LE SCUOLE DI PENSIERO NELLA GIUSTIZIA PENALE E IL PROCESSO PENALE MINORILE Anno scolastico 2013/2014...

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LE SCUOLE DI PENSIERO NELLA GIUSTIZIA PENALE E IL PROCESSO PENALE MINORILE Anno scolastico 2013/2014 classe 2 A Prof.ssa Adriana Fazio Alunni: Samuele Somaschi, Lorenzo Murlo, Luca Tisci, Matteo De Pasquale. 1

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LE SCUOLE DI PENSIERO NELLA GIUSTIZIA PENALE E IL PROCESSO PENALE MINORILE

Anno scolastico 2013/2014 classe 2 A

Prof.ssa Adriana Fazio

Alunni: Samuele Somaschi,

Lorenzo Murlo,

Luca Tisci,

Matteo De Pasquale. 1

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I SISTEMI DI GIUSTIZIA PENALE: IL PENSIERO DI CESARE BECCARIA

Le radici del sistema di giustizia penale italiano le troviamo nell’Illuminismo. Cesare Beccaria, nel suo libro «Dei delitti e delle pene» del 1764 afferma il principio della proporzionalità della pena al reato. La pena deve essere, secondo il grande giurista e filosofo, certa, pronta e con effetto dissuasivo

Secondo Beccaria non può esserci la pena di morte perché lo Stato compirebbe un altro reato; inoltre, prima della sentenza del giudice, nessun uomo può essere definito reo.

Il fine della pena è dunque impedire al colpevole di fare nuovi danni agli altri cittadini e di essere un monito per tutti. Ecco perché ogni delitto palese non deve restare impunito.

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LA SCUOLA CLASSICA: FRANCESCO CARRARA

Francesco Carrara è il principale esponente della Scuola Classica (metà del secolo XIX): la pena ha una funzione retributiva, il colpevole è libero nelle sue scelte perciò, se sbaglia, deve avere una punizione.

Lo Stato ha il potere esclusivo di comminare pene, che hanno una finalità retributiva, rieducativa e di reinserimento nella società.

Si sottolinea l'importanza di controllare la società affinché non si diffonda il crimine.

Il primo codice penale d'Italia (il Codice Zanardelli, 1889), riprende i principi della Scuola Classica.

Il difetto del Codice Zanardelli fu quello di ignorare i fattori che possono influire sul comportamento umano e che giustificano una diversa responsabilità penale e quindi una pena diversa.

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LA SCUOLA CRIMINALE ANTROPOLOGICA: CESARE LOMBROSO

Nel 1876 il medico Cesare Lombroso enuncia la teoria del ‘delinquente nato’. La Scuola Antropologica (o Positiva) concentra l'attenzione sul reo. Il delinquente nato è inevitabilmente portato a delinquere; per tale motivo deve essere isolato dalla società per impedirgli di nuocere. La punizione è finalizzata anche alla riabilitazione, lo studio statistico dei reati consente di intervenire preventivamente in quanto il delitto è determinato da cause che sono rilevabili empiricamente.

Va considerata la pericolosità sociale del colpevole, ossia la probabilità di commettere reati. Si individualizza la pena anche con l'introduzione di pene alternative al carcere.

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LA TERZA SCUOLA

Nello stesso periodo della Scuola Positiva sorge un altro indirizzo di pensiero: la Terza Scuola.

Si pensa di introdurre le misure di sicurezza calibrate sulla pericolosità sociale.

Successivamente il sistema penale italiano ha mantenuto questo sistema chiamato del ‘doppio binario’, ossia pene e misure di sicurezza

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L'INDIRIZZO TECNICO GIURIDICO ARTURO ROCCO

L'indirizzo del prof. Rocco (1910) si pone in contrapposizione alla Scuola Positiva.

Il diritto penale deve essere una dottrina pura, non deve entrare nell’Antropologia Sociologia o Filosofia.

Nel 1930 viene pubblicato il nuovo Codice penale, il Codice Rocco. Tale Codice riprende concetti della Scuola Positiva e della Scuola Classica.

Amplia la parte dedicata ai singoli reati inserendo istituti giuridici importanti: il dolo, la colpa, il delitto preterintenzionale, le condizioni di punibilità.

Si sottolineano i principi di legalità, di irretroattività della pena, di colpevolezza. Si introducono le misure di sicurezza e del doppio binario: pena determinata e

proporzionata al reato, misura di sicurezza indeterminata. Le misure di sicurezza (casa di cura e custodia, riformatorio giudiziario minorile,

colonia agricola, ecc.), si applicano nel caso in cui un soggetto, anche non imputabile ma pericoloso, abbia commesso un reato e vi sia probabilità che lo ricommetta.

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I DIFETTI DEL SISTEMA DEL DOPPIO BINARIO

Come già esposto, al soggetto colpevole, imputabile, non pericoloso, viene comminata la sola pena detentiva, certa nel suo ammontare.

Al soggetto pericolo ma non imputabile (incapace di intendere e volere), viene applicata la sola misura di sicurezza, incerta nel suo ammontare, ossia anche indeterminata!

Il Codice Rocco era sorto nell'epoca fascista , dunque in un'ottica repressiva. Al termine del regime vi furono diverse modifiche, anche alla luce della Carta costituzionale.

Nelle riforme successive si sottolineano: la tassatività dei reati, la responsabilità penale personale, la finalità rieducativa della pena.

In questi ultimi anni frequenti sono stati gli interventi di depenalizzazione di diversi reati.

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LA GIUSTIZIA RIPARATIVA

Alla fine degli anni ‘80, anche in conseguenza del sovraffollamento delle carceri e del calo della fiducia nel sistema giudiziario, nasce in America il modello di Giustizia ripartita. Il reato lede materialmente, moralmente, emotivamente, sia la vittima che la comunità, perciò occorre rimediare ai torti commessi.

La relazione fra la vittima e il reo è importante perché la pena deve portare a una riparazione soddisfacente.

Riparare il danno anche attraverso la ricostituzione del legame sociale con la vittima, attraverso un ruolo attivo nella società, con forte senso di responsabilità.

La mediazione fra vittima e colpevole è l'elemento fondante del modello ripartito.

Alcuni esempi di giustizia riparativa sono: la prestazione di lavori socialmente utili, il pagamento dei danni causati, la riconciliazione con la vittima.

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IL TRIBUNALE PER I MINORENNI

Il Tribunale per i minorenni, per quanto riguarda la materia penale, si occupa dei minori che tra i 14 e i 17 anni hanno commesso un reato.

Chi nel momento in cui ha commesso il fatto non aveva compiuto i 14 anni non è imputabile. Viene segnalato al Servizio sociale del Ministero di Giustizia e per lui sono previste misure alternative (es. casa famiglia, comunità).

Il Tribunale per i minorenni viene istituito nel 1934 e nel 1956 viene riformato. Scopo del Tribunale è rieducare i minori che hanno condotte irregolari prevenendo la delinquenza futura.

La riforma sottolinea la finalità rieducativa più che punitiva.

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COMPOSIZIONE DEL TRIBUNALE PER I MINORI

Il Tribunale è composto da un Magistrato di Corte d'appello (Presidente) e uno di Tribunale (i c.d. ‘giudici togati’) più due ‘giudici onorari’ (psicologi, assistenti sociali, psichiatri).

L'invio in carcere è residuale, inoltre si vuole limitare al massimo l'offensività del processo. Quando è possibile, si applicano, infatti, misure alternative: ad esempio la libertà vigilata, la permanenza in casa, il collocamento in comunità, o altre prescrizioni (obblighi di fare).

Se vi sono le condizioni, il giudice per l'udienza preliminare concede al minore il perdono giudiziale; ciò è possibile qualora la pena da applicare non superi i due anni e qualora il giudice presuma che il minore non commetterà più reati.

Le decisioni sono prese in Camera di Consiglio (senza parti ne PM), o in udienze collegiali (con le parti ma senza PM), ciò per garantire la privacy del minore.

La Corte d'appello è costituita da 3 togati e 2 onorari. Infine c'è la Cassazione

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COMPETENZE DEL TRIBUNALE PER I MINORI

Per la materia penale il Tribunale per i minori (TM) è giudice di primo grado per i reati commessi dai minori di anni 18.

Per la materia civile il TM decide la decadenza della podestà dei genitori, o ne pone dei limiti. Si occupa di adozioni e di accertamento della paternità, ammette il sedicenne al matrimonio per gravi motivi, rimuove i genitori dalla amministrazione dei beni del minore, nominando un curatore.

Prima della Legge 219/2012 era anche competente a decidere l’affidamento dei figli di una coppia di fatto. La suddetta legge e il suo decreto attuativo hanno posto fine al differente trattamento tra figli legittimi e figli naturali. La competenza è ora del Tribunale Ordinario per tutti e due. La legge ha inoltre chiarito che il riconoscimento del figlio naturale da parte di un genitore crea un rapporto di parentela anche con i parenti del genitore stesso, anche se nato fuori dal matrimonio. Prima di questa legge, in pratica, il figlio di una coppia di fatto non aveva parentela con i suoi nonni!

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LE FASI DEL PROCESSO PENALE MINORILE

Il processo di un minore, sospettato di aver commesso un reato, prevede diverse fasi:

1) Indagini preliminari

2) Udienza preliminare

3) Dibattimento

4) Corte d'appello

5) Ricorso in Cassazione

6)Sentenza definitiva ed espiazione della pena.

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L'IMPUTABILITÀ DEL MINORE

L'imputabilità, ai sensi dell'art. 85 c.p., è la capacità di intendere e volere, ossia l'attitudine a prevedere le conseguenze giuridiche e sociali del proprio comportamento e la capacità di autodeterminarsi.

I minori di anni 18 vanno distinti in due categorie: chi ha meno di 14 anni non è imputabile; chi li ha compiuti lo è, ma la capacità di intendere e volere va accertata in concreto.

Se un infraquattordicenne commette un delitto non è assoggettato a nessuna pena; verrà iscritto nel registro degli indagati, ma il PM chiederà al Gip la sentenza di proscioglimento per non imputabilità. Se è pericoloso può però applicarsi una misura di sicurezza.

Se il minore ha superato i quattordici anni va accertata la capacità di intendere e volere al momento del reato,

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LE INDAGINI PRELIMINARI

Quando un minorenne viene arrestato o fermato viene segnalata la notizia di reato dalle forze dell'ordine che inviano gli atti al Pubblico Ministero (PM) presso il Tribunale.

Il PM compie una sommaria valutazione, accerta la minore età, chiede la convalida del fermo o arresto al Gip, con contestuale richiesta di misura cautelare

Il Giudice per le indagini preliminari (Gip), giudice monocratico, in base alla notizia di reato, pronuncia :

1) la SENTENZA DI ARCHIVIAZIONE (il fatto non costituisce reato, la notizia di reato è infondata, il reato è estinto),

2) il NON LUOGO A PROCEDERE (per tenuità del fatto), l'occasionalità del comportamento, il pregiudizio alle esigenze educative del minore (subordinate alla richiesta del PM)

3) il RINVIO A GIUDIZIO, se vi sono sufficienti elementi di colpevolezza per proseguire il processo.

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L'UDIENZA PRELIMINARE

In caso di rinvio a giudizio il Giudice per l'udienza preliminare (GUP), organo collegiale composto da un giudice togato e due onorari, definisce il processo nel merito.

Il GUP può pronunciare sentenza di non luogo a procedere per perdono giudiziale, irrilevanza del fatto, per non imputabilità.

Può anche sospendere il processo e mettere alla prova l'imputato (seguirà l'estinzione del reato in caso di esito positivo della messa alla prova).

Può disporre l'applicazione di una pena sostitutiva o pecuniaria.

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IL DIBATTIMENTO

Il Collegio giudicante del Dibattimento è formato da 4 membri:

Un Magistrato di Corte d'appello, un Magistrato di Tribunale, due Giudici onorari.

Il processo penale minorile è riservato solo ai reati più complessi o di maggiore allarme sociale.

Il processo minorile è sempre a porte chiuse ed è possibile allontanare il minore dall'aula quando si discuta di questione inerenti la sia personalità. Non c’è patteggiamento.

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LA CORTE D'APPELLO E CASSAZIONE

La Corte d’Appello è composto da 5 magistrati togati e 2 onorari.

Il giudizio di appello è un giudizio di impugnazione del giudizio di primo grado.

Per il giudizio di appello le disposizioni applicabili sono le stesse previste per il Tribunale per i minori. L'impugnazione può essere promossa dall'imputato minore, dal genitore, dal PM presso il Tribunale per i minori.

Il ricorso in Cassazione è ammesso, come per il Tribunale ordinario, solo per vizi d legittimità (vizi relativi a norme procedimentali, violazione o falsa applicazione di norme giuridiche).

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LA MESSA ALLA PROVA E LA SOSPENSIONE DEL PROCESSO

La sospensione del processo e la messa alla prova possono essere proposte in 2 momenti del processo: in sede di udienza preliminare e in sede di dibattimento . Scopo: correggere comportamenti scorretti, riappacificarsi con la vittima. Durata della messa alla prova: solitamente la messa a prova dura fino ad un anno, con una massimo di tre; se essa dura più di un anno il giudice può cambiare il progetto iniziale. A chi viene concessa: viene applicata anche nei casi di maggior gravità (anche in caso di omicidio), a patto che il reato resti un caso isolato nella vita del soggetto.

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ESITO DELLA MESSA ALLA PROVA 19

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PERCHÉ DARE QUESTA OPPORTUNITÀ

L’esperienza ha dimostrato che la personalità del minore, costretto alla detenzione in una struttura carceraria, può essere seriamente compromessa.

Il carcere minorile può incidere negativamente sul corretto sviluppo psico/fisico del giovane reo; inoltre, può essere una “scuola”per apprendere e sviluppare un’attitudine a delinquere in età adulta.

Se la prova ha esito positivo il reato di estingue.

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PROGETTO E MESSA ALLA PROVA

Prima di procedere con la prova va redatto un progetto. Esso dovrà essere accettato e compreso dal soggetto Il progetto è redatto dai servizi sociali Al progetto si possono apportare modifiche e può essere fermato Deve avere determinate caratteristiche:

Il minore deve essere sempre coinvolto Il minore deve assumere determinati compiti È prevista la partecipazione della giustizia e degli enti locali È prevista la conciliazione tra il minore e la persona offesa dal

reato.

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IL PERDONO GIUDIZIALE

ll perdono giudiziale è una causa di estinzione del reato previsto dall'art. 169 del c.p. del 1930, modificato dall'art. 19 R.d.l. 20 luglio 1934 n. 1404.

Lo Stato rinuncia ad applicare la sanzione penale minacciata dalla norma, oppure si astiene dal rinviare a giudizio.

È previsto per i soli  minori (soggetti che al momento della commissione del fatto abbiano compiuto i quattordici anni e non ancora i diciotto), quando il giudice del Tribunale per i minori ritenga che la pena applicabile non sia superiore ai due anni e sulla base della prognosi  che il minore si asterrà dal commettere ulteriori reati. 

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LA SENTENZA DI NON LUOGO A PROCEDERE

La sentenza di non luogo a procedere è stata introdotta nell’ordinamento giuridico con la riforma sul processo penale minorile ( D.P.R. 448/88).  

La sua funzione non è quella di eliminare il fatto, ma di far venire meno la pretesa punitiva dello Stato nei confronti del minore, a condizione che vi siano: tenuità del fatto, occasionalità del comportamento, pregiudizio alle esigenze educative del minore in caso di detenzione

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MINORI E CRIMINALITA’ ORGANIZZATA

Negli ultimi anni si è registrato un netto aumento, nelle regioni del sud, dei minorenni coinvolti nella criminalità organizzata.

Come è possibile comprendere se il reato commesso dal minore è collegabile ad una associazione a delinquere di stampo mafioso o camorristico? Secondo gli studiosi del fenomeno occorre verificare: la tipologia dei reati commessi e la loro modalità di

esecuzione le armi utilizzate (es. armi di grosso calibro con numero di

matricola abraso) spaccio di notevoli quantitativi di droga migliaia di furti di automobili, fatte sparire nel nulla.

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TIPOLOGIE DI MINORI COINVOLTI NEL CRIMINE

È possibile individuare tre diverse tipologie di minori radicati nell'area della criminalità organizzata:1. Il primo gruppo è costituito dai figli di camorristi o mafiosi che

dall'infanzia introiettano gli orientamenti del modello malavitoso e giungono alla preadolescenza con una assimilazione perfetta del modello stesso.

2. Il secondo gruppo è formato dai minori che, pur non facendo parte della famiglia malavitosa, sono tuttavia inseriti nel clan familiare e con esso si identificano condividendone gli obiettivi.

3. Il terzo gruppo è rappresentanto dai minori che, pur non appartenendo alla famiglia malavitosa e pur non identificandosi con essa, operano comunque nell'area della criminalità rispettandone le regole imposte.

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MINORI DENUNCIATI PER TIPOLOGIA DI REATO E REGIONE - ANNO 2007 (COMPOSIZIONI PERCENTUALI) 26

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UN COMMENTO AI DATI(DIPARTIMENTO GIUSTIZIA MINORILE, 2010)

Dall’analisi dei dati sui ‘minorenni denunciati’ fino al 2007, secondo la tipologia di reato, si osserva una prevalenza di reati contro il patrimonio (soprattutto furto). Seguono, in ordine di frequenza, i reati contro la persona, caratterizzati soprattutto da lesioni personali volontarie.

Risulta rilevante anche il numero delle violazioni in materia di sostanze stupefacenti, mentre inferiori risultano essere i reati contro la famiglia, la moralità pubblica e il buon costume, quelli contro lo Stato, istituzioni sociali e ordine pubblico.

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PROVVEDIMENTI DI SOSPENSIONE E MESSA ALLA PROVA ANNI 2004-2005

Dai dati emersi negli anni 2004 – 2005 si evidenzia che, su 100 minori denunciati, per 50 inizia l’azione penale e, su questi ultimi, solo10 beneficiano della messa alla prova

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CLASSIFICAZIONE PER SESSO DEI MINORI DENUNCIATI ANNO 2007 (MASCHI VERDE SCURO) 29

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MINORI DENUNCIATI PER NAZIONALITA’ NELLE RIPARTIZIONI TERRITORIALI ANNO 2007

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UN COMMENTO AI DATI - FONTE: ELABORAZIONE ISTAT SU DATI MINISTERO DELLA GIUSTIZIA - DIPARTIMENTO PER LA GIUSTIZIA MINORILE

Minori denunciati per regione – media anni 2004-2007(per 1.000 persone di 10-17 anni)

Appare evidente che nel mezzogiorno la quota

di minori denunciati è più bassa che nelle altre regioni,

ciò non significa che via sia un minore tasso di criminalità,

ma semplicemente che la tendenza a denunciare fatti

delittuosi è più bassa che nel resto d’Italia.

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RIPARTIZIONI GEOGRAFICHE

Nord-ovest 10,2Nord-est 8,8Centro 9,1Centro-Nord 9,5Mezzogiorno 7,8Italia 8,8

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ESITO PROVVEDIMENTI DI SOSPENSIONE DEL PROCESSO E MESSA ALLA PROVA (ART. 28 DPR 448/88) FONTE MINISTERO GIUSTIZIA

in %20042004 20052005 20062006 20072007

ESTINZIONE 81 80,4 81,8 80,5PROROGA 1,5 1,2 1,6 4PROSCIOGLIMENTO 0,4 0,1 0,2 0,4RINVIO A GIUDIZIO 3,8 4,2 2,7 2,6CONDANNA 7,4 7,6 8,6 7,3ALTRO 5,9 6,5 5,2 5,2Totale 100 100 100 100

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ESITO DELLA MESSA ALLA PROVA ANNI 2004-200733

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PROVVEDIMENTI DI SOSPENSIONE DEL PROCESSO E MESSA ALLA PROVA (DPR 448/88: ESITO CASI 2004-2007)

Dai dati emersi negli anni 2004-2005-2006-2007, si evidenzia che, su 100 minori messi alla prova:

80 vedono estinto il loro reato, 8 sono condannati, i 12 restanti o sono prosciolti, o sono rinviati

a giudizio, o subiscono la proroga della messa alla prova.

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CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Studiosi dei comportamenti devianti minorili affermano che i giovani che entrano nel Tribunale per i Minorenni hanno spesso alle spalle famiglie troppo tolleranti. Il livello di sorveglianza di queste ultime è basso e lo stile educativo errato. Questi giovani non studiano, non lavorano, non hanno alcuna responsabilità.

Conflitti genitoriali, carenze affettive, abusi (intra ed eterofamiliari), imitazione di modelli negativi del gruppo dei pari, possono innescare comportamenti penalmente rilevanti.

Con la messa alla prova, per la prima volta, si dà ai giovani un impegno da portare a termine, un lavoro, un’attività socialmente utile, un gruppo sportivo per giochi di squadra (con la presenza di un educatore-allenatore che chiederà il rispetto delle regole).

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AZIONI PREVENTIVE DA METTERE IN ATTO

Le possibili azioni preventive possono essere:

1) il supporto di figure educative positivamente forti,

2) l’educazione alla legalità nelle scuole,

3) l’intervento correttivo precoce per innescare comportamenti positivi e determinare un cambiamento negli stili di vita deviati,

Il carcere, con le sue regole, teoricamente potrebbe portare agli stessi effetti. Esso rischia, però, di essere troppo stigmatizzante e, purtroppo, anche una palestra negativa di vita.

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BIBLIOGRAFIA

Codice Penale e Codice di Procedura Penale

D.P.R. 448/1988

LEGGE 10 dicembre 2012, n. 219.

I Malamente- nuove marginalità: ragazzi messi alla prova (di Vincenza Palmieri, Eleonora Grimaldi, Francesco Miraglia) ed. Armando 2013

Fraccarello Elisabetta e Piercarlo Pazè (intervista su Rivista Minori e Giustizia)

WWW.ISTAT.IT

WWW.GIUSTIZIA.IT

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