera era sostanzialmente Mido. Per

quanto ci riguarda era il momento in cui venivano raccolti la

maggior parte degli ordini. Effettivamente era un momento di

incontro con la clientela e dove si andavano a definire i contratti

per i mesi futuri. Da lì in avanti è cambiato parecchio grazie a

questa trasformazione che c’è stata nella distribuzione ma

anche dal fatto che il prodotto è diventato sempre più un prodot-

to legato alla moda. Sono cresciute molto le griffe, la fiera si è un

po’ trasformata da un punto di incontro per consolidare i rappor-

ti in termini operativi a invece una vetrina di presentazione del

prodotto che vedeva poi eventualmente gli ordini arrivare nei

mesi successivi della fiera […]. Il primo obiettivo sul quale stia-

mo continuando a puntare e che ci dà un elenco di soddisfazio-

ni è proprio quello di favorire l’aggregazione. Io credo che il fat-

tore importante è spingere in quella direzione e facciamo tutto il

possibile partendo dalla cosa più semplice che è quella di far sì

che le aziende siano presenti anche in fiera anche tramite inizia-

tive comuni legate al distretto. Quest’anno ad esempio, eravamo

al Mido con le aziende del distretto e l’area che abbiamo acqui-

sito come distretto, quindi mettendo tutte le aziende su uno spa-

zio comune, erano più di 2.000 mq un risultato interessante ma

che fatica ad andare al di là di questo: le aziende sono disposte

a mettersi insieme due giorni per fare una fiera fanno invece fati-

ca a fare qualcosa di più.» (Intervista Distretto Veneto).

3.5 Cosa emerge dallapolifonia delle narrazioni?Punti di forza e di debolezzadel distretto

Il distretto dell’occhiale è un sistema locale del lavoro che si è

sempre distinto nel panorama distrettuale italiano per la sua

performance. Nel Rapporto Annuale ISTAT 2007 (ISTAT, 2008)

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109

risulta essere il distretto con la migliore performance naziona-

le. Tuttavia l’immagine che si ricostruisce dall’ascolto degli

attori del distretto è più problematica del risultato che conse-

gna l’insieme degli indicatori statistici e di bilancio.

Ovviamente, sono due punti di vista diversi quello dei dati sta-

tistici e quello delle parole. Il primo consente di svolgere

un’analisi comparata tra distretti mentre con il secondo entra-

no in dialogo e, potenzialmente, si integrano diversi punti di

osservazione sui comportamenti e quindi sulle scelte che

hanno influenzato la fisionomia del distretto.

Il dialogo attorno al tema della performance del distretto pre-

senta una dissonanza: chi dice che il distretto vive una fase

espansiva e chi, invece, sostiene che il distretto non esiste

più. Questa divergenza è tuttavia generata dal fatto che l’og-

getto osservato non è lo stesso: se si guarda alla competitivi-

tà delle grandi e medie imprese allora si può dedurre che il

distretto gode di buona salute (Napoli, 2008), se invece si

osserva la competitività del territorio e quindi si focalizza l’at-

tenzione sulla popolazione delle imprese del distretto, allora

emergono sofferenze e criticità (Gambarotto, Rangone, Sola-

ri, 2002).

Mentre per mantenere e/o far crescere la competitività, le

imprese hanno puntato su scelte delocalizzative e gestito

direttamente la vendita del prodotto occhiale, il distretto –

inteso come popolazione d’imprese – ha mostrato complessi-

vamente una rigidità d’apprendimento organizzativo in quanto

troppo concentrato sulla fase produttiva dell’occhiale e trop-

po poco sulla sua commercializzazione. Le scelte delle picco-

le e micro imprese di fronte a questo nuovo contesto econo-

mico mettono in evidenza una resistenza cognitiva ad amplia-

re l’orizzonte di valutazione di fronte al cambiamento e quindi

una mancanza di managerialità per trovare soluzioni organiz-

zative più adatte. Dall’altro lato questi limiti di valutazione han-

no fatto maturare la necessità di trovare un nuovo modo di

“fare impresa”, di trovare nuovi fattori chiave per rilanciare il

territorio e quindi il distretto.

3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO

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110

Qui si apre un altro dialogo che parla dei fattori di rilancio del

distretto e quindi della competitività territoriale. In questo

decennio, il territorio – inteso come insieme di attori istituzio-

nali rilevanti – si è dotato di un soggetto forte per il coordina-

mento dei processi innovativi. Certottica, che inizialmente era

guardata con sospetto dalla maggior parte delle imprese, nel-

l’arco di 15 anni è riuscita ad acquisire una posizione rilevan-

te tanto da diventare key-actor del distretto.

Nell’economia globalizzata il fattore strategico per un territo-

rio è la capacità di produrre conoscenza e potersi adattare ai

veloci cambiamenti legati alla mutevolezza del contesto eco-

nomico internazionale (Garofalo, 2007; Rullani, 2007).

L’obiettivo è quello di generare un sistema produttivo-territo-

riale knowledge-intensive difficilmente attaccabile, nel breve

periodo, da altre regioni del mondo, più concentrate a sfrutta-

re la relativa abbondanza di fattore lavoro a basso costo o la

relativa disponibilità di capitali d’investimento. Certottica, in

qualità di Knowledge-Intensive Business Service riveste

attualmente un ruolo strategico per l’evoluzione del distretto e

per la crescita della sua competitività territoriale.

C’è, infine, un terzo dialogo che si è aperto tra i parlanti che

esprime una dissonanza attorno al tema della normazione del-

l’occhiale italiano. Una soluzione è tanto importante quanto

strategica per l’evoluzione del sistema distrettuale. Occorre

che i diversi attori si confrontino per decidere se tutelare il

prodotto italiano dedicandogli una connotazione territoriale

oppure se l’identità del prodotto rimane vincolata unicamente

al brand e alla politica aziendale. È una scelta evolutiva anda-

re in una direzione anziché in un’altra. E tale scelta richiede la

partecipazione di tutti gli attori coinvolti (gli stakeholders del

distretto) nella produzione del valore aggiunto.

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Capitolo 4L’ANALISI TESTUALE:PRODUZIONE DI CONOSCENZA,INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”

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116

L’analisi testuale:produzionedi conoscenza,innovazionee cultura del “saper fare”

FRANCESCA GAMBAROTTO

«Le imprese, protagoniste della produzione di conoscenza

dipingono il distretto dell’occhiale come un sistema che com-

pete a due velocità: da un lato la competitività internazionale di

alcune imprese, da cui discende in larga misura la buona per-

formance del distretto, dall’altro, una competitività territoriale

che si trascina stancamente, legata alle difficoltà che molte

piccole e medie imprese incontrano nell’adeguarsi alle nuove

esigenze organizzative e distributive del prodotto occhiale»

Il presente Capitolo è interamente dedicato all’analisi delle

valutazioni e delle posizioni di sette importanti imprese del

distretto intervistate su diverse tematiche:

• i cambiamenti nella struttura e nell’organizzazione produttiva;

• l’adozione di innovazioni;

• l’organizzazione della distribuzione;

• l’investimento in capitale umano;

• le relazioni mantenute dall’impresa nel distretto.

Di queste sette imprese, quattro sono grandi imprese (oltre

250 addetti) e tre sono imprese medie (tra 50 e 249 addetti).

Pur ritenendo pienamente soddisfacente il materiale informa-

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117

tivo raccolto con queste interviste, è da segnalare che qual-

che difficoltà è emersa nell’ottenere la disponibilità da parte

delle imprese a rilasciare una testimonianza.

Si possono avanzare diverse interpretazioni per questa diffi-

coltà da parte delle imprese a raccontarsi. Innazittutto, in

rapporto ad altri distretti, le imprese di questo distretto han-

no una forte reticenza a condividere informazioni. Questa

scarsa partecipazione a costruire una conoscenza condivi-

sa è stata evidenziata anche nel Capitolo precedente da

qualche testimone privilegiato e può pertanto delineare un

tratto caratteristico degli attori economici che popolano

questo distretto.

Una seconda interpretazione che invita a una riflessione

riguarda il senso di appartenenza al distretto. Per molte

imprese il distretto, come entità organizzativa, non esiste più.

Risulta superfluo lo sforzo di capire la performance e l’evolu-

zione del distretto quando le imprese si sentono di giocare

individualmente nel mercato globale.

Per entrare nell’analisi, si presentano le variabili utilizzate per

interpretare i testi delle interviste: sostanzialmente lo studio

è stato condotto rispetto la dimensione dell’impresa intervi-

stata e le sezioni del questionario (cfr. Appendice). La dimen-

sione permette di individuare somiglianze e differenze nella

descrizione della performance dell’impresa rispetto alle diver-

se capacità di previsione e valutazione del contesto economi-

co mentre i temi specifici del questionario guidano a un’ana-

lisi qualitativa più completa sulle diverse aree funzionali del-

l’impresa.

4.1 Le imprese si raccontano

Il corpus testuale (N) che raccoglie tutte le interviste risulta di

medie dimensioni, composto in totale da 23.063 forme grafi-

che (numero di parole espresse). Da questo testo si ottiene il

vocabolario (V) delle imprese – parole diverse utilizzate –

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118

composto da 3.577 forme grafiche. Anche in questo caso,

come per i testimoni privilegiati, la dimensione del vocabola-

rio (V/N*100 = 15,5%) e la ricercatezza del linguaggio utiliz-

zato (V1/V*100 = 53,6%) risultano accettabili ai fini dell’ana-

lisi testuale semiautomatica.

In tabella 4.1 viene riportato uno stralcio del vocabolario

per fasce di frequenza. Le forme grafiche con un’alta fascia

di frequenza sono quelle che vengono utilizzate per tessere

il discorso narrativo e assorbono il 26% del vocabolario.

Nella fascia di media frequenza si trovano le prime parole

che costruiscono il discorso: le forme grafiche �noi�, �per-

ché�, �ma� (rispettivamente 156, 155, 141) lasciano inten-

dere che gli intervistati parlano dell’impresa come di una

comunità di soggetti e spiegano le ragioni di scelte di fun-

zionamento rivolte all’evoluzione del sistema produttivo

(�molto�, �Cina�, �Italia�, �anni�) e dei mercati (�occhiali�,

�mercato�, �prodotti�).

Nella fascia di bassa frequenza si trovano la maggior parte del-

le parole piene cioè delle parole utilizzate dagli intervistati con

elevato significato. Tra queste risultano significative �fiera�, �ci-

nesi�, �innovazione�, �rapporti estero� (rispettivamente, 32, 31,

25, 24, 24) che lasciano intuire quali sono i temi attorno ai

quali si sono soffermarti principalmente gli intervistati.

Fondamentali sono quelli dell’organizzazione produttiva e

delle modalità di creazione del prodotto (�processo�, �lavo-

ro�, �strutture�, �organizzazione�, �produttiva�) e quello della

distribuzione dei prodotti e della presenza sui mercati (�ma-

de�, �direttamente�, �vantaggio�, �cliente�, �marketing�).

Come si evince dalla tabella 4.1 sono molte le parole cari-

che di senso che presentano la medesima frequenza nel

corpus raccolto a dimostrazione che gli intervistati hanno

offerto una descrizione articolata per ogni tema introdotto

dall’intervistatore. Gli hapax, parole che compaiono solo

una volta nel vocabolario, sono circa il 10% della frequenza

cumulata e permettono di cogliere le diverse sfumature dei

parlanti sui temi indagati.

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119

4. L’ANALISI TESTUALE: PRODUZIONE DI CONOSCENZA, INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”

Tabella 4.1 – L’orizzonte linguistico delle imprese:

il vocabolario dell’imprese intervistate

Forma grafica Occorrenze totali Fasce Frequenza cumulata

di 788 Alta 3,4

è 638 Alta 6,2

che 618 Alta 8,9

non 426 Alta 12,7

per 298 Alta 21,8

abbiamo 238 Alta 25,1

si 230 Alta 26,1

con 215 Media 27,1

noi 156 Media 31,1

perché 155 Media 31,8

ma 141 Media 32,4

questo 108 Media 36,2

prodotto 99 Media 37,0

Cina 67 Media 41,5

Italia 64 Media 42,0

anni 63 Media 42,3

occhiali 55 Media 45,6

mercato 53 Media 45,8

prodotti 52 Media 46,3

occhiale 45 Media 48,4

distretto 45 Media 48,5

nostra 34 Media 52,5

fa 34 Media 52,6

proprio 32 Bassa 52,8

fiera 32 Bassa 53,1

segue...

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120

Forma grafica Occorrenze totali Fasce Frequenza cumulata

cinesi 31 Bassa 53,3

innovazione 25 Bassa 55,9

rapporti 24 Bassa 56,9

estero 24 Bassa 57,0

sicuramente 23 Bassa 57,6

processo 23 Bassa 57,7

lavoro 23 Bassa 57,8

imprese 23 Bassa 57,9

grande 18 Bassa 61,4

strutture 18 Bassa 61,5

problemi 18 Bassa 61,6

made 18 Bassa 61,7

organizzazione 18 Bassa 61,8

direttamente 18 Bassa 62,4

produttiva 17 Bassa 62,4

università 17 Bassa 62,5

corsi 17 Bassa 62,6

vantaggio 16 Bassa 64,0

tecnico 16 Bassa 64,1

cliente 16 Bassa 64,2

design 16 Bassa 64,2

attività 16 Bassa 64,3

tempo 16 Bassa 64,4

investimenti 16 Bassa 64,4

ricerca 16 Bassa 64,5

distribuzione 15 Bassa 64,6

Italy 15 Bassa 64,7

marketing 15 Bassa 64,8

dobbiamo 15 Bassa 64,8

designer 15 Bassa 64,9

segue...

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121

4. L’ANALISI TESTUALE: PRODUZIONE DI CONOSCENZA, INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”

4.2 L’orizzonte linguistico delleimprese: l’analisi dei verbi

Per individuare la percezione di sé nella narrazione, si posso-

no analizzare le forme verbali più utilizzate e condivise e cer-

care quelle che invece distinguono la narrazione delle grandi

da quelle delle medie imprese. Le forme verbali utilizzate dagli

intervistati sono 432, delle quali 198 utilizzate una sola volta,

in un’unica modalità. In figura 4.1 si riportano alcune tra le for-

me verbali più utilizzate esclusi i verbi ausiliari.

Forma grafica Occorrenze totali Fasce Frequenza cumulata

investire 9 Bassa 72,3

modelli 9 Bassa 72,3

trovare 9 Bassa 72,4

volumi 9 Bassa 72,4

esperienza 7 Bassa 75,0

lavorando 7 Bassa 75,0

internet 7 Bassa 75,1

delocalizzare 4 Bassa 82,9

crescere 4 Bassa 82,9

terzista 2 Bassa 87,7

culturale 2 Bassa 87,7

segnali 2 Bassa 87,7

cambiando 2 Bassa 87,7

prototipisti 1 Bassa 95,9

inventano 1 Bassa 95,9

restyling 1 Bassa 99,7

informatizzato 1 Bassa 99,7

coordinamento 1 Bassa 100,0

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122

Il risultato osservabile è in parte dovuto al diverso peso delle

grandi e medie imprese nel corpus disponibile, ma in parte

dipende dal modo in cui le imprese si rappresentano linguistica-

mente. Infatti, l’orizzonte linguistico delle grandi imprese è

costruito attorno ad azioni (verbi) rivolte alla creazione della com-

petitività aziendale – �fare�, �lavorare�, �produrre�, �vendere� –

mentre le imprese medie valutano la loro performance rispetto

alle risorse disponibili – �costare�, �stare�, �vedere�, �progettare�.

Una nota a parte deve essere dedicata ai verbi servili – �pote-

re�, �dovere� e �volere� – che esprimono, rispettivamente,

capacità, obbligo, e desiderio (cfr. figura 4.2). Incrociando il

risultato del grafico con le sezioni del questionario, si osserva

che la grande impresa valuta di possedere maggiori assets,

sia in termini di capacità produttiva sia di capacità distributi-

va. In termini relativi, le medie imprese si sentono più legate a

un comportamento normativo e quindi si sentono vincolate

dall’esterno nell’introdurre cambiamenti, soprattutto nell’area

produttiva (�dovere� = 33 GI; 29 MI).

Nella sezione del questionario “Relazioni con il distretto”, i

verbi servili presentano una frequenza significativa a dimo-

strazione del fatto che alcuni parlanti si esprimono critica-

mente nei confronti del distretto mentre altri sono più propo-

sitivi nel cercare un adattamento del distretto all’evoluzione

dell’organizzazione produttiva e distributiva internazionale

(cfr. tabella 4.2, p. 124).

4.3 Azioni e reazioni delle imprese: un’analisi dei comportamenti

Per individuare i tratti comuni in un gruppo di intervistati o di

alcune sezioni del testo, si può utilizzare il linguaggio peculiare

o specifico che permette di identificare parole chiave ovvero

parole sovra/sotto utilizzate nel corpus testuale che contraddi-

stinguono un gruppo rispetto agli altri. In altri termini il linguag-

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123

4. L’ANALISI TESTUALE: PRODUZIONE DI CONOSCENZA, INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”

0 50 100 150 250

fare

Grande

Media

200

poterelavorareandare

doverevenire

costare

darevolerestare

produrrerapportare

direvenderevedere

progettare

Figura 4.1 – Alcune tra le forme verbali più utilizzate

0 10 20 30 40 50 60 70

Potere

Dovere

Volere

Grande

Media

Figura 4.2 – Verbi servili per dimensione d’impresa

Page 126: Leadership mondiale e fine del distretto? · IL DISTRETTO BELLUNESE DELL’OCCHIALE Leadership mondiale e fine del distretto? a cura di Alberto Bramanti e Francesca Gambarotto LIBRI

124

gio peculiare «può essere visto come la ricerca dell’insieme

minimo di parole massimamente rappresentativo del vocabo-

lario» (Bolasco, 1999, p. 223). Nel presente caso, il linguag-

gio peculiare viene analizzato rispetto ai soggetti intervistati

(grandi e medie imprese) e rispetto ai temi dell’intervista.

4.3.1 RILEVANZA DELLA DIMENSIONE

NELLA PERCEZIONE DELLA REALTÀ

Nella tabella che segue (cfr. tabella 4.3) viene riportato il lin-

guaggio peculiare positivo (sovrautilizzato) delle grandi e

medie imprese. Nell’analizzare la tabella si osserva una diver-

sità di percezione della realtà, la quale emerge dalle narrazio-

ni dei due gruppi parlanti: le GI si descrivono enfatizzando i

termini �stabilimenti�, �stabilimento�, �mondo� mentre le MI si

rapportano a �distretto�, �produzione�, �strutture�.

A partire da queste forme grafiche si può avanzare una prima

interpretazione del linguaggio peculiare: nella descrizione del

loro comportamento le GI si rapportano al contesto dell’econo-

mia globale narrando i cambiamenti introdotti nell’organizzazione

della produzione, l’adozione di innovazioni e la partecipazione agli

eventi fieristici, mentre il discorso delle MI è contestualizzato nei

cambiamenti che hanno coinvolto il territorio, e quindi il distretto,

in termini di creazione di una nuova divisione del lavoro.

Quando le GI parlano di stabilimenti ne descrivono la dimen-

sione (�persone�), i cambiamenti che hanno introdotto (�pro-

Tabella 4.2 – Verbi servili per sezioni del questionario

LemmaCambprog*

Innov Mercati Fiera CuRel

Distretto

potere 40 8 21 7 4 20

dovere 30 5 7 5 3 12

volere 21 5 8 3 0 10

*Per le intestazioni delle colonne si faccia riferimento all’Appendice

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125

4. L’ANALISI TESTUALE: PRODUZIONE DI CONOSCENZA, INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”

cesso di riorganizzazione�, �processo produttivo�, �controllo

del processo�) e gli effetti a monte (�fornitore�):

«I fornitori erano italiani ma anche qui per un fatto di costo

sono rimasti pochi italiani e molti cinesi. Anche per il mate-

riale italiano dobbiamo stabilirci in Cina per il prezzo. Sotto

questo aspetto viviamo un cambiamento della produzione

interna, continuo» (GI-intervista 6).

«Il rapporto con i fornitori è elastico, se un fornitore a un

determinato punto del processo produttivo ci dice che non è

capace di farlo ma è capace di fare altro – in linea con quel-

lo che noi chiediamo – diamo l’ok per questa modificazione

in corso d’opera stante che i costi rimangano gli stessi del

preventivo che ci era stato fatto» (GI-intervista 7).

Questi cambiamenti nella struttura delle relazioni a monte in

parte è dovuta a cambiamenti localizzativi e organizzativi e in

parte alla necessità di trovare nuovi adattamenti ai processi

innovativi che vengono introdotti nelle fasi di progettazione e

produzione degli occhiali:

«Tutto il processo di innovazione è difficile da distinguere

[…]. Se andiamo nelle tecnologie non ci siamo, se andiamo

sullo sviluppo di nuove architetture di materiali non è il

nostro settore. Se misuriamo la quota di fatturato in termini

di cambiamento organizzativo è altissima. Perché poi abbia-

mo cambiato sistema informatico, andiamo su cifre molto

grandi per noi» (GI-intervista 6).

«Io ora parlavo di innovazione di prodotto, di innovazione

tecnica. L’ innovazione di design per noi è la norma» (GI-

intervista 7).

I processi innovativi, infatti, richiedono cambiamenti nelle rela-

zioni con altri agenti economici e generalmente modificano i

rapporti con i fornitori per ottimizzare i flussi di produzione e

ridurre i costi di produzione.

I parlanti delle imprese medie si concentrano invece sull’at-

tualità e raccontano del cambiamento che hanno attivato:

«Stiamo portando avanti un progetto insieme a un partner

[…]. Stiamo lavorando molto con le grandi catene distributi-

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126

Forma grafica*

OccorrenzeGI

SpecificitàGI

Forma grafica

OccorrenzeMI

SpecificitàMI

mestiere 10 pos_orig avuto 11 pos

in realtà 14 pos_orig perché 85 pos

comunque 16 pos_orig strutture 14 pos

stabilimenti 14 pos_orig nostra 23 pos

quelle 13 pos_orig po’ 26 pos

punto di vista 11 pos progetto 10 pos

fornitore 13 pos imprese 10 pos

stabilimento 13 pos sono 133 pos

cioè 14 pos euro 12 pos

grande 16 pos aziende 29 pos

senso 16 pos hanno 35 pos

processo 19 pos adesso 12 pos

persone 19 pos ultimi 17 pos

innovazione 19 pos in Romania 13 pos

quelli 19 pos ci 71 pos

invece 19 pos tempi 10 pos

mondo 23 pos dobbiamo 11 pos

avere 23 pos livello 24 pos

proprio 25 pos anni 35 pos

fiera 25 pos essere 24 pos

nostro 35 pos distretto 22 pos

era 38 pos possiamo 9 pos

io 41 pos produzione 24 pos

tutto 42 pos marchi 12 pos

occhiali 42 pos stiamo 13 pos

però 44 pos viene 15 pos

molto 49 pos momento 17 pos

quello 50 pos

fare 60 pos

se 81 pos

noi 108 pos

*Le parole evidenziate in tabella presentano la particolarità di essere state

utilizzate nel corpus unicamente dalle grandi imprese e vengono definite

“specificità originali” (pos_org= positive originali).

Tabella 4.3 – Stralcio del linguaggio peculiare positivo

delle grandi imprese (GI) e medie imprese (MI)

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127

4. L’ANALISI TESTUALE: PRODUZIONE DI CONOSCENZA, INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”

ve europee; prodotto tecnico a marchio delle catene. Perché

con queste catene possiamo lavorare in modo tecnologico in

tempi rapidi» (MI-intervista 1).

«Nel momento stesso in cui la produzione cinese è aumen-

tata di qualità e a costi nettamente inferiori abbiamo tagliato i

subfornitori del territorio a favore di quelli cinesi […]. Noi

investimenti all’estero non ne stiamo facendo. Stiamo

acquistando ma non investimenti diretti all’estero. Prodotto

semilavorato» (MI-intervista 4).

«Stiamo pensando più al consumatore che all’ottico, voglia-

mo garantire al consumatore un prodotto curato […]. Faccia-

mo continuamente investimenti, nonostante la condizione

economica, terrorismo mediale che c’è in questo momento,

dove tutto va male. Stiamo facendo i nostri investimenti lo

stesso» (MI-intervista 5).

Le imprese medie del distretto, proprio per loro caratteristica

strutturale, sono imprese molto orientate alla creazione del

prodotto nell’accezione produttiva prima ancora che stilistica.

L’apertura verso i mercati rimane una variabile strategica

importante ma è subordinata al “saper fare”, all’uso e alla

conoscenza delle tecnologie, alla messa in atto di progetti per

riorganizzare i processi informativi all’interno dell’impresa. Nel-

la descrizione di questo processo, i parlanti non possono man-

care di soffermarsi sui cambiamenti avvenuti nel distretto:

«Subfornitori all’interno del distretto? Qualcosina ma poca

roba che sono a polmone nel momento in cui ci sono delle

impennate come l’occhiale da sole. Nel momento di stagiona-

lità dobbiamo ricorrere a ore straordinarie o delegare all’ester-

no le maggior punte di lavoro che abbiamo» (MI-intervista 4).

Ciò che emerge è che nelle strutture relazionali tra le imprese

del territorio sono inevitabilmente avvenuti dei cambiamenti:

le imprese del distretto sopravvissute al periodo di crisi della

prima metà degli anni ’90, hanno dovuto adeguarsi alla nuova

competizione internazionale nella produzione prima ancora

che ai mercati finali. Tuttavia, come rilevato con le analisi dei

bilanci nel terzo Capitolo, la produzione distrettuale si è mod-

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128

ficata anche in seguito all’aumento della competitività interna

al distretto per riuscire a mantere o migliorare il posiziona-

mento sul mercato. In parte le imprese hanno attuato strate-

gie difensive, cioè di costo, e in parte hanno adottato proget-

ti innovativi nella gestione dei flussi informativi e/o nella tempi-

stica della progettazione e prototipazione dei prodotti.

4.3.2 PUNTI DI VISTA SULLA PERFORMANCE

DELL’IMPRESA: L’ANALISI TESTUALE

DELLE SEZIONI DEL QUESTIONARIO

Nella prima sezione del questionario sono state raccolte le testi-

monianze dei parlanti rispetto ai cambiamenti introdotti nella

struttura e nell’organizzazione produttiva. Dai testi raccolti è stato

estratto il linguaggio peculiare, cioè quei termini linguistici attorno

ai quali si è costruito il racconto dei nostri narranti. Riguardo a

questa prima sezione del questionario, i racconti si snodano

attorno ai seguenti nuclei tematici (cfr. tabella 4.4, p. 130).

a) I cambiamenti localizzativi nella struttura produttiva (Cina,

Romania); i processi delocalizzativi sono stati descritti,

soprattutto dalle grandi imprese, come fase necessaria per

rispondere all’aumento dei volumi della domanda. Anche le

imprese medie descrivono la delocalizzazione come una

necessità strategica ma, nel mantenere una resposabilità

sociale dell’impresa, osservano i molti risvolti negativi che

questo processo ha generato e tuttora genera nella produ-

zione della conoscenza tecnica e produttiva dell’occhiale

nel distretto.

b) I cambiamenti nella qualità dei prodotti in seguito all’entrata

di questi nuovi attori economici nella filiera produttiva; chi dice

che i cinesi sono più affidabili dei subfornitori locali, chi inve-

ce ritiene la produzione cinese poco competitiva rispetto alla

qualità del prodotto finale. Ancora, chi ritiene questa scelta un

boomerang negativo sulla reputazione del prodotto poiché si

perde l’identità italiana del prodotto.

c) Il cambiamento nella filiera locale della produzione che ha

subito una vera rivoluzione in questo decennio trasformando

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129

4. L’ANALISI TESTUALE: PRODUZIONE DI CONOSCENZA, INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”

il distretto cadorino dell’occhiale in un cluster industriale fon-

dato su reti lunghe di produzione in cui i tempi di consegna

diventano l’elemento chiave del funzionamento organizzativo.

d) Il ruolo sempre più imperativo della moda nella produzione

che da un lato rappresenta il punto di forza nella produzio-

ne dell’occhiale ma dall’altro il nuovo prodotto ‘occhiale di

moda’ impone un maggior controllo dei prezzi di produzio-

ne per mantenere aperta la concorrenza tra le imprese per

assicurarsi il portfolio degli stilisti.

A corollario di queste priorità nel cambiamento organizzativo e

nella produzione, è stata data importanza anche alla formazione

e all’aggiornamento delle competenze delle risorse umane24.

Nella seconda sezione, gli intervistati hanno parlato di innova-

zione e R&S a partire dal loro impegno rispetto al fatturato

aziendale (cfr. tabella 4.5, p. 132). Tutte le imprese intervista-

te evidenziano una forte sensibilità per il tema innovazione:

alcune brevettano prodotti mentre qualcuna ritiene l’innova-

zione di prodotto (design) come una routine aziendale. Alcu-

ne sono più impegnate in innovazioni incrementali per aumen-

tare la capacità produttiva e l’efficienza tecnica, mentre altre

ancora stringono partnership con enti di ricerca per conosce-

re le funzionalità di nuovi materiali o di nuove tecnologie.

L’innovazione di processo risulta, soprattutto per le medie impre-

se, un fattore chiave per l’evoluzione dell’azienda poiché produ-

ce quello scarto necessario con le produzioni asiatiche (mag-

giore tecnologia = maggiore qualità di prodotto) che genera la

competitività dell’impresa cadorina. Strategico dunque produrre

conoscenza e capitalizzare l’investimento in conoscenza.

Le grandi imprese sono invece più sensibili all’innovazione

organizzativa poiché la maggiore dimensione dell’impresa

sommata alla “dispersione localizzativa” richiede un maggior

controllo delle fasi e dei tempi di produzione. Sebbene limita-

tamente alle imprese intervistate si può sostenere che l’inno-

24 Questo tema tuttavia non è stato molto approfondito durante l’intervista perchéavrebbe richiesto una disponibilità ulteriore da parte dell’intervistato.

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130

vazione viene reputata un mutamento continuo e necessario

per integrare le diverse componenti dell’impresa (sia interne

che esterne) e garantire la stabilità del sistema aziendale.

Il terzo tema che è stato trattato durante l’intervista è stato quel-

lo della distribuzione e dei mercati (cfr. tabella 4.6). Come si

Tabella 4.4 – Specificità positive per la sezione “cambiamenti

nella struttura e nell’organizzazione”

Forma grafica Occorrenze totaliSpecificità

(CAMB_PROG)

noi 150 pos

prodotto 87 pos

produzione 42 pos

in Cina 47 pos

fare 81 pos

loro 49 pos

occhiale 45 pos

prima 36 pos

cinesi 31 pos

all’interno 27 pos

struttura 21 pos

fornitori 19 pos

marchi 18 pos

in Romania 18 pos

dobbiamo 15 pos

servizio 15 pos

stabilimento 14 pos

stabilimenti 14 pos

fornitore 14 pos

punto 14 pos

moda 13 pos

subfornitori 12 pos

essendo 11 pos

forza 11 pos

scelta 10 pos

prezzi 10 pos

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131

4. L’ANALISI TESTUALE: PRODUZIONE DI CONOSCENZA, INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”

evince dalle prime forme grafiche i parlanti spiegano le forme

della distribuzione e distinguono le quote tra Italia, Europa e

resto del mondo. Si nota una certa variabilità strategica tra gli

intervistati: chi distribuisce direttamente con una propria forza

vendita nei diversi mercati, chi ha iniziato a comperare piccole

catene di vendita in Europa, chi vende ai grandi distributori e/o

agli ottici. La vendita all’ottico riguarda non solo l’occhiale da

vista ma anche occhiali da sole con un mercato di “nicchia”.

Nel descrivere la distribuzione, risulta ineludibile per i parlanti

una breve descrizione dei cambiamenti intervenuti in seguito alle

strategie di vendita di Luxottica la quale, oramai da più di una

decina d’anni, ha investito a valle controllando direttamente il

mercato. Questo accorciamento della catena distributiva ha

permesso a Luxottica di aumentare il cash flow e ridurre il valore

economico dell’incertezza del mercato degli occhiali (effetto

moda). Inoltre, tale innovazione a valle ha generato una conse-

guente redistribuzione del valore aggiunto prodotto e ha gene-

rato una grande attenzione ai mercati da parte di altre imprese:

«Luxottica ha fatto tanto ma comunque sia non è che con-

trolla il mercato perché 5.000 negozi nel mondo su un milio-

ne nel retail mondiale resta limitata» (GI-intervista 7).

Una nota particolare va dedicata al ruolo delle manifestazioni

fieristiche nella commercializzazione del prodotto occhiale

(cfr. tabella 4.7, p. 135). Gli intervistati sostengono che la fie-

ra è importante come momento di contatto tra i due lati del

mercato, domanda e offerta, ma nel tempo ha perso la sua

valenza di “scambio commerciale”. Non è più infatti un luogo

dove si raccolgono ordinativi e dove si genera il match tra i

bisogni del mercato e la capacità di produzione, bensì è

diventato un luogo di costruzione o consolidamento dell’im-

magine dell’azienda. Ciò lascia intendere che, attualmente, la

reputazione aziendale dipende in misura più significativa dalla

gestione della comunicazione dell’immagine aziendale e dalla

capacità di mantenere nel tempo un elevato standard infor-

mativo sulla qualità del prodotto. Si potrebbe ipotizzare che la

qualità del prodotto – e quindi il know-how produttivo – sia

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132

un dato acquisito e che resti invece uno spazio competitivo

sulla capacità di gestire l’informazione esterna, cioè la pre-

sentazione e la reputazione dell’impresa sul mercato.

Il Mido, la fiera italiana dell’occhialeria, rimane la più importan-

te per tutti gli intervistati e l’unica che vale la pena di frequen-

tare in maniera continuativa:

«La fiera sicuramente è un momento di incontro per noi. […]

Il problema è il rapporto costo-fiera.» (GI-intervista 6).

«La più significativa? Mido, chiaramente. In caso di scelta,

sceglierei il Mido perché permette valore aggiunto. Nel sen-

so che quando vado al Mido porto a casa ordini di produzio-

ne. L’affluenza di compratori è molto elevata, specialmente

compratori esteri. […] Per me le fiere dovranno trasformarsi

molto» (MI-intervista 5).

L’evento fieristico sebbene subisca la concorrenza di altri “luo-

ghi” di contatto, dai più tradizionali incontri-evento in azienda,

ai road-events organizzati dall’impresa per presentare le nuove

collezioni ai distributori e rivenditori, alla creazione di nuove

Tabella 4.5 – Specificità positive sezione “Innovazione e R&S”

Forma grafica Occorrenze totaliSpecificità(INNOV)

abbiamo 213 pos

prodotto 87 pos

anno 41 pos

fatturato 26 pos

processo 23 pos

innovazione 22 pos

design 14 pos

lavorazioni 12 pos

materiali 11 pos

progetto 11 pos

nuove 10 pos

mestiere 10 pos

università 10 pos

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133

4. L’ANALISI TESTUALE: PRODUZIONE DI CONOSCENZA, INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”

forme di comunicazione utilizzando la rete internet, mantiene

una posizione strategica nelle attività di comunicazione delle

imprese: «La strategia perseguita quando si va in fiera é quel-

la di cercare di capire il trend di mercato e proporre dei pro-

dotti che siano in grado di prenderlo» (MI-Intervista 1).

Tuttavia, a causa dei costi espositivi e di organizzazione, le

imprese sono selettive sugli eventi fieristici, «noi nel prossimo

anno non parteciperemo al Silmo, a nessuna fiera europea

se non al Mido […]» (GI-Intervista 2); «L’evento fiera, selezio-

nando, può essere rivisto. Ci sono quelle che servono e

quelle che non servono e vanno tagliate» (GI-Impresa 6).

Tabella 4.6 – Specificità positive sezione “Mercati e distribuzione”

Forma grafica Occorrenze totaliSpecificità(MERCATI)

Italia 64 pos

mercato 43 pos

Europa 25 pos

paesi 17 pos

quota 16 pos

Made in Italy 14 pos

marchio 14 pos

marketing 13 pos

distribuzione 13 pos

Luxottica 33 pos

mercati 17 pos

direttamente 16 pos

vista 16 pos

cliente 16 pos

export 13 pos

ottico 12 pos

ottici 11 pos

negozi 10 pos

Francia 10 pos

commercializzazione 10 pos

Germania 10 pos

Page 136: Leadership mondiale e fine del distretto? · IL DISTRETTO BELLUNESE DELL’OCCHIALE Leadership mondiale e fine del distretto? a cura di Alberto Bramanti e Francesca Gambarotto LIBRI

134

La scelta dell’evento fieristico è subordinata alla rilevanza stra-

tegica dell’evento stesso nel processo di creazione della

conoscenza e per la creazione di network d’imprese: «tenga

presente che in una fiera dell’occhialeria come il Mido c’è

un’area grande quanto un campo da calcio in cui sono pre-

senti i produttori di particolari per l’occhialeria; tutti gli altri

sono quelli che montano occhiali. Se io ho qualcosa di inte-

ressante, di nuovo da proporre al 90% degli altri (…) allora

vado in fiera, e qui mi serve la fiera […]» (GI-Intervista 3).

«Stiamo riducendo molto la partecipazione alle fiere ed è la

tendenza di tutti […]. Noi nel prossimo anno non partecipere-

remo al Silmo, a nessuna fiera europea se non al Mido […].

Sempre di più organizziamo la nostra fiera cioè chiamiamo i

nostri distributori, li portiamo una settimana per esempio a

Venezia. […] E poi altro discorso è il costo. La fiera è diven-

tata proibitiva in fatto di costi. Lo spazio dello stand diventa

sempre di più il modo per mostrare i muscoli ai concorrenti

con dei costi assolutamente pazzeschi […]» (MI-intervista 2).

«Se il trend è positivo il Mido e le fiere sono positive. Ma

ormai sono più un momento di incontro e, fra l’altro, mi sem-

bra che le aziende stiano riesaminando questi investimenti,

visti i costi. Vedi il Silmo che sicuramente quest’anno pren-

derà una grossa ridimensionata» (MI-intervista 4).

L’ultima sezione del questionario affronta il tema delle relazio-

ni dell’impresa con altri attori del distretto.

Dalla tabella 4.8 e dall’individuazione dei contesti testuali in cui i

parlanti raccontano delle relazioni all’interno del distretto emerge

che anche dopo aver attraversato un lungo periodo di crisi, le

imprese del distretto hanno scarse relazioni tra loro, raramente di

cooperazione e prevalentemente di subfornitura. La crisi non

sembra aver fatto crescere i rapporti di scambio di informazioni e

di conoscenze all’interno del distretto. Ciò indebolisce la capaci-

tà di consolidare il patrimonio di conoscenze prodotte poiché

l’apprendimento e la capitalizzazione della conoscenza si attivano

attraverso il processo di diffusione dell’innovazione (Rullani,

2007). Sembra sia mancata una lettura critica della fase di crisi

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135

4. L’ANALISI TESTUALE: PRODUZIONE DI CONOSCENZA, INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”

da un punto di vista distrettuale mentre le singole aziende hanno

tradotto gli eventi e i cambiamenti all’interno delle loro analisi di

bilancio. Risulta ancora assente un apprendimento collettivo sul-

le funzioni strategiche del distretto per il futuro.

Selezionando le due forme grafiche �distretto� e �relazioni�, si

osserva che tutte le imprese medie, e solo una tra le grandi, illu-

strano una loro valutazione dei cambiamenti intervenuti nell’area:

«Diciamo che ci sono dei vantaggi a restare nel distretto nel

senso che esiste un bacino di risorse, quindi quando c’è

necessità di cercare sul mercato esperienze, eccetera, si

trovano […]. Probabilmente vivendoci dentro uno ha sem-

pre dato per scontato il valore della prossimità territoriale

[…]. Scambiare informazioni, know-how con le imprese del

distretto? Dovremmo farlo molto di più, scambiamo per ora

quello strettamente necessario.

Più o meno lo scambio è informale anche se non è proprio

improvvisato perché coi fornitori dai quali compriamo occhia-

li ci sono rapporti lunghi, a volte decennali, noi abbiamo del-

Tabella 4.7 – Specificità positive per la sezione “fiera”

Forma grafica Occorrenze totaliSpecificità(FIERA)

tutti 43 pos

quanto 12 pos

momento 28 pos

vengono 24 pos

sicuramente 23 pos

fanno 23 pos

clienti 19 pos

costi 19 pos

fiere 19 pos

organizzazione 18 pos

MIDO 17 pos

sistema 12 pos

ordini 12 pos

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136

le persone che di mestiere fanno l’industrializzatore di

occhiali presso terzi» (GI-intervista 7).

«Troppa concentrazione, non è positivo dal lato distrettuale,

perché poi troppa concentrazione può portare a degli scom-

pensi nel momento di calo del lavoro. Si crea anche una

competizione interna che non è sana. […] Non c’è mai stato

un grande scambio di competenze, ci sono aziende e azien-

de. Ci sono scambi di favori tipo “non riesco a trovare questo

materiale, me lo dai, eccetera”. Mentre sulla commercializza-

zione è difficile. I problemi sono logistici di produzione, di

operation […]. Come dicevamo prima non sono certo che il

distretto esista. […] Si può fare qualcosa, si può guardare al

futuro, ci sono imprese che vogliono continuare a produrre

qui, sicuramente ci devono essere delle sinergie del come

Tabella 4.8 – Specificità della sezione “Relazioni con il distretto”

Forma grafica Occorrenze totaliSpecificità

(Rel distretto)

aziende 48 pos

distretto 37 pos

non 401 pos

sono 265 pos

anni 63 pos

hanno 60 pos

parte 50 pos

fa 34 pos

lavoro 23 pos

rapporti 19 pos

qualche 19 pos

Cadore 17 pos

magari 13 pos

imprese 11 pos

bisogno 11 pos

Certottica 10 pos

penso 10 pos

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137

4. L’ANALISI TESTUALE: PRODUZIONE DI CONOSCENZA, INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”

produrre meglio e magari a costi più bassi, tramite ulteriori

innovazioni tecnologiche, di processi. Ma ci vuole sempre la

disponibilità di più teste» (MI-intervista 5).

«[…] Qui cambia radicalmente la situazione; quindi que-

sta cosa del Made in Italy è una grande bugia che viene

raccontata ai piccoli produttori come se fosse la loro sal-

vezza. Non lo è. Il Cadore un grande centro di ricerca?

Ma le pare che alla Luxottica, Safilo abbiano bisogno di

questo? Secondo me il distretto del Cadore è morto»

(GI-intervista 2).

La lettura che le imprese intervistate propongono sull’inde-

bolimento del ruolo del distretto è riconducibile alla mancan-

za da parte delle piccole e medie imprese dell’area di mana-

gerialità e di analisi riorganizzativa come già evidenziato da

qualche testimone privilegiato. Risulta quindi un problema di

adeguamento culturale, di trasformazione della produzione

da artigianale a piccola industria. Se nella fase del boom

distrettuale la gemmazione d’impresa ha permesso l’adegua-

mento del distretto allo sviluppo di una domanda mondiale

dell’occhiale, oggi – utilizzando la stessa metafora – sembra

necessaria una gemmazione di esperienze e quindi la crea-

zione di una cultura produttiva di distretto fortemente basata

sull’innovazione e su un’organizzazione distrettuale prevalen-

temente industriale.

4.4 Una riflessione finale: le due velocità della competitività nel settore dell’occhiale

L’espandersi dell’economia globalizzata ha necessariamente

imposto alle imprese di questo distretto una riflessione, per

alcuni versi implicita, sulle strategie di produzione e distribu-

zione. Le imprese hanno dovuto modificare il loro orizzonte di

scelta a fronte di un aumento d’incertezza generato dai merca-

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138

ti. Una valutazione più rigorosa del rischio d’impresa ha impo-

sto alle imprese un processo di apprendimento il quale, a sua

volta, ha attivato una nuova declinazione della produzione di

conoscenza. Attualmente, per le grandi imprese, la produzione

di conoscenza dipende prevalentemente dalle forti fluttuazioni

dei mercati perchè l’occhiale è diventato un prodotto di moda,

carico di valore simbolico e facilmente mutevole.

Per innovare tempestivamente il prodotto, le grandi imprese

hanno aumentato lo sforzo finanziario per creare un contatto

diretto con il cliente, capire i suoi desideri e le sue aspettati-

ve. In altri termini, le grandi imprese hanno necessità di

aumentare il controllo del mercato per ridurre l’incertezza sui

rendimenti attesi dagli investimenti in tecnologie e nuovi pro-

dotti e mantenere/far crescere la profittabilità. Questo in par-

te spiega perché le grandi imprese non sembrano particolar-

mente sensibili al tema della normazione del prodotto occhia-

le. Poiché possiedono una forza contrattuale autonoma legata ai

marchi, il loro potere di mercato è subordinato alle partnership

con gli stilisti di maggior prestigio e quindi risultano poco

sensibili alla necessità di tutelare il prodotto occhiale in quan-

to prodotto italiano. Per loro, la competizione si gioca a livello

di “portfolio marchi” e non di “made in”. Pertanto le grandi

imprese sono impegnate a dimostrare il loro ‘saper fare’ alle

grandi case di moda, consolidando e potenziando le compe-

tenze interne necessarie a costruire rapporti durevoli e profit-

tevoli con questi attori.

Le medie imprese hanno invece attivato il loro processo di

apprendimento a partire dalla valutazione delle loro capacità

produttive di fronte ai cambiamenti avvenuti nel settore in

questo ultimo decennio. Queste imprese medie sono riuscite

a crearsi una buona performance puntando su prodotti di nic-

chia e cercando di migliorare la gestione dei flussi informativi

per raggiungere gli standard attualmente imposti dai mercati.

Tuttavia la valutazione delle singole imprese mette in evidenza

l’eterogeneità nella lettura del contesto e delle strategie che

sono state adottate. Si contrappongono, infatti, due orizzonti

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139

4. L’ANALISI TESTUALE: PRODUZIONE DI CONOSCENZA, INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”

strategici diversi: c’è chi preferisce mantenere la propria identi-

tà territoriale e quindi il suo radicamento nelle relazioni produtti-

ve all’interno del distretto – sebbene ciò comporti un aggravio

di costi – e chi, invece, preferisce adottare una strategia imitati-

va, riproducendo in scala più piccola i cambiamenti organizzati-

vi introdotti dalle grandi imprese nella produzione (delocalizza-

zione o subfornitura asiatica), nella distribuzione (acquisizione

di catene di vendita) e nel marketing (Redini, 2008).

È interessante notare che nelle relazioni con il distretto emer-

ge una difficoltà di valutazione (contrariamente alla valutazio-

ne delle strategie d’impresa). Competitività del distretto e

competitività delle singole imprese viaggiano oramai a due

velocità diverse. Sicuramente questa evoluzione dipende, in

parte, dalla verticalizzazione del distretto e dal potere acquisi-

to dalle imprese leader del settore, ma si può anche avanzare

l’ipotesi che le imprese con buona performance del distretto

non abbiano maturato un punto di vista sulla necessità di

possedere un buon contesto locale condiviso nella produzio-

ne di conoscenza. Chi dice che il distretto è morto, chi lamen-

ta la scarsità di comunicazione, chi ritiene superflua qualsiasi

azione rivolta a rilanciare l’identità produttiva di quest’area.

Si potrebbe dire che la buona performance del distretto viene

registrata perché alcune imprese sono competitive ma che, in

realtà, il distretto in sé non è affatto competitivo e non è

necessario che sia competitivo (Anastasia, Corò, Minello,

2008). Che cosa può aver determinato questa diversità tra

competitività d’impresa e competitività del territorio? Avan-

zando un’ipotesi che verrà ripresa nel prossimo Capitolo, si

può sostenere che, da un lato è mancato un patto tra le diver-

se tipologie di imprese nel processo di riorganizzazione loca-

lizzativa per mantenere, all’interno dell’area, la capacità di pro-

durre e diffondere la conoscenza sia del “sapere fare” che del

“saper innovare”, dall’altro è mancata una condivisione cogni-

tiva sulle criticità e potenzialità del distretto per poter interve-

nire, nei momenti di congiuntura negativa, con azioni condivi-

se sulla capacità di adattamento del sistema.

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Capitolo 5POLITICHE AZIENDALIO POLITICHE DI DISTRETTO?

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144

Politiche aziendali o politiche didistretto?

ALBERTO BRAMANTI e FRANCESCA GAMBAROTTO

«Una riflessione conclusiva che mette a confronto i discorsi

dei testimoni e delle imprese. Ci sono temi che potrebbero, e

forse dovrebbero, diventare momenti di confronto di idee e

di elaborazione di proposte di policy»

5.1 Un dialogo simulato traattori privilegiati e imprese

Le analisi fino a qui svolte – accanto alle positive performan-

ce – hanno messo in evidenza anche la molteplicità di critici-

tà che in questa fase, congiunturale e strutturale a un tempo,

il distretto attraversa. Sicuramente, il paradosso che cattura

questa fase – e che potrebbe essere sintetizzato in: «il

distretto è competitivo ma non abbiamo una competitività di

distretto» – lascia intendere che ci possono essere strategie

d’intervento per correggere, almeno parzialmente, la lenta

deriva su cui il distretto è incamminato.

Per meglio focalizzare i temi prioritari nell’agenda dei policy

makers di distretto si sono messi a confronto i discorsi dei

25 L’analisi delle corrispondenze è una metodologia di analisi statistica multivariataintrodotta negli anni ’70 per lo studio di tabelle di contingenza generate dall’incro-cio di due o più variabili qualitative. È un’analisi di tipo fattoriale che ha come scopoquello di individuare dimensioni soggiacenti alla struttura dei dati, dimensioni intesea riassumere l’intreccio di relazioni di “interdipendenza” tra le variabili originarie (Fab-bris, 1997; Bolasco, 1999).

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145

testimoni privilegiati (cfr. Capitolo 3) con quelli delle imprese

(cfr. Capitolo 4). Attraverso l’utilizzo dell’analisi delle corrispon-

denze25 sono state proiettate sul piano cartesiano le parole

degli intervistati per rilevare similarità e differenze nei loro

rispettivi profili tematici della narrazione (cfr. figure 5.1 e 5.2).

In altre parole, si tratta di una tecnica statistica che permette

di individuare l’associazione tra due variabili qualitative e capi-

re quale configurazione assume su uno spazio ridotto come

quello cartesiano.

Nella prima analisi delle corrispondenze (cfr. figura 5.1), quel-

la relativa ai discorsi dei testimoni privilegiati, risulta che esi-

ste un’interdipendenza tra i discorsi dei parlanti.

Lo spazio linguistico dentro al quale si costruisce la rappre-

sentazione simbolica del distretto e della performance delle

imprese si muove su due orizzonti linguistici: il primo – rappre-

sentato sull’asse orizzontale – è quello relativo alla produzio-

ne di innovazione e conoscenza e, in particolare, viene

determinato dalle parole �università�, �normazione�, �Made in

Italy�, �aziende�, �risposta�, �prototipo�; il secondo orizzonte

dello spazio linguistico – rappresentato sull’asse verticale – è

quello del cambiamento organizzativo ed emerge dalle

parole �filiali�, �attività�, �Luxottica�, �vendere�, �marchi�, �se-

condo me�, �crescere�, �diventare�.

Guardando il diagramma di dispersione della figura 5.1 appa-

re immediatamente evidente che esiste una diversità tra i temi

del discorso di Certottica e quelli degli altri intervistati. Per

quest’ultima i principali snodi del discorso sono enucleabili

attorno alla produzione di conoscenza e all’innovazione nor-

mativa per tutelare il prodotto. La dimensione più grande del

triangolo per alcune parole mostra l’importanza relativa della

parola nella creazione di senso del discorso del parlante. I

due temi di Certottica sono molto intrecciati lasciando intuire

che non è possibile investire in R&S, creare delle partnership

con l’università, investire nella prototipazione per produrre

conoscenza se, contemporaneamente, non si tutela da un

punto di vista normativo il prodotto Made in Italy.

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146

Inoltre, questo processo di produzione della conoscenza

diventa di successo se si persegue uno sforzo comune �gran-

di e piccoli� nella creazione di una nuova cultura che permetta

di affrontare le sfide generate dall’economia mondiale.

A destra della dimensione linguistica cambiamento organiz-

zativo (fattore verticale) si trovano addensati i discorsi di

-1.50 -0.75

-1.50

-0.75

0

0.75

Factor 2

anfao

arrivati bisogna

bravi

certif icazione

chi_fa

codice_doganale

culturadisciplinare

grandi_e_piccoli

ingegneria

istituto

made_in_Italy

meccanica

mondialemondo

ne

normazione

origine

per_noi

processi

processo

prototiporicerca

risposta

sa

università

valo

CERTOTTICA

Figura 5.1 – Analisi delle corrispondenze, attori istituzionali

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147

5. POLITICHE AZIENDALI O POLITICHE DI DISTRETTO?

alcuni intervistati. Il punto di vista “prevalente” che sembra

emergere dalla figura è quello di una necessità, oramai matu-

ra, di �realizzare un prodotto� che coinvolga le �aziende� del

distretto in misura diversa dal passato (�anni fa�) a fronte dei

cambiamenti introdotti dalla scelta di �delocalizzare� e con

�iniziative� �legate� �all’area�. Tuttavia questo cambiamento

0 0.75Factor 1

Belluno

Cina

ItaliaLuxottica

Safilo

Treviso

anni_fa

area

associazione

attività

attori

aumentare

azienda

aziende

banca_dati

buyer

capacità

catena

cercarecertottica

competenze

costi

costo

crescere

delocalizzare

dovere

di_moda

direttamente

distribuzione

diventareestero

evoluzione

fashion

fatturato

filiali

grande_impresa

industriale

iniziative

innovazione

internazionale

investire

lavorare

legate

manodoperamarchi

materiali

mercato

moda

ecessità

non_so

occhiale

opportunità

organizzazione

ottico

PMI

plastica

possibilità

problema

prodotti

produzioneprogetti

qualità

rappresentanti

realizzare_un_prodotto

realtà

apere

secondo_me

settore

situazione

società

terzismo

trattamenti

ore

vendere

vendita

CONFARTIGIANATO

VENETIAN DISTRICTS

ANFAO

ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI

CAMCOMMERCIO

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148

produttivo deve essere letto anche rispetto alle �opportunità�

di �crescere�, �diventare� e delle nuove strategie distributive

di �Luxottica�, che impongono una maggiore attenzione nel

�vendere� un prodotto �di moda�.

La posizione di Confartigianato, pur entrando nel merito sia

della produzione di conoscenza sia del cambiamento organiz-

-0.75 0

-1.50

-0.75

0

0.75

Factor 2

Lo

MIDO

Marcolin

Orienteabbiamo_bisogno

abbiamo_partecipato

anni_fa

associazione

attività

aumentato

bisognacliente

collaborazione

commerciale

costa

costruire

creatività

cultura

delocalizzare

designer

distretto

distribuzione

dovere

evoluzione

fase

finanziaregarantire

garanzie

grandi_aziende

grossi_player

impresa

in_Romania

informatico

inno

input

lavorazionilocalizzazione

materiali

merc

m

nicchia

nostri_prodotti

pezzi

PMI

plastica

presentare

problema prodotti

progettareproporre

propri

ricerca

richiesta

riuscire

scambiscelte

serie

specializzazione

stampostruttura

tecnico

tempi

territorio

via_internetvisibilità

volere

MEDIA1

GRANDE3

MEDIA4

MEDIA5

GRA

Figura 5.2 – Analisi delle corrispondenze, imprese distrettuali

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149

5. POLITICHE AZIENDALI O POLITICHE DI DISTRETTO?

zativo, non sembra assumere un ruolo prevalente: il suo con-

tributo risulta infatti più marcato nella definizione del terzo e

quarto fattore, qui non proiettati, che rappresentano i profili

del �cambiamento di sistema� e del �processo produttivo�. In

altri termini, il profilo linguistico di Confartigianato si costrui-

sce attorno all’�evoluzione� necessaria dopo il fenomeno �Ci-

0.75 1.50Factor 1

Cadore

Cina

Europa

ongarone

SISMO

a_valle

assumere

brand

buyer

collezioni

comprare

consegnano

creare

crescere

domanda

fabbrica

f iliera

filosofia

fornitori

in_Slovenia

ovazione

investire

lavorare

leader

licenza

made_in_Italy

manager

marchi

cato

mestiere

moda

modelli

mondo

non_lo_so

normazione

ottica

per_esempiopersone

processi

età

punto_di_vista

rapporti

responsabile

retail

rischio

semilavorati

società

stabilimento

storia

subfornitori

vantaggi

vantaggio_competitivo

vendere

vicinanza

volumi

GRANDE2

NDE6

GRANDE7

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150

na� e l’avanzata dei �marchi�, e il �dovere� di �investire� in �in-

novazione� per contenere i �costi�.

La posizione del discorso di Camera di Commercio è invece

più vicina a quella di Certottica poiché condivide la necessità

di definire una �certificazione� della �qualità� del prodotto e il

bisogno di una tutela normativa. Inoltre, sostiene il ruolo di

�Certottica� nella �necessità� di costruire �progetti� anche con

l’�università� per la �ricerca�.

Nella figura 5.2 vengono riportate, nello spazio cartesiano, le

interdipendenze nei discorsi tra le imprese grandi e medie.

La prima osservazione che si può fare guardando la figura è

che le imprese medie e grandi si “spartiscono” lo spazio del

corpus testuale, a eccezione dell’impresa Grande3 che, si

può ipotizzare, è una impresa grande dal punto dimensionale

ma media dal punto di vista organizzativo, e dell’impresa

Media4 che assume un orizzonte linguistico con caratteristi-

che sia da grande che da media impresa.

In questo caso gli orizzonti linguistici entro i quali è possibile

distinguere le posizioni delle imprese intervistate sono eti-

chettabili: come nuova cultura d’impresa (asse orizzontale)

e come investire nella creatività del prodotto (asse vertica-

le). Il primo caso chiama in gioco la struttura produttiva, �fab-

brica�, �progettare�, �mondo�, �mestiere�, �impresa� (lato sini-

stro della figura) e la �filosofia� del commercializzare il prodot-

to (lato destro). Il secondo lascia emergere il bisogno di

governo del processo di commercializzazione (�marchi�,

�grossi player� �input�, �normazione�, �creatività�).

Osservando il posizionamento dei parlanti nella figura, si rile-

vano due contrasti interessanti.

Il primo è determinato dalla posizione reciproca delle imprese

Grande6 e Grande7 e Media4 e Media5. Le grandi possiedo-

no un profilo narrativo centrato sul tema del consolidamento

del �vantaggio competitivo� generato dal processo rilocalizza-

tivo (�Cina�, �in Slovenia�, �volumi�) e dalle nuove forme di

commercializzazione del prodotto (�collezioni�, �brand�, �a val-

le�, �retail�). Le imprese medie riconoscono invece di �aver

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151

5. POLITICHE AZIENDALI O POLITICHE DI DISTRETTO?

bisogno� di migliorare le loro strategie di commercializzazione

(�grossi player�, �commerciale�, �nicchia�, �distribuzione�) e di

investire sia nella �creatività� che nella capacità produttiva

(�pezzi�, �stampo�, �tempi�, �costa�).

La percezione della performance aziendale di questi due clu-

ster d’imprese è dunque riconducibile, oltre che alla dimen-

sionalità, alla loro diversa posizione nel ciclo di vita dell’impre-

sa: le grandi, dopo aver ristrutturato organizzazione e distribu-

zione si concentrano sul consolidamento mentre le medie si

trovano ancora dentro a un processo di cambiamento per

definire una nuova cultura d’impresa.

Nel secondo contrasto, centrato sulla definizione dell’identità

dell’impresa, si trovano l’impresa Grande2 che, pur dando

valore alla �fabbrica�, al �mestiere�, alla �filiera�, ai �subfornito-

ri�, focalizza il suo discorso sui temi del mercato (�marchi�,

�modelli�, �mondo�, �Europa�), e le imprese Media1 e Gran-

de3 maggiormente interessate a descrivere e spiegare l’im-

portanza di ridescrivere l’identità d’impresa a partire dal

distretto (�progettare�, �cultura�, �garanzie finanziarie�, �colla-

borazione�).

Queste differenze nell’orizzonte linguistico dei parlanti lascia-

no intendere che la percezione della performance dell’impre-

sa – sia della propria azienda che delle altre aziende – varia in

misura significativa rispetto alla posizione dell’impresa nella

filiera produttiva (Napoli, 2008). Questo per dire che grandi e

medie imprese possono non riuscire a “sintonizzarsi” in un

possibile dialogo poiché focalizzano la loro attenzione su

diverse priorità: il vantaggio competitivo e il controllo del mer-

cato per le grandi imprese, l’investimento in innovazione di

prodotto, la creazione di una struttura distributiva e la ridefini-

zione di rapporti distrettuali per le medie imprese.

Ovviamente queste diverse prospettive sugli sviluppi dell’im-

prenditorialità nascono dall’esperienza e dalla conoscenza

tacita di ogni impresa dipendendo, quindi, da naturali per-

corsi di apprendimento. Tuttavia questi diversi sviluppi della

“razionalità” delle imprese possono contribuire – a volte in

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152

misura non banale – alla incomunicabilità tra le imprese stes-

se e alla loro incapacità di far evolvere in misura bilanciata

(creazione di un benessere diffuso) la cultura economica

dell’area.

5.2 Linee prioritarie eapprendimento collettivo

Se si mettono a confronto i profili tematici dei testimoni privi-

legiati e delle imprese intervistate si possono distinguere

alcune caratteristiche interessanti per rilevare il potenziale di

crescita dell’apprendimento collettivo inteso come capacità

di crescita del sistema distrettuale.

Entrambi gli insiemi di parlanti sottolineano il ruolo dominante

delle imprese leader sia all’interno del distretto che sui mer-

cati. Il processo di verticalizzazione ha rafforzato nel tempo

l’internalizzazione di molte fasi di produzione e/o la delocaliz-

zazione di fasi di lavorazione labour-intensive.

Nella letteratura teorica dei distretti, questo processo risulta

fisiologico in una fase di maturità della crescita del distretto

(Garofalo, 2007; Rullani, 2007). Si può tuttavia segnalare che

l’anomalia nel caso analizzato è determinata dalla centralità di

una multinazionale, Luxottica, la quale ha vincolato sia l’oriz-

zonte delle opportunità di investimento e di crescita di altre

imprese già esistenti sia l’entrata di nuove imprese. L’influenza

è stata tale che le imprese del distretto non hanno saputo

comprendere nei tempi necessari quali erano i fattori critici per

mantenere e/o accrescere la loro profittabilità. Ciò ha portato

a un irrigidimento del distretto nella sua capacità di trovare

soluzioni adeguate per far crescere la competitività territoriale.

In altre parole, il rafforzamento di Luxottica, soprattutto a valle,

ha annullato le prospettive di sopravvivenza e di crescita di

molte imprese che hanno scelto l’opzione exit per incapacità

di riposizionamento delle loro competenze nel mercato e/o

nella filiera produttiva.

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153

5. POLITICHE AZIENDALI O POLITICHE DI DISTRETTO?

Sicuramente il cambiamento organizzativo e l’innovazione

di prodotto delle medie imprese può contribuire a ridurre la

distanza nella percezione della realtà economica del settore

che si è venuta creando tra le poche grandi imprese e la

popolazione d’imprese del distretto.

Per rilanciare la competitività distrettuale, la produzione di

conoscenza diventa un fattore strategico (Rullani, 2007).

Tuttavia tale conoscenza deve diffondersi all’interno del

distretto e non restare patrimonio di pochi. Con la diffusione

viene garantita la sua riproducibilità, la sua accumulazione e

la sua crescita perché, contrariamente agli altri beni economi-

ci, la conoscenza cresce quando viene condivisa.

Eppure l’“allontanamento cognitivo”, acuitosi in questi anni, ha

ridotto la capacità di creare spazi di condivisione e cooperazione,

soprattutto tra grandi e piccole-medie imprese. Certottica svolge

un servizio importante per la produzione della conoscenza che

potrebbe risultare precondizione più facile se si generasse un

“allineamento cognitivo” ovvero una minore distanza nella valuta-

zione del suo ruolo proattivo all’interno dell’area distrettuale.

Un altro fattore critico per far crescere la competitività territo-

riale è quello della ridescrizione delle funzioni e ruoli delle

imprese all’interno del distretto (Redini, 2008). Si potrebbe

dire che questo fattore è la conseguenza dei primi due e, seb-

bene ciò sia in larga misura vero, per una parte dipende

anche dalla progettualità delle imprese sia in termini indivi-

duali sia come sistema produttivo. Non è sufficiente incentiva-

re comportamenti cooperativi se la reciproca percezione del-

le imprese è di scarsa partecipazione nello scambio di infor-

mazioni e di non tutela dell’identità del prodotto occhiale.

Pur ipotizzando, come sostengono molte imprese, che la crea-

zione di una certificazione Made in Italy per il prodotto occhiale

sia inutile sul piano commerciale e della tutela dalla concorren-

za sleale, questa innovazione normativa avrebbe un impatto

molto forte nella definizione dell’identità distrettuale e potrebbe

contribuire alla creazione di un nuovo orizzonte di investimenti e

di innovazioni che darebbe slancio al distretto e al settore.

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154

5.3 Verso nuove politiche di distretto?

Queste considerazioni, derivate dal confronto degli orizzonti

linguistici degli intervistati, aiutano a interpretare e rafforzare il

quadro emerso dall’analisi dei bilanci: il distretto dell’occhiale

è composto da un un numero consistente di aziende con una

buona performance (171 sono le società di capitale operanti

nel distretto) consolidatosi in seguito al processo di ricerca di

un prodotto più differenziato e di maggiore qualità. Poiché la

domanda internazionale del prodotto occhiale dimostra una

certa elasticità nel prezzo, si può dedurre che l’investimento

in conoscenza – rivolto al miglioramento del prodotto e al

contenimento dei prezzi di produzione – viene premiato dal

mercato con aumenti di profittabilità.

Tuttavia la produzione di conoscenza e la necessità di utilizza-

re una maggior quantità di servizi per unità di prodotto richie-

dono l’embeddedness dell’impresa in un sistema capace di

integrare informazione e saperi.

Larga parte della letteratura sottolinea con forza il fatto che la

forma distrettuale della produzione risulta essere un elemento

strategico nell’attuale economia dei servizi (Rullani, 2007) dove

la profittabilità dell’imprese è sempre più legata alla capacità di

saper acquisire e sfruttare fattori immateriali (competenze, crea-

tività, informazione, ecc.). Il distretto è un luogo topico per la pro-

duzione della conoscenza poiché possiede molte caratteristiche

favorevoli alla creazione (startup), miglioramento (upgrading), e

condivisione (culture) della conoscenza.

Tale premessa lascia intendere che esistono spazi di interven-

to per azioni di policy a livello di sistema nel distretto dell’oc-

chiale perché questo possa rimanere luogo d’eccellenza non

solo per qualche singola impresa26.

26 L’alternativa al distretto infatti è solo la grande impresa verticalmente integrata cheriproduce al suo interno tutta la filiera della produzione, accumulazione e scambio diconoscenza, ma con quanche rigidità in più che potrebbe trasformarsi in handicap inmomenti di cambio più radicale del paradigma attuale.

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155

5. POLITICHE AZIENDALI O POLITICHE DI DISTRETTO?

Si può pensare di ricucire la frattura tra competitività del

distretto e competitività delle imprese intervenendo sul pro-

cesso di creazione di una “razionalità collettiva” ovvero di una

condivisione di obiettivi e finalità del distretto. I processi di

governance e quindi di condivisione delle decisioni sono

sempre difficili da attuare poiché richiedono una dedizione

che spesso non si sposa con i tempi del mercato. Tuttavia un

investimento nel medio periodo, mirato alla creazione di spill-

over di conoscenza da un lato, e di un orizzonte cognitivo

condiviso, dall’altro potrebbero rivitalizzare la performance

del distretto generando aspettative e prospettive positive di

profittabilità per le imprese.

Da questo punto di vista vanno lette positivamente alcune

azioni intraprese di recente da attori collettivi del territorio sia

in tema di formazione professionale sia riguardo alla dimen-

sione tecnologica – con specifica attenzione all’utilizzo di

nuovi materiali e alla prototipazione rapida27 – sia, infine,

all’aggregazione e organizzazione delle imprese più piccole

nelle fiere commerciali che contano per il settore.

Nel contesto del distretto dell’occhialeria varesino (il secondo

polo nazionale, sebbene fortemente distanziato da quello vene-

to) è stata proposta la metafora della “piccola orchestra di jazz”

per indicare la modalità con cui le imprese (di piccola e media

dimensione) fanno rete tra di loro in modo del tutto speciale:

«fare gruppo anche senza esserlo, con una buona dose di

improvvisazione adattandosi e a volte anticipando il cambia-

mento e comunque con un forte senso del “ritmo” (merca-

to)» (Bramanti, Senn, 2002, p. 248).

Uno dei nodi di fondo del distretto bellunese per ciò che

riguarda le PMI non è tanto se sia utile o possibile, ma piutto-

sto a che condizioni può applicarsi anche a questo contesto

la metafora della piccola orchesta di jazz.

27 «Sviluppare la progettazione dell’occhiale in un processo di collaborazione e “com-plicità” con l’utilizzatore e il cliente: attenzione al design industriale, allo sviluppo ditecniche e metodologie che facilitino la “comunicazione” con il cliente finale (indu-strial design, sviluppo 3D, prototipazione rapida)» (PSTL, 2000, p. 6).

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156

Flessibilità, personalizzazione e velocità rimangono infatti gli

elementi strategici della tenuta (sopravvivenza) e del rilancio

di tante PMI. Formazione, innovazione e marketing sono i terre-

ni su cui costruire nuove alleanze per non soccombere alla

concorrenza dei grandi gruppi integrati e dei produttori emer-

genti low cost.

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Postfazione

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Occhialeria italiana:dettaglio anno 2008

ANFAO - ASSOCIAZIONE NAZIONALE FABBRICANTI

ARTICOLI OTTICI

Non si può tracciare il bilancio del settore dell’occhialeria al

31 dicembre 2008 senza contestualizzare lo stesso all’inter-

no dell’economia globale e delle relative difficoltà che si stan-

no manifestando.

Gli Stati Uniti, l’economia più importante del mondo, sono

entrati in una grave crisi creditizia, sviluppatasi a seguito della

forte bolla speculativa immobiliare, che dopo diversi mesi di

debolezza e perdita di impieghi, è collassata tra il 2007 e il

2008 causando il fallimento di banche e finanziarie. Il momen-

to emblematico che ha gettato il mondo intero in quella che

viene definita oggi una recessione globale senza precedenti

è il settembre 2008, quando i problemi degli Stati Uniti si

sono aggravati ulteriormente con la bancarotta di diverse

società legate al credito e alla finanza, come la banca di inve-

stimenti Lehman Brothers, le società di mutui Fannie Mae e

Freddie Mac o la società di assicurazioni AIG.

Il governo nordamericano è intervenuto iniettando liquidità

per centinaia di milioni di dollari. Nel frattempo gli indici borsi-

stici delle borse americane, specchio della salute dell’econo-

mia USA, sono colati a picco con perdite che dall’inizio dell’an-

no hanno superato il 40% del valore.

Nell’economia globalizzata del mondo moderno il fenomeno si è

propagato rapidamente e anche le borse del vecchio continente

hanno accumulato consistenti perdite nel corso dell’anno.

Alcuni paesi hanno sofferto più e prima di altri gravi effetti:

la Danimarca è entrata in recessione (sei mesi consecutivi

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di crescita economica negativa) nel primo trimestre del

2008. Nel secondo trimestre del 2008, l’insieme delle eco-

nomie dell’Eurozona si è contratto dello 0,2%. Ancor peg-

gio l’Islanda, la cui fragile economia è stata messa in crisi

dal fallimento quasi contemporaneo delle tre maggiori ban-

che del paese e da una massiccia svalutazione della corona

islandese.

Le banche e le istituzioni finanziare che hanno investito sui

mutui subprime, sono le società che maggiormente risentono

della crisi. Nel Regno Unito si è provveduto a una parziale

nazionalizzazione degli istituti in difficoltà, mentre la banca fran-

co-belga Fortis, è stata salvata dal fallimento grazie all’interven-

to massiccio dei governi francese, belga e lussemburghese.

Il 7 ottobre 2008, il vertice ECOFIN, organismo del Consiglio

Europeo composto dai Ministri dell’Economia e delle Finanze

degli stati membri, per evitare che possa diffondersi ulteriore

sfiducia tra i risparmiatori ha stabilito, che per un periodo ini-

ziale di almeno un anno, vi sia una protezione garantita di cia-

scun deposito bancario personale di almeno 50.000 euro. In

Italia tale garanzia è stata elevata a 140.000 euro.

L’Italia appunto non è stata, e non è, esente da queste diffi-

coltà. Gli indicatori congiunturali di Confindustria sul nostro

paese sono chiari e non lasciano spazio a dubbi: flessione

della produzione industriale, riduzione degli ordinativi, calo

della domanda.

In particolare, la caduta della produzione industriale si è

accentuata nel quarto trimestre 2008. Secondo il Centro Stu-

di di Confindustria si è avuta una flessione del 6,2% sul terzo,

che già aveva registrato una forte contrazione (-2,4%). La

variazione nel 2008 è stata così del -4,3% rispetto al 2007.

Il marcato peggioramento dell’attività industriale insieme alla

persistente debolezza del terziario ha aggravato il bilancio del

PIL del 2008 (-0,6% annuo) lasciando una pesante eredità al

2009 (-1,1% il trascinamento).

In questo quadro generale, che vede anche la domanda inter-

na contrarsi a causa della riduzione del reddito delle famiglie,

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anche per il settore dell’occhialeria il 2008 è stato un anno

difficile, soprattutto a partire dalla seconda metà dello stesso.

La produzione dell’occhialeria italiana nel 2008 è stata di

2.597 milioni di Euro con un decremento del 6,4% rispetto

all’anno precedente.

Sia il calo delle esportazioni (-4,7% sul 2007) sia la flessione

sul mercato interno (-7,3%) hanno pesato sulla contrazione

della produzione che come riflesso immediato ha portato a

una riduzione nel numero delle aziende e degli occupati.

Laddove le piccole aziende, soprattutto nel distretto cado-

rino non hanno avuto alternativa alla chiusura, la difficoltà

delle medie e grandi aziende si riscontra dal ricorso alla

chiusura straordinaria degli impianti, dalla riduzione del-

l’orario di lavoro, dal ricorso alla cassa integrazione straor-

dinaria e al mancato rinnovo dei contratti a termine. Il 2008

si chiude così con 1.005 aziende, una riduzione del 4%

circa rispetto al 2007 localizzata sostanzialmente nel

distretto di Belluno, e con 17.500 occupati, un calo del

5,4% sull’anno precedente.

1. Dettaglio import/exporta valore

La bilancia commerciale italiana del settore occhialeria chiu-

de il 2008 ancora largamente in attivo (di circa 1.532

milioni di euro il saldo export-import), saldo positivo

ridotto tuttavia del 5,7% rispetto al 2007 confermando la

difficoltà registrata dall’export nel 2008. Le esportazioni di

montature, occhiali da sole e lenti, che rappresentano ormai

circa l’85% della produzione del settore, sono infatti dimi-

nuite del 4,7% rispetto al 2007. Pur attestandosi su valori

superiori a quelli del 2006 occorre segnalare che l’ultimo

dato negativo era stato registrato a fine 2003, e che quindi

questo segnale arriva dopo cinque anni di crescita costante

delle esportazioni.

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POSTFAZIONE. OCCHIALERIA ITALIANA: DETTAGLIO ANNO 2008

Significativa anche la flessione delle importazioni a -2,3%

sul 2007. Complessivamente le importazioni hanno superato

la quota dei 674 milioni di euro con un decremento percen-

tuale sull’anno precedente registrato indistintamente in tutti i

comparti considerati: lenti in vetro (-12,5%), lenti in altri mate-

riali (-1,7%), montature (-3,5%) e occhiali da sole (-0,5%).

Le esportazioni si sono attestate a oltre 2.207 milioni di

euro, cifra inferiore di circa 110 milioni di euro ai valori del

2007. L’andamento dell’export, se si esclude una sostanziale

stabilità delle lenti esportate, è stato caratterizzato da una

forte penalizzazione degli occhiali da sole e da una conte-

nuta diminuzione delle esportazioni delle montature.

L’export degli occhiali da sole nel 2008 è diminuito del

6,9% rispetto al 2007 attestandosi a oltre 1.422 milioni di

euro. Mentre l’export delle montature, fa segnare una fles-

sione più contenuta, ma allo stesso modo preoccupante (-

0,5%) attestandosi a quasi 735 milioni di euro.

L’andamento mensile dimostra chiaramente gli effetti della

congiuntura mondiale sul settore dell’occhialeria, in particola-

re della crisi statunitense sul comparto degli occhiali da sole.

Complessivamente l’export del settore ha mostrato variazioni

negative di un certo rilievo a partire dal maggio 2008, varia-

zioni che si sono aggravate soprattutto negli ultimi tre mesi

dell’anno. Molto negativi rispetto al 2007, sono stati i mesi di

giugno (-14,5% vs giugno 2007), ottobre (-10,1%), novem-

bre (-15,3%) e dicembre (-16,1%).

Analogamente l’analisi trimestrale evidenzia segnali negativi a

partire dal secondo trimestre 2008 per acuirsi decisamente

nell’ultimo trimestre dell’anno, in assoluto il peggiore del

2008 che ha registrato una diminuzione dell’export del

13,8% (-17,4% per gli occhiali da sole e -7% per le montatu-

re rispetto al quarto trimestre 2007).

Relativamente alle aree geografiche, considerando le espor-

tazioni nel loro complesso sole e vista, possiamo notare che:

• area di riferimento per le esportazioni del settore nel 2008

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si conferma essere l’Europa, con una quota del 53,3% (la

quota della UE-15 è stata del 37,2%, quella relativa alla UE-

27 del 45,9%). La quota dell’Europa si è incrementata a

fronte di una riduzione sensibile dell’export nell’area ame-

ricana e della sostanziale stabilità delle esportazioni del

settore nell’area europea (+0,3% rispetto al 2007);

• la quota dell’export destinata al mercato americano si è

attestata nel 2008 al 27,8% con una diminuzione dell’ex-

port del comparto sole-vista del 15,5% rispetto al 2007.

All’interno dell’area americana da segnalare la forte contra-

zione delle esportazioni in America del Nord (in particola-

re negli USA) dove si è registrato un -20,1% rispetto al

2007, a fronte di una buona tenuta del Centro e Sud Ame-

rica laddove l’export di occhiali da sole e montature ha

segnato un +6,4% sull’anno precedente. L’area del Cen-

tro e Sud America incrementa così la sua quota arrivando

a pesare per il 6,6% rispetto all’export italiano di occhiali

da sole e montature;

• nell’area asiatica, dove si è diretto il 14,8% dell’export

totale del settore montature/occhiali da sole, si è registra-

ta una crescita delle esportazioni nel 2008 del 3,2%

rispetto al 2007.

Nel dettaglio dei due comparti possiamo inoltre aggiunge-

re che:

• l’export degli occhiali da sole ha registrato nel 2008 risul-

tati molto negativi rispetto al 2007 in America (-18,1%),

soprattutto in America del Nord (-24,5%); mentre solo leg-

germente negativi in Europa (-2,5%). Da segnalare una

buona performance in Asia (+4,7%) laddove la crisi non si

è ancora manifestata nella sua gravità maggiore e in Cen-

tro e Sud America (+9,8%);

• L’export di montature a fronte di una performance negativa

nell’area americana (-9,3% rispetto al 2007), registra una

buona tenuta in Europa dove incrementa di cinque punti

percentuali.

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POSTFAZIONE. OCCHIALERIA ITALIANA: DETTAGLIO ANNO 2008

Dal punto di vista dell’analisi per singoli paesi di esportazio-

ne segnaliamo invece:

• negli Stati Uniti (primo mercato di riferimento con una

quota del 21% ma in diminuzione rispetto agli anni prece-

denti laddove si attestava tra il 27 e il 29%) l’export com-

plessivo del sole-vista ha fatto segnare un pesante -20,5%

rispetto al 2007. Va sottolineata la differenza tra i due com-

parti seppur nella negatività comune: l’export di montature

ha registrato un decremento del 10,9% mentre il segmen-

to sole ha visto una diminuzione delle esportazioni di oltre

il doppio con -24,7%;

• nei principali paesi europei di riferimento dopo gli USA

(Francia, Spagna, Germania e Inghilterra), l’export globale

nel 2008 ha fatto segnare risultati negativi tranne in Fran-

cia, dove sia gli occhiali da sole (+9,9%) sia le montature

(+9,6%) incrementano l’export sul 2007 di oltre nove punti

percentuali. La contrazione dei consumi e quindi delle

esportazioni sembra nella maggior parte dei paesi aver col-

pito in particolare gli occhiali da sole: Spagna -8,1% (-1%

le montature, -10,9% il sole), Inghilterra -8,1% (+4,4% le

montature, -15% il sole), Germania -7% (-11,4% le monta-

ture, -3,6% il sole);

• restano invece risultati interessanti quelli fatti segnare dal-

l’export italiano dell’occhialeria in Messico (+19,3% rispet-

to al 2007);

• ottimo si conferma anche l’andamento dell’export dell’occhia-

leria in Russia, mercato di grande interesse per tutto il setto-

re per le sue potenzialità, con un +27,8% complessivo rispet-

to al 2007 sostenuto in gran parte dalle montature con

+83,4% e un meno significativo +9,1% degli occhiali da sole;

• buoni risultati nel 2008 per i due comparti anche negli Emi-

rati Arabi (+12%), ormai tra i primi dieci paesi d’esporta-

zione per il settore;

• ancora dinamico l’export verso Hong Kong: +12,4% com-

plessivo, declinato in un +10,7% per le montature e un

+13,2% per gli occhiali da sole.

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2. Dettaglio quote mercatoexport italiano

A livello di esportazioni mondiali del settore (circa 8.100

milioni di euro) l’Italia continua a essere al primo posto con

una quota di mercato che supera il 26%, seppure in fles-

sione rispetto al 2006. Considerando gli occhiali da sole la

quota di mercato dell’export italiano in valore sale al 39%, per

le montature si attesta invece al 26%. Dietro l’Italia, si confer-

mano Cina e Hong Kong che però, nemmeno nel loro com-

plesso, raggiungono il primato italiano.

3. Dettaglio mercato interno

Il mercato interno si è attestato nel 2008 a circa 1.064 milio-

ni di euro, in flessione del 7,3% rispetto al 2007 a testimo-

niare la contrazione dei consumi di cui abbiamo già detto.

È interessante comunque capire come si è mosso il sell-in

dei diversi comparti che costituiscono il settore poiché ci

sono state differenti situazioni proprio legate alla specificità

dei prodotti. Se occhiali da sole e montature sono stati infatti

più penalizzati dalla congiuntura economica negativa nel

2008, le lenti oftalmiche hanno invece risposto meglio.

Per quanto riguarda le lenti oftalmiche sono entrate nei pun-

ti vendita circa 17 milioni di lenti (stessa quota registrata nel

2007). A livello delle diverse tipologie di lenti, va segnalata

anche una lieve crescita delle lenti progressive vicina al 3%,

tipologia di lenti sulla quale stanno puntando molto sia le

aziende produttrici che la distribuzione, per l’alto contenuto in

valore aggiunto che rappresentano.

Per quanto riguarda le montature da vista e gli occhiali da

sole il sell-in nel 2008 si è suddiviso in quote di mercato del

38% e 62% rispettivamente. Complessivamente hanno rag-

giunto la distribuzione interna oltre 16 milioni di paia di

occhiali (circa il 7% in meno rispetto al 2007).

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POSTFAZIONE. OCCHIALERIA ITALIANA: DETTAGLIO ANNO 2008

A livello di materiali la suddivisione del mercato nel 2008 è

stata del 45% per la plastica e del 55% per il metallo per le

montature da vista, percentuali analoghe, ma a materiali inver-

titi, per gli occhiali da sole.

4. Anticipazioni sul 2009

Secondo quanto comunicato nelle note congiunturali dei prin-

cipali istituti italiani di analisi economica, la fine della congiun-

tura negativa sarebbe ancora lontana e sicuramente le aspet-

tative sono negative almeno per i primi trimestri del 2009.

I dati diffusi da Confindustria evidenziano una ulteriore

caduta della produzione in gennaio e dinamiche simili o

anche peggiori si osservano nella generalità degli altri paesi

industriali ed emergenti. Le nuove previsioni del PIL italiano

per il 2009 sono al ribasso: Banca d’Italia -2,0%, Ue -2,0%,

Prometeia -2,3%, Unicredit -2,7%, Fmi -2,1%. Non rosee

sembrano anche le previsioni per il 2010: Banca d’Italia

+0,3%, Ue +0,5%, Prometeia +0,3%, Unicredit +0,4%,

Fmi -0,1%.

Anche nel settore dell’occhialeria i primi mesi del 2009 sem-

brano confermare la difficoltà del momento. Per contro occor-

re far notare che il settore ha chiuso il 2008 con risultati che,

sebbene negativi, lo collocano tra quelli che sembrano meglio

affrontare la situazione di difficoltà generale.

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Appendice

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174

Questionarioalle imprese leader

Informazioni sull’impresa

Da reperire prima dell’intervista:

• Nome dell’azienda:

• Codice attività (ATECO):

• Indirizzo:

• Numero di telefono:

• Sito internet:

• Indirizzo e-mail:

• Fatturato:

• Numero addetti:

• Fascia di mercato occupata (alta-media-bassa):

• Prodotti principali:

• Lavorazioni effettuate:

• Associato a:

Questionarioalle imprese leader

• Nome dell’Intervistato:

• Ruolo dell’Intervistato:

• Data:

COMPETITIVITÀ E CAMBIAMENTI

NELLA STRUTTURA E NELL’ORGANIZZAZIONE

PRODUTTIVA

Processi e prodotti

1) Quali sono i vostri prodotti? Quali, tra questi, sono più

importanti in termini di vendite e/o di strategie aziendali?

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2) Su cosa si basa il vostro vantaggio competitivo? Su

cosa puntate per essere competitivi? (prezzo contenu-

to, alta qualità del prodotto, servizio, tempi di consegna,

altro…)

3) Com’è organizzata la vostra produzione? Ricorrete alla lavo-

razione conto terzi e/o alla sub-fornitura, oppure svolgete

tutte le fasi della produzione internamente all’azienda?

4) Negli ultimi 5 anni avete riportato all’interno dell’azienda delle

fasi del processo produttivo o delle lavorazioni svolte in pre-

cedenza da subfornitori esterni? Se sì per quale motivo?

Questo cambiamento risponde ad una strategia di inte-

grazione verticale od orizzontale (o altro) e con quali fini

(ridurre i costi, controllare tempi e qualità, ecc.)?

5) Negli ultimi 5 anni avete portato all’esterno dell’impresa

fasi del processo produttivo e/o lavorazioni e/o acquista-

to componenti da altre imprese, prima realizzati/e all’inter-

no della vostra azienda? Se si, dove sono localizzati i nuovi

subfornitori: all’interno o all’esterno del distretto (e dove)?

Quali fasi sono state esternalizzate e perchè?

6) Che rapporti intrattenete generalmente con i subfornitori (si

danno delle specifiche e al subfornitore è richiesto solo di

eseguirle, oppure il subfornitore viene coinvolto nella proget-

tazione ed ingegnerizzazione…)?

7) Avete subfornitori che lavorano in esclusiva per voi? Per quale

motivo avete voluto un rapporto in esclusiva?

8) In generale cercate di avere rapporti in esclusiva (e per

quali motivi) o promuovete quanto più possibile l’autono-

mia del subfornitore?

9) La vostra strategia in questo ambito è cambiata negli ultimi

5 anni? Se sì, in che direzione: verso un controllo più rigido

dei fornitori o, al contrario, verso un maggiore coinvolgimen-

to degli stessi nel processo di progettazione e di ingegne-

rizzazione?

10) Mettete in concorrenza tra loro i vostri subfornitori?

11) Su che cosa in particolare (sul prezzo, sulla qualità, sui

tempi di consegna, altro…)

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11) Il numero dei vostri subfornitori è variato negli ultimi 5

anni? È aumentato o diminuito? Per quali ragioni?

12) Comprate all’estero prodotti o lavorazioni che precedente-

mente facevate svolgere da subfornitori locali? Per quale

ragione (minori costi, maggiore qualità e/o servizio, maggio-

re capacità di soluzione dei problemi e innovativa più in gene-

rale)? Dove sono localizzati i nuovi subfornitori?

13) Quali sono i vantaggi (punti di forza) della vostra organiz-

zazione produttiva (sfruttamento della flessibilità, manteni-

mento di una struttura leggera, controllo su tutte le fasi

della produzione, raggiungimento del cliente finale…)? E

gli svantaggi (punti di debolezza)?

14) Quali sono i cambiamenti strategici che pensate di realiz-

zare per rimuovere, se ci sono, gli svantaggi e i limiti –

anche potenziali – della vostra attuale organizzazione pro-

duttiva?

15) L’impresa possiede:

a. filiali o consociate all’esterno del distretto?

Da quanto tempo?

15) b. filiali o consociate all’interno del distretto?

Da quanto tempo?

16) Avete effettuato investimenti produttivi all’estero? Quali?

Quali ragioni vi hanno portato ad effettuare tali investimen-

ti (difficoltà nel reperimento della manodopera, minori

costi del lavoro, ecc.)?

17) Che conseguenze hanno comportato in termini di addetti

per il territorio?

possibili risposte:

• “nessuno, gli investimenti sono stati aggiuntivi”;

• “abbiamo ridotto gli addetti locali alla produzione ma

sono aumentati gli indiretti per cui il saldo è rimasto

nullo o positivo”;

• “abbiamo avuto una diminuzione degli addetti del

distretto”.

18) Prevedete di realizzare (ulteriori) investimenti all’estero? Con

quali conseguenze per l’occupazione nel distretto?

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APPENDICE. QUESTIONARIO ALLE IMPRESE LEADER

Innovazione e R&S

19) Qual è la quota di fatturato destinata all’attività di R&S e

all’introduzione di innovazioni (di processo, di prodotto e

organizzative)? Qual è stato l’andamento degli investimen-

ti in questo ambito nel corso degli ultimi 5 anni?

20) Su quale tipologia di innovazione si sono concentrati gli

investimenti negli ultimi 3 anni: innovazione di processo, di

prodotto, organizzative?

21) Quali sono le principali innovazioni introdotte per ciascu-

na di queste tipologie?

22) Queste innovazioni hanno comportato l’introduzione di nuove

figure professionali nell’azienda? Sono state reperite facil-

mente? In caso contrario, da cosa è derivata la difficoltà?

23) L’impresa ha usufruito di servizi di trasferimento tecnologi-

co? Forniti da:

23) • Università …

23) • Centri servizi …

23) • Et al. …

24) L’impresa partecipa a progetti di ricerca e innovazione in

collaborazione con altre imprese e/o centri di ricerca/Uni-

versità? Quali sono questi soggetti e dove sono localizza-

ti? Che caratteristiche e che finalità hanno questi progetti?

DISTRIBUZIONE E MERCATI

25) Qual è la quota dell’export sul fatturato dell’impresa?

Quali mercati (nazionali ed esteri) servite? Quale percen-

tuale del vostro fatturato è legata a ciascuno di questi

mercati?

26) La quota dell’export sul fatturato dell’impresa è aumenta-

ta o diminuita negli ultimi 3 anni? Quali mercati (nazionali

ed esteri) hanno fatto registrare una contrazione, quali un

incremento e quali una sostanziale stabilità?

27) Com’è organizzata la distribuzione dei vostri prodotti nei

differenti mercati? (agenti, grossisti, ecc.)? Con quali prin-

cipali differenze di comportamento e di strategia a secon-

da dell’area geografica?

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28) Come avete reagito ai cambiamenti intervenuti sul livel-

lo di esportazioni nei mercati nazionali ed esteri che ser-

vite abitualmente?

29) Avete attaccato nuovi mercati o nuovi segmenti di merca-

to negli ultimi tre anni? ? Se sì, quali?

30) Avete attivato strategie per il rafforzamento della distribu-

zione negli ultimi 5 anni? (Rafforzamento del brand, Raffor-

zamento della rete di agenti, Costituzione di propri negozi

monomarca, Realizzazione di accordi con nuovi distributo-

ri, Realizzazione di accordi e joint venture per la realizzazio-

ne di punti vendita sui mercati esteri, Costituzione di show

room in paesi esteri, Rafforzamento della propria immagi-

ne presso il consumatore finale, Utilizzo di tecnologie per

il commercio elettronico, Attività di promozione e valorizza-

zione del marchio)

31) Come garantite l’assistenza nei paesi lontani?

32) In quale fascia di mercato si posizionano attualmente i vostri

prodotti? Il vostro posizionamento sul mercato è cambiato

negli ultimi 5 anni? Per quale motivo?

33) Possedete unità commerciali in Italia e/o all’estero? Da

quanto tempo?

34) Avete rafforzato (in termini di addetti) le aree marketing e

quella commerciale negli ultimi anni?

35) Producete con un vostro marchio?

36) Avete realizzato accordi con altre imprese per la commer-

cializzazione dei vostri prodotti (per esempio per ampliare

la gamma dei prodotti a catalogo)? Tali imprese sono inter-

ne o esterne al distretto?

37) Esistono, a livello distrettuale, iniziative di promozione e

marketing dei prodotti del distretto? Se sì, vi partecipate?

Per quali motivi (non) vi partecipate?

38) A quali fiere partecipate e con quale frequenza? La vostra

partecipazione (in termini di frequenza e di spazi espositi-

vi utilizzati) è aumentata o diminuita nel corso degli ultimi

anni? Per quale motivo?

39) Qual è la strategia perseguita dall’impresa nella partecipa-

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179

APPENDICE. QUESTIONARIO ALLE IMPRESE LEADER

zione alle fiere? Quali sono i principali motivi della parteci-

pazione a tali manifestazioni?

40) In che modo le manifestazioni fieristiche a cui partecipate

potrebbero migliorare la propria offerta alle imprese del

settore?

CAPITALE UMANO

41) La vostra impresa organizza/acquista corsi di formazione

del personale? L’organizzazione dei corsi nel corso degli

ultimi anni è stata incrementata o è diminuita? e per quale

motivo (es. fa parte di una strategia aziendale di sposta-

mento verso una fascia più alta di mercato; dipende dalla

necessità di introdurre competenze e di innovare veloce-

mente in un mercato sempre più competitivo; mancanza

di risorse, ecc.)?

42) Esistono sul territorio distrettuale scuole o centri formativi

finalizzati allo sviluppo delle competenze specifiche ricer-

cate dalla vostra impresa?

43) Il costo per la formazione del personale è stata una varia-

bile rilevante nelle decisioni di esternalizzazione e di delo-

calizzazione di alcune fasi del processo produttivo?

LE RELAZIONI NEL DISTRETTO

44) Quali vantaggi derivano per la vostra impresa dallo stare

nel distretto (descrivere)? Li inglobate nelle vostre strate-

gie? Se sì, come (esempi specifici)? Questi vantaggi si

sono modificati nel corso degli ultimi anni (aumentati, dimi-

nuiti, cambiati)?

45) Intrattenete rapporti di capitale/proprietari con altre impre-

se del distretto?

45) Quanti e di quale tipo? Il numero di tali legami è aumenta-

to o diminuito negli ultimi 5 anni?

46) È frequente lo scambio di know-how e di informazioni con

altre imprese indipendenti del distretto?

46) Si svolge in modo formale (seminari, convegni, et al. …) o

informale (contatti personali tra imprenditori)?

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Con quante imprese? Questi scambi si sono intensificati

negli ultimi 5 anni?

INFORMAZIONI SULL’ANDAMENTO

DELL’IMPRESA

47) Qual è stata l’evoluzione del fatturato negli ultimi 3 anni?

48) Qual è stata l’evoluzione del numero di addetti negli ultimi

3 anni?

49) Qual è stata l’evoluzione dell’export negli ultimi 3 anni?

SFIDE E OPPORTUNITÀ DEL DISTRETTO

Spunti per la riflessione:

• Le principali sfide del distretto

• Gli ingredienti di una nuova strategia competitiva (concen-

trazione/delocalizzazione..)

• Ruolo enti pubblici ed associazioni di categoria

• Il ruolo dell’ “azione di sistema”

• …

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La Fondazione svolge attività e progetti di promozione e rea-

lizzazione di iniziative di sviluppo economico, culturale, scien-

tifico, di riqualificazione e di potenziamento delle infrastrutture.

Questa la missione di Fondazione Fiera Milano, che si definisce

una fondazione di sviluppo, un soggetto privato che opera su

progetti di sviluppo economico e territoriale, a fianco delle isti-

tuzioni e nell’interesse generale. Uno di questi – quello più noto

– è stato la trasformazione del sistema fieristico milanese.

Fondazione Fiera Milano si è infatti dedicata negli ultimi anni

all’obiettivo di dare alla sua Fiera una nuova infrastruttura dove

operare, realizzando il nuovo quartiere Fieramilano.

Dopo aver trasformato il “contenitore” dell’attività fieristica, oggi

la Fondazione si rivolge al “contenuto”, con iniziative a suppor-

to delle imprese, bacino di utenza del mercato fieristico, e con

attività rivolte allo sviluppo del territorio.

Nata il 7 febbraio 2000 Fondazione Fiera Milano è azionista di

controllo del Gruppo Fiera Milano e di Sviluppo Sistema Fiera

spa. La sua attività è oggi articolata su due filiere:

• la prima è rappresentata dalla filiera fieristica. Tredici

società, guidate da Fiera Milano spa, che offrono a organiz-

zatori, espositori e visitatori i servizi necessari alla partecipa-

zione agli eventi espositivi e congressuali.

• la seconda filiera è rappresentata dal servizio di enginee-

ring e contracting per la valorizzazione del territorio: un’at-

tività di recente creazione che viene svolta dalla controllata

Sviluppo Sistema Fiera spa.

I proventi dell’attività fieristica, così come quelli generati dalle

grandi opere e dalle valorizzazioni territoriali, alimentano il patri-

monio della Fondazione, che viene reinvestito in altri progetti

coerenti con la sua missione di fondazione di sviluppo.

Fondazione Fiera Milano

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Finito di stamparenel mese di settembre 2009

a cura di 24 ORE Motta Cultura, Milano Printed in Italy

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LIBRI SCHEIWILLER

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ENCICLOPEDIADELLE ECONOMIE TERRITORIALI

La produzione mondiale di occhiali e lenti vale 10miliardi di euro e l’Italia con 2.774 milioni di fatturato èil primo produttore mondiale, con una quota pari al27% del totale; quota che sale però oltre il 70% perquanto riguarda il segmento lusso e a più del 50% peri brand prodotti su licenza nel mondo (Anfao, 2007).Un apparato produttivo di circa 1.050 imprese cheoccupano complessivamente 18.500 lavoratori (17,6addetti è la dimensione media di impresa) per un tota-le di 82 milioni di paia di occhiali prodotti nell’ultimoanno, di cui poco oltre 52 milioni sono occhiali da sole.Il distretto dell’occhiale di Belluno copre circa l’80%della produzione nazionale con 606 imprese, 11.660addetti, 1,5 miliardi di fatturato complessivo; in questoterritorio sono presenti le quattro grandi imprese, lea-der del mercato mondiale.Il taglio complessivo della presente ricerca si discostaparzialmente dallo schema ricorrente sviluppato nelleprecedenti monografie dell’Enciclopedia delle Econo-mie Territoriali, non potendo non tenere conto che ilcomparto dell’occhiale è un caso emblematico di fortesuccesso aziendale che sta modificando, ancor più dialtri sistemi produttivi locali, la radice territoriale che hadato origine al fenomeno.

Il Progetto dell’Enciclopedia delle Economie Territoria-li nasce dall’attività istituzionale dell’Area Studi Svi-luppo e Formazione di Fondazione Fiera Milano. Daanni impegnata in attività di ricerca in campo economi-co, territoriale e sociale, promuove e diffonde la cultu-ra dello scambio. Dalle analisi di settore sul core busi-ness fieristico e congressuale alle analisi dei sistemiproduttivi italiani, per fornire alla comunità economicaspunti di riflessione originali.Al fine di sostenere la mission di Fondazione Fiera Mila-no, l’Area è inoltre impegnata in progetti di sviluppo sulterritorio che circonda Fieramilano - Rho e nella realiz-zazione di azioni di natura formativa delle professionali-tà dell’intera filiera fieristica.E

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QUADERNI FONDAZIONE FIERA MILANO

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IL DISTRETTO BELLUNESE DELL’OCCHIALE Leadership mondialee fine del distretto?a cura di Alberto Bramanti e Francesca Gambarotto

ALBERTO BRAMANTI Professore Associato di Economia Applicata presso ilDipartimento di Analisi Istituzionale e Management Pub-blico dell’Università L. Bocconi di Milano e responsabiledell’area Economia Regionale del CERTeT (Centro diEconomia Regionale, Trasporti e Turismo) della medesi-ma Facoltà. Si è occupato e si occupa di: Modelli di svi-luppo e analisi territoriale; Politiche regionali, analisi del-le “governance structures” e valutazione; Strumenti dianalisi e metodologie quantitative; ICTs e competitivitàdei territori; Economia urbana e dei servizi.

FRANCESCA GAMBAROTTOProfessore Associato di Economia Applicata presso laFacoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova.Insegna Economia e Politica dell’innovazione nel corso diLaurea di Economia dell’impresa ed Economia del Terri-torio nel corso di Laurea di Scienze della Comunicazione. Le sue aree di ricerca comprendono: temi relativi allateoria della localizzazione delle attività economiche, losviluppo regionale e locale, l’analisi del ruolo delle istitu-zioni nei processi di crescita economica, l’influenza dellediverse forme di organizzazione del capitale nella produ-zione della conoscenza a livello regionale.

CERTeT – Università BocconiIl CERTeT nasce nel 1995 consolidando e ampliandouna ricca tradizione di ricerca che negli anni ha toccatouna molteplicità di tematiche con il comune denominato-re di una specifica attenzione alla dimensione territorialedei fenomeni economici.La sua mission è promuovere, coordinare e svolgere attivitàdi ricerca di base e applicata sulle dinamiche di sviluppoterritoriale, con particolare riferimento all'economia regiona-le, dei trasporti, del turismo e alla valutazione di politicheregionali, locali e di coesione comunitaria.

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ENCICLOPEDIADELLE ECONOMIE TERRITORIALI

La produzione mondiale di occhiali e lenti vale 10miliardi di euro e l’Italia con 2.774 milioni di fatturato èil primo produttore mondiale, con una quota pari al27% del totale; quota che sale però oltre il 70% perquanto riguarda il segmento lusso e a più del 50% peri brand prodotti su licenza nel mondo (Anfao, 2007).Un apparato produttivo di circa 1.050 imprese cheoccupano complessivamente 18.500 lavoratori (17,6addetti è la dimensione media di impresa) per un tota-le di 82 milioni di paia di occhiali prodotti nell’ultimoanno, di cui poco oltre 52 milioni sono occhiali da sole.Il distretto dell’occhiale di Belluno copre circa l’80%della produzione nazionale con 606 imprese, 11.660addetti, 1,5 miliardi di fatturato complessivo; in questoterritorio sono presenti le quattro grandi imprese, lea-der del mercato mondiale.Il taglio complessivo della presente ricerca si discostaparzialmente dallo schema ricorrente sviluppato nelleprecedenti monografie dell’Enciclopedia delle Econo-mie Territoriali, non potendo non tenere conto che ilcomparto dell’occhiale è un caso emblematico di fortesuccesso aziendale che sta modificando, ancor più dialtri sistemi produttivi locali, la radice territoriale che hadato origine al fenomeno.

Il Progetto dell’Enciclopedia delle Economie Territoria-li nasce dall’attività istituzionale dell’Area Studi Svi-luppo e Formazione di Fondazione Fiera Milano. Daanni impegnata in attività di ricerca in campo economi-co, territoriale e sociale, promuove e diffonde la cultu-ra dello scambio. Dalle analisi di settore sul core busi-ness fieristico e congressuale alle analisi dei sistemiproduttivi italiani, per fornire alla comunità economicaspunti di riflessione originali.Al fine di sostenere la mission di Fondazione Fiera Mila-no, l’Area è inoltre impegnata in progetti di sviluppo sulterritorio che circonda Fieramilano - Rho e nella realiz-zazione di azioni di natura formativa delle professionali-tà dell’intera filiera fieristica.E

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QUADERNI FONDAZIONE FIERA MILANO

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IL DISTRETTO BELLUNESE DELL’OCCHIALE Leadership mondialee fine del distretto?a cura di Alberto Bramanti e Francesca Gambarotto

ALBERTO BRAMANTI Professore Associato di Economia Applicata presso ilDipartimento di Analisi Istituzionale e Management Pub-blico dell’Università L. Bocconi di Milano e responsabiledell’area Economia Regionale del CERTeT (Centro diEconomia Regionale, Trasporti e Turismo) della medesi-ma Facoltà. Si è occupato e si occupa di: Modelli di svi-luppo e analisi territoriale; Politiche regionali, analisi del-le “governance structures” e valutazione; Strumenti dianalisi e metodologie quantitative; ICTs e competitivitàdei territori; Economia urbana e dei servizi.

FRANCESCA GAMBAROTTOProfessore Associato di Economia Applicata presso laFacoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova.Insegna Economia e Politica dell’innovazione nel corso diLaurea di Economia dell’impresa ed Economia del Terri-torio nel corso di Laurea di Scienze della Comunicazione. Le sue aree di ricerca comprendono: temi relativi allateoria della localizzazione delle attività economiche, losviluppo regionale e locale, l’analisi del ruolo delle istitu-zioni nei processi di crescita economica, l’influenza dellediverse forme di organizzazione del capitale nella produ-zione della conoscenza a livello regionale.

CERTeT – Università BocconiIl CERTeT nasce nel 1995 consolidando e ampliandouna ricca tradizione di ricerca che negli anni ha toccatouna molteplicità di tematiche con il comune denominato-re di una specifica attenzione alla dimensione territorialedei fenomeni economici.La sua mission è promuovere, coordinare e svolgere attivitàdi ricerca di base e applicata sulle dinamiche di sviluppoterritoriale, con particolare riferimento all'economia regiona-le, dei trasporti, del turismo e alla valutazione di politicheregionali, locali e di coesione comunitaria.

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