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Le rinunzie e le transazioni Art. 2113 c.c.

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Le rinunzie e le transazioni

Art. 2113 c.c.

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A cosa serve

Il contratto si conclude mediante lo scambio del consenso.

La volontà del contraente “debole” non è libera

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I rimedi possibili (nella fase di prima contrattazione)

Rappresentanza a soggetto non debole (il sindacato stipula il contratto collettivo)

Specialità introdotte dalla legge con riguardo alle modalità di estrinsecazione della volontà del soggetto debole

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I rapporti contrattuali in costanza di rapporto

Una volta concluso il contratto, è possibile modificarlo?

Quale sarà l’atteggiamento dei contraenti?

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L’obiettivo Salvaguardare la

posizione del lavoratore, rendendo inefficaci le pattuizioni che non avrebbe sottoscritto se fosse stato “libero” di scegliere

Salvaguardare le scelte del lavoratore, lasciando efficaci le pattuizioni sottoscritte in piena volontà

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Art. 2113 c.c. Rinunzie e transazioni. — Le rinunzie e le transazioni, che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi concernenti i rapporti di cui all'art. 409 del codice di procedura civile, non sono valide.

L'impugnazione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla data della rinunzia o della transazione, se queste sono intervenute dopo la cessazione medesima.

Le rinunzie e le transazioni di cui ai commi precedenti possono essere impugnate con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, del lavoratore idoneo a renderne nota la volontà.

Le disposizioni del presente articolo non si applicano alla conciliazione intervenuta ai sensi degli artt. 185, 410 e 411 del codice di procedura civile

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Rinunzie: atti unilaterali di disposizione del proprio diritto

Transazioni: Contratti in cui le parti si fanno reciproche concessioni

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Diritti derivanti da disposizioni inderogabili: Diritti di cui si può disporre solo in Diritti di cui si può disporre solo in determinate condizionideterminate condizioniDiritto alla retribuzione e diritti economici in genere

…che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili

della legge e dei contratti o accordi collettivi…

Diritti indisponibili:Diritti di cui non si può mai disporreDiritti di cui non si può mai disporreDiritto alle ferie, diritto alla salute.

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Diritti relativamente disponibili e norme inderogabili in

giurisprudenza

Il signor Rossi, alla cessazione del rapporto di lavoro, in data 10.3.2002, rinuncia per iscritto ad un credito per emolumenti arretrati. Nel mese di dicembre 2002, oberato dalle spese natalizie, si pente della decisione. Può impugnare la rinuncia?

Ballestrero, De Simone, Diritto del lavoro, domande e

percorsi di risposta, Milano, Giuffrè

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Rinuncia a diritti futuri e a diritti già maturati

Rinuncia a diritti futuri garantiti da norme inderogabili = atto in deroga a norma inderogabile = atto nullo

Rinuncia a diritti derivanti da norme inderogabili ma già entrati nel patrimonio del prestatore = annullabilità ex art. 2113 c.c.

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In generale gli atti giuridici possono essere

Validi Annullabili [perdono efficacia ex nunc] Nulli [perdono efficacia ex tunc] Inesistenti

…non sono valide…

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L’atto è valido se non viene impugnato Il termine di 6 mesi è di decadenza e non

di prescrizione Il termine decorre dal momento in cui il

lavoratore riacquista la libertà di decidere L’azione di annullamento si prescrive poi

in 5 anni dalla data dell’impugnazione stragiudiziale

L'impugnazione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla data

di cessazione del rapporto o dalla data della rinunzia o della transazione, se queste sono intervenute

dopo la cessazione medesima.

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Le rinunzie e le transazioni di cui ai commi precedenti possono essere impugnate con qualsiasi atto scritto,

anche stragiudiziale, del lavoratore

idoneo a renderne nota la volontà

Abitualmente per interrompere gli effetti decadenziale e di prescrizione occorre un atto giudiziale (una citazione, un ricorso), oppure un atto scritto con particolari forme (l’offerta reale, la costituzione in mora) In questo caso basta che vi sia un atto scritto. La forma della raccomandata o equivalente serve ai fini della prova dei termini (la data certa)

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Invalidità comminata dall’art. 2113 c.c.

Annullabilità

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Quietanza a saldo Il signor Distratti al momento della

cessazione del rapporto di lavoro firma un modulo predisposto dal datore in cui afferma di aver percepito quanto a lui dovuto in virtù del cessato rapporto e di non aver più nulla a pretendere (quietanza a saldo). Sette mesi dopo, a seguito di una più attenta verifica, si rende conto di vantare ancora un credito di 2.000 Euro per lavoro straordinario non pagato. Può fondatamente agire in giudizio per recuperare la somma?

Ballestrero, De Simone, Diritto del lavoro, domande e percorsi di

risposta, Milano, Giuffrè

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Quietanza a saldo Le clausole di stile “non ho altro da

pretendere” non sono rinunzie: occorre la consapevolezza dell’atto

Quietanza a saldo (dichiarazione del lavoratore di aver ricevuto qualcosa con rinuncia ad ogni eventuale futura pretesa) non hanno rilevanza negoziale sotto l’aspetto dispositivo e dunque non entrano nel campo di applicazione dell’art. 2113 c.c.

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Ho effettuato 100 ore di straordinario; me ne sono state pagate 20; non sono in grado di provare in giudizio di averne fatte 100; il datore, in via transattiva, mi pagherebbe altre 40 ore, ma non vuole grane...

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Le disposizioni del presente articolo non si applicano alla

conciliazione intervenuta ai sensi degli

artt. 185, 410 e 411 del codice di procedura civile

In sede di conciliazione giudiziale (di fronte al giudice

In sede di conciliazione intersindacale (DPL)

In sede di conciliazione sindacale

In sede di certificazione

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Attenzione In tutte le sedi prospettate, il ruolo del

collegio non è quello di verificare la congruità della proposta o di decidere in merito alla proposta

Il compito è quello di verificare che la volontà del lavoratore si formi senza vizi e senza pressioni

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Prescrizione dei diritti nel rapporto di

lavoro

I rapporti con l’art. 2113 c.c.

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Tipi di prescrizione Prescrizione breve quinquennale per i

diritti retributivi (art. 2948 c.c., nn. 4 e 5)) Prescrizione ordinaria decennale per diritti

diversi da quelli retributivi (art. 2946 c.c.) Prescrizione presuntiva (1 anno/3 anni

rispettivamente per retribuzioni mensili o corrisposte per periodi inferiori al mese/per retribuzioni corrisposte per periodi superiori al mese. Art. 2955 c.c., n. 2), art. 2956 c.c., n. 1))

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Prescrizione e decadenza Prescrizione = estinzione del diritto

causata dall’inerzia del titolare per il tempo previsto dalla legge

Decadenza = il decorso del tempo produce la preclusione all’esercizio del diritto. La decadenza può essere legale o contrattuale

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Istanze a conflitto

Esigenza di certezza del diritto del datore di lavoro

versus

Esigenza di giustizia del lavoratore

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Rapporti tra rinunce e transazioni ex art. 2113 c.c. e prescrizione-

decadenza

Abdicazione di posizioni soggettive di vantaggio garantite dalla legge o dai contratti collettivi al

prestatore di lavoro=

Necessità di applicare delle regole anche alla prescrizione e alla decadenza che tengano conto della soggezione del lavoratore al datore di lavoro

=Principio della disponibilità limitata dei diritti del

prestatore di lavoro

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Corte costituzionale 10 giugno 1966, n. 63

Dichiara l’illegittimità degli art. del c.c. sulla prescrizione “limitatamente alla parte in cui consentono che la prescrizione del diritto alla retribuzione decorra durante il rapporto di lavoro” = Principio dell’irrinunciabilità del diritto alla retribuzione durante il rapporto di lavoro

Timore del licenziamento = differimento decorrenza prescrizione al termine del rapporto

Alle stesse conclusioni perviene la Corte per la decadenza

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La giurisprudenza successiva al 1966

La Corte costituzionale ridimensiona la portata della sentenza del 1966: stabilisce che la prescrizione decorre in tutti i rapporti dotati di stabilità reale del posto di lavoro = pubblico impiego, art. 18 S.L.

La prescrizione non decorre nei casi in cui vige licenziamento ad nutum e stabilità obbligatoria

La prescrizione decennale decorre in costanza di rapporto

A ciò si uniforma la Cassazione

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Diritti assoggettati a prescrizione ordinaria e diritti assoggettati a

prescrizione quinquennale

Il sig. Catarella, impiegato presso l’Augello s.r.l., avendo svolto per 12 anni, sino alla cessazione del rapporto di lavoro, mansioni di “coordinamento e controllo della produzione”, corrispondenti alla qualifica di quadro ai sensi del C.C., pur essendo inquadrato come impiegato, ricorre al giudice rivendicando il riconoscimento della qualifica superiore e le relative differenze retributive. Potranno essere accolte le sue richieste?

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