Le Terme di Diocleziano : i mosaici

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Mentre le Terme di Caracalla mostrano tuttora, sia in situ sia fuori opera, una parte notevole dei rivestimenti musivi pavimentali originari, non si può dire altrettanto dell’altro complesso di analoga dimensione, che gli imperatori Diocleziano e Massimiano inaugurarono all’inizio del IV secolo.

Solo in alcuni ambienti di questo enorme edificio, sopravvissuto con buo-na parte degli alzati, si possono infatti vedere in situ i mosaici pavimentali, che pure dovevano decorare gran parte dell’intero complesso. Ancor meno si può dire sui mosaici parietali, le cui sopravvivenze sono minime, anche se, come ve-dremo, particolarmente significative.

Nonostante molti settori dell’intero edificio termale siano stati trasformati per altri usi (Basilica di Santa Maria degli Angeli e relativa Certosa, magazzini ecc.) e quindi, in buona parte di essi, l’intonacatura e/o la ristrutturazione del-le pareti, le sostituzioni, le sopraelevazioni e gli interramenti dei pavimenti im-pediscano oramai da secoli l’ispezione di molte delle superfici originali, quello che tuttora è visibile, unito a ciò che si può ricostruire in base a documentazioni grafiche o descrittive, è certamente indicativo della decorazione musiva origi-naria: nelle pagine che seguono, ne proporremo una breve analisi esaminando, nell’ordine, i pavimenti musivi ancora in situ, poi quelli documentati ma non più visibili, ai quali si aggiungerà l’unico sectile marmoreo documentato, e, in-fine, i resti musivi individuati o ipotizzabili sulle pareti e sulle volte. Saranno invece trattati da altri autori i rivestimenti marmorei delle pareti e delle vasche.

Mosaici pavimentali in situ

Palestra nord-occidentale Nel 1982 una serie di lavori di sistemazione dell’area archeologica delle Terme, eseguita sotto la direzione di Daniela Candilio, ha offerto l’opportunità di ri-mettere in luce vasti tratti pavimentali in mosaico che, in base alle già note pla-

nimetrie delle Terme, sono stati giustamente attribuiti alla palestra nord-occi-dentale. L’autrice dello scavo ne ha curato tempestivamente la pubblicazione1 e, aderendo a un’interpretazione già avanzata in precedenza2, ha giustamente inquadrato i pavimenti nella tipologia dei mosaici marmorei con tessere por-firetiche, proponendone un rilievo completo, corredato da varie illustrazioni, purtroppo, però, solo in bianco e nero.

Ulteriori indagini, svolte dalla medesima studiosa nel 1983 in occasione del distacco a scopo di restauro e ricollocamento del tratto musivo scoperto e pub-blicato nel 1986, hanno incluso anche una analisi della stratigrafia sottostante al pavimento e hanno permesso di confermare la datazione all’età di Diocle-ziano, pur se con qualche perplessità legata a parziali anomalie stratigrafiche3.

Lo schema grafico ricostruttivo a colori dell’intera stesura musiva è stato pubblicato inizialmente da Bulian (fig. 1a)4, mentre si devono alla Candilio il rilievo delle parti sopravvissute5 (fig. 1b) e l’inquadramento tipologico6: qui da-remo l’illustrazione fotografica a colori dei mosaici (figg. 1c-4) e altre informa-zioni integrative sulla redazione e su ulteriori aspetti tecnico-stilistici.

I tratti rinvenuti appartengono al portico sud-orientale della palestra, in-cluso l’angolo sud con l’inizio del braccio sud-occidentale, e all’area centrale della palestra stessa. Il primo è a sviluppo longitudinale ed è composto da una larga fascia centrale A, larga poco meno di m 3 (10 p.r.), bordata da due fasce simmetriche B di identico motivo, larghe ciascuna poco meno di m 1,5 (5 p.r.), raccordate poi, sia verso la parete sia verso il colonnato, da due semplici bordure monocrome, la più interna (larga cm 9 circa) di quattro file di tessere di marmi bianchi e quella esterna larga circa cm 30 (1 p.r.) a tessere nere di leucitite. Il motivo geometrico iterativo presente nel tratto A è una composizione ortogo-nale di squame adiacenti, qui realizzato (fig. 3) però con bipartizione orizzon-tale delle squame stesse, che sono larghe cm 28 circa e lunghe cm 47 circa7: di tale soluzione decorativa non ho finora trovato confronti diretti8 nonostante la relativa semplicità della variante che, peraltro, sembra sia stata formulata in mo-do specifico proprio per rispondere allo sviluppo del motivo in quadricromia.

Le tessere sono di dimensioni piuttosto grandi (frequentemente tra cm 2 e 3), di forma irregolare e con accostamenti assai poco curati e sono di quat-tro specie marmoree (giallo antico, porfido verde greco, porfido rosso e marmi bianchi e/o venati), che sono correttamente alternate nella composizione. Ab-biamo a suo tempo definito “quadricromia neroniana” questo tipo di accosta-mento poiché è presente già nei sectilia pavimenta della tarda età giulio-claudia9, ma abbiamo anche precisato che la redazione in tessellato marmoreo va consi-derata una formulazione originale di età severiana, sperimentata per la prima volta su larga scala nelle Terme di Caracalla10.

Il motivo dei mosaici dei tratti B (fig. 4) che fanno da bordura ad A, è una variante solo cromatica della composizione di file di squame bipartite adiacenti

Mosaici pavimentali e parietali delle Terme di DioclezianoFederico Guidobaldi

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Mosaici pavimentali e parietali delle Terme di Diocleziano

2 Terme di Diocleziano. Mosaico di un tratto del portico nella palestra nord-occidentale. a. Veduta generale; b. Particolare, veduta trasversale

3 Terme di Diocleziano. Mosaico del portico nella palestra nord-occidentale, particolare della zona centrale

4 Terme di Diocleziano. Mosaico del portico nella palestra nord-occidentale, particolare di una delle due fasce laterali

5 Terme di Diocleziano. Mosaico del bordo dell’area centrale della palestra nord-occidentale, dopo i recentissimi restauri

2a

3

5

4

2b1a

1c

1b

1 Terme di Diocleziano. Palestra nord-occidentale. a. Ricostruzione dei motivi decorativi

(da Bulian 1985);

b. Rilievo dei tratti superstiti del portico (in basso) e dell’area centrale (in alto) della palestra nord-occidentale

(da Candilio 1986); c. Il mosaico del portico

della palestra nord-occidentale dopo il recente restauro

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Mosaici pavimentali e parietali delle Terme di Diocleziano

in inversione11 ed è presente, pur se solo in bicromia bianco-nera, nelle Terme di Caracalla12. Si tratta anche qui di una composizione geometrica piuttosto in-solita e comunque assai meno frequente di quella a squame allungate e bipar-tite, ma disposte in file parallele13, che è realizzata in “quadricromia neroniana” proprio nelle Terme di Caracalla. Anche in questo caso le tessere sono di di-mensioni piuttosto grandi (in prevalenza tra cm 2 e cm 3), di forma irregolare e con accostamenti poco curati, e i materiali sono i quattro marmi già citati. Le squame sono di dimensione un po’ variabile, larghe in media circa cm 40 e lunghe circa cm 70.

Il motivo del tratto musivo che si estendeva nello spazio centrale della pa-lestra (fig. 5) è riferibile a uno schema di maggiore complessità, quindi non molto frequente e altrove documentato semmai in forma più semplice e co-munque non in quadricromia porfiretica come in questo caso. Si tratta di un reticolato di cinque fasce sinusoidali allacciate che formano cerchi14, presente, tra l’altro15, anche in un pavimento dell’aula dei Mensores a Ostia, databile al III secolo avanzato16.

La redazione di questo tratto musivo delle Terme è in parte diversa da quel-la osservata negli adiacenti mosaici a squame appena esaminati poiché le tes-sere sono di dimensioni non troppo grandi (in prevalenza tra cm 1,5 e cm 2), di forma un po’ più regolare e più serrate; resta invece invariato il cromatismo, sempre aderente alla citata quadricromia, che restituisce di fatto, anche a que-sto tratto, una indiscutibile unicità. Sono alternativamente in tessere di giallo antico e in marmi bianchi o venati le sinusoidi adiacenti, mentre sono, sempre in alternanza, di porfido rosso e porfido verde greco i dischi di risulta tra le si-nusoidi stesse. Le concordanze sono curatissime anche nell’angolo, con adat-tamenti graduali alla nuova direzione, a 90°, che prende il disegno. Il recentis-simo restauro dell’intera superficie superstite (fig. 5) ha permesso di osservare che il disegno riportato a suo tempo da Bulian17 non aveva evidenziato la con-clusione della fascia di sinusoidi che è solo la larga cornice di un campo cen-trale del quale non sono visibili che poche file di tessere: poco si può dunque ricavare a proposito della decorazione interna tranne la presenza di campiture biancastre, rosate e grigiastre delle quali è difficile prevedere lo sviluppo. Analo-ghi cromatismi si riscontrano anche all’esterno del tratto nord-ovest della gran-de cornice di sinusoidi, ove sussistono campiture geometriche degli stessi colori ma di difficile integrazione. Il pavimento prosegue comunque sotto via Cernaia dove dovrebbe essere tuttora almeno in parte conservato.

Forica Di notevole estensione sono i tratti musivi superstiti nella grandissima forica semicircolare (fig. 6) che si trovano nella penultima esedra del recinto nord-orientale, che era quello di facciata delle Terme. Forse, proprio per la posizione

periferica presso l’angolo est, la pavimentazione di questo ambiente è scampa-ta in buona parte alle spoliazioni e/o distruzioni, evidentemente verificatesi in buona parte del grandioso complesso.

Questo mosaico è stato studiato in modo dettagliato in tempi molto recen-ti e quindi sarà inevitabile attingere all’analisi che ne hanno proposto, pochi an-ni or sono, Mariarosaria Esposito e Fulvia Olevano18 e alla quale aggiungeremo semmai qualche ulteriore commento su aspetti soprattutto tipologici.

La forma dell’ambiente in cui fu installata questa monumentale forica non è quella di un semicerchio ma piuttosto quella di un segmento circolare (con nicchie terminali), con corda da circa m 40 e saetta da circa m 16. Il mosaico che occupava l’intero ambiente, tranne la parte curvilinea periferica ove si tro-vano la canaletta e i sedili della forica, era dunque anch’esso a forma di segmen-to circolare, con corda di circa m 30 e saetta di circa m 10 e aveva dunque una superficie originaria di ben oltre mq 200.

Una prima fascia radiale del mosaico fu scoperta da Paulin o, comunque, fu per la prima volta segnalata e riprodotta a colori nel suo disegno acquarella-to n. 11 inviato nel 1881 (fig. 7a), poi incluso, ma solo in bianco e nero, nella sintetica pubblicazione del 189019, nella quale è accuratamente disegnata anche la posizione del ritrovamento indicata in una “vignetta” laterale nella tav. I-II (fig. 7b). La fortunata scelta dello scavo, eseguito appunto in direzione radia-le, permise allo studioso francese di comprendere lo sviluppo del disegno ori-ginario, che di fatto era la rielaborazione in versione centralizzata del ben no-to schema iterativo a esagoni e rombi affiancati, il quale ha invece uno svilup-po unidirezionale20: ovviamente il mosaicista usò a tale scopo l’accorgimento di far crescere dal centro alla periferia le figure geometriche di base, ottenendo così una soluzione del tutto originale, per la quale non si sono per ora trovati confronti specifici21. La complessità dell’intera composizione si poté percepire comunque, in tutti i suoi particolari, solo dopo lo sterro totale della vastissima superficie musiva superstite che fu eseguito parecchi anni dopo la conclusione dello studio di Paulin, forse nel 188822. È merito della Esposito e della Oleva-no l’aver rintracciato nell’Archivio Centrale dello Stato uno splendido rilievo della stesura musiva (eseguito forse appena dopo lo scavo), la cui riproduzione le stesse autrici ci hanno generosamente concesso di pubblicare in questa sede (fig. 8)23. Probabilmente poco dopo il 1895 si decise il restauro integrativo che ancora vediamo, che ha colmato le lacune esistenti con mosaico di imitazione e ci ha restituito, secondo il costume dell’epoca, la stesura musiva che ancora sussiste, pur se consolidata con ulteriori interventi susseguitisi fino a epoca re-lativamente recente.

Esaminando in dettaglio il mosaico24 dobbiamo subito osservare che non è bicromo come sembrerebbe a prima vista – anche perché sinora, a parte una prima riproduzione grafica del Paulin (fig. 7) è stato pubblicato soprattutto in

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Mosaici pavimentali e parietali delle Terme di Diocleziano

8 Terme di Diocleziano. Rilievo del pavimento della forica dopo la conclusione dello scavo del 1888 (Archivio Centrale dello Stato, AABBAA, II, 2a s., b.369, fasc. 4187)

9 Terme di Diocleziano. Particolare della zona periferica del pavimento della forica

10 Terme di Diocleziano. Particolare della cornice esterna del pavimento della forica

bianco e nero – ma, come si è recentemente specificato25, è realizzato in tricro-mia, cioè in bianco-grigio, nero e giallo-rosa chiaro e con tessere in buona par-te marmoree (fig. 9). Dal punto di vista della composizione dobbiamo poi di-stinguere tre zone con tre diversi schemi decorativi che vanno descritti separa-tamente: quello principale è la citata e originalissima soluzione a sviluppo cen-tralizzato, quello periferico è una semplice cornice a treccia a maglie circolari e, infine, quello della lunetta centrale è una rappresentazione a schema libero con motivi vegetali.

Per quanto riguarda il primo motivo, si nota come l’inedito tentativo del mosaicista di adattare alla soluzione centralizzata – e quindi convergente – uno schema geometrico, nato come iterativo lineare, abbia creato non pochi proble-mi di deformazione graduale dei rombi e degli esagoni (figg. 6-9). Questi ul-timi sono diventati infatti irregolari e (prendendo a prestito l’espressione usata dalle studiose che per ultimo lo hanno analizzato) “sono articolati internamen-te in modo variabile: in entrambe le figure lo schema di base è ribattuto all’in-terno più volte e in modo concentrico ma con variazioni cromatiche e con una

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9 10

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6 Terme di Diocleziano. Mosaico della grande forica presso l’angolo est delle Terme, zona centrale

7 Terme di Diocleziano. Tratto musivo della grande forica scoperto da Paulin prima del 1881.

a. Rilievo del motivo decorativo (da Paulin 1880-1882, particolare del disegno n. 11); b. Pianta del ritrovamento, saggio di scavo n. 12 (da Paulin, 1890, tavv. I-II, fouille 12)

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Mosaici pavimentali e parietali delle Terme di Diocleziano

13 Terme di Diocleziano. Ambiente angolare nord (sotto il Ministero delle Finanze), particolare

della cornice musiva di separazione tra le due zone

11 Terme di Diocleziano. Ambiente angolare nord (sotto il Ministero delle Finanze), particolare del

mosaico nella zona centrale12 Terme di Diocleziano.

Ambiente angolare nord (sotto il Ministero delle

Finanze), particolare del mosaico nella zona terminale nord-est

sulla base di limitati saggi di pulitura finora eseguiti: la descrizione che si pro-pone dovrà dunque essere considerata preliminare e potrà essere completata e corredata di una adeguata illustrazione grafica e fotografica quando il restauro verrà ultimato.

Gli otto tratti superstiti30 appartengono a due diverse stesure che occupa-no rispettivamente il corpo centrale dell’ambiente e i due nicchioni di fondo in ambedue i lati brevi dell’ambiente scoperto; una fascia larga circa cm 70 fa da cornice tra i tratti periferici e quello centrale.

Il pavimento di maggiore estensione, cioè appunto quello del settore cen-trale, è una composizione di quadrati e rombi (fig. 11) con la variante della so-stituzione dei quadrati con meandri di svastiche31: due file di tessere di marmi bianchi o venati piuttosto grandi, da circa cm 2-3, delineano le svastiche su un fondo di tessere di tessere litiche rosa scuro, della medesima dimensione e di-sposte su tre file, che disegnano anche i rombi campiti da tessere giallastre di colore simile a quello del giallo antico ma, a quanto risulta da una prima osser-vazione, probabilmente di un calcare nostrano come quello delle tessere rosa. La redazione è regolare pur se non troppo accurata e le tessere sono di forma per lo più irregolare e male accostate tra loro: la tecnica è insomma un po’ sommaria anche se il risultato decorativo è accettabile.

Questo motivo è presente a Ostia nel III secolo32, ma è ben testimoniato soprattutto nella piena età imperiale a partire dagli esempi del I secolo d.C., co-me quelli di Sant’Angelo di Vado nelle Marche33 e di Aquileia34, e riemerge an-che nella piena età paleocristiana35. Nella sua forma a semplice sviluppo lineare presenta anche una certa diffusione dal punto di vista geografico36, ma nel no-stro caso il materiale litico di delicata policromia impiegato per le tessere e la di-

molteplicità che aumenta con la distanza dal centro ed è maggiore nel caso dei rombi. Solo negli esagoni infine il campo interno è occupato da un fiore mul-tipetalo che adatta la sua forma e le sue dimensioni all’incremento del riquadro che lo contiene”26.

Proprio i fiori multipetali con foglie alternativamente fusiformi e trifide (figg. 6-9) sono l’elemento decorativo più vivace di questo vastissimo tratto mu-sivo e, insieme al delicato cromatismo, permettono di inquadrarlo anche stili-sticamente, come era d’altronde scontato, nell’ambito della produzione musiva tardo-antica di Roma27.

Analoghe valutazioni stilistiche si possono proporre per il secondo tratto musivo (fig. 10), quello della cornice curvilinea a sinusoidi allacciate su fondo contrastante28. In questo caso, peraltro, dato che il motivo di base è stato stu-diato in dettaglio anche molto recentemente, possiamo rinviare alle analisi spe-cifiche già proposte – l’ultima di esse include anche il nostro mosaico – dalle quali risulta che, seppure presente nella piena età imperiale, lo schema impie-gato è più caratteristico del periodo tardo-antico29 e, infatti, compare nella sua versione iterativa anche nella palestra (cfr. supra).

Meno inquadrabile è il terzo motivo presente, cioè quello della lunetta cen-trale (fig. 6) che, essendo a schema libero, offre poche possibilità di confron-to puntuale ma si colloca comunque senza difficoltà nel contesto dioclezianeo.

Ambiente angolare estNegli anni settanta del secolo scorso, in occasione di lavori all’interno del Mi-nistero delle Finanze è stato rimesso in luce un ambiente del recinto esterno delle Terme di Diocleziano, ubicato precisamente nell’angolo est del perime-tro. All’interno del vano, articolato in due settori, sono stati rinvenuti, ancora in situ, vasti tratti delle originarie pavimentazioni a mosaico che, solo recente-mente, sono state inserite in un progetto di manutenzione e restauro. Nel cor-so dei lavori, per ora solo in fase iniziale, è stato possibile accertare le soprav-vivenze e inquadrare i mosaici dal punto di vista tipologico e tecnico, ma solo

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Mosaici pavimentali e parietali delle Terme di Diocleziano

Il mosaico è stato tempestivamente pubblicato dall’autrice del ritrovamen-to, che ha anche commentato il motivo e proposto confronti decisamente per-tinenti con esempi di area romana ai quali rinviamo42 e che includono anche un tessellato delle Terme di Caracalla a suo tempo segnalato dalla Blake43. Nel-la medisima pubblicazione la Candilio, tenendo conto delle dimensioni del-le tessere bianche, particolarmente grandi, ha ipotizzato anche che il mosaico possa essere più tardo (IV-V secolo) e abbia semmai sostituito un precedente tessellato dioclezianeo con un uguale disegno, a sua volte imitato dalle Terme di Caracalla.

In effetti, anche se l’osservazione è giustificabile, non sembra che la reda-zione di questo pavimento si discosti da quella degli altri originali fin qui de-scritti: con ciò non si vuole comunque escludere che restauri o rifacimenti del-le pavimentazioni dioclezianee possano essersi verificati negli oltre due secoli di vita delle Terme.

Mosaici pavimentali documentati ma non più visibili o non più esistentiÈ noto che molti architetti francesi, dalla fine del Settecento a poco dopo la metà del secolo scorso, ebbero la possibilità di vincere una borsa di studio qua-driennale, che permetteva di venire a Roma allo scopo di studiare e rilevare un monumento antico importante per poi proporne il rilevamento delle soprav-vivenze e la ricostruzione ipotetica della struttura originale44. L’architetto Ed-mond-Jean-Baptiste Paulin fu tra quelli che riuscirono a ottenere questo pri-vilegio e propose il rilevamento e l’analisi dei resti delle Terme di Diocleziano, che doveva svolgersi tra il 1877 e il 1880 e concludersi in quell’ultimo anno con l’invio (Envoi) a Parigi dei disegni elaborati in tal senso; in effetti una ma-lattia di cui soffrì Paulin nel 1879 comportò la concessione di una proroga del-la elaborazione conclusiva dello studio e dell’Envoi che fu diluito nel periodo 1880-1882, come risulta dalle date apposte nei disegni originali45, ora conser-vati all’école nationale supérieure des Beaux-Arts46. Si tratta di una preziosa documentazione, soprattutto grafica, che include anche un certo numero di pavimentazioni musive e marmoree delle Terme, rinvenute in occasione di al-cuni saggi di scavo che l’architetto francese eseguì o di cui ebbe informazioni dirette appunto durante il suo soggiorno a Roma e che riprodusse graficamen-te con notevole accuratezza – anche se con commenti scarsi o inesistenti – nel suo Envoi originale a colori del 1880-1882 (fig. 14)47 e poi nella pubblicazione a stampa del medesimo studio nel 189048; va detto però che quest’ultima, pur essendo in folio, è in scala ridotta rispetto all’originale (m 1,07x0,79), è solo in bianco e nero e presenta variazioni di impaginato e omissioni rispetto alla ver-sione principale inviata, per quel foglio specifico, nel 1881.

I pavimenti rinvenuti e rilevati da questo autore, tranne quello della forica, sono oggi quasi tutti scomparsi o rinterrati, e quindi, in questa sede, ne potre-

mensione delle stesse non possono che caratterizzare in modo specifico l’aspetto redazionale e confermano comunque la datazione all’età tetrarchica avanzata.

Il secondo tratto musivo è composto da una campitura con motivo geome-trico iterativo assai semplice e comunque comunissimo, a ottagoni adiacenti e quadrati37, delineato con le comuni tessere nere di leucitite e con gli ottagoni campiti in alternanza in bianco e giallastro, mentre i quadrati sono di colore rossastro (fig. 12). Le tessere sono di dimensioni abbastanza grandi (cm 2-3) e di forma piuttosto irregolare; i materiali impiegati sono, oltre la leucitite nera nelle delineature, il marmo bianco e vari calcari colorati. Il motivo di base, nel-la sua forma elementare, è diffuso in un arco cronologico estesissimo38 e non offre quindi appigli cronologici: per la datazione dobbiamo dunque basarci, anche in questo caso, sugli aspetti tecnici della redazione che sono d’altronde coerenti con il dato storico ben noto.

Meno frequente, specialmente nell’epoca in questione, è la cornice che se-para il tappeto centrale da quelli periferici (fig. 13). Si tratta di una fascia con fondo a tessere bianche decorata da una serie continua di ‘S’ a volute contrap-poste e allacciate solo da un lato, in inversione nelle coppie adiacenti39. La cor-nice è bordata da ambo i lati da una fila di tessere nere di leucitite,

mentre le ‘S’ sono delineate con una sola fila di tessere grigio-verdi anch’es-se, almeno apparentemente, di materiali litici.

Il motivo ‘a doppie S’, tipico delle cornici o dei tratti lineari (per esempio le soglie) non è particolarmente frequente, anzi, è relativamente insolito nell’area di Roma ed è invece abbastanza diffuso, in età paleocristiana, nelle decorazioni musive parietali40. L’allacciamento tra le ‘S’, qui realizzato con un tratto linea-re a forma di ‘V’, ha una sua originalità e anche la resa geometrica del motivo, pur se un po’ corsiva, è nel complesso abbastanza corretta.

L’analisi dei mosaici conservati in questo ambiente, eseguita di fatto solo su alcuni saggi di pulitura, non può andare oltre e si potrà eventualmente ap-profondire e precisare solo quando saranno completati la pulitura e i restauri delle superfici musive.

Ambiente annesso alla palestra nord-occidentaleNel 1985 i lavori di sistemazione, eseguiti in quella sezione settentrionale del-le Terme che è stata a suo tempo separata dal restante corpo centrale dal trac-ciato della via Cernaia, hanno permesso di rimettere in luce un tratto musivo superstite di un ambiente laterale a quello absidato prospiciente sulla palestra nord-occidentale.

Si tratta di un frammento nel quale si riconosce una linea di bordura di tes-sere nere di leucitite di dimensioni medio-grandi (cm 1,5-2) su fondo bianco di tessere marmoree assai più grandi (cm 3-4), che reca nel campo il semplice mo-tivo delle sinusoidi contigue opposte41, reso anch’esso in tessere nere di leucitite.

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Mosaici pavimentali e parietali delle Terme di Diocleziano

14 Terme di Diocleziano. Particolare del disegno n. 11 dell’Envoi di Paulin con indicazione dei resti musivi, datato 1881 (da Paulin 1880-1882)

15 Terme di Diocleziano. Particolare della foto precedente con frammenti del pavimento in sectile del calidarium

(da Paulin 1880-1882)

16 Terme di Diocleziano. Particolare della fig. 14 con rilievo di un tratto musivo a tessere porfiretiche attribuito al calidarium

(da Paulin 1880-1882)

17 Terme di Diocleziano. Particolare della fig. 14 con rilievo di un tratto musivo a tessere porfiretiche attribuito al calidarium (da Paulin 1880-1882)

mo proporre solo un’analisi indiretta, ma comunque utile a integrare per quan-to possibile il quadro relativo alle pavimentazioni delle Terme.

CalidariumPaulin, che conosceva la pianta delle Terme tracciata già in precedenza dagli antiquari dei secoli precedenti e quindi sapeva che il grande calidarium ad aula rettangolare tetraconca con nicchie minori rettangolari si trovava avanti all’in-gresso della Basilica di Santa Maria degli Angeli, probabilmente vide gli scavi eseguiti in quella zona nel 1878 in occasione della sistemazione della piazza di Termini, ma per la riproduzione nelle sue tavole dei tratti pavimentali ritrovati utilizzò i disegni di Mosaïques… communiquées par les ingenieurs de la Ville de Rome, (fig. 14, in basso): tra questi ingegneri non è difficile individuare, pur se in via ipotetica, anche Rodolfo Lanciani. In quell’occasione si rinvennero resti degli ipocausti e di almeno tre tratti pavimentali, due in mosaico e uno in sectile, che furono inclusi nell’Envoi del 188049 e indicati rispettivamente con le didascalie Mosaïques trouvées dans les niches situées dans le Caldarium, per i primi due, e Pavement du Caldarium, per l’altro50. La specificazione relativa alle nicchie, cioè alle absidi, è molto utile per capire la distribuzione dei pavi-menti; infatti, dato che uno dei mosaici ha forma curvilinea, si può appunto ritenere che occupasse una nicchia semicircolare; da quanto si vede poi nella ricostruzione finale proposta51, il sectile doveva invece pavimentare lo spazio rettangolare dell’aula e, forse, anche l’abside corrispondente all’attuale ingres-so della Basilica.

Il pavimento principale, in opus sectile (fig. 15), era redatto secondo un motivo piuttosto semplice e, di fatto, tipico delle Grandi Aule (basilica Ulpia, Pantheon, templum Pacis ecc.), cioè a schema reticolare a maglie quadrate con-tenenti dischi. In base alla scala metrica riportata nella riproduzione si può sta-bilire, pur se con una certa approssimazione, che i riquadri fossero di m 1,20 circa, che le fasce fossero di circa cm 40 e che i dischi avessero un diametro da cm 75 circa, ma si tratta di indicazioni da considerare molto approssimative.

Per quanto riguarda, infine, i marmi impiegati, i colori della rappresenta-zione di Paulin (fig. 15) suggeriscono la presenza di fasce di giallo antico che formavano uno schema reticolare a maglie quadrate, entro le quali, su fondo alternato di porfido rosso egiziano e di un altro marmo non indicato, erano in-seriti dischi ugualmente di giallo antico e di altra specie non indicata (bianco o pavonazzetto?).

Ciò viene confermato, ma solo in parte, da un breve cenno nel “Registro dei trovamenti” relativo al 9 luglio 187852, nel quale si specifica il rinvenimento di lastre in giallo antico e porfido rosso. Anna Tartaro (Tartaro c.s.) ha ricavato ulteriori indicazioni in documenti che attestano la presenza di granito (dischi) e marmi bianchi.

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Mosaici pavimentali e parietali delle Terme di Diocleziano

20 Terme di Diocleziano. Particolare della fig. 14 con disegno del mosaico nell’ambiente angolare est (da Paulin 1880-1882,

disegno n. 11)21 Terme di Diocleziano.

Rilievo relativo al saggio di scavo n. 9 eseguito da Paulin nell’ambiente

angolare est delle Terme (da Paulin 1890, tavv. I-II, fouilles 9-10)

che le squame diminuissero la loro dimensione andando a convergere verso un centro che comunque non doveva necessariamente essere raggiunto: il motivo poteva infatti campire un intero semicerchio absidale60, o, più probabilmente, una semicorona circolare disposta intorno a un semicerchio minore con altra decorazione interna.

Palestra sudAbbiamo già descritto il mosaico del portico della palestra nord-occidentale (figg. 1-5) pubblicato prima da Bulian e poi, in maggior dettaglio, dalla Can-dilio (cfr. supra), che è risultato identico a quello che Paulin aveva scoperto a suo tempo nella palestra sud-orientale, come risulta sia dal disegno dell’origi-nale a colori61, sia dal più esteso tratto rappresentato però in bianco e nero nel-la pubblicazione a stampa (fig. 18)62, sia, soprattutto, dallo schema grafico in cui è rappresentata in planimetria la “fouille 7” con la chiara indicazione della posizione dello scavo e dell’estensione dei resti rinvenuti (fig. 19)63. È ovvio dunque che l’analisi proposta per i resti tuttora visibili nella palestra nord-oc-cidentale vale anche per questo tratto musivo e conferma che, nelle Terme di Diocleziano, come in quelle di Caracalla, gli ambienti “gemelli” avevano spes-so anche pavimenti identici.

Ambiente angolare estIn questo ambiente Paulin pone un mosaico con motivo geometrico a rombi e quadrati sostituiti da meandri di svastiche (fig. 20), identico a quello osservato nel già descritto ambiente nord (fig. 11); si deve tuttavia precisare che l’archi-tetto francese non fu lo scopritore di questo mosaico, che era stato rinvenuto nel 1873 e già sommariamente menzionato nel 1873 e nel 187664.

Passando ai due mosaici indicati da Paulin nel calidarium, il primo (fig. 16) è insolitamente complesso e si potrebbe inquadrare come cornice resa con treccia a calice serrata con orlo curvo e occhiello53, ma la presenza – a lato del tratto rilevato – di una vera e tipica cornice a treccia a due capi e il possibile svi-luppo laterale della struttura a calice, che sembrerebbe riproporsi lateralmen-te in inversione, fanno pensare a una campitura a larga fascia di bordura come nella palestra nord-occidentale, il che supporta una nuova interpretazione alla quale rinvio54. Si deve però tener presente che il motivo della treccia a calice è noto in versione doppia55 ma non come campitura unidirezionale e quindi non si possono proporre confronti per questo tratto musivo decisamente insolito e, comunque, di difficile interpretazione pur se di impaginazione analoga a quello rinvenuto, come abbiamo visto, nella palestra nord-occidentale (figg. 1, 5). L’u-nica cosa certa è che sia quello sia questo sono composti secondo la “quadricro-mia neroniana”, con tessere di porfido rosso, marmi bianchi, porfido verde gre-co e giallo antico, e quindi rientrano nello “stile termale” a tessere porfiretiche, presente solo a Roma e solo a partire dall’età severiana56. La medesima tecnica redazionale è d’altronde impiegata anche nell’ultimo dei tre pavimenti attribuiti da Paulin al calidarium. Si tratta stavolta (fig. 17) di uno schema più comune, quello delle squame bipartite e affiancate57. Questo motivo di base a sviluppo ortogonale è piuttosto frequente58 ed esiste già in età tardo-repubblicana anche in policromia59. Se si tiene poi conto della “quadricromia neroniana”, evidente-mente presente anche in questo caso, si può confermare che questo mosaico è comunque in linea con il repertorio presente nelle Terme di Caracalla, al qua-le lo accomuna anche l’elegante bordura a girali vegetali redatta probabilmen-te anch’essa con tessere di porfido verde e rosso, come sembra di poter vede-re dall’illustrazione di Paulin. Tuttavia, dato che, come abbiamo anticipato, il bordo accenna a una curvatura, è possibile che lo schema fosse centralizzato e

20 21

18 Terme di Diocleziano. Rilievo del mosaico a tessere porfiretiche della palestra sud-orientale

(da Paulin 1890, tav. VII)

19 Terme di Diocleziano. Particolare del rilievo con posizionamento del tratto musivo di fig. 18 nella palestra sud-orientale,

saggio di scavo n. 7 (da Paulin 1890, tavv. I-II,

fouille 7)

18 19

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Mosaici pavimentali e parietali delle Terme di Diocleziano

Dobbiamo infatti ricordare che nei disegni relativi agli scavi da lui stesso eseguiti e illustrati graficamente nella tav. I-II della relazione a stampa del 1890, Paulin indica l’ambiente in questione (fig. 21, fouille 9), ma non inserisce il mosaico nel grafico e così lascia intendere che i suoi sondaggi furono probabil-mente finalizzati al solo accertamento planimetrico degli angoli dell’ambiente e che il pavimento non fu visto in quell’occasione, forse perché già distrutto o rimosso durante i lavori che si erano svolti nel 1873 in quella zona per la “de-viazione del condotto dell’Acqua Felice”. Proprio a quell’anno, infatti, corri-spondono varie notizie del ritrovamento dello stesso vano periferico delle Ter-me con il mosaico in questione: “ Ambiente rettangolare dell’ang. E del recinto con pavimento in rozzo mosaico bianco, rosso e giallo, a meandro continuo, scoperto per intero (profondità, m. 4,70 circa)”65. D’altronde, come abbiamo osservato in precedenza, Paulin, nel disegno n. 11 del 1881 (fig. 14), riporta quattro tratti pavimentali (tra i quali proprio quello in questione, con il n. 3 e l’indicazione specifica “Mosaïque de la salle EE” che corrisponde a un ambien-te perimetrale del lato sud-ovest) dei quali specifica, in calce, che gli sono stati comunicati dagli “ingénieurs de la Ville de Rome”: è chiaro, dunque, che non fu Paulin a riportare alla luce i quattro tratti musivi cui si riferisce – il sectile, i due mosaici del calidarium e questo dell’ambiente periferico est – e forse non ne vi-de nessuno in situ, ma si servì di indicazioni e disegni fornitigli dagli archeologi del Comune di Roma. Solo un tratto del mosaico della forica e di quello della palestra sud-orientale furono probabilmente da lui scoperti o, comunque, ri-messi in luce in sua presenza.

Dobbiamo però anche ammettere che, senza il disegno di Paulin (fig. 20), che riproduce in dettaglio il motivo geometrico dell’ambiente in questione, non avremmo mai potuto avere la certezza66 che esso fosse identico a quello che abbiamo potuto rilevare nel simmetrico ambiente dell’angolo nord, tutto-ra conservato sotto il Ministero delle Finanze. Si deve comunque dedurre che del pavimento originale doveva esistere un disegno o qualche tratto originale rimosso, sulla base dei quali Paulin poté elaborare il suo grafico. Concludendo, comunque, non possiamo che constatare che, anche in questo caso, i pavimen-ti degli ambienti simmetrici delle Terme di Diocleziano avevano disegni identi-ci. Di conseguenza, per il commento al motivo appena descritto non possiamo che rinviare a quanto osservato a proposito del mosaico dell’ambiente angolare nord, avanzando peraltro l’ipotesi della compresenza, anche nell’ambiente est, del motivo a ottagoni e quadrati individuato nei lati corti dell’ambiente sim-metrico sotto il Ministero delle Finanze.

Area ovest del complessoAi pavimenti segnalati da Paulin ben poco si può aggiungere utilizzando le no-tizie di scavi legati agli interventi “pubblici” che interessarono soprattutto la

zona sud (piazza dei Cinquecento) e la zona ovest (piazza dell’Esedra) del com-plesso termale dioclezianeo.

Le menzioni troppo generiche che si estraggono dalle pubblicazioni uffi-ciali o dai resoconti interni, che sono accuratamente riportate nei volumi II e III della Carta Archeologica di Roma, ci offrono talvolta solo delle conferme di dati già acquisiti. Solo in un caso ci è sembrato opportuno riportare una pur sempre sommaria ma quantomeno insolita descrizione che fa sospettare la pre-senza di mosaici del tutto diversi da quelli altrimenti noti.

Si tratta di un breve cenno di Lanciani a proposito della già ricordata “deviazione dell’Acquedotto Felice” per la quale si dovette eseguire un appro-fondimento continuo all’interno del recinto delle Terme. L’archeologo così si esprime: “I pavimenti talvolta apparvero commessi di marmi peregrini: più sovente sono di musaico a chiaro-scuro (come quello trovato il 30 aprile [si riferisce al 1873] nel cortile dell’ospizio de’ sordo-muti, con disegno di cra-teri, uccelli, etc.) ovvero multicolore”. Anche se l’edificio in cui era allora in-sediato l’Ospizio dei sordomuti è solo in parte all’interno del recinto delle Terme è possibile che il mosaico citato fosse in uno degli ambienti periferici verso ovest, oppure che fosse a livelli archeologici precedenti a quelli diocle-zianei.

Mosaici parietaliIn aggiunta a quanto finora osservato a proposito dei mosaici pavimentali, dobbiamo dare un cenno dei resti musivi parietali che sono stati rinvenuti in situ nel corso dei lavori più recenti67, anche se si tratta solo di piccoli gruppi di tessere di paste vitree, che sono rimaste quasi miracolosamente abbarbicate al sottofondo originario su alcune pareti, sia piane sia curvilinee e a varie altezze. Va precisato, in particolare, che i resti cui faremo riferimento sono stati rinve-nuti solo nei casi in cui è stata eseguita una ricognizione capillare ravvicinata e quindi si deve ritenere probabile che, moltiplicando le ispezioni finalizzate delle parti piu alte delle strutture esistenti, si incrementeranno anche i rinveni-menti delle tracce di rivestimenti musivi.

Rivolgendoci comunque a quanto finora accertato, osserviamo che si trat-ta sempre e soltanto di minimi resti che non permettono mai di ricostruire un disegno di particolari decorativi, ma che dimostrano comunque la presenza di una decorazione musiva policroma su superfici che dobbiamo ritenere inaspet-tatamente estese, poiché, se è vero che le tessere sono poche e rade, è pur vero che la loro dispersione su ampie aree e, soprattutto, la notevole estensione del doppio strato di malta di allettamento su cui si distendeva la superficie musiva originaria indicano che tali decorazioni dovevano essere presenti su superfici di decine e, talvolta, centinaia di metri quadrati.

Gruppi di tessere rosse e azzurre sono stati rinvenuti in situ nella volta a

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Mosaici pavimentali e parietali delle Terme di Diocleziano

crociera dell’Aula VIII (figg. 22-23) ma si trovavano certamente anche nei due grandi catini absidali che non sono stati ispezionati in modo capillare.

L’insieme più cospicuo di ritrovamenti si è comunque verificato nel muro esterno corrispondente all’Aula XI (pianta) (figg. 24a-24b), nella zona centrale tra la seconda e terza finestra ove sono più abbondanti i resti dell’intonaco di preparazione (fig. 25), che però sussiste, anche se in brevi tratti, lungo tutta la parete (fig. 24b). Mostriamo qui di seguito una selezione di alcuni resti soprav-vissuti in situ (figg. 26-27) e documentati anche in dettaglio.

Posiz. 1 n. 5 tessere di colore rosso, nero e verde chiaro (fig. 28,1)Posiz. 2 n. 5 tessere di colore rosso e blu violaceo (fig. 28,2)Posiz. 3 n. 6 tessere di colore rosso e verde chiaro (fig. 28,3)Posiz. 4 n. 18 tessere di colore azzurro, grigio e bianco (fig. 28,4)Posiz. 5 n. 10 tessere di colore azzurro, rosso,nero e bianco (fig. 28,5)Posiz. 6 n. 14 tessere di colore marrone scuro, rosso e nerastro (fig. 28,6)Dato che i resti dello strato di preparazione analogo a quello su cui le citate

tessere sono tuttora allettate si individuano anche sull’intera, estesissima parete, lunga circa m 60, dobbiamo dedurre che nelle Terme di Diocleziano si poteva trovare un mosaico di una estensione mai finora riscontrata68.

Questa constatazione è ancor più sorprendente se si considera che in molti altri ambienti è stata rilevata in precedenti indagini la presenza di una decora-zione musiva, come possiamo ricavare dalle accurate osservazioni di Sear, che l’ha infatti riscontrata in due annessi sud ed est del frigidarium e, nella natatio, sia nei catini absidali delle due grandi nicchie, sia nell’annesso sud-est, ango-lo sud69. A questi ambienti si può aggiungere, pur se in base a prove indirette, quello della Palestra nord nella quale la Candilio, nel corso della rimozione del terreno e dei detriti che ricoprivano il pavimento a mosaico, ha rinvenuto mol-te tessere di paste vitree, anche a foglia d’oro70.

ConclusioniL’analisi d’insieme delle decorazioni musive pavimentali e parietali delle Ter-me di Diocleziano, nonostante la relativa limitatezza dei resti superstiti, che comunque potrebbero facilmente incrementarsi con nuovi (ulteriori) scavi o con ulteriori accertamenti, ci permette di proporre una serie di osservazioni di carattere generale che hanno anche lo scopo di restituire ai mosaici di questo complesso una importanza finora del tutto sottovalutata.

È soprattutto il confronto con le Terme di Caracalla, già impostato a suo tempo quando i mosaici della palestra nord non erano stati scoperti71 e poi ri-badito solo in linea generale dopo la scoperta stessa72, che va decisamente ap-profondito. L’accostamento tra i repertori musivi delle due grandi terme è in effetti estremamente istruttivo non solo dal punto di vista delle scelte cromati-che e formali già individuate, ma anche e soprattutto dal punto di vista tecnico.

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22 Terme di Diocleziano. Tessere musive in situ alla base della volta della Sala IX

23 Terme di Diocleziano. Singola tessera azzurra tuttora in situ alla base della volta della Sala IX

24 Terme di Diocleziano. Parete esterna corrispondente alla Sala XI.

a. Veduta d’insieme; b. Rilievo della parete con indicazione dei resti di intonaco, con inquadramento in rosso della zona più ricca di sopravvivenze musive

25 Terme di Diocleziano. Particolare della zona centrale della parete di fig. 24a evidenziata in rosso

nella fig. 24b26 Terme di Diocleziano.

Particolare dell’intonaco con tessere musive del tratto di parete di fig. 25

27 Terme di Diocleziano. Particolare dell’intonaco con tessere musive del tratto di parete di fig. 25

28 Terme di Diocleziano. Parete esterna dell’Aula XI con particolari delle tessere musive sopravvissute nelle zone 1-6

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Mosaici pavimentali e parietali delle Terme di Diocleziano

di palombino che avevano accompagnato per secoli il mosaico romano (e ita-lico), la presenza di tessere in materiali litici policromi affiancati ai marmi so-no infatti caratteristiche specifiche; infine, la dimensione stessa delle tessere, doppia o tripla rispetto a quella in uso nei secoli precedenti, è un elemento di indiscussa originalità.

L’analisi d’insieme fin qui proposta permette dunque di porre il contesto delle pavimentazioni musive delle Terme di Diocleziano su un piano di proget-tualità innovativa che finora sembra sia stata sottovalutata a favore di interpre-tazioni che vedevano questo complesso come stanca imitazione di più nobili precedenti. Anche per questo motivo sono state avanzate talvolta ipotesi di re-visione di alcune datazioni: si è infatti suggerita in qualche caso una datazione più bassa di quella tetrarchica per alcuni tratti pavimentali74. Anche se questa possibilità si deve comunque lasciare aperta specialmente, come vedremo, per una parte dei mosaici parietali, non sembra tuttavia che, per ora, ci siano dati concreti per l’individuazione di estese fasi di restauro.

In ogni caso la nuova impostazione della cultura artistica che si è osserva-ta nel settore del mosaico pavimentale sembra abbastanza coerente con quella che si è riscontrata in epoca solo di poco successiva nell’ambito dell’architettu-ra75, e quindi non ci si deve meravigliare che l’età tetrarchica possa contenere già le radici delle innovazioni che saranno poi in pieno sviluppo nella contigua età costantiniana.

Ancor più significativo, in questo senso, è quanto ci suggerisce l’estensione della decorazione musiva parietale76, nonostante la sporadicità delle tracce con-crete che ne sono state evidenziate.

Se si tiene infatti presente la relativa scarsità di grandi stesure musive parie-tali nella piena età imperiale77 e il dilagare delle medesime dall’età costantiniana in poi78 si può certo vedere nelle Terme di Diocleziano un primo embrionale esempio di questa tendenza79. Certo non si può non osservare come lo strato di preparazione per il mosaico, di cui abbiamo indicato la notevole estensione sulla parete esterna dell’Aula XI, inglobi anche una parte della cornicetta deco-rativa in laterizio che si trova sotto la fila di mensole e che era destinata a resta-re in vista: ciò potrebbe indicare che la decorazione musiva non fosse prevista nel progetto iniziale e potesse quindi essere successiva all’impianto decorativo tetrarchico. Ma forse è per ora più opportuno attendere ulteriori studi prima di avanzare conclusioni in proposito.

Ci contenteremo allora di osservare, in conclusione, che l’enorme superfi-cie musiva che doveva trovarsi sulla parete esterna dell’Aula XI e della quale non conosceremo mai – salvo nuovi ma improbabili documenti – i soggetti deco-rativi, ci presenta una nuova e del tutto inaspettata ripresa di rare sperimenta-zioni del I secolo d.C. su superfici vastissime, l’unica eccezionale testimonianza delle quali ci è per ora offerta solo dagli splendidi – e ben più cospicui – fram-

Se infatti si può costatare che le scelte dei motivi decorativi sono simili e la redazione a tessere marmoree e anche porfiretiche, sviluppata in età severiana, è applicata de imitatione anche nelle più recenti pavimentazioni dioclezianee, è pur vero che in queste ultime si riscontra, rispetto alle precedenti, sia una tecni-ca di esecuzione del tutto diversa, sia una scelta dei motivi decorativi non priva di una sua specifica originalità.

È evidente infatti che, mentre nei mosaici antoniniani – ai quali dobbiamo associare anche quelli di poco successivi, se non contemporanei, delle Terme neroniano-alessandrine73 – l’aderenza ai criteri redazionali canonici della piena età imperiale è in genere mantenuta poiché le tessere sono di dimensioni me-die (intorno a cm 1 o comunque non troppo oltre), bene accostate, di forma in prevalenza quadrata, con notevole omogeneità dei materiali all’interno del-le campiture e con attenzione alla regolarità delle forme geometriche del dise-gno, nelle Terme di Diocleziano queste regole sono invece del tutto sconvolte: le tessere sono infatti irregolari, sia nella forma sia nelle dimensioni (in alcuni casi su medie di cm 2-3, in altri di cm 3-4 e in altri ancora di cm 1,5-2,5), gli accostamenti sono del tutto “allentati” poiché non di rado si trova uno spazio di cm 0,5-1 tra una tessera e l’altra, il disegno geometrico, seppure apparente-mente regolare, è assai poco rispettato nelle dimensioni delle singole campiture che portano oscillazioni dimensionali di alcuni centimetri e, infine, i materiali delle tessere, pur se genericamente omogenei, risultano ricchi di intrusioni di tessere di marmi diversi all’interno delle singole campiture. Particolare signi-ficativo, in tal senso, è che le campiture bianche non sono più ottenute, come nelle Terme di Caracalla, con tessere di pavonazzetto, ma piuttosto con un mi-sto di marmi bianchi o venati, spesso di tono più freddo di quello che è invece caratteristico del marmo di Synnada.

Si può dire insomma che, al di là di una coerenza tradizionalista in parte anche intenzionale e di una aderenza a una sorta di “stile termale” tardo-anti-co nella scelta dei motivi e dell’uso delle tessere marmoree e porfiretiche nelle zone più importanti, si registra una decisa innovazione che, più che tecnica, si deve considerare stilistica poiché sostituisce a una perfezione formale, evidente anche a distanza ravvicinata, una tendenza che potremmo definire “impressio-nistica”, con la quale si rinuncia all’accuratezza redazionale a patto che l’effetto decorativo sia comunque altrettanto efficace.

Anche per quanto riguarda il repertorio dei motivi presenti e i materia-li impiegati per le tessere, si deve riscontrare nelle Terme di Diocleziano una originalità almeno parziale, specialmente in riferimento agli ambienti di mi-nore importanza. In particolare i motivi geometrici individuati nella forica e, soprattutto, negli ambienti angolari nord ed est sono abbastanza insoliti, spe-cialmente se considerati nell’insieme degli aspetti redazionali: il delicato cro-matismo, la ridottissima presenza di quelle tessere nere di leucitite e bianche

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Mosaici pavimentali e parietali delle Terme di Diocleziano

menti del grandioso mosaico figurato ritrovato sul Colle Oppio, sotto le Ter-me di Traiano, negli scavi della Sovrintendenza Comunale di Roma Capitale diretti da Rita Volpe.

Di tale decorazione parietale, che è ancora in fase di scavo, la stessa studiosa ha dato una magistrale illustrazione preliminare in vari convegni, i cui atti non sono stati ancora pubblicati; da quanto è noto80, tuttavia, e dalle gentili infor-mazioni fornitemi dalla stessa autrice, risulta che il mosaico originale si esten-deva per una lunghezza di circa m 16 e per un’altezza di almeno m 581, notevo-lissima ma pur sempre decisamente inferiore a quella che doveva corrispondere alla citata parete esterna dell’Aula XI delle Terme di Diocleziano.

Non è difficile immaginare dove sia finita l’enorme quantità delle tessere cadute – o, più probabilmente, fatte cadere – da quella e dalla altre pareti del complesso dioclezianeo: è probabile infatti che esse, essendo direttamente reim-piegabili negli altri mosaici parietali che decoravano e decorano tuttora le basi-liche urbane82, oppure anche riciclabili come materiale vetroso, siano state im-messe nell’immane mercato del reimpiego che dovette costituire per secoli una delle risorse principali dell’economia di Roma.

NoteRingrazio Alessandro Lugari per alcune utilissime segnalazioni e Francesca Sposito per un efficace supporto nell’analisi dei motivi decorativi dei mosaici.

1 Candilio 1985a; Eadem 1986.2 Guidobaldi 1984.3 Candilio 1986, p. 361. Alcuni frammenti ceramici trovati al di sotto del mosaico dopo il distacco appartengono infatti alla fine del IV - inizio del V secolo, ma si tratta di un ritrovamento episodico che può essere attribuito a un restauro “in stile”.4 Bulian 1985, fig. 19.5 Candilio 1985a, figg. 1-3. A quelli riportati dalla Candilio nel grafico riprodotto nella nostra fig. 1b si devono aggiungere i tratti musivi della stessa stesura rimessi in luce recentemente nell’angolo est dello stesso portico.6 Candilio 1986.7 Il motivo non compare in questa forma nel repertorio dell’AIEMA ma deriva dal motivo Décor I, 218a con la variante della bipartizione orizzontale ottenuta con un segmento curvilineo tra i due estremi laterali della squama. 8 La Candilio propone confronti per il motivo di base, ma non per questa variante, semplice ma insolita (Candilio 1986, p. 358).9 Guidobaldi 2003. In effetti nella quadricromia originale il marmo bianco è il pavonazzetto.10 Guidobaldi 1984.11 Décor I, 218d. 12 Cfr. Blake 1940, pl. 16,3. 13 Cfr. Blake 1940, pl. 16,4.14 Décor I, 233b. 15 Per una analisi delle altre testimonianze del motivo, in genere sviluppato in modo più complesso di quanto risulti nel nostro caso, cfr. Rinaldi 2007.16 Becatti 1961, n. 58, pp. 33-36.17 Candilio 1986, fig. 56. 18 Esposito, Olevano 2009. Ivi, bibliografia precedente.19 Anticipiamo qui, ma lo specificheremo meglio in seguito (cfr. infra), che le osservazioni dell’architetto Paulin si svolsero in gran parte prima del 1880, scadenza naturale del suo periodo di soggiorno quadriennale di studio a Roma concesso dall’Académie de France (Villa Medici): non si conclusero tuttavia in quell’anno, ma nei due anni successivi

e anche oltre. Il disegno originale del mosaico è attualmente conservato presso l’école Nationale Supérieure des Beaux-Arts a Parigi (Paulin 1880-1882). Dieci anni dopo fu pubblicato anche a stampa l’intero studio con i rilievi e con l’indicazione precisa degli scavi eseguiti, inclusi quelli relativi al mosaico della forica riprodotto però solo in bianco e nero (Idem 1890, p. 15 e pl. I-II, fouille 7, e pl.VII).20 Décor I, 213a. Per i confronti con il motivo in versione lineare, cfr. Esposito, Olevano 2009, p. 240, nota 8.21 La Blake, che è la prima ad aver descritto il mosaico dopo il restauro integrativo, aveva ben interpretato il disegno nella sua complessa struttura certamente originale e innovativa, ma non conosceva la pubblicazione di Paulin (che in effetti non cita) e così aveva considerato del tutto inedito questo mosaico e l’aveva ritenuto l’unico sopravvissuto in situ al tempo della sua pubblicazione (Blake 1940, p. 90). Il motivo, nella sua realizzazione centralizzata, è comunque assente nel repertorio di Décor II. 22 Giustamente Esposito e Olevano interpretano in tal senso l’indicazione “Scavi 1888” che si legge nella tav. X della Forma Urbis del Lanciani (Esposito, Olevano 2009, p. 239 e nota 2).23 Ibidem, fig. 3.24 Oggi il mosaico è interamente coperto a scopo protettivo, anche perché l’ambiente è utilizzato come deposito temporaneo e contiene, tra l’altro, alcuni prefabbricati a uso di laboratori e/o magazzini. La descrizione proposta si basa dunque su sopralluoghi di alcuni anni fa e sulle immagini allora riprese.25 Esposito, Olevano 2009, passim.26 Esposito, Olevano 2009, p. 241.27 In particolare quel tipo di fiore è particolarmente frequente proprio in pavimenti tardo-antichi. Per ulteriori confronti dei motivi decorativi e dello schema geometrico di base si rinvia comunque all’analisi più recente (Esposito, Olevano 2009, pp. 240-243).28 Décor I, 68b.29 Il motivo è stato preso in considerazione da Federica Rinaldi, in una delle sue utilissime analisi d’insieme, nella quale ha evidenziato anche la presenza a Ravenna di una cornice a coppia di sinusoidi allacciate in una fase che dovrebbe rientrare ancora nel I secolo d.C., ma ha poi segnalato gli esempi di Chiusi e di Collesalvetti che sono

appunto tardo-antichi e ai quali segue in età ancora più tarda (V secolo) l’esempio veronese della basilica paleocristiana (Rinaldi 2007, p. 38). Più recentemente Bueno ha ulteriormente allargato il campo dei confronti aggiungendo molti esempi anche di Roma – incluso il nostro – e sottolineando la frequenza specifica del motivo stesso nella tarda antichità (Bueno 2011, pp. 214-215).30 Si tratta di oltre mq 40 di superficie musiva che corrisponde a circa il 20% dell’intero ambiente rimesso in luce che è di m 12,4x18 circa. Dei frammenti superstiti tre sono assai grandi (circa mq 20, 10 e 7) e gli altri sono tra mq 0,7 e 3.31 Décor I, 161c. In questo caso l’unica variante rispetto al motivo base consiste nell’inserimento di un rombo concentrico, in colore contrastante, all’interno del rombo di base.32 Becatti 1961, pp. 232-233, n. 432 e tav. XX con datazione al III secolo. Si vedano anche i confronti ivi proposti.33 De Marinis, Quiri 2006, p. 597 e fig. 7.34 Donderer 1986, p. 26, n. 19 e taf. 7,3; nella stessa città un altro esempio è invece del II secolo (Ivi, p. 48, n. 75 e taf. 16,3).35 Farioli 1975, pp. 71-72, 81-83 e figg. 25 e 30.36 Ivi. Si rinvia in particolare alla nota 92 a p. 83 per i confronti in ambito mediterraneo e in età paleocristiana.37 Décor I, 163a.38 Per un’accurata analisi specifica del motivo non si può che rinviare al recentissimo repertorio di Michele Bueno e, in particolare, alle due varianti che esamina (Bueno 2011, pp. 276-279).39 Décor I, 91a.40 Fourlas 2012, pp. 264-265, fig. 479 e pp. 261-262, figg. 468-469.41 Décor I, 249b.42 Candilio 1987-1988.43 Blake 1940, p. 88.44 Gli architetti che ottenevano le borse di studio (architectes pensionnaires) per conto dell’Académie de France à Rome, svolgevano il loro compito, appunto, nell’arco di quattro anni, nel corso dei quali dovevano inviare a Parigi una documentazione grafica annuale (gli Envois de Rome) e una conclusiva in genere assai voluminosa. Dei numerosissimi studi eseguiti, non tutti gli Envois sono conservati e/o consultabili, ma una buona parte di essi – tra i quali è compreso quello di Paulin – è sopravvissuta e si trova in

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Mosaici pavimentali e parietali delle Terme di Diocleziano

originale a Parigi nelle Collezioni dell’École nationale supérieure des Beaux-Arts. Alcuni degli Envois – in effetti assai pochi – sono stati anche pubblicati a stampa, come nel caso dello studio di Paulin (Paulin 1890), pur se in forma assai ridotta rispetto agli enormi originali (lunghi spesso alcuni metri). Per una dettagliata descrizione dei regolamenti delle borse di studio, del Prix de Rome che corrispondeva a esse e della lista completa degli Envois dal 1778 al 1968, cfr. Pinon, Amprimoz 1988, passim. Dallo stesso testo si ricava che le Terme di Diocleziano furono oggetto anche di altri studi e, in particolare, di quelli di Ch.-V. Famin (1806), Ch.-H. Landon (1820), Fl. Boulanger (1841), E. Brune (1868), tra i quali il primo fu solo iniziato e solo il terzo fu concluso e inviato (Ivi, p. 401). Copie ridotte, in parte a colori, dei disegni di Paulin e di Boulanger sono state riprodotte in Bulian, Guzzo 1992, pp. 2-35.45 Bulian, Guzzo 1992, p. 14 e passim.46 Pinon, Amprimoz 1988, p. 375.47 Paulin 1880-1882. I disegni originali sono riprodotti in scala molto ridotta in Bulian, Guzzo 1992, pp. 14-35 ma la tavola VII che riporta i tratti musivi è solo in bianco e nero.48 Paulin 1890.49 Si deve qui precisare che nella tavola a colori dell’Envoi originale, in cui sono riportati i frammenti architettonici e musivi (Paulin 1880-1882, disegno n. 11), si trova un maggiore dettaglio rispetto alla stessa tavola del fascicolo pubblicato in bianco e nero nel 1890 (Paulin 1890, pl. VII), quindi ci riferiremo alla prima nella nostra analisi.50 Nella pubblicazione e stampa (Paulin 1890, pl. VII) la didascalia è invece Fragment de dallage mis à découvert en avant de l’église S.te Marie des Anges lors de l’abaissement du sol de la Place de Termini. In entrambe le redazioni è indicata anche la posizione esatta in cui è stato visto il frammento: si vede infatti la curva della nicchia in cui si apre l’ingresso alla chiesa e, poco più avanti, il frammento di sectile con la distanza di m 3,70 dal muro rettilineo di facciata e di m 8,50 dallo spigolo dell’abside.51 Paulin 1890, pl. VIII-IX.52 CAR, II, riquadro I, n. 106/II, p. 264. È interessante osservare che la data del ritrovamento corrisponde al soggiorno romano di Paulin.53 Décor I, 75b. Va qui sottolineato che

il disegno di questo motivo è presente solo nell’Envoi originale (Paulin 1880-1882, disegno n. 11) ed è stato invece escluso nella tavola corrispondente della pubblicazione del 1890 (Paulin 1890, pl. VII). Non è chiaro il motivo di questa esclusione anche se il ritrovamento di un disegno inedito segnalatomi da Anna Tartaro, che ringrazio anche per questa anticipazione della sua scoperta (Tartaro c.s.), potrebbe dare una giustificazione a questa anomalia.54 Anna Tartaro, nel lavoro già citato (Tartaro c.s.), avanza anche la sua convincente proposta di attribuire questo mosaico non al calidarium ma alla palestra sud-orientale.55 Décor I, 75c.56 Guidobaldi 1984.57 Décor I, 217e.58 Per una analisi specifica del motivo bicromo di base si rinvia a Rinaldi 2007, p. 172.59 Agli esempi citati dalla Rinaldi si può ora aggiungere anche una soglia policroma di Teramo, pur se su scala ridotta e a tessere minute (Angeletti 2012, pp. 5-6, fig. 2).60 Si tratterebbe, in questo caso, della metà di uno pseudoscudo di squame bipartite del tipo di Décor II, 332a o 334a.61 Paulin 1880-1882, disegno n. 11.62 Paulin 1890, pl. VII.63 Paulin 1890, pl. I-II in pianta e in alto a destra.64 CAR, III, p. 224 (G n. 100); Lanciani 1876a, p. 170 e tav. XVIII con accenno all’intelaiatura differenziata di due pavimenti nei due ambienti contigui.65 CAR, III, p. 224 (G n. 100).66 Infatti le menzioni sommarie contenute nelle pubblicazioni e nei documenti appena citati (cfr. note precedenti) non permettono certo di ricostruire completamente il motivo dei mosaici rinvenuti nel 1873.67 Una prima segnalazione di questi resti musivi mi era stata fornita da Alessandro Lugari, che ringrazio amichevolmente per la circostanziata indicazione; il materiale grafico e fotografico relativo ai rinvenimenti e le ulteriori informazioni in proposito li debbo invece a Marina Magnani Cianetti, che ha condotto le ispezioni specifiche e che ringrazio altrettanto amichevolmente per la sua sempre larghissima disponibilità scientifica. 68 Considerando che la parete doveva

essere utilizzata per la decorazione musiva per un’altezza di almeno m 10, dovremmo ipotizzare un mosaico continuo di più di mq 500.69 Sear 1977, pp. 42 e 128-129, pl. 55,1.70 Candilio 1986, pp. 364-365, nota 3.71 Guidobaldi 1984, pp. 496 e 499.72 Candilio 1986.73 Le Terme costruite da Nerone nel Campo Marzio, che Alessandro Severo ricostruì e ridecorò in epoca probabilmente contemporanea a quella del completamento delle Terme di Caracalla, curato appunto dallo stesso Alessandro, conservavano pavimenti musivi con tessere porfiretiche, un tratto dei quali, distaccato e sommariamente rimontato, è tuttora conservato nei sotterranei dell’Istituto Saint Louis de France ed è stato inquadrato nella serie dei pavimenti redatti secondo la nuova tecnica tardo-severiana che includeva i porfidi tra i materiali da impiegare per le tessere musive. Anche in questo caso, comunque, le dimensioni delle tessere stesse si mantenevano nella misura tradizionale, prossima a cm 1 (Guidobaldi 1984). Non si può negare, tuttavia che, già nelle Terme di Caracalla – e in particolare nella natatio e in alcuni degli ambienti del recinto perimetrale – sussistano anche vasti tratti di mosaico a tessere marmoree di grandi dimensioni e in parte anche porfiretiche: è ovvio dunque che il tema va ulteriormente approfondito e le datazioni delle eventuali fasi decorative sono da determinare in modo oggettivo.74 Candilio 1986 e 1987-1988.75 Guidobaldi 2013.76 Da quanto risulta in base ai resti in situ e alle tracce del sottofondo di preparazione che si estende sempre per notevoli aree intorno alla zona nella quale le tessere sono conservate, la decorazione a mosaico era decisamente competitiva con quella ad incrustationes e a stucchi e pittura documentabile o ipotizzabile sulle pareti nelle volte delle Terme.77 Sear 1977. 78 Si confronti in tal senso una recente e più specifica analisi in Guidobaldi, Pedone 2014.79 Va però tenuto presente che il mosaico parietale nasce e si sviluppa in forte prevalenza negli edifici legati all’acqua e quindi in fontane, ninfei ed edifici termali. Quindi è in questa chiave che va anche valutata l’incisiva presenza di stesure musive che si riscontra peraltro,

come ha ben visto Sear, nelle Terme di Caracalla (Sear 1977, pp. 126-127).80 Di questi importanti ed estesi scavi stratigrafici è stata data alcuni anni fa una prima relazione generale (Volpe 2010), alla quale si rinvia per le planimetrie delle strutture di pertinenza e per una illustrazione del primo tratto musivo rinvenuto con figure di un filosofo e di una Musa e prospettive architettoniche (Eadem, pp. 290-292, fig. 13 e tav. 5).81 Rivolgo un sincero e amichevole ringraziamento a Rita Volpe per avermi fornito con la consueta disponibilità i dati più recenti sullo scavo e per avermi descritto sul posto lo stato dei lavori e le prime interpretazioni delle strutture e dei mosaici.82 Piuttosto che alle basiliche paleocristiane che furono decorate quando le Terme erano ancora in funzione, si dovrà pensare a quelle altomedievali e medievali, peraltro numerosissime.