Le riforme a costo zero

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Pietro Garibaldi Tito Boeri LERIFORMEA COSTO ZERO DIECI PROPOSTE PER TORNARE A CRESCERE

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Dieci proposte per tornare a crescere

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ZERO Pietro Garibaldi

Tito Boeri

LE RIFORME ACOSTO ZERO

DIECI PROPOSTEPER TORNARE A CRESCERE

“OGGI È FONDAMENTALE FARE LE RIFORME DALLA PARTE DEI GIOVANI.È UNA QUESTIONE DI EQUITÀ, MA ANCHE DI EFFICACIA. PERCHÉ SARANNOLORO A DARCI IL MOTORE DI CUI ABBIAMO BISOGNO PER FAR RIPARTIREL’ECONOMIA.”

“Non ci sono i soldi per le riforme”: non è vero. Quello dei soldi è unfalso problema. Esistono importantissime riforme che in quasi tutti icampi cruciali dell’economia possono essere realizzate “senza aumentaredi un solo euro il debito pubblico”. Come dimostrano gli autori, in alcunicasi le proposte formulate potrebbero comportare una riduzione dellaspesa pubblica e contemporaneamente un aumento del tasso di crescitapotenziale dell’economia. Un circolo virtuoso. Perché allora nulla cambia? Perché per sostenere interventi che alterano uno status quo consolidatoe scontentano una parte è necessario costruire un forte consenso einvestire in “capitale politico”. Nuovi criteri di selezione e di scelta deicandidati possono garantire una rappresentanza all’altezza del compitoche l’attende. Le resistenze ci sono, possono però essere rimosse. Le dieciproposte di questo libro lo dimostrano. Ma bisogna crederci.

Tito Boeri insegna economia alla Bocconi. Nel 2002 ha fondato il sitola voce.info di cui è il coordinatore. È editorialista de “la Repubblica” edirettore della Fondazione Rodolfo Debenedetti. Pietro Garibaldi, direttore del Collegio Carlo Alberto, insegna economiaall’Università di Torino. È membro del consiglio di sorveglianza di IntesaSanpaolo. Per Chiarelettere ha scritto con Tito Boeri UN NUOVO CON-TRATTO PER TUTTI (2008).

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Pamphlet, documenti, storie

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Michele Ainis, Tina Anselmi, Claudio Antonelli, Franco Arminio, Avventura Urbana Torino, Andrea Bajani, Bandanas, Gianni Barbacetto, Stefano Bartezzaghi, Oliviero Beha, Marco Belpoliti, Daniele Biacchessi, David Bidussa, Paolo Biondani, Nicola Biondo, Tito Boeri, Caterina Bonvicini, Beatrice Borromeo, Alessandra Bortolami, Giovanna Boursier, Dario Bressanini, Carla Buzza, Andrea Camilleri, Olindo Canali, Davide Carlucci, Luigi Carrozzo, Andrea Casalegno, Antonio Castaldo, Carla Castellacci, Mario José Cereghino, Massimo Cirri, Marco Cobianchi, Fernando Coratelli, Carlo Cornaglia, Roberto Corradi, Pino Corrias, Andrea Cortellessa, Riccardo Cremona, Gabriele D’Autilia, Vincenzo de Cecco, Luigi de Magistris, Andrea Di Caro, Franz Di Cioccio, Gianni Dragoni, Giovanni Fasanella, Davide Ferrario, Massimo Fini, Fondazione Fabrizio De André, Fondazione Giorgio Gaber, Goffredo Fofi, Giorgio Fornoni, Nadia Francalacci, Massimo Fubini, Milena Gabanelli, Vania Lucia Gaito, Giacomo Galeazzi, don Andrea Gallo, Bruno Gambarotta, Andrea Garibaldi, Pietro Garibaldi, Claudio Gatti, Mario Gerevini, Gianluigi Gherzi, Salvatore Giannella, Francesco Giavazzi, Stefano Giovanardi, Franco Giustolisi, Didi Gnocchi, Peter Gomez, Beppe Grillo, Luigi Grimaldi, Dalbert Hallenstein, Guido Harari, Riccardo Iacona, Ferdinando Imposimato, Karenfilm, Giorgio Lauro, Alessandro Leogrande, Marco Lillo, Felice Lima, Stefania Limiti, Giuseppe Lo Bianco, Saverio Lodato, Carmelo Lopapa, Vittorio Malagutti, Ignazio Marino, Antonella Mascali, Antonio Massari, Giorgio Meletti, Luca Mercalli, Lucia Millazzotto, Davide Milosa, Alain Minc, Angelo Miotto, Letizia Moizzi, Giorgio Morbello, Loretta Napoleoni, Natangelo, Alberto Nerazzini, Gianluigi Nuzzi, Raffaele Oriani, Sandro Orlando, Massimo Ottolenghi, Antonio Padellaro, Pietro Palladino, Gianfranco Pannone, Walter Passerini, David Pearson (graphic design), Maria Perosino, Simone Perotti, Roberto Petrini, Renato Pezzini, Telmo Pievani, Ferruccio Pinotti, Paola Porciello, Mario Portanova, Marco Preve, Rosario Priore, Emanuela Provera, Sandro Provvisionato, Sigfrido Ranucci, Luca Rastello, Marco Revelli, Piero Ricca, Gianluigi Ricuperati, Sandra Rizza, Marco Rovelli, Claudio Sabelli Fioretti, Andrea Salerno, Giuseppe Salvaggiulo, Laura Salvai, Ferruccio Sansa, Evelina Santangelo, Michele Santoro, Roberto Saviano, Luciano Scalettari, Matteo Scanni, Roberto Scarpinato, Gene Sharp, Filippo Solibello, Riccardo Staglianò, Luca Steffenoni, theHand, Bruno Tinti, Gianandrea Tintori, Marco Travaglio, Elena Valdini, Vauro, Concetto Vecchio, Giovanni Viafora, Anna Vinci, Carlo Zanda, Carlotta Zavattiero.

chiarelettereAutori e amici di

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PRETESTO 1 fa pagina 126, 129

“ Bisognerebbe creare un partito di giovani  e anziani ‘uniti’ per  la crescita, estendendo  il metodo contributivo a tutti i lavoratori.”

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PRETESTO 2 fa pagina 128, 129

“ In Svezia le pensioni più ricche crescono in termini reali solo se l’economia cresce più dell’1,5 per cento all’anno... Un intervento che permetterebbe  di ottenere risparmi sostanziali.”

fa pagina 127

“ Imitiamo l’Austria,  che ha esteso il diritto  di voto a sedicenni  e diciassettenni.”

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“ Abbiamo un parlamentare  ogni 60.000 abitanti,  contro uno ogni 250.000 altrove. Potremmo permetterci  di avere solo 250 parlamentari,  che vorrebbe dire una riduzione permanente dei costi di oltre  cento milioni all’anno.”

fa pagina 115

“ È opportuno ripensare radicalmente le nostre politiche dell’immigrazione, che devono essere differenziate per livello  di istruzione.”

fa pagina 20-21

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PRETESTO 3 fa pagina 37-38

“ Una riforma a costo zero  per le casse dello Stato  è quella di introdurre  la formazione tecnica universitaria sul  modello delle scuole  di specializzazione  tedesche.”

fa pagina 110

“ Nel sistema bancario italiano  le banche sono proprietarie delle società di gestione del risparmio  dei clienti... La nostra proposta  è quella di separare non solo  la gestione ma anche la proprietà.”

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“ Il nostro è l’unico paese in cui le donne – sommando le ore  di lavoro remunerato  e quelle spese tra  le mura – lavorano più degli uomini.”

fa pagina 79

“ 9312 persone ingiustamente escluse.  È uno spreco di capitale umano ingente che davvero non possiamo permetterci.” Sono gli effetti perversi dei test come sono oggi concepiti. Basterebbe permettere di accedere a una graduatoria nazionale e consentire di scegliere la sede.

fa pagina 76

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© Chiarelettere editore srlSoci: Gruppo Editoriale Mauri Spagnol S.p.A.Lorenzo Fazio (direttore editoriale)Sandro ParenzoGuido Roberto Vitale (con Paolonia Immobiliare S.p.A.)Sede: Via Melzi d’Eril, 44 - Milano

isbn 978-88-6190-230-5

Prima edizione: novembre 2011

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Tito BoeriPietro Garibaldi

Le riforme a costo zero 

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Tito Boeri è professore di economia presso l’Università Bocconi di Milano, direttore scientifico della Fondazione Rodolfo Debenedetti e del Festival dell’Economia di Trento, fondatore del sito www.lavo-ce.info e founding editor di www.voxeu.org. Coordina inoltre la rete di siti nata in Europa sulla scia di queste esperienze. È stato senior economist all’Ocse a Parigi e consulente di Banca mondiale, Com-missione europea, Fondo monetario internazionale e governo italia-no. Ha pubblicato undici libri con Oxford University Press, MIT Press e Princeton University Press ed è autore di diversi saggi su ri-viste scientifiche internazionali. È editorialista de «la Repubblica». I suoi più recenti libri in italiano sono La classe dirigente, Università Bocconi Editore, Milano 2010 (con Antonio Merlo e Andrea Prat); La crisi non è uguale per tutti, Rizzoli, Milano 2009; Economia dei mercati del lavoro imperfetti, EGEA, Milano (con Jan van Ours).

Pietro Garibaldi è professore ordinario di economia politica all’Uni-versità degli Studi di Torino. Ha conseguito il Master of Science (1993) e il Phd (1996) alla London School of Economics, e ha ini-ziato la sua carriera negli Stati Uniti, a Washington, dove ha lavora-to per tre anni come economista nel dipartimento di ricerca del Fondo Monetario Internazionale. Tornato in Italia nel 1999, è di-ventato professore associato all’Università Bocconi. Alla Bocconi e alla Fondazione Rodolfo Debenedetti si devono il lungo legame di lavoro e di amicizia con Tito Boeri con cui ha fondato lavoce.info nel luglio 2002. Nel 2004 e 2005 è stato consulente economico del ministro dell’Economia e delle Finanze. Dal 2006 è direttore del Collegio Carlo Alberto, un’istituzione fondata dall’Università di Torino e dalla Compagnia di San Paolo. Dal 2007 è consigliere di sorveglianza e membro del comitato di controllo di Intesa San Pao-lo. Collabora con le principali istituzioni finanziarie ed è autore di più di venti pubblicazioni scientifiche internazionali. Con Tito Bo-eri ha pubblicato il saggio Un contratto per tutti, Chiarelettere, Mi-lano 2008.

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Questo libro  3

Investire nell’immigrazione   17L’apprendistato universitario  31Decentramento, deroghe e standard minimi  43Incentivi nel pubblico impiego  57Professionisti più liberi e ordini trasparenti  65Più lavori in famiglia  79Come non tagliare le pensioni dei giovani  87Il credito a chi vuole crescere  99Meno politici per sceglierli meglio  113Un partito per la crescita  125

Ringraziamenti  131

Appendice  133

Sommario

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Questo libro

«Non ci sono soldi»

Sembra essere questo il motivo principale per cui in Italia non si fanno le riforme. Nonostante l’Italia cresca meno dell’Europa da oltre un decennio e la necessità di riforme sia sentita da tutti gli italiani e conclamata da tutti i politici, le riforme non si fanno. Quale che sia il colore politico dei governi, quale che sia la congiuntura.

Non si fanno quando l’economia mondiale è al galoppo e neppure nei momenti di crisi quando, forse, sarebbe più facile trovare il consenso invocando le condizioni di emer-genza. L’unica cosa cui ci siamo abituati sono gli annunci, ai quali prontamente non segue alcuna realizzazione e che finiscono immancabilmente per accentuare la frustrazione degli italiani.

Il nostro paese ha un urgente bisogno di riforme nel siste-ma formativo e nel mercato del lavoro, nell’organizzazione dello Stato e nella pubblica amministrazione, nel governo dell’immigrazione, nella regolamentazione delle professioni, nel mercato del credito, nei criteri di selezione della classe politica e nella previdenza, solo per citare alcuni dei temi che approfondiremo in questo libro.

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Indietro di quindici anni

La grande crisi finanziaria (2008-2009) e poi la successiva crisi del debito pubblico ci hanno messo di fronte dramma-ticamente ai costi delle mancate riforme. Il Prodotto interno lordo è crollato del 7 per cento, come in Germania, meno che in paesi investiti dallo scoppio di una bolla immobiliare o dalla crisi di grandi banche, come per esempio Irlanda e Spa-gna. Ma da noi il reddito disponibile delle famiglie è calato di più che in tutti gli altri paesi: -3,2 per cento. È un segno evidente del fatto che il nostro sistema di ammortizzatori sociali, di tasse e di trasferimenti, di cui da anni invochiamo una profonda razionalizzazione, non funziona. In Irlanda sono state proprio le tasse e i trasferimenti ad attutire i costi della recessione per le famiglie: i loro redditi sarebbero calati di oltre il 7 per cento senza questi strumenti redistributivi.

La nostra economia invece non riparte. Se l’Italia con-tinuerà a crescere intorno all’1 per cento, ritorneremo ai livelli di produzione precedenti alla crisi soltanto nel 2020 circa. Avremo quindi perso oltre un decennio. In Europa in questi anni si parla di agenda «venti venti», un insieme di obiettivi per disegnare l’Europa del 2020. Il rischio è che l’obiettivo italiano di questa agenda sia soltanto quello di ritornare ai livelli di produzione che avevamo quindici anni prima. Davvero deprimente.

Se guardiamo ai dati della finanza pubblica, è certamente vero che la grande recessione ha reso la situazione finanziaria italiana assai delicata. Il rapporto tra debito pubblico e Pro-dotto interno lordo (il cosiddetto rapporto debito-Pil), la più semplice misura per monitorare la situazione della finanza pubblica, è tornato a quasi il 120 per cento. In altre parole, abbiamo uno stock di debito superiore del 20 per cento al livello dell’intera produzione italiana di un intero anno.

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E abbiamo perso d’un sol colpo tutti i benefici del con-solidamento fiscale varato dal 1993 in poi. In effetti, questi livelli del debito sono paragonabili al rapporto debito-Pil che avevamo sull’orlo del tracollo dei primi anni Novanta, durante il periodo dell’attacco speculativo contro la lira, prima della corsa verso l’euro e prima che iniziasse un perio-do di gestione della finanza pubblica che avrebbe dovuto portare l’Italia a essere un paese normale.

La grande recessione ha cancellato questo sogno. Perché la colpa è davvero della recessione più che della spesa pub-blica fuori controllo. Abbiamo subìto una tale riduzione della produzione italiana che è come se la finanza pubblica avesse fatto un passo indietro di circa vent’anni.

Tornare a crescere è l’unico modo per rendere il nostro debito sostenibile, evitando di essere trascinati in una spirale di tassi crescenti sui nostri titoli di Stato, spesa per interessi che lievita spingendo in su disavanzo e debito. Quest’ultimo cresce quando i tassi di interesse sono più alti del tasso di crescita dell’economia: più alti sono i tassi che dobbiamo pagare per trovare chi compra i nostri Btp o Bot, più forte deve essere la crescita dell’economia anche solo per stabi-lizzare il debito.

Non basta certo far salire il Prodotto interno lordo per un anno, dando una scossa all’economia per uscire dalla crisi. È necessario tornare su un sentiero che per lungo tempo ci porti a tassi di crescita di almeno il 2 per cento l’anno, al contrario dello «zero virgola» del periodo precedente la grande recessione. Il reddito medio degli italiani è oggi lo stesso di dodici anni fa. Siamo l’unico fra i paesi dell’Ocse in questa situazione, nonostante gli altri abbiano subito shock uguali o peggiori a quelli che hanno colpito la nostra economia.

Il fatto è che i nostri problemi non sono legati a qualche evento contingente, a fattori destinati a scomparire nel corso

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del tempo. Questa è la tipica giustificazione che si danno i politici per non fare nulla, aspettando momenti migliori. I nostri problemi sono strutturali. Non basta dare una spinta alla macchina Italia, rimasta magari con la batteria scarica perché ci siamo dimenticati di spegnere la luce sul cruscotto. Bisogna cambiare il motore, oliarne bene gli ingranaggi e metterci in condizione di ripartire per un lungo viaggio a velocità comparabili a quelle dei paesi che hanno il nostro rango nella gerarchia economica mondiale. È questo il compito delle riforme strutturali di cui si parla da anni, ma che si continuano a non fare.

Un falso problema

La forza del partito del «non ci sono i soldi per fare le riforme» è anche dovuta al fatto che il ragionamento legato alla mancanza di risorse sembra davvero un ragionamento corretto. Con una situazione finanziaria tanto delicata, dove si possono trovare i quattrini per riformare importanti settori dell’economia? Impossibile. Meglio quindi aspettare tempi migliori, tenere la barra dritta, e attendere che il vento della crescita torni a soffiare in poppa. Solo a quel punto potremo mettere mano al portafoglio e fare le riforme.

Ma le cose non stanno così. Il ragionamento del «non ci sono i soldi per fare le riforme» è profondamente sbagliato per due motivi, che sono alla base della decisione di scrivere questo libro. Il primo motivo è interno al ragionamento stes-so. In Italia il vento della crescita non tornerà mai a spirare in poppa senza un vero e proprio programma di riforme.

Il paese è praticamente fermo da quindici anni: tre quin-quenni durante i quali l’economia mondiale è cresciuta come mai in passato. Nonostante la violenza della crisi globale,

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il 2009 è stato per il mondo solo una parentesi. Da noi invece sembra un incubo lungo vent’anni. Il vento della crescita soffia in varie parti del mondo, ma non tornerà mai a soffiare in Italia se non cambiamo atteggiamento. L’Italia è un paese impantanato e per ricominciare a crescere deve necessariamente riformarsi.

Il secondo errore nel ragionamento del «non ci sono i soldi» è che si tratta di un falso problema. Esistono moltis-sime e importantissime riforme che si possono fare «senza aumentare di un solo euro il debito pubblico». Sono le cosiddette «riforme a costo zero», il tema alla base di questo libro. In quasi tutti i campi cruciali dell’economia, è possibile cambiare le cose senza chiedere il conto a «Pantalone»: perché è vero che di soldi ce ne sono davvero pochi, ma è anche vero che si possono fare riforme decisive senza incidere sul bilancio pubblico. Alcune addirittura possono portare una riduzione della spesa pubblica proprio mentre aumenta il tasso di crescita potenziale della nostra economia.

Queste riforme richiedono solo di investire capitale politi-co nel costruire il consenso necessario per portarle a termine, perché ogni intervento che altera uno status quo consolidato inevitabilmente scontenta qualcuno. Una classe politica all’altezza può farcela. Gli ostacoli possono essere rimossi.

I dieci capitoli di questo libro lo dimostrano. Abbiamo individuato dieci grandi riforme a costo zero, che non esau-riscono certo il campo delle riforme possibili e desiderabili, ma vogliono innanzitutto essere esempi di come si può riformare anche in piena crisi del debito pubblico, di come addirittura questa crisi di credibilità possa servire a creare il consenso per portarle avanti. Molti italiani sarebbero disposti a sacrifici pur di uscire dalla situazione di emergenza in cui ci troviamo e di porre fine alla ridda di voci sulle manovre prossime future.

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