Antropos febbraio 2016

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- 1 - ANNO XII N.RO 2 del 01/02 /2016 P P a a g g . . 1. Pag. psicologica 2. Sistema pensionistico 3. Langolo del cuore 4. El Cid campeador 6. Teatro romano 7. Unedicola particolare 8. Petrolio?No grazie! 9. Catullo a Napoli 10. Una donna nella storia 11. Schengen la scheggia 13. Come conobbi Franco 14. IL Bluff della ripart.za 15. Giubileo 16. Paremiologia e pubbl. 17. Pagina medica 18. I grandi pensatori 19. Il Professore 20. Letture filosofiche 21. Le carni porcine ricette 22. Mater Dei 23. LAdolescente 24. Storia della musica 25. Virus Zica 26. Guerra e danari 27. Favola del mese 28. Avamposto a Venezia 29. A posteggia 30. Il Museo Diocesano 31. Nonne e tecnologie 32. Leviora 33. Nunziatina 34. Come dimenticare? 35. Penelope 36.Redazioni e riferimenti Sul portale http://www.andropos.eu/antroposint heworld.html Su facebook https://www.facebook.com/groups/ant roposintheworld/755101491196213/?n LE PROBLEMATICHE DELLA VECCHIAIA e e l l a a m mu us si i c co ot t e e r ra ap pi i a a (1) 4. La paura della morte- Intorno all‟amore e alla sessualità esistono numerosi pregiudizi, per- ché abbiamo alle spalle un retaggio culturale etico religioso che tende a fare passare, come fine esclusivo della sessualità, la ripro- duzione della specie, togliendo, di conseguenza, la legitti- mazione del sesso tra gli anziani,perché la vecchiaia con- tinua ad essere vista come decadimento. Lo stereotipo vi- gente, appunto, tende a considerare il vecchio come privo di potenzialità. Ma per quale motivo agli anziani è stato ed è reso obiet- tivamente difficoltoso esprimere liberamente la loro affettività? Dob- biamo abbandonare ipocrisie, falsi pudori e moralismi e smontare la convinzione che i comportamenti sessuali non siano presenti, o non sia- no possibili,o non siano importanti per gli anziani. In questo senso dob- biamo promuovere una estesa e decisiva campagna di controin-forma- zione sull‟anziano e sul suo diritto ai sentimenti ed alla sessualità. Nell‟anziano il dialogo con la morte si fa più serrato e consueto, ma non per questo meno drammatico; e se nelle società rurali la morte avveniva entro le pareti domestiche, in un clima di maggior rassegna- zione e accettazione, oggi, con un livello culturale indubbiamente più elevato e un‟organizzazione di vita urbana, essa viene rifiutata, allon- tanata e ospedalizzata. Chi lavora con gli anziani sa bene quanto sia importante il suo ruolo come punto di riferimento davanti al dubbio, alla paura, all‟abbandono e alla solitudine e di come, per quei vecchi che lo desiderano, il parlare della morte in generale sia benefico e catartico. Perché, dunque, si deve pensare alla morte e non rinnegarla? La risposta può apparire forse troppo semplice: la morte è parte in- tegrante della vita, se non si vive non si muore. Essa ci appartiene e il no- stro prepararci a vivere la vita impli- implica, in ogni momento, la consa- pevolezza che la morte,intesa non co- me la fine della vita, ma come una sua modificazione,ne fa parte in tutto e per tutto. Chi ha fede, o ha una visione dell'e- sistenza che va al di là della realtà del corpo, vede nella morte non la fine della vita nel mondo, ma la fine della vita biologica. Purtroppo la nostra cultura, che deve ancora compiere molti passi verso un pensiero che faccia della morte un evento plausibile ed accet- tabile. (Continua) _________ 1) F. Pastore, LE PROBLEMATICHE DELLA Vecchiaia, pag.15 e 16 - A.I.T.W. ed. SA. 2004 Scaricabile in e-book su Google play, cod. GGKEY:K6C9CH8SW3Q E European Journalism - GNS Press Ass.tion - The ECJ promotes publishing, publication and communication- P. Inter.nal

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Giornale di Salerno Argomenti: lettere, arti, socio-storia. Creatore e Direttore responsabile: Dott.Franco Pastore, scrittore e giornalista. Direttrice: prof.ssa Pastore Rosa Maria, giornalista. Redazioni: Salerno,Trapani, San Valentino, Sarno, Pagani, Angri, Torre del lago, Bergamo. Firme: dott. F.Pastore, dott. P.Liguori, dott. avv. V.Soriente, dott. avv.R.Grimaldi, On.M.Rallo, dott. Andraous, gem. D'Acunzo, dott. prof, M.Imparato, dott. ing. Farina, dott. ing. E.Eliani, dott. E.Pastore e dott.R. Nicodemo. Pubblicazioni: cartacea ed in ebook. con diffusione virtuale su più canali.

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AANNNNOO XXIIII NN..RROO 22

ddeell 0011//0022 //22001166

PP aa gg ..

11.. PPaagg.. ppssiiccoollooggiiccaa

22.. SSiisstteemmaa ppeennssiioonniissttiiccoo

33.. LL’’aannggoolloo ddeell ccuuoorree

44.. EEll CCiidd ccaammppeeaaddoorr

66.. TTeeaattrroo rroommaannoo

77.. UUnn’’eeddiiccoollaa ppaarrttiiccoollaarree

88.. PPeettrroolliioo??NNoo ggrraazziiee!!

99.. CCaattuulllloo aa NNaappoollii

1100.. UUnnaa ddoonnnnaa nneellllaa ssttoorriiaa

1111.. SScchheennggeenn llaa sscchheeggggiiaa

1133.. CCoommee ccoonnoobbbbii FFrraannccoo

1144.. IILL BBlluuffff ddeellllaa rriippaarrtt..zzaa

1155.. GGiiuubbiilleeoo

1166.. PPaarreemmiioollooggiiaa ee ppuubbbbll..

1177.. PPaaggiinnaa mmeeddiiccaa

1188.. II ggrraannddii ppeennssaattoorrii

1199.. IIll PPrrooffeessssoorree

2200.. LLeettttuurree ffiilloossooffiicchhee

2211.. LLee ccaarrnnii ppoorrcciinnee rriicceettttee

2222.. MMaatteerr DDeeii

2233.. LL’’AAddoolleesscceennttee

2244.. SSttoorriiaa ddeellllaa mmuussiiccaa

2255.. VViirruuss ZZiiccaa

2266.. GGuueerrrraa ee ddaannaarrii

2277.. FFaavvoollaa ddeell mmeessee

2288.. AAvvaammppoossttoo aa VVeenneezziiaa

2299.. ‘‘AA ppoosstteeggggiiaa

3300.. IIll MMuusseeoo DDiioocceessaannoo

3311.. NNoonnnnee ee tteeccnnoollooggiiee

3322.. LLeevviioorraa

3333.. NNuunnzziiaattiinnaa

3344.. CCoommee ddiimmeennttiiccaarree??

3355.. PPeenneellooppee

3366..RReeddaazziioonnii ee rriiffeerriimmeennttii

SSuull ppoorrttaallee

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SSuu ffaacceebbooookk hhttttppss::////wwwwww..ffaacceebbooookk..ccoomm//ggrroouuppss//aanntt

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LLEE PPRROOBBLLEEMMAATTIICCHHEE DDEELLLLAA VVEECCCCHHIIAAIIAA ee llaa mmuussiiccootteerraappiiaa((11))

44.. LLaa ppaauurraa ddeellllaa mmoorrttee--

Intorno all‟amore e alla sessualità esistono numerosi pregiudizi, per-

ché abbiamo alle spalle un retaggio culturale etico religioso che tende a

fare passare, come fine esclusivo della sessualità, la ripro-

duzione della specie, togliendo, di conseguenza, la legitti-

mazione del sesso tra gli anziani,perché la vecchiaia con-

tinua ad essere vista come decadimento. Lo stereotipo vi-

gente, appunto, tende a considerare il vecchio come privo

di potenzialità. Ma per quale motivo agli anziani è stato ed è reso obiet-

tivamente difficoltoso esprimere liberamente la loro affettività? Dob-

biamo abbandonare ipocrisie, falsi pudori e moralismi e smontare la

convinzione che i comportamenti sessuali non siano presenti, o non sia-

no possibili,o non siano importanti per gli anziani. In questo senso dob-

biamo promuovere una estesa e decisiva campagna di controin-forma-

zione sull‟anziano e sul suo diritto ai sentimenti ed alla sessualità.

Nell‟anziano il dialogo con la morte si fa più serrato e consueto, ma

non per questo meno drammatico; e se nelle società rurali la morte

avveniva entro le pareti domestiche, in un clima di maggior rassegna-

zione e accettazione, oggi, con un livello culturale indubbiamente più

elevato e un‟organizzazione di vita urbana, essa viene rifiutata, allon-

tanata e ospedalizzata. Chi lavora con gli anziani sa bene quanto sia

importante il suo ruolo come punto di riferimento davanti al dubbio,

alla paura, all‟abbandono e alla solitudine e di come, per quei vecchi

che lo desiderano, il parlare della morte in generale sia benefico e

catartico. Perché, dunque, si deve pensare alla morte e non rinnegarla?

La risposta può apparire forse troppo semplice: la morte è parte in-

tegrante della vita, se non si vive non

si muore. Essa ci appartiene e il no-

stro prepararci a vivere la vita impli-

implica, in ogni momento, la consa-

pevolezza che la morte,intesa non co-

me la fine della vita, ma come una

sua modificazione,ne fa parte in tutto

e per tutto.

Chi ha fede, o ha una visione dell'e-

sistenza che va al di là della realtà del corpo, vede nella morte non la

fine della vita nel mondo, ma la fine della vita biologica.

Purtroppo la nostra cultura, che deve ancora compiere molti passi

verso un pensiero che faccia della morte un evento plausibile ed accet-

tabile. ((CCoonnttiinnuuaa)) __________________ 11)) FF.. PPaassttoorree,, LLEE PPRROOBBLLEEMMAATTIICCHHEE DDEELLLLAA VVeecccchhiiaaiiaa,, ppaagg..1155 ee 1166 -- AA..II..TT..WW.. eedd.. SSAA.. 22000044 ––

SSccaarriiccaabbiillee iinn ee--bbooookk ssuu GGooooggllee ppllaayy,, ccoodd.. GGGGKKEEYY::KK66CC99CCHH88SSWW33QQ EE

EEuurrooppeeaann JJoouurrnnaalliissmm -- GGNNSS PPrreessss AAssss..ttiioonn -- TThhee EECCJJ pprroommootteess ppuubblliisshhiinngg,, ppuubblliiccaattiioonn aanndd ccoommmmuunniiccaattiioonn-- PP.. IInntteerr..nnaall

Page 2: Antropos febbraio 2016

- 2 -

AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

PPEENNSSIIOONNII,,UUNN SSIISSTTEEMMAA MMIISSEERRAABBIILLEE vvoolluuttoo ddaaii ppootteerrii ffoorrttii

DDaa ““LLEE OOPPIINNIIOONNII EERREETTIICCHHEE”” ddii MM..RRaalllloo

Grandi manovre sulle pensioni. Ad agitarsi più di tutti è

un “amerikano” di casa nostra, Tito Boeri, da poco più di un

anno presidente dell‟INPS (di nomina renziana). Boeri è un

bocconiano che ha coronato i suoi studi di economia con un

dottorato di ricerca alla New York University; rientrato in

patria ed ottenuta una cattedra nell‟Ateneo di provenienza,

si è illustrato per essere stato il primo docente italiano ad

avere introdotto un corso universitario interamente in lingua

inglese. Il che sarebbe come a dire che – secondo il boc-

coniano di ritorno – il diritto allo studio è subordinato alla

conoscenza perfetta della lingua dei padroni. Naturalmente,

come tanti altri economisti “al passo coi tempi”, il nostro è

stato anche consulente del Fondo Monetario Internazionale,

della Banca Mondiale, dell‟OCSE e forse anche di altri

organismi internazionali che predicano la macelleria sociale

in nome dei mercati e della globalizzazione finanziaria.

Recentemente il Boeri si è dato un gran daffare per

spedire ai futuri pensionati la famosa “busta arancione”, un

documento contenente una previsione dell‟ammontare del

trattamento (da fame) che il lavoratore di oggi dovrebbe

percepire domani, una volta raggiunta l‟agognata “soglia

pensionistica”. Una specie di mania, al punto da indurlo a

scatenare una guerra mediatica contro il Parlamento che gli

aveva negato i soldi per i francobolli. Come mai tutto ciò?

Per una repentina smania di comunicare? Per un ridondante

complesso del postino? Non credo proprio. Credo, piuttosto,

che il bocco-newyorkese pensi di utilizzare le reazioni

(ovviamente negative) dei destinatari della busta arancione

per raggiungere un obiettivo squisitamente politico: assog-

gettare anche i pensionati di oggi (o comunque una larga

fetta di questi) al medesimo infame sistema “contributivo”

che dovrebbe determinare le sorti dei pensionati di domani.

A meno che – sia detto per inciso – non salti tutto per aria,

da qui a pochi anni. Contrariamente a quanto taluno crede –

quindi – quella di Boeri non è una battaglia d‟avanguardia

né tampoco populista o rivoluzionaria.

È invece la classica battaglia di retroguardia, il solito

servizievole intervento a pro dei desiderata dei poteri forti e

delle “riforme strutturali” invocate dai mercati. Sono stati i

poteri forti, i mercati, le banche d‟affari e tutta l‟onorata

compagnia della speculazione finanziaria internazionale a

chiederci di cancellare il nostro sistema pensionistico

“retributivo” e di adottare il miserabile “sistema contribu-

tivo”, quello secondo cui il pensionato riceverà soltanto

“quel che ha versato” durante la propria vita lavorativa.

Naturalmente, sento già l‟obiezione degli assertori del poli-

ticamente corretto: dove sono i soldi per tornare al sistema

retributivo? Dovremmo farceli prestare dalle banche, e il

nostro debito pubblico è già così alto da non permetterci

ulteriori indebitamenti.

Obiezione buona per essere giocata su tutte le ruote: dalle

spese per l‟ambiente a quelle per la sicurezza pubblica.È

proprio questo il nocciolo del problema.

A mio sommesso parere, la spesa previdenziale – essendo

una spesa istituzionale di fondamentale importanza – do-

vrebbe essere affrontata dagli Stati con denaro proprio, emesso “a

credito” da banche pubbliche “nazionali”, e non ottenuto “a

debito” da banche “centrali” o da altre istituzioni private. Certo, se

per pagare le pensioni ai suoi cittadini lo Stato italiano (o qualun-

que altro Stato) dovrà farsi prestare i soldi dalla Banca Centrale

Europea (o dalla Goldman Sachs o dalla Banca Rotschild, poco

importa), il debito pubblico dovrà necessariamente crescere sem-

pre di più. A meno che – ecco l‟infame “riforma strutturale” – lo

Stato non si limiti a restituire al pensionato “quel che ha versato”.

Ma neanche questo è sufficiente a far quadrare i conti previ-

denziali. Perché questa specie di “mettiamo i soldi sotto il mat-

tone” può reggersi soltanto se ci sono un numero x di lavoratori in

attività per ogni singolo lavoratore in quiescenza. Meccanismo –

questo – che è messo in crisi dalla riduzione delle nascite e

dall‟aumentata “aspettativa di vita”; ragion per cui in Italia – per

esempio – il rapporto fra lavoratori e pensionati si va lentamente

ma continuativamente riducendo.

Ecco – dunque – che anche qui gli americani e i loro fan europei

ci vengono in soccorso con le loro alzate di genio: facciamo

entrare più immigrati, facciamoli diventare cittadini italiani (o

tedeschi, o francesi) e utilizziamo i loro contributi previdenziali

per pagare le pensioni. Nessuno – fra questi geni dell‟economia –

che avesse proposto di dare più posti di lavoro ai nostri! I risultati,

comunque, sono sotto gli occhi di tutti: in Italia – per esempio –

abbiamo 2 milioni e mezzo di lavoratori stranieri che versano

regolarmente i contributi, e il Presidente dell‟INPS è ancora in

cerca dei soldi per i francobolli.

Senza considerare che questo ragionamento – apparentemente

fondato – è soltanto una sorta di “catena di Sant‟Antonio”. Am-

mettiamo che oggi ci vogliano 2 milioni di stranieri per pagare le

pensioni degli italiani; quando anche costoro saranno diventati

pensionati, serviranno 12 milioni di lavoratori stranieri e, dopo

un‟altra generazione, 22 milioni; e così via. Chiaramente – come

tutte le catene di Sant‟Antonio – questo sistema è palesemente

truffaldino: regge solo fino a quando qualcuno smette di pagare e

la catena s‟interrompe; ovvero – nel nostro caso – fino a quando

avremo raggiunto la completa saturazione di “migranti”.

In realtà – è sempre la mia opinione più eretica che mai – anche

questo meccanismo può essere piegato dall‟unica scelta logica che

oramai è indilazionabile: gli Stati devono riappropriarsi del diritto

di creare il proprio denaro e, con questo, fare fronte ai propri

compiti istituzionali. Compreso quello di assicurare una pensione

dignitosa ai propri cittadini.

MMiicchheellee RRaalllloo

popolo Governo

Sistema

bancario

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- 3 -

AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

______________________________________________________

SENZA VOCE Ἄφωνη

Sui tetti delle case,

aggrovigliate nel silenzio,

si cela nell'ombra

il respiro del cuore.

Non più, della mia pelle

ancora s‟impregnano

le tue labbra.

Come nella prigione

d‟ un sogno, senza voce,

corre l‟animo

dietro un raggio di luna.

sario Straordinario del Comune aversano che, in base alla normativa vigente, è il proprietario di Frittella come di tutti i cani di quartiere del suo territorio” dichiara Piera Rosati, presidente della LNDC. “Noi di Aversa”- aggiunge Emma Gatto, presidente della sezione campa-na – ci attiveremo attraverso i giornali locali e tramite l'affissione di manifesti pubblici, per chiedere la collabo-razione di tutti per risalire a chi si è macchiato di questo crimine allucinante. È importante che la gente stia all’erta perché la violenza nei confronti degli animali, come testimoniano studi internazionali di diverse Uni-versità e anche i rapporti dell’FBI, è un campanello d’al-larme che segnala soggetti sociopatici che usano questi atti come una sorta di palestra per poi passare alla violenza sugli altri esseri umani”.

nn..dd..DD..

DDOOMMAANNII Αυριανή

Muore il sole tra i rami,

il tramonto è perduto.

Lentamente,

il crepuscolo scompare

sotto la luna.

Come un angelo bianco,

l‟alba, domani,

aprirà le porte

d‟un nuovo mattino.

La docile Frittella, benvoluta cagna del quartiere di Aversa, in provincia di Caserta, è stata vittima di un gesto mostruoso. La LNDC sporge denuncia affinché chi ha com-piuto questa infamia, la paghi severamente e avverte i cittadini a stare all’erta perché i responsabili di un'azione tanto vile sono individui socialmente pericolosi, anche per i propri simili. Ora Frittella, amabile meticcia tipo golden retriever, è al sicuro, in convalescenza presso la sezione LNDC di Aversa (CE) dove le stanno curando le ferite del corpo e quelle, ancora più profonde, dell’anima. Questa docile cagnolona ufficialmente registrata come cane di quartiere, seguita dalla Lega Nazionale per la Difesa del Cane e benvoluta da tutti, è stata ritrovata, il mattino di sabato 23 gennaio, accasciata e con una copio-sa emorragia in corso, nel giardinetto di un bar dove si era trascinata barcollando per poi crollare esausta per terra. I gestori del locale hanno immediatamente chiama-to i servizi veterinari dell’Asl che, constatato le condizioni pietose del povero animale, lo hanno trasferito all’Ospe-dale Veterinario Frullone di Napoli dove è emersa la rac-capricciante verità. Frittella era stata vittima di abusi sessuali ad opera di mostri perversi che hanno approfit-tato della bontà assoluta di questa creatura per accanirsi vigliaccamente su di lei. “E’ un caso di una gravità inconcepibile che denunce-remo e seguiremo senza tregua affinché i responsabili ven-gano individuati e puniti come meritano. Ma sollecitiamo anche una presa di posizione forte da parte del Commis-

LL’’AANNGGOOLLOO DDEELL CCUUOORREE

DDaa ““χχρρòòννοο ““

SSiillllooggee ddii FFrraannccoo PPaassttoorree

IL CASO DI FRITTELLA Ovvero, l’unica bestia al mondo è l’uomo

Page 4: Antropos febbraio 2016

- 4 -

AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

RRiippeessccaarree uunn ppeerrssoonnaaggggiioo ssttoorriiccoo ccoossìì eecccceezziioonnaa--

llee èè uunn ppiiaacceerree ttaannttoo ssoottttiillee ddaa aannnnuullllaarree ooggnnii iinncceerr--

tteezzzzaa eedd ooggnnii ppaauurraa ddii ccoonnffrroonnttoo ccoonn aallttrrii ssccrriittttii..

CCiidd CCaammppeeaaddoorr èè iill ttiittoolloo ddaattoo aall ccaavvaalliieerree RRoo--

ddrriiggoo DDííaazz ddee VViivvaarr,, nnaattoo aa BBuurrggooss ((iinn CCaassttiigglliiaa))

nneell11004433,,ll ppiiùù ppooppoollaarree ddeeggllii eerrooii nnaazziioonnaallii ssppaaggnnoollii..

IIll ttiittoolloo ddii CCaammppeeaaddoorr ggllii ffuu ddaattoo ddaaii ssoollddaattii ccrrii--

ssttiiaannii‚‚ mmiilliittaannddoo ssoottttoo ddoonn SSaanncciioo ddii CCaassttiigglliiaa‚‚ ccoonn--

ttrroo iill rree ddii NNaavvaarrrraa.. FFuurroonnoo ii MMoorrii‚‚ iinnvveeccee‚‚ aa cchhiiaa--

mmaarrlloo eell CCiidd‚‚ qquuaannddoo ccoommbbaattttéé ccoonnttrroo ddii eessssii‚‚ ssoottttoo

AAllffoonnssoo VVII ddii LLeeoonn.. AAllllee ssuuee iimmpprreessee ss''iissppiirraannoo:: iill

ddrraammmmaa llee ggeessttaa ggiioovvaanniillii ddeell CCiidd ddii GGuuiilllléénn ddee

CCaassttrroo ((11661188))‚‚ llaa cceelleebbrree ttrraaggeeddiiaa ddii PP.. CCoorrnneeiillllee

((11663366))..

IIll CCiidd‚‚ èè iill ccaappoollaavvoorroo ddeellllaa ppooeessiiaa eerrooiiccaa ddeell MMee--

ddiiooeevvoo ssppaaggnnoolloo,, ddeellllaa pprriimmaa mmeettàà ddeell XXIIII sseeccoolloo,,

ddaall ttiittoolloo IIll CCaannttaarr ddee mmiioo CCiidd‚‚ ddii aauuttoorree aannoonniimmoo ee

ffoorrmmaattoo ddaa dduuee ccaannttaarreess::

EEll ccaannttaarr ddeell ddeessttiieerrrroo ((ccaannzzoonnee ddeellll‟‟eessiilliioo))

EEll ccaannttaarr ddee llaass bbooddaass ((ccaannzzoonnee ddeellllee nnoozzzzee))

LLaa ttrraammaa ddeellll‟‟ooppeerraa lleetttteerraarriiaa èè llaa sseegguueennttee::

RRooddrriiggoo‚‚ ccaammppiioonnee ddeell rree‚‚ aaccccuussaattoo ddaa uunn ccoorrttiiggiiaannoo

dd‟‟eesssseerrssii aapppprroopprriiaattoo ddii uunnaa ppaarrttee ddeeii ttrriibbuuttii ddeeii mmoo--

rrii ddii AAnnddaalluussiiaa,, ddoovvuuttii aadd AAllffoonnssoo VVII ddii LLeeóónn,, èè mmaann--

ddaattoo iinn eessiilliioo..

DDuurraannttee llee ssuuee lluunngghhee ppeerreeggrriinnaazziioonnii‚‚ ppaassssaa

ddaa BBuurrggooss ee llaasscciiaa llaa mmoogglliiee JJiimmeennaa‚‚ ccoonn llee dduuee

ffiigglliiee‚‚ aall mmoonnaasstteerroo ddii CCaarrddeennaa.. NNuummeerroossii ccaavvaa--

lliieerrii ssii uunniissccoonnoo aa lluuii nneellllaa lloottttaa ccoonnttrroo ii mmoorrii‚‚

cchhee ssccoonnffiiggggoonnoo iinn ddiivveerrssee ooccccaassiioonnii.. FFaa pprriiggiioo--

nniieerroo iill ccoonnttee ddii BBaarrcceelllloonnaa ccoonnqquuiissttaa VVaalleenncciiaa ee

ssccoonnffiiggggee iill rree ddii SSeevviillllaa‚‚ mmaannddaannddoo nnuuoovvii ddoonnii aa

AAllffoonnssoo VVII‚‚ iill qquuaallee‚‚ ffiinnaallmmeennttee‚‚ ppeerrmmeettttee cchhee llaa

ssuuaa ffaammiigglliiaa lloo rraaggggiiuunnggaa aa VVaalleenncciiaa..

LL''eerrooee èè aall mmaassssiimmoo ddeellllaa ssuuaa ffaammaa.. II dduuee ccoonnttii

ddii CCaarrrriióónn cchhiieeddoonnoo ee ootttteennggoonnoo ddaall rree llaa mmaannoo

ddii EEllvviirraa ee SSooll‚‚ llee bbeellllee ffiigglliiee ddii RRooddrriiggoo ddee VViivvaarr‚‚

mmaa pprreessttoo ii dduuee rriivveellaannoo ttuuttttaa llaa lloorroo ccooddaarrddiiaa‚‚

ssuull ccaammppoo ddii bbaattttaagglliiaa,,.. PPeerr vveennddiiccaarree ll‟‟oonnttaa‚‚ ssii

aalllloonnttaannaannoo ddaa VVaalleenncciiaa ccoonn llee mmooggllii ee,, ggiiuunnttii aall

qquueerrcceettoo ddii CCoorrppeess,, llee ffrruussttaannoo ee llee aabbbbaannddoonnaa--

nnoo.. IIll CCiidd cchhiieeddee ggiiuussttiizziiaa aall rree,, ii ssuuooii uuoommiinnii ssffii--

ddaannoo ee vviinnccoonnoo ii ccoonnttii ddii CCaarrrriióónn‚‚ ii qquuaallii vveennggoo--

nnoo ddiicchhiiaarraattii ttrraaddiittoorrii.. IIll ppooeemmaa ssii ccoonncclluuddee ccoonn

llee nnuuoovvee nnoozzzzee ddeellllee ffiigglliiee ddii EEll CCiidd..

RRooddrriiggoo ddee VViivvaarr èè aarrddiittoo‚‚ lleeaallee ee ggeenneerroossoo,,

nnoonn uunn eerrooee ffaannttaassttiiccoo ccoommee qquueelllloo ddeellllaa ""CChhaann--

ssoonn ddii RRoollaanndd"",, nnoonn hhaa nnuullllaa ddii ssoovvrruummaannoo‚‚ nnéé

uunnaa ssppaaddaa mmaaggiiccaa cchhee aaccccrreessccaa iill ssuuoo vvaalloorree.. EEggllii

èè ssoollttaannttoo uunn uuoommoo nnootteevvoollee‚‚ ssaaggggiioo‚‚ ffoorrttee ee rrii--

fflleessssiivvoo‚‚ cchhee vviivvee eedd aaggiissccee iinn uunn ccoonntteessttoo ffaattttoo ddii

bbeelllleezzzzaa lliinneeaarree ee ddii vviirrttùù nnoonn iiddeeaalliizzzzaattee.. MMoorrìì

ccoommbbaatttteennddoo nneell 11009999‚‚ aallll‟‟eettàà ddii 5566 aannnnii..

IIll nnoobbiillee RRooddrriiggoo DDiiaazz eerraa ffiigglliioo ddii DDiieeggoo LLaaíí--

nneezz,, ddiirreettttoo ddiisscceennddeennttee ddii LLaaíínn NNúúññeezz,, ssttiimmaattoo

aallllaa ccoorrttee ddeell rree ddii CCaassttiigglliiaa,, FFeerrddiinnaannddoo II ee,, ddaa

qquuaannttoo rriissuullttaa ddaaggllii aannnnaallii nnaavvaarrrroo--aarraaggoonneessii ddeellllaa

ffaammiigglliiaa ddii LLaaíínn CCaallvvoo,, aappppaarreenntteemmeennttee uunn mmeemm--

bbrroo ddeeii GGiiuuddiiccii ddii CCaassttiigglliiaa,,mmeennttrree ssuuaa mmaaddrree,, TTee--

rreessaa RRooddrriigguueezz,, eerraa llaa ffiigglliiaa ddii RRooddrriiggoo ÁÁllvvaarreezz,,

pprriimmoo ccoonnttee ddii AAssttuurriiaa ee ssuuoo ggoovveerrnnaattoorree..

RRiimmaassttoo oorrffaannoo ddii ppaaddrree,, nneell ((11005588)),, RRooddrriiggoo

ccrreebbbbee nneellllaa ccoorrttee ddeell rree FFeerrnnaannddoo II ddii CCaassttiigglliiaa

iinnssiieemmee aall pprriinncciippee SSaanncchhoo,, ffuuttuurroo rree ccoommee SSaann--

cchhoo IIII ddii CCaassttiigglliiaa..

RRooddrriiggoo vveennnnee iinnvveessttiittoo ccaavvaalliieerree iinnttoorrnnoo aall

11006600,, nneellllaa cchhiieessaa ddii SSaannttiiaaggoo ddee llooss CCaabbaalllleerrooss,, aa

ZZaammoorraa ddaa DDooññaa UUrrrraaccaa,, ffuuttuurraa ssiiggnnoorraa ddii ZZaammoo--

rraa..

EELL CCIIDD CCAAMMPPEEAADDOORR ((II PPAARRTTEE)) DDII FFRRAANNCCOO PPAASSTTOORREE

ebook cod. GGKEY:W38KJCG48BD E

stampa sbn IT\ICCU\PUV\1385163 – SA 2014

Page 5: Antropos febbraio 2016

- 5 -

AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

NNeell 11006633,, ssii rreeccòò ccoonn SSaanncchhoo aa SSaarraaggoozzzzaa ee

ppaarrtteecciippòò,,ccoonnttrroo lloo zziioo ddii qquueessttii,, RRaammiirroo II ddii AArraa--

ggoonnaa,, aallllaa ddiiffeessaa ddeellllaa ttaaiiffaa ddii SSaarraaggoozzzzaa ddeellll''ee--

mmiirroo,, aall--MMuuqqttaaddiirr,, aalllleeaattoo ddii FFeerrddiinnaannddoo II.. IInn ssee--

gguuiittoo ppaarrtteecciippòò aallllaa bbaattttaagglliiaa ppeerr llaa ccoonnqquuiissttaa ddeell

ppaaeessee ddii GGrraauuss iinn ccuuii RRaammiirroo,, ll''88 mmaaggggiioo,, mmoorrìì..

IInn qquueellll''ooccccaassiioonnee,, sseeccoonnddoo llaa lleeggggeennddaa,, ootttteennnnee

iill ttiittoolloo ddii CCaammppeeaaddoorr qquuaannddoo,, ppeerr rriissooll--vveerree uunnaa

ddiissppuuttaa ssuullll''aattttrriibbuuzziioonnee ddii aallccuunnii ccaasstteellllii ddii ffrroonn--

ttiieerraa,, RRooddrriiggoo vviinnssee iill dduueelllloo ccoonn JJiimmeennoo GGaarrccééss,,

aallffiieerree ddeell rree dd''AArraaggoonnaa,, RRaammiirroo II..

TTrraa ggllii aannnnii 11006633 ee 11007722 ffuu iill bbrraacccciioo ddeessttrroo

ddii ddoonn SSaanncchhoo ee ccoommbbaattttéé ccoonn lluuii iinn nnuummeerroossee

bbaattttaagglliiee.. NNeell 11006666,, vveennnnee nnoommiinnaattoo AAllffiieerree RReeaa--

llee ((ccoolluuii cchhee ppoorrttaavvaa lloo sstteennddaarrddoo ddeell rree iinn ttuuttttee llee

mmaanniiffeessttaazziioonnii ppuubbbblliicchhee)) ddooppoo cchhee SSaanncchhoo eerraa

ssaalliittoo aall ttrroonnoo ddeellllaa CCaassttiigglliiaa nneell 11006655..

CCoommee ccaappoo ddeellllee ttrruuppppee rreeaallii,, iill CCiidd aaccccoomm--

ppaaggnnòò iill ssuuoo rree nneellllaa gguueerrrraa cchhee ccoommbbaattttéé ccoonnttrroo

iill rreeggnnoo ddii NNaavvaarrrraa,, ddeettttaa gguueerrrraa ddeeii ttrree SSaanncchhii

((SSaanncchhoo IIII ccoonnttrroo iill rree ddii NNaavvaarrrraa,, SSaanncchhoo IIVV eedd

iill ssuuoo aalllleeaattoo iill rree dd''AArraaggoonnaa,, iill ssuucccceessssoorree ddii

RRaammiirroo II,, SSaanncchhoo II)) cchhee tteerrmmiinnòò,, nneell 11006688 ccoonn llaa

ppaarrzziiaallee rriiccoonnqquuiissttaa ddeeii tteerrrriittoorrii ccaassttiigglliiaannii cceedduuttii

ddaa FFeerrddiinnaannddoo II aall ffrraatteelllloo GGaarrcciiaa IIIIII SSaanncchheezz ddii

NNaavvaarrrraa.. AAll ffiiaannccoo ddeell rree ffuu,, ppooii,, nneellllaa gguueerrrraa cchhee ccoommbbaattttéé

ccoonnttrroo iill ffrraatteelllloo AAllffoonnssoo VVII,, rree ddii LLeeóónn ee GGaarrccííaa,, rree ddii

GGaalliizziiaa.. LLaa gguueerrrraa ffrraattrriicciiddaa eerraa ssccooppppiiaattaa aa ccaauussaa

ddeellllaa ddiivviissiioonnee ddeellll''eerreeddiittàà ddeell ppaaddrree FFeerrddiinnaannddoo..

DDooppoo cchhee AAllffoonnssoo vveennnnee ssccoonnffiittttoo nneellllaa bbaattttaagglliiaa ddii

LLllaannttaaddaa,, ssuull ffiiuummee PPiissuueerrggaa ((1199 lluugglliioo 11006688)),, SSaanncchhoo

ee AAllffoonnssoo rraaggggiiuunnsseerroo uunn aaccccoorrddoo ppeerr ccoommbbaatttteerree

GGaarrcciiaa,, lloo aattttaaccccaarroonnoo ee lloo pprriivvaarroonnoo ddeell ssuuoo rreeggnnoo

oobbbblliiggaannddoolloo aadd aannddaarree iinn eessiilliioo aa SSiivviigglliiaa,, pprreessssoo iill

ssuuoo ttrriibbuuttaarriioo aabbbbaaddiiddee MMuuḥḥaammmmaadd aall--MMuuʿʿttaammiidd,,

eemmiirroo ddii SSiivviigglliiaa;; rriipprreessaa llaa lloottttaa ccoonn AAllffoonnssoo,, nneellllaa

bbaattttaagglliiaa ddii GGoollppeejjeerraa,, vviicciinnoo aa CCaarrrriióónn ddee llooss CCoonn--

ddeess,, ((11007722)),, lloo ssccoonnffiisssseerroo,, lloo ccaattttuurraarroonnoo eedd lloo iimmpprrii--

ggiioonnaarroonnoo aa BBuurrggooss,, ddaa ddoovvee ppeerròò ffuuggggìì ee rriippaarraannddoo,,

iinn eessiilliioo,, nneell rreeggnnoo mmoorroo ddii TToolleeddoo,, ssuuoo ttrriibbuuttaarriioo..

SSaanncchhoo IIII ooccccuuppòò aalllloorraa iill LLeeóónn,, rriiuunneennddoo ccoossìì nnuuoovvaa--

mmeennttee iill rreeggnnoo cchhee eerraa ssttaattoo ddii ssuuoo ppaaddrree..

NNoonn aacccceettttaarroonnoo iill ffaattttoo ccoommppiiuuttoo ii nnoobbiillii ddeell

LLeeóónn ee ssii ssttrriinnsseerroo aattttoorrnnoo aallllee ssoorreellllee ddeell rree,, ssoo--

pprraattttuuttttoo aa DDooññaa UUrrrraaccaa,, cchhee ssii ffoorrttiiffiiccòò nneellllaa ssuuaa

ssiiggnnoorriiaa,, llaa cciittttàà ddii ZZaammoorraa.. SSaanncchhoo IIII ddaapppprriimmaa

eessppuuggnnòò llaa ssiiggnnoorriiaa ddii TToorroo,, ddeellllaa ssoorreellllaa EEllvviirraa ee

ppooii ppoossee ll''aasssseeddiioo aa ZZaammoorraa iill 44 mmaarrzzoo ddeell 11007722;;

dduurraannttee ll''aasssseeddiioo,, ppaarree cchhee uunn nnoobbiillee ddii LLeeóónn,, lloo

zzaammoorraannoo BBeelllliiddoo DDoollffooss,, ffoorrssee aammaannttee ddii UUrrrraa--

ccaa,, ffiinnggeennddoossii ddiisseerrttoorree,, lloo iinnvviittòò aa sseegguuiirrlloo

ppeerr ffaarrggllii vveeddeerree iill ppuunnttoo ddeebboollee ddeellllee mmuurraa,, lloo

sseeppaarròò qquuiinnddii ddaallllaa ssuuaa gguuaarrddiiaa ee lloo aassssaassssiinnòò,,

iill 66 oottttoobbrree ddeell 11007722.. DDooppoo llaa mmoorrttee ddii SSaanncchhoo

IIII,, iill CCiidd eedd ii ccaassttiigglliiaannii ccoonnttiinnuuaarroonnoo ll''aasssseeddiioo

ddii ZZaammoorraa;; AAllffoonnssoo VVII eerraa ttoorrnnaattoo aa LLeeóónn ee,,

ddaattoo cchhee iill ffrraatteelllloo nnoonn aavveevvaa llaasscciiaattoo eerreeddii,, ssii

pprrooddiiggòò ppeerr ggaarraannttiirree cchhee,, ssee rriiccoonnoosscciiuuttoo rree ddii

CCaassttiigglliiaa,, aavvrreebbbbee ttrraattttaattoo ii nnoobbiillii ccaassttiigglliiaannii

aallllaa ssttrreegguuaa ddeeii nnoobbiillii lleeoonneessii;; mmaa iill ssoossppeettttoo

cchhee UUrrrraaccaa ee AAllffoonnssoo ffoosssseerroo ccoommpplliiccii nneellll''aass--

ssaassssiinniioo ddii SSaanncchhoo sseerrppeeggggiiaavvaa iinn bbuuoonnaa ppaarrttee

ddeellllaa nnoobbiillttàà ccaassttiigglliiaannaa.. MMaaggggiioorreennttii ccaassttiigglliiaannii,, ttrraa ccuuii iill CCiidd CCaammppeeaa--

ddoorr,, ddooppoo aavveerr ttoollttoo ll''aasssseeddiioo aa ZZaammoorraa pprreetteesseerroo

cchhee AAllffoonnssoo VVII ggiiuurraassssee llaa ssuuaa iinnnnoocceennzzaa iinn ppuubb--

bblliiccoo,, ssuull ssaaggrraattoo ddeell llaa cchhiieessaa ddii SSaannttaa GGaaddeeaa ((ddee--

ddiiccaattaa aa SSaannttaa AAggaattaa)) ddii BBuurrggooss,, ddii ppooii,, lloo rriiccoo--

nnoobbbbeerroo ccoommee rree ddii ee ssoovvrraannoo ddii LLeeóónn.. CCoonn iill nnuuoo--

vvoo rree,, ll''iinnccaarriiccoo ddii AAllffiieerree RReeaallee ppaassssòò aa GGaarrccííaa

OOrrddóóññeezz,, ccoonnttee ddii NNáájjeerraa..

PPeerr aallccuunniiaannnnii iill CCiidd ffuu tteennuuttoo iinn ggrraann ccoonnttoo

aallllaa ccoorrttee ddii AAllffoonnssoo cchhee nneell lluugglliioo ddeell 11007744 ggllii

ccoonncceessssee llaa mmaannoo ddii ssuuaa ccuuggiinnaa,,ddooññaa JJiimmeennaa,, ffiigglliiaa

ddeell ccoonnttee ddii OOvviieeddoo ee ddeellllee AAssttuurriiee DDiieeggoo FFeerrnnáánn--

ddeezz ee ddeellllaa ccoonntteessssaa CCrriissttiinnaa FFeerrnnáánnddeezz..

NNeell 11007799,, iill CCiidd vveennnnee iinnccaarriiccaattoo ddaall rree ddii rrii--

ssccuuootteerree llee ppaarriiaass ((ttrriibbuuttii)) ddaall rree ddii SSiivviigglliiaa,, aall--

MMuuʿʿttaammiidd bb.. ʿʿAAbbbbāādd,, cchhee aalllloorraa eerraa iinn gguueerrrraa ccooll

rree ddeell RReeggnnoo ddii GGrraannaaddaa aalllleeaattoo ddii GGaarrccííaa OOrr--

ddóóññeezz.. RRooddrriiggoo ssii sscchhiieerròò ccoonn aall--MMuuʿʿttaammiidd,, aalllleeaattoo

ddeell rree AAllffoonnssoo ee rriiuussccìì,, nneellllaa bbaattttaagglliiaa ddii CCaabbrraa,, aa

bbaatttteerree iill rree ddii GGrraannaaddaa ee aa ccaattttuurraarree GGaarrccííaa OOrrddóó--

ññeezz.. VVeennnnee ppooii ccooiinnvvoollttoo iinn uunn ffaattttoo dd''aarrmmii ccoonnttrroo

iill rree ddii TToolleeddoo,, aalllleeaattoo ddeell rreeggnnoo ddeell LLeeóónn;; ttoorrnnaattoo

aa ccoorrttee,, ffuu mmeessssoo iinn ccaattttiivvaa lluuccee aaggllii oocccchhii ddeell rree

AAllffoonnssoo ddaa GGaarrccííaa OOrrddóóññeezz ee ddaa PPeeddrroo AAnnssúúrreezz,,

ppootteennttii nnoobbiillii ddeellllaa ccoorrttee ddii LLeeóónn,, cchhee ccoonnvviinnsseerroo

iill rree aa ppuunniirrlloo ccoonn ll''eessiilliioo ((11008811)).. ((CCoonnttiinnuuaa))

Donna Jmena

Page 6: Antropos febbraio 2016

- 6 -

AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

IILL TTEEAATTRROO RROOMMAANNOO aa ccuurraa ddii AAnnddrrooppooss

LLaa ppaarroollaa ccoommmmeeddiiaa èè ttuuttttaa ggrreeccaa:: κκωωμμῳῳδδίίαα,, ""ccoommooddììaa"",, iinnffaattttii,, èè ccoommppoossttaa ddaa κκῶῶμμοοςς,, ""KKòòmmooss"",, ccoorrtteeoo ffeessttiivvoo ee

ᾠᾠδδήή,,""ooddèè"",, ccaannttoo.. DDii qquuii iill ssuuoo iinnttiimmoo lleeggaammee ccoonn iinnddiiccaa llee aannttiicchhee ffeessttee pprrooppiizziiaattoorriiee iinn oonnoorree ddeellllee ddiivviinniittàà

eelllleenniicchhee,, ccoonn pprroobbaabbiillee rriiffeerriimmeennttoo aaii ccuullttii ddiioonniissiiaaccii .. NNeeggllii uullttiimmii ddeecceennnnii ddeellllaa rreeppuubbbblliiccaa,, ssii aassssiissttee aa uunnaa

ggrraannddee ccrreesscciittaa ddii iinntteerreessssee vveerrssoo iill tteeaattrroo,, cchhee oorrmmaaii nnoonn ccooiinnvvoollggee ppiiùù ssoolloo ggllii ssttrraattii ppooppoollaarrii,, mmaa aanncchhee llee ccllaassssii

mmeeddiiee ee aallttee,, ee ll''éélliittee iinntteelllleettttuuaallee.. CCiicceerroonnee,, aappppaassssiioonnaattoo ffrreeqquueennttaattoorree ddii tteeaattrrii,, ccii ddooccuummeennttaa iill ssoorrggeerree ddii

nnuuoovvee ee ppiiùù ffaassttoossee ssttrruuttttuurree,, ee ll''eevvoollvveerree ddeell ppuubbbblliiccoo rroommaannoo vveerrssoo uunn ppiiùù aaccuuttoo sseennssoo ccrriittiiccoo,, aall ppuunnttoo ddii

ffiisscchhiiaarree qquueeggllii aattttoorrii cchhee,, nneell rreecciittaarree iinn vveerrssii,, aavveesssseerroo ssbbaagglliiaattoo llaa mmeettrriiccaa.. AAccccaannttoo aallllee ccoommmmeeddiiee,, lloo

ssppeettttaattoorree llaattiinnoo ccoommiinncciiaa aadd aappppaassssiioonnaarrssii aanncchhee aallllee ttrraaggeeddiiee..

IIll ggeenneerree ttrraaggiiccoo ffuu aanncchh''eessssoo rriipprreessoo ddaaii mmooddeellllii ggrreeccii.. EErraa ddeettttaa ffaabbuullaa ccootthhuurrnnaattaa ((ddaa ccootthhuurrnnii,, llee ccaallzzaattuurree ccoonn

aallttee zzeeppppee ddeeggllii aattttoorrii ggrreeccii)) ooppppuurree ppaalllliiaattaa ((ddaa ppaalllliiuumm,, ccoommee ppeerr llaa ccoommmmeeddiiaa)) ssee ddii aammbbiieennttaazziioonnee ggrreeccaa..

QQuuaannddoo llaa ttrraaggeeddiiaa ttrraattttaavvaa ddeeii tteemmii ddeellllaa RRoommaa ddeellll''eeppooccaa,, ccoonn aalllluussiioonnii aallllee vviicceennddee ppoolliittiicchhee ccoorrrreennttii,, eerraa ddeettttaa

pprraaeetteexxttaa ((ddaallllaa ttooggaa pprraaeetteexxttaa,, oorrllaattaa ddii ppoorrppoorraa,, iinn uussoo ppeerr ii mmaaggiissttrraattii)).. EEnnnniioo,, MMaarrccoo PPaaccuuvviioo ee LLuucciioo AAcccciioo

ffuurroonnoo aauuttoorrii ddii ttrraaggeeddiiee,, nnoonn ppeerrvveennuutteeccii.. LL''uunniiccaa pprraaeetteexxttaa ((""OOccttaavviiaa"")) ggiiuunnttaa ffiinnoo aaii nnoossttrrii ggiioorrnnii èè uunn''ooppeerraa

ffaallssaammeennttee aattttrriibbuuiittaa aa LLuucciioo AAnnnneeoo SSeenneeccaa,, ccoommppoossttaa ppooccoo ddooppoo llaa mmoorrttee ddeellll''iimmppeerraattoorree NNeerroonnee..

IIll mmaassssiimmoo ddeeii ttrraaggiiccii llaattiinnii ssii rriittiieennee ssiiaa ssttaattoo AAcccciioo,, iill qquuaallee,, oollttrree aa ssccrriivveerree uunnaa qquuaarraannttiinnaa ddii ttrraaggeeddiiee

dd''aarrggoommeennttoo ggrreeccoo,, ssii aavvvveennttuurròò nneellllaa ccoommppoossiizziioonnee ddii dduuee pprraaeetteexxttaaee:: BBrruuttoo ee DDeecciiuuss,, ttrraatttteeggggiiaannddoo ii ccaarraatttteerrii ddii

dduuee eerrooii rreeppuubbbblliiccaannii rroommaannii.. SSeenneeccaa ssii ddiissttiinnssee ppeerr lloo ssppoossttaammeennttoo ddeell nnooddoo ttrraaggiiccoo,, ddaallllaa ttrraaddiizziioonnaallee

ccoonnttrraappppoossiizziioonnee ttrraa ll''uummaanniittàà ee llee nnoorrmmee ddiivviinnee,, aallllaa ppaassssiioonnee aauutteennttiiccaammeennttee ssggoorrggaattaa ddaall ccuuoorree uummaannoo..

LLuucciioo AAnnnneeoo SSeenneeccaa:: Hercules Oetaeus ((ffaabbuullaa ccoottuurrnnaattaa -- cciirrccaa 2200 dd..CC..))

SSeenneeccaa,, iinn llaattiinnoo LLuucciiuuss AAnnnnaaeeuuss SSeenneeccaa,, aanncchhee nnoottoo ccoommee SSeenneeccaa oo SSeenneeccaa iill ggiioovvaannee ((CCoorrdduubbaa,, 44

aa..CC.. –– RRoommaa,, 6655)),, èè ssttaattoo uunn ffiilloossooffoo,,ddrraammmmaattuurrggoo ee ppoolliittiiccoo rroommaannoo,, eessppoonneennttee ddeelllloo ssttooiicciissmmoo.. SSeenneeccaa ffuu

aattttiivvoo iinn mmoollttii ccaammppii,, ccoommpprreessaa llaa vviittaa ppuubbbblliiccaa,, ddoovvee ffuu sseennaattoorree ee qquueessttoorree,, ddaannddoo uunn iimmppuullssoo rriiffoorr--

mmaattoorree..CCoonnddaannnnaattoo aa mmoorrttee ddaa CCaalliiggoollaa mmaa ggrraazziiaattoo,, eessiilliiaattoo ddaa CCllaauuddiioo cchhee ppooii lloo rriicchhiiaammòò aa RRoommaa,,

ddiivveennnnee ttuuttoorree ee pprreecceettttoorree ddeell ffuuttuurroo iimmppeerraattoorree NNeerroonnee,, ssuu iinnccaarriiccoo ddeellllaa mmaaddrree GGiiuulliiaa AAggrriippppiinnaa

AAuugguussttaa.. QQuuaannddoo NNeerroonnee ee AAggrriippppiinnaa eennttrraarroonnoo iinn ccoonnfflliittttoo,, SSeenneeccaa aapppprroovvòò ll''eesseeccuuzziioonnee ddii qquueesstt''uullttiimmaa

ccoommee mmaallee mmiinnoorree.. DDooppoo iill ccoossiiddddeettttoo ""qquuiinnqquueennnniioo ddii bbuuoonn ggoovveerrnnoo"" ((5544--5599)),, iinn ccuuii NNeerroonnee ggoovveerrnnòò

ssaaggggiiaammeennttee ssoottttoo llaa ttuutteellaa ddii SSeenneeccaa,, ll''eexx aalllliieevvoo ssii ttrraassffoorrmmòò pprrooggrreessssiivvaammeennttee iinn uunn ttiirraannnnoo,, ee SSeenneeccaa,,

ffoorrssee iimmpplliiccaattoo iinn uunnaa ccoonnggiiuurraa ccoonnttrroo ddii lluuii ((nnoonnoossttaannttee ssii ffoossssee rriittiirraattoo aa vviittaa pprriivvaattaa)),, ccaaddddee vviittttiimmaa ddeellllaa

rreepprreessssiioonnee,, ccoossttrreettttoo aall ssuuiicciiddiioo ddaallll''iimmppeerraattoorree..SSeenneeccaa iinnfflluueennzzòò pprrooffoonnddaammeennttee lloo ssttooiicciissmmoo rroommaannoo ddii

eeppooccaa ssuucccceessssiivvaa:: ssuuooii aalllliieevvii ffuurroonnoo GGaaiioo MMuussoonniioo RRuuffoo ((mmaaeessttrroo ddii EEppiitttteettoo)) ee AArruulleennoo RRuussttiiccoo,, nnoonnnnoo

ddiiQQuuiinnttoo GGiiuunniioo RRuussttiiccoo,, cchhee ffuu uunnoo ddeeii mmaaeessttrrii ddeellll''iimmppeerraattoorree ffiilloossooffoo MMaarrccoo AAuurreelliioo.. TTRRAAMMAA DDEELLLLAA CCOOMMMMEEDDIIAA

La tragedia inizia con un lungo monologo in cui E-

racle si lamenta col padre Giove perché non ha anco-

ra mantenuto la promessa della sua assunzione in

Cielo, per far parte degli dei olimpici. Egli è reduce

dalla presa della città di Ecalia che è rimasta vittima

dell'ira dell'eroe al quale il re della città aveva negato

la mano della figlia Iole. Deianira, consorte di Erco-

le, appresa la notizia del tradimento medita un ingan-

no che le permetta di riacquisire l'amore del marito:

fa cospargere una tunica di un unguento che è, in

realtà, il sangue del centauro Nesso, che il mostro le

ha consegnato dopo essere stato ucciso da Ercole con

una freccia. Il sangue del centauro è rimasto impre-

gnato del veleno nel quale Ercole impregnava i pro-

pri dardi. Ercole, ricevuto il vestito ed indossatolo, si

accorge che questo aderisce alle sue carni e comincia

a bruciarlo. Saputo ciò, Deianira decide di uccidersi,

comprendendo di aver commesso un orrendo delitto:

non soltanto ha ingannato Ercole ma ha soprattutto

privato il mondo del suo vindex, del suo protettore.

Ercole, smaniando per il dolore, si fa costruire una

pira sulla quale si fa bruciare. La tragedia si conclude

con la risurrezione e la seguente apoteosi dell'eroe

che appare raggiante alla madre Alcmena.

SSIINNOOSSSSII::

Hercules Oetaeus hhaa ccoommee modello principale le

Trachinie di Sofocle. La questione della paternità

senecana, a lungo dibattuta, rimane ancora aperta.

GGuuiiddoo RReennii -- IIll cceennttaauurroo NNeessssoo rraappiissccee ddeeiiaanniirraa ((MMuusseeoo ddeell LLoouuvvrree))

Page 7: Antropos febbraio 2016

- 7 -

AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

AA EE DD II CC UU LL AA PP AA RR TT II CC OO LL AA RR EE DD ii RR ee nn aa tt oo NN ii cc oo dd ee mm oo

Le edicole (dal latino aedicula: diminutivo di ae-

des, tempio), erano presenti già nel mondo pagano;

venivano erette dalla pietas degli antichi Romani

verso i Lari ed i Penati protettori delle loro case o

per ricordare i defunti.

Nel Medioevo più che nelle abitazioni si diffuse-

ro nelle chiese inserendosi nell'architettura gotica.

Dal Rinascimento in poi si diffuse l'uso delle edi-

cole, munite di lucerna votiva, - che diede inizio

all'illuminazione delle strade - sulle facciate o agli

angoli delle case, per non sentirsi soli e per essere

consolati da una presenza che osserva e aiuta.

Nel Sei-Settecento assunsero quella struttura che

troviamo ancora oggi: nicchie a misura di finestra,

ornate da stucchi, con lampada votiva e, spesso, con

iscrizioni che sono di per se stesse un poema di

amorosa fede, tanto più preziosa quanto più schietta

e ingenua.

A Napoli, ad esempio, su questo sentimento popo-

lare il domenicano Padre Gregorio Rocco, nel 1700,

riuscì ad illuminare la città invitando i concittadini

a impiantare edicole votive illuminate per risolvere

la piaga delle aggressioni nei vicoli oscuri. (l)

Ecco, poi, qualche preziosa testimonianza di fede

schietta:

Se de 'falli tuoi brami il perdono/Offri a Maria il

cuore in dono./Rifugio dei peccatori Ella ti

chiama! E di salvarti ardentemente brama.

Qui con dimessa fronte/O passegger t'arre-

sta./Qui delle grazie è il fonte/ Di Dio la madre

è questa./Mirala, piangi e prega/Ch 'Ella a de-

voti suoi grazie non nega.

Vi saluto Maria/Salutate Gesù da parte mia.

Posuerunt me custodem.

Tra le poesie ricordiamo questa del poeta G.

Barsottini: Sulle vie popolate e sugli aperti piani/E

per entro i solitari boschi/E negli antri più foschi/E

sull 'aspre montagne e sui deserti;/per ogni parte,

in tempi a noi remoti,/I nostri padri con pietà

divina!Del Cielo alla Regina! Alzarono cellette e

appeser voti.

Alcune di queste umili edicole, a causa di eventi

straordinari, sono diventate santuari famosi, come,

ad esempio, quella della Madonna del Pilone a Vico

presso Mondovì o quelle, a noi più vicini, della Ma-

donna dei Bagni a Scafati e della Madonna dell'

Arco vicino Napoli.

I motivi che ne determinano l'erezione sono

prevalentemente devozionale,propiziatorio, per gra-

zia ricevuta o per voto. (2)

Le DEVOZIONALI vengono inserite nelle fac-

ciate delle case e sono costituite da una nic-

chia racchiudente l'immagine sacra (Mad-

onna, Gesù, Santi).

Le PROPIZIATORIE si trovano lungo

le strade, presso incroci o tratti particolar-

mente difficili o pericolosi per uomini o ani-

mali.

Ricordiamo qui il tabernacolo con le anime purganti

che incontrava don Abbondio lungo il viottolo che

percorreva per la sua solita passeggiata (I Promessi

sposi, Cap. I).

PER GRAZIA RICEVUTA: è un modo di ricordare

e ringraziare la grazia ricevuta dalla Divinità o Santo

che l'ha concessa; se c'è stata una promessa

l'erezione avviene per EX VOTO.

Le immagini sacre - dipinti a fresco sul muro, qua-

dretti, statuine - sono le più varie, ma prevalgono

quelle della Madonna sotto i suoi numerosi titoli

devozionali: Hodigitria (La Conduttrice), Eleusa (La

Misericorde) Immacolata, Addolorata, Assunta, del

Carmelo, del Rosario, con Santi o con le anime del

Purgatorio, ecc .. La Vergine, infatti, è percepita dal-

la pietà popolare come una Madre potente e mise-

ricordiosa, attenta ad ascoltare le preghiere che le

vengono rivolte soprattutto dagli umili e dai deboli e

pronta a rispondere ai bisogni concreti della vita.

Trascurate da tempo sono tornate di recente al centro

di un rinnovato grande interesse; lungo le strade, sui

muri delle case, nei sentieri delle montagne con varie

denominazioni (verginine, madonnelle, maestà, ca-

pitelli, madonnette, figureddi) queste testimonianze

della devozione popolare fanno ancora bella mostra

di sé, molte hanno fiori freschi e candele accese!

E sono ormai numerose le Amministrazioni comu-

nali che finanziano progetti per catalogarle e restau-

rarle.

Non mancano in proposito pubblicazioni, associa-

zioni, convegni e ricerche anche da parte di scuole.

L'Istituto Nazionale di Ricerche e di Studi sull'Edi-

lizia Popolare Sacra (lSEPS) ha condotto studi ap-

profonditi sulle edicole affermando tra l'altro che

"anche oggi esse non sono soltanto una nota di co-

lore decorativa devozionale o folcloristica, ma che le

immagini della Vergine o dei Santi richiamano ad

una discreta ma reale presenza e instaurano un in-

timo rapporto con una persona che ascolta e vede

tutto quello che accade intorno, partecipando così

anch'essa attivamente alla vita degli uomini. "(3)

(( CCoonnttiinnuuaa aa ppaaggiinnaa 2233))

Page 8: Antropos febbraio 2016

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AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

DDAALLLLAA RREEDDAAZZIIOONNEE DDII SSAANN VVAALLEENNTTIINNOO TTOORRIIOO,, iill ggiioorrnnaalliissttaa DDootttt..VViinncceennzzoo SSoorriieennttee

PPEETTRROOLLIIOO?? NNOO,, GGRRAAZZIIEE!!

Il petrolio a partire dagli anni sessan-

Ta è stato sempre al centro dell‟atten-

zione in tutti i paesi del mondo. L‟eco-

nomia ha seguito con costanza l‟ anda-

damento della produzione,del prezzo e

delle ricadute sui bilanci statali.Il prez-

zo continuava a salire in concomitanza con la diffusione

dell‟auto negli Stati Uniti e in Europa. In Italia, dopo un

periodo di costante crescita dei consumi di benzina e

petrolio, seguì un periodo (negli anni settanta) di crisi, con

delle misure drastiche per limitare l‟uso dell‟auto nei

giorni festivi (la domenica tutti a piedi). Intanto, non si

poteva fare a meno del cosiddetto “oro nero” ; il petrolio

costava sempre di più, mentre noi avevamo sempre più

bisogno di questo prezioso carburante che serviva per le

auto (che aumentavano sempre di più), per il riscaldamen-

to (centralizzato), per il trasporto delle merci, per le cen-

trali produttrici di energia elettrica, per il bitume per asfal-

tare le strade, per la lavorazione della plastica. Il problema

era serio: a fronte dei pochi paesi produttori di petrolio (

che si arricchivano a dismisura), tutti gli altri paesi erano

in sofferenza per il prezzo che continuava sempre a salire.

Si cominciò a parlare del petrolio come di una risorsa

che prima o poi si sarebbe esaurita. Fu a questo punto che

gli Stati Uniti, l‟Inghilterra, l‟Europa e tutti i paesi occi-

dentali, decisero di fare qualcosa per contrastare il mono-

polio dei paesi produttori di petrolio. Gli Stati Uniti comin-

ciarono a fare delle ricerche e trovarono del petrolio anche

loro nello sterminato suolo americano. L‟Inghilterra, a

seguito di ricerche, trovò del petrolio nel Mare del Nord, al

largo della Scozia. In Italia, a seguito di ricerche, fu tro-

vato del petrolio in Basilicata, e si riuscì, sia pure in mi-

nima parte a fronteggiare il problema. In Europa e in altri

paesi occidentali cominciarono delle ricerche scientifiche

per cercare di trovare una soluzione per le auto puntando,

prima su auto con una più ridotta emissione di gas nel-

l‟atmosfera e, poi su fonti alternative, come il gas o con

energia elettrica ricavata da pannelli solari direttamente

sulle auto ( è stato costruito anche un aereo che consuma

solo energia solare!). Per gli usi domestici, per il riscal-

damento, si fece ricorso alla costruzione di lunghi gasdotti

(in superficie o sottomarini) per far arrivare gas prezioso.

Intanto si erano costruite navi petroliere sempre più grandi

per il trasporto del petrolio e, in alcuni casi, si verificarono

anche gravi “ incidenti ” durante il trasporto con enormi

danni per l‟ambiente e per i mari.

A partire dal secolo corrente, la situazione sembra note-

volmente migliorata con conseguente abbassamento con-

tinuo pel prezzo del greggio: Ma l‟Europa e i paesi più

avanzati con una ricerca più ossessiva sono riusciti a rag-

giungere ragguardevoli risultati positivi per trovare solu-

zioni alternative e cercare allo stesso tempo di adottare tut-

ti gli accorgimenti necessari per combattere lo “smog” nei

grandi centri urbani o industriali. Di conseguenza, tutti i

maggiori paesi produttori di automobili hanno cercato in

in tutti i modi di indirizzare i loro sforzi verso la costru-

zione di auto ibride o verso auto completamente elettri-

che. All‟inizio queste auto presentavano due problemi

urgenti da risolvere: la velocità (più modesta) e la durata

della carica, comunque effettuata, e la velocità di ricarica

delle batterie. Agli albori di questa ricerca le auto elettri-

che presentavano questi problemi, che, con il passare de-

gli anni, sono stati in gran parte risolti. Risultato? Si è

passati ad un tipo di batteria che meglio soddisfa queste

esigenze: la batteria al litio. E si spera che quanto prima

si riusciranno ad ottenere risultati molto incoraggianti,

impensabili pochi anni fa. E, nel contempo, si sta cercan-

do di raggiungere l‟obiettivo di effettuare la ricarica in

tempi molto più ridotti (addirittura cinque minuti).

Intanto in questi giorni stiamo registrando con meravi-

glia che il costo del greggio sta subendo dei ribassi enor-

mi (nel momento in cui scrivo – gennaio 2016 - questo

prezzo si aggira intorno ai trenta dollari a barile!). La

caduta libera del prezzo del greggio viene spiegata in

questo modo: per alcuni questo fenomeno è legato ad una

legge economica, mai andata in soffitta, secondo la quale

il prezzo cala perché la domanda diminuisce nei confron-

ti dell‟offerta, mentre, secondo altri, ancora una volta lo

scenario politico dei paesi produttori ha fatto registrare

grandi manovre per conservare il suo prezioso tesoro;

secondo altri ancora il crollo dei prezzo del greggio è

dovuto a manovre politiche da parte dei maggiori paesi

produttori in vista di un probabile ritorno sul mercato di

paesi come l‟Iran e la Libia.

E‟ inutile sottolineare che la diffusione di questa nuova

risorsa energetica si presenta come una grande rivolu-

zione: si risolve il problema della dipendenza dal petrolio

per i paesi che ne sono privi e, cosa altrettanto impor-

tante, si contribuisce in maniera notevole alla risoluzione

dei gravi problemi di inquinamento riscontrati nell‟anno

scorso in tutte le grandi città del mondo.

.

In conclusione aggrappiamoci a questa batteria al litio

sperando che ci risolva tutti i problemi sin qui elencati.

V. S. ________________________________________________________________

VV.. SSoorriieennttee,, hhaa ffrreeqquueennttaattoo iill lliicceeoo TT..LL..CCaarroo ddii SSaarrnnoo ee ll’’UUnniivveerrssiittàà FFeeddeerriiccoo

IIII ddii NNaappoollii.. SSttiimmaattoo aavvvvooccaattoo,, èè ssttaattoo SSiinnddaaccoo ddii SS..VV..TToorriioo ee DDiirriiggeennttee

ssccoollaassttiiccoo aallllee SSccuuoollee mmeeddiiee iinnff.. ee ssuupp....AAttttuuaallmmeennttee,, qquuaallee ggiioorrnnaalliissttaa eeuurrooppeeoo,,

èè rreeddaattttoorree ccaappoo,, pprreessssoo ““AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd””..

Page 9: Antropos febbraio 2016

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AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

CC AA TT UU LL LL OO AA NN AA PP OO LL II CCooppyyrriigghhtt ©© bbyy FFrraannccoo PPaassttoorree -- FFeebbbbrraaiioo 22001155 UUnnaa rreeaalliizzzzaazziioonnee AA.. II.. TT.. WW.. - GGGGKKEEYY::2288FFRR550077EEUU99KK EE

PPrreessssoo llee LLiibbrreerriiee uunniivveerrssiittaarriiee ddii SSaalleerrnnoo,, CCaammppoobbaassssoo,, NNaappoollii,, MMooddeennaa ee PPaavviiaa..

LL‟‟AAUUTTOORREE DDEELL MMEESSEE::

PPooeettaa lliirriiccoo llaattiinnoo CC.. VVaalleerriiuuss CCaattuulllluuss nnaacc--

qquuee aa VVeerroonnaa nneellll‟‟8844 aa.. CC.. cciirrccaa.. DDii aaggiiaattaa ffaa--

mmiigglliiaa,, aappppeennaa iinnddoossssaattaa llaa ttooggaa vviirriillee ssii rreeccòò

aa RRoommaa,, ddoovvee ee ffuu aaccccoollttoo nneellll''aallttaa ssoocciieettàà ee

nneeii cciirrccoollii lleetttteerraarrîî ppiiùù nnoottii..

RRiiccccoo,, ccoonn uunnaa ccaassaa aa VVeerroonnaa ee aa RRoommaa,, uunnaa

vviillllaa aa SSiirrmmiioonnee ssuull GGaarrddaa,, uunn''aallttrraa ffrraa TTiivvoollii

ee llaa SSaabbiinnaa,, ffuu aa RRoommaa cchhee ssii iinnnnaammoorròò ddii uunnaa

ddoonnnnaa cchhee ddoovveevvaa eesssseerree llaa ggiiooiiaa ee llaa ttrraaggeeddiiaa

ddeellllaa ssuuaa vviittaa ddii ppooeettaa ee dd''uuoommoo.. EEggllii llaa ccaannttòò

ssoottttoo lloo ppsseeuuddoonniimmoo ddii LLeessbbiiaa,, mmaa,, ccoonn ttuuttttaa

pprroobbaabbiilliittàà eessssaa eerraa CCllooddiiaa,, uunnaa ddeellllee ssoorreellllee

ddii PPuubblliioo CCllooddiioo PPuullccrroo,, mmoogglliiee ddii QQuuiinnttoo MMee--

tteelllloo CCeelleerree..

NNoonn ssii ssaa qquuaannddoo ssiiaa iinniizziiaattoo iill lloorroo aammoorree;;

cceerrttoo eerraa ggiiàà cceessssaattoo pprriimmaa ddeell 5577:: llaa mmoorrttee

ddeell ffrraatteelllloo aavveevvaa aalllloonnttaannaattoo iill ppooeettaa ddaallllaa

ssuuaa ddoonnnnaa,, aanncchhee ssii iinn eeffffeettttii,, iill rraappppoorrttoo eerraa

ssttaattoo uunn ccoonnttiinnuuoo ssuucccceeddeerrssii ddii rroottttuurree ee ddii rrii--

ccoonncciilliiaazziioonnii..

NNeell 5577 aa.. CC.... iill ppooeettaa sseegguuìì GGaaiioo MMeemmmmiioo iinn

BBiittiinniiaa,, ppeerr ddiimmeennttiiccaarree ee ppeerr rriimmeeddiiaarree aallllee

ddiissaassttrroossee ccoonnddiizziioonnii ffiinnaannzziiaarriiee,, ddoovvuuttee aallllaa

ssuuaa pprrooddiiggaalliittàà,, mmaa nnuullllaa ootttteennnnee ee,, ddiissppeerraattoo,,

ssii rreeccòò aa ppiiaannggeerree ssuullllaa ttoommbbaa ddeell ffrraatteelllloo ssee--

ppoollttoo pprreessssoo iill pprroommoonnttoorriioo RReetteeoo.. TToorrnnaattoo iinn

IIttaalliiaa,, cceerrccòò rriippoossoo ee ppaaccee nneellllaa ssuuaa vviillllaa ddii

SSiirrmmiioonnee..

DDeellllaa pprroodduuzziioonnee ppooeettiiccaa ddii CCaattuulllloo ssaarreebb--

bbeerroo pprroobbaabbiillmmeennttee rriimmaassttii ssoolloo ppoocchhii ffrraamm--

mmeennttii,,ccoommee èè aavvvveennuuttoo ppeerr ggllii aallttrrii ""ppooeettii nnuuoo--

vvii"",, ssee nneell TTrreecceennttoo nnoonn ffoossssee ssttaattoo rriittrroovvaattoo

uunn mmaannoossccrriittttoo ccoonn llee ssuuee ppooeessiiee..

IIll mmaannoossccrriittttoo,, iill ccoossiiddddeettttoo ""CCooddiiccee VVeerroonnee--

ssee"",, iiggnnoorraattoo ppeerr sseeccoollii,, ffuu ccooppiiaattoo ee ppooii ppeerr--

dduuttoo.. LLee lliirriicchhee ddeell mmaannoossccrriittttoo nnoonn ffuurroonnoo

qquuaassii ssiiccuurraammeennttee ppuubbbblliiccaattee ddaallll''aauuttoorree,, mmaa

rraaccccoollttee ddooppoo llaa ssuuaa mmoorrttee iinn uunn CCaattuullllii VVeerroo--

nneennssiiss LLiibbeerr,, cchhee ccoommpprreennddee 111166 ccaarrmmii ppeerr uunn

ccoommpplleessssoo ddii cciirrccaa 22 330000 vveerrssii.. II ccoommppiillaattoorrii

ddeellllaa rraaccccoollttaa nnoonn sseegguuiirroonnoo uunn ccrriitteerriioo ccrroo--

nnoollooggiiccoo oo ddii aaffffiinniittàà tteemmaattiiccaa,, bbeennssìì uunnoo mmee--

ttrriiccoo ee ssttiilliissttiiccoo:: aallll''iinniizziioo ee aallllaa ffiinnee llee ppooeessiiee

ppiiùù bbrreevvii,, aall cceennttrroo llee ppiiùù lluunngghhee eedd eerruuddiittee..

SSii rriittiieennee ccoommuunnqquuee cchhee ssiiaa iinn ppaarrttee ddiivveerrssoo ddaa

qquueell lleeppiidduumm nnoovvuumm lliibbeelllluumm ((ggaarrbbaattoo nnuuoovvoo llii--

bbrreettttoo)) cchhee CCaattuulllloo aavveevvaa ddeeddiiccaattoo aallll''aammiiccoo CCoorr--

nneelliioo NNeeppoottee,,ccoommee ssii lleeggggee nneell pprriimmoo ccaannttoo,, ee cchhee

ddoovveevvaa eesssseerree ccoommppoossttoo ssoolloo ddaa ppooeessiiee bbrreevvii..

II ccaarrmmii ddii CCaattuulllloo ssii ddiivviiddoonnoo iinn ttrree sseezziioonnii::

11.. llee ccoossiiddddeettttee nnuuggaaee,, ppiiccccoollii ccaarrmmii iinn mmeettrrii vvaarrîî

ccoonn pprreevvaalleennzzaa ddii eennddeeccaassiillllaabbii ((11--6600));;

22.. ii ccoossiiddddeettttii ccaarrmmiinnaa ddooccttaa ((6611--6688)),, ddii mmaaggggiioo--

rree iimmppeeggnnoo,, eeppiittaallaammîî,, ppooeemmeettttii,, eelleeggiiee,, iinn ccoomm--

ppoossiizziioonnee ssttrrooffiiccaa ddii gglliiccoonneeii ee ffeerreeccrraatteeii ((6611)),,

eessaammeettrrii ((6622 ee 6644)),, ggaalllliiaammbbii ((6633)),, ddiissttiiccii eelleeggiiaaccii

((6655--6688));;

33.. eeppiiggrraammmmii iinn ddiissttiiccii eelleeggiiaaccii ((6699--111166)) cchhee ppeerr

ll''aarrggoommeennttoo nnoonn ssii ddiissttiinngguuoonnoo ddaallllee nnuuggaaee..II ccaarr--

mmii ddeell pprriimmoo ee ddeell tteerrzzoo ggrruuppppoo ssoonnoo ppiieennii ddeeggllii

ooddîî ee ddeeggllii aammoorrii ddii CCaattuulllloo EEggllii ppaassssaa aattttrraavveerr--

ssoo ttuuttttii ii ggrraaddii ddeell sseennttiimmeennttoo aalltteerrnnaannddoo aadd aacc--

cceennttii ddeelliiccaattii eesspprreessssiioonnii vviioolleennttee ee vvoollggaarrii,, iinn

eessssii ssii aavvvveerrttoonnoo ggllii iinnfflluussssii ddii AArrcchhiillooccoo,, SSaaffffoo ee

CCaalllliimmaaccoo,, mmaa nnoonn iinnttoorrbbiiddaarroonnoo mmaaii llaa lliimmppii--

ddeezzzzaa ddeellllee ssuuee eesspprreessssiioonnii..

LLaa ffiigguurraa ddii LLeessbbiiaa,,

pprreeddoommiinnaannttee,, nnoonn hhaa

mmaaii ll''aassppeettttoo ddii uunnaa

ffiinnzziioonnee lleetttteerraarriiaa,,mmaa

eessoonnddaa nneeii vveerrssii ccoommee

uunnaa tteemmppeessttaa ddii ssaabb--

bbiiaa nneell ddeesseerrttoo..

LLaa ppoolliimmeettrriiaa ddeeii ccaarrmmii ddeell ppooeettaa rriissppoonnddee aall

mmoovviimmeennttoo ddeell ssuuoo aanniimmoo,, llaa lliinngguuaa èè vviivvaa ee ffaa--

mmiilliiaarree,,ccoonn eesspprreessssiioonnii uunn ppoo'' rriicceerrccaattee ee ggrreeccii--

ssmmii nneeii ccaarrmmii mmaaggggiioorrii..EEggllii,, iill mmaaggggiioorree ddeeii ppooee--

ttaaee nnoovvii,, ffuu ddaaggllii aannttiicchhii cchhiiaammaattoo ppooeettaa ddooccttuuss,,

ccoonn eevviiddeennttee aalllluussiioonnee aaii ssoollii ccaarrmmii mmaaggggiioorrii,, mmaa

llaa ssuuaa ppooeessiiaa ssggoorrggaa aanncchhee ddaaggllii ssttrraattii ppiiùù iinnttiimmii

ddeellll''aanniimmaa..FFiigglliioo ddeell ssuuoo tteemmppoo,,mmaa ffoorrtteemmeennttee iinn--

ddiivviidduuaallee,, ffuu ccoonnttiinnuuaammeennttee aallllaa rriicceerrccaa ddeellll‟‟aa--

mmoorree mmaa,, ddeelluussoo ddiippiinnssee ii ssuuooii vveerrssii ddii ssttrruuggggeennttee

mmaalliinnccoonniiaa:: «« DDaammmmee „„nnuu vvaassee,,// ee mmiillllee ee nnaattii cciiéénnttee..// EE qquuaannnnee ssoo‟‟

mmiigglliiaaiiaa // „„ssttii mmuummèènnttee,,// ll‟‟aarrrraavvuugglliiààmmmmee „„nnddàà nnuu ffiirrmmaa--

mmeennttee,,// ccaa nnuu‟‟ ssee ppoo‟‟ ccuunnttaa‟‟,,// ppeecccchhéé ll‟‟mmmmòòrree nnuunnnn‟‟èè mmaall--

vvaaggiittàà..»» ((CCaattuulllloo,, VViivvaammuuss mmeeaa LLeessbbiiaa))

AAnnttrrooppooss

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AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

LLAA DDOONNNNAA NNEELLLLAA SSTTOORRIIAA -- AA ccuurraa ddii AAnnddrrooppooss --

CC aa tt ee rr ii nn aa CC oo rr nn aa rr oo

Nacque dalla casata veneziana Corner del ramo di San Cassia-siano, figlia di Marco di Giorgio, diretto discendente dell'omonimo doge,e di Fiorenza di Nicolò Crispo,duchessa di Nasso e nipote per via materna dell'imperatore Giovanni IV di Trebisonda.Trascor-se un'infanzia serena, dapprima nel palazzo di famiglia sul Canal Grande,quindi, dal suo decimo compleanno, nel monastero delle benedettine di San Benedetto Vecchio, presso Padova. Nel luglio del 1468, a quattordici anni, sposò per procura il re di Cipro e di Armenia Giacomo II di Lusignano.Il matrimonio era sta-to proposto da Andrea Corner, zio paterno di Caterina il quale, bandito da Venezia e confinato a Cipro, aveva rafforzato i legami di amicizia che legavano la sua famiglia ai Lusignano. L'unione ri-sultava vantaggiosa per entrambe le parti: la Serenissima inten-deva estendere la sua influenza su Cipro, importante base com-merciale dove già deteneva grossi interessi economici; il sovrano aveva bisogno di un alleato potente, minacciato dalle rivendica-zioni della sorellastra Carlotta (da lui detronizzata nel 1464), dalle pretese dei genovesi su Famagosta e dall'incombere dei turchi. Giacomo fu rappresentato nella fastosa cerimonia dal suo am-basciatore Filippo Mistahel. Caterina portò una dote ricchissima: 100.000 ducati, che vennero assicurati sulle rendite di Famagosta e Cerines. Tuttavia dovettero passare alcuni anni prima che potesse rag-giungere il suo consorte. Quest'ultimo, infatti, in un primo periodo trascurò l'impegno e cominciò ad avvicinarsi al regno di Napoli, da sempre nemico della Serenissima, e a considerare un nuovo matrimonio con una figlia naturale di re Ferdinando.Tuttavia le in-sistenze dei veneziani e soprattutto l'avanzata ottomana lo con-vinsero a rispettare i patti e nel 1469 concluse un'alleanza con cui Cipro veniva posto sotto la protezione della repubblica. In effetti, il Lusignano temporeggiò ancora qualche tempo fin-ché, di fronte alla minaccia della repubblica di Venezia di far tor-nare sul trono la sorellastra, nell'estate del 1472, si decise a in-viare un'ambasciata in laguna per portare Caterina sull'isola. La futura regina fu condotta al porto di San Nicolò a bordo del Bucintoro, accompagnata dal doge Nicolò Tron e da una moltitu-dine di nobili e popolani. Il 26 settembre,nel monastero di San Ni-colò del Lido, fece testamento in cui nominava il fratello Giorgio suo principale erede in caso di morte senza figli. Giunta finalmente sull'isola, Caterina si unì in matrimonio al so-vrano nella cattedrale di San Nicola a Famagosta. Poco dopo, a Nicosia, venne incoronata. Pochi mesi dopo, nella notte tra il 6 e il 7 luglio 1473, Giacomo II moriva improvvisamente, lasciando la consorte incinta. Fu tu-mulato nella cattedrale di Famagosta. Prima di spirare il sovrano aveva lasciato delle disposizioni ambigue sicché la regina, ben-ché designata a succedergli assieme al figlio che aspettava, ven-ne esclusa dal governo. Le redini del regno furono invece assun-te da un collegio di commissari, formato, ad eccezione dello zio Andrea Corner, da esponenti del partito filo-napoletano. Altra fonte di insidie furono i tre figli naturali del sovrano,ai qua-li sarebbe spettata la corona in caso di morte sua e del nascituro, e le mai sopite rivendicazioni di Carlotta. Frattanto, il 28 agosto, diede alla luce l'erede al trono al quale impose il nome di Giaco-mo III. Di fronte a questa situazione, la repubblica passò alle vie di fatto: il 24 agosto il capitano generale da Mar, Pietro Mocenigo, ricevette l'ordine di raggiungere Cipro con la flotta per occuparne le posizioni più strategiche; il 31 agosto comunicò a papa Sisto IV, sostenitore di Carlotta, di voler difendere il regno ad ogni co-sto, conservandolo sotto la sovranità della sua "figlia adottiva"; un comunicato simile fu inviato, il 2 settembre, a Ferdinando I di Na-poli.Queste azioni, tuttavia,non intimidirono gli oppositori della so-vrana.Capeggiati dall'arcivescovo di Nicosia Luigi Fabricies, ap-pena tornato da Napoli dove aveva negoziato le nozze tra Ciarla e Alfonso (figli naturali rispettivamente di Giacomo II e Ferdi-nando di Napoli), ordirono un complotto:nella notte tra il 13 e il 14 novembre i congiurati irruppero nel palazzo reale, trucidando gli uomini più fidati di Caterina, tra cui Andrea Corner e il nipote di questi Marco Bembo.

Successivamente, comunicarono alla Serenissima che i due vene-ziani erano stati uccisi dai propri mercenari per un mancato paga-mento e la invitarono a disarma-re le sue truppe perché non av-venissero altri incidenti; Venezia adottò una linea prudente: accon- sentì. Allo stesso tempo la regina fu sottoposta a nuove vessazioni: fu obbligata a consegnare le fortezze, ad assentire alle nozze tra Ciarla e Alfonso e di riconoscere a quest'ul- timo il titolo di principe di Galilea, tradizionalmente assegnato all'ere- de al trono di Cipro; in aggiunta le fu strappato il figlioletto che venne affidato alla suocera Marietta di Patrasso e le vennero sottratti il sigillo reale e i gioielli della coro-na. Per tranquillizzare Venezia, i commissari in-viarono in laguna un'ambasciata che recava alcune lettere estorte a Caterina in cui veniva confermata la versione dei fatti da loro sostenuta. Negli stessi giorni il Mocenigo, ritiratosi a Modone con il grosso della flotta, si era insospettito per il transito di navi napoletane che riportavano a Cipro il Fabricies. Aveva quindi inviato sull'isola il provveditore Vettor Soranzo con dieci galee; qui incontrò i com-missari e gli venne assicurata l'intenzione di restituire alla regina la sua autorità. Ma la situazione per i congiurati si stava compli-cando: Ferdinando, volendo evitare lo scontro diretto con la repub-blica, smise di apportare il suo aiuto, mentre tra gli stessi commis-sari stavano sorgendo delle discordie e c'era chi avrebbe preferito un accordo con Venezia proponendo il matrimonio tra il maggiore dei bastardi di Giacomo II e una sorella della Corner. Di questo momento di difficoltà approfittò il Soranzo che, favorito dagli abi-tanti di Nicosia che si erano rivoltati a sostegno della regina, il 31 dicembre sbarcò a Famagosta con le proprie truppe, provocando la fuga del Fabricies e di altri congiurati. Assicuratosi il controllo dell'isola, mise a morte quanti erano coinvolti negli assassini del Corner e del Bembo, bandì catalani, siciliani e napoletani e ne confiscò i beni. Quando il 2 febbraio il Mocenigo lo raggiunse con il resto della flotta, l'isola era ormai pacificata.Caterina continuò a regnare sotto la costante protezione della repubblica di Venezia anche dopo la morte di suo figlio Giacomo III, avvenuta per febbri malariche nel 1474. Nell'ottobre 1488 fu scoperta un'altra congiura, ordita ancora dai nobili catalani.Venezia represse di nuovo la ribellione e decise di richiamare Caterina costringendola ad abdicare a favore della re-pubblica. A seguito del suo rifiuto, fu minacciata che, nel caso di disobbedienza, sarebbe stata spogliata di tutti i privilegi e trattata come ribelle.Il 26 febbraio 1489 fu sottoscritto l'atto ufficiale dells abdicazione di Caterina in favore della repubblica di San Marco. Il 18 marzo, vestita di nero, la regina lasciò per sempre l'isola. Venezia accolse la sua figlia in maniera trionfale. Arrivata da Cipro a San Nicolò al Lido, entrò il giorno seguente, il 6 giugno 1489, seduta sul Bucintoro accanto al doge Agostino Barbarigo, dopo la consegna formale della corona alla Serenissima in S.Marco, fu no--minata domina Aceli (signora di Asolo), conservando tuttavia an-che negli atti ufficiali il titolo e il rango di regina. Sul territorio di Asolo, Caterina aveva gli stessi poteri del doge. Unici limiti: non poteva far subire ai sudditi nessun onere o angheria e non poteva ospitare chi non fosse gradito al doge. Morì a Venezia il 10 lu-glio 1510 e venne tumulata nella chiesa dei Santi Apostoli. Tale fu la folla che volle partecipare al rito funebre che i Provveditori fecero costruire un ponte di barcheda Rialto a Santa Sofia per permettere un migliore deflusso.La salma rimase solo pochi anni nella chiesa dei Santi Apostoli perché nel 1584 venne trasferita nella chiesa di San Salvador, nella grande tomba voluta per lei dal fratello Giorgio, dove tuttora riposa

Page 11: Antropos febbraio 2016

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AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

DA TRAPANI

SSCCHHEENNGGEENN LLAA SSCCHHEEGGGGIIAA IIMMPPAAZZZZIITTAA

DDEELLLL‟‟UUNNIIOONNEE EEUURROOPPEEAA

Schengen è un piccolo paesino,posto all‟estremo

sud-orientale del minuscolo Granducato del Lus-

semburgo. La sua esistenza – probabilmente – sa-

rebbe oggi nota solamente agli specialisti di geo -

grafia del Benelux, se non fosse stato per un pic -

colo particolare, di quelli che una volta si chiama-

vano “accidenti della storia”: il convegno tenutovi,

in un lontano giorno del 1985, fra i rappresentanti

dei governi di Germania occidentale, Francia, Bel-

gio, Olanda e Lussemburgo, e l‟accordo (detto ap -

punto di Schengen) raggiunto in materia di “elimi -

nazione graduale dei controlli” alle frontiere comu -

ni fra i cinque Stati interessati ; con l‟obiettivo fi-

nale di costituire un‟area comune di libera circola -

zione per uomini e merci. Obiettivo presto raggiun-

to, e codificato nel 1990 in un vero e solenne trat -

tato internazionale – la Convenzione di Schengen –

cui aderivano successivamente anche Italia, Spa-

gna, Portogallo, Grecia, Austria, Danimarca, Fin-

landia e Svezia; ma non l‟Inghilterra.

Nel frattempo – nel 1992 – era nata l‟Unione

Europea, che nel 1999 recepiva la Convenzione e la

acquisiva al proprio apparato istituzionale (Trattato

di Amsterdam). Da quel momento, gli Stati che ade-

rivano all‟Unione aderivano automaticamente an -

che alle disposizioni della Convenzione di Schen-

gen, ed erano quindi tenuti ad abolire i controlli al -

le frontiere “interne” ed a consentire la libera cir -

colazione di persone e cose (e denari) all‟interno

dello “spazio Schengen”.

E non era tutto: perché – nella foia di ampliare a

dismisura i confini di questa pseudo-Europa senza

frontiere– i burocrati di Bruxelles concepivano l‟al -

largamento dello “spazio” anche ad altri Paesi e-

sterni all‟Unione, che volessero accettare i dettami

di Schengen. Era il caso – fra gli altri – della Sviz-

zera, il cui governo aderiva nel 2008, ma che nel

2014 era costretto a fare precipitosamente marcia

indietro; e ciò per l‟esito del referendum popolare

che aveva bocciato il libero attraversamento dei

confini elvetici (vedi «Chi ha paura del referendum

svizzero?» su “Social” del 21/2/14).

Quello elvetico era probabilmente il primo

campanello d‟allarme, anche se proveniente da un

Paese estraneo all‟Unione. Ma si preferiva igno -

rarlo, liquidandolo come un “referendum razzista”,

da archiviare il più in fretta possibile insieme agli

altri fastidiosi episodi di “populismo” anti -UE. La cupola europea continuava a far finta di nul -

la, ligia alle disposizioni che, dall‟altra sponda del -

l‟Atlantico, ordinavano che l‟Europa finisse di es-

sere “fortezza” e si aprisse al mondo: prima agli

immigrati, che dovevano alterarne l‟identità fisica e

culturale; e subito dopo – beninteso – al trattato co-

loniale di libero scambio (il famigerato TTIP) che in

un futuro prossimo dovrebbe distruggere i suoi ulti -

mi scampoli di benessere.

Si è andati avanti così per un annetto, fra una

giaculatoria di Papa Bergolio e i moccoli del giorna -

lismo buonista, mentre l‟ISIS ammassava in Libia

un milione di “rifugiati” africani, che poi scaglio -

nava nelle quotidiane spedizioni verso le coste sici -

liane, brillantemente collaborata dalle missioni di

soccorso d‟ispirazione vaticana (l‟italiana “Mare

Nostrum” e l‟europea “Triton”). Si poteva far finta

di nulla, perché quei fessi di italiani accoglievano i

migranti che si proclamavano “rifugiati” (cioè tutti),

li ospitavano spensieratamente per un annetto, e poi

facevano finta di credere che si trattasse veramente

di emaciati esuli politici e non di baldi giovani in

cerca di fortuna.

A un certo punto, però, il meccanismo si è in-

ceppato. Ciò è accaduto nell‟autunno scorso, quando

dalla Turchia di Erdoğan sono cominciati a partire

contingenti sempre più folti di profughi siriani e di

migranti economici di varie nazionalità asiatiche

(ma con passaporto “siriano” made in Turkey) diretti

– attraverso la Grecia e i Balcani – in Germania e

nell‟Europa settentrionale (vedi «Signori, l‟inva-

sione è servita» su “Social” dell‟11/9/2015). Mentre

i Paesi esteuropei, uno dopo l‟altro, iniziavano ad

alzare i loro bravi muri e mentre l‟Inghilterra blin -

dava il passo di Calais, la signora Merkel – improv-

visamente e misteriosamente convertita al buonismo

– apriva le porte della Germania ai profughi veri e

falsi. Malgrado la mancia miliardaria promessa ai

turchi per arginare l‟esodo, in breve fiumi di mi -

granti si riversavano sulle strade dei Balcani, inneg-

giando alla Kanzlerin ed alla sua magnanimità. Im-

barazzati, i Paesi del Nordeuropa e dell‟area germa-

nica si allineavano disciplinatamente alla capofila, e

si dichiaravano pronti ad ospitare quanti più immi-

grati possibile.

Ma questa disponibilità è durata lo spazio d‟un

mattino. Perché, sommersi da una vera e propria in-

vasione, anche i nordici hanno alzato i loro bravi

muri. Muri non materiali,non di mattoni, ma non per

questo meno difficili da superare. Le loro barriere si

chiamano pudicamente “controlli alle frontiere inter -

ne”, ma suonano comunque come un de profundis

per le utopistiche regole di Schenghen.

Alla fine, anche la Merkel ha dovuto fare una im-

barazzante retromarcia e si è di fatto convertita alla

causa dei controlli alle frontiere.Con il cerino in ma-

no sono rimaste soltanto l‟Italia di Renzi e la Grecia

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AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

del convertito Tsipras, piene zeppe di immigrati

che nessun altro è più disposto ad accogliere.

Ecco perché il Vispo Tereso si agita tanto e

va dicendo che, se si archivia Schengen, l‟Eu -

ropa finisce. Perché sa benissimo – il tapino –

che bloccare la “libera circolazione” nell‟Unione

Europea(anche soltanto per due anni,come da ta-

luno proposto) significherebbe condannare l‟Ita -

lia a tenersi per sempre quell‟esercito di “rifu-

giati” che per ora si accontenta di bivaccare nei

centri di accoglienza,ospitati,nutriti, vestiti e sti-

pendiati con fondi in larga parte europei. CCosa

succederà quando sarà passato il periodo previ -

sto per l‟esame delle richieste d‟asilo e dall‟UE

Nel tempo in cui si va globalizzando tutto, compresa

la disperazione dei migranti che ci parlano attraverso il

loro corpo, la loro allarmante invadenza fisica, il re della

più grande rivoluzione immateriale e antisociale, Mark

Zuckerberg, festeggia con un miliardo di persone con-

nesse in un solo giorno, il rumore di fondo che ci av-

volge (ci scalda, ci illude) e che noi chiamiamo comuni-

cazione interattiva, equivocandone il suo sostanziale

silenzio passivo. Perché credendo di parlare agli altri,

stiamo in realtàparlando con noi stessi. In una collet-

tiva regressione infantile, verso quei giochi che giocava-

mo da soli, ma facendo le voci di tutti i personaggi in

campo.

Facebook è un kinderheim planetario. Dentro al qua-

le la benestante moltitudine del pianeta – quella che in

questo momento non sta morendo di fame, di sete, di

aids,non sta per annegare su un barcone, non si sta scan-

nando nella macelleria di una qualche lurida guerra san-

ta – non ha assolutamente nulla da dire, ma lo dice al-

meno una dozzina di volte al giorno.

Lo fa postando nella propria pagina il piatto di pa-

tatine che sta per mangiare. La bevanda colorata che ha

di fronte. Il bel tramonto ad ampio schermo e il brufolo

stretto nel dettaglio. Lo fa scrivendo resoconti non ri-

chiesti di vacanze andate in malora e di diete da ulti-

mare. Di amori finiti male. Di un film da vedere, di un

ristorante vegano da evitare. Di un video imperdibile do-

ve un tizio da qualche parte in America ha appena ster-

minato la famiglia e ora finalmente sta per suicidarsi,

appena dopo la pubblicità. La forma che in Facebook

diventa sostanza, illude chi digita i messaggi che stia per

davvero comunicando qualcosa a qualcuno, ma non è

quasi mai vero. Il più delle volte sta solo facendo a se

stesso il resoconto millimetrico della propria solitudi-

ne. E sta usando gli altri come pretesto. Sta semplice-

mente dicendo allo specchio “Io sono qui”. E dicendolo

dieci volte al giorno, vuole convincersi di esistere per

davvero almeno in quello specchio, grazie a quella scia

digitale che lo avvolge di luce. Per poi cercare il co-

raggio di farsi la seconda domanda, quella cruciale: “C‟è

qualcuno in ascolto?”

Domanda che non ha quasi mai una vera risposta, anche

non arriveranno più i contributi? Cosa succederà se,

sospesa “provvisoriamente” Schengen, i “rifugiati”

non potranno uscire dall‟Italia? Come fare per rimpa -

triare l‟esercito dei non aventi diritto all‟asilo, senza

affrontare rivolte e disordini di ampie proporzioni?

E, se non si sarà in grado di rimpatriarli, come gesti -

re centinaia di migliaia di nerboruti giovanotti che, in

un modo o nell‟altro, dovranno procurarsi il necessa -

rio per campare?

Ecco perché il Bulletto dell‟Arno – insieme al To-

polino del Pireo – si agita tanto. Sa benissimo che

dalla sopravvivenza di Schengen dipende anche la

sua personale sopravvivenza politica.

Michele Rallo

quando ne raccoglie cento oppure mille. Perché se chi man-

da una voce in rete la manda a se stesso, altrettanto fa chi

risponde, quasi sempre parlando d‟altro, accontentandosi di

cogliere uno spunto per imprimere una nuova direzione al

discorso, la sua.

Un tempo mi impressionavano i primi viaggiatori di tre-

ni e metropolitane che non alzavano mai lo sguardo verso il

vicino, ma concentravano tutta la loro attenzione sulla su-

perficie dei cellulari e dei computer che li rifornivano di

immagini, suoni e compagnia.Erano sparpagliati qui e là nei

vagoni, in mezzo a qualche giovane donna che inspiega-

bilmente leggeva ancora un libro di carta e a qualche filip-

pino che parlava (in diretta, live) con la persona in carne e

ossa che gli stava accanto. Oggi il paesaggio è uniforme,

quelle giovani donne con i libri sono scomparse, i filippini

sono anche loro connessi, intorno solo teste reclinate in se-

quenza sui bagliori dello schermo degli smart-phone, nessu-

no che si azzardi ad alzarla.

Lo stesso accade sempre più spesso – fateci caso – al

ristorante, al semaforo, dove coppie di amici o fidanzati na-

vigano ognuno per contro proprio, insieme solo nella forma,

ma separati nella sostanza. Ognuno dentro un mondo lon-

tanissimo, il proprio.

Ma l‟immaterialità che ci avvolge non è e non sarà sen-

za conseguenze. Ci sta rendendo sempre più fragili – più

stupidi e specialmente più spaesati – come lo sono quei

turisti d‟agenzia o da crociera che credendo di viaggiare per

il mondo stanno fermi in un simulacro del mondo, protetti

dall‟aria climatizzata, lavati e nutriti, difesi da ogni inter-

ferenza della vita reale, fossero anche il caldo e gli insetti.

La nostra crociera dentro il mondo che non esiste, finirà

prima o poi per fare naufragio contro gli scogli di quello

vero. La crisi economica e i tagliatori di teste non spari-

ranno in un clic. E nemmeno le ondate dei migranti che con

i loro corpi e le loro morti atroci sono un principio di realtà

che ci sorprende così tanto da credere alla scorciatoia po-

litica dei muri e delle ruspe. E se quel giorno – mentre

postiamo una ricetta o un insulto su Facebook – ci verrà ad-

dosso il mondo, toccherà affrontarlo con gli occhi di nuovo

aperti e il telefonino spento. Se ne saremo ancora capaci.

PPiinnoo CCoorrrriiaass

((DDaa IIll ffaattttoo qquuoottiiddiiaannoo))

..

Facebook è un kinderheim planetario

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AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

All‟incirca quaranta anni fa conobbi Franco

Pastore nel salotto letterario di “Verso il Due-

mila” in Salerno; della omonima rivista diretta

da Arnaldo Di Matteo, Franco ne era perno,

essendo vicedirettore.

Momenti leggiadri,noi amici ci incontrava-

mo nella sede,in via Luigi Guercio, dal profes-

sor Arnaldo, conversavamo con „il nostro lin-

guaggio‟ intorno ai „nostri amori‟:la poesia, la

narrativa, la pittura, la musica, la scultura …

Ricordo con tenerezza quei meravigliosi

istanti, Franco apprezzava particolarmente le

delicate liriche di Angelo Nese, faccio affiorare

alla memoria le figure della saggista Liana An-

narumma , del poeta Antonio Limongi, del gior-

nalista Saverio Natale, del critico letterario

Giuseppe Capozzoli ….Però, purtroppo, nume-

rosi sono gli amici che ci hanno lasciato: Di

Matteo, il professor Vittorio Di Benedetto, il

dottor Renato Ungaro, lo stupendo pittore Gi-

gino Grieco, l‟altrettanto meraviglioso artista

Alfonso Grassi, il coltissimo preside Marino

Serini (del quale,tra i tanti, in particolare ap-

prezzai uno stranissimo, singolare articolo che

trattava del “linguaggio delle anime nell‟oltre-

tomba Dantesco” ), il poeta Achille Cardasco,

il vicedirettore di Agire professor Claudio Di

Mella, il sindaco Alfonso Menna; non sono più

con noi alcuni cari ai quali Franco era legato

particolarmente: il leggiadro cantore di “Ninfa

plebea” ,di “Spaccanapoli”, di “Gesù, fate luce”,

Domenico Rea il quale nel 1979 recensì l‟opera

di estetica morale,autori Franco e Liana Anna-

rumma,”Il Vangelo di Matteo”; gli aggettivi do-

vrebbero poi sovrabbondare per un formidabile

attore,il buon „sacrestano Giacinto‟protagoni-

sta de “I ragazzi di padre Tobia” , Franco An-

grisano,col quale Franco intesseva quella stessa

affettuosa amicizia che già aveva con Carlo Le-

vi. Comunque, di lì a breve, recensii i motivi

conduttori riscontrabili all‟interno della poesia e

“dentro” la prosa di Franco,esaminando e com-

mentando varie sue opere, le esegesi apparvero

sul summenzionato periodico di Lettere ed Ar-

ti; il “reo tempo”di foscoliana memoria è fuggi-

to inesorabile, le immagini riappaiono ed impla ccaa--

bili sfumano, ma io sposo la tesi di Pablo Picasso:

« Io osservo con gli occhi di un bambino e dipin-

go con il cuore di un fanciullo »; secondo tale

visuale,dunque, gli Artisti (è doverosa la “A” ma-

iuscola), in fondo, restano sempre eterni giovinet-

ti,quello che cambia è soltanto l‟esteriorità, l‟a-

spetto visibile “vittima” della impietosa e torreg-

giante divinità greca Kronos, tuttavia l‟interiorità

non può essere intaccata da uno scorrere di ore, di

giorni, di anni, non può subire variazioni, resterà

immutata, per sempre.

Ecco, questo volume si propone di riportare

alla luce alcune fasi del passato, inoltre intende

esplicitare il nostro quarantennale sodalizio con

una „sequenza interattiva‟, dunque raccoglie, inte-

grate con mie interpretazioni artistiche, opere di

Franco; al quale la Biblioteca Provinciale di Saler-

no, in virtù di „chiari meriti artistici‟, si appresta a

dedicare una Sezione a lui intitolata, è giusto così,

Franco Pastore deve risultare un nome signifi-

cativo nel panorama letterario nazionale, la sua

opera, alta ed intensa, è (iper)abbondante, come si

può agevolmente riscontrare anche con una sem-

plice scorsa dei titoli delle sue opere.

Ritornando al testo di cui siamo coautori, in

aggiunta vi sono alcune liriche del Nostro, recitate

dallo stesso autore e da me musicate.

Con l‟auspicio di regalare, al Lettore, momenti

di riflessione e di serenità, Buona lettura e piace-

vole ascolto!

Giuffri Farina

(( LLiibbrrii iilllluussttrraattii ddaa GGiiuuffffrrii FFaarriinnaa ))

CCOOMMEE EE QQUUAANNDDOO CCOONNOOBBBBII FFRRAANNCCOO DDii GGIIUUFFFFRRYY FFAARRIINNAA

Franco Pastore

VOCI

FFrraannccoo PPaassttoorree

AA..II..TT..WW..EEddiizziioonnii

Collana Saggi

A.I.T.W. Edizioni Collana Poesia

Page 14: Antropos febbraio 2016

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AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

troito fiscale venisse a fiaccare i conti pubblici. Si

sarebbe posto rimedio con la “flessibilità”, cioè con

un semplice rinvio delle scadenze contabili; e pa-

zienza se, a breve termine, gli “impegni con la Eu-

ropa”avrebbero dovuto essere comunque mante-

nuti. Idem per quanto riguarda il Job Act, con i

suoi fortissimi incentivi (ma solo per i primi tre

anni) alle imprese private che assumessero per-

sonale a tempo indeterminato. Anche questo era

un provvedimento disastroso per i conti pubbli -

ci; e, naturalmente, si passava sotto silenzio il

fatto che il Job Act cancellasse del tutto il con-

cetto di impiego a tempo indeterminato, ren-

dendo possibili i licenziamenti (pure quelli in-

giusti o immotivati) prima che per i neo-assunti

potesse maturare anche soltanto il primo stadio

di fantomatiche “tutele crescenti”. Pure in que -

sto caso, comunque, il bluff aveva un obiettivo

preciso: invogliare gli imprenditori ad assumere

a tempo indeterminato, salvo poi a licenziare

successivamente; non prima, però, di aver for-

nito al governo le statistiche atte a dimostrare

un aumento (bugiardo) dei posti di lavoro.

Anche i tre anni di sconti per le assunzioni,

naturalmente, dovevano andare in conto flessi -

bilità, nella speranza che gli italiani non si ren-

dessero conto che “flessibilità”non significa af-

fatto “cancellazione”. E così via cantando.

Sempre all‟insegna delle “riforme”. Perché

le riforme – recita ancor oggi il Vispo Tereso,

disciplinatamente supportato dai media conser-

vator-progressisti – sono indispensabili per at-

trarre gli investimenti esteri. E perché gli in-

vestitori e i “mercati” – mi permetto di ag-

giungere – sono naturalmente portati ad andare

là dove il lavoro costa meno, là dove i lavora-

tori si possono buttare sulla strada dall‟oggi al

domani, magari con il disturbo di una piccola

mancia per salvare la faccia ai promotori di un

qualsiasi Job Act. Poco importa. L‟importante è

che qualcuno venga ad aprire qualche filiale in

Italia, come la si aprirebbe a Tunisi o a Shan-

ghai; pagando i dipendenti come li si paghe-

rebbe a Tunisi o a Shanghai. E l‟importante, so -

prattutto, è che questo ambaradàn porti alla

creazione di qualche similposto di lavoro, an-

che “a tempo”; ma tale, comunque, da poter fi -

gurare in qualche statistica “a fisarmonica”,

buona per una conferenza-stampa in maniche di

camicia. (coninua a pagina 22)

A un tavolo di poker – si sa – il bluff è

consentito; anzi, è una delle varianti “istituzio -

nali” del gioco stesso. È previsto che un gio -

catore faccia finta di avere carte migliori di

quelle che realmente ha, in modo da spaven-

tare gli altri e indurli ad abbandonare la par-

tita. I bravi giocatori – però – dopo avere sof-

fiato il piatto agli avversari, mantengono co-

perte le loro carte e le confondono nel mazzo,

in modo da non fornire agli avversari indi-

cazioni utili per le partite future.

In politica – invece – il bluff non fun-

ziona; o, meglio, può funzionare soltanto a

inizio di partita. Perché? Perché il simulatore

non può mantenere coperte le proprie carte, e

il suo sistema di gioco – a più o meno breve

scadenza – è destinato ad essere scoperto.

Prendete Renzi, per esempio. Ha bluffato

fin dal primo momento, prima ancòra della sua

nomina a Presidente del Consiglio (ricordate

“Enrico stai sereno”?) ed ha continuato poi

imperterrito, ostentando la sicurezza di chi ha

in mano un poker servito.In realtà, in mano a-

veva soltanto una doppia coppia: due fanti (po-

trebbero essere Padoan e Delrio) e due regine

(forse la Boschi e la Madia). Un po‟poco per

sedersi attorno a un tavolo con giocatori di pri -

m‟ordine e qualche abilissimo baro.

Eppure, il Pifferaio dell‟Arno non ha fatto

una piega, ed ha continuato a bluffare anche

quando è stato costretto a mostrare al tavolo il

suo gioco scarso a sgangherato. Voglia di per-

dere,di farsi spennare dagli altri giocatori? No.

Il gioco renziano ha una sua logica, una sua

cervellotica ed illogicissima logica. Non mira

ad un miglioramento della situazione economi-

ca, ma soltanto a dare l‟impressione di un mi-

glioramento.

Tutte le sue iniziative, dalle prime alle ul-

time, sono state concepite in funzione delle lo-

ro ricadute propagandistiche. Gli 80 euro men-

sili di sconto fiscale riconosciuti ad una larga

platea (e negati ad altri) sono stati studiati non

soltanto per far dire al popolino che Renzi

aveva fatto un bel regalo a tanti, ma soprattut -

to nella speranza che i denari in questione ve-

nissero spesi nei negozi, in modo da poter di -

sporre di statistiche che attestassero una ripre-

sa dei consumi. Poco importava che il cospicuo mancato in-

MMiicchheellee RRaall lloo ddaa TTRRAAPPAANNII

LA “RIPARTENZA” CHE NON RIPARTE Il grande bluff

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AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

GIUBILEO E MISERICORDIA

Papa Francesco ha indetto il Giubileo speciale,

l‟anno Santo, nella Misericordia, nella compassio-

ne, nel coraggio del cambiamento: “Via il lievito

vecchio per essere pasta nuova”.

L‟Uomo si rivolge a tutte le genti, affinché alle

persone sia dato tempo e possibilità di vivere e con-

frontarsi, senza per questo dover scavare a forza la

propria fossa.

Nelle sue note c‟è il non senso di azioni fondate

sul rancore, sull‟odio, sulla vendetta, su quei

sentimenti che non consentono giustizie sociali né

pace per alcuno, perché è vero: “la violenza regna

dove l‟ingiustizia ingrassa”.

Il Papa ha parlato per coloro che hanno voltato

le spalle alla propria umanità, per chi ha dipinto la

propria assenza-sconfitta nelle ferite inferte.

Ha parlato anche per chi pensa che al male si ri-

sponde con altro male, nell‟illusoria convinzione di

risolvere i drammi individuali e le tragedie collet-

tive. E‟ davvero così difficile affrontare una lettura

evangelica del sentimento del perdono?

Nessuno si salva, se non sa perdonarsi, se non

tro-va nell‟altro gesti e parole d‟amore.

Pagare il proprio debito alla società non può si-

gnificare la creazione di una nuova dimensione di

violenza, in una pena distruttiva e immutabile.

Un contesto disumanizzato e disumanizzante,

come quello del carcere, toglie all‟uomo la spe-

ranza, non solo privandolo della libertà, ma estra-

niandolo dalla propria dignità.

Privare la persona della possibilità di rendersi

conto dei propri errori, significa non consentirle di

fare i conti con il peso delle proprie colpe, con le la-

cerazioni che hanno prodotto la rottura del vivere

civile.

Quanto è difficile chiedere perdono in queste

condizioni? E quanto essere perdonati? Ciascuno

vive il suo presente in funzione delle scelte fatte, le

azioni del cuore se non condivise non consentono

di essere scelte.

Rimangono le responsabilità e gli abissi dell‟a-

nima, nulla è cancellato, niente è dimenticato, ma

sentire dentro il bisogno di perdonarsi, di avere pie-

tà di se stessi, riconoscendo l‟esigenza di giustizia

di chi è vittima, degli innocenti sempre più spesso

privati di quella giustizia, indica la via maestra per

l‟altro bisogno: essere perdonati per ciò che si è nel

presente, nella consapevolezza degli errori disegnati

a ogni passo in avanti, condividendo quel bene co-

mune che è intorno a noi, per tentare di tramutare

l‟ansia e il dolore delle vittime in una riparazione-

riconciliazione che sia cambiamento fruibile per la

collettività tutta.

L‟umanità, quando è ferita, richiede maggiore

severità nelle pene da espiare, mentre la persona de-

tenuta sconta la propria pena convincendosi di aver

pareggiato il conto, di aver pagato assai più di

quanto dovuto, fino a intendere la libertà proprio

come un adolescente: fare tutto quello che voglio.

Dove sta il carico della responsabilità, la capacità

di fare delle scelte, l‟azione morale condivisa che

stabiliscono il valore della libertà? L‟uomo infanti-

lizzato non ha vicinanza né prossimità con alcun

interesse collettivo.

Invece, riconoscere il bisogno di perdonarsi e

perdonare, sottolinea l‟urgenza di un percorso uma-

no ( non solo cristiano ) nella condivisione e reci-

procità, nell‟accettazione di una possibile trasfor-

mazione e di un fattivo cambiamento di mentalità.

Ecco cosa ha detto a me Papa Francesco con

questo Giubileo.

Andraous

Occorre perdonarsi e Perdonare ...

DDiiccii bbeennee!! MMaa ““hhoommoo lluuppuuss hhoommiinnii eesstt””,, qquuaall--ccuunnoo hhaa ddeettttoo ttaannttoo tteemm--ppoo ffaa......

iinn VViillee EEuurrooppaa,, 3333 CCaasseerrttaa

ddii TTiillddee MMAAIISSTTOO

Page 16: Antropos febbraio 2016

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AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrllddcc

PPRROOVVEERRBBII EE MMOODDII DDII DDIIRREE -- OOVVVVEERROO EELLEEMMEENNTTII DDII PPAARREEMMIIOOLLOOGGIIAA

Sirica Dora

11.. „„AA ffeemmmmeennee èè ccuummmm‟‟aallll‟‟oonnnnaa,, oo ttee ssuusstteennee,, oo

tt‟‟aaffffoonnnnaa;;

22.. FFeemmmmeennee bbeellllaa ee ccaarraa èè mmeerrccee mmoollttoo rraarraa;;

33.. „„EE ccaapp‟‟ee lliiggnnààmmmmee ffaannnnee sseemmppee rruummmmòòrree;;

EEsspplliiccaattiioo:: LLaa ddoonnnnaa ppuuòò eesssseerree llaa ffoorrttuunnaa oo llaa

rroovvuunnaa dd‟‟uunn uuoommoo.. LLaa bbeelllleezzzzaa nnoonn sseemmpprree ssii

aaccccoommppaaggnnaa aallllaa bboonnttàà.. SSoonnoo ggllii iimmbbeecciillllii aa

ccrreeaarree ddiissaaggiioo..

RRiifflleessssiioo:: SSoonnoo pprroovveerrbbii aannttiicchhiissssiimmii,, cchhee rriittrroovviiaa-- mmoo aanncchhee nneell mmoonnddoo ggrreeccoo ee llaattiinnoo.. FFrraasseeoollooggiiaa:: nnuu‟‟ ttuutttt‟‟ee ssppuussaattee ssoo mmuugglliièèrree –– cchhii ppoo--

cchhee ssaa,, ttrròòppppee ppaarrllaa..

IImmpplliiccaannzzee sseemmaannttiicchhee::

FFeemmmmeennee:: ddaall llaattiinnoo ffeemmiinnaa;;

OOnnnnaa:: ddaall llaatt.. uunnddaa--mm;;

CCaappee:: ddaall llaattiinnoo ccaappuutt;;

AAffffuunnnnàà::ddeennoomm.. AAdd ffuunndduumm;;

RRuummmmòòrree:: ddaallll‟‟aacccc..llaatt.. rruummòòrree--mm;;

AAnnttrrooppoollooggiiaa:: IIll sseemmee ddeeii pprroovveerrbbii èè cchhiiaarraammeennttee

eesspprreessssoo iinn llaattiinnoo::

-- FFaaccttaa nnoonn vveerrbbaa..

-- FFaalllleerree,, fflleerree,, nneerree,, ssttaattuuiitt DDeeuuss iinn mmuulliieerree..

-- FFeemmiinnaa eesstt qquuoodd eesstt pprroopptteerr uutteerruumm..

PPrrooggeettttoo FFaammiigglliiaa NNeettwwoorrkk FFiilliiaallee AAnnggrrii

CCEENNTTRROO SSEERRVVIIZZII AANNGGRRII vviiaa bbaaddiiaa nn..66 -- PPeerr PPrriivvaattii -- AAssssiisstteennzzaa ssoocciioo ssaanniittaarriiaa aallllaa ppeerrssoonnaa HH 2244..

AAssss..nnzzaa aannzziiaannii.... FFaaxx 008811//994466889955 -- CCeell.. 333355//88006655995555 -- CCeell.. 333344//77331177779900 -- aannggrrii@@pprrooggeettttooffaammiigglliiaanneettwwoorrkk..iitt

FFiinnaallmmeennttee aanncchhee nneellll’’AAggrroo NNoocceerriinnoo-- SSaarrnneessee ssii hhaa llaa ppoossssiibbiilliittàà ddii aacccceeddeerree aadd aassssiisstteennzzee ssppeecciiaalliizzzzaattee,, ppeerr ggllii aannzziiaannii,, ppeerr ii ddiissaabbiillii,, ppeerr ttuuttttii ii ttiippii ddii mmaa--llaattttiiee ee ppeerr ttuuttttee llee pprroobblleemmaattiicchhee:: ssppeecciiaalliissttii nneellllee ccuurree mmeeddiicchhee ee nneell ssoosstteeggnnoo ddeeggllii aammmmaallaattii,, ssoonn pprroonnttii aa rraaggggiiuunnggeerree ooggnnii lluuooggoo eedd ooggnnii aabbiittaazziioonnee

ppeerr ppoorrttaarree,, aa cchhii nnee hhaa bbiissooggnnoo,, ii bbeenneeffiiccii ddeellllaa lloorroo ccoommppeetteennzzaa.. UUnn ggrraazziiee aa ccoolloorroo cchhee ssii ssoonnoo aaddooppeerraattii nneellllaa rreeaalliizzzzaazziioonnee ddeell pprrooggeettttoo.. DDaa sseetttteemmbbrree,, ll’’iinniizziiaattiivvaa ssaarràà sseegguuiittaa mmoollttoo ddaallllaa ddiirreezziioonnee ddii AANNTTRROOPPOOSS IINN TTHHEE WWOORRLLDD cchhee ddaarràà ttuuttttee llee iinnffoorrmmaazziioonnii cchhee ii lleettttoorrii ddeellllaa rriivviissttaa vvoorrrraannnnoo ootttteenneerree..

CCOOOOPPEERRAATTIIVVAA SSOOCCIIAALLEE «« SSAANN PPIIOO »»

VVIIAA SSAATTRRIIAANNOO 1122 -- AANNGGRRII (( SSAA )) –– tteell.. 333355 880066 55995555 –– 333344 773311 77779900

Page 17: Antropos febbraio 2016

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AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

LLAA PPAAGGIINNAA MMEEDDIICCAA:: aa ccuurraa ddii AAnnddrrooppooss

LL EE MM AA LL AA TT TT II EE DD EE LL LL ‟‟ II NN VV EE RR NN OO (( IIVV PPAARRTTEE ))

LL’’OOTTIITTEE èè l'infiammazione o infezione dell'orecchio

medio o esterno, classificata in acuta e cronica a seconda della sua durata. I sintomi tipici dell'otite, in generale, sono il mal d'orec-chio, la sordità, gli acufeni, il prurito. Questi sintomi prin-cipali possono essere associati ad altri, quali la febbre, i brividi di freddo, la nausea, il vomito e la diarrea. Un esame fisico del paziente (attraverso un otoscopio) può determinare i sintomi, e quindi far porre diagnosi, di otite. Il medico solitamente prescrive, per il trattamento di questa condizione, antibiotici o altri farmaci antimicrobici a seconda del tipo di infezione riscontrata. L’otite esterna è l'infiammazione o l'infezione dei canali esterni dell'orecchio, solitamente una condizione acuta, cioè che non si prolunga nel tempo. Questa condizione è piuttosto comune negli adolescenti e nei giovani e si verifica soprattutto quando si nuota in acque inquinate. Anche i traumi, però, tipo l'inserimento di oggetti estranei nell'orecchio (anche la pulizia effettuata con bastoncini di cotone può irritare la pelle dell'orecchio e provocare infiammazione), possono causare l'otite esterna. Talvolta l'otite esterna può essere collegata all'otite media o ad infezioni delle vie respiratorie superiori, mentre la presenza di umidità può costituire il luogo ideale per la proliferazione dei funghi e può predisporre l'organo ad un'infezione fungina. Per prevenire la comparsa dell'otite esterna, quindi, è importante asciugarsi bene le orecchie ed utilizzare gli appositi tappi quando ci si immerge. Tipici sintomi dell'otite esterna sono il mal d'orecchio, il prurito o la fuoriuscita di materiale di secrezione (spesso di colore giallo, come il pus). La diagnosi di otite esterna viene effettuata dal medico già dopo che l'esame fisico ha rilevato gonfiore e rossore dell'organo. Il canale uditivo può apparire come colpito da eczema e la palpazione dell'orecchio esterno accresce il dolore. Se l'uso di un otoscopio si rivela difficoltoso, il medico potrà raccogliere il materiale che fuoriesce dall'orecchio e farne fare una coltura per scoprire quali batteri o funghi hanno provocato l'otite. La terapia si basa essenzialmente sulla cura dell'infe-zione con la pulizia del canale uditivo dal materiale di secrezione e con la somministrazione di farmaci topici a base di antibiotici e corticosteroidi. Generalmente questi farmaci topici sono disponibili come gocce da applicare direttamente nell'orecchio in modo che agiscano imme-diatamente sulla parte infetta. A questo tipo di terapia potrebbe essere associato un trattamento analgesico per calmare il dolore. È impor-tante, in ogni caso, proteggere bene l'orecchio interessato dall'infiammazione, pulendolo bene ma senza irritarlo con bastoncini di cotone o altro e facendo attenzione a che non vi entri acqua durante il bagno o la doccia. La prognosi è sempre buona, anche se, in assenza di adeguato trattamento, si possono presentare complicanze quali la cronicizzazione dell'otite stessa.

Otite media è l'infiammazione, provocata da batteri o vi-rus, dell'orecchio medio, posto immediatamente dopo la membrana timpanica. In questa condizione avviene la formazione di pus, accompagnata da dolore, aumento di pressione ed infiammazione. La membrana timpanica si gonfia e si arrossa e non vibra più come prima, causando una temporanea perdita d'udito. L'otite media si presenta spesso associata ad un'infe-zione delle vie aeree superiori; sono soprattutto i bambini ad esserne colpiti perché la tromba d'Eustachio del loro orecchio è più breve di quella degli adulti ed è un perfetto ricettacolo per batteri e virus. Possono essere considerate persone più a rischio di contrarre otite media le persone con Sindrome di Down o i soggetti allergici, i maschi più delle donne. La preven-zione dell'otite media si basa essenzialmente sulla ridu-zione del rischio di contrarre infezioni alle vie aeree su-periori (spesso associate a questa condizione). Sintomi tipici dell'otite media sono l'irritabilità e la difficoltà nel mangiare e nel dormire, il mal d'orecchio, l'aumentata pressione sanguigna nell'organo e la perdita di udito. Possono presentarsi sintomi associati quali febbre, tos-se e naso che cola. Nei casi più gravi la pressione san-guigna può essere così forte da provocare la rottura della membrana timpanica. Il trattamento dell'otite media si basa fondamentalmen-te sulla somministrazione di antibiotici in gocce; potrebbe essere necessaria la somministrazione di analgesici per calmare il mal d'orecchio. Il miglioramento è immediato, talvolta dopo appena 48 ore, ma la terapia antibiotica va comunque continuata, pena la mancata remissione completa dell'infezione.

ASSOCIAZIONE LUCANA “G. Fortunato” -- SALERNO

SEDE SOCIALE in Via Cantarella

Page 18: Antropos febbraio 2016

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AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

II GGRRAANNDDII PPEENNSSAATTOORRII:: aa ccuurraa ddii AAnnddrrooppooss

Epíktetos Quasi tutti gli studiosi sono comunque concordi nel

fissarne la nascita intorno al 50-55 d.C.e la morte intorno

al 120-130 d.C. Egli visse dunque sotto l'impero di Nero-

ne, dei Flavi, di Traiano e di Adriano.

Furono suoi contemporanei anche Stazio, Tacito, Sve-

tonio, Plinio il giovane e Plutarco.

È certo che fosse nato nella città di Ierapoli allora in

Frigia e oggi, con il nome di Pamukkale, in Turchia, anche

se dell'antica città sussistono tuttora abbondanti e assai in-

teressanti rovine.

E‟ anche documentato che Epitteto fosse di ma-dre

schiava (un'iscrizione lo vuole figlio di genitori entrambi

schiavi) e che, nato schiavo lui stesso, tale sia rimasto per

molti anni. Fu poi comperato da Epafrodito, ex schiavo

liberato dall'imperatore Clau-dio e divenuto il potente e

ricchissimo segretario di Nerone.

Pare che Epitteto fosse di salute cagionevole e tutti

concordano nel descriverlo come zoppo. Sulle cause di

questo suo difetto fisico le opinioni sono però contrastanti.

Essendo egli schiavo, alcuni, come Celso, accettano la

versione che fa risalire questa sua menomazione ai

maltrattamenti subiti da parte di un padrone, forse dallo

stesso Epafrodito. Altri propendono, data la sua condizione

di schiavo istruito, quindi, come molti schiavi greci,

avviato probabilmente a diventare un precettore privato di

alto livello, a credere che la zoppìa fosse il risultato di

una malattia reumatica o delle percosse di un maestro di

scuola, o in alter-nativa, di un semplice incidente.

Difatti, al servizio di Epafrodito, e forse per iniziativa dello

stesso, Epitteto ebbe modo di istruirsi e frequentare a Ro-

ma le lezioni di Gaio Musonio Rufo, certamente, assieme

ad Aruleno Rustico, il più celebre filosofo stoico di quegli

anni.

Simplicio afferma anche che egli era fin da piccolo gra-

cile e malato. Comunque la prima versione (quella dei

postumi della punizione e dei maltrattamenti di un pa-

drone) fu quella più diffusa dagli allievi che volevano così

indicare come un vero filosofo stoico sopportasse i mali

fisici e i patimenti. Probabilmente Epitteto rimase schiavo

per i primi 25-30 anni di vita.

Epafrodito, prima di essere esiliato e poi fatto uccidere

da Domiziano, per aver seguito nel 68 Nerone nella sua

fuga ed averlo aiutato a suicidarsi, liberò Epitteto, forse

durante il regno di Tito o di Vespasiano, intorno al 79-

80. La tradizione voleva che lo schiavo liberato assumesse

il nomen della famiglia ddell'ex padrone (come Epafrodito

stesso aveva fatto con Claudio), ma non sappiamo se

Epitteto abbia aggiunto al suo vero nome quello di "Tibe-

rio Claudio". La condizione di schiavo di Epitteto non an-

dò comunque oltre l'85-90, anni in cui l'imperatore Domi-

ziano cominciò a perseguitare i filosofi, tra i quali anche

Aruleno Rustico (fatto uccidere dal princeps per lesa mae-

stà), e li bandì da Roma assieme ai matematici e agli

astrologi. Questi personaggi erano infatti considerati trop-

po vicini all'opposizione degli aristocratici e dei senatori,

che spesso avevano gli stoici come insegnan-

ti dei loro figli e loro consiglieri personali.

Poiché il definitivo senato-consulto d'espul-

sione, sollecitato da Domiziano, è del 94, è probabile che

anche Epitteto, che secondo Simplicio, aveva criticato,

duramente e coraggiosamente, l'involuzione autocratica

del governo dell'imperatore, fosse stato colpito dal prov-

vedimento, tra il 90 e il 93. Questo vuol dire che in quel

tempo egli fosse non soltanto di condizione libera (li-

berto), ma ricoprisse ormai, come filosofo, un ruolo emi-

nente e socialmente distinto, benché, per la sua umiltà e

disinteresse nei confronti del denaro, vivesse appartato.

n seguito al bando di Domiziano, Epitteto lasciò per

sempre Roma e l'Italia e si stabilì in Epiro, nella piccola

città greca di Nicopoli. Qui si dedicò con successo all'in-

segnamento, aprendo una scuola che fu molto frequentata

e vivendo con semplicità. È anche possibile che egli abbia

compiuto uno o più viaggi ad Olimpia e ad Atene, luoghi

che ricorda nelle Diatribe, parlando dei giochi olimpici e

dell'acropoli nei suoi ragionamenti. Epitteto non si sposò

e non ebbe figli ma in tarda età prese con sé una donna

che curasse la crescita di un bambino orfano che egli

aveva adottato.

Supremamente indifferente alla gloria

letteraria, Epitteto, come Socrate, non si curò mai di scri-

vere dei libri. Tuttavia un suo discepolo di nome Flavio

Arriano, che poi divenne un noto scrittore e una perso-

nalità politica di notevole rilievo, ebbe l‟idea di stenogra-

fare le lezioni alle quali assisteva, trascrivendo fedelmente

le parole così come uscivano dalla bocca del maestro.

Questa eccezionale documentazione, nota come Dia-

tribe e Manuale di Epitteto, era originariamente contenuta

in otto libri, dei quali soltanto i primi quattro e il Manuale

sono fortunosamente giunti fino a noi.

Nei suoi ultimi anni di vita, malgrado le umili origini,

Epitteto ebbe grande fama e rispetto e godette dell'ami-

cizia personale dell'erede al trono e poi imperatore Adria-

no, che venne a Nicopoli per consultarlo. L'imperatore e

filosofo stoico Marco Aurelio (nato nel 121), che per ra-

gioni di età non ebbe modo di conoscere personalmente

Epitteto, nei suoi Ricordi parla di lui con la massima

deferenza e lo annovera tra le sue guide spirituali. Fu uno

dei suoi maestri, Quinto Giunio Rustico (nipote di Aru-

leno Rustico), a fargli conoscere gli scritti di Epitteto.

Epitteto era certamente in vita durante l'impero di Adria-

no (117-138), ma era già morto quando Antonino Pio

andò al potere (138); Aulo Gellio parla della recente mor-

te di Epitteto quando scrive le Noctes Atticae, verso la

metà del secolo, cosa che ha fatto fissare la data di morte

nel decennio 120-130, probabilmente verso il 130, anche

se taluni indicano il 135, quando avrebbe avuto l'età, mol-

to avanzata per l'epoca, di circa 80-85 anni. Qualche

tempo la sua morte, racconta Luciano di Samosata, la sua

fama era ancora così viva che un suo ammiratore acquistò

una lampada ad olio in argilla che gli era appartenuta per

3000 dracme. (Continua)

Page 19: Antropos febbraio 2016

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AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

RRAACCCCOONNTTII DDII VVIITTAA

LLoo vviiddii ppaassssaarree ddaallll‟‟aallttrroo llaattoo ddeellllaa ssttrraaddaa ee mmii

sseemmbbrròò uunn sseeggnnoo ddeell ddeessttiinnoo..

-- BBuuoonn ggiioorrnnoo pprrooffeessssoorree!!--

-- BBuuoonn ggiioorrnnoo!!-- mmii rriissppoossee ccoonn uunn ssoorrrriissoo cchhee sseemm--

bbrraavvaa aapprriissssee llee ppoorrttee ddeellllaa mmiiaa aanniimmaa.. BBeenn ffaattttoo,,

bbiioonnddoo ee ccoonn uunn bbeellll‟‟aabbiittoo bblluu ssccuurroo,, ssttaavvaa ppeerr eennttrraarree

nneell ppoorr--ttoonnee ddeell MMaarreesscciiaalllloo CCaappeeccee,, ccaammmmiinnaavvaa

ssvveellttoo,, mmaa nnoonn ttaannttoo ddaa ssffuuggggiirrmmii ll‟‟eelleeggaannzzaa ddeell ppoorr--

ttaammeennttoo ee ll‟‟aazzzzuurrrroo ddeeii ssuuooii oocccchhii..

-- DDoovvrreeii ppaarrllaarrllee ……,, ssbbiiaasscciiccaaii iimmbbaarraazzzzaattaa,,

ppoottrreebbbbee ccoonncceeddeerrmmii cciinnqquuee mmiinnuuttii ddeell ssuuoo tteemmppoo??--

-- VVeennggaa,, aannddiiaammoo nneelllloo ssttuuddiioo!!--

SS‟‟aavvvviiòò ddii bbuuoonn ppaassssoo vveerrssoo ccaassaa ssuuaa,, uunnaa vveecccchhiiaa aabbii--

ttaazziioonnee aa dduuee ppiiaannii,, ccoonn uunn uunn aammppiioo ppoorrttoonnee ttrraa uunn ggaa--

rraaggee eedd uunnoo ssttuuddiioo,, ddoovvee iill pprrooffeessssiioonniissttaa ffaacceevvaa lleezziioonnee

aa lliicceeaallii eedd uunniivveerrssiittaarrii.. EEnnttrraammmmoo iinn uunn aammbbiieennttee ppiieennoo

ddii lluuccee,, ddoovvee uunnaa bbiiaannccaa ssccrriivvaanniiaa llaa ffaacceevvaa ddaa ppaaddrroonnaa,,

ttrraa ttrree ttaavvoollii ddiissppoossttii aassiimmmmeettrriiccaammeennttee ee llee sseeddiiee

ddaaggllii sscchhiieennaallii aarrrroottoonnddaattii eedd ii ccuusscciinnii rroossssoo ccaarrddiinnaallee..

-- SSoonnoo aallll‟‟uullttiimmoo aannnnoo ddeellllee mmaaggiissttrraallii –– ddiissssii ttuuttttoo

dd‟‟uunn ffiiaattoo -- vvoorrrreeii cchhee mmii aaiiuuttaassssee nneellllee ddiisscciipplliinnee cchhee

pprreesseennttaannoo ppeerr mmee mmaaggggiioorrii ddiiffffiiccoollttàà:: iill llaattiinnoo,, ll‟‟iittaa--

lliiaannoo ee llaa ffiilloossooffiiaa --

MMii aassccoollttòò aatttteennttaammeennttee ee rriissppoossee::

-- SSoonnoo aa ssuuaa ddiissppoossiizziioonnee …… --

IInniizziiaammmmoo aallll‟‟iinnddoommaannii ee ccoonnttiinnuuaammmmoo ffiinnoo aa

mmaaggggiioo,, uunnaa lleezziioonnee ddooppoo ll‟‟aallttrraa,, mmeennttrree iinn mmee nnaassccee--

vvaa qquuaallccoossaa cchhee mmii ssppiinnggeevvaa vveerrssoo qquueell pprrooffeessssoorree

ddaallllaa vvooccee ppaavvaarroottttiinnaa,, ddaaggllii oocccchhii ggrraannddii ee bbuuoonnii ee

ddaall ssoorrrriissoo cchhee mmii ffaacceevvaa bbeennee aallll‟‟aanniimmaa..

RRoobbeerrttoo,, aa qquueell tteemmppoo,, eerraa uunn ddiivvoorrzziiaattoo ttrreennttootttteennnnee,,

pprrooffeessssoorree ddii lleetttteerree iinn uunn iissttiittuuttoo tteeccnniiccoo ppeerr rraaggiioo--

nniieerrii,, eedd aavveevvaa dduuee ffiigglliioollii aaddoolleesscceennttii:: TTaattiiaannaa,, uunnaa

bbeellllaa rraaggaazzzziinnaa ddii oottttoo aannnnii ee BBaarrttoolloommeeoo,, uunn ggiioovviinn--

cceelllloo ddii cciirrccaa ttrreeddiiccii aannnnii,, ppaaffffuuttoo ee sseennssiibbiillee,, cchhee

ffrreeqquueennttaavvaa llaa pprriimmaa ccllaassssee ddeellllee ssccuuoollee mmeeddiiee.. EErroo

ggeelloossaa ddii lloorroo,, aavvrreeii pprreessoo vvoolleennttiieerrii iill lloorroo ppoossttoo,, iioo

cchhee uunn ppaaddrree qquuaassii nnoonn lloo aavveevvoo aavvuuttoo..

BBeeppppee eerraa aavvaarroo ddii ccaarreezzzzee ee ddii aatttteennzziioonnii,, ll‟‟uunniiccaa

ssuuaa pprreeooccccuuppaazziioonnee eerraa iill llaavvoorroo,, cchhee lloo ppoorrttaavvaa aadd

aasssseennttaarrssii ddaa ccaassaa ppeerr sseettttiimmaannee eedd aa vvoollttee aanncchhee mmeessii..

MMaammmmaa lloo aaccccoogglliieevvaa ccoommee mmeegglliioo ppootteevvaa,, aallllaarrggaann--

ddoo,, ccoonn llee bbrraacccciiaa,, llee ggaammbbee ee llaa ppaazziieennzzaa.. CCoossìì,, qquueell--

llaa ppoovveerraa ddoonnnnaa ggllii aavveevvaa ssffoorrnnaattoo oottttoo ffiiggllii,, uunnoo aall--

ll‟‟aannnnoo ee ssaarreebbbbeerroo ssttaattii ttuuttttii llìì ssee qquuaallccuunnoo nnoonn ffoossssee

mmoorrttoo.. AA mmee ttooccccòò iill ccoommppiittoo --

IILL PPRROOFFEESSSSOORREE ((IIII ppaarrttee))

ddii FFrraannccoo PPaassttoorree AA..II..TT..WW.. eeddiizziioonnii –– eebbooookk GGGGKKEEYY::HHDDBBRRYYKKBBRRAA11CC EE ––

TTRRAA LLEE RRUUGGHHEE ((MMεεττααξξύύ ττηηςς ππυυττίίδδεεςς )) QQuuaannddoo ssoolloo rriimmaannii ccoonn llaa ttuuaa mmaalliinnccoonniiaa,,// ll‟‟aallbbaa ppiiùù nnoonn ddiisscceerrnnii ddaallllaa

nnoottttee;;// ttii ssaazzii ddii ppaarroollee ee ddii rriiccoorrddii,,// mmaa iill vvuuoottoo èè pprriivvoo dd‟‟ooggnnii ppooeessiiaa..// II ssooggnnii llii ssmmaarrrriissccii,, uunnoo aadd uunnoo,,// cchhiiuuddee llaa

mmeennttee ttuuttttee llee ffiinneessttrree,,// vviicciinnoo aa ttee nnoonn vveeddii ppiiùù nneessssuunnoo..// PPooii,, ttrraa llee rruugghhee,, ppiiùù pprrooffoonnddee ee mmeessttee,, uunn lluucciiddoo rriimmppiiaannttoo

ssii ffaa // ssttrraaddaa,, ttii ffaaii ffoorrzzaa,, ccaammbbii ppuurree ccoonnttrraaddaa,,// mmaa ccoossaa vvuuooii ccaammbbiiaarr,, ssee ttuuttttoo èè aannddaattoo.. ((DDaallllaa ssiillllooggee CCrroonnooss))

ffaattiiccoossoo eedd iinnggrraattoo ddii ccrreesscceerrllii,, mmeennttrree mmiiaa

mmaaddrree ssii iinnccuurrvvaavvaa nneeii ccaammppii eedd iinnggrraassssaavvaa nneeii

ffiillaarrii ddii ppoommooddoorrii.. PPoovveerraa ddoonnnnaa,, ggiiàà vveecccchhiiaa aa

qquuaarraanntt‟‟aannnnii!!UUnn ggrraannddee uuoommoo ddaavvvveerroo,, qquueell--

ll‟‟iirraasscciibbiillee ccaammiioonniissttaa,, cchhee mmii aavveevvaa ddaattoo llaa vviittaa..

OOrraa ccaappiittee ppeerrcchhéé iinnvviiddiiaavvoo llee aatttteenn--zziioonnii ddeell

mmiioo pprrooffeessssoorree ppeerr ii ssuuooii ffiiggllii..

CCeerrccaaii,, ddeelliibbeerraattaammeennttee,,ddii iinnssiinnuuaarrmmii nneellllaa

ssuuaa vviittaa ee ddaallllaa oocccchhiiaattee cchhee llaanncciiaavvaa aall mmiioo ssee--

nnoo,, ccaappiiii cchhee nnoonn ddoovveevvaa eesssseerree ddiiffffiicciillee aarrrriivvaarree

aa qquuaallccooss‟‟aallttrroo..

EErraavvaammoo qquuaassii aallllaa mmeettaa ddeeggllii eessaammii,, qquuaannddoo

ddaallllaa ssccuuoollaa mmii ccoommuunniiccaarroonnoo cchhee nnoonn ppootteevvaannoo

aammmmeetttteerrmmii aallllaa pprroovvaa,, ppeerrcchhéé aavveevvoo ffaattttoo ttrrooppppee

aasssseennzzee.. IInn eeffffeettttii,, iill mmiioo llaavvoorroo ddii bbaaddaannttee nnoonn

mmii aavveevvaa ppeerrmmeessssoo uunnaa ffrreeqquueennzzaa ppiiùù aassssiidduuaa

ddeellllee lleezziioonnii:: ssmmoonnttaavvoo ttaarrddii ee rraaggggiiuunnggeevvoo NNoo--

cceerraa aa mmaattttiinnaattaa iinnoollttrraattaa,, ccoonn llaa nneecceessssiittàà ddii rrii--

pprreennddeerree llee ffoorrzzee ccoonn uunn bbuuoonn ssoonnnnoo rriissttoorraattoorree..

FFuu iill mmiioo pprrooffeessssoorree aadd aaggggiiuussttaarree llee ccoossee eedd aa

ffaarrmmii aammmmeetttteerree aaggllii eessaammii.. IInntteennssiiffiiccaammmmoo llee

lleezziioonnii ee ssppeessssoo ssaalliivvoo ssuu,, nneelllloo ssttuuddiioo ddeellllaa ssuuaa

ggrraannddee ccaassaa aa dduuee ppiiaannii,, ppeerr ffaarree ggllii aapppprrooffoonnddii--

mmeennttii nneecceessssaarrii eedd aa nnuuttrriirrmmii aallqquuaannttoo ddii qquueell--

ll‟‟aammbbiieennttee ssaattuurroo ddii ccuullttuurraa ee ddii aammoorree..

VVeennnnee llaa ssoossppiirraattaa pprroovvaa,, RRoobbeerrttoo,, ccoonnsscciioo

ddeellllaa mmiiaa pprreeppaarraazziioonnee llaaccuunnoossaa,, ccoonnttaattttòò ttuuttttii ii

pprrooffeessssoorrii ddeellllaa ccoommmmiissssiioonnee ee ll‟‟eessaammee ssii ttrraa--

ssffoorrmmòò iinn uunn ggiiooccoo ffaacciillee.. DDooppoo iill tteemmaa ,, ddiiffffiicciillee

mmaa nnoonn ttrrooppppoo,, ttaannttoo cchhee rriiuusscciiii aa ssccrriivveerree qquuaall--

ccoossaa,, vveennnnee llaa pprroovvaa ddii mmaatteemmaattiiccaa ee ddoovveettttii

ccoonnsseeggnnaarree iill ffoogglliioo iinn bbiiaannccoo.. IInn eeffffeettttii,, aavveevvoo

ffaattttoo bbeennee ssoolloo llee eelleemmeennttaarrii,, ee nneemmmmeennoo,, ppeerrcchhéé

iill mmiioo iinnsseeggnnaannttee ddii ccllaassssee eerraa iill rreessppoonnssaabbiillee ddeell

pplleessssoo eedd iill vviiccaarriioo ddeellllaa ssccuuoollaa,, ppeerr ccuuii ppaassssaa--

vvaammoo iill tteemmppoo aa ffaarree ccooppiiee ee ddiisseeggnnii.. LLee mmeeddiiee,,

aannccoorraa ooggggii,, ssoonnoo ll‟‟aabboorrttoo cchhee ssoonnoo,, ccoommee ppoottee--

vvoo aannddaarr bbeennee aaggllii eessaammii?? CCii ppeennssòò iill mmiioo pprroo--

ffeessssoorree ee,, qquuaannddoo uusscciirroonnoo ii qquuaaddrrii,, ccoonn uunn nnooddoo

aallllaa ggoollaa,, gguuaarrddaaii ttiimmiiddaammeennttee ll‟‟eelleennccoo ddeeii

pprroommoossssii eedd eerroo ttrraa qquueellllii,, ccoonn llaa vvoottaazziioonnee

ddii qquuaarraannttaadduuee sseessssaann--tteessiimmii.. EErraa ffaattttaa.. UUnnaa sseettttiimmaannaa ddooppoo,, eennttrraaii nneelllloo ssttuuddiioo ddeell

mmiioo iinnsseeggnnaannttee ccoonn uunn bbaassssoorriilliieevvoo ssuu aarrggeennttoo eedd

uunn ffaasscciioo ddii rroossee rroossssee..

((ccoonnttiinnuuaa))

Page 20: Antropos febbraio 2016

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AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

ICOMUNICAT INVIATO DA MANZO MARIA

Giovedì 11 febbraio, presso l‟Aula Magna del

Liceo Scientifico “G. da Procida”, si è tenuto

il secondo dei quattro incontri in cui si articola il

progetto Tradizione e contemporaneità.

Letture filosofiche, realizzato in collabora zio-

ne tra il Dipartimento di Scienze del Patrimo-

nio Culturale (DISPAC) dell‟Università, la

Società Filosofica Italiana, la cui sezione saler-

nitana è presieduta da Giuseppe Cacciatore, e

nove Licei di Salerno e provincia, oltre che

con il supporto tecnico di ArtiLab. Il progetto, al

quale ha preso parte un folto numero di studenti

liceali, si basa su un‟esperienza di lettura dei te-

sti, condotta in ambito scolastico dal docente e

poi oggetto di approfondimento in un incontro

conclusivo alla presenza di due esperti, che in-

troducono il dibattito. L‟iniziativa intende pro-

muovere un più stretto raccordo tra scuola e uni-

versità, sia in ordine alle esigenze di formazione

degli insegnanti,che devono trovare nell‟univer-

sità il principale interlocutore scientifico ed isti-

tuzionale, sia per quanto riguarda l‟orientamen-

to agli studi filosofici, favorendo un‟esperienza

diretta del pensiero e del linguaggio filosofici

proposta attraverso forme di didattica in-nova-

tive.L‟incontro, coordinato da Giso Amendola,

ha avuto per tema la lettura di sei capitoli fonda-

mentali del Leviatano di Thomas Hobbes,

commentati da Domenico Taranto del nostro

ateneo e Giuseppe D‟Antonio del liceo “A.Ge-

noino” di Cava de‟ Tirreni. Non è mancato il

saluto da parte di Annalaura Giannantonio ed

Elena Magaldi in rappresentanza del Liceo ospi-

tante e di Clementina Cantillo portavoce della

Università di Salerno.

Il "Leviatano",datato 1651, è una delle prime o-

pere teoriche in cui i problemi della società bor-

ghese e dello Stato sovrano vengono affrontati

secondo i principi del pensiero filosofico mo-

derno. Nella storia delle dottrine politiche esso

costituisce la conclusione delle ricerche condotte

su tali problemi sin dal Quattrocento e la pre-

messa dei successivi svolgimenti.

Culmine del progetto hobbesiano di organizza-

zione della filosofia politica secondo il modello

delle scienze fisiche e matematiche, il "Levia-

tano" è l'opera fondamentale per comprendere il

ruolo dell'assolutismo nella storia politico-sociale

d'Europa, il suo rapporto con la società borghese

e con l'individualismo. Secondo Hobbes, le leggi

naturalinon sono da se sufficienti a spingere gli

uomini a rispettare i patti , i quali “senza la spada

non sono che parole” . Di conseguenza e necessa -

rio un potere coercitivo che si erga al di sopra

dellevolontà individuali . Nel capitolo XVII del

Leviatano, di cui verranno proposti alcunipassi

fondamentali, Hobbes definisce la formula del

patto di unione che gli uomini dovrebbero siglare ,

che e al tempo stesso un patto di associazione e

un patto di sottomissione: da esso si genera lo

Stato, che il filosofo definisce anche «dio morta-

le», per l‟assoluto potere che incarna.

La sola via per erigere un potere comune che pos-

sa essere in grado di difendere gli uomini dall‟ag-

gressione straniera e dalle ingiurie reciproche , e

con cio di assicurarli in modo tale che con la

propria industria e con i frutti della terra possano

nutrirsi e vivere soddisfatti, è quella di conferire

tutti i loro poteri e tutta la loro forza ad un uomo

o ad un‟assemblea di uomini che possa ridurre

tutte le loro volonta , per mezzo della pluralita

delle voci , ad una volonta sola ; ciò è come desi -

gnare un uomo o un‟assemblea di uomini a so-

stenere la parte della loro persona, e ognuno ac-

cettare e riconoscere se stesso come autore di tut -

to cio che colui che sostiene la parte della loro

persona, farà o di cui egli sarà causa , in quelle

cose che concernono la pace e la sicurezza comu-

ni, e sottomettere in cio ogni loro volonta alla vo -

lontà di lui , ed ogni loro giudizio al giudizio di

lui. L‟Ufficio stampa della SFI.Salerno

Tradizione e contemporaneità - Letture Filosofiche

Il Leviatano di Hobbes

Summum ius summa Iniura. Perfetta giustizia grande ingiustizia.

Γένοιο οἷος εἷ. Diventa ciò che sei.

Page 21: Antropos febbraio 2016

- 21 -

AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

BUDINO DI CERVELLA DI MAIALE

Ingredienti per 4-6

Cervella di maiale gr.400

Uova 2 e tuorli 2

Panna liquida gr. 250

Burro gr.50

Parmigiano grattugiato 1 pugno

Noce moscata, sale.

Preparazione

Lavare bene in acqua fredda la cervella, spellarla e

rosolarla nel burro fino a quando avrà assunto un bel

colore dorato. Passarla al setaccio e unire la panna, il

parmigiano, le uova e i tuorli frullati, il sale e un poco

di noce moscata grattugiata. Imburrare una forma da

budino, cospargerla di pane grattugiato e versarvi il

composto. Cuocere a bagnomaria per 1 ora circa.

Sfornare e servire con piselli al prosciutto. CERVELLA DI MAIALE AL BURRO NERO

Ingredienti per 6

Cervella di maiale gr. 600

Burro gr. 1000

Aceto ½ bicchiere

Vino bianco ½ bicchiere

Prezzemolo, pepe, sale

Preparazione

Pulire bene la cervella in acqua fredda corrente,

togliendo poi la pelle; lessarla in acqua e aceto per 10

minuti. Scolarla e tenerla in caldo. A parte friggere il

burro fino a farlo diventare scuro, ma non bruciato,

aggiungere il vino bianco, un po‟ di prezzemolo trita-

to, sale e pepe. Far cuocere per pochi minuti, versare

sulla cervella, sistemata nel piatto di portata, e servire.

FEGATO DI MAIALE ALLA CAMPAGNOLA

Ingredienti per 6

Fegato di maiale gr. 600

Burro gr. 100

Lardo gr 30

Rete di maiale gr.100

Tuorli d‟uovo 2

Pane grattugiato

Brodo

Prezzemolo, aglio, finocchio, spezie, salvia, pepe,

sale.

Preparazione

Spellare il fegato, tritarlo con il lardo, aggiungere

prezzemolo e aglio tritati, un pizzico di finocchio, i 2

tuorli, 1 manciata di pane grattugiato, 1 cucchiaio di

brodo, spezie, pepe e sale. Amalgamare bene tutto.

Tagliare, dopo averla lavata, la rete di maiale a qua-

drati di circa 10 cm di lato, sistemare in ogni quadrato

1 cucchiaio di ripieno, avvolgerli; prendere degli stec-

chini e su ogni stecchino infilare due involtini alter-

nandoli con una foglia di salvia. Farli rosolare nel bur-

ro e servirli ben dorati.

FEGATO DI MAIALE FRITTO

Ingredienti per 6

Fegato di maiale gr. 600

Vino bianco secco 1 bicchiere

Farina, prezzemolo, sale.

Preparazione

Togliere al fegato la pelle, tagliarlo a fettine sottili,

infarinarle e friggerle nel burro, rivoltandole dalle due

parti. Salare e unire il vino e il prezzemolo tritato. Far

restringere il fondo di cottura

CERVELLA ALLA MILANESE

Ingredienti per 4 persone:

cervella di vitello, gr. 500di

1 uovo, farina q.b.,

PanE grattUGIATO q.b.,

Olio di semi di girasole,

1 pizzico di sale,

2 foglioline di salvia, Succo di un limone,

Prezzemolo tritato,

Un pizzico di pepe nero

Lavare bene in acqua fredda la cervella, nettarla beb

bene,tagliatela a fettine spesse circa 2 centimetri.Pas-

sate le fettine nella farina, immergetele nell'uovo

sbattuto con un pizzico di sale e impanatele bene con

il pangrattato. In un tegame, scaldate l‟olio con le fo-

glioline di salvia e, quando sarà ben caldo, friggete le

fettine di cervella, girando di tanto in tanto, per una

cottura omogenea. Una volta cotte, ponetele per

qualche minuto in un vassoio con carta assorbente,

quindi disponetele sul piatto di portata, cospargendo-

le con succo di limone, prezzemolo tritato ed un piz-

zico di pepe.

PPIIAATTTTII TTIIPPIICCII DDEELL MMEEDDIITTEERRRRAANNEEOO -- AA ccuurraa ddii RRoossaa MMaarriiaa PPaassttoorree

RRIICCEETTTTEE

Page 22: Antropos febbraio 2016

- 22 -

AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

Ma la strategia renziana non si ferma qui.

Un altro dei suoi pilastri è il gabellare ogni

eventuale riverbero positivo della congiuntura

internazionale come un benèfico effetto della

propria azione di governo. Esempio-tipo: il

fortissimo calo dei prezzi del petrolio, che –

come universalmente riconosciuto – ha avuto

un peso determinante nel miglioramento dei

conti pubblici di tutti i Paesi europei.

In ultimo, un pizzico di arroganza osten-

tata contro quanti, nell‟Unione Europea, non si

rendono conto che il Parolaio della Tuscia ha

un disperato bisogno di “flessibilità”, per pa -

rare i contraccolpi della sua spensierata gestio-

ne e scaricarli sui governi prossimi venturi.

Ma nulla di allarmante, beninteso; perché, ad

uno schioccar di dita della Cancelliera, il no-

stro è pronto a rientrare disciplinatamente nei

ranghi e a promettere di fare il bravo suddito

europeo (e atlantico). Per il momento, si accontenta di fare la

ruota in tv, ripetendo fino all‟ossessione che la

situazione comincia a migliorare, che si colgono

già i primi benèfici effetti del Job Act e delle

altre illuminate “riforme”, che siamo finalmente

al cospetto di una “ripartenza” dell‟economia

italiana. Fin‟ora gli è andata bene: la grande

stampa vicina ai “mercati” e le televisioni berlu -

sconiane hanno fatto finta di credergli, river -

sando il loro ottimismo sui crèduli lettori e tele-

spettatori.

Ma il tempo passa, e la gente incomincia a

chiedersi dove caspita sia questa benedetta “ri -

partenza”. Mi viene in mente la quartina dell‟A-

raba Fenice: “Che ci sia, ognun lo dice. Dove

sia, nessun lo sa.”

LLAA RRIIPPAARRTTEENNZZAA CCHHEE NNOONN RRIIPPAARRTTEE ,, ddii MM.. RRaalllloo -- ccoonnttiinnuuaa ddaa ppaaggiinnaa 1144

PPrreemmiioo nnaazziioonnaallee ddii ppooeessiiaa rreelliiggiioossaa

-- MMAATTEERR DDEEII -- LLaa rriivviissttaa AAnnttrrooppooss iinn tthhee WWoorrlldd ee ll‟‟EEnnttee PPaarr-- rroocccchhiiaa SSSS.. CCoorrppoo ddii CCrriissttoo bbaannddiissccoonnoo iill IIVV PPrree-- mmiioo NNaazziioonnaallee ddii ppooeessiiaa rreelliiggiioossaa ““ MMaatteerr ddeeii””,, rriisseerrvvaattoo aaggllii aalluunnnnii ddeellllee ssccuuoollee eelleemmeennttaarrii,, mmee-- ddiiee eedd aaggllii aadduullttii.. IIll ccoonnccoorrssoo pprreevveeddee uunn 11°° 22°° ee 33°° pprreemmiioo ppeerr GGllii aalluunnnnii ppaarrtteecciippaannttii eedd uunn 11°° 22°° ee 33°° pprreemmiioo ppeerr ggllii aadduullttii..IInnoollttrree,, ssaarraannnnoo ccoonnsseeggnnaattii aatttteessttaattii ddii mmeerriittoo aaii ccoonnccoorrrreennttii cchhee ssii ssoonnoo mmaaggggiioorrmmeenn-- ttee ddiissttiinnttii.. II pprreemmii ccoonnssiisstteerraannnnoo iinn ccooppppee,, mmeeddaagglliiee,, ttaarr-- gghhee,, ddiipplloommii,, lliibbrrii ee nneellllaa ppuubbbblliicciittàà ssuullllaa RRiivviissttaa ddii lleetttteerree eedd aarrttii AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd.. SSii ccoonnccoorrrree ccoonn uunnaa lliirriiccaa ssuullllaa VVeerrggiinnee MMaarriiaa,, nnoonn iinnffeerriioorree aa 2200 vveerrssii ee nnoonn ssuuppeerriioorree aa 4400.. IInn aalllleeggaattoo aall ccoommppoonniimmeennttoo,, vvaa uunnaa sscchheeddaa ccoonn nnoommee,, ccooggnnoommee,, iinnddiirriizzzzoo ee nnuummeerroo ddii tteelleeffoonnoo,,oollttrree aall ttiittoolloo ddeellll‟‟eellaabboorraattoo.. PPeerr ggllii aalluunnnnii,, vvaa aaggggiiuunnttoo aanncchhee iill nnoommee ddeellllaa ssccuuoollaa ffrreeqquueennttaattaa,, ddeellllaa ccllaassssee eedd eevveennttuuaallee ee--mmaaiill.. IIll ttuuttttoo vvaa iinnvviiaattoo aallllaa DDiirreezziioonnee AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd-- vviiaa PPoossiiddoonniiaa,,117711//hh –– 8844112288 SSaalleerrnnoo.. PPeerr ll‟‟AAggrroo nnoocceerriinnoo--ssaarrnneessee,, ppuuòò eesssseerree ccoonnsseeggnnaattoo aallllaa rreeddaazziioonnee ddii PPaaggaannii,, pprreessssoo iill SSSS..CCoorrppoo ddii CCrriissttoo.. IIll tteerrmmiinnee uullttiimmoo ppeerr llaa pprreesseennttaazziioonnee ddeellllee lliirriicchhee èè ffiissssaattoo ppeerr iill 3300 aapprriillee 22001166.. LLaa cceerriimmoonniiaa ddii pprreemmiiaazziioonnee aavvvveerrrràà nneellllaa CChhiieessaa MMaaddrree ddeellllaa cciittttàà ddii PPaaggaannii ((SSaa)) pprree--ssuummiibbiillmmeennttee nneellllaa tteerrzzaa ddeeccaaddee ddii mmaaggggiioo.. II vviinncciittoorrii ssaarraannnnoo tteemmppeessttiivvaammeennttee aavvvveerrttiittii ttrraammiittee ee--mmaaiill,,oo tteelleeffoonnoo,,cchhee aavvrraannnnoo ccuurraa ddii iinnddiiccaarree nneellllaa ddoommaannddaa ddii ppaarrtteecciippaazziioonnee aall pprreemmiioo.. LLaa ccoommmmiissssiioonnee,, pprreessiieedduuttaa ddaall mmaa--rriioollooggoo RReennaattoo NNiiccooddeemmoo,, ssaarràà rreessaa nnoottaa aallllaa cceerriimmoonniiaa ddii pprreemmiiaazziioonnee.. EEvveennttuuaallii cchhiiaarrii--mmeennttii ppoossssoonnoo eesssseerree rriicchhiieessttii aaii nnuummeerrii:: 33777711 771111 006644 –– 33447744 554422117777,, oo ttrraammiittee llee ee--mmaaiill ffrraannccooppaassttoorree@@ffaassttwweebbnneett..iitt –– rroommaappaass3399@@ggmmaaiill..ccoomm..

Page 23: Antropos febbraio 2016

- 23 -

AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

Si sono avute iniziative anche nella nostra Regione e

nella nostra Provincia; si vedano in proposito, tra le

pubblicazioni riportate in nota, la ricerca documentata del-

la Costa, sulle edicole sacre di Napoli, il testo del Prof.

Franco Salerno sulle edicole della Immacolata a Sarno,

per il taglio antropologico del saggio; quello del Natella,

noto studioso d'Arte della Campania; la pubblicazione di

Pinto sulle Iconografie Ceramiche Vietresi; Romito sui

pannelli ceramici del Salernitano; ed in ultimo, last but not

least, la ricerca degli alunni della Scuola Media "De Ami-

cis" di Polla, per la completezza, il rigore scientifico e la

ricchezza di riferimenti storici, biblici, teologici, litur-gici;

Stanno, purtroppo, scomparendo quelle lungo le strade

per lavori di ampliamento o per la creazione di rotatorie.

Altre stragi di queste testimonianze di arte sacra mi-

nore si sono avute in seguito a terremoti, come quello dell'

80 in Campania.

Ma vi è un'edicola che, per quanto ne sappiamo, è del

tutto particolare per due ordini di motivi. Il primo è quello

di essere ... triplice.

Eccone la storia: Sulla facciata di un antico palazzo in

via De Pascale a S. Marzano sul Sarno, , all'altezza di

10/15 metri vi era un edicola della Madonna di Mater-

domini di Nocera Superiore composta da mattonelle di

maiolica (foto l). Il palazzo fu venduto ed il nuovo pro-

prietario, il Sig. Giuseppe Schiavone, lo abbatté nel 2003

per ricostruirlo ex novo e l'edicola dovette essere rimossa.

La stampa locale riportò la preoccupazione della popo-

lazione per le sorti dell'edicola, mostrando quanto fosse

venerata dal popolo da sempre. Ma quale non fu la me-

raviglia quando, rimosse le mattonelle, comparve un

primo affresco della stessa Madonna (foto n. 2). E la me-

raviglia si trasformò in vero stupore quando rimosso l'af-

fresco ne comparve un secondo affresco. (foto n.3)

Considerando che il pannello ceramico porta la data del

1869 e che tutte e tre le immagini I sia della Madonna che

del Bambino/si presentano coronate e che l'icona del

Santuario di Materdomini fu coro-nata nel 1759, come

leggiamo nella storia del San-tuario (4) non possiamo che

datare i due affreschi tra le suddette date.

In mancanza di qualsiasi testimonianza non possiamo

che ipotizzare che il proprietario dell'immobile, devoto

della Madonna di Materdomini, come molti in tutto l'Agro

Nocerino-sarnese, fece costruire, ad una certa altezza,

un'apposita edicola. Risultata questa poco somigliante alle

prime immaginette della Vergine che i fran-cescani, giunti

nel 1829, diffusero in quell'anno per promuovere maggior-

mente la devozione mariana e riqualificare il Santuario, si

pensò di servirsi di un artista più bravo e rifare l'affresco.

Diffusosi poi la tradizione dei pannelli ceramici tra

l'Ottocento e il primo trentennio del secolo XX il devoto

pensò di far coprire l'affresco con un'imma-gine composta

da 18 mattonelle cerami-che (20x20) e da una cornice di

mezze mattonelle (20xlO). Il pannello è stato collocato in

un tempietto di marmo all'inizio della via De Pascale,

all'incrocio con la strada che porta a Nocera, dando così

significato anche al titolo di Madonna del Viandante. (5)

L'altro motivo che rende questa edicola unica è la par-

ticolare devozione che ha riscosso fino a far sorgere ad-

dirittura un'apposita associazione detta " 'A Marunnella"

dal nome popolare dell'edicola. Fatto restaurare, il primo

affresco è stato posto in un solido supporto di legno e

conservato presso la locale filiale della Banca di Credito

Cooperativo di Scafati-Cetara.

Alla sacra immagine viene poi dedicata un'apposita

festa nella prima domenica dopo il 31 maggio, Festa della

Visitazione alla quale partecipa numeroso il popolo mar-

zanese al quale si uniscono molti devoti provenienti dai

paesi limitrofi.

Il secondo affresco, anch' esso restaurato, è conserva-

to gelosamente dal proprietario nella propria abitazione in

attesa di trovare una idonea collocazione aperta al pubbli-

co. Quanto sia attiva questa associazione nella persona del

suo Presidente, il Dott. Alfonso Panico, è sufficiente ve-

dere il programma di quest'anno. (foto 4)

Non possiamo qui trascurare che il Monastero di Mater-

domini era tenuto in grande considerazione da Guidone

Filangieri, possessore del casale di S. Marzano, se nel

1234 con due atti distinti lo esonerava da pagamento del

terratico dovuto per il possesso di beni in quel casale e per

da donazione nello stesso casale di uno stabile in località

Porto. (6) In conclusione, L'Associazione dopo aver fatto

restaurare gli affreschi vuole restaurare ed arricchire l'im-

magine di Maria che ogni cristiano deve portare dentro di

sé e restaurare nel cuore il culti verso di lei.

Ci si muove quindi nel fiIone di quella ripresa mariana

che prende le mosse dal 1974 con la Marialis cultus di

Paolo VI e che ha trovato un impulso definitivo nell'auto-

revole magistero mariano di Giovanni Paolo II, secondo i

principi e gli orientamenti del Direttorio su pietà popola-

re e liturgia della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti. Filone mariano particolarmente

sentito in tutto l'Agro Nocerino-sarnese che fin dai pri-

mordi del cristianesimo (7), per i suoi numerosi santuari e

le sue numerose feste mariane (8) è "terra di Maria".

Renato Nicodemo

NOTE (1) Cf AA.VV., ‘A Maronna t'accupagna. Padre Rocco e le mille edicole votive di Napoli per grazia ricevuta, Napoli 2002; (2) Ricordiamo anche LE CROCI, in genere di grandi dimensioni, erette a simbolo della Cristianità e a protezione di zone di montagna, vallate o, se di misura inferiore, per ricordare un tragico avvenimento.. (3) Amato (a cura di), Imago Mariae. Tesori d'Arte della Civiltà Cristiana, Roma 1988. Costa, Le edicole sacre di Napoli, Roma 1998; Cuman,Fabbian, l capitèi di Venezia, Ed. Helvetia 1987-88. Dell'Utri, Le edicole votive di Caltanissetta, Caltanissetta 1986. Evangelista, Piccoli santuari agli angoli delle strade, in Historia dic. 1988. Natella, Edicole sacre in case campane, in Lares, XXXV 1969. Pane, Napoli imprevista, Torino 1949. Pinto, Iconografie Ceramiche Vietresi, Salerno 1986. Romito, Per il recupero di un patrimonio minore - Un itinerario nella devozione popolare del Salernitano - Salerno 2003; (4) Il Santuario di Materdomini, Salerno 1990; (5) Vedi P. E. Cerruti, La Madonna di Materdomini e S. Marzano in Eco di Materdomini n. 4 2006. (6) S. SILVESTRI, Dal fundo Marciano a san Marzano sul Sarno, Angri 2006; p.180. (7) Lo storico Procopio narra che la fine dei Goti fu dovuta all'intervento di Maria nella battaglia di Sarno del 553 (Di Domenico, Un Santuario millenario - S. Maria della Foce, Sarno 1971; (8) Ricordiamo i Santuari di Materdomini a Nocera S.; S. Maria di Loreto a Roccapiemonte; S. Maria di castello a Castel S. Giorgio; Madonna delle Galline a Pagani; Madonna dei Bagni a Scafati; Madonna delle Tre Corone e della Foce a Sarno; S. Maria dei Miracoli a Montalbino a Nocera Inf.

UU NN ‟‟ EE DD II CC OO LL AA PP AA RR TT II CC OO LL AA RR EE DD II RR EE NN AA TT OO NN II CC OO DD EE MM OO CC OO NN TT II NN UU AA DD AA PP AA GG .. 77

Page 24: Antropos febbraio 2016

- 24 -

AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

STORIA DELLA MUSICA - A cura di Ermanno Pastore

MMUUSSIICCAA LLEEGGGGEERRAA--NNUUOOVVEE TTEENNDDEENNZZEE

IIVV PPAARRTTEE –– LL‟‟HHEEAAVVYY MMEETTAALL

Anche il primo hard rock era caratterizzato da una

notevole dose di tecnica, più o meno sviluppata. Tutti i

membri di gruppi hard rock riscontravano un'ottima

conoscenza della tecnica, che sfociava in assoli soprat-

tutto di chitarra e a volte anche di altri strumenti come

basso, batteria e tastiera.Queste caratteristiche vennero

tramandate anche nell'hard & heavy;

Nacque il termine hard & heavy per definire i gruppi

etichettabili in entrambi i generi, e che quindi riscon-

travano influenze da entrambi. Può essere quindi inter-

pretato come un termine per includere l'intero movi-

mento, probabilmente diviso solo dal relativo nome dei

due stili, che tuttavia rimangono spesso uniti. Nono-

stante ciò,la maggior parte dei mass media segue l'ipo-

tesi appena accennata,come possono confermare diver-

si elementi. Ad esempio, in molti siti internet dedicati,

alcuni gruppi spesso definiti hard rock, vengono defini-

ti anche heavy metal.

Nelle enciclopedie dedicate al genere, sono presenti,

non a caso, gruppi definiti hard rock, ma in quel caso,

sono indicati come heavy metal. In tutte le raccolte de-

dicate all'heavy metal in senso generico, si trovano

gruppi in buona parte definiti anche hard rock, ma

classificabili come heavy metal. I festival dedicati al-

l'heavy metal, soprattutto negli anni ottanta, propone-

vano gruppi definiti anche come hard rock. Nelle rivi-

ste dedicate all'heavy metal, sono spesso citati, intervi-

stati, e definiti heavy metal anche gruppi hard rock.

Queste classificazioni sono definizioni attribuite da e-

sperti del settore. Si può supporre che solo l'opinione

comune più diffusa, si opponga erroneamente all'idea

di comprendere una parte dell'hard rock e dell'heavy

metal in un unico genere/entità, poiché i fatti hanno

dimostrato che è sempre stato il contrario fin dai lon-

tani anni settanta. Non è quindi un caso, o un errore,

definire l'hard & heavy come heavy metal.

Tutti questi elementi portano alla conclusione che in

qualche modo i due generi, più che imparentati, siano

considerati in molti casi un'unica entità, un unico mo-

vimento le cui uniche divisioni si ritrovano unicamente

nella loro classificazione, che, essendo a volte diversa,

da l'immagine di due correnti separate, al contrario di

come sono realmente.

La storia dell'heavy metal alla fine degli anni settanta è

tuttora molto dibattuta tra gli storici della musica.

Mentre band come i Blue Öyster Cult raggiunsero in

quel periodo un moderato successo, altri gruppi con-

centrano invece l'attenzione sull'arrivo di influenze

classiche, presenti nel lavoro di Eddie Van Halen, Ran-

dy Rhoads, o di Uli Jon Roth, pionieri del heavy metal

di stampo virtuosistico e neoclassico; anche perché la

storia dell'heavy metal successivamente verrà sviluppa-

ta anche in questo senso.

.

Altri ancora sottolineano le influenze reciproche che,

verso la fine degli anni settanta, si scambiarono l'heavy

metal e il punk rock, culminando nella famosa New

Wave of British Heavy Metal dei primi anni ottanta,

guidata da band come i già citati Saxon o gli Iron Mai-

den. In realtà va detto che l'influenza del punk rock sul

nascente heavy metal non deve essere interpretata in

modo diretto: quello che accomunava le band di

entrambi i generi era la povertà di mezzi (riflessa dalla

produzione "grezza e sporca" di molte delle band) e lo

spirito fai-da-te che portava alla nascita di etichette indi-

pendenti e fanzine (un modus operandi proprio del mo-

vimento punk), in modo da alimentare la scena al di

fuori della stampa e dei media "ufficiali". Si ipotizzò

inoltre che la NWOBHM, connotando uno stile general-

mente più aggressivo, duro e diretto, si ispirò proprio al

punk rock per queste caratteristiche che lo distingue-

vano dall'ondata di heavy metal precedente.

Anche l'abbigliamento punk influenzò in parte l'heavy

metal (anche se vi è dibattito su questo, dato che era già

usato dai Judas Priest a metà anni settanta), che ereditò

l'uso di borchie e indumenti di pelle. Successivamente,

negli anni ottanta, si può dire che l'hardcore punk abbia

influito notevolmente sullo sviluppo dell'evoluzione del-

l'heavy metal e, in particolar modo sul metal estremo.

L'hardcore punk infatti fu fonte di ispirazione soprattutto

per le band thrash metal che ne presero alcune caratteri-

stiche unendole all'heavy metal fortemente ispirato alla

NWO-BHM.

Lo stesso Cliff Burton dei Metallica (un gruppo che si

collocò al vertice della nascente scena thrash metal) di-

chiarava di essere stato influenzato dal punk, special-

mente da gruppi come i Misfits; così come altri compo-

nenti della stessa band. Da notare come i loro gruppi

preferiti Venom e Motorhead avessero più di un legame

col punk (Conrad Lant dei Venom suonava in un grup-

po punk e Lemmy Kilmisterfrequentava regolarmente la

scena punk e tentò anche di insegnare a suonare il basso

a Sid Vicious).

((CCoonnttiinnuuaa

Page 25: Antropos febbraio 2016

- 25 -

AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

PPOOLLIITTIICCAA EE NNAAZZIIOONNEE –– OOVVVVEERROO IILL PPEENNSSIIEERROO DDEELLLLAA GGEENNTTEE CCOOMMUUNNEE

II PPEERRIICCOOLLII DDEELLVVIIRRUUSS ZZIIKKAA

Il Virus Zika è un nome che stiamo imparando a conoscere

per gli allarmi lanciati negli Stati Uniti che sono alle prese

con il virus, trasmesso dalle zanzare Aedes, che si sta

diffondendo negli ultimi mesi soprattutto nelle zone del

centro-sud America.

Il virus si chiama Zika, dal nome della foresta in Uganda

dove è stato trovato per la prima volta in una scimmia nel

1974, ed è diventato in pochi mesi l'angoscia delle donne

incinte del Brasile. È un virus della stessa famiglia della

febbre gialla e del dengue, trasportato dallo stesso tipo di

zanzara, ma poco studiato perché considerato benigno nel-

l'uomo. Soltanto una persona su 5 di quelle che ne vengono

infettate si ammala: febbre, dolori alle articolazioni, occhi

arrossati e talvolta un esantema cutaneo che passano in po-

chi giorni senza conseguenze.

Il virus Zika si diffonde sempre di più. La preoccupazione

più grande è per le donne incinte. Non tanto per loro, quanto

per i bambini che portano in grembo. In Brasile, infatti, al

virus sono stati collegati alcuni casi di malformazioni nei

bambini, come la nascita con la testa piccola o con un

cervello sottosviluppato. Il Cdc, Centers for Disease Control

and Prevention, ha invitato le donne a non recarsi in posti in

cui il virus è attivo. Alcuni paesi latino-americani hanno

addirittura consigliato di non rimanere incinta per i prossimi

due anni.

Anche in Italia è arrivato il virus Zika attraverso quattro

viaggiatori che rientravano dal Brasile. Tre di essi sono stati

curati allo Spallanzani di Roma ed uno a Firenze.

Il Dipartimento Malattie Infettive dell'Istituto Superiore del-

la Sanità ha tranquillizzato gli italiani precisando che l‟Ita-

lia è preparata ad eventuali casi di Zika virus anche se è ne-

cessario essere sempre sull'allerta perchè vi è la globaliz-

zazione dei vettori.

Ad ogni modo, il Centro Europeo di Controllo delle Malat-

tie ha emanato una nota nella quale si sconsigliano le donne

incinte dal fare viaggi nelle zone colpite come l'America la-

tina.

Oggi quindi è indispensabile sapere tutto sul virus Zika: la

diffusione, i rischi, la prevenzione.

La febbre di Zika è una malattia virale veicolata da una

zanzara del genere Aedes.

I sintomi sono simili a quelli di altre malattie trasmesse da

zanzare Aedes, anche se più lievi: febbre, dolori articolari

e muscolari, eruzioni cutanee, congiuntivite.

Un‟infezione da virus Zika potrebbe addirittura non dare

sintomi o essere scambiata per una normale influenza.

Dopo una puntura di zanzara infetta, i sintomi compaiono

solitamente dopo un periodo di incubazione dai 3 ai 12 gior-

ni e possono durare da 2 a 7 giorni; la malattia raramente

richiede il ricovero ospedaliero. Il virus Zika è in grado di

diffondersi in aree dove sono presenti zanzare Aedes.

Non esiste alcun vaccino contro il Zika, per il quale l'unica

forma di protezione è evitare la puntura della zanzara che

trasmette la malattia. In Italia l'insetto che veicola il virus non c'è, ma non è chia-

ro se anche la zanzara tigre rappresenti un possibile peri-

colo. In questo caso si potrebbero avere dei piccoli

cluster anche da noi, come già successo per il virus Chi-

kungunya o per il dengue in Francia.

Purtroppo il virus Zika sembra non volersi arrestare e

all'orizzonte, se non si agisce in fretta, si profila una

pandemia in grado di estendersi per tutto il globo.

Se il Paese più colpito continua ad essere il Brasile,

dove sono aumentati a dismisura i casi di microcefalia

infantile presumibilmente legati proprio alla puntura di

zanzara sulle donne in gravidanza, anche gli Stati Uniti e

la Russia hanno lanciato appelli per trovare presto un

vaccino e forme di prevenzione che non mettano a

rischio la vita delle popolazioni.

Per evitare il diffondersi del virus che infetterebbe il

cervello in fase di sviluppo (molti dei neonati nati con

microcefalia muoiono dopo la nascita, molti di più

rimangono con danni permanenti) vi riproponiamo, in

attesa di un vaccino a cui stanno già lavorando intensa-

mente da alcuni mesi i laboratori dell'Nih degli Stati

Uniti , le linee guida approvate dal Ministero del Salute

per difendersi dalla zanzara tigre:

1. Verificare che le grondaie siano pulite e non ostruite

2. Coprire le cisterne e tutti i contenitori dove si racco-

glie l‟acqua piovana con coperchi ermetici, teli o

zanzariere ben tese

3. Trattare regolarmente i tombini e le zone di sco-

lo e ristagno con prodotti larvicidi

4. Eliminare i sottovasi e, ove non sia possibile, evitare

il ristagno d‟acqua al loro interno

5. Non lasciare che l‟acqua ristagni sui teli utilizzati per

coprire cumuli di materiali e legna

6. Non lasciare gli annaffiatoi e i secchi con l‟aper-

tura rivolta verso l‟alto

7. Non lasciare le piscine gonfiabili e altri giochi pieni

d‟acqua per più giorni

8. Non accumulare copertoni e altri contenitori che pos-

sono raccogliere anche piccole quantità d‟acqua sta-

gnante

9. Tenere pulite fontane e vasche ornamentali, eventual-

mente introducendo pesci rossi che sono predatori delle

larve di Zanzara Tigre

MMaarriioo BBoottttiigglliieerrii

Page 26: Antropos febbraio 2016

- 26 -

AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

Guerra e denari, tutto pronto per la prossima campagna di Libia

Forse, qualcuno fra i miei lettori più attenti ri -

corderà la conclusione sibillina di un vecchio arti-

colo. Si era nell‟ottobre dell‟anno scorso, e il pezzo

era dedicato alla mastodontica esercitazione NATO

“Trident Juncture”. In chiusura, dopo aver dato

notizia dell‟assunzione in Goldman Sachs dell‟ex

Segretario generale della NATO, terminavo: «Quali

i punti di contatto – si chiederanno i lettori – tra la

sfera militare e quella finanziaria? Ci sono, ci sono

questi punti di contatto. E ne avremo conferma fra

qualche mese, probabilmente in Libia.»

Qualche mese è passato, ed è giunta quella che a

me pare proprio una conferma. Malgrado le grandi

attese della vigilia, il caos seguìto all‟assassinio di

Gheddafi ha favorito gli alleati mediorientali degli

americani (sauditi,quatarini,turchi, eccetera), ma ha

lasciato in sospeso qualche affaruccio delle grandi

banche di Wall Street.In particolare,la Goldman Sa-

chs – to‟ chi si rivede! – sembra che si agiti parec-

chio, soprattutto nelle ultime settimane, da quando

appaiono in discesa le quotazioni di Ilary Clinton

nella corsa alla Casa Bianca. Del rapporto fra la

Clinton e la massima banca d‟affari del pianeta –

per inciso – parlerò in una prossima occasione.

Tornando alle vicende libiche,comunque, la ban-

ca di Manhattan – lo ricordava Manlio Dinucci sul

“Manifesto” – ha già avuto da queste il suo bel gua-

dagno, impadronendosi di 1,3 miliardi di dollari di

fondi statali che le erano stati affidati dal bieco re -

gime, adducendo perdite la cui autenticità sarebbe

utile poter verificare. Adesso, sembra che il presti -

gioso istituto finanziario sia particolarmente in-

quieto per i futuri equilibri interni alla Central

Bank of Libya, cui – una volta ripristinato un mini-

mo di normalità – dovrebbe spettare il còmpito di

gestire il fiume di denaro delle rendite petrolifere e

di indirizzare gli investimenti miliardari dei “fondi

sovrani” libici.

E ad essere inquieta non è soltanto la Goldman Sa-

chs,ma l‟intero apparato statale, finanziario e mili -

tar-industriale della nostra “grande alleata”.Il còm-

pito che Qualcuno aveva pensato per l‟ISIS era

quello di distruggere Siria e Iraq (e poi Libano e

forse Giordania), per ridisegnare i confini del Me-

dio Oriente secondo i desiderata dei nuovi imperia -

lismi regionali.L‟intervento della Russia in Siria ha

però sparigliato le carte, obbligando anche gli ame-

ricani a fare qualcosa di concreto in Iraq.Ecco, dun-

que, che il simil-Stato jihadista ha cominciato a

spostare uomini e mezzi in Libia; nella previsione

di essere costretto a cercare riparo dalle parti di

Tripoli. Ed anche questo è un fatto (assolutamente

non previsto) che obbliga gli americani a dare un

segno di vita, pena la fine di quel loro strumento

coloniale che è l‟Alleanza Atlatica. Come giustifi -

care agli occhi degli alleati – infatti – la guerra della

NATO nel 2011 contro un Gheddafi che non minac-

ciava nessuno, mentre la Libia di oggi potrebbe di -

ventare sede di un Califfato che vuol far la guerra

all‟Italia?

Ecco che – in tali frangenti – potrebbe tornare

utile un alto papavero NATO in Goldman Sachs, so-

prattutto trattandosi di un personaggio come l‟ex Se -

gretario generale Anders Fogh Rasmussen. Già pri -

mo ministro di Danimarca, il tale è noto per essere

totalmente appiattito sulle posizioni americane; al

punto da essere anche fautore del TTIP, il trattato di

“libero scambio” – in itinere – con cui gli USA ten-

tano di colonizzare definitivamente l‟economia euro -

pea. In campo militare, invece, l‟ardimentoso perso -

naggio si è illustrato in due manovre parimenti ne -

faste per gli interessi europei: le misure bellicose e

provocatorie contro la Russia per la questione ucrai -

na e – guarda un po‟! – l‟aggressione alla Libia di

Gheddafi. Ecco che, in vista di una nuova campagna

tripolina, il passaggio di Rasmussen dalla NATO a

Goldman Sachs potrebbe rivelarsi utile. Anche per

tenere al loro posto gli italiani, nel caso che quel

mattacchione di Renzi si montasse la testa per il fat -

to di essere stato incaricato di “guidare” la spedi -

zione punitiva sulle coste della Sirte.

In fondo, la guerra del 2011 è stata fatta anche

per privare l‟Italia del suo rapporto privilegiato con

la Libia. Ora, la nuova guerra non avrà certo il còm-

pito di riportare indietro le lancette dell‟orologio. Il

Vispo Tereso è avvisato: non avrà un nuovo Rais cui

baciare la mano, come così bene sapeva fare un suo

predecessore. Al nuovo Presidente del Consiglio ita -

liano – più modestamente – spetterà soltanto di met-

tersi un pennacchio in testa e di giocare ai soldatini.

Per le cose serie, c‟è già chi ci pensa.

Michele Rallo

__________

Da “Le Opinioni eretiche”

Page 27: Antropos febbraio 2016

- 27 -

AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

LLAA FFAAVVOOLLAA DDEELL MMEESSEE

Un papero vecchiotto e spelacchiato incominciò a pen-

sare alla sua vita inutile , senza più affetti e, camminando

tristemente per la via, diceva a se stesso questa litania:

- Povero me!

Son solo e senza affetti,

pure i paperi sciocchi

mi fan dispetti,

avessi avuto almeno

una bella paperotta,

con la quale dividere

granone e frutta cotta -.

E parlottando giunse fino al fiume, dove all‟istante de-

cise di annegar la piume. Prese una palla dimenticata da un

bambino e con la corda la lega al collicino.

Un grande tuffo e patapuff nell‟acqua, pensando di an-

negare in un momento, ma … la palla non lo portò a fondo

e galleggiò saltellando in tondo.

Fallito il tentativo di morire, prima s‟asciugò le piume

al sole e poi trotterellando in sintonia, si mise alla ricerca

di una adeguata compagnia.

Camminando più avanti in una contrada, incontra una

papera sciancata ed un pulcino mezzo rimbambito, tutto

sporco e pieno di prurito.

- Sentite cari! - Disse l‟animale,

- vado lontano a cercar la sorte. Tu miserella mi sarai

compagna e tu che sei piccino, farai da segretario o mio

pulcino! -

E s‟avviò l‟allegra compagnia, cantando a squarciagola

per la via:

Batti il passo Fino a due

Lì nei campi C‟è un bue,

una capra, tre galline,

e una vecchia contadina.

Batti il passo fino a tre,

io sono come un re

voi sareste la mia corte

poche piume e gambe storte.

Sentendo cantare così forte, tutti gli animali accorsero

e vedendoli, incominciarono a ridere a crepapelle. Un

merlo che stava sul ramo di un albero, beccando gustosa-

mente un fico, gridò:

- Canta pure ,o grande allocco

tu sei re, ma degli sciocchi,

d‟una papera sciancata

ed un pulcino malandato -.

A questo punto, i tre smisero di cantare e si allon-

tanarono in fretta tra gli scherni di tutti gli animali.

Cammina, cammina, giunsero in un bel paesino, dove tutti

erano floridi e ben vestiti. Il sindaco un aquilotto distinto

ed istruito, vedendoli arrivare così malandati ne ebbe pena

e cercò di aiutarli.

Il sindaco un aquilotto distinto ed istruito, vedendoli arri-

vare così malandati ne ebbe pena e cercò di aiutarli.

Li fece ripulire e vestire decentemente e li sfamò con

cibi squisiti ed abbondanti.

Dopo qualche giorno di buona vita, il papero decise di

conquistare tutto il paese e con sciocca furbizia e la parola

facile iniziò a millantarsi di questa e quell‟impresa,di

qualche dottorato e che avrebbe fatto la fortuna di chiun-

que a lui si fisse legato.

Ma dopo numerosi tentativi di produrre miracoli e

ricchezze, furono note a tutti le sue prodezze sciocche e le

assurde pretese di essere un capitano di mille imprese.

Invece di scusarsi e vivere tranquillo, incominciò a sparlare della gente, che era stato offeso dall’aquilotto e che si sarebbe vendicato immantinente. Allora la comunità comprese che era un papero sciocco ed ingrato e tutti lo allontanarono. Cosi, il pa-pero ritornò nuovamente sulla via , a cantare la sua triste litania:

- Povero me! Son solo e senza affetti, pure i paperi sciocchi

mi fan dei dispetti avessi avuto almeno una bella paperotta

con la quale dividere

granone e frutta cotta.

Cammino per la via

in brutta compagnia

una bestia malandata

e un pulcino sventurato - .

A questo punto, anche la papera sciancata lo abban-

donò, mentre il pulcino rimbambito gli fece uno sberleffo

e scappò via, lasciandolo solo solo per la via:

-Addio, mio caro, sarò pure sventurato, ma non sono né

sciocco, né un ingrato.

Stretta la foglia, larga è la grata,

pure questa favola è terminata.

IL PAPERO SCIOCCO

Di FRANCO PASTORE Con pubblicazione in ebook, in filmato e stampa, con cod. IT\ICCU\MO1\0038517

Disegni del dott. Paolo Liguori

Page 28: Antropos febbraio 2016

- 28 -

AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

DA ALTRI GIORNALI

Il volume riproduce lo scambio epistolare fra

Girolamo Tartarotti e il patrizio veneto Tomma-

so Giuseppe Farsetti,costituito da 127 lettere

scambiate in un arco di tempo lungo quasi trenta

anni.Quando si conobbero, il ventenne Farsetti

trovò nel più maturo Tartarotti, già apprezzato

professionalmente –era a Venezia assunto dal fu-

turo doge Marco Foscarini, che affiancava nelle

ricerche sulla letteratura veneziana –, una per-

sona con cui condividere interessi e di cui va-

lersi, tornato in patria,per soddisfare una tenace

passione bibliofila.Del Farsetti ci sono giunte 76

lettere,tutte autografe eccetto una, gran parte

delle quali conservate in un codice miscellaneo

della Biblioteca Civica di Rovereto. Il medesimo

codice ospita di seguito 51 responsive del Tarta-

rotti, trascritte da un anonimo senza alcuna indi-

cazione relativa agli originali.Grazie ad esse il

letterato roveretano si manteneva informato sugli

amici comuni e sulle novità letterarie e reperiva

libri utili per i suoi studi, ma soprattutto moni-

torava la pubblicazione delle proprie opere, mol-

te delle quali uscirono appunto dai torchi della

Dominante, dove invano cercava di ristabilirsi.

Il libro è stato presentato Giovedì 18 febbraio

2016 nel Palazzo della Fondazione CARITRO,

Piazza in Rosmini di Rovereto.

E‟ intervenuto Gian Paolo Romagnani della

Università degli Studi Verona e Accademia degli

Agiati, mentre ha coordinato l‟incontro Stefano

Ferrari, Vice-presidente dell'Accademia degli

Agiati.

Un avamposto a Venezia Il carteggio fra Girolamo Tartarotti e Tommaso Giuseppe Farsetti (1741-1758)

Verona, Edizioni QuiEdit, 2015 (Cres, Edizioni e strumenti, 10)

UNA LIRICA A CASO

FFOOGGLLIIEE MMOORRTTEE ΝΝεεκκρράά φφύύλλλλαα

UUnn fflleebbiillee ssuussssuurrrroo ddii ffoogglliiee

rriippoorrttaa aallllee ssoogglliiee ddeell tteemmppoo;;

nneell ffaannggoo ddeell ffoossssoo,, ppiiùù lleennttaa,,

ggrraacciiddaa,, rraauuccaa,, llaa rraannaa..

RRiittoorrnnaa uunn rriiccoorrddoo cchhee dduuoollee,,

ddiiffffiicciillee rriipprreennddeerree uunn ssooggnnoo,,

ssee ppuurr llee ppaarroollee,, ccoommee ffoogglliiee mmoorrttee,,

ccaaddoonnoo ddaall ccuuoorree..

LL‟‟aammoorree??

SSii,, ffoorrssee ll‟‟hhoo ccoonnoosscciiuuttoo,,

mmaa èè,, oorraa,, lloonnttaannoo,,

ccoommee uunn oossppiittee aatttteessoo

ee ssuubbiittoo aannddaattoo vviiaa,, ccoommee llaa vviittaa,,

ccoommee llaa vviittaa mmiiaa..

[[DDaa CCrroonnooss,, ddii FFrraannccoo PPaassttoorree-- ..II..TT..WW.. EEddiizziioonnii SSAA..]] cod. GGKEY:BECCLSTGQT0 E

Page 29: Antropos febbraio 2016

- 29 -

AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

IIMMMMAAGGIINNII DDII UUNN AALLTTRROO TTEEMMPPOO

Nel „700 spiccavano come luoghi di posteggia le

“pagliarelle dello Sciummetiello” e la Taverna delle Car-

cioffole al Ponte della Maddalena dove si leggeva la famosa

quartina:

“Magnammo, amice mieje e po‟ vevimmo

nzino a che nce sta ll‟uoglio a la lucerna;

chi sa se all‟autro munno nce vedimmo;

chi sa se all‟autro munno nc‟è taverna”.

Nel mondo antico e, segnatamente, in quello classico

dominava la musica rituale o religiosa. L‟unica alternativa

era, dunque, la cosiddetta “musica da tavola”.

Diversi musicisti destinati a lasciare traccia della loro arte,

ove non riuscivano ad occupare un posto di “maestro di

cappella”, si mettevano al servizio di nobili e, per una

minima ricompensa, diventavano “musicisti domestici”.

Anche Mozart seguì questa trafila, ma nel 1781 egli,

dimettendosi da “musicista domestico”, mentre a Salisburgo

era al servizio dell‟Arcivescovo Colloredo,automaticamen-

te inaugurava una nuova stagione, quella dei “musicisti pro-

fessionisti”.

All‟epoca, già da tempo a Napoli, come abbiamo prima

rilevato, dilagavano i nostri posteggiatori che non erano al

servizio di nessuno e che venivano liberamente ricom-

pensati dai fruitori della loro musica. Infatti, i posteggiatori,

dopo la loro esibizione, “andavano per la chetta”, cioè gira-

vano fra gli avventori con il famoso “piattino”. L‟offerta

non era intesa come un‟elemosina, ma come un riconosci-

mento, anche se fatto di spiccioli, all‟arte. Meglio la libertà

che essere sottoposti allo stipendiuccio di un padrone.

I posteggiatori napoletani, inoltre, davano la possibilità a

tutti, non solo ai patrizi, di usufruire delle loro prestazioni.

Prima di citare i nomi dei più celebri posteggiatori napo-

letani, mi piace ricordare che essi usavano un gergo tutto

proprio, la cosiddetta “parlesia”, incomprensibile anche agli

stessi napoletani. Ad esempio, il pane era chiamato “illur-

to”, l‟avaro “schiancianese”, il pollo “pizzicanterra”, la

chitarra “allagosa” o “ „a cummara”, il mandolino “peretta”,

il violino “tagliere”, i soldi “ „e bane”, il vino “chiarenza”, i

seni femminili “ „e tennose”.

Ma veniamo ora ai nomi più conosciuti di posteggiatori

napoletani. Il nome più celebre è quello di Enrico Caruso

che sarebbe diventato il tenore più famoso al mondo.

All‟età di diciassette anni Caruso cantava nei caffè e

nelle trattorie. Insieme al suo amico Adolfo Narciso, nel

1891 si esibiva ai “Bagni Risorgimento” in Via Caracciolo,

dove fu ascoltato dal baritono Missiano che, avendone

compreso la bravura, lo affidò almaestro Guglielmo Vergi-

ne perché gli desse lezioni di canto. E questo gli fu utile.

Sappiamo poi il resto!

Tra i posteggiatori napoletani celebre fu Giuseppe Di

Francesco, meglio conosciuto con il soprannome di “ „o

zingariello”. Dovete pensare che nel 1879, trovandosi a

Napoli Richard Wagner e ascoltando la voce di „o zinga-

riello, ne rimase colpito per l‟espressività della voce, tanto

addirittura di proporgli di seguirlo.

„O zingariello ne fu lusingato e con Wagner si portò a

Bayreut. Lì, nel salotto musicale del grande Maestro era

applauditissimo. Vi rimase quattro anni, ma poi fu costretto

a tornare a Napoli, scacciato dallo stesso Wagner. Sapete

perché? Perché sistematicamente gli metteva incinte tutte le

cameriere ... Ma lui diceva, invece: “M‟ero sfasteriato „e fa‟

„o soprammobile”. Solo in seguito confessò la verità. A lui

Di Giacomo dedicò una canzone “Ll‟ortenzie” musicata da

Costa. Libero Bovio scrisse per lui “Zingariello” con musica

di Frustaci:

Zingariello / cantatore „e Pusilleco

senza voce sapive cantà;

cielo e mare / quanno „a notte era doce

cu n‟accordo „e chitarra /facive scetà!

Tra i posteggiatori napoletani da ricordare fu Pasquale

Jovino detto “Pascale „o piattaro”, detto così perché in

gioventù era stato decoratore di piatti. Nato nel 1865, ebbe

momenti di vera gloria. Aveva studiato con Caruso presso il

Maestro Vergine. Lo prese a benvolere nientemeno che il

filosofo Giovanni Bovio che gli pagò gli studi di canto e

musica. Nei ristoranti di Posillipo divenne famoso.

Per brevità di tempo, dirò i nomi delle principali città in

cui si esibì: Berlino, New York, Pietroburgo dove, addirit-

tura, mentre cantava nei ristoranti, fu chiamato a Corte dallo

Zar Nicola II il quale si divertì un mondo nell‟ascoltare la

canzone “ „A risa” di Cantalamessa. Ebbe modo di essere

apprezzato da Francesco Giuseppe, Gustavo di Svezia che

gli chiese un bis ed Umberto I. Al Quirinale la Regina Mar-

gherita, per il troppo ridere nell‟ ascoltare “ „A risa”, rischiò

di cadere dalla poltrona. Tale canzone, per fortuna, è stata

salvata da un disco della Phono Electra.

Gennaro Olandese, detto “Gennarino „o „nfermiere”,

tenne banco nella Birreria dell‟Incoronata fin dal 1883,

mentre nella Birreria Strasburgo troviamo Luigi Calienno, “

„o tenorino”, che aveva studiato con Vincenzo Valente.Can-

tava in modo ineguagliabile “Era de maggio”.

Da ricordare i Liberti, padre e tre figli. Raffaele, detto “

„o gattone”, era il più bravo e suonava il violino. Intorno al

1888 si aggiunse ai Liberti Vincenzo Righelli, detto “Cop-

pola rossa”, rinomato per l‟interpretazione di “Mariuccia”.

Pietro Mazzone, detto “ „o romano” nato nel 1864 e morto

nel 1934, fu il primo tra i posteggiatori napoletani ad entrare

in sala d‟incisione. (Continua)

GGiiuulliioo MMeennddoozzzzaa

„„AA PPOOSSTTEEGGGGIIAA ((IIII ppaarrttee))

Page 30: Antropos febbraio 2016

- 30 -

AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

Sala V

Nel dipinto Andrea da Salerno, considerato a ragione

il maggior interprete della cultura raffaellesca in

Italia meridionale, coniuga le morbidezze tipiche

della sua pittura composta con slanci più dinamici ed

estrosi da ricondurre ad una temporanea adesione

alla maniera degli spagnoli Alonso Berreguete e

Pedro Machuca.

Nella Pietà (fig. 21), proveniente dalla Cattedrale

di Salerno, la possente figura del Cristo deposto

occupa trasversalmente quasi la metà del dipinto,

mentre l‟ampio gesto delle braccia della Vergine

raccorda lo spazio restante, in cui prendono posto ai

lati le figure accoppiate dei Santi. Fra queste, sul-

l‟estrema sinistra è raffigurato San Giovanni Battista

che,nonostante non avesse presenziato al tragico

evento, in quanto all‟epoca già morto, appare nella

scena poiché la tavola del Sabatini era stata destinata

alla cappella intitolata e dedicata proprio al Battista

all‟interno della Cattedrale salernitana.

Malgrado alcune debolezze nella resa anatomica

del Cristo l‟opera è collocabile in uno dei momenti

più intensamente raffaelleschi del nostro artista, in

cui si ravvisano richiami molto puntuali agli affre-

schi delle stante dell‟appartamento di Giulio II in

vaticano, eseguiti dall‟ urbinate tra il 1509 e 1517.

La tavola con l‟Adorazione dei Magi (fig. 22), ca-

ratterizzata dal motivo della lunetta superiore raffi-

gurante Sant‟Elena, era collocata nella cappella de

Vicaris della cattedrale di Salerno, inserita in una

straordinaria cona marmorea decorata con scene del-

la Passione, in cui è ancora possibile ammirare la

copia, eseguita da Gioacchino Vitelli nel 1814.

L‟originale, rimosso in epoca imprecisata, è stato

custodito a lungo nei depositi del museo di Capodi-

monte e soltanto di recente concesso in prestito al

Museo salernitano. Il dipinto suscitò tale apprezza-

mento che i d‟Afflitto, nel 1523, richiesero ad ano-

nimi maestri di realizzarne uno simile da destinare

alla loro cappella nel duomo di Amalfi.

Paolo Liguori

IILL MMUUSSEEOO DDIIOOCCEESSAANNOO SSAALLEERRNNIITTAANNOO LLEE CCOOLLLLEEZZIIOONNII DD’’AARRTTEE

DDaall MMeeddiiooeevvoo aall RRiinnaasscciimmeennttoo ((VVppaarrttee))

Andrea Sabatini (Salerno 1489 ca.‒Gaeta 1530), Madonna di

Costantinopoli, tempera su tavola, secondo decennio del XVI

secolo

Andrea Sabatini (Salerno 1489 ca.‒Gaeta 1530), Pietà,

olio su tavola, Salerno, Museo Diocesano, secondo

decennio del XVI secolo

UUNNIICCUUIIQQUUEE SSUUUUMM

AA cciiaassccuunnoo iill ssuuoo

Page 31: Antropos febbraio 2016

- 31 -

AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

DALLA REDAZIONE DI BERGAMO

NONNE E NUOVE TECNOLOGIE

Nuove dinamiche relazionali tra giovani e anziani

passano oggi attraverso il web, quando le nonne di-

ventano allieve e i nipoti salgono in cattedra. Condi-

videre le competenze digitali avvicina le genera-

zioni e apre nuove e inedite prospettive di dialogo

fra “nonni” e “nipoti”. Lo hanno sperimentato con

successo i 44 studenti del triennio del Liceo Scien-

tifico “Natta” di Bergamo ( a indirizzo Scienze Ap-

plicate), preparati con successo dalla docente di in-

formatica Maria Notarangelo, che si sono trasforma-

ti in brillanti docenti per 80 “nonne 2.0”, pronte a

tutto, pur di avvicinarsi alle nuove tecnologie.

Il primo dei sei corsi base di computer previsti

per over 60, a partire da martedì 2 febbraio 2016,

per un ciclo di sei lezioni di due ore ciascuna (corsi

totalmente gratuiti), è stato promosso dal Consiglio

delle Donne del Comune di Bergamo su progetto di

Adriana Zavattaro, 82 anni magnificamente portati.

“ Ho presentato il progetto in Commissione – ha

dichiarato la Zavattaro, consigliera comunale e

referente dell‟Associazione Auser Città di Bergamo

– perché ho sempre pensato che i nuovi nonni deb-

bano oggi proiettarsi in avanti per poter comunicare

con i loro nipoti e per diventare autonomi nella ge-

stione delle nuove tecnologie”.

Ma perché proprio l‟Istituto “Natta” di Bergamo?

Tutto è nato dall‟incontro casuale fra la Zavattaro e

il prof. Cortesi, docente di religione e vicepreside

dell‟Istituto “Natta”, che, venuto a conoscenza del

progetto, ha subito pensato di mettere a disposizione

delle “nonne” i laboratori di Informatica della pro-

pria scuola. L‟iniziativa è stata accolta con entusia-

smo dagli studenti, che hanno deciso di offrire gra-

tuitamente e volontariamente il proprio tempo libero

e le proprie competenze informatiche alle anziane

signore, azzerando di colpo la barriera generazio-

nale.

“Una valanga di iscrizioni al corso over 60 è stata

l‟immediata risposta al Progetto – ha dichiarato la

Presidente del Consiglio delle Donne del Comune di

Bergamo, Emilia Magni -. Un successo che ci ha

travolto e riempito di orgoglio, dimostrando l‟im-

portanza e l‟urgenza di colmare questo gap genera-

zionale sull‟uso delle nuove tecnologie”. E così

delle oltre150 domande di partecipazione ai corsi di

alfabetizzazione digitale, organizzati dal Comune di

Bergamo in collaborazione con l‟Istituto “Natta”,

sono state accolte per ragioni logistiche ed organiz-

zative solo 80 richieste.Agli studenti-tutor il Co-

mune di Bergamo riconoscerà i crediti formativi.

Il Progetto si presenta come un‟occasione straordi-

naria di arricchimento sul piano relazionale per la

costruzione di un dialogo autentico tra le generazioni,

ma anche come una vera opportunità per i giovani di

avvicinarsi come tutor a persone che per età sono vi-

cine ai loro nonni, attraverso momenti di profonda

condivisione, di incontro e di apprendimento.

Altro progetto “Nonni e Nipoti” è quello del “Turi-

smo Intergenerazionale”, che si inserisce nel quadro

delle ricerche e sperimentazioni promosse dal Labora-

torio Incontri Generazionali dell‟Università degli

Studi di Milano dall‟anno 2000, in sinergia con Enti

pubblici e Scuole Superiori, coordinate dallo staff del

Laboratorio Incontri Generazionali.

Alla vacanza sono invitati adulti over 60 (10-12

persone) e ragazzi delle scuole superiori ( 10-12 per-

sone).

Dall‟estate 2000, si realizzano settimane di vacanze

intergenerazionali in Val di Non ( dal 2000 al 2014), a

Viterbo ( dal 2002 al 2014), a Sfruz ( Trento ).

La vacanza permette, nell‟ambito della ricerca-spe-

rimentazione del Laboratorio Incontri Generazionali,

il conseguimento dei seguenti obiettivi:

1. la costruzione di buone relazioni tra le generazio-

ni, attraverso momenti di condivisione e di incon-

tro: gite, laboratori multimediali, feste, rappresen-

tazioni teatrali, cineforum;

2. l‟apprendimento degli strumenti multimediali at-

traverso l‟attivazione di laboratori informatici, nei

quali la coppia „nonno-nipote‟ si misura e si con-

ftonta;

3. l‟educazione ambientale ed alimentare, attraverso

gite ed escursioni che consentono di scoprire la

ricchezza del patrimonio naturale, storico, religio-

so e culturale delle aree geografiche interessate.

L‟esperienza, che suscita ampio consenso da molti

anni, attiva nuove dinamiche relazionali tra giovani e

anziani,arricchisce i giovani di culture consolidate nel

territorio di appartenenza e apre agli anziani nuove

modalità di rapporto con le nuove generazioni, anche

attraverso l‟uso consapevole delle nuove tecnologie.

Maria Imparato

Page 32: Antropos febbraio 2016

- 32 -

AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

RReeggiimmeenn SSaanniittaattiiss SSaalleerrnniittaannuumm

-- CCaappuutt LLVVIIII --

DDEE MMAALLVVAA EETT MMEENNTTAA

DDiixxeerruunn mmaallvvaa vveetteerreess,, qquuiiaa mmoolllliiaatt aallvvuumm.. MMaallvvaaee rraaddiicceess rraassaaee DDeeddeerree ffaacceess:: vvuullvvaaee mmoovveerruunntt eett FFlluuxxuummssaaeeppee ddeeddeerruunntt..

MMeennttuuttuurr mmeenntthhee,, ssii ssiitt ddeeppeelllleerree lleennttaa lluummbbrriiccooss ssttoommaacchhii vveerrmmeessqquuee nnoocciivvooss..

MMaallvvaa ddeettttaa aall tteemmppoo pprriissccoo ppeerrcchhéé iill vveennttrree rraammmmoolllliissccoo..

LLee mmiiee rraaddiicchhee hhaann ppootteerree ddii rriisscciioogglliirr ffeeccii iinntteerree..

MMeeddiicciinnaa ffiiaa bbuuggiiaarrddaa ssee llaa mmeennttaa ttii rriittaarrddaa

AA ssccaacccciiaarrLLoommbbrriicchhii ee vveerrmmii ddaa vveennttrriiggllii ee ggrreemmbbii iinnffeerrmmii..

LLEEVVIIOORRAA

UN PO’DI STORIA VERA Nel Medioevo, la vita media degli uomini era

di 40- 45 anni e l'assistenza socio-sanitaria ine-

sistente. Quando un uomo moriva, per certificar-

ne la morte,veniva chiamato il "medico condotto",

il quale per verificare l'effettivo decesso, usava in-

fliggere dolore al deceduto; il modo più comune

utilizzato in quel tempo era un potente morso

inflitto alle dita dei piedi (quasi sempre l'alluce).

Nel dialetto del popolino, il "medico" assunse

così il soprannome di "beccamorto". Questa prati-

ca diede origine a un vero e proprio mestiere. La

tradizione prevedeva che tale mestiere fosse tra-

mandato dal padre al primo figlio maschio ma,

verso la fine del medioevo, accadde qualcosa che

cambiò il futuro dei beccamorti.

Uno dei beccamorti più famosi non riuscì a

concepire un figlio maschio,la moglie partorì quat-

tro figlie femmine. Il beccamorto, per evitare la

estinzione del mestiere, chiese alla chiesa una di-

spensa per poter tramandare la professione alla sua

figlia femmina, la quale dopo, aver ricevuto la be-

nedizione, iniziò il suo lavoro di beccamorto.

Il caso volle che il suo primo morto fu un uomo

al quale un carro aveva tranciato entrambe le gam-

be; la ragazza era indecisa su dove infliggere il

morso, alla fine prese una decisione e ... nacquero

le moderne "pompe funebri".

Page 33: Antropos febbraio 2016

- 33 -

AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

LLaa mmoorrttee èè ll‟‟eessttrreemmoo rriimmeeddiioo eedd èè ssoolloo ccoonn

eessssaa cchhee ssii ppoossssoonnoo rriissvveegglliiaarree sseennttiimmeennttii ssooppiittii,,

rraannccoorrii aattaavviiccii eedd iill sseennssoo ddeellllaa ggiiuussttiizziiaa ssttoorriiccaa..

[[……]] CCoommee èè lloonnttaannoo lloo SSttaattoo,, iill ppootteerree ccoossttiittuuiittoo,,

ggaarraannttee ddeellllaa pprroopprriiaa lliibbeerrttàà!!

LLoo SSttaattoo rriiccoommppaarree ddooppoo ll‟‟uucccciissiioonnee ddeell ccaa--

ppoorraallee,, aarrrreessttaannddoo ee ccoonnddaannnnaannddoo ii ggiioovvaannii vveenn--

ddiiccaattoorrii.. [[……]]

LL‟‟aauuttoorree ssii rriiaallllaacccciiaa aallllaa ttrraaddiizziioonnee nnaattuurraa--

lliissttiiccaa ddii ssttaammppoo ffrraanncceessee nneellllaa ffoorrmmaa ee nneeii ccoonn--

tteennuuttii,, sseennzzaa mmaaii ddiissccoossttaarrssii ddaallllaa ccooeerreennzzaa ee

ddaallllaa ffeeddeellttàà aaii ffaattttii eedd ii ppeerrssoonnaaggggii aappppaaiioonnoo iinn

ttuuttttaa llaa lloorroo ppiieenneezzzzaa ddii sseennttiimmeennttii ee ssooffffeerreennzzee::

ll‟‟uummaanniittàà èè pprreesseennttee.. [[……]]

NNaattaallee AAmmmmaattuurroo

““…… LL‟‟aauuttoorree nneellllaa nnaarrrraazziioonnee hhaa rriissccooppeerrttoo

ll‟‟iirraa ddeell ssuudd,, qquueellll‟‟iirraa cchhee ddiiffffiicciillmmeennttee ssii ffaa aazziioo--

nnee:: èè ll‟‟iirraa ssooffffooccaattaa cchhee ddiivveennttaa rraasssseeggnnaazziioonnee,,

iimmppootteennzzaa,, pprreegghhiieerraa..

EE ttuuttttoo ccoonnccoorrrree aall mmaanntteenniimmeennttoo ddeeii rraappppoorrttii

ssoocciiaallii ccoonnssoolliiddaattii:: llii iissttiittuuzziioonnii ddiiffeennddoonnoo ii pprrii--

vviilleeggii ee nnoonn ccoonnsseennttoonnoo ssppaazzii aa mmuuttaammeennttii,, nneell

ssoossttaannzziiaallee mmiigglliioorraammeennttoo ddeellllaa ccoonnddiizziioonnee uummaa--

nnaa ddeellllaa ppoovveerraa ggeennttee ddeell SSuudd,, ssoottttoopprroolleettaarriiaattoo,,

ccjjee èè ccoossttrreettttaa aa cceeddeerree uunnaa ppaarrttee ddeellllaa pprroopprriiaa

ggiioorrnnaattaa llaavvoorraattiivvaa,, ggiiàà mmaallppaaggaattaa,, aall ccaappoorraallee,, ffii--

gguurraa qquueessttaa ppaarraassssiittaarriiaa,, cchhee ffaa ddaa ttrraammiittee ee ddaa

mmeeddiiaattoorree ttrraa iill ppootteerree ccoossttiittuuiittoo,, ii ggrroossssii llaattiiffoonn--

ddiissttii ee llaa ppoovveerraa ggeennttee..

FFoorrssee,, llaa ssffiidduucciiaa nneelllloo ssttaattoo ee nneellllee iissttiittuuzziioonnii

ddeellllaa ggeennttee ddeell SSuudd nnaassccee ddaaii mmaallttrraattttaammeennttii ssttoo--

rriiccii,, ddaallllaa ssooggggeezziioonnee ee ddaallllaa eedduuccaazziioonnee aallll‟‟oobbbbee--

ddiieennzzaa eedd aallllaa ssuuddddiittaannzzaa..

LL‟‟aarrrrooggaannzzaa ddeell ppootteerree aalllluunnggaa llee ssuuee mmaannii

vviioo--lleennttee aanncchhee ssuullll‟‟uunniiccaa rriicccchheezzzzaa ppoosssseedduuttaa::

ll‟‟iinnttiimmiittàà ee llaa ppuurreezzzzaa ddeellllaa ppoovveerraa ggeennttee ddeell ssuudd..

MMaa NNuunnzziiaattiinnaa sscceegglliiee iill ssuuiicciiddiioo ppeerr llaa vviioolleenn--

zzaa ssuubbiittaa;; iill ddoolloorree ddeellllaa pprroopprriiaa mmiisseerriiaa ee llaa ccoonn--

ssaappeevvoolleezzzzaa ddii nneessssuunnaa ggiiuussttiizziiaa ppeerr llaa pprroopprriiaa

ccoonnddiizziioonnee ssoocciiaallee hhaannnnoo iill ssoopprraavvvveennttoo ssuullllaa rreellii--

ggiioossiittàà ee ssuull ppootteerree ccoonnssoollaattoorree ddeellllaa pprroovvvviiddeennzzaa..

NNUUNNZZIIAATTIINNAA ©© FFrraannccoo PPaassttoorree 11998822 -- TTeerrzzaa eeddiizziioonnee mmaarrzzoo 22001144 -- CCoodd IISSBBNN 99778888886688114433005533

TTrraammaa eedd ddiiaalloogghhii ddii qquueessttaa ssttoorriiaa rroommaannzzaattaa ssoonnoo pprreesseennttii nneell ddrraammmmaa iinn dduuee aattttii,, ddeelllloo sstteessssoo aauuttoorree,, TTEERRRRAA AAMMAARRAA..

PPrreeffaaccttiioo ddeell ddootttt.. NNaattaallee AAmmmmaattuurroo,, SSoocciioollooggoo,, PPrrooffeessssoorree oorrddiinnaarriioo pprreessssoo AAtteenneeoo SSaalleerrnniittaannoo

OOMMAAGGGGIIOO AALLLLAA ““PPUURRPPEETTTTAA „„EE PPAASSTTEENNAACCHHEE””

((SSeemmaannttiiccaa:: ddaallll’’aaccccuussaattiivvoo llaattiinnoo ppaassttiinnaaccaa--mm))

„„AA ppuurrppeettttaa „„ee ppaasstteennààcchhee,,

„„nnaa rriicceettttaa aassssaaii lluunnttaannaa,,

ppiiaaccee aa ffeemmmmeennee,, aa mmbbrriiààcchhee,,

cccchhiiùù ddaa ccaarrnnee ee ddee‟‟ ppaattàànnee..

EE‟‟ lloo sstteemmmmaa dd‟‟uunn ppaaeessee,,

uunn eemmbblleemmaa,, „„nnaa bbaannddiieerraa,,

ccaa ttee rreeggnnee „„nnaa zzuuppppiiéérraa

ee ttee ffaaccee „„nnzzuuccccaarràà..

FFuu mmiisseerriiaa oo iinnttuuiizziioonnee

aa ppoorrttaarrllaa ffrraa llaa ggeennttee,,

ppeerr ppooii ffaarrnnee uunn bbaallddaacccchhiinnoo

iinn oonnoorr ddii SSaann VVaalleennttiinnoo??

CCoossttaa ppooccoo eedd èè ssqquuiissiittaa,,

uunnaa vveerraa lleeccccoorrnnììaa,,

qquuaannddoo èè ccaallddaa èè ssaappuurrììttaa,,

ppuurree ffrreeddddaa èè „„nnaa mmaallììaa..

UUoovvaa,, ppeeppee,, ppaarrmmiiggiiaannoo,,

ssaallee ee ssccaagglliiee ddii rroommaannoo,,

ffrriiggggii,, ppooii,, ttuuttttoo aa ppuunnttiinnoo

ssoolloo ddooppoo iill pprreettuussììnnoo..

SSii èè vveerroo,, ssaaccrriippaannttee!!

PPiiaaccee pprroopprriioo aa ttuuttttii qquuaannttii!!

NNeellllee ccaassee,, ccoossaa rraarraa,,

ssiiaammoo ttuuttttii ppaasstteennaaccààrrii..

FF.. PPaassttoorree

FFrraannccoo PPaassttoorree

RRoommaannzzoo bbrreevvee

AA..II..TT..WW.. EEddiizziioonnii

Page 34: Antropos febbraio 2016

- 34 -

AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

DDAALLLLAA RREEDDAAZZIIOONNEE DDII SSAARRNNOO

CCOOMMEE SSII FFAA AA DDIIMMEENNTTIICCAARREE?? A quasi vent'anni distanza arrivano i fondi "a totale indennizzo della responsabilità civile a carico dello Stato e del Comune".

Nel maggio del 1998 sotto un fiume di fango morirono 160 persone e tra esse, il preside Gaetano Milone.

EE‟‟ iill cciinnqquuee mmaaggggiioo ddeell 11999988,, AA SSaarrnnoo èè ll‟‟aappoo--

ccaalliissssee:: Dopo settantadue ore di pioggia lenta ed

incessante la montagna inizia a franare. Nel suo

percorso la colata aumentava di volume, per un to-

tale stimato di qualche milione di metri cubi, tro-

vando abitazioni e strade asfaltate che non fanno

altro che aumentare la velocità, fino ad una velocità

media stimata tra i cinquanta e i sessanta chilometri

orari.

Il parroco del Duomo di Episcopio chiama i Vi-

gili urbani intimorito per la troppa acqua che scen-

de dal Monte Pizzo d'Alvano ma questi gli rispon-

dono di non preoccuparsi. Intanto da Bracigliano

arriva alla Prefettura di Salerno la prima comuni-

cazione del disastro in corso. dopo un forte boato,

una frana precipita a valle invadendo, nel Comune

di Sarno, le località Curti e Viale Margherita tra-

volgendo diverse abitazioni. Si segnalano le prime

vittime; arrivano notizie di una frana anche a Sia-

no. Avvisati del disastro in atto, i primi nuclei di

volontari (la Colonna del Vesuvio composta da 12

associazioni locali e i Vigili del Fuoco in congedo)

raggiungono l‟area della frana. quattro ore di terro-

re, boati, frane, morti. Alle 20.00 la frana travolge

S.Vito ed Episcopio, frazioni di Sarno. A Quindici

intanto la tragedia è compiuta, mentre i soccorsi

continuano a tardare e ci si affida alla disperazione

ed al coraggio dei volontari.

Crolla l‟Ospedale Villa Malta di Sarno, medici ed

infermieri vengono travolti dall‟ultima frana stac-

catasi dal monte Saro. Mancano i soccorsi. Il primo

elicottero sorvola Quindici all‟una e poi si dirige sul-

l‟altro versante della montagna, verso Sarno. In

servizio ci sarebbero altri cinque elicotteri, ma non

sono abilitati a volare di notte e sorvoleranno la zo-

na solo alle 6.00 del mattino.

A quasi vent'anni dalla frana e dal fiume di fango

che investirono Sarno nel maggio del 1998 e che co-

stò la vita a 160 persone arriva un risarcimento ai fa-

miliari delle vittime dell'alluvione "a totale inden-

nizzo della responsabilità civile a carico dello

Stato e del Comune di Sarno". Lo prevede un

emendamento alla Legge di stabilità approvato dalla

commissione bilancio della Camera.

Sarà il sindaco di Sarno, d'intesa con il capo del

dipartimento della Protezione civile, a individuare i

familiari delle vittime e a stabilire la somma spet-

tante "nel limite di centomila euro per ciascuna delle

vittime" e la quota di rimborso delle eventuali spese

legali sostenute e documentate.

La spesa complessiva ammonta a 17 milioni di

euro nel biennio: 7,5 milioni per ciascuno degli anni

2016-2017 al capo dipartimento della protezione

civile per provvedere alle elargizioni. Al comune di

sarno andrà invece un trasferimento straordinario di

un milione di euro per ciascuno degli anni 2016 e

2017, a compensazione di quanto erogato ai fami-

liari delle vittime a seguito di sentenze riguardanti la

responsabilità civile dello Stato e del Comune stes-

so.

Due sconcertanti immagini del disastro.

Page 35: Antropos febbraio 2016

- 35 -

AAnnttrrooppooss iinn tthhee wwoorrlldd

UUNNAA DDOONNNNAA NNEELLLLAA LLEETTTTEERRAATTUURRAA aa ccuurraa ddii AAnnddrrooppooss

Πηνελόπεια

-- PPeenneellooppee --

I personaggi del mito in genere ci appaiono come

archetipi umani psicologicamente ben definiti, tanto da

rappresentare una certa qualità, sulla quale lavora inde-

fessamente la creatività, l‟impegno ideologico i e la fan-

tasia degli autori. Ma proviamo a travalicare la logica co-

mune.

Perché nel canto XVIII la regina, dopo anni di ripulse e

proprio quando si infittiscono, sotto i suoi occhi, i segnali

di un possibile ritorno di Odisseo, decide d‟apparire tra i

pretendenti in tutta la sua bellezza e chiede loro ricchi do-

ni nuziali? Dopo l‟efferata scena dell‟uccicione dei pre-

tendenti, perché Penelope, nel canto XXIII, è così fredda

verso colui che l‟ha liberata dai Proci, e con cui era stata

ben più amabile nel canto XIX? Se Penelope non ha ri-

conosciuto il marito e vede in lui solo il mendicante, per-

ché insiste a farlo partecipare alla gara con l‟arco,una ga-

ra da cui dipende il suo futuro? Che significato ha poi

l‟intervento d‟Atena, finalizzato a determinare le azioni

di Penelope, senza poi che ella se ne renda conto (IV

795ss.; XVIII 158ss.; XXI 1ss.)? E che dire della storia

dell‟inganno della tela, ripetuta tre volte nel poema, ma

in apparenza, senza precisa funzione strutturale (Od. II

93ss., XIX 138ss., XXIV 128ss.)?

CCoommuunnqquuee,, llaa ssiittuuaazziioonnee ttuuttttaa èè aabbnnoorrmmee:: aatttteennddeerree uunn

mmaarriittoo ppeerr vveennttii aannnnii,, uunnaa eeffffeerraattaa ssoolliittuuddiinnee,, rreessaa aannccoorraa

ppiiùù dduurraa ddaallllaa pprreesseennzzaa ee llee lluussiinngghhee ddii uunn eesseerrcciittoo ddii

uuoommiinnii cchhee aalllluuddoonnoo,, pprrooppoonnggoonnoo,, iinnssiinnuuaannoo ee ddaannnnoo ffoorr--

ttii sseeggnnaallii,, nnoonn sseemmpprree ggaarrbbaattii,, ddeellllaa lloorroo mmaassccoolliinniittàà..

MMaa cchhii eerraa PPeenneellooppee?? figlia di Icario e di Policaste,

moglie di Ulisse, madre di Telemaco, Poliporte e Arcesi-

lao, discendeva da parte di padre dal grande eroe Per-

seo (Icario era suo nipote) ed era cugina di Elena.

Prende il nome da un mito riguardante la sua infanzia:

quando nacque fu gettata in mare per ordine del padre e

fu salvata da alcune anatre che, tenendola a galla, la por-

tarono verso la spiaggia più vicina.

Dopo questo evento,i genitori la ripresero con loro e le

diedero il nome di Penelope (da phnἐlo, anatra), nome

che si concilia perfettamente, tra l‟altro, all'evento della

tela che la vide protagonista nell'Odissea (pὴnh,h, tela),

uno stratagemma, creato da Penelope, che per non addi-

venire a nuove nozze e permettere bcosì al marito di rag-

giungerla, nel suo travagliato ritorno da Troia. La tela

doveva essere il sudario d el suocero Laerte. Per gudagnar

tempo, di notte disfaceva ciò che tesseva durante il gior-

no. Tutt'oggi si cita la tela di Penelope in riverimento ad

un lavoro che non avrà mai fine.

Attese per vent'anni il ritorno di Ulisse, partito per

la guerra a Troia, crescendo da sola il piccolo Telemaco e

evitando di scegliere uno tra i proci, nobili pretendenti

alla sua mano, anche grazie al famoso stratagemma della

tela. Avendo promesso ai proci che avrebbe scelto il

futuro marito al termine del lavoro, rimandava all'infinito

il momento della scelta.

L'astuzia di Penelope, tuttavia, durò "solo" per poco

meno di quattro anni a causa di una ancella traditrice che

riferì ai proci l'inganno della regina.

Ma Ulisse tornò, uccise i proci e si ricongiunse con la

moglie, che finalmente potè appaarsi di lui, dopo ben

dieci anni di astinenza disturbata. Ulisse, d'altronde, non

fu da meno e, dopo il riserbo iniziale, condito di quel mi-

stero voluto, per prudenza, dalla dea Atena, si lasciò anda-

re e fu all‟altezza della situazione, perché mise incinta la

moglie ber ben due volte ancora, dando al giovane Tele-

maco due fratellini: Poliporte e Arcesilao.

Πηνελόπεια è il nome greco, che diventa in altr autori

Πηνελόπη, da cui, in dorico diventa Πανελόπα.

Qui di seguito, i versi del XXIII libro dell‟eneide: Eu-

ricléa corre a destar Penelope, e a farle sapere, che Ulisse

è giunto, ed ha uccisi i Proci.

“La buona vecchia gongolando ascese

Nelle stanze superne, alla padrona

Per nunzïar, ch‟era il marito in casa.

Non le tremavan più gl‟invigoriti

Ginocchi sotto; ed ella a salti giva.

Quindi le stette sovra il capo, e, Sorgi,

Disse, Penelopéa, figlia diletta,

Se il desio rimirar de‟ giorni tutti

Vuoi co‟ propri occhi. Ulisse venne, Ulisse

Nel suo palagio entrò dopo anni tanti,

E i Proci temerarj, onde turbata

La casa t‟era, consumati i beni,

Molestato il figliuol, ruppe, e disperse.”

............................................

Giubbilò allor Penelope, e, di letto

Sbalzata, al seno s‟accostò la vecchia,

Lasciando ir giù le lagrime dagli occhi,

E con parole alate, Ah! non volermi,

Balia cara, deludere, rispose.

ἄνδρα μοι ἔννεπε, μοῦζα, πολύηροπον, ὃς μάλα πολλὰ

πλάγχθη, ἐπεὶ Τροίης ἱερὸν πηολίεθρον ἔπερζεν·

Narrami, o musa, dell’uomo di multiforme ingegno, che tanto errò, dopo che distrusse la sacra rocca di Troia

Page 36: Antropos febbraio 2016

- 36 -

LLaa tteelleewweebb AANNTTRROOPPOOSS IINN TTHHEE WWOORRLLDD ee llaa ssuuaa

rriivviissttaa nnoonn hhaannnnoo ffiinnaalliittàà lluuccrraattiivvee,, nnéé ssoonnoo eessssee lleeggaattee

aadd iiddeeoollooggiiee ppoolliittiicchhee.. PPeerrcciiòò,, aaggiissccoonnoo nneellllaa ttoottaallee

lliibbeerrttàà ddii ppeennssiieerroo,, iinn nnoommee ddii uunnaa ccuullttuurraa,, cchhee hhaa aa

ccuuoorree ii vvaalloorrii cchhee rraapppprreesseennttaannoo iill ccaarrddiinnee ddeellllaa ssoocciieettàà

cciivviillee ee ddeellllaa vviittaa,,nneell ppiieennoo rriissppeettttoo ppeerr llaa ppeerrssoonnaa

uummaannaa ee ccoonnttrroo ooggnnii ffoorrmmaa ddii iiddiioossiinnccrraassiiaa.. PPrroo ppaaccee,,

sseemmpprree ccoonnttrraa bbeelllluumm..

RRiivviissttaa ee tteellee--wweebb oommoonniimmaa::

hh tt tt pp :: // // ww ww ww .. aa nn dd rr oo pp oo ss .. ii tt

hh tt tt pp :: // // ww ww ww .. aa nn dd rr oo pp oo ss .. ee uu CCaannaallee vviiddeeooYYuuttuubbee

hhttttpp::////wwwwww..yyoouuttuubbee..ccoomm//uusseerr//MMrrFFrraannccooppaassttoorree

DDiirreezziioonnee ee ggeessttiioonnee VViiaa PPoossiiddoonniiaa,, 117711//hh,, SSaalleerrnnoo

tteelleeffoonnoo//sseeggrr..tteell:: 008899..772233881144

FFaaxx:: 008899..772233881144 –– EECCDDLL::IITT11553311444400

CCoonnttaattttii tteelleemmaattiiccii:: aa nn tt rr oo pp oo ss @@ ff aa ss tt ww ee bb nn ee tt .. ii tt

DDiissttrriibbuuzziioonnee:: LL ee tt tt uu rr aa oo nn ll ii nn ee

FFoonnddaattoorree//EEddiittoorree//DDiirr..rreessppoonnssaabbiillee:: MMeemmbbeerr ooff GG..NN..SS PPRREESSSS AAssssoocciiaattiioonn

EEuurrooppeeaann JJoouurrnnaalliisstt

ddootttt.. PPrrooff.. FFrraannccoo PPaassttoorree

ff rr aa nn cc oo pp aa ss tt oo rr ee @@ ff aa ss tt ww ee bb nn ee tt .. ii tt hh tt tt pp :: // // ww ww ww .. aa nn dd rr oo pp oo ss .. ii tt // BB ii oo gg rr aa ff ii aa .. hh tt mm ll hh tt tt pp :: // // aa nn dd rr oo pp oo uu .. bb ll oo gg ss pp oo tt .. ii tt //

DDiirreettttoorree:: RRoossaa MMaarriiaa PPaassttoorree

rroommaappaass@@kkaattaammaaiill..ccoomm

rr oo mm aa pp aa ss 33 99 @@ gg mm aa ii ll .. cc oo mm

hhttttpp::////rroosseemmaarryyookk..sskkyyrroocckk..ccoomm//

RReeddaazziioonnee ddii SSaalleerrnnoo VViiaa CCaammiilllloo SSoorrggeennttii,, 2211 ((tteell..008899..222233773388))

ddootttt.. RReennaattoo NNiiccooddeemmoo

ddootttt.. IInngg.. GGiiuuffffrriiddaa FFaarriinnaa

ddootttt..PPaaoolloo LLiigguuoorrii

MMaarriioo BBoottttiigglliieerrii

RReeddaazziioonnee ddii PPaaggaannii PPiiaazzzzaa CCoorrppoo ddii CCrriissttoo 8844001166

ddootttt.. FFllaavviiaannoo CCaalleennddaa

ff ll aa vv ii aa nn oo cc aa ll ee nn dd aa @@ kk aa tt aa mm aa ii ll .. cc oo mm

RReeddaazziioonnee ddii AAnnggrrii VViiaa BBaaddiiaa,, 66 AAnnggrrii ((SSaa)) ((008811..994466889955))

GGeeoommeettrrrraa CCaarrlloo DD’’AAccuunnzzoo

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RReeddaazziioonnee ddii TToorrrree ddeell LLaaggoo PPuucccciinnii CCoommuunnee ddii VViiaarreeggggiioo -- VViiaa FF..DDeellll’’AAqquuiillaa,, 2299//bb

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RReeddaazziioonnee ddii BBeerrggaammoo VViiaa PPeerroossii,, 2200 ((cceellll::33447700770066113333))

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PPeerr aabbbboonnaammeennttoo aannnnuuoo aall ccaarrttaacceeoo:: €€ 2255,,0000

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SSaalleerrnnoo pprroott.. PP9944990088 –– 2277..0055..22000099 // PPaattrroocciinniioo PPrroovv.. AAvveelllliinnoo –– pprroott.. 5588119966 –– 1166..1100..22001122 // PPaattrroocc.. CCoomm.. PPaaggaannii –– pprroott.. 00002233228844 –– 2299..0077..22000088 // PPaattrroocc..

PPrroovv.. SSaalleerrnnoo –– pprroott.. 116677//sstt –– 2233..0099..22000099 // PPaattrroocc.. CCoomm.. ddii SS.. VVaalleennttiinnoo TToorriioo –– 2244..0055..22000088 –– AAccqquuiissttoo SSppaazziioo//wweebb ddeell 2266//0044//0066 -- AArruubbaa SS..PP..AA..