Le Scienze - Febbraio 2016

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    Che cosa ha ucciso davvero i dinosauri?

    FisicaIl fenomeno dellentanglemente la descrizione quantistica dello spazio-tempo

    MedicinaSonde microscopiche per formularediagnosi in pochi minuti

    Lera della

    disinformazioneCome lespansionedei social networkfavorisce la diffusioneincontrollatadi informazioni

    false e teoriedel complotto

    Febbraio 2016 Z4,50

    www.lescienze.it edizione italiana di Scientific American

    Febbraio 2016 Z4,50

    www.lescienze.it edizione italiana di Scientific American

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    Sommario

    www.lescienze.it Le Scienze 5

    FrankRumpenhorst/dpa/Corbis

    PALEONTOLOGIA

    40 Che cosa uccise i dinosauri?di Stephen Brusatte

    Limpatto con lasteroide fu terribile. Ma avvenne anche nelpeggior momento possibile

    FISICA TEORICA

    46 Entanglement quantisticoe geometriadi Juan Martn Maldacena

    Lo strano fenomeno quantistico che tanto inquietava Einsteinpotrebbe spiegare la continuit dello spazio e del tempo

    FISICA

    54 Dov qui?di George Musser

    La nostra impressione che luniverso sia una distesa ordina-ta in cui gli eventi avvengono in punti di uno spazio assolu-to unillusione

    ASTRONOMIA

    58 La guerra dei telescopidi Katie Worth

    Vecchi rancori mettono a repentaglio gli enormi telescopi ne-cessari per una nuova epoca di scoperte astronomiche

    MEDICINA

    64 Genomica per la comunitdi Kevin A. Strauss

    Una clinica pediatrica creata e finanziata da Amish e Menno-niti dimostra che la ricerca genetica hi-tech pu essere usatagi oggi per prevenire le malattie

    MEDICINA

    72 Rivelatore di malattiedi Shana O. Kelley

    Minuscole sonde diagnosticano infezioni in 20 minuti abbat-tendo i tempi di attesa dei risultati e salvando vite umane

    MICROBIOLOGIA

    76 Gli invisibili compagni delle radicidi Paola Bonfante, Elisa DellAglio e Veronica Volpe

    Da milioni di anni le piante affrontano le difficolt dellam-biente unendo le forze con altri organismi del suolo ora alcentro dellattenzione

    ETOLOGIA

    82 I babbuini superano il testdi Joel Fagot e Anais Maugard

    Bravissimi a individuare analogie, capaci di riconoscere lapropria ignoranza, meno inclini a riflettere se stressati. il ri-tratto dei babbuini proposto da un nuovo metodo di ricerca

    La grande mole di dati sui social network permette

    di studiare la diffusione della disinformazione con

    un dettaglio senza precedenti, ottenendo risultati

    inquietanti: fermare una notizia falsa impossibile.

    (Immagine: Anton Balazh/Shutterstock)

    I N CO P E R T I NA

    Febbraio 2016 numero 570

    INTERNET

    30 Lera della (dis)informazionedi Walter Quattrociocchi

    Lespansione dei social media ha un lato oscuro, ovvero ladiffusione pervasiva e senza freni di informazioni false e te-orie del complotto, che potrebbe mettere a rischio la societ

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    Sommario

    6 Le Scienze 570 febbraio

    AnnieGriffiths/NationalGeographicCreative/Corbis(inalto);

    Rubriche

    9 Editorialedi Marco Cattaneo

    10 Anteprima

    12 Lavori in corso14 Intervista

    Unautostrada di luce per la scienza di Riccardo Oldani

    16 Made in ItalyLa ricchezza degli insetti di Letizia Gabaglio

    18 Scienza e ilosoiaMusei in evoluzione di Telmo Pievani

    19 Appunti di laboratorioTrovata la bussola biologica? di Edoardo Boncinelli

    20 Il matematico impertinenteAssicurazioni matematiche di Piergiorgio Odifreddi

    21 La inestra di KepleroTutti i protoni delluniverso di Amedeo Balbi

    22 Homo sapiensQuando tornammo in Africa di Giorgio Manzi

    90 Rudi matematiciOlimpiadi condominiali

    di Rodolfo Clerico, Piero Fabbri e Francesca Ortenzio

    92 Libri & tempo libero96 Povera scienza

    Fregati dalla Luna di Paolo Attivissimo

    97 Pentole & provetteCostine che si sciolgono di Dario Bressanini

    19

    97

    21

    23 Modificare la linea germinale?

    24 Il meteo del nucleo galattico attivo

    24 Primi inediti risultati da Change-3

    25 Lunga vita allelettrone

    25 Il mistero dei lampi radio veloci

    26 Quando il Nord Europa

    si raffredd

    26 A rischio i fringuelli di Darwin

    27 Le cause del cancro

    27 Levoluzione del ribosoma

    e lalba della biochimica

    28 Brevissime

    S C I E N Z A N E W S

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    Editoriale

    di Marco CattaneoLeslie C. Aiello

    presidente, Wenner-Gren Foundation for

    Anthropological Research

    Roberto Battiston

    professore ordinariodi fisica sperimentale,Universit di Trento

    Roger Bingham

    docente, Center for Brainand Cognition, Universitdella California a San

    DiegoEdoardo Boncinelli

    docente, Universit Vita-Salute San Raffaele,Milano

    Arthur Caplan

    docente di bioetica,Universit dellaPennsylvania

    George M. Church

    direttore, Center forComputational Genetics,Harvard Medical School

    Rita Colwell

    docente, Universit delMaryland a College Park eJohns Hopkins BloombergSchool of Public Health

    Drew Endy

    docente di bioingegneria,

    Stanford University

    Ed Felten

    direttore, Center forInformation TechnologyPolicy, PrincetonUniversity

    Michael S. Gazzaniga

    direttore, Sage Centerfor the Study of Mind,Universit della Californiaa Santa Barbara

    David Gross

    docente di fisica teorica,Universit della Californiaa Santa Barbara (premioNobel per la fisica 2004)

    Daniel M. Kammen

    direttore, Renewableand Appropriate EnergyLaboratory, Universit

    della California a BerkeleyChristof Koch

    docente di biologiacognitiva ecomportamentale,California Institute ofTechnology

    Lawrence M. Krauss

    direttore, Origins Initiative,Arizona State University

    Morten L. Kringelbach

    direttore, Hedonia:TrygFonden ResearchGroup, Universit diOxford e Universit di

    Aarhus

    Steven Kyle

    docente di economiaapplicata e management,Cornell University

    Robert S. Langerdocente, MassachusettsInstitute of Technology

    Ernest J. Moniz

    docente, MassachusettsInstitute of Technology

    John P. Moore

    docente di microbiologiae immunologia, WeillMedical College, CornellUniversity

    M. Granger Morgan

    docente, Carnegie MellonUniversity

    Miguel Nicolelis

    condirettore, Center forNeuroengineering, DukeUniversity

    Martin Nowak

    direttore, Program forEvolutionary Dynamics,Harvard University

    Robert Palazzo

    docente di biologia,Rensselaer PolytechnicInstitute

    Telmo Pievani

    professore associatofilosofia delle scienze

    biologiche, Universitdegli Studi di Padova

    Carolyn Porco

    leader, Cassini ImagingScience Team, e direttore,CICLOPS, Space ScienceInstitute

    Vilayanur S.Ramachandran

    direttore, Center for Brainand Cognition, Universitdella California a San Diego

    Lisa Randall

    docente di fisica, HarvardUniversity

    Carlo Alberto Redi

    docente di zoologia,Universit di Pavia

    Martin Rees

    docente di cosmologia eastrofisica, Universit diCambridge

    John Reganold

    docente di scienza delsuolo, Washington StateUniversity

    Jeffrey D. Sachs

    direttore, The EarthInstitute, ColumbiaUniversity

    Terry Sejnowski

    docente e direttoredel Laboratoriodi neurobiologiacomputazionale, SalkInstitute for BiologicalStudies

    Michael Snyder

    docente di genetica,Stanford University Schoolof Medicine

    Giorgio Vallortigara

    docente di neuroscienze,direttore associato, Centrefor Mind/Brain Sciences,Universit di Trento

    Lene Vestergaard Hau

    docente di fisica e fisicaapplicata, HarvardUniversity

    Michael E. Webber

    direttore associato, Centerfor International Energy& Environmental Policy,Universit del Texas ad

    Austin

    Steven Weinberg

    direttore, gruppodi ricerca teorica,Dipartimento di fisica,University del Texasad Austin (premio Nobelper la fisica 1979)

    George M. Whitesides

    docente di chimica ebiochimica, HarvardUniversity

    Nathan Wolfe

    direttore, Global ViralForecasting Initiative

    Anton Zeilinger

    docente di otticaquantistica, Universitdi Vienna

    Comitato scientiico

    SergeyNivens/Shutterstock

    La ine dellinformazione

    La diffusione di notizie false in rete inarginabile

    Il 18 dicembre scorso Caitlin Dewey, co-lumnistdel Washington Post, annuncia-

    va la chiusura della sua rubrica What wasFake, che cera di falso. Con cadenza set-timanale, a partire dal maggio 2014, si eraimpegnata a smantellare bufale e teorie delcomplotto che circolavano su Internet.

    Per quella settimana avrebbe prepara-to la sua rubrica come se niente fosse, senon avesse letto gli ultimi risultati del la-

    voro di Walter Quattrociocchi, direttore delLaboratorio di computational social scien-ceallIstituto IMT di Alti Studi di Lucca, ri-nunciando allimpresa. E, accennando auna bufala che aveva smascherato, ricono-sceva che i lettori che avrebbero condivisosenza alcuno spirito critico una storia in-

    verosimile sono esattamente gli stessi chenon si sarebbero fatti convincere dal de-bunkingdel Washington Post.

    Dal lavoro di Quattrociocchi che lo il-lustra nellarticolo di copertina di questo

    numero, intitolato Lera della (dis)infor-mazione emerge che la diffusione di in-formazioni false, leggende metropolitane eteorie del complotto attraverso i social net-work semplicemente inarginabile. Il per-ch presto detto. I meccanismi di aggre-gazione delle informazioni sui social dauna parte e i confirmation bias, o pregiudi-zi di conferma, dallaltra per cui tendia-mo a privilegiare le informazioni che con-fermano le nostre opinioni concorrono apolarizzare le posizioni. Insomma, se unapersona sospetta che i vaccini siano dan-

    nosi per la salute, per esempio, trover inrete innumerevoli conferme alla propriatesi, e non si curer delle informazioni disegno opposto. E poco importa che le se-conde siano accreditate da tutta la comu-nit medica e scientifica: lautorevolezzanon un fattore.

    A che punto si chiede Dewey la so-ciet diventa completamente irrazionale? questo il punto in cui cominciamo a seg-mentarci in realt alternative? Sono inter-rogativi su cui bene riflettere. Perch latanto celebrata democrazia dellinforma-

    zione in rete potrebbe mettere in profondacrisi la relazione tra informazione e cono-scenza acquisita, favorendo i meccanismidella disinformazione. Con buona pace dichi aveva auspicato la nascita di una nuo-

    va era dellinformazione.Ultimamente uno dei temi su cui ci si

    accalorati, fino a scodellare teorie com-plottistiche tanto improbabili quanto con-

    vincenti, il Complesso del disseccamentorapido dellolivo individuato in Salento, lacui responsabilit stata attribuita al batte-

    rioXylella fastidiosae, forse, ad altre con-cause, di cui hanno parlato Lisa Signori-le e Anna Rita Longo sul numero di luglio2015. Da allora la situazione andata sem-pre pi aggrovigliandosi, fino al decreto disequestro degli olivi che avrebbero dovu-to essere abbattuti, emesso dalla Procura di

    Lecce il 18 dicembre.Allo stato delle cose, la ricerca sulla dif-

    fusione diX. fastidiosae sulle dinamichedella malattia sostanzialmente bloccata.Perch il confronto scientifico possa conti-nuare, indispensabile che i ricercatori ab-biano accesso alle perizie scientifiche di-sposte dalla Procura e possano riprenderecampionamenti e analisi. Per questo abbia-mo pubblicato una lettera aperta a CataldoMotta, procuratore di Lecce, sul nostro sito.Perch per salvare gli olivi pugliesi potreb-be non esserci il tempo di un processo.

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    Anteprima

    Corbis

    La storia di Albert

    A marzo in allegato a richiesta Il cosmo di Einstein, un libro di Michio Kaku

    Il genio di Albert Einstein raccontato da uno dei fisici pi

    conosciuti non solo per lattivit professionale, ma anche

    per quella divulgativa. A marzo, allegato a richiesta al

    numero di Le Scienze e in vendita nelle librerie per Co-

    dice Edizioni, troverete Il cosmo di Einstein, il libro sul-

    la vita e sulle opere del grande fisico tedesco scritto da Michio

    Kaku, che ha allattivo tra laltro diversi best sellernel campo del-

    la divulgazione scientifica. Il fisico teorico statunitense di origi-

    ni giapponesi uno dei tanti ricercatori che hanno raccolto le-

    redit di Einstein. Nel corso della sua carriera accademica, oggi

    alla Princeton University come lec-

    turer, ha affrontato la teoria del tut-

    to, ovvero ha cercato di definire un

    quadro teorico-matematico in cui ri-

    unire le quattro forze fondamentali

    della natura.

    Un tentativo in cui si era cimen-

    tato anche Einstein dopo la seconda

    guerra mondiale, nellultimo periodo

    della sua vita, cercando di unifica-

    re elettromagnetismo e gravit, tut-

    tavia senza successo, come del resto

    i fisici che ne avrebbero proseguito

    limpresa. Ancora oggi la teoria deltutto uno dei massimi traguardi da

    raggiungere.

    Il racconto di Kaku divide la sto-

    ria di Einstein in tre grandi capito-

    li, in cui vita privata e vita professio-

    nale del fisico tedesco si intrecciano

    senza soluzione di continuit. Nel primo c unimmagine che per

    Kaku centrale e da cui si sviluppa il resto della storia: ladole-

    scente Albert per un attimo prova a fantasticare su come gli sareb-

    be apparso un raggio di luce se avesse potuto sfrecciare alla stessa

    velocit. Negli anni, quellimmagine sarebbe stata lesemplifica-

    zione della contraddizione tra il quadro derivante dalle leggi di

    Newton, in cui le velocit si possono sottrarre e sommare, e quellodescritto dalla teoria di Maxwell che spiega lelettromagnetismo,

    in cui la velocit della luce costante. La soluzione della contrad-

    dizione arriva nel 1905 con la teoria della relativit ristretta.

    Nello stesso anno, lannus mirabilis, come sarebbe stato defini-

    to, Einstein avrebbe prodotto una spiegazione delleffetto fotoelet-

    trico, per la quale avrebbe ricevuto il Nobel per la fisica nel 1921,

    un articolo sul moto browniano in cui per forniva la prima prova

    sperimentale dellesistenza degli atomi e un articolo sullequiva-

    lenza tra massa ed energia, in una formula: E=mc2.

    Nel secondo capitolo della vita del fisico tedesco, limmagine

    centrale quella dei pianeti come biglie che rotolano su una su-

    perficie curva intorno a un centro costituito dal Sole. Semplice

    e rivoluzionaria, questa istantanea descrive il concetto alla base

    della teoria generale della relativit,

    resa pubblica da Einstein nel 1915.

    Scalzando Isaac Newton, il quale nel

    1666, il suo annus mirabilis, aveva

    tra le altre cose elaborato la legge

    universale delle gravitazione, Ein-

    stein ha ridefinito la gravit.

    Questa forza trae origine dalla

    curvatura dello spazio e del tempo

    causata dalla presenza della massa.

    Da questo nuovo punto di vista, le

    forze studiate da Newton erano solo

    unillusione generata dalla curvatu-

    ra stessa dello spazio. Questa nuovateoria avrebbe avuto effetti a cascata

    in altri ambiti, per esempio in quello

    cosmologico e in quello astrofisico

    rispettivamente con la genesi della

    teoria del big bang e la definizione

    dei buchi neri.

    Il terzo e ultimo capitolo dedicato al periodo finale della vita

    di Einstein, come gi ricordato, in particolare alla ricerca della co-

    siddetta teoria del campo unificato, una delle versioni della teoria

    del tutto, ancora oggi il Sacro Graal della fisica. In tutti e tre i ca-

    pitoli c anche spazio per i dubbi e rimorsi del grande genio, per

    esempio nei riguardi della meccanica quantistica e della visione

    erronea di un cosmo statico. E c spazio anche per limpegno diEinstein nel contrastare la proliferazione delle testate atomiche, in

    un ritratto limpido e profondo di una delle figure che hanno scrit-

    to pagine fondamentali delle storia dellumanit.

    Gli abbonati possono acquistare i volumi di La

    Biblioteca delle Scienzeal prezzo di 8,40

    incluso il prezzo di spedizione e telefonando al

    numero 199.78.72.78 (0864.256266 chi chiama

    da telefoni non abilitati).

    La stessa offerta valida per acquistare i volumi

    della collana I grandi della scienzanella nuova

    edizione al prezzo di 6,90 incluso il prezzo di

    spedizione.

    Il costo massimo della telefonata da rete fissa di

    14,37 cent di euro al minuto pi 6,24 cent di euro

    di scatto alla risposta (IVA inclusa). Per chiamate

    da rete mobile il costo massimo della chiamata

    di 48,4 cent di euro al minuto pi 15,62 cent di

    euro di scatto alla risposta (IVA inclusa).

    R I S E R VA T O A G L I A B B O NA T I

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    www.lescienze.it Le Scienze 11

    In edicola

    Alla scoperta della vitaA richiesta in edicola il quinto volume della collana La scienza per gioco

    Come nata e si evoluta la

    vita sulla Terra? Pu esiste-

    re su altri pianeti e come

    potrebbe essere? Sono do-

    mande che chiunque di noi

    si posto almeno una volta, poco importa

    che sia grande o piccolo. Le risposte pote-

    te trovarle in due volumi della collana La

    scienza per gioco, forse non sempre defi-

    nitive, ma di certo complete di tutto quel-

    lo che gli scienziati possono dire allo stato

    attuale delle conoscenze.

    La quinta uscita del-

    la collana, in edicola

    a febbraio a 9,90 euro

    oltre al prezzo della ri-

    vista, riguarder la bio-

    logia. In Che cos la vi-

    ta?, Robert Winston,

    volto noto della BBC e

    autore di altre uscite del-

    la collana, cercher di ri-

    spondere alla domanda

    che d il titolo al volume.Il punto di inizio sono i

    mattoncini elementari alla

    base di tutti gli organismi, e

    non poteva essere altrimen-

    ti. Grazie alle illustrazioni ini-

    zieremo a fare la conoscen-

    za con le molecole d carbonio,

    idrogeno, ossigeno, azoto, zolfo

    e fosforo, senza le quali la vita

    per come la conosciamo sarebbe

    impossibile. Aumentando via via

    di complessit, ma sempre in mo-

    do chiaro nellesposizione, giungiamo allavariet della vita che caratterizza la Terra,

    addirittura in ambienti estremi.

    Sul nostro pianeta ci sono zone con

    pressioni impossibili per noi esseri umani,

    come anche temperature inavvicinabili sia

    per il caldo sia per il gelo. Eppure per mol-

    te altre specie, questi luoghi infernali sono

    invece nicchie ospitali. Lo studio di queste

    specie peculiari di ambienti terresti estremi

    non solo una mera curiosit, ma potreb-

    be fornirci indizi su eventuali forme di vita

    extraterrestre e su come cercarle.

    OTTOBRE

    Il laboratoriodelle meraviglieUninfinit di esperimenti per costruire razzi,

    aerei e altre diavolerie.

    NOVEMBRE

    Che la forza sia con teScopriamo le forze che hanno dato forma agli

    atomi come ai pianeti.

    DICEMBRE

    La danzadegli elementiCome si trasforma la

    materia grazie ai

    trucchi della

    chimica.

    GENNAIO 2016

    Il magicomondodei numeri

    Un viaggio da zeroallinfinito e oltre, tra

    numeri magici e

    forme bizzarre.

    FEBBRAIO

    Che cosla vita?Esplora il mondo dai

    microbi fino a noi,

    per svelare i misteri

    della vita.

    MARZO

    La rivoluzione dellevoluzioneDai fringuelli delle Galpagos che ispirarono

    Darwin fino al DNA.

    APRILE

    Che hai nella testa?Perch ridiamo? Perch sogniamo? La

    fantastica macchina del cervello.

    MAGGIO

    Perch io sono ioOgnuno di noi diverso da tutti gli altri. Andiamo

    insieme a capire perch.

    PIANO DELLOPERAIl prossimo mese, marzo, sar la volta di

    un tema che ha segnato non solo la storia

    della scienza, ma in generale quello del-

    la cultura. A richiesta con la rivista pote-

    te trovare La rivoluzione dellevoluzione, a

    cura sempre di Robert Winston. Il protago-

    nista Charles Darwin assieme al suo libro

    Lorigine delle specie, che a met dellOtto-

    cento rimosse lessere umano dallo scran-

    no pi alto del regno animale.

    Tra storia e scienza, viene illustrato ildibattito che ha portato alla teoria delle-

    voluzione per selezione naturale, scate-

    nando una vera e propria rivoluzione.

    Inoltre c spazio anche per il presente,

    con le pi recenti scoperte della geneti-

    ca: che ruolo hanno i geni nella selezione

    delle specie e come agiscono? E se pensate

    che levoluzione sia una cosa che non ci ri-

    guarda, lultima parte del libro vi smentir

    e stupir. Anche la nostra specie non pu

    sfuggire a questa legge della natura, pro-

    prio come ogni forma di vita.

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    Lavori in corso

    a cura di Giovanni Spataro

    12 Le Scienze 570 febbraio

    CortesiaThomasMcCauley/CERN(collisioneefotonia750

    GeV);

    Indizi di un nuovo bosone?

    Un eccesso di fotoni rilevato nel Large Hadron Collider intriga i fisici delle particelle

    Se son rose, fioriranno. Deve essere stato questo il primo pensie-

    ro dei fisici del CERN di Ginevra che a met dicembre scorso han-

    no affollato una conferenza sui risultati del secondo rundel Large

    Hadron Collider (LHC), il collisore di particelle ora in grado di pro-

    durre urti tra protoni a 13 teraelettronvolt dopo tre anni di arresto

    tecnico. I gruppi ATLAS e CMS di LHC hanno riportato un ecces-

    so di produzione di coppie di fotoni a unenergia di 750 gigaelet-

    tronvolt (GeV). Potrebbe essere una fluttuazione statistica oppure

    il primo indizio di una nuova particella elementare assai massic-

    cia, un bosone, molto pi massiccia del quark top, la particella

    elementare pi pesante (173 GeV) tra quelle note. Solo il tempo lo

    dir, e la parallela acquisizione di ancora pi dati. Ma la dita in-

    crociate al CERN sono tante (si veda Limminente rivoluzione della

    fisica delle particellein Le Scienze n, 476, aprile 2008).

    Bussola proteica

    La capacit di molte specie anima-li di orientarsi e spostarsi in funzio-ne del campo magnetico terrestre ben nota. Meno noto invece comefacciano, per esempio piccioni e for-miche, a percepire questo campo: in

    altre parole ancora non chiaro come fatta la bussola biologica alla basedi questa capacit che tanto incurio-sisce anche gli scienziati (si veda Ilsenso della bussolain Le Scienzen. 523, marzo 2012).Un passo in avanti arriva dal ricer-catore cinese Can Xie della PekingUniversity. In uno studio pubblicatosu Nature Materials, Qin ha iden-tificato un complesso proteico che siorienta in direzione di un campo ma-gnetico esterno. Il complesso com-

    posto dal fotorecettore proteico perla luce blu denominato Cry, gi notoagli scienziati, e da una proteina po-limerica indicata con MagR scoper-ta durante lo studio grazie a unana-lisi del genoma del moscerino dellafrutta. La sintesi di questa struttura

    per codificata da geni presenti inmolti animali, come ha mostrato Xie,il quale ha anche scoperto che Ma-gR/Cry stabile nella retina dei pic-cioni e pu formarsi in farfalle, topi,balene e cellule umane. Non anco-ra chiaro come il complesso sia coin-volto nel meccanismo di percezionedel geomagnetismo, gli indizi a suocarico in qualit di bussola biologicasono numerosi, ma rimangono anco-ra dei dubbi (si veda la rubrica Ap-punti di laboratorioa p. 19).

    I denti dellHobbit

    A 11 anni dalla pubblicazione del-la scoperta su N ature, Homo flo-resiensis, soprannominato comeHobbit per via delle sue piccole di-mensioni, continua a far discu tere. una specie a s stante del genereHomooppure i fossili venuti alla lucesullisola di Flores in Indonesia e da-tati 18.000 anni fa, sono di individuidella nostra specie, H. sapiens, sof-ferenti di disturbi della crescita?

    Le prove fin qui ottenute propendo-no fortemente per il primo scenario,ovvero lHobbit una specie umanaestinta con un cervello circa un ter-zo del nostro e alto circa un metro (siveda Ultimissime sulluomo di Flo-

    resin Le Scienze n. 497, genna-io 2010). Anche lanalisi di 40 dentidi H.floresiensispubblicata di recen-te su PLoS One da Yousuke Kaifu,dellUnivers it di Tokyo, propende perla prima ipotesi. I risultati del paleo-antropologo giapponese dimostranoche la morfologia dentale dellHob-bit unica se confrontata con quel-la di esseri umani m oderni di tutti icontinenti e con quella di altre specieumane estinte e del genereAustralo-pithecus. Lanalisi ha inoltre mostrato

    una forte somiglianza tra la morfolo-gia dentale di H. floresiensise quel-la di H. erectus, in linea con lipote-si secondo cui lHobbit deriverebbeproprio da una popolazione asiaticadi H. erectus.

    Attraentiantiprotoni

    La conoscenza del le proprietdellantimateria sempre pi detta-gliata, anche grazie a soluzioni tec-niche (si vedaAntimateria freddainLe Scienze n. 444, agosto 2005)che permettono di studiare questaforma di materia prevista per via te-orica alla fine degli anni venti dal fisi-co britannico Paul Dirac.Uno studio pubblicato su Naturedalla collaborazione internazionale

    STAR ha dimostrato che gli antipro-toni, particelle con massa del proto-ne ma con carica negativa, si attrag-gono proprio come le loro contropartidella materia ordinaria. Vale a direche quando gli antiprotoni, ottenutidagli autori facendo collidere ioni oro,si trovano molto vicini tra loro inizia-no a sperimentare lequivalente dellaforza forte che tiene un iti i protoni. Unrisultato che per quanto possa sem-brare ovvio non era dato per scontatodai fisici della materia.

    Occhio magnetico.Un complesso proteico nella retinadei piccioni candidatoal ruolo di bussola biologica.

    Umani diversi.

    Cranio di H. floresiensis, a sinistra,e a destra ricostruzione alcomputer di cranio di H. sapiens.

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    Intervista

    14 Le Scienze

    CortesiaINRIM

    (tuttelefotoinquestapagina,

    3)

    Unautostrada di luce per la scienza

    Agli inizi del Novecento fu la ferrovia a unire lIta-lia, collegando tutte le regioni. Oggi, una rete in fi-bra ottica ad alta tecnologia promette di replica-re quellimpresa e di riunire lungo ununica dorsalealcuni tra i principali centri della nostra ricerca. Al-

    la guida dellambizioso progetto, denominato LIFT (Link Italianoper la Frequenza e il Tempo) lIstituto nazionale di ricerca me-trologica (INRIM), che a Torino cura e gestisce gli orologi atomicida cui proviene il segnale orario italiano. Ne abbiamo parlato conDavide Calonico, primo ricercatore allistituto torinese, uno degliideatori del progetto insieme al collega Filippo Levi.

    Qual lidea di base del progetto LIFT?

    Vogliamo creare una rete in fibra ottica in grado di trasportaresenza interruzioni un segnale laser di tempo e di frequenza, fon-damentale per la ricerca in molti settori, come la geodesia, cio lamisurazione della Terra, lastronomia, la fisica atomica e moleco-lare o la ricerca di base sulla gravit e sulle costanti fondamentali.Ma i segnali di tempo e frequenza sono essenziali anche in molteattivit produttive: telecomunicazioni, transazioni finanziarie, in-dustria manifatturiera, informatica. Anche per gestire la distribu-zione dellenergia elettrica.

    Non per una rete normale. Quali sono le sue particolarit?

    La nostra rete in fibra ottica concepita in modo da inviare unsegnale di tempo e frequenza, generato da un laser ultrastabile,in modo bidirezionale, cio andata e ritorno, e senza interruzio-ni. La bidirezionalit fondamentale per correggere il rumore ei disturbi prodotti dalla fibra stessa, per esempio da allungamentiprodotti da movimenti sismici o da altre cause. Il segnale di ritor-no ci consente di misurare lerrore e correggerlo con un segnaleuguale e contrario.

    Per la nostra rete ci serviamo della fibra del Consorzio GARR,la rete telematica italiana delluniversit e della ricerca, e del Con-sorzio Top-IX, costituito per il traffico internet nel nord-ovest.

    Questo sistema garantisce una precisione eccezionale nella tra-smissione del segnale orario, molto migliore rispetto al satellite. anche molto pi sicuro e meno sensibile a interferenze o disturbi.

    Come procede la realizzazione?

    Un primo tratto della connessione ha gi unito lINRIM di Tori-no con il polo scientifico di Sesto Fiorentino, che ospita lUniversi-t di Firenze, strutture del CNR come lIstituto nazionale di ottica eil LENS, il Laboratorio europeo di spettroscopia non lineare. Sonogi collegati anche lOsservatorio radioastronomico di Medicina,

    vicino a Bologna, gestito lIstituto nazionale di astrofisica (INAF)e il laboratorio sotterraneo del Frejus. Entro pochi mesi, grazie inparticolare allimpulso del presidente dellINRIM, Massimo Ingu-

    di Riccardo Oldani

    Davide Calonico illustra la rete in fibra ottica che riunir lungo ununica dorsalei principali centri di ricerca italiani e sar fondamentale per molti settori di studio

    Lancette atomiche.Lorologio a fontana di cesio dellINRIM chescandisce il segnale orario italiano, uno dei cinque orologi pi precisial mondo. Sotto, particolari dellorologio ottico a itterbio, in fase disviluppo allINRIM. Raggiunger una precisione superiore rispetto

    allorologio a cesio. Collegato in rete ottica con altri istituti di misuradel tempo dEuropa, potrebbe portare a una ridefinizione del secondo.

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    www.lescienze.it Le Scienze 15

    scio, la rete raggiunger il Centro di geodesia spaziale di Matera,

    che fa capo allAgenzia spaziale italiana, passando per il Centro

    spaziale del Fucino di Telespazio, uno dei due in Europa destinati

    a gestire il sistema di navigazione europeo Galileo. In prospetti-

    va immaginiamo connessioni con il radiotelescopio di Noto, in

    Sicilia, e con lOsservatorio di Cagliari, entrambi dellINAF. Un

    ulteriore tratto dovrebbe poi collegare Olbia a Roma, chiudendo

    unimmenso cerchio nel Tirreno, che potrebbe avere impieghi an-

    che nello studio dei vulcani compresi tra Campania e Sicilia.

    In che modo una rete in fibra ottica aiuta a studiare i vulcani?

    Un anello di fibra ottica funziona come un giroscopio ed ingrado di misurare anche minimi movimenti sismici. Questo av-

    viene non solo perch la fibra sensibile alle vibrazioni ma anche

    per un fenomeno fisico, leffetto Sagnac, spiegato dalla relativi-

    t ristretta. In un esperimento effettuato a Torino nel 2012 su un

    anello esteso su circa 20 chilometri quadro di superficie, abbiamo

    dimostrato che il funziona bene: ora stiamo lavorando con esperti

    geologi per capire le sue applicazioni.

    A che cosa serve trasportare sulla fibra il segnale orario?Prima di tutto per collegare tra loro i quattro principali labora-

    tori europei di misurazione del tempo, il nostro dellINRIM e quelli

    in Francia, Germania e Inghilterra, allo scopo di tarare e confron-

    tare i nostri orologi in modo molto pi veloce e preciso rispetto

    al satellite. La rete tra i quattro laboratori quasi completa, man-

    ca solo un breve tratto tra Italia e Francia previsto entro giugno

    2016. A quel punto sar possibile perfino una ridefinizione del

    secondo, lunit di misura del tempo, ora basata sulle frequenze

    dellatomo di cesio. La comparsa di nuovi orologi ottici ancora pi

    precisi, infatti, apre nuove prospettive: collegarli tramite fibra il

    modo migliore per confrontarli. Ma poi ci sono moltissime altre

    applicazioni: per esempio collegare orologi cos sensibili permette

    di misurare gli effetti della gra-

    vit sul tempo e di effettuare test

    sullesattezza della relativit.

    Sono in rete anche osservatoriradioastronomici. Perch?

    Osservatori di questo tipo, lon-

    tani tra loro e messi in rete, rag-

    giungono una risoluzione inver-

    samente proporzionale alla loro

    distanza: quindi pi sono lontani

    pi lontano possono vedere nel

    cosmo.

    Questo gli astronomi gi losanno, ma il limite sta proprio

    nel sistema di collegamento tra le

    antenne, oggi affidato ai satelliti.

    Il collegamento in fibra ottica

    decisamente migliore. A ogni os-

    servatorio della rete poi abbina-

    to un orologio atomico, per avere

    una perfetta sincronia delle osser-

    vazioni. La nostra fibra ottica lo

    renderebbe superfluo.

    Avete in mente qualche altro impiego?

    Ce ne sono tanti, ma citerei in particolare quello nella critto-grafia. Con la fibra possiamo controllare con estrema precisione il

    numero di fotoni che trasmettiamo e, in un sistema con un nume-

    ro limitato di fotoni, osserviamo i fenomeni quantistici della luce.

    Che cosa centra questo con la sicurezza delle comunicazioni?

    Se, per esempio, in una trasmissione tra due nodi, si intromette

    uno spione e intercetta il messaggio, causer unalterazione nel

    sistema quantistico di fotoni lasciando una traccia visibile al de-

    stinatario, che si accorger dellintromissione. Sfruttando queste

    propriet della luce possibile creare nuovi schemi di crittografia,

    definita appunto quantistica, praticamente impenetrabili. Stia-

    mo lavorando a questo progetto con una spin-offdellUniversit

    di Ginevra, IDQuantique.

    Davide Calonico un fisico, primo ri-

    cercatore alIINRIM di Torino, dove svi-

    luppa orologi atomici basati sul raffred-

    damento laser e si occupa di misure di

    tempo e frequenza ad altissima preci-

    sione per la metrologia primaria e per lo

    studio della fisica fondamentale.

    Tra le realizzazionidel suo gruppo, il

    primo orologio atomico italiano, tra i cin-

    que orologi pi precisi al mondo per la

    generazione del Tempo Internazionale. Il

    gruppo lavora anche al link italiano in fi-

    bra ottica per il tempo e la frequenza e

    allo sviluppo di un orologio atomico ba-

    sato su atomi di itterbio raffreddati al la-

    ser, per la ridefiniz ione del secondo.

    responsabile INRIMdi progetti na-

    zionali ed europei e dal 2015 presiede,

    nellambito della Convenzione del metro,

    il gruppo internazionale di studio sulle fi-

    bre ottiche per la metrologia di tempo.

    C H I

    CortesiaCalonico(Calonico);cortesiaINAF(osservatorioradioastronomicoaMedicina)

    Occhio al cielo.

    La parabola

    dellosservatorio

    radioastronomico di

    Medicina, vicino a

    Bologna, uno dei centri

    di ricerca connessi dal

    progetto LIFT.

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    Made in Italy

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    TessaBunney/InPictures/Corbis

    La ricchezza degli insetti

    Biologia e automazione. dalla passione per questedue discipline che nasce la storia di Diptera, la start-upche, unica in Italia, produce farina per lali-mentazione animale a partire da insetti. La passio-ne quella di Vittorio Bava che, nonostante una

    laurea in economia, unesperienza di lavoro in Google, e una pos-sibile carriera nel mondo del marketingdigitale, ha sempre col-tivato interesse per il mondo degli esseri viventi. Anche quan-do lavoravo in Irlanda per Google, nel tempo libero leggevo moltecose sullargomento, racconta Bava.

    Lidea per unire i suoi interessi e realizzare un progetto cheguardasse alla sostenibilit economica del pianeta arriva in un

    viaggio in Asia: Nel 2013, chiusa lesperienza di Google e quelladi una prima start-up che avevo co-fondato, ho deciso di andareda Tokyo a Melbourne minimizzando luso degli aerei, per vederequello spicchio del pianeta. Ho quindi avuto modo e tempo di sco-prire la cultura asiatica e sono rimasto colpito dalluso che quel-le popolazioni fanno degli insetti a scopo alimentare, va avanti.

    Non solo in Asia

    Incuriosito dalle potenzialit di questa fonte alimentare, Bavascopre che anche fuori dallAsia c chi ha pensato di usare gli in-

    setti per produrre cibo: negli Stati Uniti i culturisti che fanno usodi integratori proteici possono comprare barrette a base di farinadi grillo, molto nutriente e anche molto costosa.

    Lidea non nuova ma fuori dallAsia, al di l del mercato dinicchia delle palestre o dei piatti di alcuni chef stravaganti, dav-

    vero difficile pensare di convincere le persone a mangiare in-setti. Per poi, studiando meglio il mercato potenziale, mi sonoaccorto che le opportunit migliori erano nellalimentazione ani-male, dove c una vera e propria crisi delle proteine, raccon-ta Bava. Molte specie di animali da allevamento vengono nutri-te principalmente con mangimi contenenti farine a base di pesce,ma il progressivo spopolamento dei mari da una parte e dallal-tra laumento delle persone che nel mondo escono dalla condizio-

    ne di povert, e quindi introducono carne nella loro alimentazio-ne, rendono pi che mai urgente trovare soluzioni alternative. Gliinsetti, una volta essiccati, vengono trasformati in farine che pos-sono essere sostituite alla farina di pesce nella composizione deimangimi perch ricche di proteine, grassi e sali minerali.

    Oggi pi di un terzo del pescato usato per produrre farinealimentari e non si pu pensare di aumentare la produzione. Co-me sfamare quindi almeno cinque miliardi di persone che esco-no dalla povert? Anche la via vegetale non pu essere percorsa:gi oggi il 70 per cento dei terreni coltivabili usato per foraggie il margine quindi esiguo. La risposta potrebbe essere allevareinsetti in maniera sicura, efficiente, automatizzata, spiega Bava.

    Il giovane imprenditore si mette a studiare: la biologia degli in-

    setti, per cercare la specie migliore da allevare, e i sistemi di auto-mazione, per capire come realizzare un impianto di produzione,progettare il processo di allevamento e trasformazione, metterea punto un programma capace di monitorare in tempo reale lostato di salute delle larve. Intanto il 2013 si sta per chiudere, Ba-

    va a Londra per cercare lavoro. Mentre valutavo proposte nelcampo del marketing digitale, un amico a cui avevo parlato del-la mia idea mi segnala la Global Social Venture Competition, un

    di Letizia Gabaglio

    Diptera produce farine derivate da larve di mosca da usare nei mangimicome soluzione meno costosa e pi ecosostenibile rispetto alla farina di pesce

    Diptera

    Fatturato

    n.d.

    Dipendenti/collaboratori

    4 di cui 3 impiegati in R&S

    Investimenti in ricerca

    n.d.

    Brevetti rilasciati

    2 domande

    L A S C H E D A

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    www.lescienze.it Le Scienze 17

    concorso internazionale indetto dalla HAAS School of Business

    di Berkeley, e organizzato in Italia dallAlta scuola impresa e so-

    ciet dellUniversit Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Lobiet-

    tivo favorire imprese a forte rilevanza sociale o ambientale. De-

    cido di scrivere un business plane di partecipare. A febbraio 2014

    Diptera vince il premio per la best green and circular economy

    idea. A quel punto non resta che tornare definitivamente in Ita-

    lia e decidere dove far risiedere lazienda. La scelta cade sulla Pu-

    glia per le condizioni ambientali, adatte allallevamento degli in-

    setti, e finanziarie, grazie agli incentivi regionali per la creazione

    di start-up. Nel frattempo il giovane imprenditore ha deciso quale

    sar linsetto alla base della produzione: Hermetia illucens, la mo-

    sca soldato nera. Si tratta di una specie innocua, a cui non pia-

    ce il contatto con lessere umano. Le sue larve sono voraci e quin-

    di sono ottimi bioconversori, spiega Bava.

    Lidea nutrire le larve con sottoprodotti della lavorazione ali-

    mentare, scarti presi da altre industrie o da mercati ortofrutticoli, e

    quindi trasformarle per ricavarne i nutrienti: gli insetti converto-

    no queste risorse, che altrimenti andrebbero sprecate, in proteine

    e grassi che possono essere usati nella mangimistica. E lo fanno in

    maniera molto efficiente.Al primo premio se ne aggiungono presto altri: nel 2014 Dip-

    tera partecipa alla StartCup Puglia e vince il premio nella catego-

    ria Agrifood-Cleantech; nella stessa categoria e nello stesso an-

    no vince anche al Premio nazionale per linnovazione; una delle

    quattro vincitrici della Call for Ideas organizzata da SiFood-Co-

    moNext; una delle due vincitrici del premio Innovazione contro lo

    spreco alimentare, organizzato da Altran.

    Primi in Italia

    Arriva cos il 2015 e la realizzazione dellimpianto pilota a

    Manfredonia, in provincia di Foggia. Il nostro il primo stabili-

    mento di questi tipo in Italia: per realizzarlo ci siamo attenuti alle

    normative europee e abbiamo preso spunto dai nostri concorrentiinternazionali. Il dialogo con le autorit costante, proprio perch

    si tratta di una campo nuovo, dove anche le norme non sono del

    tutto chiare, sottolinea Bava. Ma il pi sembra ormai fatto e nel

    primo trimestre 2016 attesa la messa in funzione dei macchinari.

    Il nostro processo innovativo e diverso da quello di altre

    aziende che operano in questo settore perch per la maggior

    parte automatizzato: in questo modo si abbattono i costi di pro-

    duzione ma soprattutto si ha maggiore flessibilit ed efficienza. In

    futuro, per esempio, potremmo pensare di ottenere farine diverse

    a seconda delle caratteristiche degli scarti alimentari con cui nu-

    triamo le larve. Venendo incontro in maniera personalizzata al-

    le esigenze dei produttori di mangimi, conclude limprenditore.Shot/NationalGeographicCreative/

    Corbis

    Per animali

    e per umani.

    Primo piano di Hermetia

    illucens, la specie di

    mosca usata dallazienda

    pugliese Diptera per

    ottenere farine destinate ai

    mangimi animali. Sotto,

    fiori, funghi, uccelli e grilli

    in vendita a Vientiane,

    in Laos, per il consumo

    umano.

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    Scienza e filosofia

    di Telmo Pievani

    professore associato di filosofia delle scienze biologiche

    dellUniversit degli Studi di Padova

    PeterMacdiarmid/GettyImages

    Musei in evoluzione

    In Europa grandi musei scientifici e naturalistici si stanno rinnovando. E in Italia?

    Al Natural History Museum di Londra, i ricercatori

    che vi lavorano e i visitatori sono separati da pare-

    ti di cristallo. Nel moderno Darwin Centre si acce-

    de a una grande struttura a forma di bozzolo, il Co-

    coon. In un cammino a spirale dallalto in basso si

    possono osservare le cassettiere dei reperti, i fondi bibliotecari sto-

    rici, i laboratori con macchinari di ultima generazione, e sui ban-

    coni o al computer scienziati indaffarati. Lungo il percorso un ap-

    parato esplicativo accompagna gli ospiti raccontando attraverso

    pannelli, video, modelli, esemplari originali ed exhibitinterattivi

    e giocosi i temi delle ricerche che vengono condotte l a fianco:

    banche genetiche, filogenesi molecolari,

    studi sulla biodiversit, progetti di prote-

    zione, missioni di esplorazione sul campo.

    Accanto, un fitto programma di eventi e

    spettacoli nel super-tecnologico Attenbo-

    rough Studio. Lidea semplice: la ricerca

    pi avanzata, la conservazione dei reper-

    ti e la comunicazione della scienza, insie-

    me, affiancate, luna alleata dellaltra. Se

    finanzio con le mie tasse la ricerca scien-

    tifica o se la sponsorizzo da privato, esco

    contento dal Darwin Centre: ho speso be-ne i miei soldi.

    Le collezioni del museo (75 milioni di

    reperti) non sono pi organizzate per di-

    partimenti accademici, ma per temi e sto-

    rie, dalle reti ecologiche ai cambiamen-

    ti della superficie terrestre, avendo sempre

    levoluzione come filo conduttore. Passa-

    to e presente dialogano. La statua protetti-

    va di Darwin sullo scalone si intravede fra

    le vertebre colossali di un diplodoco. Lin-

    gresso gratuito. Le mostre temporanee si

    susseguono. Il museo organizza proget-

    ti di citizen science, ricerca scientifica sulcampo condotta con laiuto di reti di cittadini.

    Ogni mattone delledificio vittoriano, ogni tessera delle vetra-

    te liberty sprigiona un messaggio coerente: una nazione orgoglio-

    sa della sua ricerca scientifica e della sua storia di naturalisti ed

    esploratori. O in altri termini: la scienza cultura, per tutti, svi-

    luppo sociale ed economico. Diverse sezioni in questi mesi sono

    chiuse per rifacimenti: i cartelli preannunciano le novit in arrivo.

    Il museo evolve. Gli allestimenti non sono trascendentali: noi

    italiani saremmo pi creativi nellidearli. E poi anche nel nostro

    paese ci sono collezioni ricchissime, in alcuni casi ben pi antiche

    di quelle britanniche. Abbiamo un patrimonio diffuso e policen-

    trico che ha pochi eguali al mondo.

    I Royal Botanical Gardens di Kew (50.000 specie di piante di-

    stribuite su 120 ettari) sono pieni di strutture didattiche per bam-

    bini, aperte in ogni stagione. Andarci con la famiglia diventa una

    festa. Mostre permanenti e temporanee fanno dialogare anche

    qui passato vittoriano e ricerca di frontiera. Stanno restaurando

    la maestosa serra Temperate House del 1899, 200 metri di ferro e

    vetro. Sar pronta nel 2018, 35 milioni di sterline linvestimento

    (46 milioni di euro al cambio attuale). I Kew nascono alla met del

    Settecento e sono un capolavoro ben coltivato. In Italia abbiamo

    giardini botanici pi vecchi di Kew anche di un paio di secoli, gio-

    ielli da mostrare al mondo intero.

    Cronache simili potrebbero riguardare le maggiori capitali eu-

    ropee, da Berlino a Parigi, dove a poche centinaia di metri dal

    Muse du Quai Branly sulle arti e civilt non occidentali, proget-

    tato da Jean Nouvel, da mesi ha riaperto i battenti al Trocadro il

    Muse de lHomme, sede espositiva e centro di ricerca e formazio-

    ne. Costo delloperazione: 92 milioni di euro. In Italia, chiunque

    ami la cultura (senza aggettivi) non pu che farsi una domanda:

    ma che cosa abbiamo fatto di male noi italiani per dover sentire

    governanti che fanno retorica su innovazione e futuro per poi ab-

    bandonare da decenni nella pi totale penuria di finanziamenti i

    nostri musei scientifici e naturalistici? Se ogni paese ha la classe

    dirigente che si merita, abbiamo qualcosa da rimproverarci.

    Aperto nel 1881,il Natural History Museum di Londra ha continuato a rinnovarsi, contando

    su importanti risorse finanziarie. Sopra, un passaggio interno del Darwin Centre.

  • 7/25/2019 Le Scienze - Febbraio 2016

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    Appunti di laboratorio

    di Edoardo Boncinelli

    Universit Vita-Salute San Raffaele, Milano

    www.lescienze.it Le Scienze 19

    AnnieGriffiths/NationalGeographicCreative/Corbis

    Trovata la bussola biologica?Un complesso proteico potrebbe essere responsabile del senso magnetico animale

    Potrebbe essere una delle maggiori scoperte del 2015,anche se purtroppo manca ancora qualche controlloe una comprensione approfondita del meccanismo. da molto tempo che si cerca la base biologica delsenso dellorientamento posseduto da molte specie

    animali dalle balene alle farfalle, dalle trmiti ai piccioni - sul-la base del campo magnetico terrestre. Come riportato su NatureMaterials, in un istituto di ricerca di Pechino sarebbe stato indi-

    viduato nelle cellule del moscerino drosofila un complesso pro-teico intracellulare capace di orientarsi lungo il suddetto campomagnetico, ma senza una preferenza per il nord o per il sud, unamomentanea carenza assai grave (si veda larubricaLavori in corso a p. 12).

    Nelle cellule ci sono proteine sensibi-li al campo magnetico terrestre denomina-te criptocromi (Cry). Le drosofile che nonce le hanno non sentono il campo magneti-co terrestre. Da tempo, daltra parte, si ha li-dea che gli atomi di ferro di certe molecoleorganiche devono in qualche modo entrarci.Ebbene, esiste, sempre in drosofila, una pro-teina, denominata CG8198, che lega il fer-

    ro con un suo residuo di solfuro e che si sache gioca un ruolo nel controllo del suo rit-mo circadiano. La novit rappresentata dalfatto che questa metalloproteina, legando-si con alcuni criptocromi, forma una sortadi nanoago, un bastoncello di CG8198 cir-condato da una guaina di criptocromi. Conil microscopio elettronico si possono osser-

    vare gruppetti di questi bastoncelli orientar-si in un debole campo magnetico artificialecome aghi di bussole, vere biobussole, cosCG8198 stato ribattezzata MagR, MagneticReceptor, ossia recettore magnetico. Quello

    che manca alla dimostrazione definitiva delfenomeno un esperimento di inattivazione del gene stesso, per

    vedere se le drosofile in oggetto perdono la capacit di orientar-si, anche se qualcuno ha affermato in un congresso scientifico diaverlo gi fatto. Questo dato non stato per ancora pubblicato enon pu quindi ritenersi accertato.

    La scoperta cinese offre comunque ai ricercatori la possibili-t di usare campi magnetici per controllare le cellule, un po come avvenuto nel recente passato per la luce visibile con lintrodu-zione delloptogenetica. In questo caso si dispongono particolariproteine sensibile alla luce di una particolare lunghezza donda insingoli neuroni del cervello di piccoli animali da esperimento. Sesi porta la luce nel cervello mediante apposite fibre ottiche, si ot-

    tiene la lesione specifica di questo o quel neurone, e la possibili-t di osservarne gli effetti. Con questa prodigiosa tecnica, che usala luce di una certa lunghezza donda come microscopico bistu-ri di precisione, si visto per esempio che cosa dimenticano cer-ti moscerini, distruggendo un loro neurone piuttosto che un altro.

    In maniera analoga sarebbe possibile manipolare specifichestrutture cellulari applicando un campo magnetico, questa voltaanche dallesterno, senza dovere entrare negli organi in questio-ne. Potrebbe cos cominciare lera della magnetogenetica, lo stu-

    dio del ruolo di specifiche proteine che si fanno sperimentalmenteruotare in una direzione invece che in unaltra.

    Si osservi quindi il modo di procedere della scienza di oggi. Pri-ma si cerca di individuare il correlato molecolare di qualche feno-meno, magari macroscopico e molto diffuso, come lorientamen-to nei movimenti di certe specie con laiuto del campo magnetico.Quando si capito bene il fenomeno e la sua possibilit di con-trollo, lo si usa per approntare un nuovo strumento sperimentalee scoprire cos un altro interessante fenomeno biologico, che poiandr studiato, e cos via, in un ciclo di domande-risposte-nuo-

    ve domande che rappresenta un po lessenza della scienza stessa,anche se ci sono in giro ancora persone che pensano che il mondoabbia solo 6000 anni come dicono le Scritture. E che si offendonose gli dici che questo francamente assurdo.

    Lago delle farfalle.Tra le specie in grado di sentire il campo magnetico terrestre ci sonole farfalle, che sfruttano questa capacit anche per orientarsi durante lunghe migrazioni.

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    Il matematico impertinente

    di Piergiorgio Odifreddi

    professore ordinario di logica matematica allUniversit di Torino

    e visiting professor alla Cornell University di Ithaca (New York)

    20 Le Scienze 570 febbraio

    AS400

    DB/Corbis

    Assicurazioni matematiche

    I primi contributi probabilistici allimpresa assicurativa risalgono al XVII secolo

    Che le assicurazioni prosperino su un uso, o un abu-so, della matematica una cosa risaputa. Meno no-to invece da chi siano venuti i primi contribu-ti tecnici allimpresa assicurativa. E la sorpresa che ai suoi inizi si trovano due nomi famosi per

    tuttaltri motivi: uno olandese, Jan de Witt, e laltro inglese, Ed-mond Halley.

    Il primo fu uno dei pochi leaderpolitici della storia con unaformazione matematica, insieme allirlandese amon De Valera.La cultura matematica di De Witt non gli imped comunque dicadere in disgrazia e terminare un ventennio di potere repubbli-cano alla maniera di Mussolini:fu appeso a testa in gi il 20 ago-sto 1672, insieme al fratello Cor-nelis, dopo essere stato linciato efatto a pezzi dalla folla allAia. Unquadro coevo che mostra I cada-veri dei fratelli De Witt, attribuitoa Jan de Baen, si pu vedere oggial Rijksmuseum di Amsterdam, ela storia della loro triste fine sta-ta raccontata nel 1850 da Alexan-

    dre Dumas nel romanzo Il tulipa-no nero.

    Lanno prima di morire De Wittpubblic un lavoro sul valore del-le rendite vitalizie rispetto ai ti-toli a riscatto che fece scalpore.

    Allepoca a gestire sia i titoli chele rendite era lo Stato, che in en-trambi i casi riceveva un capitaleanticipato. Nel primo caso lo re-stituiva interamente e con un in-teresse alla fine di un periodo pre-fissato, come si usa ancor oggi

    con i buoni del Tesoro polienna-li. Nel secondo caso lo restituiva a rate sotto forma di un vitalizio,che non teneva per conto dellet del beneficiario: non sorpren-dentemente, dunque, l80 per cento dei beneficiari nominali eranosotto i ventanni, e il 50 per cento addirittura sotto i dieci!

    Il problema era che non si sapeva come calcolare il valore diun vitalizio, e De Witt lo risolse considerando interessi compostie aspettativa di vita. Per valutare questultima lidea fu di dividerela popolazione morta in un certo anno in fasce di et, e considera-re la distribuzione dei decessi come la misura della probabilit dimorire a una certa et in quellanno. Pi precisamente, la proba-bilit di vivere ancora nanni dopo una certa et il rapporto trail numero di coloro che muoiono a n anni di pi, rispetto a quel-

    li che hanno quellet. Laspettativa di vita la somma, per cia-scun n, del prodotto di n per la probabilit di vivere ancora nanni.

    Per stabilire il valore di un vitalizio da assegnare a una perso-na bisogna dunque calcolare quanto riceverebbe se vivesse anco-ra nanni, moltiplicare per la probabilit che muoia dopo nanni, esommare su ciascun n. De Witt lo fece, e si accorse che allinteres-se corrente lo Stato stava vendendo rendite vitalizie a un prezzoinferiore a quello calcolato con i suoi metodi. Ma la precisione diquesti metodi si basava sullaccuratezza della valutazione della-

    spettativa di vita, che De Witt allepoca stimava essere costante fi-no ai 50 anni, e via via inferiore tra i 50 e i 60 anni, tra i 60 e i 70,

    e tra i 70 e gli 80. a questo punto che entr in

    scena Edmond Halley, lastrono-mo reale che ha legato il suo no-me alla famosa cometa: raffinan-do la teoria sviluppata da Newtonnei Principiariusc ad accorger-si che le tre comete apparse nel1531, 1607 e 1682 erano in real-t la stessa, a calcolarne il periodoin circa 75 anni e a prevederne il

    ritorno nel 1758, come poi effet-tivamente accadde. Ma Halley fuanche leminenza grigia dietro alcapolavoro di Newton, perch fului a stimolare lo scienziato a ri-solvere il problema delle orbite deipianeti, a spingerlo a scrivere lesue scoperte, a finanziare la pub-blicazione del libro e a scrivernelentusiastica ode di prefazione.

    Gli interessi di Halley spaziava-no in molti campi: dallinvenzio-ne delle campane subacquee a te-

    nuta stagna per le immersioni, nel1691, alla pubblicazione della Stima del grado di mortalit dellu-manit, dedotta dalle curiose tavole sulle nascite e i funerali del-

    la citt di Breslau, con un tentativo di determinare il prezzo del-

    le rendite vitalizie, nel 1693. Oltre a scoprire un metodo simile aquello di De Witt, questultima opera forn anche il primo verostudio demografico basato su dati reali, invece che supposizioni.

    Essa venne considerata come un capolavoro e fece dimenticarela primogenitura di De Witt, i cui metodi probabilistici sono adot-tati ancora oggi. Senza poter impedire casi come quello della si-gnora Jeanne Calment di Arles, che nel 1965, a novantanni, ba-ratt la propria casa per un vitalizio, e mor nel 1997 a 122 dopoaver incassato il doppio del valore della casa.

    Non solo comete.Lo scienziato britannico Halley, che diedecontributi cruciali allo sviluppo degli studi demografici.

  • 7/25/2019 Le Scienze - Febbraio 2016

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    www.lescienze.it Le Scienze 21

    La finestra di Keplero

    di Amedeo Balbi

    Astrofisico, ricercatore al Dipartimento di fisica

    dellUniversit di Roma Tor Vergata

    NASA/JPL-

    Caltech/Corbis

    Tutti i protoni delluniversoCome calcolare in modo accurato il numero totale di queste particelle nel cosmo

    Io credo che ci siano 15 747 724 136 275 002577 605 653 961 181 555 468 044 717 914 527116 709 366 231 425 076 185 631 031 296 pro-toni nelluniverso, e un numero uguale di elet-troni. La singolare affermazione fu pronunciata

    dal grande astrofisico inglese Sir Arthur Eddington nel 1938, nelcorso di una conferenza tenuta presso il Trinity College di Cam-bridge. Altrettanto singolare (e del tutto sbagliato) era il modo incui Eddington era giunto alla conclusione: una serie di conside-razioni numerologiche che partivano dalla congettura che la co-stante di struttura fine (che caratterizza la forza dellinterazioneelettromagnetica) fosse linverso di un nu-mero intero e finivano per mettere in rela-zione il suo valore con quello del nume-ro complessivo di protoni (e di elettroni)nelluniverso.

    Questo per ricordare che anche i grandiscienziati, talvolta, possono partire per latangente. Ma anche per provare a spiega-re come abbiamo fatto a misurare davve-ro il numero di protoni delluniverso osser-

    vabile - che un po come dire il numero

    di atomi, visto che lidrogeno, fatto di unprotone e di un elettrone, di gran lun-ga lelemento pi abbondante - e per mo-strare come questo sia riconducibile a unodei risultati pi impressionanti del modellostandard del big bang.

    Naturalmente, si potrebbe semplice-mente moltiplicare il numero delle stelleesistenti nelluniverso (dellordine di 1022)per la massa media di una stella, e poi di-

    videre il risultato per la massa del protone(assumendo che le stelle siano fatte preva-lentemente di idrogeno e che la massa de-

    gli elettroni sia trascurabile). Oppure si po-trebbe usare la misura della densit media delluniverso (desuntadalla curvatura dello spazio su grande scala) che, come sappiamoormai da una quindicina danni, equivale a quella di circa sei pro-toni per metro cubo. Ma sarebbero entrambe stime grossolane: laprima sbaglierebbe per difetto, perch non tutti i protoni si trova-no nelle stelle; la seconda per eccesso, perch quella atomica so-lo una piccola parte di tutta la materia (ed energia) delluniverso.

    In realt, c una strada che porta a risultati molto pi accura-ti. Il punto di partenza la previsione teorica delle abbondanze dielementi leggeri (idrogeno, deuterio, elio-3, elio-4 e litio-7) pro-dotti dalle reazioni di fusione nucleare durante i primi tre minu-ti successivi al big bang. Una previsione risultata in ottimo accor-

    do con le abbondanze di questi elementi effettivamente osservate:cosa di per s straordinaria, e che costituisce uno dei grandi trion-fi del modello standard del big bang. Ma c di pi: confrontandole misure con i modelli, si ottiene una stima molto accurata del-la densit di protoni (e di neutroni, che sono circa uno ogni set-te protoni) presenti nelluniverso. La stima, peraltro, coincide conquella che si ottiene, in maniera indipendente, dallo studio del-la radiazione cosmica di fondo nelle microonde. Questo raffor-za la validit empirica del modello del big bang, rendendo estre-mamente solido il quadro dellevoluzione fisica del cosmo fino atempi che risalgono indietro a circa un secondo dopo il big bang.

    Va bene, ma quindi quanti protoni ci sono nelluniverso? Inmedia, circa 0,3 per ogni metro cubo di spazio, ovvero poco menodel cinque per cento di tutta la materia ed energia esistenti. Que-sto dato ci conferma che abbiamo bisogno di molta materia oscu-ra di tipo non atomico per spiegare il contenuto totale delluniver-so e ci conferma anche che solo il dieci per cento circa della massadegli atomi esistenti ha finito per formare stelle. Infine, se molti-plichiamo la densit di protoni per il volume delluniverso osser-

    vabile, otteniamo un numero totale di protoni di circa 1080. unvalore non troppo lontano da quello che aveva calcolato Edding-ton quasi ottantanni fa. Questo tuttavia, come si dice, del tut-to accidentale.

    Dove nascono gli astri.Una regione di formazione stellare nella nostra galassia. Solo ildieci per cento della massa degli atomi esistenti nel cosmo ha finito per formare le stelle.

  • 7/25/2019 Le Scienze - Febbraio 2016

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    Homo sapiens

    di Giorgio Manzi

    Insegna paleoantropologia presso il Dipartimento di biologia ambientale dellUniversit

    La Sapienza di Roma, dove dirige il Museo di antropologia Giuseppe Sergi

    22 Le Scienze 570 febbraio

    Ben

    Pipe/robertharding/Corbis

    Quando tornammo in AfricaDurante il Neolitico ci fu una migrazione dal Vicino Oriente al continente africano

    Non ne sapevamo quasi nulla, se non indirettamen-te. Ora ne sappiamo di pi, molto di pi, grazie aun lavoro pubblicato di recente su Science.

    Da varie fonti, comprese quelle genetiche (re-lative soprattutto alla variabilit delle popolazio-

    ni attuali), conosciamo lAfrica come il continente dove la nostraspecie nata: larea di origine di migrazioni antichissime, graziea cui il mondo intero si popolato di Homo sapiens. Tuttavia, fi-no a oggi proprio lAfrica era stata il grande assente dagli studi ri-guardanti il cosiddetto DNA antico, cio dalle ricerche basate sulmateriale genetico che da una ventina di anni siamo in grado diestrarre dai resti fossili. Il problema che ilclima caldo e umido non certo il contestofavorevole per la conservazione del DNA neltempo profondo.

    Ma le tecniche e le ricerche in questocampo progrediscono rapidamente. Si vi-sto di recente che una maggiore quantit diDNA si conserva in una particolare regionedella base del cranio: la rocca petrosa, do-

    ve si annidano gli organi dellorecchio in-terno. Inoltre, i ricercatori si sono orientati

    a esaminare reperti che si trovino nelle con-dizioni ambientali e climatiche pi propizie.

    stato cos che lo scheletro di un cac-ciatore-raccoglitore di 4500 anni fa, sco-perto nel 2012 in una grotta sugli altopianidellEtiopia, la Mota Cave, stato esamina-to da un folto gruppo di ricercatori che facapo allUniversit di Cambridge e allUni-

    versit di Dublino, che hanno prelevato ma-teriale osseo dalla rocca petrosa del cranio.Hanno trovato DNA antico e incontaminato,riuscendo dunque a sequenziare un genomaconsiderato di alta qualit.

    Il nuovo studio ha mostrato che il primogenoma preistorico di cui disponiamo in Africa appartenne a unuomo dalla pelle bruna, con gli occhi castani (nulla di stupefa-cente fin qui) e in possesso di tre varianti genetiche che indicanoadattamenti alla vita in alta quota. Coerentemente con il fatto chegli altopiani etiopi raggiungono altitudini considerevoli, con pic-chi ben oltre i 4000 metri, c da ritenere che la popolazione a cuiluomo apparteneva si fosse adattata a quel particolare contestoambientale da svariati millenni.

    Inoltre, confrontato con quello di campioni antichi e recenti(40 in Africa e 81 fra Asia ed Europa), il genoma di quelluomo in-dica strette affinit con popolazioni di lingua Ari che ancora oggi

    vivono sugli altopiani a nord del Lago Turkana, nellEtiopia meri-

    dionale. Gli autori della ricerca hanno allora esaminato quei trat-ti di DNA che si trovano nel genoma degli Ari e nelle altre popo-lazioni africane, ma non in quello dello scheletro venuto alla lucenella Mota Cave. Si dovrebbe trattare, hanno dedotto, di variantiche si sono andate integrando con quelle originarie nel corso de-gli ultimi 4500 anni.

    Hanno poi trovato qualcosa di sorprendente. Molte di questevarianti sono le stesse che sono state ricavate da uno scheletro delNeolitico in Germania (LBK, Stoccarda) - grazie al quale abbiamo

    la sequenza di DNA di uno dei primi agricoltori diffusi in Europadal Vicino Oriente dopo il Paleolitico come nelle attuali popola-

    zioni della Sardegna, a loro volta ritenute in forte continuit ge-netica con gli uomini del Neolitico.

    Questo suggerisce, anzi dimostra, che nella preistoria recente cifu unestesa migrazione in senso inverso rispetto a quello che sia-mo di solito abituati a pensare non dallAfrica, ma verso lAfrica che interess le popolazioni di quel continente, prima che ulte-riori vicende ne oscurassero gli effetti. Fu la diffusione degli agri-coltori provenienti dalla cosiddetta mezzaluna fertile del VicinoOriente: gli uomini del Neolitico. Nessuno poteva sapere che que-sta diffusione ebbe effetti cos nitidi e profondi, dal Corno dAfri-ca gi gi fino alla regione del Capo. Tutto questo da un singologenoma africano di 4500 anni fa.

    Afinit genetiche.Ragazzo di una trib di lingua Ari nellalta Omo Valley in Etiopia.Il suo genoma ha strette affinit con quelle di un uomo vissuto 4500 anni fa nella stessa area.

  • 7/25/2019 Le Scienze - Febbraio 2016

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    Scienza newsRicerca, tecnologia e medicina dai laboratori di tutto il mondo

    www.lescienze.it Le Scienze 23

    DrYorgosNikas/SPL/Contrasto

    Limpensabile diventato concepibile.Cos ha esordito DavidBaltimore, del California Institute of Technology di Pasadena, cheha presieduto lo scorso dicembre lInternational Summit on Hu-man Gene Editing, che ha visto discutere per tre giorni oltre 400scienziati, eticisti e altri esperti alla National Academy of Sciences(NAS) a Washington, DC.

    Fra loro i tre pionieri, in odore di Nobel, della tecnica che piha cambiato le carte in tavola: la CRISPR, eletta da Science sco-perta dellanno, che permette di introdurre in un genoma le mu-tazioni desiderate con inedita precisione e facilit, e a basso costo.

    Cos la gamma di usi cresce in fretta. Gi quelli su animali co-me zanzare rese incapaci di trasmettere la malaria, e che se libera-te diffonderebbero a ritmi esplosivi i loro geni hanno suscitatopolemiche e inviti alla cautela. Ma a Washington si dibattevano leapplicazioni forse pi inquietanti: quelle sullessere umano.

    Finch la si usa per modificare cellule somatiche, la CRISPRnon pone dilemmi: solo uno strumento pi sofisticato di tera-pia genica, gestibile con la regolamentazione esistente. gi sta-ta usata, per esempio, per eliminare dai leucociti di persone conHIV il recettore del virus CCR5, e si sperimenter per modificare ilgene dellemoglobina in malati di anemia falciforme o di beta ta-lassemia. Tuttaltra storia modificare la linea germinale umana,introducendo nei gameti o nellembrione mutazioni che saranno

    trasmesse ai figli ed entreranno nel patrimonio genetico delluma-nit. La sola possibilit aveva fatto discutere. Quando poi pochimesi fa un gruppo cinese ha annunciato di averlo fatto (come me-ra sperimentazione, su embrioni incapaci di svilupparsi), la NASe altre tre societ scientifiche di Stati Uniti, Regno Unito e Cinahanno convocato il summit.

    Il dibattito sui princpi ha discusso le possibili motivazioni, dal-la correzione di difetti genetici alla produzione di umani superio-ri per intelligenza o nel fisico, e ha visto contrapporsi molte sfu-mature, da chi consentirebbe quasi tutto a chi bloccherebbe anche

    le ricerche di base. Ma nei fatti il consenso che la tecnica non ancora sicura: per quanto precisa, introduce ancora troppe muta-zioni indesiderate. Resta poi un problema pi di fondo: manipo-lando i geni si interferisce con meccanismi genetici ancora pococompresi, specie per caratteri complessi come quelli cognitivi, coneffetti su grande scala non prevedibili.

    Perci, ha concluso il summit, il gene editingva promosso nellaricerca, anche su embrioni e linea germinale, e per le applicazionisomatiche. Ma non per modificare la linea germinale di un nasci-turo, almeno finch non sar affidabile e regolata da un dibatti-to sociale esaustivo e da una normativa adeguata, auspicabilmen-te armonizzata a livello internazionale.

    Giovanni Sabato

    POLITICHE DELLA RICERCA

    Modificare la linea germinale?Le conclusioni di un incontro internazionale sulluso della tecnica CRISPRSi pu fare.

    Embrione umanoallo stadio in cui composto da 16 cellule.Un gruppo di ricercacinese ha dimostratoche possibilemodificare il patrimoniogenetico di embrioni

    umani con la tecnicaCRISPR, innescandoun acceso dibattito.

  • 7/25/2019 Le Scienze - Febbraio 2016

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    Scienza news

    24 Le Scienze 570 febbraio

    CortesiaNASA/JPL-Caltech/UniversitRomaTre(NGC1068

    );

    ASTROFISICA

    Il meteo del nucleo galattico attivoGli anelli di materia attorno a buchi neri supermassicci non sono sempre compatti e omogenei

    Lo spesso e denso anello di materiache

    circonda i buchi neri supermassicci che

    si trovano al centro delle galassie attive

    non compatto e omogeneo come ipo-

    tizzato finora. In particolare, le osserva-

    zioni dimostrano che il toro di gas che

    si trova nel nucleo galattico attivo di

    NGC 1068, una galassia a spirale simi-

    le alla nostra, distante 47 milioni di an-

    ni luce in direzione della costellazione

    della Balena, ha un aspetto granuloso e

    non uniforme. Lo afferma un gruppo di

    astronomi guidato da Andrea Marinucci,

    dellUniversit degli Studi Roma Tre e as-

    sociato allIstituto nazionale di astrofisi-

    ca, che ha pubblicato i risultati delle pro-

    prie ricerche su Monthly Notices of the

    Royal Astronomical Society Letters.

    Marinucci e collaboratori hanno ana-

    lizzato i dati raccolti nellarco degli ul-

    timi due anni da due telescopi spaziali

    per raggi X, XMM-Newton dellAgenzia

    spaziale europea e NuSTAR della NA-

    SA. In generale si pensa che la struttu-

    ra a ciambella che avvolge il buco ne-

    ro centrale nasconda alla vista lintensa

    radiazione emessa dal nucleo attivo nel

    processo di accrescimento del buco ne-

    ro. Tanto che nemmeno la radiazione pi

    penetrante, come appunto i raggi X pro-

    dotti dalle zone pi calde del gas in ca-

    duta libera verso il buco nero, pu attra-

    versare quella spessa coltre di materia.

    Ma ad agosto 2014 gli astronomi han-

    no rilevato un picco di luminosit nei

    raggi X ad alta energia proveniente pro-

    prio dal nucleo galattico attivo di NGC

    1068. Linterpretazione che questa ra-

    diazione X, proprio perch particolar-

    mente energetica, sia riuscita a farsi stra-

    da attraverso il toro di materia a causa

    di una temporanea schiarita nella al-

    trimenti spessa coltre di nubi di materia

    gassosa e molecolare che oscura il buco

    nero centrale.

    Losservazione conferma alcune ricer-

    che precedenti secondo cui non tutti i to-

    ri di materia attorno ai buchi neri super-

    massicci hanno una struttura compatta e

    omogenea come prima ipotizzato. Resta

    tuttavia da capire come si possano creare

    queste temporanee riduzioni dello spes-

    sore del materiale: se turbolenze interne

    o disturbi prodotti da materiale in caduta

    proveniente dallesterno del toro.

    Emiliano Ricci

    Primi inediti risultati da Change-3

    A due anni dallarrivo della missione cinese

    Change-3 sulla Luna ecco i primi dati che,

    pubblicati su Nature Communications, danno

    informazioni diverse rispetto a quelle raccolte

    nelle missioni precedenti, rivelando che il

    mantello lunare molto pi eterogeneo di quello

    della Terra. Sceso nella parte nord del bacino

    Imbrium, in prossimit di un cratere creato da

    un impatto recente che ha scavato nel materialesuperficiale e messo in evidenza il substrato

    roccioso, il rover Yutu di Change-3 nella

    posizione ottimale per confrontare i dati della

    superficie con quelli di misure orbitali. Misure

    che spesso si rifanno alla composizione del

    regolite, costituito da materiale misto e quindi di

    difficile interpretazione.

    Yutu ha cos potuto analizzare basalti di meno di

    tre miliardi di anni fa, pi recenti di quelli studiati

    dalle storiche missioni Apollo, degli Stati Uniti,

    e Luna, dellUnione Sovietica. Mentre quelle

    missioni avevano trovato concentrazioni di

    titanio molto alte o molto basse, Change-3 ne

    ha rilevato concentrazioni intermedie.

    La correlazione tra composizione ed et dei

    basalti permette di capire come sia cambiato

    nel tempo il vulcanismo della Luna.

    Secondo la teoria pi accreditata, il nostro

    satellite si formato a partire dallimpatto della

    Terra con un corpo planetario delle dimensioni

    di Marte che ha dato origine a una massa fusa

    o semifusa che, solidificando, si separata

    in crosta, mantello e nucleo in un processo di

    separazione dei minerali per cristallizzazione.

    I minerali solidificarono in un certo ordine, a

    partire dai pi densi, che affondano prima nel

    magma. Lultimo stato lilmenite, ricco in

    titanio, che solidific quando appena il 5 percento del magma era ancora fuso, rimanendo

    quindi pi in superficie.

    Trovare quindi titanio a diversa profondit

    del mantello lunare, in rocce che risalgono a

    diverse epoche, suggerisce che il processo di

    solidificazione del mantello sia stato disturbato

    da qualche evento che i ricercatori tentano di

    spiegare: unipotesi che si siano verificati

    grandi impatti con asteroidi quando la superficie

    era ancora un oceano di magma.

    Giulia Alice Fornaro

  • 7/25/2019 Le Scienze - Febbraio 2016

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    Scienza news

    www.lescienze.it Le Scienze 25

    FISICA

    Lunga vita allelettroneLa vita media di questa particella quasi venti volte pi grande dellet attuale delluniverso

    Il primo lampo radio veloce

    stato annunciato nel 2007,

    grazie allanalisi dei dati

    raccolti dal radiotelescopio

    di Parkes, in Australia . A

    scoprirlo, un gruppo guidato

    da Duncan Lorimer, della

    West Virginia University. Da

    quel momento, di questi

    lampi, o FRB (da fast radio

    bursts), rilevati come deboli

    segnali radio della durata

    di alcuni millisecondi, ne

    sono stati osservati altri.

    Recenti studi gettano ora

    nuova luce sui possibili

    meccanismi allorigine

    dei FRB. Basandosi sulla

    distribuzione e la frequenza

    di questi lampi, le ipotesi pi

    accreditate sono due: collisioni

    fra stelle degeneri (nane

    bianche o stelle di neutroni)o, in alternativa, esplosioni

    (outburst) in giovani pulsar o

    magnetar, stelle di neutroni

    con intensi campi magnetici.

    Secondo lo studio pubblicato

    su Nature da Kiyoshi Masui,

    dellUniversit della British

    Columbia, la dispersione delle

    onde radio emesse da uno di

    questi FRB permette di stimare

    la distanza della sorgente: oltre

    sei miliardi di anni luce da noi.

    Gli FRB sarebbero dunquedi origine extragalattica.

    Lanalisi della polarizzazione

    pone la sorgente immersa

    in una nube di gas denso e

    magnetizzato, come un resto

    di supernova o una nebulosa

    di formazione stellare. Questa,

    assieme ad altre due ricerche,

    sembra puntare verso lipotesi

    delloutburst.

    Emiliano Ricci

    Il misterodei lampi radioveloci

    La vita dellelettroneha una durata tempora-le almeno 19 ordini di grandezza pi lunga di

    quella delluniverso, la cui et pari a 13,8 mi-

    liardi di anni. A sostenerlo, in un articolo pub-

    blicato su Physical Review Letters, sono i fisi-

    ci della collaborazione internazionale che lavora

    allesperimento Borexino, ospitato presso i La-

    boratori nazionali del Gran Sasso dellIstituto

    nazionale di fisica nucleare (INFN). Secondo la

    stima dei ricercatori, infatti, il tempo di decadi-

    mento di un elettrone pari o superiore a 66 mi-

    liardi di miliardi di miliardi di anni (6,6 per 10alla 28 anni).

    Il modello standard delle particelle elementa-

    ri descrive lelettrone come la particella dotata di

    carica elettrica con massa tra le pi piccole. Un

    suo eventuale decadimento porterebbe alla cre-

    azione di particelle di massa ancora pi picco-

    la, che, tuttavia, proprio perch meno massicce

    dellelettrone, dovrebbero essere necessariamen-

    te prive di carica elettrica. Un processo di que-

    sto tipo rappresenterebbe quindi una violazio-

    ne del principio di conservazione della carica

    elettrica. Il risultato ottenuto dalla collaborazio-

    ne Borexino, oltre a migliorare di un fattore 100

    la precisione della stima precedente, che risaliva

    al 1998, fornisce quindi unimportante confer-

    ma sperimentale di questo principio, la cui vio-

    lazione metterebbe in crisi il modello standard,

    aprendo la strada alla formulazione di una nuo-

    va fisica.

    Per arrivare alla stima di questo valore limi-

    te, i ricercatori dellesperimento Borexino un

    grande rivelatore a scintillazione inizialmente

    progettato per rilevare i neutrini solari hanno

    raccolto dati per oltre un anno, andando a cer-care tracce di un particolare tipo di decadimen-

    to ipotetico: quello che vedrebbe decadere lelet-

    trone in un neutrino elettronico e in un fotone

    con energia pari alla met della massa a riposo

    dellelettrone.

    Contando il numero di giorni trascorsi sen-

    za osservare decadimenti e stimando il nume-

    ro di elettroni presenti nel rivelatore, i ricercatori

    hanno dedotto con metodi statistici la vita me-

    dia dellelettrone. Un risultato che pu comun-

    que essere ulteriormente migliorato.

    Emiliano Ricci

  • 7/25/2019 Le Scienze - Febbraio 2016

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    Scienza news

    26 Le Scienze 570 febbraio

    MichaelNolan/robertharding/Corbis

    CLIMATOLOGIA

    Quando il Nord Europa si raffreddIl raffreddamento intenso avvenne circa 13.000 anni fa, mentre il resto del mondo si riscaldava

    Gli uccelli che ispirarono a

    Darwin la teoria dellevoluzione

    rischiano lestinzione per

    colpa di un mosca parassita

    (Philornis downsi) introdotta

    nellarcipelago delle

    Galpagos negli anni sessanta,

    le cui larve si nutrono del

    sangue di uccelli non ancora

    usciti dal nido provocandone la

    morte. A lanciare lallarme un

    gruppo di ricerca coordinato

    da Dale Clayton dellUniversit

    dello Utah in uno studio

    pubblicato sul Journal of

    Applied Ecology.

    Dal 2008 al 2013, i ricercatori

    hanno seguito landamento

    della popolazione di una

    specie di fringuello (Geospiza

    fortis) nellisola di Santa

    Cruz e, sulla base dei dati

    raccolti (che considerano ledinamiche demografiche di

    questi uccelli e i danni causati

    dalla mosca parassita),

    hanno elaborato modelli

    matematici per descrivere

    i possibili scenari evolutivi

    della specie. Le previsioni

    non sono buone: questi

    fringuelli rischiano lestinzione

    in poche decine di anni (50

    se condizioni ambientali

    sfavorevoli aggravano i danni

    della mosca; 80-90 se lanatura d una mano). Ma non

    tutto perduto. La scomparsa

    della specie potrebbe essere

    scongiurata riducendo la

    popolazione della mosca del

    40 per cento. In che modo?

    Introducendo maschi sterili o

    vespe parassite delle mosche,

    allevando i piccoli in cattivit o

    usando opportuni insetticidi.

    Martina Saporiti

    A rischioi fringuellidi Darwin

    Ricordate il film apocalitticoThe day after to-morrow? In quel caso, nonostante il riscal-

    damento globale, lemisfero nord era andato

    incontro a una glaciazione improvvisa e deva-

    stante! Ovviamente si tratta di finzione cinema-

    tografica, ma qualcosa del genere, sia pure in

    misura molto pi ridotta, avvenuta realmente.

    Circa 12.900 anni fa la Terra stava uscen-

    do dallultima era glaciale. Mentre tutto il mon-

    do si riscaldava, isole britanniche e Scandinavia

    hanno sperimentato un raffreddamento intenso

    che si protratto per circa 1400 anni. Che co-sa successo? Si pensa a un blocco della circola-

    zione oceanica che portava (e porta ancora oggi)

    acqua calda dallequatore al Polo Nord, trasfe-

    rendovi calore. Questo sarebbe dovuto alla fu-

    sione dei ghiacci alla latitudine del Nord Europa.

    Ora Hans Renssen, dellUniversit di Amster-

    dam, e colleghi hanno analizzato meglio la si-

    tuazione, pubblicando uno studio su Natu-

    re Geoscience. Hanno ricostruito la situazione

    climatica precedente a questo evento in alcuni

    modelli climatici e hanno poi indotto una fusio-

    ne dei ghiacci, che ha effettivamente portato al

    blocco della circolazione oceanica. Gli scienzia-

    ti hanno per osservato chiaramente che questo

    conduceva a una diminuzione della temperatura

    molto pi grande di quella avvenuta nella realt.

    Con la rappresentazione fisica del clima nei

    modelli, Renssen e colleghi hanno allora potu-

    to vagliare il contributo di altre cause esterne.

    In particolare hanno studiato limpatto di une-

    ventuale diminuzione della radiazione che col-

    pisce la Terra (per decrescita dellemissione so-

    lare o per limpatto di un grosso meteorite che

    avrebbe alzato polveri e oscurato il Sole) insiemecon la fusione dei ghiacci. Questo porta anche a

    cambiamenti sostanziali nelle correnti atmosfe-

    riche e permette di ricostruire molto meglio la

    temperatura di questo evento freddo.

    La lezione fondamentale che si pu trarre dal-

    lo studio che, se si vogliono ricostruire o pre-

    vedere bene eventi di cambiamento climatico

    brusco, questi vanno valutati considerando la

    complessit del sistema e non ununica causa di

    possibile cambiamento. E con i modelli climati-

    ci possiamo farlo.

    Antonello Pasini

  • 7/25/2019 Le Scienze - Febbraio 2016

    27/100

    Scienza news

    www.lescienze.it Le Scienze 27

    DennisKunkelMicroscopy,Inc/VisualsUnlimited/Corbis(cellulatumorale);Corbis(modelloribosoma)

    MEDICINA

    Le cause del cancroUna controanalisi quantitativa smentisce il ruolo della sfortuna nellinsorgenza dei tumori

    Non una pura questione di sfortuna:il ri-

    schio di cancro dipende al 70-90 per cento da

    agenti ambientali come inquinanti e radia-

    zioni, e solo per il 10-30 per cento da fatto-

    ri intrinseci su cui si pu fare poco. C quin-

    di molto spazio per la prevenzione, e non solo

    per diagnosi precoci e cure pi efficaci.

    Lo ha affermato su Nature un gruppo di

    oncologi, patologi e statistici guidato da Yu-

    suf Hannun alla Stony Brook University, nello

    Stato di New York, in esplicita risposta a uno

    studio pubblicato su Science a inizio 2015

    che rimarcava invece il ruolo dei fattori intrin-

    seci. In quella ricerca, Cristian Tomasetti, della

    Johns Hopkins University di Baltimora, esami-

    nava la differenza di rischio tra i vari tessuti,

    mostrando che dipende soprattutto dal nume-

    ro totale di divisioni cellulari nel normale rin-

    novamento di ciascun tessuto.

    Di qui concludeva per che fattori ambien-

    tali e genetici hanno un ruolo modesto nella

    genesi tumorale, dovuta il pi delle volte alla

    sfortuna delle mutazioni casuali che avven-

    gono durante la replicazione cellulare. Le ov-

    vie eccezioni, come gli effetti del fumo sul pol-

    mone, spiegherebbero solo una minoranza dei

    tumori complessivi.

    Questa interpretazione aveva sollevato cri-

    tiche accese e ben argomentate, sottolinea

    Hannun, ma non una controanalisi quantitati-

    va dello stesso tenore. Con una sfilza di calcoli

    e modelli, quindi Hannun ha riesaminato pri-

    ma i dati stessi del lavoro originario, e poi vi

    ha aggiunto molti altri dati epidemiologici (per

    esempio sui migranti che acquisiscono i rischi

    dei luoghi in cui si trasferiscono) e sulle muta-

    zioni tumorali (quelle prodotte da certi muta-

    geni sono diverse da quelle intrinseche).

    Lo scienziato ha ripreso cos vari argomen-

    ti gi sollevati, come appunto le disparit ge-

    ografiche di incidenza tumorale, ma analiz-

    zandoli a livello quantitativo con vari modelli

    teorici. Ha incluso inoltre due tumori frequen-

    ti, del seno e della prostata, non considerati da

    Tomasetti. Ed giunto a una conclusione op-

    posta: le mutazioni spontanee, anche nei tes-

    suti ad alta proliferazione, di rado bastano a

    rendere una cellula tumorale, e quasi sempre

    occorre anche unesposizione ambientale.

    Giovanni Sabato

    Levoluzione del ribosoma e lalba della biochimicaIl ribosoma lorganello che converte linformazione genetica in proteine. Struttura

    antichissima, comune a tutti gli organismi viventi, anche una memoria unica dellorigine della

    vita sulla Terra, un giacimento fossile molecolare. Sui Proceedings of the National Academy of

    Sciences, Loren Williams e colleghi del NASA Astrobiology Institute presentano ora un modello

    dellevoluzione del ribosoma che scava fino a 3,8 miliardi di anni fa, allepoca in cui nacquero

    le prime cellule. Confrontando lRNA ribosomiale, lo scheletro di acidi nucleici che forma

    gran parte del ribosoma, di 133 organismi, Williams e colleghi hanno dedotto che si evoluto

    in sei fasi. Come gli anelli di un tronco dalbero crescono attorno ai precedenti, cos in ogni fase

    si aggiunto uno strato nuovo di RNA, che si inserito nel precedente mantenendo intatta

    la struttura sottostante. Ogni aggiunta ha fornito una nuova funzione: il modello di Williams

    profondamente darwiniano, in cui a ogni passo corrisponde un chiaro vantaggio evolutivo.

    Secondo il modello, il ribosoma ancestrale non era che una piccola elica stabile di RNA. Laseconda fase ha aggiunto allRNA la capacit di assemblare amminoacidi e formare i primi

    peptidi. Alcuni di questi peptidi si uniscono al ribosoma, proteggendolo. Nella terza fase le due

    subunit del ribosoma sono diventate capaci di associarsi e la costruzione dei peptidi inizia

    a essere guidata da un primitivo codice genetico. Da qui in poi lRNA del ribosoma diventa

    sempre pi raffinato, capace di costruire proteine sempre pi lunghe e in modo sempre pi

    accurato, trasformandosi nel preciso traduttore di informazione genetica oggi condiviso dai

    viventi. La coevoluzione di RNA e proteine nelle ultime fasi dello sviluppo del ribosoma avrebbe

    infine dato lavvio alla biochimica cellulare come la conosciamo, in cui le proteine fanno da

    padrone. Lanalisi delle fondamenta antiche del ribosoma in futuro potrebbe dirci qualcosa

    sulle caratteristiche chimiche e fisiche d